Missili Usa in Romania e Polonia: l’Europa sul fronte nucleare

Obama il 13 maggio scorso si dice preoccupato per «la crescente presenza e postura militare aggressiva della Russia nella regione baltico/nordica»
Ma ovviamente la minaccia al mondo civile viene da Trump, come potrebbe mai un premier nobel per la pace essere guerrafondaio no?
di Manlio Dinucci – 18/05/2016
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Fonte: Il Manifesto
Taglio del nastro alla base aerea di Deveselu in Romania, dove il segretario generale della Nato Stoltenberg  ha inaugurato la «Aegis Ashore», installazione terrestre del sistema missilistico Aegis degli Stati Uniti
Stoltenberg ha ringraziato gli Stati uniti perché con tale installazione essi accrescono notevolmente la capacità di «difendere gli alleati europei contro missili balistici dall’esterno dell’area Euro-Atlantica». Ha annunciato quindi l’inizio dei lavori per realizzare in Polonia un’altra «Aegis Ashore», analoga a quella entrata in funzione in Romania. Anch’essa dotata di missili intercettori SM-3 e lanciatori verticali MK 41 della Lockheed Martin.
 
Le due installazioni terrestri si aggiungono a quattro navi Aegis (anch’esse con missili SM-3 e lanciatori verticali) che — dislocate dalla U.S. Navy nella base spagnola di Rota — incrociano nel Mediterraneo, Mar Nero e Mar Baltico, collegate a un potente radar in Turchia e a un centro di comando in Germania.
Il segretario generale della Nato, mentre da un lato afferma che «il nostro programma di difesa missilistica rappresenta un investimento a lungo termine contro una minaccia a lungo termine», dall’alto assicura che «questo sito in Romania, come quello in Polonia, non è diretto contro la Russia».
 
La funzione del cosiddetto «scudo» anti-missili è in realtà offensiva. 
Se gli Usa riuscissero a realizzare  un sistema affidabile  in grado di intercettare i missili balistici, potrebbero tenere la Russia sotto la minaccia di un first strike nucleare, fidando sulla capacità dello «scudo» di neutralizzare gli effetti della rappresaglia.
In realtà ciò non è possibile allo stadio attuale, perché la Russia e anche la Cina possono adottare diverse contromisure, che rendono impossibile intercettare tutte le testate nucleari.
A che serve allora il sistema Aegis schierato in Europa, che gli Usa stanno potenziando? Ce lo spiega la stessa Lockheed Martin. Illustrando le caratteristiche tecniche del sistema di lancio verticale Mk 41 – quello installato sulle navi lanciamissili Aegis e ora anche nella base di Deveselu  – sottolinea che esso è in grado di lanciare «missili per tutte le missioni: anti-aeree, anti-nave, anti-sottomarino e di attacco contro obiettivi terrestri». Ogni tubo di lancio è adattabile a qualsiasi missile, sia quelli intercettori, sia quelli per l’attacco nucleare.
Nessuno può quindi sapere quali missili vi siano realmente nei lanciatori verticali della base di Deveselu e in quelli a bordo delle navi che incrociano ai limiti delle acque territoriali russe. Non potendo controllare, Mosca dà per scontato che vi siano anche missili da attacco nucleare.
L’Europa ritorna così a un clima da guerra fredda, a tutto vantaggio degli Stati uniti che possono in tal modo accrescere la loro influenza sugli alleati europei.
Nell’incontro con i governanti di Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia, il 13 maggio a Washington, il presidente Obama ha denunciato «la crescente presenza e postura militare aggressiva della Russia nella regione baltico/nordica», riaffermando l’impegno degli Stati uniti per la «difesa collettiva dell’Europa».
Nello stesso incontro, Obama ha evidenziato il consenso europeo a mantenere le sanzioni contro la Russia, lodando in particolare Danimarca, Finlandia e Svezia che, «come membri della Ue, sostengono fortemente il Ttip, trattato che riaffermo di voler concludere prima della fine dell’anno». Nei lanciatori verticali della Lockheed c’è anche il missile Ttip.

