La sinistra resta prigioniera della crescita

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Uno dei responsi delle ultime elezioni europee è stato il fallimento dell’ennesimo tentativo di ridare vita alla sinistra, inevitabile sanzione del rifiuto di prendere atto della sua sconfitta definitiva sotto le macerie del Muro di Berlino.

Un rifiuto che nasce dall’incomprensione della differenza tra la pulsione all’eguaglianza e alla collaborazione, insita nell’animo umano, e la concretizzazione storica che ne ha dato la sinistra.

È questa concretizzazione storica, durata appena due secoli, a essere stata sconfitta dalla destra, che a sua volta è stata la contemporanea concretizzazione storica della pulsione, anch’essa insita nell’animo umano, alla diseguaglianza e alla sopraffazione.

Le sinistre hanno condiviso con le destre la valutazione positiva della finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione di merci, l’identificazione del benessere con la crescita dei consumi e della ricchezza col denaro.

Si sono scontrate con le destre sui criteri di distribuzione del profitto generato dalla crescita.

Le destre sostengono che devono essere stabiliti dal mercato, le sinistre dallo Stato con tassazione progressiva dei redditi e servizi sociali.

Da questa impostazione deriva che una più equa distribuzione della ricchezza monetaria a vantaggio delle classi sociali più povere accresce la quota dei profitti destinata ai consumi a scapito degli investimenti, mentre una più iniqua a favore delle classi sociali più ricche riduce la quota dei profitti destinata ai consumi e accresce quella destinata agli investimenti.

Poiché la crescita dipende dagli investimenti, le economie più eque fanno crescere di meno l’economia e le economie più inique la fanno crescere di più.

Se si ritiene, come hanno ritenuto le sinistre, che una maggiore equità si possa perseguire soltanto se cresce l’economia, le destre prevalgono.

Contrariamente a quanto hanno creduto le sinistre, la finalizzazione dell’economia alla crescita non crea le condizioni per una maggiore equità.

Tantomeno ora che la crescita della produzione e del consumo di merci ha superato i limiti della sostenibilità ambientale: le emissioni di CO2 eccedono le capacità di assorbimento della fotosintesi clorofilliana e aggravano l’effetto serra; negli oceani galleggiano ammassi di plastica grandi come gli Stati Uniti; la biodiversità si riduce a ritmi accelerati, la fertilità dei suoli agricoli si è dimezzata

Le conseguenze della crisi ecologica innescata dalla crescita economica vengono pagate in misura maggiore dai popoli poveri, accrescendo le diseguaglianze.

Una maggiore equità si può realizzare solo indirizzando la politica economica e industriale a ridurre la crisi ecologica mediante tecnologie che riducono il consumo di risorse, l’inquinamento e i rifiuti per unità di prodotto.

Invece di lavorare in questa direzione i sostenitori della sinistra e i sedicenti post-ideologici s’impegnano a competere con le destre nell’elaborazione di proposte per rilanciare la crescita.

Proposte a carico del debito pubblico: secondo le destre per rilanciare gli investimenti in opere di cui non ha importanza l’utilità; secondo le sinistre e i sedicenti post-ideologici per accrescere i consumi degli strati sociali più svantaggiati.

Il punto centrale delle proposte politiche di tutti i partiti sia la richiesta all’Unione europea di derogare dai limiti imposti all’indebitamento pubblico.

Non li sfiora l’idea che i debiti con cui, nonostante le smentite dei fatti, si presume si possa rilanciare la crescita, verranno pagati dai bambini che non li hanno contratti.

C’è maggiore ingiustizia di quella che colpisce coloro che non possono difendersi?

Invece di proporsi l’obiettivo velleitario di ricostituire la sinistra, non sarebbe meglio proporsi di rilanciare gli ideali dell’equità e della collaborazione liberandoli dai limiti con cui sono stati interpretati storicamente dalla sinistra in tutte le sue sfumature?

La sinistra resta prigioniera della crescitaultima modifica: 2019-06-15T12:54:52+02:00da davi-luciano
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