ANTIFASCISMO COME ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA?……. DA PREDAPPIO AL SALONE DI TORINO: FA E ANTIFA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/05/antifascismo-come-arma-di-distrazione.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 15 MAGGIO 2019

Chi l’avrebbe detto

«Quando i nazisti presero i comunisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero comunista./ Quando rinchiusero i socialdemocratici/ io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico./ Quando presero i sindacalisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista./ Poi presero gli ebrei,/ e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo./ Poi vennero a prendere me./ E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa» (Martin Niemoller, pastore protestante. Testo originale, poi variamente riscritto, erroneamente attribuito a Bertold Brecht)

https://www.youtube.com/watch?v=94ZJNnYUVQ0  (saltate l’annuncio)

Polacchi e Conte fedeli alle linee. Di Mussolini e Guaidò.

Francesco Polacchi, casa editrice Altaforte: “L’antifascismo è il male d’Italia”. Errore. Il male d’Italia è l’antifascismo strumentale, di copertura, arma di distrazione di massa che occulta il totalitarismo post- e neofascista della globalizzazione finanzcapitalista di guerra e di sanzioni.

Il fondo l’abbiamo raggiunto da tempo, lo si sa. Ma fino a che punto noi si sia scavato ci è ancora poco chiaro. Un indizio ce lo dà Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno, tramutatosi in imbonitore tv da far rosicare Vanna Marchi (“Vincisalvini”), per rastrellare qualcuno disposto a farsi un selfie con la sua protuberanza ventrale. Un altro, più in basso se possibile, ce lo spara, con inusitata violenza per un fan di Padre Pio (che per l’appunto, pur santificato dal Bergoglio, era valido picchiatore squadrista di consiglieri comunali socialisti), il premier Conte. Mandando in frantumi la prima presa di posizione dignitosa e autonoma dell’Italia serva e di dolore ostello (non donna di provincie ma bordello) dall’isolata bravata di Craxi a Sigonella (rifiuto di consegnare il palestinese ai Marines), il premier ha inserito il suo governo nella schiera di coloro a cui il padrino statunitense ha ordinato di farsi gangster nei confronti del diritto internazionale, nazionale, domestico, di condominio, umano. La sua è una fuga all’indietro, rispetto alla neutralità che l’Italia aveva adottato tra Guaidò e Maduro, non riconoscendo il primo e non disconoscendo il secondo e così inibendo il vergognoso allineamento UE alla pratica golpista e regime-changista dei nostri padrini. Ha pubblicato una lettera sulla Stampa in cui legittima Guaidò, in quanto “eletto dall’Assemblea Nazionale” e delegittima Maduro in quanto eletto in “votazioni non democratiche”.

Ricevendo istruzioni

Patetico divincolamento rettilare su ordine di servizio Atlantico che capovolge le cose: Maduro diventa presidente grazie a elezioni che, come tutte le altre, osservatori internazionali, compreso il Comitato Carter, hanno giudicato impeccabili. Guadò non è stato eletto da nessuno, si è trovato a presiedere l’Assemblea Nazionale grazie al meccanismo della rotazione previsto dalla Costituzione ed era casualmente lì, non eletto se non dal trio Trump, Pompeo, Bolton, al momento in cui gli si è detto “autonominati presidente”. L’avvocato Conte ha così provato la sua nobilitade, oltreché politica, anche professionale. E nessuno dei geopoliticamente diversi 5 Stelle ha fiatato.

Tutti brigatisti Garibaldi

E’ dando patente di legittimità a un metodo di chiara, sebbene scadente, reminiscenza mussoliniana (Marcia su Roma e seguenti) che il premier gialloverde, stavolta vicinissimo al guaidoista Salvini, ha fornito il suo contribuito all’esplosione antifascista che ha percorso e pervaso l’Italia a petto in fuori durante tutta l’ultima settimana. Un uragano di orgoglio partigiano, costituzionale, democratico, che, una volta di più, ha visto uniti tutti, nelle ormai strutturali larghe intese dall’estrema sinistra, cosiddetta, attraverso tutte le variopinte destre, fino ad esaurimento dell’arco(baleno) costituzionale.  E se i paginoni di Repubblica hanno suonato il trombone, i sindacati, finalmente pacificati nel segno del bla-bla urlato di Landini, Anpi, Acli, Ciotti, Wu Ming, Arci, Libertà e Giustizia, i meglio fichi del bigoncio, non hanno risparmiato le percussioni e il “manifesto”, districandosi tra i diletti migranti, le femministe, i LGBTQI, è rispuntato con la spilletta “Brigata Garibaldi”. Ma anche quella del re, visto che Christian Raimo richiama all’adunata antifa  “il mondo liberale, monarchici e preti”. Nientemeno. La volpe a guardia del pollaio.