Il neopresidente brasiliano è una marionetta dell’intelligence degli USA

di Jay Syrmopoulos – 16/05/2016
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Fonte: Aurora sito
L’organizzazione per la trasparenza WikiLeaks denuncia il presidente ad interim Michel Temer, salito alla presidenza brasiliana con un colpo di Stato soft che ha deposto la presidentessa Rousseff, quale informatore dell’intelligence degli Stati Uniti. Temer, vicepresidente del Brasile dal 2011, ha preso il potere dopo che il parlamento del Brasile ha sospeso Rousseff in attesa dei risultati del procedimento dell’impeachment. I cablo, contrassegnati “sensibili ma non classificati“, contengono la sintesi delle conversazioni di Temer, allora deputato federale brasiliano, coi funzionari dei servizi segreti degli Stati Uniti. La prova schiacciante è fornita da una serie di tweet di Wikileaks collegati ai dispacci diplomatici che evidenziando le informazioni fornite da Temer ai militari e al Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. 
Chiaramente, l’evoluzione della guerra non-convenzionale (UW), descritta nel manuale 2010 delle Forze Speciali, si attuata pienamente negli eventi in Brasile, dispiegandosi con la guerra ibrida, essenzialmente la militarizzazione della teoria del caos, ampiamente abbracciata da tutto lo spettro militar-spionistico degli Stati Uniti. Il manuale dell’UW evidenzia che la percezione di una vasta “popolazione non impegnata” sia essenziale per il successo, e che tale fascia non impegnata infine può essere usata per contrastarne i leader politici. Il processo va dal “supporto all’insurrezione” (come in Siria) ad “ampliare il malcontento con propaganda e sforzi politici e psicologici per screditare il governo” (come in Brasile), spiegando che quando un’insurrezione mette radici e comincia a crescere, l’”intensificazione della propaganda e la preparazione psicologica della popolazione alla ribellione” dovrebbero accompagnarla, come nel caso del Brasile.
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BRICS è l’acronimo dell’associazione delle cinque principali economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Il raggruppamento era originariamente conosciuto come “BRIC” prima dell’inclusione del Sud Africa nel 2010. Secondo l’analista politico Pepe Escobar: La molto ben argomentata tesi in tre parti chiarisce l’obiettivo centrale della grande guerra ibrida; “interrompere i progetti transnazionali multipolari attraverso conflitti identitari provocati esternamente (etnici, religiosi, politici, ecc) nello Stato preso di mira…” 
 
I Paesi BRICS, parola/concetto estremamente sporco per l’asse Beltway-Wall Street, sono gli obiettivi principali della guerra ibrida, per una miriade di ragioni, tra cui la spinta al commercio nelle valute nazionali bypassando il dollaro USA; creazione della banca di sviluppo BRICS; l’unità verso l’integrazione dell’Eurasia, simboleggiata dalla convergenza tra Nuova Via della Seta guidata dalla Cina, o Fascia e Via (OBOR) nella terminologia ufficiale, e l’Unione economica eurasiatica (EEU) guidata dalla Russia”. 
 
Ciò spiega in gran parte le turbolenze nella società civile brasiliana. Anche se vi sono molti problemi strutturali inerenti l’apparato politico in Brasile, tali problemi sono sfruttati da potenze estere nel tentativo di creare un ambiente politicamente più attraente per Stati Uniti e compari neoliberali che manovrano per le posizioni di potere, come esposto dall’informatore dell’intelligence USA, facendo salire alla presidenza del Brasile Temer. L’analista politico statunintense-brasiliano Eric Draitser annotò nell’articolo di marzo per MintPress News: La destra è la forza trainante delle proteste… Due dei gruppi principali responsabili dell’organizzazione delle manifestazioni sono il movimento Brasile libero (MBL) e Studenti per la Libertà (EPL), con legami diretti con Charles e David Koch, miliardari neocon statunitensi così come le altre figure di spicco dell’estrema destra della dirigenza neoliberista“. Il noto giornalista Glenn Greenwald va alla radice della questione scrivendo che Temer “servirà fedelmente gli interessi dei più ricchi in Brasile: ha intenzione di nominare funzionari di Goldman Sachs e FMI (Fondo Monetario Internazionale) per dirigere l’economia e in caso contrario installare una squadra neoliberista totalmente priva di legittimità“. Non si sbaglia pensando all’enorme sforzo segreto dagli Stati Uniti per mantenere con qualsiasi mezzo la posizione egemonica negli affari globali, contro i BRICS. Gli eventi in Brasile sono senza dubbio l’ennesimo colpo di Stato organizzato da Washington. Tale nuova forma di sofisticata guerra ibrida si dimostra un’arma insidiosa che può fomentare il cambio di regime senza sparare un solo colpo.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

