Seggio primarie (burla) del PD mondialista di Obama – Particolare rivelatore

Posted By Lino Bottaro On 3 dicembre 2012 @ 13:47 In DOMINIO E POTERE | 

GUARDATE QUESTA FOTO!

[1]Subiamo dal dopoguerra una colonizzazione selvaggia con conseguente rapina di ogni consistente entità economica nazionale, da parte di potenze straniere militarmente, e da capitali, multinazionali, banche, stranieri finanziariamente.

La televisione impone agli italiani la truffa delle presunte libere elezioni americane in cui i candidati la pensano allo stesso modo su tutto e quelli seri e veri vengono regolarmente boicottati dai media ed esclusi alla visibilità.

I giornalisti fanno a gara per infarcire ogni articolo di termini anglofoni tipo election day, exit poll ed altre stupidate per evidenziare la nostra sudditanza e quella dei politici e giornalisti. Una sudditanza agli Angli che oltre che economica, finanziaria, militare, é ormai anche culturale.

La foto gigantesca di Obama presente nel seggio, conferma senza possibilità di dubbio questa perduta dignità di partito rappresentante di un popolo sovrano da parte del PD, che evidenzia così la sua subalternità al Partito Democratico mondialista  e americano nello specifico.

In questa foto si evince subliminalmente per alcuni e palesemente per altri la nostra perduta sovranità e la dipendenza al regime USA per il quale il PD lavora. Il Democratismo mondialista guerrafondaio si fa sempre più aggressivo candidandosi ora apertamente alla gestione del nuovo ordine mondiale.
Non c’è più niente da dire solo immaginare il seguito.

Grazie.


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Debito Grecia: il Tribunale Europeo lo occulta per motivi di riservatezza

Ancora tanto buono, saggio, giusto e privo di collusione il “modello europeo” senza il quale milioni di persone sarebbero allo sbando? E’ per questo modello di rispetto, trasparenza e democrazia che ci è stato insegnato a sputare su tutto ciò che è nazionale in favore di una gestione “corretta, giusta e sana” centralizzata? Per privilegiare questa Europa i duci Monti-Napolitano ci intimano di dare via i residui di sovranità nazionale?

Che strano senso di giustizia aleggia tra i lobbisti e banchieri….Mi chiedo per chi lavorino i sostenitori dell’europa dediti al terrorismo di una vita senza euro…

(gli italiani greci spagnoli sanno già da tempo che significa vivere senza euro in tasca)

 Debito Grecia: il Tribunale Europeo lo occulta per motivi di riservatezza

Posted By Missione Trasparenza On 4 dicembre 2012 

Scritto da Angela Iannone  *  Link [1]

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La notizia è di qualche giorno fa e desta preoccupazioni: il Tribunale dell’Unione europea ha dato ragione alla Banca Centrale Europea che si era opposta alla divulgazione di alcuni documenti ad un giornalista di Bloomberg sulla situazione economica della Grecia.
Il motivo adottato dalla Corte di Giustizia è stato il seguente: il diritto di accesso alle informazioni concernenti la Bce “non può minare la tutela dell’interesse pubblico della politica economica dell’Ue e della Grecia”.

Il fatto risale ad agosto 2010, quando Gabi Thesing, giornalista del quotidiano economico, chiese alla Bce l’accesso a due documenti: “Impatto su deficit e debito pubblici degli swap negoziati fuori borsa. Il caso della Grecia” e “Operazione Titlos e la possibile esistenza di operazioni analoghe con impatto sui livelli di debito e deficit pubblici della zona euro“.
La possibilità di consultare tali files venne negata alla giornalista per garantire la tutela dell’interesse pubblico sulla politica economica europea e greca. Una motivazione che non convinse la giornalista, decisa ad impugnare il ricorso davanti la Corte Europea di Giustizia.

E qualche giorno fa il responso che ha respinto il ricorso della cronista, ricordando come in quell’anno i mercati finanziari europei vertevano in una difficile e vulnerabile situazione proprio a causa del rischio default greco. La Bce, secondo il Tribunale, può quindi rifiutarel’accesso a un documento, quando “la sua divulgazione arrechi in particolare pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico”, nonostante la premessa che “qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti della Banca Centrale europea”.

Secondo il Guardian, questa storica sentenza nega ai contribuenti europei il diritto di sapere se i funzionari dell’Ue erano a conoscenza di irregolarità nei conti nazionali della Grecia prima del 2009, “costringendoli” oggi a pagare il conto per il salvataggio di Atene.
Una situazione che secondo Georg Erber, specialista di regolamentazione dei mercati finanziari presso il German Institute for Economic Research, era già nota da tempo: “I tribunali modificano i regolamenti per legalizzare le politiche delle istituzioni europee e contribuire a garantirne stabilità. Tutto ciò  – continua – rivela implicitamente che l’Unione europea era ben informata di quanto stava accadendo e non ha preso provvedimenti per evitare la crisi”.
Secondo Erber, ma anche secondo Bloomberg, la Bce è quindi in possesso di alcuni documenti legati alle transizioni del 2001 che con l’appoggio di Goldman Sachs e di altre banche hanno nascosto fino al 2010 la reale portata del debito greco.
In particolare, la situazione degli swap fuori mercato che avrebbero permesso al Paese di aumentare il debito di 5,3 miliardi di euro, di cui 2,8 miliardi presi in prestito nel 2001 proprio da Goldman Sachs.