Ha detto Polacchi, al Salone del libro di Torino, “Il male d’Italia è l’antifascismo”. Che urla, che indignazione, che stracciarsi di vesti, che strapparsi di capelli! Non si è astenuto nessuno: il rischio era di finire come quelli che subirono gli effetti delle leggi razziali. All’incontrario. Polacchi, da fascista cartonato del XX Secolo, ha le sue ragioni, per prendersela con l’antifascismo. Gli rovina il giochino del viaggio a ritroso nel tempo, quello per cui “non gli resta che piangere”. Io e, credo, molti altri, ne abbiamo di migliori.

Il fascismo e il suo alter ego

Di fascismi ce ne sono due. Se la tirano da nemici, ma sono sinergici. Uno noto, scoperto, storicamente validato, con i suoi detriti a cranio rasato dell’oggi. L’altro aggiornato, ammodernato, deideologizzato, riciclato. Rispetto a quello precedente è come un dollaro – o euro – guadagnato vendendo glifosato Bayer-Monsanto, o eroina, o bombe prodotte in Sardegna ai sauditi, poi riciclato nell’acquisto di carburante per navi che traghettano africani in Europa, “che sennò affogano”. Chiamiamolo per comodità e disinvoltura scientifica: “fascismo 2.0”. O fascismo del XXI secolo rispetto a quello del XX. O Finanzfascismo. E’ la forma di governo più diffusamente praticata in Occidente. Ha in comune con il carnevale di Venezia il travisamento-miglioramento del proprio aspetto grazie alla maschera. Con il fascismo d’antan ha in comune i pilastri della costruzione sociale e del pensiero che la sovrintende. Che, allora come oggi, come quasi sempre a partire dal quarto secolo, deve essere unico, univoco, uniforme, unidirezionale, universale. Diffuso grazie alla coercizione, variamente violenta, del “TINA”, “There Is No Alternative”, da lì non si scappa. La costruzione sociale perpetua, con invariata persistenza nel tempo, quella della piramide. Pochi in alto, ma di grande peso, che schiacciando i tanti in basso, li riducono nella polpa di cui si nutrono. Metafora: spremi il pomodoro del contadino e ne esce la passata della Grande Distribuzione; strizzi uno schiavo traghettato dall’Africa e ne esce l’outlet di papà Renzi.

Salone liberale, piduista, monarchico, massonico, inciucista, comunista, amerikano, sionista, antisionista. Ma giammai fascista.

Come funziona il rapporto di mutuo soccorso tra queste due forme di organizzazione della comunità umana? Ne abbiamo avuto una limpida esemplificazione al Salone del Libro di Torino. Come è prassi storica, un arruffapopolo e un libraio fascista si sono messi d’accordo e il secondo ha pubblicato il libro del primo. Cose uguali e anche molto più gravi, fasciste, naziste, massoniche, criptomafiose, truffaldine, violente, nella stessa manifestazione si erano succedute negli anni, ma nessuno ci aveva fatto caso ed erano rimaste relegate nell’irrelevanza dei sette metri quadri del loro stand. Ma stavolta era diverso, l’autore del libro stava al governo e in primo piano e, peggio, in alleanza con i primi sintomi del male assoluto: un embrione pentastellato di entità fuori establishment, come nel laboratorio italiano non s’era più manifestata almeno dal ‘68 in qua.

Come fare per promuovere una fetecchia di libro

Quale migliore occasione, per quelli del  Due punto zero, per puntare dito, catapulta, bombarda, olio bollente sui reprobi: autore, editore e teppa di base, prorompendo in Bella Ciao e rigenerando il proprio foruncoloso aspetto nel salon de beauté dell’antifascismo?  Non è a questo che servono i vari Casa Pound, Forza Nuova e antesignani come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e puffi neri con spranga vari?  Se la sono presa con uno che la spranga la esibiva vent’anni fa. Ne hanno fatto, se non un martire della libertà d’espressione, una curiosità. E il suo è oggi il libro più venduto in Italia. Un favore da niente. Nuove larghe intese in vista?