In Venezuela prorogato lo stato d’emergenza per il pericolo concreto di un intervento straniero

di Attilio Folliero
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Lo scorso 13 maggio, il Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha prorogato per altri tre mesi lo stato d’emergenza. La proroga è stata decisa dopo le recenti dichiarazioni dell’ex Presidente della Colombia, Alvaro Uribe. Il 12 e 13 maggio all’Università “Dade College” di Miami, negli USA, si è svolto un incontro di leader mondiali di organizzazioni pubbliche, private e non profit, tra i quali alcuni coinvolti nello scandalo “Panama Papers”, come Jorge Arrizurieta, imprenditore cubano-statunitense sostenuto dalla famiglia Bush o l’ecuadoriano Guillermo Lasso.
Durante questo incontro l’ex presidente colombiano Alvaro Uribe (che ricordiamo nel 1991 era considerato dalla National Security USA il narcotrafficante n. 82 più ricercato al mondo – http://umbvrei.blogspot.it/2010/02/alvaro-uribe-velez-il-narcotrafficante.html – ha dichiarato, parole testuali: 
 
“Le forze armate democratiche siano poste al servizio dell’opposizione venezuelana”. Inoltre, ha aggiunto che in Venezuela deve essere replicato il colpo di stato giuridico-parlamentare che in Brasile ha rimosso dal suo incarico per 180 giorni la Presidente eletta Dilma Rousseff.
 
Dopo queste dichiarazioni, il presidente Nicolas Maduro ha fatto vari annunci per proteggere la sicurezza nazionale da possibili interventi stranieri; inoltre ha colto l’occasione per comunicare nuovi provvedimenti contro la guerra economica che le oligarchie nazionali e internazionali stanno promovendo contro il Venezuela.
In sostanza Alvaro Uribe ha proposto una invasione militare contro Venezuela. 
 
Vedasi a tal proposito il video di fonte YouTube delle dichiarazioni di Alvaro Uribe (in lingua spagnola).
 
Che cosa comporta la dichiarazione dello stato d’emergenza?
La dichiarazione dello stato d’emergenza comporta una serie di misure riguardanti sia la sicurezza nazionale sia gli aspetti economici:
  1. La Forza Armata Venezuelana (FANB) e gli altri organi di sicurezza dello stato sono chiamati a garantire l’ordine pubblico contro eventuali gruppi criminali;
  2. Combattere il crimine organizzato e le possibili minacce esterne;
  3. Garantire una maggiore partecipazione del settore privato nei processi produttivi fondamentali;
  4. La Forza Armata Venezuelana sarà maggiormente impiegata nella distribuzione degli alimenti e delle medicine;
  5. Saranno semplificati i meccanismi per l’assegnazione di fondi straordinari destinati alla distribuzione di beni di prima necessità;
  6. Incrementare e diffondere capillarmente su tutto il territorio nazionale i Comitati Locali di Distribuzione e Produzione degli Alimenti (CLAP, per la sua sigla in spagnolo), al fine di incrementare la distribuzione diretta degli alimenti;
  7. Incrementare dunque la distribuzione degli alimenti, delle medicine e degli altri beni di prima necessità.
Secondo la Legge quadro sullo stato d’emergenza (Ley Orgánica sobre Estados de Excepción) lo stato d’emergenza può essere dichiarato per motivi di ordine sociale, economico, político ed ambientale che compromettono seriamente la sicurezza della Nazione, dei cittadini e delle istituzioni. Durante lo stato d’emergenza possono essere sospesi i diritti costituzionali, salvo i diritti umani e particolarmente il diritto alla vita; è fatta proibizione assoluta di usare la tortura contro gli eventuali arrestati; inoltre si garantisce sempre un processo giusto e tutti gli altri diritti umani inderogabili.
Secondo l’articolo 45 della Costituzione venezuelana è proibito praticare o tollerare la “sparizione forzata” delle persone.
Sempre secondo la Legge quadro sullo stato d’emergenza, approvata nel 2001, una volta dichiarato lo stato d’emergenza, il Presidente della Repubblica ha la facoltà di mobilitare qualsiasi reparto della Forza Armata o l’intera Forza Armata; inoltre, ha la possibilità di requisire qualsiasi bene, mobile o immobile, di proprietà privata al fine di ristabilire lo stato di normalità.
Tale legge prevede anche la possibilità di chiudere le frontiere ed il Presidente avvalendosi appunto di tale legge ha decretato la chiusura delle frontiere per 72 ore.
È concreto il pericolo di una invasione del Venezuela da parte di forze straniere, come richiesto da Alvaro Uribe?
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Da anni avvertiamo che gli USA, perdendo potere a livello mondiale e ridotti progressivamente a potenza regionale saranno costretti a concentrarsi sempre più sul continente americano. Tutti i loro sforzi saranno diritti ad impadronirsi delle ingenti risorse naturali presenti nei vari stati del continente americano e particolarmente negli stati dell’America del Sud; ovviamente l’obiettivo principale è e continuerà ad essere il petrolio del Venezuela, la più grande riserva del mondo, che per il momento supera i 300 miliardi di barili, ma nel futuro immediato grazie a nuove certificazioni potrebbe arrivare al doppio.
Il Venezuela oltre ad essere la più grande riserva di petrolio del mondo ha numerose altre riserve naturali e strategiche, come il gas, l’acqua dolce, il coltan, la bauxite (alluminio), le terre rare e molte altre; inoltre, si stima che il Venezuela possieda nel suo sottosuolo riserve aurifere per non meno di 7.000 tonnellate (A tal proposito vedasi articolo di Selvas “Venezuela dispone di 7000 tonnellate d’oro” http://selvasorg.blogspot.it/2016/04/venezuela-dispone-di-7000-tonnellate.html, che potrebbero rivelarsi anche superiori alle 30.000 tonnellate, ossia la più grande riserva di oro del mondo, equivalente – tanto per avere una idea – alla riserva di oro di tutte le banche centrali del mondo. È chiaro il motivo per cui le grandi potenze, a partire dagli USA, hanno gli occhi fissi sul Venezuela e dunque il pericolo di una invasione è concreto.
Caracas 16/05/206
18/05/2016

