Parlamento UE approva schedatura di massa: dati biometrici di 350 milioni di persone

https://www.imolaoggi.it/2019/04/23/parlamento-ue-approva-schedatura-di-massa-dati-biomentrici-di-350-milioni-di-persone/

Il Parlamento europeo ha votato la scorsa settimana per collegare una serie di sistemi di controllo delle frontiere e di migrazione in una gigantesca banca dati contenente i dati biometrici di cittadini dell’UE e di paesi terzi.

Questo nuovo database sarà noto come Common Identity Repository (CIR) ed è impostato per unificare i record su oltre 350 milioni di persone. Per la sua progettazione, CIR aggregherà sia i documenti di identità (nomi, date di nascita, numeri di passaporto e altri dettagli di identificazione) che quelli biometrici (impronte digitali e scansioni facciali) e metterà i suoi dati a disposizione di tutte le autorità di frontiera e di polizia. Il suo ruolo principale sarebbe quello di semplificare il lavoro ai posti frontiera e quello delle forze dell’ordine dell’UE che saranno in grado di cercare dati in un sistema unificato molto più velocemente, piuttosto che cercare individualmente in database separati.

La scorsa settimana, i funzionari UE hanno dichiarato: “I sistemi coperti dalle nuove norme includeranno il sistema di informazione Schengen, Eurodac, il sistema di informazione visti (VIS) e tre nuovi sistemi: il sistema europeo di casellari giudiziari per cittadini di paesi terzi (ECRIS-TCN), il sistema di ingressi / uscite ( EES) e il Sistema europeo di informazione e autorizzazione dei viaggi (ETIAS) “.

Il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno promesso “salvaguardie adeguate” per proteggere il diritto alla privacy dei cittadini e regolamentare l’accesso dei dati ai funzionari.

L’UE gestisce uno dei più grandi database biometrici del mondo

Da quando i piani per creare questo database biometrico condiviso sono stati resi pubblici, lo scorso anno, i sostenitori della privacy hanno criticato l’UE, definendo la creazione di CIR come il “punto di non ritorno” nella creazione di un “database centralizzato europeoo del genere Grande Fratello”.

Una volta installato e funzionante, CIR diventerà uno dei più grandi database di tracciamento delle persone nel mondo, proprio come i sistemi utilizzati dal governo cinese e dal sistema indiano di Aadhar.

Negli Stati Uniti, la protezione doganale e di frontiera (CBP) e il Federal Bureau of Investigations gestiscono database biometrici simili.

L’esistenza del database viene giustificata dalla necessità di dotare le forze dell’ordine di strumenti migliori per il monitoraggio di migranti e criminali; tuttavia, c’è sempre il timore che il sistema venga lentamente esteso fino a  includere e rintracciare le persone che non sono oggetto di indagini penali e perfino i turisti che viaggiano nella UE.

www.zdnet.com

QUALE 25 APRILE. QUALE 27 APRILE. QUALE LIBERAZIONE.

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/04/quale-25-aprile-quale-27-aprile-quale.html

MONDOCANE

VENERDÌ 26 APRILE 2019

https://www.youtube.com/watch?v=ZJFF0f8geaE

Il link è l’omaggio a una donna, venuta da un altro mondo per dare una mano al nostro, la sua vita per l’amore del suo uomo, della repubblica, della democrazia, della giustizia, della libertà. Per me anche lei è 25 aprile. Canzone che amo e che, volendo, potete sentire a sottofondo di quanto ho scritto.

Ho superato il 25 aprile uscendo dalla culla di questo eterno presente, dalla quale, a noi pupetti, i pupari non fanno nè vedere passato, né prospettare futuro. Eterna sospensione tra l’unico pensiero possibile, quello attuale, e l’unica tecnologia disponibile, quella digitale.  Ho afferrato una radice e mi sono ritrovato sotto il monumento sul Gianicolo alle vittorie di Garibaldi sui francesi e alla memoria della Repubblica Romana (1848), poi annegata nel sangue dei patrioti e del popolo romano dalle monarchie francese, borbonica, austroungarica che PioIX  aveva invocato dal suo esilio a Gaeta (i bersaglieri gli avrebbero reso la pariglia a Porta Pia, vent’anni dopo). Priorità assoluta delle Potenze, non diversamente da oggi, stracciare una costituzione che a quella di esattamente cent’anni dopo poco aveva da invidiare e, dato l’ambiente europeo e la sua affermazione di sovranità, era perciò anche più meritevole.

Un monumento che mi proteggeva dallo scroscio di toni enfatici e parole declamatorie grandinate dal Quirinale e rimbombate nella camera dell’eco che è la stampa italiana. Toni e parole all’apparenza del tutto rituali, generiche e banali, altisonanti, proprio come si retoricheggiava ai tempi di Lui, prendendo fiato a ogni periodo, passando dal grave all’imperativo nobile e finendo sull’intimidatorio per chi non  dovesse darsela per intesa. Insomma, discorsi da Balcone, dalla cui pomposa prosopopea cerimoniale, nel caso specifico del tutto abusiva, immancabilmente esalano i vapori dell’ipocrisia e dell’autorità fondata su chiacchiere e distintivo. E, a volte, su felpe e giubbotti, abusivi pure questi.. Tutte cose che con i fasti evocati da lontano, sempre senza averne i titoli, abusivamente, hanno il compito di coprire i nefasti  del presente e dei presenti.

 Bandiera delle Repubblica Romana. Giubba garibaldina

Non ho partecipato ad alcuna celebrazione, ufficiale o ufficiosa, trovandole tutte spurie e inquinate. Dal Quirinale a un’ANPI che condivide con tutte le sinistre la perdita di sé e che si mette ad arzigogolare sull’equivalenza tra nazifascismo e quello che i superrazzisti dell’Impero e delle sue marche definiscono razzismo. Mistificando per tale quello di chi smaschera l’operazione colonialista, detta globalizzazione, ai danni dei dominati del Sud e del Nord. Gli sciagurati sovranisti, identitari, refrattari alla levigatezza dell’uniformato. Seppure lo definiscano tale, non ne fa sicuramente parte Matteo Salvini, sovranista farlocco e sfascia-Italia  del “prima gli italiani”, purchè si tratti di trafficoni eolici, trivellatori di terre e mari, sfondatori di valli e montagne, magna magna di ogni genere, cravattai lombardoveneti, insomma tutti i missi dominici dell’Impero. Genìa che è stata decisiva perché i risultati del 25 aprile fossero consegnati nelle mani e nelle borse dei nuovi invasori.

Genìa maledetta. E’ stato lo spirito dei tempi coronati dal 25 aprile e subito successivi che ha innalzato l’Italia – dal fascismo squadrista frantumata in giovani obnubilati, popolo plebeizzato e impecoranato, federali in stivali e loro mignotte, intellettualità sedotta, asservita e abbandonata, brutalità ed elementarietà di azione e pensiero (salvo grandi architetti) – ai livelli di un passato come quello dei Leopardi e dei moti ottocenteschi. Che ha prodotto i Fenoglio, Calvino, Pavese, i De Sica, Rossellini, Monicelli, giganti che hanno nanificato, moralmente e culturalmente,  tutto quello che è venuto dopo e che formicola a petto in fuori nei Premi Strega e Bancarella. Si può dire, e spiacerà ai nonviolenti, di vocazione o altro, che quello Zeitgeist, così generoso, è uscito dalla canna di un fucile.

Da ex-direttore responsabile e inviato di guerra del quotidiano Lotta Continua e militante (a lungo latitante) di quell’organizzazione, che contro il fascismo aggiornato del consociativismo di regime, con il suo terrorismo di Stato, pure qualcosa ha fatto,  mi permetto, nel mio piccolo e intimo, di ringraziare i partigiani tutti. Formazione di popolo.  Più di tutti quelli garibaldini, e rigettare nel buco nero dell’esecrazione gli Alleati, che ai primi hanno sottratto e pervertito la vittoria, poi procedendo a sottrarre e pervertire ciò che di ogni vivente fa quello che è: la sovranità sua, della sua comunità, del suo passato, presente, futuro, nome. Di questo gli antifascisti da terrazzo, antisovranisti del re di Prussia, non sanno e non dicono, bisognosi come sono dei cartonati in camicia nera e saluto romano per occultare il fascismo global-digital-finanziario che li ha reclutati e di cui si sono inoculato il virus. Il che non mi impedisce, sia detto per inciso, di trasecolare a fronte di chi insiste a definire Piazzale Loreto “giustizia di popolo”.

Stessa matrice

Oggi si vedono sul palcoscenico della commedia nazionale e occidentale, in grande spolvero, nuovi “antifascisti”. Ce ne sono addirittura di patrocinati da George Soros, che non si fa scrupoli di affiancarli all’altra sua creatura: Me too  Come sempre quando il pifferaio riesce a riunire e riconciliare in un’unica truppa ratti e bambini ignari, li si trovano, schiamazzoni e autocertificati, dall’estrema sinistra  a quella vera destra che si dice vuoi centrosinistra, vuoi centrodestra. Virgulti, balilla e giovani italiane del Nuovo Ordine Mondiale, puntano quello che in artiglieria viene chiamato “falso scopo” (e il puntamento indiretto verso un obiettivo non individuabile a vista). In parole semplici, additando un chihuahua ringhiante nei bassifondi ideologici urbani, si urla “al lupo, al lupo”, con l’effetto di distogliere la nostra mira dal lupo mannaro vero che tiene al guinzaglio chi urla.

(Chiedendo scusa al lupo per la becera metafora fiabesca. E ricordando che il ministro dell’Ambiente 5 Stelle, Costa, proibisce di abbattere i lupi, mentre Salvini, forte di mitraglietta, ne autorizza l’abbattimento: fatto che contiene in nuce tutto il significato delle temperie in cui il post-25 aprile, tradito come nemmeno il presunto Giuda il presunto Gesù, ci ha ingabbiato e nelle quali, o i 5 Stelle staccano la spina, o rischiamo il corto circuito e il black out loro e di tutti noi).