Di antifascista ce n’è una…

Una a cui la definizione di antifascista sta invece benissimo è la giovane donna che, affrontando spintoni, sputi e invettive, perdita di voti e anche un rischio di linciaggio, visti i tipi, non ha sparato proclami e invettive, ci ha messo il corpo ed è andata ad abbracciare la famiglia Rom assegnataria a Casal Bruciato. Si chiama Virginia Raggi (e il suo amico in cravattino che dice sempre “io”, anziché “noi”, ha perso una grande occasione per elogiarla). Ha alle spalle predecessori come Signorello, Carraro, Rutelli, Veltroni, Alemanno. Di questi è certamente la migliore, alla faccia di tutti gli sciacalli e condor (chiedendo scusa ai nobili animali). S’è visto che qualche antifascista, seppure a fatica, si trova.

Virginia Raggi a Casal Bruciato

Un maggio gelido, questo. Conveniva scaldarsi. E lo si è fatto alla grande, dando fuoco ai fascisti. L’antipasto è stata la gogna al cronista che ha riferito del mortifero cordoglio di Predappio alla maniera con cui la Botteri riferisce le opinioni di Guaidò. Solo che gli schiammazzi contro il primo coprono la compiacenza verso la seconda. Di quella pira l’orrendo foco nessuno meglio di un busto antifascista da Pincio come Marco Reveli ha saputo trovare il linguaggio per attizzarlo. Vado di fiore in fiore: “apocalissi culturale, politica e sociale, relativismo rinunciatario, trionfo del disumano, macigno che pesa sul mondo, lo scandalo più grande, sconvolgente, lo sfregio grave, intollerabile all’intero paese, ignavia da Antinferno, pactum sceleris, indecente connubio”. Non male come discorso dell’odio, no? Revelli ha dato il tono e tutta la meglio intellighenzia antifascista ha cantato in coro.

Cerimonia a Predappio

Tanto hanno gridato all’apocalissi fascista, al pactum sceleris, che alla fine non ne è rimasto uno, dal “manifesto” a Repubblica, dai Wu Ming a Revelli, da Rossanda a Montanari, da Zoro a Formigli, dalla Gruber a Carofiglio, da Zingaretti a Fratoianni,  che avesse ancora un filo di voce per fare bau a un po’ di Due punto zero. Del resto le opere di costoro sfuggono sistematicamente all’attenzione degli antifascisti di carriera. Che, sotto sotto, ne facciano parte?

Fascismi, sinergie e silenzi

Le retate degli stessi giorni del Salone rivelano che dal Ticino a Capo Passero, criminalità politico-economica e criminalità clandestina si sono ricompattati attorno ai successori di DC e Forza Italia. Regime di sfruttamento e controllo e malavita organizzata = fascismo 2.0.  Un cardinale, ministro di uno Stato estero invade Roma, come se Porta Pia non fosse mai avvenuta e, col lasciapassre dell’umanitarietà, contravviene alle disposizioni di legge dello Stato invaso. A cui peraltro nega le tasse sugli immobili di commercio e di profitto che vi possiede, dato che contengono una madonnina di gesso. Tasse grazie alle quali lo Stato invaso potrebbe dedicarsi a sistemare parecchi senzatetto e a ridare la luce a tutti. Fascismo da Concordato.

Due combattenti per la libertà d’informazione e la rivelazione dei misfatti del Potere, Assange e Manning, vengono sequestrati e trascinati in galera, consegnati alla vendetta degli autori dei crimini e nessun giornalista, o sindacato di costui, né la Grande Armada degli antifascisti alza un sopracciglio. Fascismo da Minculpop, o fascismo 2.0?  Le transanazionali e gli eserciti Nato, con i loro gatekeeper sulle navi Ong,  ricolonizzano  l’Africa forzandone o costringendone l’evacuazione da parte delle sue migliori generazioni e destabilizzano culturalmente e socialmente i paesi d’arrivo con nuovi eserciti di schiavi di riserva e da dumping. Imperialismo e fascismo 2.0.

Dall’Honduras al Paraguay, dal Brasile al Venezuela, dall’Algeria al Sudan ,i missi dominici Otpor, Soros, Cia, Pentagono, NED, USAID, Freedom House e squadroni della morte neocon vari, negano pane con le sanzioni e spargono sangue con la violenza, per sottrarre popoli a governi autodeterminati e infliggergli regimi fascisti. Fascismo del XXI secolo e antifascismo da Salone. Zitto.