“Gloria ad Allah!” Riportano gli Autobus a Londra

tutti atei quando si tratta di crocefisso, ma se si tratta di altra religione E’ RAZZISMO non omaggiarla in ogni modo possibile
 
Mag 15, 2016
 
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Autobus a Londra con propaganda islamica
 
Quello che si paventava è iniziato ad accadere: non appena i londinesi hanno eletto un sindaco mussulmano, immediatamente è partito un programma di promozione dell’Islam, così come ci si è posti interrogativi circa la libertà di movimento “concessa” alle donne mussulmane.
 
Vediamo per prima cosa la promozione dell’Islam.
Con il pretesto della campagna umanitaria a favore dei rifugiati siriani, il giorno seguente alla elelezione di Sadq Khan, l’associazione Islamica “Relief”, una ONG di aiuti internazionali, va a collocare nelle fiancate laterali di 640 autobus londinesi un enorme cartello che riporta con in lettere cubitali “Subhan Allah”. In cristiano: “Gloria ad Allah”. Questa pubblicità ostentata durerà alcuni mesi, in pratica fino a tutto il ramadan.
 
Proselitismo islamico avete forse inteso? No, di certo, ascoltate  per favore. la Società “Transport for London” giura e spergiura che non c’è in questo il minore accenno religioso. Lo stesso pretende il presidente in persona dell’ Islamic Relief, Imran Madden, il quale afferma che si tratta soltanto di “modificare il clima esistente intorno alla società mussulmana in Gran Bretagna, così come di reagire davanti alla negativa percezione che si percepisce di cosa sia l’aiuto internazionale” , al tempo stesso in cui si segnala l’incredibile generosità di tale comunità, la quale, durante il ramadan arriva a consegnare 126 milioni di euro in aiuti ai poveri (di tutto il mondo), attraverso organismi di beneficienza. Qualcuno si domanda da dove arrrivano questi soldi ed a chi siano destinati.
Ci saranno autobus islamizzati a Londra  ma non soltanto lì. Manchester, Leicester, Birmingham, Bradford non rimarranno indietro. Quando si sa che il padre del nuovo sindaco di Londra era autista di autobus, la cosa acquista “particolare risonanza”, come scrive “The Independent”. E non sono le rivelazioni del giornale digitale canadese Point di accomodamento, quelle che tranquillizzano alcuni. In effetti, alla ONG “Islamic Relief” , la Banca Svizzera UBS  aveva chiuso da poco tempo i loro conti per causa di loro legami con strutture terroristiche, così come per l’affinità del presidente della sua giunta Direttiva con i F.lli Mussulmani.
 
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Sadiq Khan sindaco di Londra
 
Vediamo adesso il tema della libertà di movimento della donna mussulmana. Gli inglesi sono rimasti stupefatti lo scorso 8 di Maggio, giorno in cui era stato eletto Sadq Khan. Edward Stourton, nella sua trasmissione dell BBC Radio 4, dedicata all’etica ed alle questioni religiose, formulava ai suoi ascoltatori questa incredibile domanda: “Si deve autorizzare le donne mussulmane a spostarsi a più di 90 Km. dal loro domicilio senza contare con la protezione di un uomo? Tale e quale, nè di più nè di meno.
 
Si possono ascoltare i commenti del pubblico femminile inglese, non esattamente entusiasta rel ruolo assegnato alla donna nella comunità islamica.
Quali progressi nel XXI secolo si sono raggiunti sullo status inferiore delle donne.  Questo accade mentre tutti i media sono pieni di lodi per il nuovo sindaco mussulmano, come esempio di società multiculturale.
Da ultimo si commenta come un cambiamento sia avvenuto  nell’elezione di un mussulmano a sindaco di Londra. Da molto tempo i leaders inglesi stanno praticando una politica pro immigrazionista e comunitarista, da questa ci si domanda se si verificherà un cambiamento con un progresso o con un regresso della  civiltà?
 
