Perché non vi faranno vedere questa foto

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maggio 09  2016
Il velo nero che le copriva il volto è diventato un velo di morte. La testa è inclinata indietro e una riga di sangue le cola sulla fronte bianca e le tinge le labbra di rosso. Le sopracciglia sono curate, un piccolo vezzo in una città – Aleppo – martoriata dalle bombe. I suoi vestiti sono stati lacerati dal colpo dei razzi dei ribelli moderati sostenuti anche dall’Occidente e che hanno imbarazzato non poco il segretario di Stato americano John Kerry.
Non sappiamo chi sia la donna ritratta dalla foto diffusa da Sana e ripresada LaPresse. Sappiamo solo che si trovava nel reparto di neonatologia di Al Dbait, colpito dalle forze ribelli il 3 maggio scorso. Il numero dei morti non è ancora stato definito. Quattordici, si dice. Ma forse sono molti di più. Non ci stupiamo. È la guerra. La guerra che miete morti sia dall’una che dall’altra parte. La guerra che tutto annienta e che tutto riduce in polvere. La guerra che ammazza “l’ultimo pediatra di Aleppo” e le mamme che vivono nei quartieri lealisti.
 
Ci stupisce solo una cosa: che questa foto non la si vedrà sulle prime pagine dei giornali. Nessuno parlerà di questa donna: si trovava dal lato sbagliato della barricata. Si trovava ad Aleppo, sì: ma non dal lato dei ribelli. Si trovava nei quartieri ancora in mano al regime, ma forse di Bashar Al Assad non gliene fregava niente. Chi può dirlo. Non può più parlare. Si trovava nel lato sbagliato. Quello sgradito all’Occidente. E per questo i media non ve la faranno vedere.
 

Capretto sgozzato in strada, «va bene se è per onorare l’Islam»

la legge è uguale per tutti vero? Alla faccia dello stato laico, il crocefisso no ma sgozzare animali in strada sì.
 
09 maggio 2016
  
Tommaso Fregatti
Matteo Indice
 
Genova – C’è un limite alla pena che si può infliggere anche agli animali in nome della religione? A leggere una sentenza della Corte d’Appello di Genova parrebbe di no, prevale sempre la fede. Perciò sono stati assolti due rom che avevano massacrato un capretto, macellandolo con rito islamico senza autorizzazioni.
 
La procedura sarebbe consentita dalla legge rispettando certi paletti; ma le sevizie inferte erano state così brutali che in primo grado li avevano condannati, finché altri magistrati non hanno ritenuto «prevalente» la spiritualità degli umani sul dolore delle bestie.
 
Non solo: i medesimi giudici, nel decretare l’assoluzione, hanno ribadito che la legge non tutela l’animale in sé, ma semmai il sentimento di pietà degli uomini nei suoi confronti. E quindi se quest’ultimo non viene intaccato, si ha in buona sostanza carta bianca.
 
Il capretto era stato sgozzato in mezzo alla strada, appeso a testa in giù e lasciato morire dissanguato. E aldilà della pena scattata dopo il primo processo, una sanzione da quattro e seimila euro per due nomadi accampati con le proprie famiglie in Valbisagno, eloquente era stato il reato che i giudici avevano deciso di contestare a F. C. e M.C., ovvero il «maltrattamento» che ha come dirimente quella di «sottoporlo a sevizie per crudeltà e senza necessità». A distanza d’un paio d’anni il verdetto è stato ribaltato e da poco la sentenza è passata in giudicato: magari non avrà lo stesso peso d’una Cassazione, ma rappresenta a suo modo un precedente.
 
«L’ipotesi di crudeltà verso gli animali – scrive quindi il giudice Mauro Amisano – presuppone concettualmente l’assenza di qualsiasi giustificabile motivo, poiché la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla mancanza di un motivo adeguato e da una spinta abietta e futile». Però: «Una pratica come il sacrificio rituale musulmano, che è di per sé crudele se parametrata alla sofferenza inflitta, non può essere considerata illecita poiché esplicitamente ammessa per il rispetto dell’altrui libertà religiosa, e quindi non lesiva del comune sentimento di pietà». Soprattutto: «Il limite allo svolgimento di queste pratiche è quello della necessità, nel senso che la macellazione senza stordimento preventivo della vittima è consentita solo ed esclusivamente nel contesto d’un rito religioso, com’è avvenuto nella fattispecie». Il problema è che c’è modo e modo di farlo.
 
