STUDENTI, PROFESSORESSE, ONG, MULTE, SOSPENSIONI E CARCERE —– BUONI SENTIMENTI PER CATTIVE AZIONI

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MONDOCANE

MARTEDÌ 21 MAGGIO 2019

 “L’antifascismo è diventata la carta moschicida  per  catturare tutti i sinistri   e gli sbandati  con i neuroni eclissati” (Sebastiano Cosenza)

“Multe a chi salva naufraghi? Mostruoso!”

Venerdì 16 maggio sera, il  comico Maurizio Crozza, che due ne azzecca e una ne canna, si è infervorato oltre ogni misura e comicità sul decreto sicurezza bis del nuovo Uomo Nero Salvini. Un decreto da rabbrividire, certo, ma per quello che Crozza non dice e, invece, da prendere con tranquillo buonsenso per quello che ha fatto infuriare il bravo invettivista genovese.

 Ciò che lo ha mandato fuori dai gangheri perfino dell’humour e che, rasentando lo sputo, ha definito uno “scandalo che mi fa proprio schifo”, era il punto che prevede “multe ai trafficanti di uomini”. Ma come, si è chiesto, contorcendosi dall’indignazione, Crozza, si arriva a multare chi salva gente che affoga? A punire un atto umanitario?E dai pori del non-più-comico sprizzava revulsione, non meno di quanto ne sprizzasse dagli eroi antifascisti della guerra atomica allo stand dell’editoruncolo nostalgico al Salone del Libro. I secondi, tanto infervorati contro gli zombie del fascismo da battaglia del grano, da trasvolare sul fascismo nuclear-digital-finanziario che ha chiuso padri, figli e nipoti all’interno di una protesi di coltan e di una comunicazione di massa che, se fai capolino fuori, il capolino te lo mozza Facebook all’istante. Il primo, talmente eccitato dal proprio ruolo di San Giorgio contro il drago delle multe, da trascurare il terrorismo di Stato che, nello stesso decreto, lo stesso drago prevede contro manifestanti non entusiasti del regime e che magari azzardano un corteo o uno striscione irriverente.

Ma qui trattasi di meri cittadini intemperanti, mica di migranti a rischio di tortura o affogamento, anima e core della campagna elettorale dell’argentino Bergoglio (di assonanza Videla),  del venezuelano Parolin (di reminiscenza antichavista), dei gesuiti tutti e di Famiglia Cristiana (di onori colonialisti) e di tutta la accoglicrazia laica sinistracentrosinistradestra  in corsa per Bruxelles. Le scene di strazio, spesso costruite, corrispondono all’inferno minacciatoci per le nostre dissidenze; quelle di salvataggio, al paradiso promesso alle nostre sottomissioni.

“Antifascisti” e filomigranti, una faccia una razza

Noialtri sovranisti non farlocchi, invece, siamo davvero ancora meno di coloro che, ai tempi, si astenevano dall’intrupparsi tra le folle oceaniche sotto il balcone di Piazza Venezia , o che si facevano cacciare dall’Accademia per aver osteggiato le famigerate leggi del 1938. Ma sappiamo che le cannonate antifasciste e antisovraniste contro “il lupo, il lupo!” servono eminentemente a sollevare tanta polvere. Quella che occulta lo sguardo sulle guerre armate o economiche attizzate in Africa, dalla Libia al Sahel francafricano e  ai paesi su cui i colonialisti hanno  trasferito i jihadisti scampati ad Assad e a Baghdad, apripista delle multinazionali dello “sviluppo”. Loro.

Per tutta questa operazione, che spoglia il Sud del mondo delle risorse grazie alle quali, se gliele lasciassero,non avrebbe bisogno di nessun “civilizzatore-democratizzatore”, e delle generazioni che dovrebbero difenderlo, liberarlo, costruirlo, indispensabili sono le Ong. Non per nulla quasi tutte finanziate dai governi colonialisti e dal loro promoter, George Soros. Sono il push factor, che spinge alla partenza verso un’Europa dei sogni, e il pull factor, che attira in un’Europa dello schiavismo. Multarle per questo è solo cerotto sulla piaga. Perché non è vero ciò che nella camera dell’eco di Crozza viene riecheggiato, che si salvano naufraghi. Ci si incontra con spalloni arrivati su zattere male in arnese e che devono fare le poche miglia dalla costa all’appuntamento, si traghetta e si scarica nelle periferie italiane della vita e dello sfruttamento. E non servono le mille pagine del “manifesto” (e di altri affini), le mille vignette monotematiche del suo Biani (uno che non nega il suo apporto a nessuna delle grandi campagne di tendenza), che urlano col papa “Mediterraneo cimitero”, a nascondere il dato di granito che il cimitero degli africani, mediorientali e asiatici, latinoamericani, inizia a casa loro e che ieri, esattamente come oggi, lo allestiscono e colmano gli stessi. I nostri.

Minniti, il male quasi assoluto

Il ministro Minniti, contro il quale, quasi fosse il male assoluto che hanno detto essere Mengele, si è sollevata in marcia a Milano  la turba dei soci di minoranza, sguatteri e vittime del finanzcapitalismo, aveva adottato precisamente ciò che spetta allo Stato di diritto nella lotta al crimine. Mi presto alla fucilazione di Crozza e dico che, ai privati che gironzolano per il Mediterraneo in cerca di prede, avrebbe potuto-dovuto imporre il provvedimento per legge. Moderato e intimidito dalla canea della deportazione-accoglienza , pur non disconoscendo generosamente alle Ong la qualifica di umanitari, si è limitato a un codice di condotta, autoregolamento volontario. Chiedeva, nientemeno,  trasparenza delle fonti di finanziamento, come di tutte le imprese, e ufficiale di polizia giudiziaria a bordo. Un minimo di controllo della mano pubblica su traffici privati. Oltre tutto, in partenza da centrali del crimine. E’ scomparso, l’ex-ministro, in un uragano di riprovazioni e di dita medie sollevate.