Traduzione: Luciano Lago

MARCO PANNELLA, TI SALUTA SALVATORE VACCA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/05/marco-pannella-ti-saluta-salvatore-veca.html

MONDOCANE

SABATO 21 MAGGIO 2016

 

 
 Marco Pannella, miliziano croato
   
Ante Pavelic, dittatore Ustascia
 
Il non-violento Marco – Giacinto – Pannella, vestito da miliziano in Croazia, alla vigilia dell’eliminazione dall’Europa e dalla geografia mondiale della Jugoslavia, invisa ai nonviolenti e pacifisti Nato, Germania, Israele, Arabia Saudita, Al Qaida e Vaticano.
 
Ciarlatano? Guru? Uomo per ogni stagione?. Nonviolento? Quanto lo sono Hillary Clinton o Benjamin Netaniahu? Laico, anticlericale, illuminista? Martire dell’anticonformismo, o eroe del conformismo anti?  Secondo il Fatto Quotidiano muore invocando la croce da Don Paglia, capo dei colonialisti di S. Egidio, manifestando amore per il monarca assoluto del Vaticano, il clerico più clerico di tutti.
L’astuto propagandista di cause care alla borghesia moderna, cogliendo quello che i filosofi tedeschi definirono lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, fece da mosca cocchiera per quanto maturava nelle società svegliate dalle intemperie anti-autoritarie ed anticonformiste dai movimenti di fine anni’60: catene matrimoniali che si fanno libera scelta, donne protesi dell’uomo che diventano padrone del proprio corpo e destino riproduttivo, persone che sottraggono a scienziati e preti la decisione sulla propria vita e morte. Merito indiscutibile. Per la verità, cose che nei paesi socialisti esistevano da tempo, volute da Lenin nel 1917. 
 
Sacrosante vittorie dell‘individuo, ma che il solipsismo di Pannella trasformava in sublimazione individualista, preminente sui diritti collettivi. Tanto che nel decennio della rivoluzione morale e politica afferente i rapporti sociali nel loro complesso, fatti divorzio e aborto, al conflitto centrale non contribuì molto di più dell’elezione di personaggi il cui apporto alla lotta di classe in piena tempesta si ridusse a épater le bourgeois e solleticare i voyeurs parlamentari.
 
Forse ricordo male, ma mentre decisioni della collettività sulla propria vita e morte, ma anche su vita e morte degli individui, magari palestinesi e, comunque, fuori dal contesto occidentale, contesto per Pannella misura massima di civiltà (a parte il Tibet), messe in discussione a livello mondiale, non risulta che venissero sradicate dalle disponiblità di banchieri, multinazionali, feldmarescialli.
 
Un socialista liberale, un ambientalista che non ricordo abbia subito attentati da avvelenatori e devastatori alla Berlusconi o Renzi, un nonviolento in perpetua e perfetta sintonia con Israele e Usa, epitomi del pacifismo, un laico ma anche un religioso, un ossimoro, una contraddizione in termini, un abile giocoliere che ingarbugliava il colto e l’inclita in logorroici tormentoni in cui il tutto si sposava al contrario di tutto, con il risultato finale che la discesa nell’ottavo cerchio, quello della Fraudolenza o Malebolge, auguratagli da critici spietati, è stata accompagnata da un peana unanime di tutta la destra nazionale (che, come è risaputo, comprende la sedicente sinistra e pure quella sedicente radicale).
 
Luciana Castellina, presunta comunista,  ma eterna viaggiatrice sulla giostra degli equivoci con passeggeri come Ingrao, Tsipras, il papa dei poveri e qualunque fasullone fornisse la Ditta, io la ricordo formidabile arrampicatrice, ammaliatrice di direttori e capiredattori, nel mio Paese Sera. Dalla dipartita dell’impareggiabile retore, la venerabile vegliarda del “manifesto”, ha tratto occasione per pannellaniamente esaltare il proprio io, riconducendo la miserella storia umana tra la Seconda guerra mondiale e i bagliori della Terza all’epocale scontro-incontro tra lei e l’amatissimo nemico-amico. In nulla differiscono la sua glorificazione dell’ineguagliabile maestro di altra vita e i suoi singhiozzi per la perdita di una sì preziosa pietra di paragone, dai tonitruanti requiem elevati da tutte le altre sponde, fino a ieri opposte, a questo tardivo padre della patria. Una patria in cui, magari tra le intemerate di un Pannella estremo difensore della “legalità repubblicana”, si sentono a casa italioti trasformisti, opportunisti, frodatori, paraculi, soffiatori di bolle di sapone, pifferai e pifferati, maschere della nostra tragica commedia dell’arte.
 