Il discorso della Liberazione va ripreso ab imis fundamentis. E’ per questo che ho spostato le mie commemorazioni-celebrazioni a due giorni dopo, il 27 maggio del 1937. E il giorno tristissimo della morte di Antonio Gramsci (io c’ero già e ricordo una serie di quaderni di mio padre con sopra, imparai dopo, le immagini, tra altre, di Marinetti, D’Annunzio, Gozzano, Leopardi e Gramsci). Non significa niente, ma sono contento di esserci già stato quando ancora viveva Gramsci. E’ insensato, ma mi pare che così sono in qualche modo contemporaneo e, quindi, più partecipe di quel “popolo” a cui questo sardo degno della sua terra ha ridato un nome, un’identità, un progetto, nel tempo che più lo ha visto conculcato, mistificato, sviato da una storia che era iniziata con Dante, che aveva serpeggiato per secoli e che si era rifatta prorompente con la Repubblica Romana e le altre affini, incancellabili madri dei nostri partigiani.

 La Brigata delle Donne alla Comune di Parigi

Come Anita Garibaldi, che, sul colle Gianicolo, sparava ai francesi rinnegati, lo è specificamente delle nostre partigiane. E come lo era anche delle brigate femminili alla Comune di Parigi (dove c’erano pure i dai neoborbonici esecrati garibaldini!). Che nessun movimento o gruppo femminista ricorda e onora, preferendo icone tipo Hillary o Boldrini.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 17:06

LITTLE-BRITAIN : LA BOITE DE PANDORE DU BREXIT ET L’INDEPENDANCE DE L’ECOSSE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Info Géopolitique/ Geopolitical Flash News/

2019 04 26/ #025-2019

 “le choix entre le Brexit et un avenir pour l’Ecosse en tant que nation européenne indépendante devrait être offert du vivant de ce Parlement”

– Nicola Sturgeon.
FLASH.GEOPOL - 025 - Brexit écosse (2019 04 26) FR 1

” Le Premier ministre écossais, Nicola Sturgeon, a déclaré que l’Écosse achèverait les préparatifs législatifs en vue d’un deuxième référendum sur l’indépendance d’ici à fin 2019, mais elle attendrait l’approbation de Westminster avant de déclencher le vote. Si le Brexit se concrétise, a-t-elle déclaré, l’Écosse doit pouvoir choisir de quitter le Royaume-Uni avant l’expiration du mandat du Parlement écossais actuel, en mai 2021″

– Geopolitical Futures (Daily Memo, 24 avril).

“Sturgeon est suspendu à la perspective d’un deuxième vote d’indépendance” titrait avant-hier le ‘Financial Times’ : “le Premier ministre écossais: l’Ecosse doit pouvoir organiser un autre référendum si le Royaume-Uni quitte l’UE” ! Le Premier ministre écossais a insisté ce mercredi sur le fait que “le pays devait être prêt à organiser un deuxième référendum sur l’indépendance d’ici à 2021 si le Brexit se concrétisait”, mais il a renoncé à s’engager dans un tel vote.

“Dans une déclaration au parlement écossais, Nicola Sturgeon a plaidé en faveur de son pari constitutionnel en appelant également les partis pro-Union à contribuer à la diminuttion du pouvoir de Westminster” et en promettant la création d’une “assemblée de citoyens” pour examiner “quel type de pays que nous cherchons à construire”, commente le ‘Financial Times’. Cette déclaration a eu lieu ce week-end avant la conférence de printemps du Parti national écossais SNP de Mme Sturgeon et “visait à rassurer ses membres les plus impatients sur le fait que la campagne pour l’indépendance n’était pas en reste”. “Un choix entre le Brexit et un avenir pour l’Ecosse en tant que nation européenne indépendante devrait être offert au cours de la législature”, a déclaré Mme Sturgeon. “Si l’Ecosse est retirée de l’UE, l’option d’un référendum sur l’indépendance dans ce délai doit nous être ouverte.”

Theresa May, Premier ministre britannique, a en effet exclu l’approbation d’un nouveau référendum sur l’indépendance avant les prochaines élections parlementaires écossaises de 2021. “L’Écosse a déjà organisé un référendum sur l’indépendance en 2014 et a voté de manière décisive pour rester au Royaume-Uni. Cela devrait être respecté “, a déclaré le porte-parole officiel de Mme May, ajoutant que” la constitution du Royaume-Uni est à juste titre réservée au parlement britannique “. Les Écossais ont rejeté l’indépendance de 55% à 45% lors du vote de 2014. Certains membres du SNP affirment que l’Écosse pourrait organiser elle-même un plébiscite, mais Mme Sturgeon a reconnu que “l’approbation de Westminster serait nécessaire pour le faire au-delà de tout doute ou défi”.

LE PLAN MONETAIRE DU SNP POUR L’ECOSSE INDEPENDANTE SUSCITE DE VIVES CRITIQUES

Mme Sturgeon a insisté sur le fait que “le maintien du refus du Royaume-Uni serait insoutenable, mais qu’elle ne perdrait pas de temps pour l’instant à contester la question avec un gouvernement conservateur qui pourrait ne pas survivre longtemps”. Au lieu de cela, le gouvernement écossais ferait avancer les préparatifs en vue d’un référendum, y compris de la législation nécessaire devant être achevée d’ici la fin de l’année. Elle chercherait un accord avec le Royaume-Uni à “un moment approprié pendant ou peu de temps après l’adoption du projet de loi”, a déclaré Mme Sturgeon. Certains membres du SNP ont appelé à des progrès plus rapides en vue d’un second référendum, mais d’autres sont plus prudents, citant l’absence de majorité durable parmi les électeurs écossais pour quitter le Royaume-Uni.

En mars 2017, Mme Sturgeon a officiellement appelé le gouvernement britannique à entamer les négociations en vue d’un deuxième référendum sur l’indépendance, mais elle a mis de côté ses projets après la perte de sièges du SNP aux élections législatives britanniques trois mois plus tard. Alors qu’elle affimait que “la revendication d’indépendance offrait le meilleur avenir”, Mme Sturgeon a pourtant appelé les partis d’opposition à se joindre aux discussions sur les nouveaux pouvoirs susceptibles d’être transférés de Westminster à Holyrood (le parlement d’Edimbourg). “Si des propositions sérieuses et substantielles émergent, ce parlement [écossais] pourrait alors les présenter au gouvernement britannique de manière unifiée”, a-t-elle déclaré.

Les partis pro-Union n’étant pas impressionnés, les conservateurs écossais d’opposition ont alors déclaré que les espoirs de Mme Sturgeon d’organiser un référendum avant 2021 étaient “absurdes et source de discorde”. Richard Leonard, dirigeant du parti travailliste écossais, a, lui, accusé le premier ministre de “donner la priorité aux intérêts des partis. “Il s’agit de Nicola Sturgeon qui tente d’apaiser les membres de son parti et ses conseillers d’arrière-ban avant la conférence du SNP”, a-t-il déclaré.

Mme Sturgeon a également promis de constituer une assemblée de citoyens composée d’un “groupe représentatif de l’Écosse, doté d’un président indépendant”, afin “d’examiner le type de pays qu’ils souhaitaient et la manière dont ils pourraient surmonter les défis tels que le Brexit”.

Le Brexit est une boîte de Pandore, qui pourrait bien mener à une “Little-Britain” réduite à l’Angleterre résiduelle …

# L’ANALYSE DE REFERENCE SUR

LUC MICHEL. NET

QUI SEME LE BREXIT RECOLTE LA FIN ANNONCEE DE LA GRANDE-BRETAGNE : L’ECOSSE ANNONCE UN SECOND REFERENDUM D’INDEPENDANCE !

sur http://www.lucmichel.net/2017/03/14/luc-michel-net-qui-seme-le-brexit-recolte-la-fin-annoncee-de-la-grande-bretagne-lecosse-annonce-un-second-referendum-dindependance/

 

(Sources : Geopilitical Futures – The Financial Times – EODE Think Tank)

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Infos géopolitiques en bref /

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

 

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

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NOUVELLES ROUTES DE LA SOIE : SOMMET BIENNAL ‘BELT AND ROAD’ A BEIJING CES 26-27 AVRIL SUR FOND DE PUISSANCE MARITIME CHINOISE

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 04 25/
LM.GEOPOL - Pékin sommet obor (2019 04 25) FR 2

“Le sommet de la ceinture et de la route a débuté. Plus de 30 dirigeants mondiaux participent à la réunion à Beijing pour discuter du programme mondial d’investissement dans les infrastructures, accusé de financer d’énormes projets qui laissent les pays endettés. La Malaisie, qui a contraint la Chine à réduire ses projets de construction de chemins de fer tout en maintenant l’élan acquis dans le rapprochement technologique, pourrait indiquer que le plan évolue”

– Quartz Daily Brief (USA, 25 avril).

LM.GEOPOL - Pékin sommet obor (2019 04 25) FR 3

Ce jeudi les invités au “Sommet biennal Belt and Road” à Beijing. Au même moment – et ce n’est sans doute pas un hasard – la Marine chinoise démontre sa force à l’occasion de son 70e anniversaire, en mettant notamment au pas la Marine française …

La Lettre d’information ‘The Monocle Minute’ (New-York – Londres – Honk Kong), cite Xi Jinping ce 25 April 2019 à cette occasion. “La marine chinoise a célébré son 70ème anniversaire cette semaine. Après avoir inspecté une flottille de navires de guerre, le président Xi Jinping a averti que les pays ne devraient pas «avoir facilement recours à la force». Des paroles rassurantes pour une région agitée, mais certains observateurs se demandent si le sentiment de sérénité ne masque pas une nuance plus hostile”.