E le guardie zoofile che sulle prime avevano denunciato i due rom, insistevano proprio sull’eccesso di sevizie, avendo assistito a loro dire a una scena raccapricciante. Non solo: è notizia degli ultimi mesi un esposto in grande stile presentato dalla Lav (Lega antivivisezione) alla Procura di Varese su situazioni analoghe registrate in macellerie caserecce messe su a Busto Arsizio, mentre la Regione Liguria ha approvato un mese fa la mozione d’una consigliera leghista che vorrebbe obbligare all’anestesia degli animali prima del ritoislamico. Come dire che se ne parla parecchio, e ora un altro tassello pesante lo mettono le toghe genovesi: «Non vi è prova che l’animale sia stato sottoposto a sofferenze aggiuntive (…) in realtà, trattandosi di un sacrificio religioso si può presupporre che fosse volontà degli imputati non discostarsi dalla consueta prassi operativa».
 

Jesolo: rapina, rissa e bus dirottato, tre marocchini denunciati

grande gesto di integrazione
  
domenica, 8, maggio, 2016
Prima rapinano un giovane di Mirano nel parcheggio del Muretto a Jesolo, poi tengono in ostaggio il suo autobus con una cinquantina di giovani. Vogliono dirottarlo verso Marghera al posto di Piove di Sacco. Nel frattempo derubano alcuni ragazzi e con altri si picchiano a sangue.
 
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Una vicenda incredibile quella di cui si sono resi protagonisti un 20enne e un 26enne di nazionalità marocchina ma residenti a Mogliano Veneto. Assieme alla fidanzata del primo, una ventenne sempre di Mogliano. Alla fine il trio è stato arrestato alla stazione Atvo di Jesolo e poi denunciato a piede libero, dopo una lunga serie di eventi violenti. Aiutati forse da qualche sostanza proibita che ha fatto perdere loro il controllo.
 
LA RAPINA. Nella notte del 1 maggio verso le 3.40 un 18enne miranese che si trova con una comitiva di amici al Muretto decide di uscire dalla discoteca. Non si sente bene. Forse ha bevuto troppo. A quel punto gli si avvicina il terzetto, che all’inizio finge di volerlo aiutare. Lo accompagnano in una zona piuttosto isolata del locale e a quel punto scatta l’aggressione: “Non urlare”, gli intimano. “Non chiedere aiuto o ti picchiamo e ti buttiamo nel fosso“, aggiungono. Alla fine il ragazzo viene rapinato del suo Samsung Galaxy S4 e di 30 euro in contanti. Il malcapitato cerca di pedinare i malviventi fino quasi all’Aqualandia, ma poi deve desistere e torna indietro dopo un’assenza durata circa un’ora. Agli amici racconta l’accaduto, ma le disavventure per lui (e per gli amici) non sono finite.
 
IL DIROTTAMENTO. Al momento di tornare a casa sul pullman noleggiato, verso le 6, inizia un nuovo capitolo di una notte di follia. Nella comitiva si imbucano anche i tre aggressori di prima, subito riconosciuti dal 18enne rapinato. Vogliono derubare i passeggeri e riuscire a tornare a Marghera. Ma quello non è certo un autobus di linea e l’autista non manca di intimare loro di scendere. I tre balordi non desistono e alzano la voce, estraggono dalle tasche due bottiglie di birra in vetro, vuote. Fanno cenno all’autista di essere pronti ad usarle. A quel punto, alcuni ragazzi intervengono in difesa dell’autista e invitano i tre ad andarsene.
 