L’uomo non era solo un insopportabile narciso, arrogante, bombastico. Grande creativo seppure, alla fine, un po’ logoro clone di se stesso, Pannella è stato il grimaldello che ha dischiuso le porte di molte coscienze ignare e, comunque, rassicurate da una nonviolenza che pareva cosa bella e buona e che, al tempo stesso, ti conservava incolume al calduccio del monopolio della violenza dello Stato. Bancarellista di molti prodotti con cui l’inferocito capitalismo del XX e XXI secolo, pacifismo, diritti civili, nonviolenza, diritti umani, democrazia, ha saputo comprarsi – e, per qualcuno, disarmare – una buona metà del genere umano.
 
La sua epifania sottobraccio al post-ustasciaTudjman, che avrebbe bruciato vivi i serbi delle Krajine, poteva già far intendere di che pasta di sangue e ossa frantumate fosse fatta certa nonviolenza. Nelle sue adunate mattutine con molti saprofiti della nostra società martirizzati dai giudici, con cui tentava di ergere una barriera al vento purificatore che – solo allora e per poco – spirava dal tribunale di Milano e da milioni di coscienze risvegliate, prestava la sua integrità penale personale a copertura di una classe dirigente di divoratori del pubblico bene. Peccato non potergli più chiedere perché il suo culto della “legalità repubblicana” lo abbia portato a tanto.
 
Per raccontare nel docufilm “L’Italia al tempo della peste” le inaudite nequizie inflitte dallo Stato e dal suo braccio armato al popolo sardo, attraverso lo strisciante genocidio da poligoni e basi militari, con la diffusione dei veleni letali di milioni di esplosioni, avevo intervistato madri e padri di militari morti o moribondi per irriconosciuta “causa di servizio”: uranio affrontato a mani e faccia nudi. Figli e genitori abbandonati dallo Stato e respinti a ceffoni deliberativi quando chiedevano giustizia. Il 20 maggio il Ministero della Difesa è stato finalmente condannato per aver causato (“condotta omissiva”) la morte del 23enne caporalmaggiore Salvatore Vacca, ucciso da leucemia linfoblastica acuta da uranio. Salvatore era stato mandato in Bosnia a servire la patria, intesa come il D’Alema bombarolo e i suoi burattinai a Washington, Bruxelles, Vaticano e Berlino. Doveva raccogliere e maneggiare residui di bombardamenti all’uranio, quelli con cui si stavano sfoltendo (e contaminando per generazioni) popolazioni convinte che la scelta di essere jugoslavi appartenesse al diritto internazionale e all’autodeterminazione dei popoli.
 
 
Ce lo mandarono, Salvatore, senza le protezione che tutti gli altri eserciti impegnati nell’aggressione, in quella che i giudici di Norimberga definirono  “massimo crimine contro l’umanità”, fornivano ai propri mercenari. Come lui sono morti di linfomi e cancri vari altri 333 soldati italiani mandati ad ammazzare e a morire in scenari che, con evidenti intenti maltusiani, i nostri padri della democrazia e dei diritti umani avevano cosparso di uranio, fosforo e napalm. E 3.500 sono i militari ammalati delle stesse malattie, per le stesse ragioni. Molti moriranno. I loro figli, nipoti, pronipoti, resteranno segnati e il cielo gliela mandi buona. 
Girando per gli ospedali di Basra e di Baghdad ho incontrato i piccoli fratelli e sorelle di Salvatore Vacca, vittime degli stessi assassini. Ho visto medici tanto disperati quanto accaniti e instancabili, privati di tutto da embarghi e distruzioni, alimentare, con poco più del loro amore, la fiammella di vita di bambini nati deformi, devastati dai tumori, chiodi nel petto delle madri e dei padri che se li vedevano estinguere sotto gli occhi. Erano appena gli anni ’90. Da allora sono diventati milioni.
 