In Ucraina e Georgia, i fascisti del XX secolo sono al potere e obliterano ogni dissidenza democratica in virtù del sostegno del fascismo del XXI secolo come coltivato in Usa e UE. Gli antifascisti da Salone fanno finta di niente. A due ore di volo da noi, qualcuno proclama lo Stato etnico sulla terra sequestrata ad altri che, a questo scopo, sono avviati all’estinzione. Gli urlatori antifa contro razzismo e xenofobia non ne sanno nulla, ma festeggiano come ospite d’onore del Salone chi di quello Stato fa parte.

Massicce esercitazioni nei paesi baltici sul confine con la Russia, invasione del Golfo arabo-persico da parte degli Usa con portaerei, decine di migliaia di soldati, bombardiieri a lungo raggio. Provocazioni ridicolmenrte scoperte di petroliere di emirati alleati.  Prospettiva vicinissima e ripetutamente minacciata da Usa e Israele di apocalisse che non lascerà essere umano, animale o pianta intonsi, ma il Fatto Quotidiano nasconde le 1000 basi militari Usa-Nato tutt’intorno all’umanità da obliterare sotto le basi militari cinesi che la Cina “potrebbe” voler creare col pretesto della Via della Seta (sic!). Fascismo del XXI e ultimo secolo. Dove sono gli Antifa davanti ai 2 minuti dalla mezzanotte nucleare?

Connotato fondamentale di tutti i fascismi è la guerra, “sola igiene del mondo”. Il fascismo 2.0 ne conduce almeno sette, con il corredo della desertificazione degli habitat e degli eccidi di massa di innocenti e patrioti: Iraq, Libia, Siria, Somalia, Yemen, Afghanistan, Sahel, e ne minaccia altre due e una globale. Parossismo fascista di ogni tipo. Gli antifascisti da Salone guardano dall’altra parte. Alcuni applaudono.

Intanto, però, hanno trionfato sull’editore vicino a Casa Pound, hanno smantellato il suo banchetto e hanno fatto trionfare l’antifascismo in tutta Italia. Wow!

Domani a chi tocca? O credete forse che si fermeranno al banchetto sfondato di Altaforte? (Vedi Niemoeller)

Tav e appalti, dopo Siri la Lega cala il contrattacco

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/05/10/tav-e-appalti-dopo-siri-la-lega-cala-il-contrattacco/5167446/

 

venerdì 10/05/2019

Vendetta – La guerra si sposta sul decreto Sblocca Cantieri: Torino-Lione prioritaria e addio alle gare fino a un milione di euro. I 5S: “Provocazione”

Tav e appalti, dopo Siri la Lega cala il contrattacco

Il Matteo Salvini che ha abbassato la testa su Siri indica sempre la luna: cioè il no alla cannabis libera, le autonomie ora e subito e la flat tax, che adesso sarebbe “mini” (si fa per dire, visto che costa 13 miliardi). Mortaretti elettorali, da far scoppiare prima di parlarne seriamente dopo il 26 maggio. Tanto l’ordigno vero, quello della vendetta per il sottosegretario revocato, si chiama Tav. La tratta ferroviaria Torino-Lione che al M5S fa paura come la kriptonite e su cui il Carroccio rilancia con un emendamento al decreto Sblocca cantieri, dalla prossima settimana in commissione in Senato per la conversione in legge. Ergo, lo scontro tra i gialloverdi può deflagrare prima delle urne. Anche sugli appalti, su cui il Carroccio cala altre proposte pesanti. Però la prima minaccia è il Tav.

Perché questa volta ci mette il timbro il viceministro leghista all’Economia Massimo Garavaglia, che lo dice alle telecamere del fattoquotidiano.it: “Il Tav sta andando avanti, non prendiamoci in giro. Prendiamone atto e finiamolo”. E buonanotte al contratto di governo, quello che parla di “ridiscutere integralmente il progetto”, e ai calcoli del M5S, convinto di aver rinviato quell’enorme problema. Ma il Carroccio fiuta l’ansia e azzanna. “Tutto ciò che accelera la realizzazione del Tav non può che essere sostenuto dalla Lega” assicura il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, piemontese. E d’altronde che stessero arrivando guai l’avevano capito già un paio di giorni fa nel M5S, quando a Palazzo Madama i leghisti non avevano voluto mostrare ai coinquilini di governo le loro proposte di modifica allo Sblocca cantieri. Poche ore dopo, il Carroccio ha depositato una trentina di emendamenti che un big del M5S definisce così: “Un elenco di provocazioni”. E la più urticante è ovviamente la proposta sulla Torino-Lione, che chiede la nomina di commissari per un elenco di opere “prioritarie ed emergenziali” tra le quali i “corridoi internazionali Ten-T” (acronimo che indica i corridoi transeuropei), i valichi alpini e le tratte ferroviarie internazionali. “L’unica opera che rientra in tutte e tre le categorie è il Tav” osserva un senatore a 5Stelle. Insomma l’assalto c’è. E infatti Garavaglia ci mette il carico: “Se aspettiamo ancora un po’ arrivano i francesi: scavano 20 metri al giorno. Mentre noi ci perdiamo Pil e posti di lavoro”. Ma anche gli altri emendamenti all decreto, già frenato da mille rinvii e liti, sono ostacoli.