Dalle grida si passa subito ai fatti. I rapinatori, sotto l’effetto forse di stupefacenti, non se lo fanno dire due volte e iniziano a picchiare i passeggeri più determinati. Calci e pugni. Urla e minacce. Uno dei ragazzi viene colpito al volto con una bottiglia e rimane sul sedile, stordito. Capita la situazione tutto il gruppo decide di sottostare alle volontà dei violenti, con l’uomo al volante che ingrana la prima e finge all’inizio di voler accompagnare il trio a destinazione. Alla rotonda Picchi, invece, svolta a destra e punta verso il commissariato locale. Nasce un nuovo diverbio, visto che i malviventi (con precedenti a loro carico) non hanno alcuna intenzione di farsi ingannare. Il loro interlocutore allora spiega loro che era meglio prendessero un autobus di linea Atvo, la cui stazione era poco distante. In modo da chiudere la serata qui. I giovani capiscono, scendono. Si trovano nel parcheggio del McDonald’s. Non prima di una nuova colluttazione con i passeggeri più “focosi”.
 
L’ARRESTO. L’autista trattiene i giovani che vogliono inseguirli, chiude le porte e torna al Muretto a riprendere il resto della comitiva. Ma nel frattempo i giovani si accorgono del furto di felpe, portafogli, bancomat e giubbotti. Una razzia in piena regola. Per questo motivo l’autobus torna al parcheggio del McDonald’s chiedendo aiuto alla polizia. Il terzetto è ancora lì, e viene inseguito dai giovani più determinati. I quali riescono ad avere la meglio e a recuperare parte della refurtiva che si trovava negli zaini dei tre balordi, che, vista la malparata, nel frattempo fuggono verso la stazione Atvo. Lì, però, vengono bloccati poco più tardi da una volante del commissariato. La ragazza cerca di disfarsi in extremis di un telefonino, di una tessera bancomat e di un foglio che riporta il codice pin. La mossa non sfugge al capopattuglia, che la immobilizza e recupera la refurtiva. Il resto viene trovato addosso ai due uomini e nei loro zaini, che poi vengono riconosciuti dalla comitiva sul pullman. Anche dal 18enne di Mirano rapinato qualche ora prima.
 
In commissariato si scopre che il 26enne marocchino aveva alle sue spalle ben tre arresti per altrettante rapine aggravate commesse negli ultimi cinque anni e una condanna a due anni e due mesi per lesioni personali graviI tre, visto che sono stati bloccati non in flagranza di reato, sono stati denunciati a piede libero per sequestro di persona e rapina aggravata, oltre che di furto aggravato in concorso e porto d’armi e oggetti atti a offendere. La loro posizione ora è al vaglio della Procura e potrebbe cambiare molto presto. In peggio.
 

Rimprovera immigrati che orinano per strada, 50enne preso a calci e pugni

aggressioni che non infastidiscono l’italia politically correct
 
lunedì, 9, maggio, 2016
Ambulanza
LA SPEZIA
Portare a spasso il cagnolino è diventato pericoloso. Quando si afferma che i liguri non sono omertosi, né indifferenti a violenza e degrado, ma hanno giustamente paura perché i violenti non sono adeguatamente puniti da taluna magistratura, ma in molti sono lasciati liberi di vagolare per le nostre strade.
 
La triste realtà – scrive LiguriaNotizie – è che se li tocchi vai in galera e se ti permetti di alzare la voce finisci all’ospedale. Mentre loro possono fare quello che vogliono.
 
Venerdì sera un 50enne, dal buon senso civico, ha rimproverato un paio di immigrati che stavano orinando per strada in via Milano a La Spezia. Anziché scusarsi ed andarsene, gli extracomunitari lo hanno aggredito e riempito di botte con calci e pugni. Pestato a sangue, fino a fargli perdere i sensi. E’ stato ricoverato al pronto soccorso con trenta giorni di prognosi per varie contusioni, lesione al bulbo oculare, fratture al setto nasale e alla mandibola. Per fortuna, non è in pericolo di vita.