L’arma totale: il tuo buon cuore

A mio avviso non c’è pratica più subdola e ingannevole – vera eterogenesi dei fini conclamati – dello mobilitazione e dello sfruttamento dei sentimenti buoni della persona perbene a fini non dichiarati. Sostanza ontologica dei monoteismi. Un’interpretazione maligna del fine che giustifica i mezzi, per il quale Machiavelli si rivolterebbe nella tomba.. Si utilizza un cocktail di immagini sconvolgenti (gente in barconi, corpi galleggianti, cadaverini spiaggiati), o di narrazioni Grand Guignol, ma prive di immagini (i “torturati, stuprati e ammazzati” nei lager libici; ma se la prendono con Haftar che quei lager di quelle milizie li vuole spazzar via. Curioso), o di guerre, fame e persecuzioni, dove non ce ne sono (o, se ci sono, sono da noi indotte). Ci si ricamano sopra i fiori dell’umanitarietà, carità, pietà. Risultato, commozione che dilaga e cancella lo studio della realtà: accoglienza senza se (sono stati sradicati) e senza ma (finiscono schiavi o mafiosi) . Che tasso di moralità assegniamo a chi incita mercenari alla guerra contro la Libia o la Siria o il Mali (da Rossanda a tutta la stampa ufficiale occidentale), e poi si sbraccia perché qualcuno ne accolga le vittime e le sfrutti ulteriormente per ricuperare l’economia  dei campi di cotone, frantumare le basi della convivenza e deprimere i diritti di tutti?.

Lager libico o centro di raccolta italiano?

Facciamoli scappare, così li accogliamo

Ciò che, invece, non importa una cippa a nessuno, giacchè non conviene a padrini, sponsor e compari, è il primo dei diritti umani in assoluto: quello di nascere, vivere e morire a casa propria, con la gente propria, con la storia propria, con il futuro proprio. Magari con quel ”primitivo” rapporto con terra, acqua,  cielo, alberi, animali, il divino, che ha conservato la comunità per millenni e che qui, da noi, con l’integrazione, verrà sepolto  nel buco nero di uno smartphone.

Ministro offeso, maestra punita, Italia da brividi”. E’ la Buona Scuola”

L’assunto della sparata che serve a sollevare polvere è chiarito anche da un altro episodio. Titola bene una delle migliori firme del Fatto Quotidiano, Daniela Ranieri:  “Ministro offeso, maestra punita, Italia da brividi”. Ce l’ha con l’episodio della brava maestra di Palermo, sospesa dal lavoro e dallo stipendio da uno sprovveduto provveditore agli studi. Sì, quel demenziale e deprimente accadimento che ha ridato fiato alle trombe, bagliore agli sguardi, fremiti alle fronti aggrottate, degli antifascisti che si erano sfiatati su Predappio, sui teppisti di Casal Bruciato e sullo stand inquinatore dell’intero Salone del Libro di Torino. Una boccata d’ossigeno.

Anche qui obiettivo centrato e obiettivi mancati. Emotività da riscatenare contro il governo tutto, ma di più contro il M5S “complice e che fa solo finta di litigare”, nell’ennesima occasione fornita dal magni- e vuotoloquente “Ghe pensi mi”, patriota e secessionista al tempo stesso. Occasione voracemente colta dal verminaio inferocito degli spodestati dal voto degli italiani. L’oggetto della riprovazione di quel superzelante provveditore trinacriciuto era l’accostamento fatto dagli studenti tra leggi razziali del ’38 e decreto Sicurezza di Salvini.

Sapere tutto di Ong e multe, sapere  una mazza di bombe e invasioni

Uno, che ha portato a esclusione, persecuzione e deportazione, con conseguente morte di massa; l’altro, che multa i gestori della tratta. Parrebbe una bella differenza. E parrebbe  che quei beneintenzionati studenti abbiano perso il senso delle proporzioni. Qualcuno avrebbe potuto spiegargli che Salvini sta a Mussolini come Siri o Borgonzoni stanno a Gentile o Bottai. E che, il cielo e i 5 Stelle volendo, non siamo ancora alla dittatura del ’38, ma solo alle gaglioffate di uno spaccamontagne da castelli di sabbia. Che così gonfiandosi, a quegli studenti preoccupati per le sorti dei “salvatori di naufraghi”, ha impedito di vedere che, prima di imbarcarsi, quei naufraghi erano scampati alle bombe, alla fame, alla spoliazione inflitte da quegli stessi che qui ne predicano l’accoglienza. E con i quali il patacca va a braccetto.

Ai generosi ragazzi di quel liceo nessuno di coloro che li hanno sollevati agli altari dei nobili sentimenti ha però insegnato che in quel decreto, oltre alle multe comminate ai terminali della tratta, c’è qualcosa d’altro che riguarda loro direttamente. Non ne va della solidarietà per i migranti. Ne va della libertà di tutti. Fine della possibilità di cambiare le cose all’infuori e contro i maneggi dei potenti e degli assist dei media. Fine della protesta. Se vai in piazza, vai in galera se solo cerchi, con un casco o uno scudo di polistirolo, di impedire che ti fracassino la testa. Se ci vai senza permesso del califfo, becchi un anno di carcere. Se tiri un mortaretto o un fumogeno ti becchi  fino a 4 anni. Se dici “porco mondo” a un poliziotto, finisci dentro. Flash-mob, sit-in, presidi, cortei e autodifesa? La legge Scelba, quella Reale e il Codice Rocco al confronto sono sicurezza da boy scout. Crozza non se ne è accorto. Agli studenti palermitani nessuno l’ha fatto presente. Ne dovranno prendere atto alla  prossima manifestazione che azzardassero, che so, contro un’alternanza scuola-lavoro gratis di lavapiatti da McDonalds.