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Quali sono i 9 paesi’ che hanno detto no al riconoscimento della Palestina?

3 dicembre 2012 

Ansa: Onu: quali sono i 9 ‘paesi’ che hanno detto no alla Palestina? NEW YORK – I nove no alla risoluzione dell’Onu sullo stato di osservatore non membro delle Nazioni Unite non hanno riservato sorprese. Hanno votato contro Stati Uniti, Israele, Panama, Palau, Canada, Isole Marshall, Narau, Repubblica Ceca e Micronesia. La Germania si è astenuta.

Articolo di Claudio Moffa * Link

Non sarà stata proprio una sonora mazzata, ma una sconfitta sì, e non solo simbolica. Per accorgersene – per capire che gli ultimi eroici 160 palestinesi assassinati dalla furia israeliana non sono morti invano, perché hanno avuto un effetto boomerang sulle pretese del governo di Tel Aviv – si può iniziare con un dato: non sono 9 gli Stati che hanno detto no alla risoluzione propalestinese approvata ieri alle Nazioni Unite con 138 voti a favore e  41 astenuti, ma nei fatti solo 5: Israele, Stati Uniti, Canada, Repubblica ceca, Panama. Gli altri 4 Stati sono delle microbiche isole dell’arcipelago della Micronesia, chi diventato “indipendente” nel 1994 dagli Stati Uniti, chi un decennio prima, tutti poi con un territorio nazionale composto o da una sola isoletta o da un arcipelago per una superficie complessiva –  per tutti e quattro gli “Stati” – che non raggiunge i 1400 chilometri quadrati – meno di Rodi, isola lunga 87 chilometri e larga 37 – e con una popolazione totale di meno di 200 mila abitanti.

Il composito ‘fronte’ dietro la vittoria diplomatica della Palestina: 
da Morsi a Assad, da Hamas al VaticanoUna débacle sia pure solo diplomatica. Più di Durban agosto-settembre 2001. Forse solo in occasione del voto del 1975 dell’Assemblea generale sul sionismo come movimento razzista, lo Stato ebraico era rimasto così isolato: tale anche rispetto a una Europa divenuta negli ultimi decenni un cavalier servente di tutto quello che esce dalla bocca dei dirigenti israeliani, immemore della Dichiarazione di Venezia del 1980, e per quel che riguarda l’Italia, dell’abbraccio tra Pertini e Arafat nel 1982 e del discorso alla Camera di Craxi  del novembre 1985: “la lotta armata dei palestinesi è legittima”.

Una vittoria dunque della Palestina e di chi nel mondo arabo e islamico la sostiene, in una catena-domino composta al suo interno da diverse spinte, opzioni, governi, raggruppamenti, spesso poco in sintonia tra loro. Nelle retrovie, la grande rete diplomatica tessuta incessantemente dall’Iran,  che nell’agosto scorso è stato ospite di un vertice dei Non Allineati che passerà alla storia nonostante il silenzio-censura della stampa italiana, e che pochi giorni dopo ha rinsaldato i legami anche con Hamas. Poi per l’appunto Hamas, notoriamente conflittuale con la moderata AP ma dichiaratasi alla fine in modo favorevole al voto ONU. Poi l’Egitto di Morsi, protagonista di una tela diplomatica passata anche per Roma – sede del governo più filoisraeliano della storia della Repubblica – avversario, Morsi, della Siria di Assad che pure ha sostenuto con fermezza la giusta causa palestinese nel Palazzo di Vetro. E lui stesso – il presidente egiziano – paradossalmente protagonista in questi giorni di una stretta autoritaria al Cairo che forse potrebbe essergli utile per capire che anche Damasco ha le sue ragioni nel contrastare con fermezza un assalto al suo regime in cui larga parte hanno avuto e hanno i servizi segreti stranieri, e il cui motivo vero è la resistenza pluridecennale della Siria alla pretesa di Israele di tenersi il Golan occupato.Tutto questo lavorio incessante ha ottenuto un risultato concreto: la Palestina è diventato Stato osservatore delle Nazioni Unite, avrà cioè diritto a intervenire nei dibattiti nell’Assemblea generale e – visti il riconoscimento non ancora dello Stato palestinese, ma della statualità della Palestina – attivare anche dei procedimenti di incriminazione presso la Corte Penale Internazionale. Potenzialità quest’ultima da verificare fattivamente, ma già adesso punto dolente per Israele e dei suoi alleati: non a caso uno dei motivi addotti dal governo prosionista di Cameron per l’astensione della Gran Bretagna, è stato proprio il nodo della CPI. La stampa israeliana, per finire, ha sottolineato l’esito negativo per lo Stato ebraico del voto ONU anche per quel che riguarda la rivitalizzazione da parte del Vaticano dell’antico progetto di uno status internazionale di Gerusalemme come città delle tre religioni della Bibbia. Non è pocoMa la strada non è in discesa: i rapporti complessi tra sionismo territoriale e a-territorialeMa tutto questo non vuol dire certo che  la strada dei diritti palestinesi e della pace è d’ora in poi in discesa. Primo, la reazione di Israele si è fatta subito sentire: Nethanyau ha già annunciato la ripresa degli insediamenti ebraici nei territori, un atto di ribellione tipico dello Stato sionista la cui politica estera non è mai stata guidata dal diritto internazionale, ma dalla Bibbia del dio Jahve, quello che avrebbe stabilito che gli Ebrei sarebbero il suo “popolo eletto”. Una politica estera che dal 1948 ad oggi ha sempre costitituito una mina vagante nelle relazioni internazionali regionali e mondiali.