PARTIE I-

LA MARINE CHINOISE A 70 ANS

“Cette déclaration était presque certainement destinée au public international de Xi en prévision du sommet biennal Belt and Road qui se déroule actuellement à Beijing, ajoute la Lettre anglo-saxonne. Les quelque 40 dirigeants mondiaux présents participeront plus facilement à une superpuissance bénigne. Mais derrière les pétards et les ballons, il y a des grondements. Il s’agit notamment de publier de nouvelles règles d’entraînement pour les recrues et d’envisager de transférer les unités de commandement militaire dans des villes de deuxième rang afin que les officiers supérieurs puissent passer plus de temps dans la boue”. Certains ont même entrevu le principal discours de Xi au début de l’année, lorsqu’il a déclaré que Taiwan « doit et sera » réunifiée avec la Chine, ce qui amorcerait un compte à rebours avant l’invasion planifiée de l’île autonome”. Oubliant que c’est la chine qui est provoquée par Washington et Taipeh dans cette affaire (1) ! “Une armée chinoise déréglée et à la gâchette facile”, ose écrire ‘The Monocle Minute’, rendra tout le monde un peu nerveux. Il est donc utile de mettre en perspective la rhétorique grandissante d’aujourd’hui: Beijing parle de la réunification de Taiwan depuis 70 ans. Longue vie à cette guerre (de mots)”.

UNE FORCE MARITIME EN EXPANSION

Dans son ‘Daily Memo: China’s Marine Corps’, le site de Georges Friedman (ex patron du Think Tank ‘Strafor’), ‘Geopolitical Futures’ dresse ce 24 avril l’état de la puissance maritime chinoise, le “Corps de marine en expansion de la Chine” : “Selon un reportage diffusé par le radiodiffuseur d’Etat chinois, le corps de marine du pays “a été élargi et transformé en une unité à part entière”. Le corps de marine de la Chine a été créé pour la première fois en 1953, mais le pays a longtemps été incapable de déployer une force amphibie capable de reprendre Taiwan, et avec cette annonce, la Marine de l’Armée de Libération du Peuple exprime clairement son intention de redoubler d’efforts pour construire une telle force. Avec les efforts de la Chine dans les mers du sud et de l’est de la Chine, Beijing a plus de territoires à défendre, ce qui nécessite des capacités amphibies. Selon des estimations récentes de la Jamestown Foundation, le corps de marine chinois compterait environ 40.000 hommes, soit beaucoup un nombre plus petit que celui des États-Unis (environ 200.000 soldats)”.

DETROIT DE TAIWAN :

QUAND BEJING FAIT UN EXEMPLE AVEC LA MARINE FRANCAISE !

L’armée chinoise a intercepté un navire de la marine française dans le détroit de Taïwan !

Pékin a annoncé ce jeudi un incident militaire. Paris n’a, de son côté, pas réagi. Des navires de guerre chinois ont intercepté un bâtiment de la marine française début avril dans le détroit de Taïwan, a annoncé Pékin, précisant “avoir remis une protestation solennelle à Paris”. Devant la presse, le porte-parole du ministère chinois de la Défense, Ren Guoqiang, a affirmé que “le navire français avait pénétré dans les eaux territoriales chinoises sans autorisation”. “L’armée chinoise a envoyé des bateaux de guerre, conformément à la loi, afin d’identifier le navire français et lui intimer l’ordre de partir”, a-t-il ajouté. Le gouvernement chinois n’a pas précisé le nom du bâtiment. Mais la frégate française ‘Vendémiaire’, qui était attendue cette semaine à Qingdao, sur la côte est de la Chine, afin de participer à un défilé naval, n’était finalement pas présente à cet événement. Paris n’a pas fourni d’explications pour ce changement de programme.

On trouve dans le ‘Daily Memo’ de ‘Geopolitical Futures’ de ce 24 avril (“Navires français dans les eaux asiatiques”) et dans le ‘South China Morning Post’ plus de détails sur cet incident : “Des responsables américains ont déclaré à Reuters qu’une frégate française, le Vendémiaire, avait traversé le détroit de Taiwan le 6 avril, à l’ombre de la marine chinoise. En réponse, Beijing a annulé l’invitation de Paris à assister à un défilé naval tenu plus tôt cette semaine pour fêter les 70 ans de la fondation de la marine chinoise. Un responsable américain non identifié a déclaré qu’il n’était pas au courant des passages antérieurs de l’armée française dans le détroit litigieux, mais un chercheur cité par le South China Morning Post a déclaré que de telles opérations menées par la France et d’autres pays n’étaient pas inhabituelles – elles n’avaient tout simplement pas été révélées auparavant. Quoi qu’il en soit, les États-Unis ont décidé de publier le passage cette fois-ci” …

La Chine considère Taïwan comme une partie de son territoire. L’île est cependant dirigée depuis 1945 par un régime rival qui s’y était réfugié après la prise du pouvoir par les communistes sur le continent en 1949, à l’issue de la guerre civile chinoise. En février, la Chine avait déjà protesté contre le passage d’un bâtiment américain dans le détroit, dénonçant une “provocation” (2).

PARTIE II-

LE SOMMET DES ROUTES DE LA SOIE A BEJING

Invité de marque, le président suisse venu adhérer au grand projet ! ‘The Monocle Minute’ analyse ce fait saillant dans son édition de ce 24 April : “Le président suisse Ueli Maurer devrait s’inscrire à l’Initiative de la ceinture et de la route (ndla : OBOR, de son acronyme anglais) de la Chine cette semaine lors de sa visite officielle dans ce pays asiatique”. S’adressant aux médias d’Etat chinois avant le voyage, Maurer a décrit le projet de reconstruction des routes commerciales terrestres et maritimes historiques entre l’Asie et l’Europe comme un “projet de 100 ans”. Il participera également au deuxième sommet OBOR à Beijing.

“Près de 40 dirigeants mondiaux arriveront dans la capitale chinoise ce jeudi. Un grand nombre de ces présidents et premiers ministres viennent de pays voisins plus petits, même si un nombre croissant de pays européens ont adhéré au projet favori du président Xi Jinping. L’Italie est devenue le premier membre du G7 à rejoindre le mois dernier, ignorant les protestations des États-Unis. Washington a été tout sauf neutre dans ses critiques du projet soutenu par la Chine et n’enverra que des représentants de rang inférieur au sommet”.

AUTRE INVITÉ DE MARQUE, LE HONGROIS VIKTOR ORBAN

Autre invité de marque, le hongrois Viktor Orban, en froid avec Bruxelles. Orban qui déjà dans le passé s’était déclaré partisan du Néoeurasisme et de l’unification du continent “de Vladivostok à Lisbonne”, se souvenant du passé eurasiatique des Magyars les ancêtres finno-ougriens des hongrois …

“Dans un commentaire qui irritera sans aucun doute Washington et certaines capitales européennes”, commente ‘Geopolitical Futures’, Le Premier ministre hongrois, Viktor Orban, a déclaré que l’Initiative de la ceinture de la route et de la route de la Chine était « une sauvegarde sérieuse du commerce mondial et de la liberté de l’économie mondiale », affirmant que son pays ignorerait « les pressions extérieures et idéologiques » pour éviter le projet.

“L’initiative ‘Une route, une ceinture’ est en parfaite harmonie avec les intérêts hongrois”, a encore déclaré ce jeudi à Beijing Viktor Orbán, lors d’un entretien avec le Premier ministre chinois Li Keqiang. Avant les pourparlers, M. Orbán a déclaré que “c’était un grand honneur d’être invité” au deuxième forum de l’initiative économique Une route, une ceinture, qui se tiendra vendredi et samedi à Beijing. “Les Hongrois ont besoin d’une économie mondiale ouverte”, mais la Hongrie est “prête à coopérer davantage dans le cadre de cette initiative” et rejettera “toute pression idéologique extérieure”, au contraire, car le gouvernement hongrois “agira toujours en fonction des intérêts nationaux”, a déclaré Orbán.

“Les entreprises chinoises ont largement contribué à la modernisation de l’économie hongroise”, a déclaré Orbán. “Les investissements chinois ont maintenant atteint quelque 4,5 milliards de dollars en Hongrie”, a-t-il ajouté, “et ont proposé de maintenir les investissements de capitaux à l’avenir”. Dans son message à la délégation hongroise, Li Keqiang a salué la “coopération sino-hongroise et a exprimé l’espoir que celle-ci devrait être étendue dans des domaines tels que la numérisation”. “La coopération entre les pays a déjà porté ses fruits et offre de grandes opportunités aux grandes entreprises et aux PME des deux pays”, a-t-il déclaré.

Après les entretiens, le ministre hongrois des Affaires étrangères, Péter Szijjártó, et le ministre de l’Innovation et de la Technologie, László Palkovics, ont signé des accords bilatéraux avec des responsables chinois. Parmi ceux-ci figuraient des accords sur la création d’un centre de coopération sino-hongrois, une coopération dans le sport, la création d’une «route de la soie numérique», la création d’un groupe de travail visant à faciliter les échanges bilatéraux et l’exportation de volailles hongroises vers la Chine.

Orbán a rencontré le président chinois Xi Jinping plus tard ce jeudi, a déclaré le chef de la presse du Premier ministre au MTI. Ils ont marqué le 70e anniversaire des relations diplomatiques entre la Hongrie et la Chine, des succès de la coopération économique et des affaires européennes. Vendredi et samedi, Orbán participera au forum Belt and Road, où 37 chefs d’État et dirigeants mondiaux sont attendus.

LES OBJECTIFS DE CE SECOND SOMMET :

UNE “NOUVELLE PHASE DE MISE EN ŒUVRE COMPLÈTE”

S’exprimant lors de la réunion des dirigeants de la Coopération économique Asie-Pacifique (APEC) en Papouasie-Nouvelle-Guinée, en novembre 2018, Xi Jinping avait déclaré que “la Chine considérait le renforcement de la connectivité comme une priorité et que la coopération dans le cadre de son initiative ‘Infrastructures ceinture et route’ était entrée dans une “nouvelle phase de mise en œuvre complète”. “La Chine travaillera avec tous les pays concernés sur le principe de la consultation et de la collaboration pour obtenir des avantages partagés afin de poursuivre l’initiative ‘Belt and Road’ conformément à des normes élevées, afin qu’elle produise des résultats de qualité et crée davantage de possibilités de développement pour les habitants de la région Asie-Pacifique. et au-delà”, avait alors déclaré le président chinois.