 
 
Marco Pannella ha fatto un figurone scioperando un pochino della fame perché Saddam Hussein non fosse impiccato. Figurone più discutibile, per noi che riteniamo i monaci tibetani una forma di nazismo dagli occhi a mandorla, l’ha fatto intessendo affettuosità e riconoscimenti con l’agente Cia Dalai Lama, erede della più sanguinaria stirpe di regnanti tiranni apparsi nell’emisfero di Gengis Khan. Il che è tutto dire. Cause perse o vinte, scioperi della fame che hanno fatto tremare l’umanità e lo hanno fatto avvicinare ai 90 anni. Tutte servite a costruire il monumento.  Ma il nonviolento Marco Pannella, con tutta la facondia oratoria con cui affascinava furbi e gonzi, non ricordo che abbia obiettato all’incessante teoria di crimini di guerra commessi dalle sue patrie preferite: Israele, su tutte, gli Usa, l’Europa. Quelle di Bush, Clinton, ri-Bush e Obama, Begin e Netaniahu. Su mezzo globo, da questa banda di terroristi psicopatici ridotto a oceano di sangue e morte, si è steso il velo, tanto cinico quanto ipocrita, degli apostoli della nonviolenza. Non di tutti, gli altri dovrebbero revisionare concetto e compagnia. Qualcuno azzarderebbe un sospetto di complicità. Qualcuno arriverebbe a vedergli sulla coscienza Salvatore Vacca e tutti gli altri. 
 
 
Qualcuno come Salvatore, forse, lo immergerebbe nel Flegetonte (Settimo cerchio, Primo girone). Io no. Perché resto umano e, poi, all’inferno non ci credo. Come non ho mai creduto a Pannella.
 
Pubblicato da alle ore 20:41

New York: la protesta dei 50.000 ebrei

Paolo Di Mizio • 19 maggio 2016
 
ebrei america
50 mila ebrei ortodossi (dico 50 mila!) tempo fa hanno bloccato dieci isolati di Manhattan nel cuore di New York per protestare contro la politica israeliana di oppressione del popolo palestinese. Avete visto per caso questa notizia sui giornali italiani o americani? Zero assoluto. Le notizie della grande stampa occidentale sono a senso unico quando si tratta di Israele e della sua politica sionista. E quel “senso unico” cancella i diritti umani fondamentali del popolo palestinese: i diritti alla libertà e all’autodeterminazione, dei quali ci riempiamo la bocca ma solo quando non ci sia in discussione lo Stato ebraico.
 

Dal primo Giugno criticare l’immigrazione sarà reato penale: notizia vera o bufala?

e a fanculo il diritto ad una libera opinione. A quando gulak e foibe? Notizia da verificare, sicuramente i presupposti per fornire la possibilità di incarcerare ci sono, basta dire semplicemente BASTA IMMIGRAZIONE SELVAGGIA per essere tacciati di razzisti e xenofobi.
INSOMMA VIVA MAFIA CAPITALE ed il business più redditizio della droga.
di italia news · Published 20 maggio 2016 · Updated maggio 20, 2016
 
renzi-boldrini
Nuovo decreto legge del governo Renzi. Criticare la politica di accoglienza sarà reato penale e punibile con una detenzione tra i 3 e i 24 mesi nella patrie galere.
 
“Alla luce dei recenti attentati si sta diffondendo un sentimento di xenofobia, ma la maggioranza degli immigrati sono risorse preziose, per questo si rende necessario prendere provvedimenti per tutelarli. Con questo nuovo decreto criticare la politica di accoglienza sarà reato penale, in questo modo puntiamo a creare un clima di collaborazione tra immigrati ed italiani”.
 
Così afferma il portavoce del governo Renzi, subito accesi apprezzamenti dalla presidentessa della camera Laura Boldrini.
 
Vedremo se la notizia trovata in rete è vera o si tratta di una bufala! Come sempre vi avviseremo
 
www.italiainmovimento.it

Caccia con l’elicottero al ladro di moto: è il figlio del rapinatore ucciso da Stacchio

sabato, 21, maggio, 2016
 
JESOLO. Caccia al ladro di moto, pattugliando la campagna attorno a Jesolo con l’elicottero della Polizia, che individua e arresta il ladro. Sorpresa: si tratta di Alan Cassol, figlio del rapinatore ucciso dal noto benzinaio Stacchio. LA NUOVA VENEZIA
 
Il furto della potente motocicletta è stato messo a segno nel pomeriggio di venerdì, in centro a Jesolo: il proprietario ha visto il ladro fuggire in sella alla sua moto ed ha dato subito l’allarme al 113.
 
La Volante si è lanciata all’inseguimento del ladro, che vistosi incalzato si è dato alla fuga nei campi, dopo aver abbandonato la motocicletta. A questo punto, sulle sue tracce si è levato un elicottero deà 10° reparto volo di Tessera, che ha scoperto il malvivente nascosto nel mezzo di un campo di frumento.
 
Dal cielo, i poliziotti hanno dato le coordinate ai colleghi a terra e sono così scattate le manette ai polsi del giovane Alan Cassol che – appunto – è figlio del rapinatore ucciso dal noto benzinaio Stacchio.
 