Si può a questo punto pensare ottimisticamente (molto, troppo ottimisticamente) a una qualche controreazione anche in Occidente, tranne che lo scenario israelo-palestinese è, more solito, capace di trasbordare con molta ‘naturalezza’ su piani più ampli e più alti: da un punto di vista geopolitico la guerra all’Iran è sempre all’ordine del giorno per gli Stranamore israeliani, con il ‘valore aggiunto’, oggi , di possibile pendant-vendetta del sionismo alla sconfitta in sede ONU; sul piano economico, ci potranno essere rivalse indirette sul terreno finanziario, soprattutto nel caso di quei paesi europei – tra cui la Grecia – attanagliati dai ricatti della BCE e dei cosiddetti “mercati”, i cui nomi e cognomi comprendono tra le tante ‘famiglie’ bancarie e speculative anche quelle sioniste: è risultato evidente l’intreccio collaborativo tra il sionismo territoriale centrato sulle priorità espansioniste di Israele e il sionismo a-territoriale dei grandi poteri bancari e mediatici, “laici” occidentali, nella guerra di Libia, scatenata contro l’antisionista Gheddafi dal criminale di guerra Sarkozy – il capo di stato più filoisraeliano di tutta la storia dell’Europa postbellica, che appena assassinato il leader libico ebbe a dichiarare ‘ora tocca all’Iran’ – e finalizzata alla distruzione del sistema bancario statale della Jamahirya, ivi compreso il progetto gheddafiano di una moneta unica panafricana, il dinaro d’oro. Bisognerà vedere se queste due anime del sionismo – entrambe pericolose per l’indipendenza dei popoli (vedi tra l’altro i rigurgiti antinegazionisti anche in italia) ma con dinamiche e progettualità non sempre in sintonia tra loro – si muoveranno insieme dopo il voto di ieri, o se si attesteranno su posizioni differenziate.
Infine, last but not least, c’è il rischio di una svolta improvvisa, di un qualche brutto fatto che possa riportare indietro, di nuovo, l’orologio della storia del Medio Oriente.

Un ministato, ma attenti a ‘Al Qaeda’Questa terribile ipotesi non viene quasi mai considerata da una parte dell’opinione pubblica propalestinese, che pensa che il riconoscimento della Palestina come “stato osservatore” – ben poca cosa rispetto al sensato obbiettivo proposto da diversi intellettuali israeliani: uno stato bietnico di cittadini ebrei e palestinesi con eguali diritti e doveri – sia percepito come ‘robetta da nulla’ anche da tutti gli altri israeliani. Non è affatto così: nella percezione dell’estremismo sionista, una pur piccola inversione di tendenza è vista come un pericolo mortale.

Rabin era un sionista convinto, e venne assassinato per aver realisticamente accettato – certo, con il calcolo dei mutati equilibri mondiali dopo il crollo della pro-araba URSS – il dialogo con Arafat; a Sharon, già corresponsabile della strage di Sabra e Shatila, pensò il destino, un ictus che gli impedì di consolidare lo smantellamento delle colonie selvagge in territorio palestinese; e Colin Powell, pochi giorni dopo la già ricordata conferenza di Durban del 2001, mai poté svolgere il previsto discorso nel Palazzo di Vetro di New York che avrebbe annunciato il sì degli Stati Uniti allo Stato palestinese. Un ‘ministato’, un’entità insignificante e senza alcun pericolo per lo Stato ebraico (a meno che non si entri nella logica biblica della “terra promessa” da “liberare”) e che il segretario di stato americano non poté perorare in sede ONU quell’11 settembre 2011. Ci fu l’attentato che avrebbe cambiato la storia del mondo.

Non è questa certo la situazione odierna, ma non è nemmeno da escludere che dopo il voto di due giorni fa alle Nazioni Unite, torni alla ribalta delle cronache la solita Al Qaeda con qualche fattaccio, e ci sia un qualche colpo di coda. da parte degli stessi Soliti Noti, quelli che da decenni ostacolano una pace giusta in Medio Oriente.

Cartellino rosso ad Israele

 Normalmente quando viene esposto uno striscione in favore dei palestinesi allo stadio per giorni si parla di antisemitismo (i tifosi si sà, son “brutti” e “cattivi”) quando i calciatori si impegnano a favore di una causa per i diritti umani che vede Israele come “imputato” per violazioni dei diritti umani dei palestinesi nemmeno un fiato sui telegiornali. Beato chi crede alla cosiddetta “libera informazione”…

Cartellino rosso ad Israele

Drogba + 60 altri giocatori di calcio delle principali leghe europee hanno firmato una dichiarazione che contesta la decisione di svolgere la Coppa UEFA Under 21 del 2013inIsraele. I calciatori affermano che verrà visto come premiare Israele “per azioni che sono contrarie ai valori dello sport.” Nel recente assalto a Gaza sono stati uccisi oltre 100 civili, tra cui 4 ragazzi che giocavano a calcio, e bombardati impianti sportivi. I giocatori hanno anche criticato la detenzione da parte di Israele di due calciatori palestinesi senza capi d’accusa né processo. Tra i firmatari, Frédéric KanoutéEden Hazard del Chelsea, Abou Diaby dell’Arsenal, Abdoulaye Baldé della squadra italiana

 AC Lumezzane e cinque giocatori del Newcastle, Papiss Cissé, Cheick Tioté, Sylvain Marveaux, Yohan Cabaye e Demba Ba. Si intensifica così la mobilitazione in tutta Europa per spostare la Coppa Uefa Under 21 da Israele.