La professoressa Rosa Maria Dell’Aria è stata punita perché ha fatto l’insegnante e non la questurina. Il tardivo volemose bene alla professoressa di una vita, da parte di Salvini e del ministro MIUR, non si sogna minimamente di rivedere uno sterminio dell’istruzione che parte da  lontano (Berlinguer, De Mauro, Falcucci) e compie l’opera con Renzi-Fedeli. E a cui qualche rimedio hanno cercato di porre i 5 Stelle, almeno sull’oscenità neoliberista dell’alternanza scuola-lavoro. Una scuola-caserma-azienda anti-umanistica, cioè anti-umana, catena di montaggio di ingranaggi, all’ordine di un preside-gerarchetto, con insegnanti – spina dorsale del paese – deprezzati e declassati a guardiani del faro. Una serena e laboriosa scuola infestata da telecamere, Digos e propagandisti di guerra Nato. Che ovviamente incitano all’accoglienza di fuggitivi dalle loro guerre. Mai le foglie di fico sono andate forte come di questi tempi atlantici, di DC in PD in Lega.

Una scuola sulla sedia a rotelle

Una scuola senza Geografia (conoscenza della casa in cui si vive), Storia dell’Arte (conoscenza della bellezza generata dalla creatività umana), tema d’Italiano (conoscenza di come si comunica e si critica). Una scuola che produce il 45% di italiani analfabeti funzionali. A questo hanno voluto ridurre la colonna portante di un tempio chiamato nazione. Scuola dalle vertebre spezzate, scuola in sedia a rotelle. Tempio ridotto a postribolo, caravanserraglio, vertice di Cosa Loro.

Siamo vicini alle elezioni europee.Tutto questo – scuola, Nato, euro, guerre, migranti, Stato di polizia – appesantirebbe il dibattito da sottoporre agli elettori. Ciò che invece tutti, da manca a dritta, ci dicono solleverebbe tale dibattito nella sfera del giusto e del bello sono altri temi. E, si sa, il giusto e il bello sono schifati dalle maggioranze (tipo quelle del 4 marzo 2018). Stanno tutti in grembo alle minoranze. Che conosciamo: migranti, donne, antifascisti, LGBTQI, papi e santi. E peggio per coloro che ancora immaginano uno scontro tra dominati e dominanti, soggiogati e soggiogatori. Anzi, a pensarci bene, sono minoranza anche questi ultimi, aggrediti da quella violenta e aggressiva maggioranza sovranista e populista in gilet giallo che, da sei mesi a questa parte, infastidisce la democratica, europeista, bergogliana e atlantica minoranza  “da Macron a Tsipras”. Vanno difesi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:51

Nave delle armi, la vittoria dei portuali: la Yanbu non carica i materiali militari, e la Cgil ferma gli altri porti

https://genova.repubblica.it/cronaca/2019/05/20/news/la_nave_delle_armi_e_arrivata_a_genova_portuali_in_sciopero_e_presidio_pacifista-226708348/

Si torna a parlare di Spezia come prossima tappa anche per i cannoni bloccati a Le Havre ma la Filt blocca eventuali imbarchi in tutta la Liguria

di MARCO PREVE

 

20 maggio 2019

 

Vincono i portuali genovesi. Sulla Bahri Yanbu, la nave saudita delle armi, non saranno caricati i
generatori della Defence Tecnel di Roma, materiale al servizio del militare, ma verranno spostate in un’area protetta del Csm (Centro smistamento merci) e da qui nelle prossime ore verranno trasferite via terra da Genova. E’ quanto è emerso alla fine dell’incontro in prefettura con i rappresentanti della Cgil, i vertici dell’Autorità portuale e i dirigenti del Gmt, il terminal portuale.

E’ probabile che i generatori saranno spostati via terra a Spezia dove, secondo indiscrezioni potrebbero arrivare nelle prossime ore, via treno, anche gli 8 cannoni Caesar che sono stati all’origine del blocco al porto di Le Havre organizzato dall’associazione francese Acat e dai docker francesi. Non è escluso che la Yanbu, che dovrebbe lasciare Genova giovedì, possa dirigersi a Spezia per caricare i cannoni.

E dopo la risposta di Genova è stato proclamato lo sciopero in tutti i porti liguri, per il personale addetto alla nave, laddove ci fossero eventuali attracchi del cargo saudita ‘Bahri Yambu’ in altri scali della Liguria.”La Filt Cgil Liguria – si legge in una nota del pomeriggio – ha dichiarato lo sciopero dei lavoratori addetti a tutti i servizi e alle operazioni portuali, di mare e di terra, che riguardano gli scali liguri dove avvenga l’eventuale attracco della nave Bahri Yanbu, carica di armi destinate al conflitto in Yemen, perché, come già avvenuto nei porti di Le Havre e di Genova, non si proceda con l’imbarco di materiale bellico impiegato in operazioni definite dalle Nazioni Unite “crimini di guerra”.

La Bahri Yanbu era arrivata all’alba in porto. I portuali genovesi e la Cgil hanno proclamato sciopero. Un presidio di pacifisti al varco di ponte Etiopia. I portuali: “Attrezzature e droni al servizio del militare: non vogliamo essere complici delle vittime civili in Yemen, non carichiamo”.

Il caso internazionale della nave della compagnia di bandiera dell’Arabia Saudita fa quindi tappa a Genova dopo l’analogo boicottaggio dei portuali francesi a Le Havre, il porto dove dovevano essere caricati gli 8 cannoni Caesar diretti a Gedda e da lì al conflitto in Yemen. Il sito francese d’inchiesta Disclose aveva rivelato con documenti interni dei servizi segreti che i cannoni sono stati utilizzati nella sanguinosa guerra con lo Yemen e hanno provocato vittime civili. Da qui il boicottaggio internazionale che non era scattato in precedenza pur sapendo che la Bahri, che fa rotta da anni su Genova trasportava armi.