48 ORE DI SCIOPERO GENERALE IN GRECIA: SOLIDARIETÀ CON CHI LOTTA CONTRO LA TROIKA E IL SUO FANTOCCIO TSIPRAS

chi è il “fascista” che definisce Tsipras il kompagno rivoluzionario come fantoccio???
Incredibilie, 48 ore di sciopero contro il governo amico. Impensabile in Italia. Tsipras è coerente. Ha detto che mai e poi mai avrebbe rinunciato all’euro e all’EUROPA.
Sta solo addebitando il prezzo di questa scelta al popolo greco. Peccato avesse detto, come tutte le sinistre professano, che esiste l’europa e l’euro senza austerità. A quanto pare…..come volevasi dimostrare era solo fantascienza, o peggio, solo un modo per far accettare la lenta agonia dei popoli in nome dell’europa
 
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Il massacro dei greci deve essere l’esempio per tutti: massacrare un popolo per educare tutti i lavoratori della zona euro
 
di Giorgio Cremaschi
 
Tutti i sindacati greci hanno proclamato 48 ore di sciopero generale contro i nuovi tagli che il governo vuole far votare in parlamento, tagli a pensioni, sanità, servizi pubblici. Sembra incredibile che la Troika e quello che oramai è il suo fantoccio, Tsipras, abbiano trovato ancora qualcosa da tagliare in un paese distrutto da 7 anni di politiche di austerità.
 
Eppure la fantasia sadica della banda di Bruxelles e Francoforte non ha limiti, hanno ancora trovato ossa da spolpare, corpi da massacrare. Così come non ha limiti lo spirito di servaggio di Alexis Tsipras, che sicuramente riuscirà a passare alla storia come uno dei più vergognosi collaborazionisti della storia europea. Questi tagli non avrebbero dovuto esserci secondo la propaganda eurista di un anno fa, quando il governo greco, tradendo il popolo che aveva votato no, accettò un altro memorandum in cambio di una manciata di soldi. Allora tutta la grancassa europeista suonò allo scampato pericolo della GREXIT e governanti e banchieri promisero alla Grecia il ritorno dell’abbondanza.
 
Un anno dopo siamo a capo: come era ovvio l’austerità applicata all’austerità ha prodotto altra crisi e il debito greco è più alto di prima. Servono quindi altri prestiti per far andare avanti la baracca, e in cambio la UE e le banche, cioè il capitalismo tedesco, chiedono altri sacrifici al popolo di quel martoriato paese. Paradossalmente il Fondo Monetario Internazionale sarebbe interessato ad una riduzione del debito greco, per un puro ragionamento da banchieri, cioè per il semplice fatto che più cresce il debito di quel paese, più sono i soldi che mai saranno restituiti. Ma l’Europa usuraia delle banche tedesche ed i governi suoi servi, il nostro Renzi in prima fila, non possono allentare troppo il cappio, altrimenti altri potrebbero alzare la testa e non solo nei paesi più in difficoltà.
 
Il governo Hollande sta scatenando una repressione selvaggia contro un popolo, soprattutto di giovani, che rifiuta il suo Jobsact. E in Germania i ferrovieri hanno deciso ben 6 giorni di sciopero, per chiedere più salario e meno orario. Nonostante la passività di CgilCislUil quell’onda di rivolta contro le politiche di austerità arriverà anche qui. Quindi per tenere sotto controllo i propri lavoratori tutti i governi europei devono continuare a massacrare i greci in modo da farne un esempio. Ma i lavoratori di quel paese invece resistono e così danno a tutti noi una eccezionale lezione. Bisogna sostenere fino in fondo lavoratori e popolo greco contro il governo Tsipras e gli usurai della Unione Europea. Che oramai fa schifo anche a Papa Francesco.
Notizia del: 07/05/2016

“I GOVERNI NON DEVONO ASCOLTARE GLI ELETTORI”: IL DELIRIO DI ONNIPOTENZA DI JUNCKER (MA VA LA!)

eccola l’Europa dei popoli, ma è così fin dalla nasicta della Ue, sicuramente dal Fiscal compact in poi.
 
capi di governo degli Stati dell’Unione Europea non dovrebbero “ascoltare così tanto gli elettori“. Parola di Jean-Claude Juncker. Le improvvide dichiarazioni del presidente della Commissione Europea sono arrivate ieri da Roma, dove il numero uno dell’esecutivo dell’Unione si è recato per presenziare al conferimento del Premio Carlomagno a Papa Francesco. Nella splendida cornice dei Musei Capitolini Juncker ha voluto strigliare quei politici definiti “europei a tempo determinato”, pronti a rivolgersi a Bruxelles solo nel momento di incassare, e mai quando è l’ora di dare.
 