L’initiative ‘Belt and Road’ (OBOR) est la signature de la politique étrangère de Xi, annoncée il y a cinq ans, pour stimuler le commerce grâce à des investissements dans les ports, les centrales électriques et d’autres infrastructures dans plus de 80 pays, de l’Asie à l’Europe. Depuis, étendue à l’Arctique et à l’Amérique du Sud, l’initiative est devenue synonyme d’une grande partie de l’activité économique diplomatique et étrangère de la Chine. La Chine a déclaré que “cette initiative présentait des avantages pour tous les pays”, avec des projets majeurs comprenant des liaisons ferroviaires entre la Chine, le Pakistan et le Laos, des liaisons directes de train de fret Chine-Europe ainsi que des ports dans divers pays, notamment la Grèce, les Pays-Bas et le Sri Lanka.

Beijing a accueilli le premier forum Belt and Road en mai 2017 avec la participation de plus de 100 pays, dont 29 dirigeants nationaux de pays tels que la Grèce, le Pakistan et la Russie.

Cependant, depuis lors, et les médias occidentaux insistent sans cesse là-dessus, en particulier en Afrique, “les inquiétudes sont nombreuses quant au fait que les prêts chinois pour des projets dans le cadre de cette initiative pourraient accroître les risques d’endettement de certains pays participants”. Après les élections de cette année, la Malaisie et le Pakistan ont annulé ou tenté de renégocier des projets d’infrastructure financés par la Chine pour des milliards de dollars.

UNE HOSTILITE AMERICAINE GEOPOLITIQUE MANIFESTE ET MAJEURE !

Au milieu de la guerre commerciale entre les États-Unis et la Chine, Washington – et dans une moindre mesure certains diplomates et hommes politiques d’Europe occidentale – a vivement critiqué l’initiative ‘Belt and Road’ “visant à favoriser les entreprises chinoises et à servir les objectifs géopolitiques de Beijing”.

Lors de la réunion de l’APEC, le vice-président américain, Mike Pence, a averti que “la Chine endettait des pays avec une dette qu’ils ne pouvaient pas se permettre” et a proposé aux États-Unis une option rivale qui ne “contraint pas et ne compromet pas votre indépendance”. En réponse au discours de Pence, le ministère chinois des Affaires étrangères a déclaré “qu’aucun pays en développement n’avait été embourbé dans des problèmes d’endettement en raison de sa coopération avec la Chine et que les États-Unis devaient cesser de pointer du doigt les autres”.

Le ministère chinois du Commerce a déclaré en novembre 2018 que les investissements chinois dans 55 entreprises des pays situés dans les  régions Belt & Road s’élevaient à 11,9 milliards de dollars US sur les dix premiers mois de l’année, soit une augmentation de 6,4% sur un an.

NOTES :

(1) (2) Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

* TAIWAN : LA PROCHAINE CRISE GEOPOLITIQUE EN ASIE (I).

PEKIN VS LES ‘SEPARATISTES’ DE TAIPEI

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/03/luc-michels-geopolitical-daily-taiwan-la-prochaine-crise-geopolitique-en-asie-i-pekin-vs-les-separatistes-de-taipei/

* TAIWAN : LA PROCHAINE CRISE GEOPOLITIQUE EN ASIE (II).

TRUMP CONTRE LE ‘PRINCIPE DE LA CHINE UNIQUE’

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/04/luc-michels-geopolitical-daily-taiwan-la-prochaine-crise-geopolitique-en-asie-ii-trump-contre-le-principe-de-la-chine-unique/

* TAIWAN : LA PROCHAINE CRISE GEOPOLITIQUE EN ASIE (III).

VU DES USA, COMMENT WASHINGTON UTILISE TAIPEI POUR AFFAIBLIR LA CHINE ?

sur http://www.lucmichel.net/2019/01/07/luc-michels-geopolitical-daily-taiwan-la-prochaine-crise-geopolitique-en-asie-iii-vu-des-usa-comment-washington-utilise-taipei-pour-affaiblir-la-chine/

(Sources : The Monocle Minute – Geopolitical Futures – South China Morning Post – MTI-Hungary – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

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SOMMET POUTINE-KIM JONG UN A VLADIVOSTOK

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Info Géopolitique/ Geopolitical Flash News/

2019 04 25/ #025-2019

téléchargement (3)

“Kim Jong Un et Vladimir Poutine se sont rencontrés pour la première fois. Le sommet de Vladivostok a permis à Kim, arrivé en train, de rencontrer son sixième leader mondial. Auparavant, il s’est rendu en Chine pour rencontrer le président Xi Jinping, puis Donald Trump à un sommet historique à Singapour qui n’a pas encore donné de résultats en termes de dénucléarisation”

– Quartz Daily Brief (USA, 25 avril).

Cette nouvelle action diplomatique de Poutine dans le dossier coréen vise évidemment à reprendre la main sur Trump. Et est perçue avec un profond dépit par les américains. Car l’action de Trump, sur fond de maladresses de Pompeo passé de la CIA au State Department, n’a donné aucun résultat. Et la prolongation des sanctions contre la Corée du Nord a irrité les dirigeants de Pyong-Yang.

Ainsi la lettre d’information ‘The Monocle Minute’ (ce 25 Avril) entend avec amertume résumer la rencontre à une “affaire de photos” (sic) : “Le dirigeant nord-coréen Kim Jong-un est arrivé à Vladivostok hier pour le début d’une réunion de deux jours avec le président russe Vladimir Poutine. Kim est plus isolé qu’il ne l’était au début de l’année après la rupture des discussions avec Donald Trump en février. En plus de l’assistance économique, il compte sur la Russie pour obtenir un soutien diplomatique alors que la Corée du Nord cherche à persuader l’ONU de lever ses sanctions économiques. L’homologue russe de Kim, cependant, recherche une séance de photos” (resic). “Poutine obtient ce qu’il veut dans les 30 premières secondes”, a déclaré John Everard, ancien ambassadeur du Royaume-Uni (violemment anti-russe) en Corée du Nord, au journal ‘The Monocle Daily’. “Il fait comprendre au monde qu’il compte toujours. Après cela, les portes se fermeront et le sommet ne constituera plus qu’une longue liste de choses que la Corée du Nord attend de la Russie – et ne va presque certainement pas se produire” (resic).

Dans son ‘Daily Memo’, ‘Geopolitical Futures’ (le site de Georges Friedman, ex patron du Thin tank ‘Starfor’), ce 24 avril, donne un commentaire plus séieux : “Le président russe Vladimir Poutine devrait proposer de relancer les pourparlers à six sur le programme nucléaire nord-coréen lors de sa rencontre avec Kim Jong Un à Vladivostok jeudi”. Ce qui revient à retirer la main à Trump et à constater son échec !

‘KBS WORLD Radio’ (Corée du Sud, ce 24 avril) explique que le président russe Vladimir Poutine envisage de proposer une reprise des pourparlers à six sur le programme nucléaire de Pyongyang lors de sa rencontre avec le dirigeant nord-coréen Kim Jong-un jeudi. Citant un haut responsable russe, le radiodiffuseur public japonais NHK a rapporté mercredi que “Moscou avait informé les États-Unis et la Chine de son intention de faire cette proposition”.

Selon le rapport de la Radio sud-coréenne, “le sommet devrait traiter d’un large éventail de sujets, notamment la dénucléarisation de la péninsule coréenne et la coopération économique bilatérale”. On pense que Poutine cherche à accroître la participation de la Russie aux négociations sur la dénucléarisation de la péninsule coréenne en relançant les pourparlers à six, bloqués depuis 2008. Ces pourparlers, qui impliquaient les deux Corées, les États-Unis, la Chine, le Japon et la Russie, visaient à trouver une solution pacifique au programme nucléaire du Nord.

# LES ANALYSES DE REFERENCE SUR

UC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY:

* ANALYSE DU SOMMET DE SINGAPOUR (I):

UNE CRISE ISSUE DE LA GUERRE FROIDE

(LUC MICHEL SUR GEOPOLITIQUE INTERNATIONALE)

sur http://www.lucmichel.net/2018/07/24/luc-michels-geopolitical-daily-flash-video-analyse-du-sommet-de-singapour-i-une-crise-issue-de-la-guerre-froide-luc-michel-sur-geopolitique-internationale/

* DEBAT : ELEMENTS POUR ANALYSER LE SOMMET DE SINGAPOUR

(COMMENT INTERPRETER LA RENCONTRE KIM JONG UN – TRUMP II)

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/20/luc-michels-geopolitical-daily-debat-elements-pour-analyser-le-sommet-de-singapour-comment-interpreter-la-rencontre-kim-jong-un-trump-ii/

* L’EMISSION QUI COMPLETE L’ANALYSE :

CRISE COREENNE.

POURQUOI LE JAPON A ETE LE GRAND OUBLIE DU SOMMET DE SINGAPOUR

sur http://www.lucmichel.net/2018/06/10/luc-michels-geopolitical-daily-lemission-qui-complete-lanalyse-crise-coreenne-pourquoi-le-japon-a-ete-le-grand-oublie-du-sommet-de-singapour-2/

(Sources : The Monocle Minute – The Monocle Daily – Geopolitical Futures – KBS world radio – Radio NHK – EODE-TV – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Infos géopolitiques en bref /

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

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LE CHEF D’ETAT-MAJOR RUSSE: “LA PHASE MILITAIRE DU CONFLIT EN SYRIE EST TERMINÉE” MAIS LA CONFRONTATION SE RENFORCE AVEC L’OTAN AUX FRONTIERES DE LA RUSSIE …

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2019 04 24/
LM.GEOPOL - Gerasimov nato syrie (2019 04 24) FR 2

“La Russie parle durement à l’OTAN”, commente ce jour ‘Geopolitical Futures’ (le website de Georges Friedman, ancien patron du Think Tank ‘Stratfor’), évoquant la 8e Conférence de Moscou sur la sécurité internationale.