Spiegano i portuali genovesi raccolti anche loro nel presidio: “La nave è entrata in porto ed ha accostato perché questo è un diritto assoluto. Solo Salvini pensa di poter chiudere i porti e non far entrare navi, e in quel caso a bordo non ci sono armi come qui a Genova bensì persone. Lo abbiamo ribadito più volte: porti aperti alle persone, chiusi alle armi”.

Alla protesta lanciata dai lavoratori delle banchine e dalla Cgil in questi giorni hanno aderito molte associazioni pacifiste. E c’è stata l’importante adesione dell’associazionismo cattolico: Acli, Salesiani del Don Bosco solo per fare alcuni dei nomi principali, oltre a Libera, comunità di San Benedetto e tanti altri ancora.

 Il collettivo autonomo dei lavoratori portuali (Calp) aveva annunciato ieri un presidio al varco portuale Etiopia, in lungomare Canepa. E ieri sera è scattato anche lo sciopero proclamato dalla Filt-Cgil. «Abbiamo saputo che qui a Genova, oltre a materiale di impiantistica civile, era previsto anche il carico di un generatore elettrico che viene utilizzato per scopi militari – spiegava Enrico Ascheri, della Filt Cgil – a questo punto non ci stiamo, le rassicurazioni che ci hanno fornito non valgono più niente, la nave non si carica».

«Riteniamo di dare un nostro piccolo contributo ad un problema grande per una popolazione che viene uccisa giornalmente – spiegava la nota della Filt – non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen». E il sindacato invita « i lavoratori fuori servizio e la popolazione ad a partecipare al presidio davanti a ponte Etiopia » , che è scattato questa mattina già a partire dalle sei. Intanto secondo le indiscrezioni pubblicate ieri in esclusiva da ‘Repubblica’ i cannoni destinati allo Yemen potrebbero essere caricati segretamente su treno per essere trasportati a Spezia, dove sarebbe previsto l’imbarco.

A Genova peraltro sono 35 anni che la compagnia saudita Bahri ( National shipping company of Saudi Arabia) effettua servizio di linea e qui non ha mai caricato materiale bellico, ma solo impiantistica, merci varie e rotabili.
L’agenzia marittima che rappresenta la compagnia in Italia, la Delta, ha fornito alla Capitaneria di porto e alla Prefettura tutta la documentazione relativa alla nave Bahri Yanbu.

“Credo che la decisione dei camalli e della comunità dei lavoratori portuali genovesi vada rispettata perché fa parte della loro storia e identità ed è anche segno di civiltà”. Lo ha detto il presidente di Federlogistica ed ex presidente dell’Autorità portuale di Genova Luigi Merlo a proposito della protesta messa in campo questa mattina dai portuali genovesi contro l’attracco del cargo saudita Bahri Yanbu. “E’ vero che c’è il libero scambio delle merci – ha completato Merlo – ma c’è anche la scelta individuale, importante, etica e morale, che credo debba essere rispettata e faccia pienamente parte della storia del porto di Genova”.

LO SPREAD, IL BLUFF DEI BARI CHE NESSUNO  VA A VEDERE.

Una demistificazione di Mario Monforte

E rieccoci con lo spread!   Su tutti i media (tv e stampa) ancora (ri-)rimbomba l’aumento dello spread delle obbligazioni statali italiane. (Si tratta del differenziale di tasso di rendimento, ossia degli interessi da versare, dei titoli di Stato italici in vendita rispetto al tasso dei titoli tedeschi, e l’aumento del differenziale significa che crescono gli interessi. Una prima domanda: perché il referente dei titoli tedeschi? E non quelli, che so, o Usa o russi o giapponesi, etc.? Risposta: non perché l’economia tedesca sia “inossidabile” e “centrale”, ma perché fu cosí deciso a suo tempo, Usa in prima fila.) Tale spread è (sarebbe) giunto a 290 poi 300 punti, dopo sceso a 284. (Seconda domanda: chi decide questo differenziale? La risposta mediatica corrente è: «i mercati», dei fumosi, vaghi, inafferrabili, «mercati» che considerano, valutano, attuano … È del tutto falso: tale differenziale viene deciso dalle centrali del grande capitale finanziario, tedesche, inglesi, statunitensi, etc.)

Tutti i media gridano che lo spread è aumentato, quindi gli interessi da pagare sui titoli di Stato sono aumentati, e la principale “colpa” è di Salvini, ma anche del governo di cui Salvini è vice-premier e ministro degli Interni. In realtà Salvini, nella sua campagna elettorale permanente, fra le sue boutades, alcune delle quali, be’ diciamo … almeno “opinabili”, ne ha sparata una valida: “se occorre si sforerà il 3% di deficit rispetto al Pil”. Si noti la moderazione: “se occorre”. Ma è (sarebbe) senz’altro giusto accrescere la spesa in deficit se si volesse condurre un massiccio intervento statale di sostegno e sviluppo sul piano economico (sono le politiche che si dicono keynesiane, e si badi bene che non si tratta dell’economia “in sé” e “per sé”, ma dell’economia capitalistica, ossia siamo sempre nell’ambito del capitalismo, solo reso piú “resistente” e con maggiori sicurezze per le classi subalterne; questo va detto rispetto ai tanti, ai piú, che confondono il keynesismo con misure socialiste). Però l’uscita di Salvini significa anche riservarsi di poter fare in barba all’Ue tale sforamento (eventuale, futuro, futuribile: da tenere presente la cura attenta del governo «giallo-verde» a non oltrepassare i paramentri dell’Ue, per cui dichiarazioni affini in passato sono rimaste … discorsi). Comunque le forze politiche di opposizione (cioè della reazione contro ogni cambiamento dello status quo precedente) e il 99% dei media battono e ribattono il tamburo: “il governo fa gravare altri costi sulle spalle degli italiani”, “il governo è incapace, è dannoso, deve cadere”, e via rimbombando. Sotteso: “come era bravo Monti, che salvò l’Italia, insieme alla Fornero”, “come andava bene il paese con i governi sostenuti da Pd e FI”, “come si andava bene con il governo piddino”, “come si andava bene con il rigore, l’austerità, l’obbedienza ai parametri Ue” …