A Roma mercoledì scorso, giornata dei sorteggi per gli Under 21, la campagna Cartellino Rosso all’Apartheid Israeliana ha incontrato la FederCalcio per chiedere che la federazione italiana faccia pressione sulla UEFA perché non sia Israele ad ospitare i finali. (Comunicato: http://bdsitalia.org/index.php/altre-campagne/sportivo/543-redcard-federcalcio)

Lo stesso giorno a Londra, sono stata consegnate migliaia di firme raccolte in tutta Europa contro gli Under 21 in Israele, insieme a dichiarazioni di sostegno alla campagna da parte di politici e personalità pubbliche tra cui il regista Ken Loach e l’attrice Kika Markham. (Comunicato: http://jews4big.wordpress.com/2012/11/27/football-stars-rally-in-support-of-palestine/)

La dichiarazione dei calciatori è stata pubblicata sul sito di Frédéric Kanouté: http://www.kanoute.com/EUROPEAN-FOOTBALLERS-DECLARE-SUPPORT-FOR-PALESTINE_ad-id!35-l!en.ks

Di seguito il testo della dichiarazione: 

Noi, giocatori di calcio europei, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo di Gaza che vive sotto assedio e a cui sono negate la dignità umana e la libertà. Gli ultimi bombardamenti israeliani su Gaza, che hanno causato la morte di oltre un centinaio di civili, sono stati un’altra macchia sulla coscienza del mondo.

Sappiamo che in data 10 novembre 2012 l’esercito israeliano ha bombardato uno stadio sportivo a Gaza, causando la morte di quattro ragazzi che giocavano a calcio, Mohamed Harara e Ahmed Harara, di 16 e 17 anni, e i diciottenni Matar Rahman e Ahmed Al Dirdissawi.

Sappiamo inoltre che dal febbraio 2012 due calciatori della squadra Al Amari, Omar Rowis, di 23 anni, e Mohammed Nemer, di 22 anni, sono detenuti in Israele senza capi d’accusa né processo.

È inaccettabile che i bambini vengano uccisi mentre giocano a calcio. Il fatto che Israele ospiti il campionato europeo UEFA Under 21, in queste circostanze, verrà visto come un premio per azioni che sono contrarie ai valori dello sport.

Nonostante il recente cessate-il-fuoco, i palestinesi sono ancora costretti a sopportare un’esistenza disperata sotto occupazione: devono essere tutelati dalla comunità internazionale. Tutte le persone hanno diritto ad una vita in dignità, libertà e sicurezza. Ci auguriamo che emergerà finalmente una soluzione giusta.

Firmato da:

Gael Angoula, Bastia Sporting Club (France)

Karim Ait-Fana, Montpellier HSC (France)

André Ayew, Olympique de Marseille (France)

Jordan Ayew, Olympique de Marseille (France)

Demba Ba, Newcastle United (UK)

Abdoulaye Baldé, AC Lumezzane (Italia)

Chahir Belghazouani, AC Ajaccio (France)

Leon Best, Blackburn Rovers Football Club (UK)

Ryad Boudebouz, Football Club Sochaux Montbéliard (France)

Yacine Brahimi, Granada Football Club (Spain)

Jonathan Bru, Melbourne Victory (Australia)

Yohan Cabaye, Newcastle United (UK)

Aatif Chahechouche, Sivasspor Kulübü (Turkey)

Pascal Chimbonda, Doncaster Rovers Football Club (UK)

Papiss Cissé, Newcastle United (UK)

Omar Daf, Football Club Sochaux Montbéliard (France)

Issiar Dia, Lekhwiya (Qatar)

Abou Diaby, Arsenal Football Club (UK)

Alou Diarra, Olympique de Marseille (France)

Soulaymane Diawara, Olympique de Marseille (France)

Samba Diakité, Queens Park Rangers (UK)

Pape Diop, West Ham United (UK)

Abdoulaye Doucouré, Stade Rennais Football Club (France)

Didier Drogba, Shanghaï Shenhua (China)

Ibrahim Duplus, Football Club Sochaux Montbéliard (France)

Soudani El-Arabi Hilal, Vitoria Sport Club Guimares (Portugal)

Jires Kembo Ekoko, Al Ain Football Club (United Arab Emirates)

Nathan Ellington, Ipswich Town Football Club (UK)

Rod Fanni, Olympique de Marseille (France)

Doudou Jacques Faty, Sivassport Kulübü (Turkey)

Ricardo Faty, AC Ajaccio (France)

Chris Gadi, Olympique de Marseille (France)

Remi Gomis, FC Valenciennes (France)

Florent Hanin, SC Braga (Portugal)

Eden Hazard, Chelsea Football Club (UK)

Charles Kaboré, Olympique de Marseille (France)

Diomansy Kamara, Eskisehispor Kulübü (Turkey)

Frédéric Kanouté, Beijin Guoan (China)

Anthony Le Tallec, AJ Auxerre (France)

Djamal Mahamat, Sporting Braga (Portugal)

Steve Mandanda, Olympique de Marseille (France)