Troppo spesso i governanti del Vecchio Continente, ha spiegato l’ex primo ministro del Lussemburgo, guardano solamente ai sondaggi e promuovono misure destinate perlopiù a soddisfare le richieste immediate dell’opinione pubblica interna. “Chi ascolta l’opinione pubblica interna – ha spiegato Juncker – non può promuovere la costruzione di un sentimento comune europeo, può non sentire la necessità di mettere in comune gli sforzi. Abbiamo troppi europei part-time.”
 
Il Presidente della Commissione ha poi ricordato gli anni felici in cui veniva approvato iltrattato di Maastricht: “Era un periodo stimolante, stavamo lavorando passo passo per convergere verso una moneta unica: c’era un sentimento condiviso da ministri degli Esteri e primi ministri, ci sentivamo addosso la responsabilità di fare la storia. Ecco, ora tutto questo è finito.” Se c’è però anche una minima possibilità di riportare in auge quel sentimento, non è di certo trascurando di monitorare con costanza il polso dell’opinione pubblica. Gli elettori cercano a gran voce di farsi sentire: spiace che Juncker sembra volerli ascoltare solo nei momenti di consenso.
 

Clinton sbraita: “La vittoria di Trump sarebbe un regalo per il Cremlino”

giovedì, 24, marzo, 2016
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“Se Trump riesce a vincere, sarà come un regalo di Natale per il Cremlino, con un’America meno sicura ed un mondo più pericolo”. E’ quanto ha detto Hillary Clinton in un discorso pronunciato alla Stanford University, in California, attaccando il miliardario newyorkese, e anche l’altro candidato repubblicano, Ted Cruz, per le affermazioni “irresponsabili” sul fronte della politica estera che rischiano di allontanare i più stretti alleati degli Stati Uniti, demonizzare gli islamici e rafforzare la Russia.
 
Parlando della lotta al terrorismo, e della risposta agli attacchi di Bruxelles, Clinton ha poi sottolineato che “ci troviamo di fronte ad un avversario che costantemente si adatta ad operare in teatri multipli, quindi la nostra risposta deve essere agile ed ampia, dobbiamo poter contare su qualcosa che funziona, non su sparate che ci alienano i partner e non ci rendono più sicuri”.
 
Sottolineando che “sarebbe un gravissimo errore farci trascinare in un altro costoso conflitto terrestre in Medio Oriente”, come farebbero i due repubblicani che parlano di truppe di terra americane, Clinton ha preso in giro Cruz per aver invocato “bombardamenti a tappeto” dello Stato Islamico. “Proporli non ti fa apparire più duro, solo che parli a sproposito”.
 
L’ex segretario di Stato ha quindi attaccato Trump per le sue recenti dichiarazioni scettiche riguardo all’impegno nella Nato che Clinton ha definito “il miglior investimento che l’America ha fatto, nell’alleanza di maggior successo della storia”.
 
“Volgere le spalle alle nostre alleanze interromperebbe una politica estera bipartisan, adottata da decenni dai leader americani ed invierebbe un segnale negativo sia ad amici che a nemici” ha detto ancora la candidata democratica alla Casa Bianca spiegando che la speranza di Vladimir Putin è quella di creare divisioni in Europa.

La Clinton approvò l’invio di gas sarin ai ribelli siriani per incastrare Assad

la Clinton, al secolo la santa pacifista che ci salverà dal cattivo Trump (filorusso e contro il TTIP come scritto sul sito left – per fortuna che la sinistra è contro il TTIP; questo sito esprime disgusto perché Trump con la sua contrarietà al TTIP promuove l’isolazionismo..), così dice la società politically correct
 
lunedì, 9, maggio, 2016
Il sito Free Thought Project riporta un articolo sui legami di Hillary Clinton con l’attacco chimico al gas sarin a Ghouta, in Siria, nel 2013. Dalle relazioni tra USA e Siria, al ruolo della Clinton nella politica estera USA e nell’approvvigionamento di armi dalla Libia verso l’Isis (ne avevamo parlato), alle dichiarazioni del giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh su un accordo del 2012 tra l’amministrazione Obama e i leader di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, per imbastire un attacco con gas sarin e darne la colpa ad Assad, tutte le prove punterebbero in una direzione: i precursori chimici del gas sarin sarebbero venuti dalla Libia, il sarin sarebbe stato “fatto in casa” e la colpa gettata sul governo siriano come pretesto perché gli Stati Uniti potessero finanziare e addestrare direttamente i ribelli siriani, come desideravano i sauditi intenzionati a rovesciare Assad. Responsabile della montatura l’allora Segretario di Stato USA e attuale candidata alla presidenza per i Democrat, Hillary Clinton.  VOCI DALL’ESTERO
 