Le général Valery Gerasimov, chef de l’état-major de l’armée russe, a déclaré que “l’OTAN continuait d’accroître sa présence militaire aux frontières occidentales de la Russie, ce qui contraindrait la Russie à prendre des mesures de rétorsion telles que le déploiement de troupes dans ses districts militaires sud et ouest”.

Le ministre de la Défense, Sergei Shoigu, a ajouté que “la Russie prendrait des mesures de rétorsion de manière opportune, et pas nécessairement symétriquement avec les actions de l’OTAN” …

QUE DIT LE GENERAL GERASIMOV SUR LA SYRIE ?

“LA PHASE MILITAIRE DU CONFLIT EN SYRIE EST TERMINEE”

“La phase militaire du conflit en Syrie est terminée”. C’est ce qu’a déclaré le chef de l’état-major des forces armées de la Fédération de Russie, le général Valery Gerasimov (ce 24 avril, en russe, sur ‘EurAsia Daily’).

«Actuellement, la phase militaire du conflit est terminée. En deux ans, avec le soutien de la Russie, l’effondrement de l’État syrien a été évité et la plus grande partie du territoire a été restituée au contrôle des troupes gouvernementales », a déclaré M. Gerasimov lors de la 8e Conférence de Moscou sur la sécurité internationale, a rapporté le président Zvezda.

Selon lui, “plus de 1 400 zones de peuplement ont été libérées, notamment les villes d’Alep, de Palmyre, de Deir-ez-Zor, d’Abou-Kemal, de Deraa, ainsi que de huit champs de pétrole et de gaz. Des dizaines de milliers de militants, plus de 650 chars, environ 3,5 mille fusils et mortiers ont été détruits. Plus de 42 000 militants ont déposé les armes”.

Le chef de l’état-major russe a encore indiqué que “des opérations à grande échelle ne sont pas menées en Syrie pour le moment”. “Un mécanisme a été mis en place pour un règlement politique du conflit syrien et la réconciliation des parties belligérantes”, a rappelé Gerasimov.

“Toutes les conditions ont été créées pour cela: les gens ont repris confiance en la possibilité d’instaurer une vie paisible. Dans le même temps, a ajouté le général d’armée critiquant les occidentaux, ceux qui déclarent le plus leur victoire sur les terroristes en Syrie ne sont pas engagés dans la restauration de la République arabe”.

(Sources: Geopolitical Futures – EurAsia Daily – EODE Think Tank /

Traduction de l’anglais et du russe : LM)

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I NO TAV SI PRENDONO IL CORTEO DEI LAVORATORI, 1° MAGGIO DI SFIDA SUL TEMA SUPERTRENO

https://www.lastampa.it/2019/04/24/cronaca/i-no-tav-si-prendono-il-corteo-dei-lavoratori-maggio-di-sfida-sul-tema-supertreno-jAUTJu3GmXSAxKAQEQonWN/pagina.html

In corteo i comitati di lotta della valle e del torinese. Ma in piazza anche i favorevoli alla linea Italia-Francia

ANSA

L’ingressso del tunnel geognostico a Chiomonte: qui i lavori sono fermi ormai da mesi 

Pubblicato il 24/04/2019
LODOVICO POLETTO
CHIOMONTE

Era quasi inevitabile, dopo le manifestazioni del «Sì», dopo le polemiche politiche degli ultimi mesi, dopo quelle legate all’analisi «costi e benefici», contestatissima da chi sostiene il progetto e difesa da chi invece dice no. Inevitabile, appunto, che il «primo maggio», a Torino, si vestisse di Tav. Lo annuncia il coordinamento dei comitati contrari al progetto del supertreno: «Quest’anno ci prendiamo il Primo Maggio chiamando a raccolta i No Tav». Ed è subito discussione sulla marcia della festa dei lavoratori, subito dibattito sul significato dell’annuncio arrivato ieri con logo che mostra la bandiera del movimento agganciata in cima alla Mole. «Non lasceremo la piazza a Chiamparino, alle Madamine e ai sindacati» dicono quelli del No che hanno colto di sorpresa un po’ tutti, compresa una parte stessa del movimento. Per dire: Nilo Durbiano, sindaco uscente di Venaus, contrarissimo al progetto e autore con altri di uno studio alternativo, alle cinque del pomeriggio dice di non saperne nulla. Ma è subito d’accordo: «È il momento giusto per proporre il nostro modello di sviluppo, che è sganciato dalle grandi opere. Il lavoro non è una elargizione benefica dei grandi gruppi e delle lobby. Il nostro modo di intendere il lavoro punta sull’ambiente e sui grandi temi del momento».

Ma ciò che colpisce più di tutto è che il primo maggio si ritroveranno – vis a vis – (e sarà pure la prima volta che accade) due piazze a dir poco inconciliabili tra loro. Quelli che dicono «no» al progetto Italo Francese e quelli che lo sostengono e vogliono che viaggi spedito verso una risoluzione degli intoppi che hanno rallentato i lavori. E così dopo quattro manifestazioni negli ultimi cinque mesi (tre con il marchio del sì e una del no) i due mondi si troveranno a sfilare a un metro di distanza gli uni dagli altri.

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Da una parte la politica a favore dell’opera (da Chiamparino a Mino Giachino che ha già annunciato che sarà presente con i ragazzi del «Sì Tav, Sì Lavoro») dall’altra le liste della Val di Susa contrarie all’opera. Da una parte i sindacati schierati con i pro e dall’altra i vari comitati No Tav della provincia. In una commistione di anime sociali e di intenti che non si era mai visita prima. Con molte incognite. Legate ad esempio su dove andranno i rappresentanti della politica cittadina. Ma anche sul fatto che un guardarsi negli occhi così ravvicinato rischia di essere un fattore di tensione difficilmente contenibile. Ma tant’è: per ora sul tavolo c’è soltanto la questione dei punti di vista differenti sul tema più caldo del momento, per Torino e per il Piemonte stesso. Che – a dire di Giachino – è la regione che negli ultimi venti anni ha subito il tracollo economico più pesante, passando dal secondo all’undicesimo posto nella classifica del reddito pro capite.

Ma queste sono tutte questioni che saranno oggetto di dibatti e scontro politico dei prossimi giorni. Per intanto sul tavolo resta l’annuncio del mondo del No: «Ci prendiamo il primo maggio». E le motivazioni sono chiare e già ripetute mille volte in questi ultimi mesi. Prima fra tutte : « La Torino Lione non è la panacea di tutti i mali». Quelli del coordinamento Comitati del No lo hanno scritto chiaramente: «Siamo di fronte ad una ricetta vecchia, portatrice di un modello di sviluppo insostenibile economicamente ed ecologicamente che oggi più che mai dev’essere cambiato per la sopravvivenza del pianeta sull’orlo di una catastrofe». E ancora: «È insopportabile che si parli del supertreno come qualcosa di utile al lavoro. I dati forniti sono chiarissimi: a fronte di un impatto ecologico devastante sulla Val di Susa, le ricadute occupazionali saranno minime».

Intanto, dalla Val di Susa Alberto Perino, leader storico del movimento anti Tav alza la mano per dire: «Non è la prima volta che noi ci occupiamo di lavoro. Già nel 2009 pubblicammo un libro dal titolo C’è Lavoro e lavoro». Ma non è una provocazione? «Assolutamente no. Chi più di noi ha diritto di essere in piazza il Primo Maggio? È essenziale che la nostra visione sul tela, in un momento così delicato, venga presa in considerazione ed ascoltata da tutti».

Des élus de tous les partis demandent au gouvernement de stopper le projet Lyon-Turin

https://reporterre.net/Des-elus-de-tous-les-partis-demandent-au-gouvernement-de-stopper-le-projet-Lyon

20 avril 2019 / Eric Piolle, Matthieu Orphelin, Mathilde Panot et 24 autres élus

Des élus de tous les partis demandent au gouvernement de stopper le projet Lyon-Turin

Dans cette lettre ouverte, 27 élus – sénateurs, députés, maires, conseillers régionaux… – s’élèvent contre le projet de liaison ferroviaire Lyon-Turin. Ils arguent de sa « difficile soutenabilité financière » et prônent une réallocation budgétaire vers « des propositions réellement créatrices d’emplois, d’améliorations environnementales et de santé publique ».

Lettre ouverte à

Monsieur le président de la République, 
Monsieur le Premier ministre, 
Monsieur le ministre d’État pour la transition écologique, 
Monsieur le ministre des Finances, 
Madame la ministre chargée des transports,

Messieurs, Madame,

La France et l’Italie se sont engagées par traité « à construire ou faire construire la partie commune » du projet Lyon-Turin.

Les gouvernements précédents ont fait ratifier par les parlements nationaux des traités visant à atteindre cet objectif malgré de nombreuses interrogations soulevées par les administrations centrales, notamment en ce qui concerne les prévisions et la rentabilité socio-économique.

Aujourd’hui des travaux d’études et de reconnaissance sont sur le point de s’achever. Il faut maintenant décider, dans un cadre budgétaire contraint, si les travaux définitifs doivent être engagés avec notre partenaire italien divisé sur ce sujet.

Ce projet fortement soutenu régionalement, comme l’a rappelé la Cour des Comptes le 1er août 2012, concerne l’ensemble du pays compte tenu des importants financements publics qu’il réclame pour être mené à son terme, à savoir, 10,5 milliards d’euros (valeur 2009) pour le tunnel transfrontalier (selon RFF en 2012) et 26 milliards d’euros (valeur 2012) selon la direction du Trésor.

La création de transports collectifs ou alternatifs est, elle, une urgence publique

Comme l’a confirmé Madame la ministre chargée des transports depuis sa désignation dès 2017, il existe des urgences de maintenance, de régénération et de sécurisation du réseau ferré pour un budget estimé à plus de 20 milliards d’euros par le Sénat. D’autres rapports confirment ces ordres de grandeurs. S’y ajoute celui de la sécurisation et entretien du réseau routier et des ouvrages d’art pour une cinquantaine de milliards d’euros.