Kader Manganne, Al Hilal Riyad Football Club (Saudi Arabia)

Sylvain Marveaux, Newcastle United (UK)

Nicolas Maurice-Belay, FC Girondins de Bordeaux (France)

Cheikh M’bengué, Toulouse Football Club (France)

Jérémy Menez, Paris Saint-Germain Football Club (France)

Arnold Mvuemba, Olympique Lyonnais (France)

Laurent Nardol, Chartres Football Club (France)

Mahamadou N’diaye, Vitoria Sport Club Guimares (Portugal)

Mamadou Niang, Al-Sadd SC (Qatar)

Mbaye Niang, SM Caen (France)

Fabrice Numeric, FK Slovan Duslo Sala (Slovakia)

Billel Omrani, Olympique de Marseille (France)

Lamine Sané, FC Girondins de Bordeaux (France)

Mamady Sidibé, Stoke City Football Club (UK)

Momo Sissoko, Paris Saint-Germain Football Club (France)

Cheikh Tioté, Newcastle United (UK)

AdamaTraoré, Melbourne Victory (Australia)

Armand Traoré, Queen Park Rangers FC (UK)

Djimi Traore, Olympique de Marseille (France)

Moussa Sow, Fenerbahçe Spor Kulübü (Turkey)

Hassan Yebda, Granada Football Club (Spain)

Mi chiamo Tokiko Noguchi e vivo a Fukushima, in Giappone

 

Ho una figlia a scuola e un figlio disabile. Il nostro piano era quello di andarcene da Fukushima il prossimo anno, quando mia figlia avesse finito la scuola, per paura degli effetti delle radiazioni sulla nostra salute.

Ma la prefettura di Fukushima ha appena annunciato che il 28 dicembre ritirerà i sussidi concessi alle persone che vogliono andare a vivere al di fuori dell’area di Fukushima. Il giorno in cui ho saputo che il governo di Fukushima avrebbe smesso di fornire gli aiuti, ho ricevuto un’ altra cattiva notizia: i test del cancro alla tiroide di mio figlio avevano rivelato la presenza di tumori di piccole dimensioni. Sono molto spaventata e preoccupata per come le radiazioni della centrale stiano colpendo i miei figli.

Molte famiglie di Fukushima si trovano di fronte a un terribile dilemma: lasciare i propri figli a scuola con i loro amici, vulnerabili agli effetti delle radiazioni, o abbandonare quella che è stata la propria casa per generazioni e spostarsi in un altro luogo. Soltanto le sovvenzioni statali hanno finora permesso a molte famiglie di trasferirsi in un’altra area.

In un recente sondaggio condotto a Fukushima, il 90% dei residenti hanno dichiarato di essere “abbastanza preoccupati” o “molto preoccupati” per l’impatto delle radiazioni sulla salute delle loro famiglie.

E quasi la metà delle famiglie con bambini piccoli ha detto che vorrebbe uscire dalla zona di Fukushima per paura delle radiazioni.

Sono molte le famiglie che, come la nostra, sono in attesa che i figli finiscano la scuola, a marzo, per andarsene. Per questo la decisione del governo di porre fine ai sussidi meno di un mese prima, è ancora più grave… 
Governor of Fukushima: Continue housing support for Fukushima refugees!

Il governo già aveva cercato di porre fine agli aiuti nel dicembre dello scorso anno, ma alla fine riesaminò la decisione dopo le proteste di molte persone. Quindi so che con il vostro sostegno possiamo cambiare la decisione del governo e aiutare molte famiglie a decidere se continuare o meno a vivere a Fukushima.

Dopo il terremoto di Osaka nel 1995 erano stati concessi aiuti per 5 anni per l’alloggio delle persone colpite. E ‘inaccettabile che meno di due anni dopo la tragedia di Fukushima, il governo intenda farla finita con i sussidi, soprattutto in questo caso, in cui le persone ancora soffrono di problemi di salute dovuti alle radiazioni.

Grazie per l’aiuto.

Tokiko Noguchi, Fukushima, Giappone  


Governatore di Fukushima: Continui ad appoggiare le famiglie che vogliono andarsene da Fukushima!

Firma la petizione QUI
This petition is available in English HERE

 

La madre di Papandreu ha 700 MILIONI di dollari in un conto svizzero

Paese che vai.. ladrones che trovi

3 dicembre 2012Di Er – 

L’avevate letta? No, scusate, ma volevo mettervi il bel faccino della signora Margie-Pap!icon biggrin Paese che vai.. ladrones che trovi …. ma che te ne fai, bella gnocca, di mezzo miliardo in Svizzera che dopodomani sei morta?!

Submitted by  Tyler Durden on 12/03/2012

 Dal Telegraph:

 Margaret Papandreou, whose son George served as the country’s prime minister during the height of the Eurozone crisis, is said to be on the “Lagarde list” of Greek citizens with fortunes hidden in Switzerland.

The list of alleged tax evaders, named after Christine Lagarde, the head International Monetary Fund (IMF), has caused deep resentment as Greece struggles with austerity.

Mrs Papandreou, whose late husband was also a prime minister, denied the allegations reported in two Greek newspapers yesterday.

“Why such lies? Why such attacks? Perhaps because my family never served this country’s interest groups,” she said in a statement.