CLINTON
di Matt Agorist, 2 maggio 2016
 
Nell’aprile del 2013, la Gran Bretagna e la Francia informarono le Nazioni Unite che c’erano prove credibili che la Siria avesse usato armi chimiche contro le forze ribelli. Solo due mesi più tardi, nel giugno del 2013, gli Stati Uniti conclusero che il governo siriano in effetti aveva usato armi chimiche nella sua lotta contro le forze di opposizione. Secondo la Casa Bianca, il presidente Obama ha subito usato l’attacco chimico di Ghouta come pretesto per l’invasione e il sostegno militare americano diretto e autorizzato ai ribelli.
 
Da quando gli Stati Uniti finanziano questi “ribelli moderati”, sono state uccise più di 250.000 persone, più di 7,6 milioni sono state sfollate all’interno dei confini siriani e altri 4.000.000 di esseri umani sono stati costretti a scappare dal paese.
 
Tutta questa morte e distruzione portata da un sadico esercito di ribelli finanziati e armati dal governo degli Stati Uniti era basata – è quello che ora ci viene detto – su una completa montatura.
 
Seymour Hersh, giornalista noto a livello mondiale, ha rivelato, in una serie di interviste e libri, che l’amministrazione Obama ha falsamente accusato il governo siriano di Bashar al-Assad per l’attacco con gas sarin e che Obama stava cercando di usarlo come scusa per invadere la Siria. Come ha spiegato Eric Zuesse in Strategic Culture, Hersh ha indicato un rapporto dell’intelligence britannica che sosteneva che il sarin non veniva dalle scorte di Assad. Hersh ha anche affermato che nel 2012 è stato raggiunto un accordo segreto tra l’amministrazione Obama e i leader di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, per imbastire un attacco con gas sarin e darne la colpa ad Assad in modo che gli Stati Uniti potessero invadere la Siria e rovesciare Assad.
 
“In base ai termini dell’accordo, i finanziamenti venivano dalla Turchia, e parimenti dall’Arabia Saudita e dal Qatar; la CIA, con il sostegno del MI6, aveva l’incarico di prendere armi dagli arsenali di Gheddafi in Siria. ”
 
Zuesse nel suo rapporto spiega che Hersh non ha detto se queste “armi” includevano i precursori chimici per la fabbricazione del sarin che erano immagazzinati in Libia. Ma ci sono stati molteplici rapporti indipendenti che sostengono che la Libia di Gheddafi possedeva tali scorte, e anche che il Consolato degli Stati Uniti a Bengasi, in Libia, controllava una “via di fuga” per le armi confiscate al regime di Gheddafi, verso la Siria attraverso la Turchia.
 
Anche se Hersch non ha specificamente detto che la “Clinton ha trasportato il gas”, l’ha implicata direttamente in questa”via di fuga” delle armi delle quale il gas sarin faceva parte.
 
Riguardo al coinvolgimento di Hillary Clinton, Hersh ha detto ad AlterNet che l’ambasciatore Christopher Stevens, morto nell’assalto dell’ambasciata Bengasi,
 
L’unica cosa che sappiamo è che [la Clinton] era molto vicina a Petraeus che era il direttore della CIA in quel periodo… non è fuori dal giro, lei sa quando ci sono operazioni segrete. Dell’ambasciatore che è stato ucciso, [sappiamo che] era conosciuto come un ragazzo, da quanto ho capito, come qualcuno che non sarebbe stato coinvolto con la CIA. Ma come ho scritto, il giorno della missione si stava incontrando con il responsabile locale della CIA e la compagnia di navigazione. Egli era certamente coinvolto, consapevole e a conoscenza di tutto quello che stava succedendo. E non c’è modo che qualcuno in quella posizione così sensibile non stesse parlando col proprio capo [Hillary Clinton, all’epoca Segretario di Stato, figura che nel governo statunitense ha la responsabilità della politica estera e del corpo consolare, NdVdE], attraverso qualche canale. “
 