Arriviamo alla sostanza: è tutta una balla colossale, una falsificazione immensa. E va scandito e ribadito e gridato con l’altoparlante il perché: 1) se vi fossero adesso delle aste, ossia se tale tasso maggiorato a 284 punti fosse effettivo e avesse ora una ricaduta, riguarderebbe solo una quota minima degli interessi da versare sul debito e, di piú, scaglionati dai dieci ai trent’anni prossimi; 2) ma soprattutto, e si badi bene che questo è fondamentale, non ci sono state altre aste di vendita di titoli di Stato, né ci saranno per circa altri tre mesi (e si consideri la variabilità costante dei “dati” dello spread), dunque lo spread a 284 punti non riguarda precisamente … proprio niente.

Abbiamo solo una fantomatica minaccia che viene agitata da parte delle centrali del grande capitale transnazionale della «globalizzazione» scatenata e del liberalismo sfrenato su tutti i piani, dei suoi «organismi» come appunto l’Ue, delle forze della reazione contro ogni cambiamento al loro servizio, dei media connessi e finanziati. Il tentativo è stato, ed è, quello di ricostruire il “clima dello spread” del 2011, che portò al «golpe bianco» di Napolitano (con una suite di altri tre …). Ma non pare che tale “offensiva” funzioni: questa riedizione dell’“attacco” sembra in gran parte spuntata.

Ultima notazione: il ministro dell’Economia, Tria, il vicepremier e ministro del Lavoro e Sviluppo, Di Maio, con avallo del presidente del Consiglio, Conte, sono intervenuti affermando: “non si sforeranno i paramentri Ue”. Capisco i motivi di concorrere a stemperare l’“attacco”. Ma,, francamente, trovo negative queste prese di posizione: sia perché accreditano il valore di queste minacce sullo spread e continuano a insistere su un quadro asfittico, limitato e limitante, di politica economica, con un’ossequienza all’Ue che non è dovuta (né la si deve volere: ha dimostrato di essere rovinosa); sia, infine, perché non ce n’era bisogno e occorreva, invece, una campagna contro balle del genere, e sono proprio queste le notizie false (cosí si dice in italiano: perché mai si deve dire fake news?).

Mario Monforte

LETTERA APERTA A MONICA DI SISTO: PASSO FALSO DEL MOVIMENTO NO TRIV ……… QUANDO PARLANO I RADICALI, L’AMBIENTE SI TAPPA LE ORECCHIE

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MONDOCANE

LUNEDÌ 20 MAGGIO 2019

 Soros, Bonino, Juncker, baci

In calce alla mia lettera a Monica Di Sisto, che qui pubblico, c’è una lettera al governo detta “dei movimenti”. A guardar bene, più che di movimenti, di movimento al singolare si tratta, per quanto con la firma autorevolissima di una grande combattente contro le mostruosità del neoliberismo, specie in termini di accordi internazionali come il CETA, o il TTIP (tornati di attualità), che configurano un pericoloso sbilanciamento a favore degli Usa, delle multinazionali e della sovranità popolare e nazionale, come qui e sul blog ho ripetutamente illustrato.

Tra le firme ci sono, oltre a quelle di Fairwatch, protagonista della battaglia di Di Sisto, presieduta da Alberto Zoratti, le firme di Enzo Di Salvatore, costituzionalista di riferimento del movimento No Triv, di Enrico Gagliano, dirigente No Triv, Francesco Masi, portavoce No Triv, più altri di cui si conosce la frequentazione di Radio Radicale. C’è anche un rappresentante di PAP che non sembra badare tanto alle compagnie. Lo stesso Gagliano è stato portatore, nelle comunicazioni al movimento, di apprezzamenti  e suggestioni dei Radicali, cosa questa che ha provocato nette espressioni di disaccordo.

Va dunque sottolineato che, a prescindere dalla diffusione della “Lettera al governo del non cambiamento” promossa da Monica Di Sisto, l’iniziativa sia da ricondursi al solo movimento No Triv, i cui responsabili vantano una particolare vicinanza ai Radicali, elemento sconcertante alla vista delle politiche di questa forza politica a sfavore di tutto ciò che conviene alla protezione dell’ambiente, dei diritti sociali e all’autodeterminazione dei popoli. I Radicali rivendicano un ruolo determinante nella costruzione di questa Europa e nella sua difesa appassionata, a dispetto di quanto  questa costruzione di burocrati e lobby economiche ha inflitto, in termini di disuguaglianze, impoverimento e austerità, ai paesi  dotati di minore potere contrattuale, a partire dalla Grecia e a proseguire con l’Italia. I radicali, per bocca autorevolissima di Emma Bonino, si vantano di essere finanziati dallo speculatore e organizzatore di regime change, George Soros I Radicali sono atlantisti entusiasti e dell’atlantismo colonialista e imperialista hanno condiviso tutte le scelte, guerre ai “dittatori” e colpi di Stato per la “democrazia” compresi. Con quanto ne deriva in termini di devastazione umana e ambientale. Da questo discende una loro totale incompatibilità con quanto Monica Di Sisto afferma starle a cuore: i diritti dell’ambiente e quelli sociali.