 
Cassol era già stato arrestato nel 2015 insieme ad altri sei nomadi tra i 19 e i 26 anni. I sette banditi furono arrestati per associazione a delinquere finalizzata ai furti presso gli esercizi pubblici, nel corso di una grossa operazione, denominata “All In”, che ha visto il coinvolgimento di ben 120 uomini appartenenti a varie unità del nordest.

«Hanno il tatuaggio? Sono fascisti»: antagonisti assaltano un’auto a Roma

Bravi. Così si combatte il potere. Complimenti, ed anche fossero stati i ragazzi che dovevano suonare al corteo di CP? Che razza di azione rappresenta? Un favore al Pd, come sempre.
 
Casapound:antifascisti assaltano auto,'sono fascisti'
 
 
sabato 21 maggio 2016 – 15:19
 
Basta avere un tatuaggio al braccio e si rischiano guai se ci si trova nei pressi di una manifestazione di antagonisti. Subito si è bollati come “fascisti”. E allora si può subire un’aggressione in piena regola. È questa la disavvcentura capitata a quattro turisti tedeschi in visita a Roma.  È successo in via Bixio: una monovolume Ncc è stata assaltata perché ritenuta occupata da un gruppo di “fascisti”. L’assalto al veicolo è avvenuto mentre il corteo antifascista contro la manifestazione di CasaPound sfilava verso San Lorenzo, lungo via Emanuele Filiberto. Mentre la testa della manifestazione antifascista proseguiva verso la sua destinazione  un gruppo di giovani con i caschi, nella seconda metà della folla, ha notato come nell’auto a noleggio che stava caricando i passeggeri in via Bixio stessero entrando alcuni uomini coperti da tatuaggi, subito additati come “fascisti”. Sulle prime il conducente del mezzo ha provato a calmare gli animi, dicendo che si trattava di turisti tedeschi, ma avendo davanti a sé il flusso del corteo, ha provato a fare retromarcia per fuggire, colpendo più volte, alle sue spalle, una transenna. Poi è iniziato anche un lancio di oggetti verso il veicolo, ormai accerchiato. A colpi di casco sono stati frantumati i vetri, mentre i passeggeri “fascisti” si coprivano il capo con le mani. A quel punto qualcuno è riuscito a togliere la transenna, e l’autista ha potuto fare retromarcia a tutto gas, tamponando almeno un’auto parcheggiata, e finalmente allontanarsi. Il corteo degli antifascisti era partito da piazza dell’Esquilino cantando Bella Ciao e scandendo  slogan contro CasaPound, ma anche‎ contro la Lega.  A piazza Vittorio, all’imbocco di via dello Statuto, c’è stato un breve lancio di piccoli oggetti contro gli scudi della polizia, che ha seguito il percorso vigilando sulle traverse. Il corteo era scortato in testa e in coda da molti mezzi e operatori di polizia e carabinieri, in assetto antisommossa.

Tensione e tafferugli davanti al Teatro Sociale contro Matteo Renzi

toh gli antisistema che protestano contro un burattino dell’elite….un evento assai raro. Non fanno come Cacciari che reputa tale riforma una porcata ma vota si ..per devozione e fedeltà
Manifestanti antagonisti e polizia a contatto in Città Alta, mentre il premier è ancora al Kilometro Rosso. Cori e fumogeni. Poi la protesta continua al suo arrivo. E all’interno del teatro un contestatore urla: «Basta politica spettacolo»
 
di Redazione Bergamo online
 
renzi11
È già tensione in Città Alta alle 10 del mattino, prima ancora dell’arrivo del premier Matteo Renzi al Teatro Sociale per il lancio della campagna del sì al referendum sulle riforme. Manifestanti e polizia si sono scontrati sulla Corsarola, poi sono partiti cori degli antagonisti e sono stati accesi alcuni fumogeni.
 
Alle 10.30 è ancora tensione, con i manifestanti e la polizia di nuovo a contatto. Il cordone delle forze dell’ordine tiene comunque imbottigliati i manifestanti sulla Corsarola, verso vicolo Sant’Agata. Chi protesta lancia cori a ripetizione: «Renzi lobbista sei il primo della lista», tra i più quotati.
Dopo pochi minuti di calma la manifestazione è proseguita all’arrivo del premier, attorno alle 11. Spintoni contro la polizia e le altre forze dell’ordine schierate, cori e ancora fumogeni di protesta. Ma i manifestanti sono stati tenuti a distanza. È invece riuscito a entrare nel Teatro Sociale un altro contestatore, che ha urlato: «Basta politica spettacolo» non appena Renzi ha preso la parola, dopo il saluto del sindaco Giorgio Gori.
 
21 maggio 2016 | 10:17