Margie+Pap Paese che vai.. ladrones che trovi


capito che dice Miss Mamy-Pap? “E’ perchè non abbiamo mai servito le lobby del potere greco che ci infamano cosìììììì!!!”

già…. certo …. infatti servivano le lobby del potere mondiale! icon biggrin Paese che vai.. ladrones che trovi … 500 milioni di euro …  AAh! ‘sti socialisti del Pasok…. mi ricordano quasi quasi i padrini del Banana negli anni ’80 …. ma almeno loro non mi risulta che leccassero i c*li del potere finanziario globale!

Il pessimo esempio di Napolitano. (Ovvero,del predicare bene e razzolare male)

Trattativa stato mafia: il cittadino non deve sapere

Se fosse spuntato il nome dello psiconano e fosse stato richiesto dallo stesso la distruzione delle prove a quest’ora tutta la “società civile” sarebbe in piazza a salvaguardia della costituzione. Certo, se è però il garante stesso a violarla….sssh silenzio..Re Giorgio impera…via le agendine rosse..

 Il pessimo esempio di Napolitano. (Ovvero, del predicare bene e razzolare male)

 

Quando si guarda una persona anziana, molto anziana, ma estremamente distinta, è naturale provare un senso di ammirazione. Inconsciamente si tende ad attribuire, acriticamente ed aprioristicamente, una certa autorevolezza e levatura morale. Questo a prescindere da chi sia la persona in questione. Si tratta di una forma di rispetto ed educazione, giusta peraltro, che ci viene insegnata da giovanissimi.

 Questa forma di riverenza viene applicata anche politicamente nei confronti del Presidente della Repubblica. E non potrebbe essere diversamente, visto che in un sistema politico “vecchio” come il nostro, la figura del primo cittadino non può che essere quella di un ottuagenario.

 Giorgio Napolitano è la rappresentazione perfetta del politico italiano, nella sua longevissima carriera di rappresentante delle istituzioni, a cui ha dedicato la sua intera esistenza in età lavorativa prima, e da ultra ventennale pensionato dopo.

 Oggi, alla luce del suo attivissimo (ed irrituale) ruolo nel governo della malandata Italia, con la nomina di Monti senatore a vita il giorno prima di assegnargli l’incarico di formare un Governo, la figura di Napolitano è centralissima nel nostro panorama politico.  Al punto da essersi meritato l’appellativo di Re Giorgio.

La sua immagine risulta scintillante in confronto al resto dei politici, tutti indistintamente malvisti come esponenti della “Casta” dei privilegiati a spese dei contribuenti.

 Insomma Napolitano sembra emergere come un gigante buono in un mondo fatto di nani ed elfi cattivi. La sua andatura leggermente incurvata trasmette la simpatia del bravo e saggio nonnino, esente da vizi e carico solo di virtù: un politico d’altri tempi, raro come una pietra preziosa.

 Ma si sa, le apparenze a volte ingannano. 

 Così succede che,

 – nel bel mezzo di una crisi economica epocale 

– con una Nazione intera chiamata a fare enormi sacrifici 

– una generazione di giovani senza prospettive

– con aziende che muoiono come mosche all’arrivo dei primi freddi

– la totalità dei contribuenti indignati dai privilegi della classe politica

– in piena epoca di “spending review“…

 si scopre che il Presidente Napolitano vedrà aumentato il suo stipendio, per il 2013, di ben 8.835 euro. La scoperta l’ha fatta Franco Bechis di Libero, eccovi il link.

 Se poi si ha la pazienza di smanettare sulla rete, saltano fuori altre cose interessanti. Ad esempio potete imbattervi in questo video, un servizio di una tv tedesca sugli sprechi e lo scandaloso sistema dei rimborsi degli europarlamentari (ed ovviamente mai trasmesso dalle tv italiane): 

 Allora ci si rende conto che l’aura di saggio ed impeccabile nonnino della Patria, simbolo ed ispiratore della virtù italiana, altro non è che il solito signore che ha fatto della politica il suo modo di guadagnarsi da vivere; e che nel farlo non ha mai rinunciato a  nessun ingiustificato privilegio.

 Oggi questo anziano signore ci invita a fare grandi sacrifici, in nome del risanamento di una situazione dei conti pubblici che lui ed i suoi colleghi hanno contribuito a peggiorare drasticamente.

E, peggio ancora, non dimostra nei fatti di dare il buon esempio: lui che da bravo primo nonnino degli italiani dovrebbe essere il punto di riferimento dell’eticità dei comportamenti pubblici.

 Un pò di vergogna e contrizione non farebbero che bene, caro Presidente.

Riprese esclusive: Mario Monti e il nuovo ordine mondiale

che siano i poteri forti della finanza ad avere tanto in uggia la sovranità nazionale? Vien quasi da pensare che chi si infastidisce alla parola sovranità imputandole un potere “belligerante” stia decisamente lavorando per suddetti poteri