L’Italie connaît la même situation avec toutefois deux facteurs aggravants qui ne font que renforcer l’urgence d’interventions publiques confirmée par l’écroulement du pont de Gênes après bien d’autres exemples :

• des malfaçons souvent imputables à des entreprises liées au crime organisé,
• une sismicité accrue à l’origine d’un vieillissement accéléré de l’ensemble des infrastructures italiennes.

Par ailleurs, la création de transports collectifs ou alternatifs afin de limiter l’usage des véhicules individuels est aujourd’hui reconnue, dans tous les territoires, comme une urgence de santé publique et de réduction de l’empreinte environnementale sous toutes ses formes et réclame des budgets conséquents souvent indisponibles. Les priorités et les urgences d’investissements en matière d’infrastructures sont clairement définies par votre gouvernement et l’ensemble des parties prenantes.

Il existe une ligne ferroviaire entre la France et l’Italie et deux itinéraires ferroviaires entre Lyon et Chambéry parfaitement utilisables

Il nous apparaît prioritaire aujourd’hui de faire des choix budgétaires permettant de financer les priorités énoncées ci-dessus, d’autant qu’il existe une ligne ferroviaire entre la France et l’Italie et deux itinéraires ferroviaires entre Lyon et Chambéry parfaitement utilisables après d’importants investissements faits pour des « aménagements » et « opérations de modernisation du tunnel du Montcenis et de mise au gabarit GB1 et de sécurisation ». Ces investissements justifient d’ailleurs des redevances d’usage rappelées dans le Document de référence de SNCF Réseau (DRR 2020 édition décembre 2018).

La difficile soutenabilité financière du projet Lyon-Turin est reconnue par les services de l’État ainsi que par la société Lyon-Turin Ferroviaire (devenue Telt) dans son dossier d’enquête publique en 2006 avec des résultats socio-économiques négatifs.

Ce sont les raisons qui nous conduisent à vous demander de suspendre le projet Lyon-Turin au profit des urgences que les territoires, y compris la région Auvergne-Rhône-Alpes, doivent financer et pour lesquelles les ressources financières ne sont pas disponibles. Cette appréciation a été depuis de nombreuses années celles des administrations centrales et de la Cour des comptes. Suivre leurs recommandations apparaîtrait justifié en cette période de contrainte budgétaire tant en France qu’en Italie.

Suspendre le projet Lyon-Turin n’hypothèque pas l’avenir du projet

La France a dépensé pour le projet Lyon-Turin depuis 2001, environ 400 millions d’euros compte tenu des financements européens et italiens. Ces travaux d’études et de reconnaissances ont été menés et resteront disponibles même en cas de suspension du projet. Suspendre le projet Lyon-Turin, et particulièrement tout engagement financier pour des travaux définitifs sur le tunnel transfrontalier, n’hypothèque pas l’avenir du projet et permet de financer les urgences dans la France entière. Si la démonstration de son utilité, qui n’a pas été apportée au Conseil d’orientation pour les infrastructures, venait à être faite le projet pourra être repris.

Nous vous remercions de l’attention que vous porterez à la demande de suspension de ce projet Lyon-Turin et restons à votre disposition pour des propositions réellement créatrices d’emplois, d’améliorations environnementales et de santé publique.

Vous assurant de notre haute considération, nous vous prions d’agréer nos respectueuses salutations.

Premiers signataires :

1. Éric Piolle, maire de Grenoble 
2. Pierre Meriaux, conseiller municipal délégué au Tourisme et à la montagne de Grenoble
3. Guillaume Gontard, sénateur de l’Isère
4. Ronan Dantec, sénateur de Loire-Atlantique
5. Bertrand Pancher, député de la Meuse 
6. Matthieu Orphelin, député du Maine-et-Loire
7. Mathilde Panot, députée du Val-de-Marne
8. Damien Carême, maire de Grande-Synthe
9. Jacques Boutaut, maire de Paris 2e
10. Ghislaine Senée, maire d’Evecquemont
11. Georges Oudjaoudi, vice-président de la Métropole de Grenoble
12. Jean-Marc Soubeste, adjoint aux mobilités La Rochelle
13. Pierre Hémon, conseiller délégué mobilités actives de la Metropole de Lyon
14. Vincent Gay, conseiller municipal délégué à l’économie de Crolles
15. Gérard Blanc, conseiller municipal de La Ravoire
16. Gérard Levy, conseiller municipal de Clayes-sous-Bois
17. Yves Jambu, conseiller municipal de Lisieux
18. Jean-Louis Calmettes, conseiller municipal de Decazeville
19. Étienne Lechat, conseiller municipal de Saint-Herblain
20. Benjamin Trocmé, conseiller départemental de l’Isère
21. Thierry Soler, conseiller départemental du Loiret
22. Mounir Satouri, conseiller régional Île-de-France
23. Julien Bayou, conseiller régional Île-de-France
24. Annie Lahmer, conseillère régionale Île-de-France
25. Myriam Laidouni-Denis, conseillère régionale Auvergne-Rhône-Alpes
26. Jean-Charles Kohlhaas, conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes
27. Corinne Morel-Darleux, conseillère régionale Auvergne-Rhône-Alpes

Francia: parlamentari e sindaci chiedono lo stop al Tav Torino-Lione

http://www.notav.info/post/francia-parlamentari-e-sindaci-chiedono-lo-stop-al-tav-torino-lione/

notav.info

post 23 Aprile 2019 at 17:40

In Francia diversi deputati, senatori, sindaci e consiglieri regionali di tutti i partiti indirizzano una lettera aperta al Presidente della Repubblica ed al Governo per chiedere di continuare ad utilizzare le linee esistenti e rinviare il progetto della nuova Torino-Lione: vista la sua difficile sostenibilità finanziaria (come ripetutamente asserito dalla Corte dei Conti) propongono di ri-allocare gli investimenti  in opere realmente generatrici di occupazione, miglioramento ambientale e della salute pubblica.


Eletti di tutti i partiti chiedono al governo di fermare il progetto Lione-Torino

20 aprile 2019 / Eric Piolle, Matthieu Orphelin, Mathilde Panot et 24 altri eletti  

In questa lettera aperta, 27 rappresentanti eletti – senatori, deputati, sindaci, consiglieri regionali … – protestano contro il progetto di collegamento ferroviario Lione-Torino. Essi sostengono che è “difficile che il progetto raggiunga la sostenibilità finanziaria” e chiedono la ridistribuzione dei fondi di bilancio verso “proposte che creino realmente posti di lavoro, miglioramenti ambientali e salute pubblica”.

Lettera aperta a

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Primo Ministro,

Ministro di Stato per la transizione ecologica,

Signor Ministro delle Finanze,

Signora Ministro dei Trasporti,

Egregi signore e signori,

La Francia e l’Italia si sono impegnate per trattato a “costruire o far costruire la parte comune” del progetto Lione-Torino.

I governi precedenti hanno fatto ratificare i trattati dai parlamenti nazionali per raggiungere questo obiettivo nonostante le numerose interrogazioni sollevate dalle amministrazioni centrali, in particolare per quanto riguarda le previsioni e la redditività socioeconomica.

Oggi gli studi e i lavori di ricognizione stanno per essere completati. È ora necessario decidere, in un quadro di bilancio limitato, se i lavori definitivi debbano essere intrapresi insieme all’Italia il cui governo esprime opinioni differenti su questo tema.

Questo progetto, che ha ricevuto un forte sostegno regionale, come sottolineato dalla Corte dei conti francese il 1° agosto 2012, riguarda l’intera Francia in considerazione dei significativi finanziamenti pubblici necessari per il suo completamento, vale a dire 10,5 miliardi di euro (valore 2009) per il tunnel transfrontaliero (secondo RFF nel 2012) e 26 miliardi di euro (valore 2012) secondo la Direzione del Tesoro.

La messa a disposizione di trasporti collettivi pubblici o alternativi è un’emergenza pubblica.

Come ha confermato Elisabeth Borne, Ministra dei Trasporti fin dalla sua nomina nel 2017, vi sono urgenti necessità di mantenere, rigenerare e rendere sicura la rete ferroviaria per un bilancio stimato in oltre 20 miliardi di euro dal Senato francese Altri rapporti confermano questi ordini di grandezza. A ciò si aggiunge la questione della messa in sicurezza e della manutenzione della rete stradale e delle opere di ingegneria civile per circa 50 miliardi di euro.

L’Italia si trova però nella stessa situazione, con due fattori aggravanti che non fanno che rafforzare l’urgenza dell’intervento pubblico, confermata dal crollo del ponte di Genova dopo molti altri esempi:

– difetti spesso imputabili a società legate alla criminalità organizzata,

– una forte sismicità in Italia, con conseguente accelerazione dell’invecchiamento di tutte le infrastrutture italiane.

Inoltre, la creazione di trasporti pubblici o alternativi per limitare l’uso di veicoli privati è ormai riconosciuta in tutti i territori come un’emergenza sanitaria pubblica e per ridurre l’impronta ambientale in tutte le sue forme e richiede finanziamenti consistenti che spesso non sono disponibili. Le priorità di investimento nelle infrastrutture e le emergenze sono chiaramente definite dal vostro governo (francese, N.d.T.) e da tutti coloro che sono coinvolti nei progetti.

Ci sono una linea ferroviaria tra la Francia e l’Italia e due linee ferroviarie perfettamente utilizzabili tra Lione e Chambéry.

Oggi consideriamo prioritario operare scelte di bilancio per finanziare le priorità sopra indicate, tanto più che esiste una linea ferroviaria tra Francia e Italia e due linee ferroviarie perfettamente utilizzabili tra Lione e Chambéry dopo importanti investimenti per “migliorie” e “operazioni di ammodernamento e messa in sicurezza del traforo del Moncenisio e di adeguamento allo standard GB1”. Questi investimenti giustificano anche i canoni di utenza menzionati nel documento di riferimento SNCF Rete (DRR 2020 edizione dicembre 2018).

