giovedì 09/05/2019
A Report hanno cambiato idea: da No a Sì Tav.
Due gli elementi che sembrano aver portato alla “autocritica”:
1) il progetto è stato modificato e i lavori sono in corso;
2) le condizioni di sicurezza del traforo esistente non sono accettabili.
Non vi è dubbio che il progetto sia stato modificato né che una parte dei lavori sia già stata effettuata.
È dunque del tutto corretto ricalcolare costi e benefici.
Ed è quanto è stato fatto con la recente Analisi costi-benefici (Acb) che considera i soli costi ancora da sostenere e che porta a un risultato molto negativo: un impoverimento per italiani ed europei per oltre 7 miliardi che si riduce al più a 5,5 miliardi qualora si tenga conto dei lavori per la messa in sicurezza del tunnel esistente.
Interventi che, peraltro, dovrebbero comunque essere realizzati anche in caso di via libera all’opera: se si considera inaccettabile l’attuale livello di rischio non si può certo aspettare il completamento della nuova linea.
In trasmissione è poi stata ripetuta la critica all’inclusione tra i costi delle minori entrate per lo Stato.
Eppure, è innegabile che il cambio modale comporti un costo per l’erario.
Meno auto e camion vuol dire meno soldi per servizi o più tasse per chi continuerà ad andare in fabbrica con la sua utilitaria costretto a sussidiare chi vuole andare più comodamente a Disneyland o a vedere una mostra a Lione. Tu chiamala, se vuoi, la nuova giustizia sociale.
E non sarà certo portando tremila persone sul treno che cambieranno le condizioni di lavoro delle compagnie aeree low cost o si ridurrà, se non in misura marginale, l’impatto ambientale della mobilità. Occorre ribadirlo: non è sufficiente che ci siano benefici.
Occorre dimostrare che questi sono superiori ai costi.
Se così non fosse dovremmo dire sì al Tav anche se completarlo costasse 20 o 50 miliardi.