Per esempio la Lega vuole riscrivere le soglie sugli appalti, stabilendo per i lavori tra 150 e 350mila euro una procedura negoziata con la consultazione di 10 operatori (5 nel caso dei servizi). Mentre oltre i 350mila euro e fino a un milione la procedura sarebbe negoziata ma con 15 operatori. Linea opposta a quella del M5S, che non a caso in un emendamento propone di abbassare la soglia massima del subappalto dal 50 per cento previsto dal decreto al 40 del valore dei lavori. Invece il Carroccio morde, anche sulle Province, di cui Di Maio vuole la cancellazione e che Salvini invece ha riabilitato. Per questo, la Lega invoca più soldi per gli enti locali: 60 milioni l’anno in più nel biennio 2019-2020, che salirebbero a 200 dal 2031. E nel M5S fanno facce scurissime. Ma i vertici ordinano il silenzio: “Non replicate, soprattutto sul Tav”.

Così pretende il capo, Luigi Di Maio: “Non bisogna abboccare alle provocazioni della Lega”. Ma Salvini spinge, innanzitutto sulla cannabis: “Mi aspetto che il 5Stelle Mantero ritiri la proposta di legge sulla droga libera”. E il senatore, già contrario a salvare il leghista dal processo per la Diciotti, risponde picche a Un giorno da pecora: “È una richiesta assurda”. Invece dentro il Movimento pensano già alla contromossa sullo Sblocca cantieri: “Se la Lega insiste, punteremo a far togliere tutti gli emendamenti, magari anche con la fiducia, e ad approvare così com’è il decreto in Senato, poi si vedrà”. Tradotto, alla Camera si potrà sempre modificare con calma, dopo la resa dei conti. Ossia dopo le Europee.

Tav, tutto quello che report non ha detto

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/05/09/tav-tutto-quello-che-report-non-ha-detto/5164714/

giovedì 09/05/2019

Tav, tutto quello che report non ha detto

A Report hanno cambiato idea: da No a Sì Tav.

Due gli elementi che sembrano aver portato alla “autocritica”:

1) il progetto è stato modificato e i lavori sono in corso;

2) le condizioni di sicurezza del traforo esistente non sono accettabili.

Non vi è dubbio che il progetto sia stato modificato né che una parte dei lavori sia già stata effettuata.

È dunque del tutto corretto ricalcolare costi e benefici.

Ed è quanto è stato fatto con la recente Analisi costi-benefici (Acb) che considera i soli costi ancora da sostenere e che porta a un risultato molto negativo: un impoverimento per italiani ed europei per oltre 7 miliardi che si riduce al più a 5,5 miliardi qualora si tenga conto dei lavori per la messa in sicurezza del tunnel esistente.

Interventi che, peraltro, dovrebbero comunque essere realizzati anche in caso di via libera all’opera: se si considera inaccettabile l’attuale livello di rischio non si può certo aspettare il completamento della nuova linea.

In trasmissione è poi stata ripetuta la critica all’inclusione tra i costi delle minori entrate per lo Stato.

Eppure, è innegabile che il cambio modale comporti un costo per l’erario.

Meno auto e camion vuol dire meno soldi per servizi o più tasse per chi continuerà ad andare in fabbrica con la sua utilitaria costretto a sussidiare chi vuole andare più comodamente a Disneyland o a vedere una mostra a Lione. Tu chiamala, se vuoi, la nuova giustizia sociale.

E non sarà certo portando tremila persone sul treno che cambieranno le condizioni di lavoro delle compagnie aeree low cost o si ridurrà, se non in misura marginale, l’impatto ambientale della mobilità. Occorre ribadirlo: non è sufficiente che ci siano benefici.

Occorre dimostrare che questi sono superiori ai costi.

Se così non fosse dovremmo dire sì al Tav anche se completarlo costasse 20 o 50 miliardi.