TERRA REAL TIME: Riprese esclusive: Mario Monti e il nuovo ordine m…: I telegiornali e la stampa riprendono sempre solo pochi concetti di quelli che in un’ora vengono espressi da qualsiasi leader politico in ..in comizio. I principali si dice. Già, ma chi decide quali sono i concetti principali? E’ il caso di Mario Monti, discorsi densi, tecnici, non facili da seguire. Ma in un’ora di discorso potete immaginare quante cose dica al di là di quelle riprese dai media: “guerra contro l’evasione fiscale”, “trovata la soluzione per l’Ilva”, “stiamo uscendo dalla crisi”, “spero che chi mi succederà continui le politiche che il nostro governo ha cominciato ad attuare” sono alcuni titoli usciti in questi giorni. Bene, già questi sono tanti come concetti ma come potete immaginare bastano pochi minuti per esprimerli. Per voi lettori liberi ecco in esclusiva le riprese dal vivo di alcuni passaggi di un discorso di Monti. Passaggi assolutamente trascurati dalla stampa. Quali sarebbero potuti essere? i titoli? “Monti: dobbiamo cedere la sovranità a un unico organo mondiale”, “Monti: le regole del mercato hanno reso desueti i concetti di sovranità nazionali”, “I bilanci degli stati devono prima essere approvati a livello europeo”. In questo primo video potete ascoltare direttamente Mario Monti che in maniera chiara spiega come sia a favore di un processo di centralizzazione del controllo verso un unico organo centrale europeo. Aggiunge che il concetto di sovranità nazionale, per quanto caro ai più, sia ormai un concetto desueto e superato dalle regole dei mercati. Dobbiamo seguire queste logiche, continua Monti, e possibilmente avvicinarci verso un unico centro di controllo mondiale.
Continua a leggere e soprattutto GUARDA I VIDEO e DIVULGA!

Il Pentagono triplica le proprie spie

Obama rinforza a dismisura l’intelligence militare, per allontanare ancora la sua guerra segreta dagli occhi del Congresso 


Ferdinando Calda

Dopo aver militarizzato la Cia – che con i suoi droni e la stretta collaborazione con i commando delle Operazioni Speciali si è trasformata da agenzia di raccolta informazioni in una vera e propria organizzazione paramilitare – l’amministrazione Obama si prepara a rafforzare i servizi segreti dell’esercito, aumentando il numero di agenti a disposizione del Pentagono e il loro campo di azione. Secondo quanto riportato dal Washington Post, il ministero della Difesa statunitense si appresta a potenziare all’inverosimile la propria agenzia di intelligence, la Defense Intelligence Agency (Dia), reclutando centinaia di nuovi agenti da inviare in tutto il mondo. L’obiettivo è di arrivare nel giro di 5 anni a una rete di 1.600 unità, oltre il triplo degli agenti attualmente presenti fuori dagli Usa. La riforma della Dia, con la creazione del Defense clandestine service (Dcs), prevede anche di ampliare e reindirizzare le attenzioni dell’Agenzia, che fino ad ora si erano concentrate principalmente sull’Iraq e sull’Afghanistan, dove sono schierate le truppe Usa. La Dia dovrà quindi monitorare, ad esempio, anche l’attività dei gruppi islamisti attivi in Africa, i programmi di armamento dell’Iran e della Corea del Nord, e i piani di ammodernamento degli arsenali cinesi. “Non è una svolta di poco conto”, sottolinea il direttore della Dia, il generale Michael T. Flynn: “Si tratta di un cambiamento radicale sul fronte delle strategie per la sicurezza nazionale”.
Il piano di creare la Dcs – che era stato messo a punto già ad aprile ma finora era rimasto segreto – rientra nella strategia militare dell’amministrazione Obama, che mira a condurre la “guerra al terrore” tramite rapide e “pulite” azioni sotto copertura, piuttosto che con dispendiose e impopolari campagne militari. Nei giorni scorsi il Washington Post aveva descritto il progetto Disposition Matrix, lo schema avviato dalla Casa Bianca nel 2010 per compilare la lista di bersagli da eliminare con i droni che, secondo le previsioni, sarà operativo per un’altra decina di anni almeno.
Come fa notare anche il Wp, la decisione di espandere il ruolo della Dia arriva dopo che la massiccia campagna di attacchi compiuta dai droni della Cia ha cominciato a sollevare più di un dubbio sulla legittimità legale di questo tipo di “guerra”. Al contrario della Cia, che è un’agenzia civile le cui attività devono essere riferite (almeno per sommi capi) al Congresso, i militari della Dia possono agire con ancora più autonomia da qualsiasi controllo politico. “Manterremo lo staff di Capitol Hill e gli stessi membri del Parlamento sempre al corrente di cosa facciamo”, ha cercato di rassicurare lo stesso generale Flynn.
Teoricamente, a differenza della Cia, la Dia non sarebbe autorizzata a effettuare operazioni segrete che vanno oltre la raccolta di informazioni, come gli attacchi con i droni, i sabotaggi o l’addestramento di miliziani. Tuttavia è difficile immaginare che l’imponente struttura che dovrà comporre il Defense clandestine service sarà indirizzata unicamente alla raccolta di informazioni. In ogni caso, già da tempo la Dia sta guadagnando un ruolo sempre più centrale nella scelta degli obiettivi, dall’Afghanistan fino all’Africa orientale. Ex alti funzionari del dipartimento della Difesa citati dal Wp, hanno spiegato che attualmente le operazioni clandestine della Dia sono circa 500, e che queste sono destinate a diventare tra le 800 e le mille entro il 2018.
A questo si aggiunge la sempre più stretta collaborazione con la Cia, che dall’11 settembre 2001 ha visto crescere a dismisura il proprio potere, e il Joint Special Operations Command (Jsoc), quello responsabile del raid contro Osama Bin Laden in Pakistan. I nuovi agenti sotto copertura della Dia, infatti, saranno addestrati nella “Farm”, il centro di addestramento della Cia in Virginia, e all’estero lavoreranno sotto la direzione del capo della stazione locale della Cia. Tuttavia riceveranno istruzioni esclusivamente dal Pentagono. L’obiettivo è di formare, nel giro di cinque anni, una nuova generazione di agenti segreti (militari) da impiegare in operazioni clandestine, magari al fianco dei commando del Jsoc, che rispondono unicamente al segretario alla Difesa e al presidente degli Stati Uniti.
 