La mancanza di distinguo nell’aggressivo e ingiurioso linguaggio della lettera, il sorvolare sulla fortissime contraddizioni che si sono aperte tra le due componenti della maggioranza, il mancato sostegno, che la buonafede imporrebbe, alle pure insufficienti misure messe in atto, o programmate, dai Cinque Stelle, fanno pensare a una scelta polemica che ha più il sapore del conflitto di potere che di istanze  genuinamente politiche. Reca indubbiamente l’impronta del Partito Radicale, una forza politica che sui temi di Monica Di Sisto e del movimento No Triv, come degli altri, dai No Tav ai No Muos, non ha il minimo merito, ma tutti i possibili demeriti. E questo, per un movimento come il No Triv, per l’importanza cruciale che riveste la lotta contro gli idrocarburi, la distruzione del territorio, della salute, dell’ambiente, del pianeta, è una controindicazione deleteria, che né l’ambiente né gli attivisti del movimento meritano.

Ho avuto l’opportunità di intervistare Monica Di Sisto e Enzo Di Salvatore e di collaborare con attivisti No Triv nell’ambito dei miei lavori sulla difesa dell’ambiente, del territorio, delle comunità, che mi impegnano da decenni e di cui offro testimonianza in articoli e libri, come nei documentari “L’Italia al tempo della peste” e “O la Troika o la vita”. Non credo che la mia risposta a Monica Di Sisto e a quella in felicissima e impropria lettera possa essere letta se non nel segno di questa mia attività e contro ogni strumentalizzazione di bassa lega.

(Le immagini sono tutte inserite da me)

Cara Monica,

sono da sempre tuo estimatore e partecipo nei modi a me consentiti alle tue battaglie da anni. Non condivido l’appello che hai firmato e che viene ora diffuso dai No Triv.

La politica mi ha insegnato che il modo migliore è di non fare mai di tutta l’erba un fascio e, anzi, di inserirsi nelle contraddizioni del fronte avverso per farle esplodere. Mi sembra che siano gli unici spazi oggi disponibili e utilizzabili. Siamo contro la corruzione? Sosteniamo le misure spazza corrotti dei 5 Stelle Siamo contro le trivelle? Rafforziamo  e allarghiamo la moratoria delle concessioni dei 5 Stelle. Combattiamo le disuguaglianze? Sosteniamo il Reddito di cittadinanza. Siamo contro la precarietà? Potenziamo il Decreto Dignità. Il che non ci inibisce minimamente dall’opporci a cedimenti o arretramenti, come sull’Ilva o sul Tap. Ma distinguiamo tra chi ci prova e chi sta interamente dalla parte di cementificatori, trivellatori, agroalimentari, banche e trafficoni.

La lettera, inutilmente e impoliticamente ingiuriosa, parte da un movimento diretto da persone che si sono dichiarate vicine e solidali con il partito Radicale e da esso si sono anche fatti imporre l’agenda in alcune occasioni.. Segno di scarsa coerenza e perspicacia, dato che i radicali con tutto (il peggio) hanno a che fare, salvo che con la difesa dell’ambiente e dei diritti sociali. E già questo inquina l’iniziativa.

Non mi pare molto intelligente e proficuo antagonizzare in maniera talmente drastica e univoca una base elettorale che il 4 marzo del 2017 ha mandato a casa quanti hanno affossato la democrazia, i diritti, la salute, la scuola, l’ambiente, la pace. Assaltando in termini così totalizzanti una coalizione di governo che è caratterizzata da profonde differenze e acuti dissidi, non è il massimo della perspicacia e, sotto sotto, ribadisce la frustrazione e il livore di presunte sinistre che si sono viste sottrarre i temi e gli obiettivi che formalmente le caratterizzavano e che da tempo hanno tradito.

Parlo del Movimento5Stelle che, per quello che ha fatto, tentato, proposto, a dispetto della reazionaria e malavitosa opposizione della Lega salviniana, pur tenendo conto di cedimenti e carenze, non merita la mannaia che la lettera gli cala sul collo.

I No Triv “radicalizzati”, cioè con una gamba nel peggiore establishment, hanno per nemico principale proprio questo movimento, mica Salvini e tanto meno i politici responsabili delle condizioni in cui ci troviamo. Non è da questa opposizione che si potranno cogliere frutti positivi.

Una politica intelligente e la storia ci dovrebbero indurre a sostenere, per rafforzarle nel confronto con la Lega, le pur buone posizioni di un M5S assediato da tutte le forze nazionali e internazionali  di un establishment elitario che è quanto di più nefasto sia accaduto nei tempi che stiamo vivendo. La sommarietà della condanna della lettera, la mancanza di distinguo, l’inettitudine dialettica, la rozzezza del linguaggio, sono del tutto controproducenti e segno, non nel tuo caso certamente, di miopia, stoltezza e cattiva fede.

Nei miei lavori giornalistici e video realizzati in giro per l’Italia ho sempre trovato al mio fianco, e con assoluta integrità e generosa competenza, gli attivisti 5 Stelle. Senza di loro non si sarebbe arrivati al risultato esaltante, pur in mancanza di quorum, del referendum sulle trivelle. So quanto anche loro siano perplessi e critici nei confronti  di una coalizione nella quale il M5S deve comunque stare, se non vogliamo il ritorno dei necrofori degli ultimi decenni, e quanto sono impegnati a premere sulla loro parte della maggioranza perchè tenga duro quanto può. Sull’ambiente (Costa), sulla corruzione (Bonafede), sulle Grandi Opere (Toninelli), sul lavoro (Di Maio). Non credo che quella vostra lettera sia un contributo al loro impegno e aiuti a rafforzare quanto di meglio comunque si è manifestato  dal 4 marzo 2017 rispetto agli ultimi trent’anni..