La difficile sostenibilità finanziaria del progetto Lione-Torino è riconosciuta dai servizi dello Stato e dalla società Lyon-Turin Ferroviaire (ora Telt) nel suo fascicolo di Inchiesta pubblica del 2006 con risultati socioeconomici negativi.

Questi sono i motivi che ci inducono a chiedere di sospendere il progetto Lione-Torino a favore delle emergenze che i territori, compresa la regione Auvergne-Rhône-Alpes, devono finanziare e per le quali non sono disponibili risorse finanziarie. Questa valutazione è stata effettuata dalle amministrazioni centrali e dalla Corte dei conti per molti anni. Seguire queste raccomandazioni pare giustificato in questo periodo di restrizioni di bilancio sia in Francia che in Italia.

La sospensione del progetto Lione-Torino non compromette il futuro del progetto

Dal 2001 la Francia ha speso circa 400 milioni di euro per il progetto Lione-Torino, tenuto conto dei finanziamenti europei e italiani. Questa attività di ricerca e di ricognizione geologica è stata effettuata e rimarrà disponibile anche in caso di sospensione del progetto. La sospensione del progetto Lione-Torino, e in particolare l’impegno finanziario per i lavori definitivi relativi al tunnel transfrontaliero, non compromette il futuro del progetto e consente di finanziare le emergenze in tutta la Francia. Se si dovesse dimostrare la sua utilità, che non è stata fornita al Consiglio “Politica delle infrastrutture”, il progetto potrebbe essere ripreso.

Vi ringraziamo per l’attenzione che darete alla richiesta di sospendere il progetto Lione-Torino e rimaniamo a vostra disposizione per esaminare proposte che creino realmente posti di lavoro, miglioramenti ambientali e salute pubblica.

Vi assicuriamo la nostra più alta considerazione e i nostri cordiali saluti.

Primi firmatari:

  1. Éric Piolle, sindaco di Grenoble
  2. Pierre Meriaux, consigliere comunale per il turismo e le montagne di Grenoble
  3. Guillaume Gontard, senatore dell’Isère
  4. Ronan Dantec, senatore della Loira-Atlantica
  5. Bertrand Pancher, membro del Parlamento per la Mosa
  6. Matthieu Orphelin, deputato al Parlamento di Maine-et-Loire
  7. Mathilde Panot, membro del Parlamento della Val-de-Marne
  8. Damien Carême, sindaco di Grande-Synthe
  9. Jacques Boutaut, sindaco di Parigi 2a
  10. Ghislaine Senée, sindaco di Evecquemont
  11. Georges Oudjaoudi, vicepresidente dell’area metropolitana di Grenoble
  12. Jean-Marc Soubeste, Assistente di mobilità La Rochelle
  13. Pierre Hémon, consigliere delegato alla mobilità attiva per il Metropole de Lyon
  14. Vincent Gay, consigliere comunale responsabile dell’economia di Crolles
  15. Gérard Blanc, consigliere di La Ravoire
  16. Gérard Levy, consigliere di Clayes-sous-Bois
  17. Yves Jambu, consigliere comunale di Lisieux
  18. Jean-Louis Calmettes, consigliere comunale di Decazeville
  19. Étienne Lechat, Assessore comunale di Saint-Herblain
  20. Benjamin Trocmé, consigliere dipartimentale dell’Isère
  21. Thierry Soler, consigliere della contea di Loiret.
  22. Mounir Satouri, consigliere regionale Île-de-France
  23. Julien Bayou, consigliere regionale Île-de-France
  24. Annie Lahmer, consigliere regionale Île-de-France
  25. Myriam Laidouni-Denis, consigliere regionale Auvergne-Rhône-Rhône-Alpes
  26. Jean-Charles Kohlhaas, consigliere regionale Auvergne-Rhône-Rhône-Alpes
  27. Corinne Morel-Darleux, consigliere regionale Auvergne-Rhône-Rhône-Alpes

Vedi l’articolo originale di Reporterre del 20 Aprile

PESCE GRANDE MANGIA PESCE PICCOLO E GRETA LI MANGIA TUTTI —— GREEN NEW DEAL : LA NUOVA ACCUMULAZIONE CAPITALISTA—– PRIMA CHE IL 5G CI FULMINI TUTTI

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/04/pesce-grande-mangia-pesce-piccolo-e.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 23 APRILE 2019

 

“Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, che si lamentano delle barbarie che proviene dalle barbarie, sono simili a gente che voglia mangiare la sua parte di vitello senza però che il vitello venga scannato. Vogliono mangiare il vitello, ma il sangue non lo vogliono vedere.” (Bertolt Brecht)


Squali e sardine

Esemplifichiamo. Il PD, in Umbria (e non solo), viene scoperto a galleggiare in un oceano di fango sanitario? A Roma la sindaca Raggi, per la quale particolare affetto nutre la Procura, viene collegata a un malaffare AMA che lei cercava di impedire? La società liquida innalza la Raggi su cavalloni giganti e fa sparire l’Umbria PD in una dolce risacca. In Sicilia gli intimissimi del trombone in felpa che amministra il paese vengono scoperti a banchettare con coloro che un tempo pasteggiavano con Andreotti e Berlusconi? Il GIP romano indaga Raggi. Il reato più evanescente di tutti: abuso d’ufficio. “Per come ha dato visibilità al progetto dello stadio” (sic). La Raggi, cento volte indagata (altro che Alemanno) e cento volte assolta (altro che Alemanno), annaspa nell’ennesimo maremoto comunale, l’inciampo tangentizio-mafioso del sottosegretario più importante di tutti, scompare, spiaggiato dietro a una duna. La sardina finisce in padella, gli squali se la battono, anzi se la mangiano.

FNSI e gli altri: ma quale Assange, Bordin! 

E’ una costante di sistema. A Londra, Assange,  un giornalista che, con Wikileaks, ha connesso i crimini del potere alla coscienza dell’umanità, da 7 anni in isolamento nell’ambasciata ecuadoriana, viene trascinato fuori da sette energumeni in divisa e arrestato in vista di estradizione a chi lo vuole bruciare vivo. Il nulla osta l’ha concesso un presidente ecuadoriano ladrone che da Wikileaks era stato scoperto imboscare denari pubblici in paradisi fiscali e che per i suoi meriti di traditore viene compensato con un prestito miliardario Usa che eviti la sua bancarotta. Vendetta farabutta di un potere che, insieme a quella  contro Chelsea Manning, universalizza il suo assassinio della libertà d’espressione, informazione, stampa. Abominio di portata planetaria, ma sepolto sotto la vera a propria apoteosi di una stampa ecumenica e senza sbavature, a celebrazione di Massimo Bordin e di Radio Radicale, uomo e radio da sempre nel campo imperialista e delle sue guerre, scandalosamente foraggiati dallo Stato per diffondere  il verbo dei veri padroni. Chi è sardina e chi squalo?

Oggi, per chiunque non si offra schiavo passivo o attivo al Grande Fratello (e dunque non per la FNSI , l’Ordine dei Giornalisti, o Reporters Sans Frontieres), la vicenda Assange, e quella connessa di Chelsea Manning, con la possibile conclusione di una condanna a morte o a vita, risulta l’ennesima prova che chi, politico o comunicatore, intralcia il rullo compressore del totalitarismo globale, non scampa alla punizione. Da Assange a Ellsberg dei Pentagono Papers (crimini in Vietnam), da Giancarlo Siani e Beppe Fava a Jamal Khashoggi, da Peppino Impastato alle dozzine di giornalisti scomparsi nel mattatoio Usa dell’Honduras, fino a tutti noi, a rischio di rimozione da Facebook o Google e di carcere per aver sfrucugliato qualche tabù, o legge mosaica.

Notre Dame. Sri Lanka? E vai con lo scontro di civiltà

Esemplare l’incendio di Notre Dame. Le cui circostanze esigono un’occhiata più attento, specie se viste sullo sfondo dell’altro attacco Isis alla cristianità in Sri Lanka e specie se si ricorda da quale laboratorio è uscito quel Frankenstein. Comunque, spunto perfetto per un’unità nazionale che seppellisca i Gilet Gialli  che stavano scucendo l’Esagono gallico e fornendo suggerimenti a qualche centinaio di milioni di cittadini, a suo tempo privati della cittadinanza per diventare dipendenti UE-BCE. Perfetto anche per rilanciare la linea strategica del globalismo, lo scontro di civiltà, dando alla cristianità, spina dorsale dell’Occidente, il ruolo della vittima, funzionale a qualsiasi attacco. E che la si smetta col rivangare ‘sta pedofilia clericale! Un cristiano ucciso ogni 5 minuti nel mondo? Quanti musulmani, vittime di sette guerre d’aggressione? Mai calcolato. Perfetto, infine, per ridare una verginità, attraverso megadonazioni esentasse di microparticelle dei loro patrimoni predati, ai tycoon dell’industria, dell’agrobusiness e delle piattaforme.

E sia detto di nuovo per inciso, a me, politeista e convinto anticristiano, la rovina di Notre Dame duole quanto la ferita a ogni testimonianza di creatività umana, anche perchè amo moltissimo il gotico. Ma non mi fa scordare ciò che a tutti è stato fatto scordare: che dal 4° secolo in poi, da Costantino detto il Grande e pure santo, a una blandissima, ma gonfiatissima repressione dei cristiani, con l’invenzione di santi e martiri a rimpiazzo dei semidei che, nell’antico, mediavano tra uomini e dei, è succeduta una persecuzione dei pagani che, per ferocia e cinismo, non avuto simili nella storia del mondo. Tra abbattimento di statue e templi, rogo e crocifissione di pagani ed eretici, sterminio di popolazioni renitenti, distruzione di opere d’arte, documentate, ma mai riferite nella nostra Storia, sapete quanto c’è rimasto del patrimonio greco-romano? L’1%. Altro che jihadisti a Palmira.