A supportare Hersh nelle sue affermazioni è il giornalista investigativo Christof Lehmann, che dopo gli attacchi ha scoperto una pista di prove che riporta al Presidente dello Stato Maggiore Congiunto Martin Dempsey, al Direttore della CIA John Brennan [subentrato nella guida della CIA l’8 marzo 2013 dopo le dimissioni di Petraeus nel novembre 2012 e il successivo interim di Morell, NdVdE], al capo dell’intelligence saudita principe Bandar, e al Ministero degli Interni dell’Arabia Saudita.
 
Come ha spiegato Lehmann, i russi e altri esperti hanno più volte affermato che l’arma chimica non avrebbe potuto essere una dotazione standard dell’arsenale chimico siriano e che tutte le prove disponibili – tra cui il fatto che coloro che hanno offerto il primo soccorso alle vittime non sono stati lesionati – indicano l’uso di sarin liquido, fatto in casa. Questa informazione è avvalorata dal sequestro di tali sostanze chimiche in Siria e in Turchia.
 
Anche se non è la prova definitiva, non si deve glissare su questa implicazione. Come il Free Thought Project ha riferito ampiamente in passato, il candidato alla presidenza ha legami con i cartelli criminali internazionali che hanno finanziato lei e suo marito per decenni.
 
Quando Hillary Clinton divenne Segretario di Stato nel 2009, la Fondazione William J. Clinton ha accettato di rivelare l’identità dei suoi donatori, su richiesta della Casa Bianca. Secondo un protocollo d’intesa, rivelato da Politifact, la fondazione poteva continuare a raccogliere donazioni provenienti da paesi con i quali aveva rapporti esistenti o che stavano tenendo programmi di finanziamento.
 
Le registrazioni mostrerebbero che dei 25 donatori che hanno contribuito con più di 5 milioni di dollari alla Fondazione Clinton nel corso degli anni, sei sono governi stranieri, e il maggior contribuente è l’Arabia Saudita.
 
L’importanza del ruolo dell’Arabia Saudita nel finanziamento dei Clinton è enorme, così come il rapporto tra Siria e Arabia Saudita nel corso dell’ultimo mezzo secolo è tutto quello che concerne questa guerra civile.
 
Come Zuesse sottolinea nel suo articolo su Strategic Culture,
 
Quando l’intervistatore ha chiesto ad Hersh perché Obama sia così ossessionato dalla sostituzione di Assad in Siria, dal momento che “il vuoto di potere che ne deriverebbe avrebbe aperto la Siria a tutti i tipi di gruppi jihadisti”; e Hersh ha risposto che non solo lui, ma lo Stato Maggiore Congiunto, “nessuno riusciva a capire perché.” Ha detto, “La nostra politica è sempre stata contro di lui [Assad]. Punto.”
 
Questo è stato effettivamente il caso non solo da quando il partito che Assad guida, il partito Ba’ath, è stato oggetto di un piano della CIA poi accantonato per un colpo di stato finalizzato a rovesciarlo e sostituirlo nel 1957; ma, in realtà, il primo colpo di stato della CIA era stato non solo pianificato, ma anche effettuato nel 1949 in Siria, dove rovesciò un leader democraticamente eletto, con lo scopo di consentire la costruzione di un oleodotto per il petrolio dei Saud attraverso la Siria verso il più grande mercato del petrolio, l’Europa; e la costruzione del gasdotto iniziò l’anno successivo.
 