In amicizia e con stima,

Fulvio Grimaldi

Care/i Tutte/i.

La manifestazione del 23 marzo a Roma ha rappresentato un importante punto di avanzamento nel percorso di incontro tra i movimenti sociali del nostro Paese e di unificazione delle lotte per il cambiamento.

Alcuni tra noi che hanno vissuto ed interiorizzato quell’esperienza hanno pensato di porre mano ad una proposta di “Lettera dei Movimenti”, da divulgare negli ultimi giorni della campagna elettorale per il rinnovo dei componenti del Parlamento Europeo, per -come è scritto nella lettera- “ … rinnovare la pressione su questo Governo e nei confronti di un’Europa che è sempre meno interessata alla democrazia, ai diritti dei cittadini e delle cittadine e al nostro futuro ” e per rimettere al centro del dibattito politico -asfittico come non mai- le questioni ed i temi che ci hanno portato nelle mille piazze del nostro Paese.

Vi invitiamo a leggerne il testo, ad emendarlo -se lo riterrete opportuno- e a sottosciverlo in segno di condivisione di una visione e di una battaglia che ci vede uniti, con preghiera di inviare il tutto, ENTRO MARTEDI’ 21 MAGGIO, al seguente indirizzo:

monicadisisto@gmail.com  

Grazie!

LETTERA DEI MOVIMENTI AL GOVERNO DEL NON CAMBIAMENTO

Onorevole Presidente e Vice presidenti,

Siamo alcuni movimenti sociali che hanno percorso le strade di Roma il 23 marzo, portando ancora una volta in piazza proposte urgenti di cambiamento radicale per un Paese troppo lontano da obiettivi climatici e sociali anche solo accettabili.

Abbiamo sotto gli occhi il costante degrado umano e politico della classe dirigente passata e presente, e da voi oggi rappresentata ai massimi livelli, che si riflette sulla drammatica incapacità di progettare il futuro dell’Italia in un momento chiave del nostro vivere comune.

Mentre le emissioni globali continuano ad aumentare e poterle contenere senza cambiare i modelli attuali di produzione e consumo si rivela sempre più un’utopia, i leader mondiali non riescono ad accordarsi su regole comuni per invertire la traiettoria di uno sviluppo insostenibile.

La predazione delle risorse naturali, l’attacco alle comunità locali e ai diritti delle persone, sono caratteristici di un sistema globalizzato in cui le grandi imprese scorrazzano con il beneplacito degli Stati, tanto solleciti nello stringere accordi di liberalizzazione commerciale quanto inadempienti negli impegni sul clima.

All’enfasi quasi religiosa con cui viene lodata e perseguita la crescita senza freni, fa da contraltare il costante impoverimento morale ed economico delle persone, spinte verso l’individualismo, la precarietà, la paura e l’indifferenza.

Con la spinta alle privatizzazioni, all’estrattivismo e alle grandi opere dannose e imposte, la guerra ai poveri e ai migranti, il vostro malgoverno sta peggiorando la nostra qualità della vita e del dibattito pubblico.

L’Italia è uno dei Paesi in cui questa deriva è più evidente, dopo decenni in cui governi di ogni colore hanno sostenuto la stessa agenda neoliberista, antidemocratica e antipopolare.

Il vostro esecutivo non fa alcuna eccezione, se non per il fatto di essersi contraddistinto per una incoerenza ancora maggiore.

Le vostre promesse elettorali, molto più radicali di quelle finora ascoltate da partiti con ambizioni di governo, sono state completamente disattese. No Tap, No Tav, No Triv, Stop Ttip, No Muos, No grandi navi, Acqua bene comune, Stop pesticidi sono solo alcune delle parole d’ordine portate avanti da tanti movimenti sociali e ambientalisti che il governo – e in particolare il Movimento 5 Stelle – ha fatto proprie con impegni pubblici, salvo poi varare misure di segno totalmente opposto.

Oggi, alla vigilia di nuove elezioni, la classe politica da voi selezionata e rappresentata, non immune da fenomeni corruttivi, appare palesemente inadeguata a gestire le derive di un’Unione europea dalla forte impronta neoliberista, securitaria e inchiodata all’austerity.

Occorrerebbe fronteggiare questi impulsi con la ferma volontà di impostare una radicale inversione di tendenza nelle politiche economiche e sociali a livello nazionale, per renderle compatibili con la transizione ecologica e con la giustizia sociale e intergenerazionale. Costi quel che costi.

Purtroppo in questo Governo – come in quelli precedenti – mancano competenza e visione per aiutare il Paese ad attraversare il guado. Come dimostrano le manifestazioni nelle nostre città e balconi, i movimenti sociali delle persone comuni, ancora una volta, si stanno assumendo la responsabilità di contestare e contrastare l’inettitudine e l’immobilismo della vostra politica sui temi di maggiore importanza per la vita di tutti.

Le centinaia di migliaia di persone che nel corso dell’ultimo anno hanno manifestato da Venaus fino in Sicilia, passando per Taranto, il Salento del Tap e la Basilicata di Tempa Rossa e Viggiano, che hanno marciato per il clima e contro un sistema disumano e violento, rinnovano la pressione su questo governo e nei confronti di un’Europa che è sempre meno interessata alla democrazia, ai diritti dei cittadini e delle cittadine e al nostro futuro.

Siamo sempre in quei luoghi dove le contraddizioni sono più evidenti e tragiche, e continueremo a coltivare una visione globale della solidarietà, sostenendo ovunque coloro che – come noi – tentano di salvare il proprio futuro dalla vostra irresponsabilità.

Questo non è un appello, è una pubblica affermazione della nostra consapevolezza, una profonda consapevolezza collettiva, che il governo italiano, sulla scia dei precedenti, non è certamente un governo del Cambiamento, ma un governo al servizio di interessi che nulla hanno a che fare con gli interessi dei cittadini italiani e con i diritti sanciti dalla nostra Costituzione.