Greta e la nuova accumulazione

Esempio supremo di come il meccanismo di cui sopra faccia scomparire ogni detrito inconveniente, è stata l’epifania, non di Greta, povera piccola, ma del fenomeno mondiale Greta Thunberg e dei suoi gretini. Che bel film: alta sui marosi, manovrando con superba agilità la sua tavola di surf, sullo sfondo di un orizzonte lacerato da apocalittici furori incendiari, la crisi climatica, la bambina un po’ autistica, quindi inerme e inoffensiva, ma molto eloquente, di cui si dice dire, fare, viaggiare, pagare, tutto da sola, con dietro un gigantesco apparato di marketing che si limita a plaudire, dalla scena ha fatto sparire tutto. Meglio che Salvini il suo retroterra di trafficoni  e intrallazzatori, grazie alla Raggi. Meglio che gli atlantosionisti e la FNSI l’impiccagione della libertà di stampa sul patibolo di Assange, in virtù del radicale libero defunto Bordin.

I flutti della “società liquida”  l’hanno fatta planare a riva con in mano una scopa. Per spazzare via tutto ciò che negli ultimi due secoli ci ha inquinato, intossicato, surriscaldato, disastrato, ucciso? Come no. E dietro ai bravi ragazzini ben pettinati, ben vestiti, bene slogananti, bene intenzionati, bene indignati con i loro genitori, ecco chi si occuperà della “Grande Trasformazione” a salvataggio del pianeta con la Green New Economy. Quella inventata da Thomas Friedman sul New York Times, il giornale che ama farsi bollettino di tutte le guerre, e rilanciata oggi da Alexandria Ocasio Cortez, il parallelo idolo ecologista statunitense, che però su Maduro sta al giudizio di Trump.

Siamo in crisi, si sa. Crisi di sistema, la chiamano. Crisi di sovraproduzione e di riduzione di plusvalore in seguito a diminuita accumulazione. Stritoli il lavoratore e quello non ti consuma più. Allora arrivano i robot e scompaiono gli operai. Domina il virtuale e si offusca il reale. L’indispensabile austerity non permette crescita e consumi. Tocca cambiare registro. Ecco la grande occasione: terrorizzato dal cambiamento climatico, il gregge viene condotto in vista dei prati verdi e ubertosi della rivoluzione verde. Per agevolarla e salvare la ghirba, accetterà di mantenere il modulo anche nella nuova economia: sottomissione e sfruttamento. Perché alla Green New Economy, da realizzarsi in 10 anni, toccherà impegnarsi tutti, il 99%, tagliando benessere e gradevoli usanze, cuocendo d’estate e gelando d’inverno. Sempre che non stai in qualche Smart City a 10mila dollari il metro quadro. L’1%, che è esperto e abituato, dirigerà.  Alla sua collaudata maniera. Grazie alla nuova accumulazione. Costerà, è stato calcolato un 93 trilioni di dollari, 93mila miliardi di dollari. Da dove pensate che verranno? E’ il capitalismo, bellezza.

Sotto il tappeto, tutto

Ma niente paura. E’ comparsa Greta, bambina vergine, gravida del nuovo messia, più verde di Hulk, tutta all’insegna dell’economia digitale, quella che i soldi li sa accumulare. Ed è un’apoteosi: acclamano l’intellighenzia, la stupidenzia, l’ONU, la bergoglienza, la matterellenzia, l’informazia e la contro-informazia. E il belato diventa uraganica standing ovation quando dall’alto Greta scende su una scopa e dall’empireo una voce tuona: “Greta spazza!”. Mentre mani esperte dai polsini con gemelli sollevano un lembo del tappeto.

Tanta è la polvere, tanti i detriti, le macchie di sangue, tanta la sporcizia da far sparire, ma vasto è il tappeto nella cui trama si intrecciano l’ìnnocenza dei bambini e la colpevolezza degli adulti pentiti che gli hanno guastato il globo. E tanti sono gli scopini, dagli apostoli di “Friday for Future” agli anacoreti di “Extinction Rebellion” e ai milioni di corifei di Greta in tutto l’Occidente.

E dalla vista scompare tutto. Perfino Assange, perfino i picciotti eolici di Salvini, perfino la Raggi. Libia, Siria, Yemen, Venezuela, Netaniahu, la triade Pompeo-Bolton-Pence, la Corte Penale Internazionale che processa solo gente di pelle scura, la Via della Seta, Yemen, Assange, Chelsea Manning, Venezuela, Siria, Libia,  la bolla del Russiagate, le sanzioni genocide, Netaniahu, i brindisi e gli evasori di Juncker, i nazisti di Kiev, le Ong del commercio umano, la pulizia etnica fatta dai curdi, le armi di distruzione di massa di Saddam, le bombe di un Gheddafi senza aerei, i mercenari terroristi e un miliardo di altre balle passate sotto il naso della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti senza che se ne accorgessero. Non essendo colpa di papà e mamma, non si sa bene a chi attribuire tutto ciò. Quindi via, sotto il tappeto.

Come anche, sotto il tappeto, figli non degli adulti in genere e, quindi, di NN, come la Nato, l’agroalimentare, la farmaceutica e il 5G che, pure, all’asfissia, ai morbi e all’avvelenamento dei viventi  hanno contribuito in percentuale magari doppia e tripla rispetto alle fonti, di cui tanto si preoccupano i gretiani in quanto colpa di tutti noi sopra i quaranta. Quella cinquantina di milioni di morti ammazzati dopo il 1945, direttamente e nell’indotto, dalle guerre Usa e Nato, quei miliardi di tonnellate di petrolio bruciato e lasciato lì insieme ad altre scorie da milioni di camion, carri armati, cacciabombardieri; quelle sanzioni ai mondo che non sanno stare a tavola o sotto il tavolo, che hanno costretto a tagliare boscaglie, boschi e parchi per cucinare e scaldarsi; quelle sanzioni che hanno costretto ad abbandonare al glifosato e alla successiva sterilità campi e città svuotati dalla fame, o dalla mancanza di farmaci e quindi occupati e sterilizzati dalle multinazionali; quei vaccini, quelle medicine ritirate, dopo aver provocato stragi endemiche, quelle non ritirate.

Quelli che, agitando il moloch Putin, stanno spingendo come invasati verso il confronto nucleare con la Russia e, come ci documenta Daniel Ellsberg (quello dei Pentagon Papers che ci rivelò di che lacrime grondasse e di che sangue la guerra  al Vietnam del buon Kennedy, del cattivo Nixon, del carneade Johnson), hanno scientificamente messo in conto 600 milioni di morti tra Europa e Giappone nei primi sei mesi del conflitto (vedi Daniel Ellsberg, “The Doomsday Machine”).

5G, Quinta Generazione loro, ultima nostra

Del 5G (Quinta Generazione), già in corso di sperimentazione da noi, che ci fa solo scegliere se essere fulminati da onde elettromagnetiche cinesi o statunitensi, la scienza, non la politica, ci informa (di soppiatto) che è come l’amianto. Si sa cosa fa, ma non lo si dice, finchè la barca va. Finchè la montagna di cadaveri non sfonda le palpebre calateci sugli occhi da governi e media tanto irresponsabili, quanto complici. Rispetto a 3G e 4G, già devastanti oltre ogni percezione,  permette velocità  da 10 a 100 volte superiori per ogni connessione: cellulari, video, internet. Di conseguenza promuove gli affari. E i giochi. E le chat. E i tumori.

Già inconsapevoli degli effetti micidiali sul tasso patologico – circolazione, cuore, cervello, tumori, endocrino – dei precedenti G, ci facciamo avviare inconsapevoli e sereni all’olocausto del 5G. Garantito da una torre/antenna ogni cento metri. Come dell’amianto, nessuno ci parla dei rischi delle radiazioni da frequenza elettromagnetica e da micro-onde. Li sussurra qualche centro scientifico (sono disponibili 10.000 studi di alto livello che dimostrano i danni molecolari, biologici, organici, neuronali), li dovrebbe urlare la politica, li tace l’economia che, ovviamente, vince. Finchè la barca va. Per l’amianto  è andata per sessant’anni. Per l’AZT,  che ammazzava gli affetti da HIV pretendendo di curarli, una ventina.  Per gli OGM e il glifosato ancora ci provano. Agenzie, enti, ministeri della sanità non partecipano alle decisioni. Gli altri danno retta, come a suo tempo ai negazionisti  del petrolio e della Terra tonda.

Studi russi sui precedenti 3 e 4G, con migliaia di soggetti sottoposti a trattamento, danno esiti agghiaccianti per quanto riguarda la riproduzione, gli ormoni, la vita umana, animale e vegetale. Nel giro di 10 anni il 91% non scampa a nevrastenia e disordini sensoriali, entro 5 il 66% soffre di malattie cardiovascolari e di depressione, dopo 10 anni il 59% di ipoglicemia. Senza contare i tumori al cervello, la riduzione della vista, distonie neurovegetative….

Il 5G richiede oltre 20mila satelliti  che dovranno essere lanciati da altrettanti razzi con motore alimentato da nuovi idrocarburi. Ciò ridurrà del 6% lo strato dell’ozono ai poli. Nel giro di un decennio di lanci l’emissione di carbonio supererà quello delle emissioni di Co2 di dieci volte. Si creerà uno strato permanente  di particelle di carbonio nella stratosfera settentrionale. Non male come impronta ecologica, vero Greta?

Tutti i paesi sviluppati registrano, a partire dall’era wireless, un rapido declino della fertilità maschile. Entro il 2011 la concentrazione dello sperma nel mondo Wi-Fi era calata del 53%. Secondo una ricerca dell’Università di Gerusalemme, la maggioranza dei maschi in Europa sarà completamente sterile entro il 2060. Calcolo fatto quando il 5G ancora non c’era. Si realizza il programma di Malthus. E anche quello degli accoglitori senza se e senza ma di migranti: la nostra estinzione sarà compensata da chi, provenendo da territori con meno antenne, si riprodurrà di più.

E anche questo è la globalizzazione. Che cammina lieve e spedita sul tappeto di Greta. Sotto ci siamo noi. Sterili, cancerosi e rincoglioniti.

A meno che (vedi vignetta)…..

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:17