 
Lo “scambio” di cariche tra Cia e Pentagono

La collaborazione con la Dia in passato non è stata ben vista dalla Cia, che ha sempre considerato l’intelligence militare come una sorta di fratello inferiore. I precedenti tentativi del Pentagono di ampliare il ruolo della propria intelligence – compiuti specialmente con Donald H. Rumsfeld a segretario alla Difesa – si erano scontrati proprio con le dure resistenze della Cia. Alla riduzione di questi attriti ha contribuito notevolmente lo “scambio” di alte cariche tra Pentagono e Cia attuato nel corso degli anni dall’amministrazione Obama. Lo stesso accordo per la creazione del Defense clandestine service (Dcs) è stato ratificato dal segretario alla Difesa Leon Panetta (ex capo della Cia) e dal generale David Petraeus, già capo delle forze statunitensi in Afghanistan, costretto recentemente a dimettersi dalla Cia in seguito a una relazione extramatrimoniale. Lo stesso generale Flynn, diventato direttore della Dia a luglio, ha lavorato a stretto contatto con la Cia in Afghanistan e in Iraq. Mentre il suo vice, David R. Shedd, ha trascorso la maggior parte della sua carriera presso la Cia, in gran parte all’estero come spia. Non è un caso neanche che l’intero progetto per la creazione del Dcs sia portato avanti da Michael Vickers – al quale sono stati assegnati cento milioni di dollari per questo scopo – massimo responsabile dell’intelligence del Pentagono ed ex della Cia.

04 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18164

Obama cerca una giustificazione legale per i droni

Il Nyt critica l’estensione sempre maggiore del campo d’azione dei raid. Il dibattito divide anche i vertici Usa 


Ferdinando Calda

Da mesi alla Casa Bianca stanno cercando di elaborare un quadro giuridico per tentare di rendere il più possibile “legali” i controversi attacchi con i droni fuori dalle zone di guerra, come il Pakistan, ma anche lo Yemen e la Somalia. Tuttavia, secondo quanto riporta il New York Times, la realizzazione di quella che il presidente Usa Barack Obama definì “l’architettura legale” per inquadrare (e giustificare) simili azioni sembra essere più difficile del previsto, tra divergenze interne all’amministrazione e polemiche nell’opinione pubblica statunitense e internazionale. Polemiche, ritardi e divergenze che, secondo il quotidiano statunitense, rischiano di mettere in dubbio il programma stesso di “uccisioni mirate”, che con oltre 300 raid ha portato all’eliminazione di almeno 2.500 persone.
Lo stesso New York Times fa notare con preoccupazione come da tempo gli obiettivi dei droni siano cresciuti esponenzialmente. Inizialmente, infatti, i bersagli erano esclusivamente membri qaidisti sospettati di organizzare attacchi e attentati contro gli Stati Uniti. Negli ultimi due anni nel mirino sono entrati anche i miliziani islamici che combattono tra le montagne del Pakistan. Una strategia poi allargata alla guerriglia in Yemen e in Somalia. Parlando dei miliziani yemeniti uccisi dai droni Usa, Micah Zenko, del think tank Council on Foreign Relations, commenta polemicamente: “A meno che non stessero per salire su un aereo per gli Usa è difficile credere che rappresentassero una minaccia diretta agli Stati Uniti”. Già in precedenza il Nyt aveva espresso il proprio scetticismo sulla strategia degli aerei senza pilota, specialmente in merito all’eccessivo potere discrezionale del presidente degli Stati Uniti nella decisione dei bersagli.
Il dibattito sui raid dei droni divide anche i vertici statunitensi, con la Cia che preme, insieme al Pentagono, per un ampliamento del campo d’azione, mentre il dipartimento della Giustizia e il dipartimento di Stato si mostrano più prudenti, specialmente a causa dello spinoso tema della legittimità giuridica di questi attacchi. Secondo le indiscrezioni, questa divisione interna si sarebbe riscontrata anche dopo l’assalto al consolato statunitense di Bengasi. In quell’occasione diversi vertici militari avrebbero esortato ad utilizzare i droni per compiere una serie di uccisioni mirate in territorio libico.
Anche per questo motivo l’amministrazione Obama sta cercando creare una sorta di “manuale” che stabilisca delle regole precise e legalmente “accettabili”. Un tentativo che, tuttavia, solleva diverse perplessità tra le organizzazioni umanitarie che criticano gli attacchi dei droni. “Dire che stanno scrivendo le regole significa che prima non c’erano – ha commentato Jameel Jaffer, direttore di American Civil Union’s Center for Democracy, citato dal Guardian – ma quello che stanno già facendo è respingere le regole, di diritto internazionale, che esistono dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”. L’organizzazione ha già avviato un’azione legale contro il governo statunitense riguardo alla legittimità del memorandum (descritto in precedenza dal New York Times) del programma di omicidi mirati, che comprende la lista di terroristi da colpire, personalmente visionata dal presidente.


27 Novembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18004