Ma poi c’è stato un susseguirsi di colpi di stato siriani (innescati dall’interno anziché da potenze straniere – nel 1954, 1963, 1966, e, infine, nel 1970), che si sono conclusi con l’ascesa al potere di Hafez al-Assad durante il colpo di stato del 1970. E l’oleodotto trans-arabico a lungo pianificato dai Saud non è ancora stato costruito. La famiglia reale saudita, che possiede la più grande azienda mondiale di petrolio, l’Aramco, non vuole più aspettare. Obama è il primo presidente degli Stati Uniti ad aver seriamente tentato di svolgere il loro tanto desiderato “cambio di regime” in Siria, in modo da consentire la costruzione attraverso la Siria non solo dell’oleodotto trans-arabico dei Saud, ma anche del gasdotto Qatar- Turchia che la famiglia reale Thani (amica dei Saud), che possiede il Qatar, vuole che sia costruita lì. Gli Stati Uniti sono alleati con la famiglia Saud (e con i loro amici, le famiglie reali del Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Oman). La Russia è alleata con i leader della Siria – così come in precedenza lo era stata con Mossadegh in Iran, Arbenz in Guatemala, Allende in Cile, Hussein in Iraq, Gheddafi in Libia, e Yanukovich in Ucraina (tutti rovesciati con successo dagli Stati Uniti, ad eccezione del partito Baath in Siria).
 
Matt Agorist è un veterano congedato con onore del Corpo degli US Marines ed ex operatore di intelligence direttamente incaricato dalla NSA. Questa precedente esperienza gli fornisce una visione unica nel mondo della corruzione del governo e dello stato di polizia americano. Agorist è stato un giornalista indipendente per oltre un decennio ed è apparso sulle reti tradizionali in tutto il mondo.

PIÙ DEL 95% DEI “SALVATAGGI “ DELLA GRECIA SONO FINITI IN TASCA ALLE BANCHE

per fortuna che i greci hanno eletto il kompagno ribelle rivoluzionario che lotta per i poveri…
Meno male che non sono saliti al potere i cattivi euroscetti..avrebbero distrutto l’europa dei popoli…no? E’ ben chiaro per chi sarebbe stato un disastro
  
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maggio 09 2016
 
Il sito Press Project ci aiuta a ribadire un concetto che ogni tanto pare sfuggire nel dibattito europeo. I soldi usati da UE e FMI per i “salvataggi della Grecia” sono serviti quasi unicamente a salvare le banche greche e le loro creditrici, ossia quelle del centro Europa (Francia e Germania). I contribuenti europei hanno salvato incauti istituti di credito privati, secondo il solito schema della socializzazione delle perdite, a fronte della privatizzazione dei profitti e degli stipendi del top management.
 
4 maggio 2016
 
La “European School of Management and Technology” (scuola europea di gestione e tecnologia ndVdE), dopo aver analizzato i primi due programmi di salvataggio della Grecia, ha concluso che più del 95% dei 215,9 miliardi di euro usati per pagare i vecchi debiti, sono serviti a pagare interessi e a ricapitalizzare le banche greche.
 
Secondo Handelsblatt , questa nuova ricerca prova che meno del 5% dei soldi ricevuti dalla Grecia nell’ambito dei due programmi di salvataggio sono in effetti finiti nelle casse dello stato. La European School of Management and Technology ha sede a Berlino, fondata da 25 compagnie e istituzioni globali.
 
“I pacchetti di aiuto sono stati usati anzitutto e per la maggior parte per salvare le banche europee” ha detto il presidente dell’ESMT Jörg Rocholl, “I contribuenti europei hanno salvato gli investitori privati”, ha aggiunto.
 
Solo 9,7 miliardi di euro della somma totale sono finiti davvero nel budget statale, ossia meno del 5% mentre, per il resto, 86,9 miliardi sono serviti per restituire i debiti e 52,3 miliardi per pagare interessi.
 
37,3 miliardi di euro totali di aiuti sono stati usati per salvare le banche greche, che hanno perso all’incirca il 98% del loro valore di mercato rispetto al 2013.
 
Lo scorso anno la Grecia ha ricevuto un altro programma di aiuti dai paesi membri dell’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) di circa 90 miliardi di euro. Durante le scorse settimane, la Grecia ha faticato a completare la prima revisione del terzo salvataggio, necessaria per ricevere la trance successiva di aiuti necessaria a pagare i suoi debiti a Luglio. I creditori internazionali, e specialmente il FMI, si sono impuntati sostenendo che la Grecia deve impegnarsi in un ulteriore giro di austerità, rispetto a quanto già sottoscritto lo scorso anno per poter partecipare al programma di aiuti.