Continuiamo e continueremo a lottare e costruire il vero Cambiamento, per il Bene Comune di questo Paese e del Pianeta.

Firme:

Monica Di Sisto

Francesco Paniè

Alberto Zoratti

Enrico Gagliano

Roberta Radich

Enzo di Salvatore

Tiziano Cardosi

Cosimo Quaranta

Francesco Masi

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:59

La galassia nera dei “demoni” di Salvini

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/05/16/la-galassia-nera-dei-demoni-di-salvini/5182938/

In America, un libro come questo avrebbe la forza del Watergate. E in un qualunque Paese europeo, un libro che dimostrasse come il vicepremier e ministro dell’Interno è circondato da postnazisti che ne conducono la politica estera (e forse i flussi di finanziamento) e ne modellano l’ideologia e la retorica porterebbe a una crisi di governo. 

Temo che questo non succederà con I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega, di Claudio Gatti (oggi in libreria per Chiarelettere): ma mi domando cosa penseranno, dopo averlo letto, Sergio Mattarella (che fermò, a costo di lacerare la Costituzione, Paolo Savona ma non mosse ciglio contro la nomina di Salvini) o Luigi Di Maio e Matteo Renzi, che condividono la responsabilità (seppur in misura diversa) di aver inquinato, dandola in mano a un uomo di queste frequentazioni, la nostra sicurezza nazionale.

Non si tratta di un libro politico: è, nello stile asciutto e fattuale del suo autore, una classica inchiesta giornalistica. Aiutato dal fatto di vivere a New York, fuori dall’involuzione del giornalismo italico, Gatti allinea fatti, date, testi e lunghe interviste che confermano il canovaccio offertogli da una gola profonda: l’ingegner Alberto Sciandra, nazista pentito che è stato il primo infiltrato nella Lega (organizzatore, tra l’altro, della sceneggiata celtica con Bossi alle fonti del Po, nel 1996).

Ne scaturisce la ricostruzione agghiacciante della (riuscitissima) infiltrazione politica che spiega come sia possibile che un partito autonomista abbia abbracciato i più sanguinari centralisti, da Milosevic a Putin, attuale idolo di questa galassia nera.

Il libro dimostra come un nutrito gruppo di post-nazisti, formatisi nell’entourage eversivo di Franco Freda e del suo discepolo Maurizio Murelli (undici anni di galera alle spalle), sia entrato a livelli apicali nella Lega, fin dalla fondazione. Matteo Salvini nasce e cresce, politicamente, in questo ambiente. 

Si smonta la leggenda (abilmente costruita) del “comunista padano” e l’attuale uomo forte del governo è restituito alla sua identità reale: quella di un uomo di estrema destra nutrito di retorica, idee e soprattutto frequentazioni esplicitamente postnaziste. 

Non mancano i nessi col nazismo storico, quello di Hitler: nel lontano 1976 al futuro senatore Borghezio viene trovata in casa una divisa da ufficiale nazista (ah, la mania delle divise!), e Gianluca Savoini (per un lungo periodo portavoce di Salvini, e l’anno scorso tra gli organizzatori del suo viaggio in Russia da ministro dell’Interno) aveva nel suo ufficio della redazione della Padania una cornucopia di simboli hitleriani.

Ma non si tratta affatto di un manipolo di nostalgici, siamo lontani dai patetici sfigati di Forza Nuova o dai picchiatori di CasaPound: si tratta di politici lucidi, scrittori, editori che hanno abbandonato “la via del guerriero” e scelto quella “del sacerdote”. 

Una categoria pericolosa perché dissimulata, questa dei postnazisti. “Ma la più pericolosa di tutti – scrive Gatti – è quella dei cinici calcolatori che pensano di poter usare i postnazisti intelligenti. È la categoria di Matteo Salvini”, che “ha reso presentabile il pensiero postnazista”. 

Il cardine di questo pensiero è la teoria della “sostituzione del popolo”: per cui l’etnia europea bianca e cristiana sarebbe minacciata da un complotto giudaico-massonico che la vuole sostituire con neri musulmani

Una teoria espressa in termini quasi identici nel Mein Kampf di Hitler, nelle rivendicazioni di Brenton Tarrant (lo stragista delle moschee neozelandesi) e nei discorsi di Salvini: e questa affermazione non è un’illazione, o una calunnia, ma il semplice frutto di un banale confronto testuale, dalla forza dirompente.

Ciò che Gatti dimostra è che Salvini non è semplicemente saltato, all’ultimo momento, su una retorica “di destra”: la sua integrale sottoscrizione dell’essenza ideologica del postnazismo mondiale è invece il frutto di un lungo e accurato lavoro di un gruppo politico che ora viene per la prima volta messo a nudo.

Non si tratta di discutere come e quanto Salvini sia fascista: il punto non è quanto filologico sia il suo recupero del passato, ma quanto devastante sia il suo progetto per il futuro. 

Il consenso alle sue tesi è vasto, ed è stato alimentato da un’ingiustizia sociale devastante e da un disinvestimento in scuola e cultura che portano le firme di governi di centrosinistra almeno quanto quelle dei governi di centrodestra. Dunque, il punto non è costituire un fronte antifascista con chi ci ha condotto a questo punto, ma invertire la rotta finché siamo in tempo: capire quali demoni siano stati liberati da trent’anni di liberismo selvaggio è vitale, e questo libro sconvolgente è un passo nella direzione giusta. Visto che uno dei protagonisti è Marcello Foa, è verosimile che la Rai non gli dedicherà molto spazio: invece leggerlo e discuterlo è davvero fondamentale. Per il futuro della democrazia italiana.