ISRAELE, UK, USA, UE; GAS NERVINI E PARTITE DI CACCIA: STATI CANAGLIA ALL’ASSALTO COLPI DI CODA O OFFENSIVA FINALE?

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2018/04/israele-uk-usa-ue-gas-nervini-e-partite.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 4 APRILE 2018

 

Che il mostro sia ferito è indubbio, che abbia la forza per menare colpi di coda, o allestire una soluzione finale è da vedere. La resa dei conti, in ogni caso, ha per obiettivo Putin e la sua Russia, nonché i popoli europei a metà strada tra est e ovest. Quella Russia che, sottratta al magliaro Eltsin e agli avvoltoi interni ed esterni che lo sbronzone aveva invitato alla tavola apparecchiata con le membra mozzate dei popoli sovietici, rimessasi in piedi e in cammino, ha dato l’altolà al processo della mondializzazione imperialista, ha asserito e concretizzato il suo diritto ad avere una parola in merito a se stessa e al pianeta, si è mossa in sostegno di tale diritto e a difesa di chi dalla mondializzazione imperialista doveva essere spianato.

Siamo alle provocazioni che dovrebbero avvicinare quel confronto risolutivo da cui soltanto degli invasati mentecatti, manovrati al potere dalla storica cupola finanzcapitalista, possono aspettarsi una sistemazione dell’ordine mondiale che mantenga in vita l’umanità. Ci stiamo avvicinando a quel confronto, inevitabilmente nucleare, o vi siamo già dentro? That is the question. Vediamo.

Il Quarto Reich

La palma degli affossatori di ogni diritto, decenza, morale, umanità, spetta a Israele, ai superatori dei nazisti che dirigono il paese e proclamano il “più morale del mondo” un esercito che va alla partita di caccia contro donne uomini e bambini inermi e, dispiace dirlo, caccia condivisa dall’incirca 80% della sua popolazione che con tale banda di licantropi si schiera nell’occasione di ogni bagno di sangue, da 70 anni a questa parte. Per farsi sparare come uccelli di passo da energumeni i cui cervelli grondano sangue e cinismo, i palestinesi di Gaza, in trentamila e mani nude alle soglie delle terre loro rubate, hanno preteso di ricordare il diritto al ritorno a dove erano stati spossessati. Un diritto decretato innumerevoli volte dalla comunità internazionale, l’ONU, quella ufficiale, vagamente più titolata di un’altra sedicente “comunità internazionale” che pretende di prevalere su quella che comprende 193 nazioni, mentre non è che il decimo NATO dell’umanità. Titoli dell’ONU manomessi nel tempo dalla protervia degli Usa e che un segretario sguattero ha definitivamente sotterrato con la sua patetica equiparazione tra assassini seriali e di massa e loro vittime.

Io quelli del ritorno li ho visti, conosciuti, frequentati. Ci ho vissuto insieme nei campi, da Tel Al Zataar in Libano a Dheisheh sotto Betlemme. Ho visto dare loro la caccia, seconda ondata di profughi, nella guerra dei Sei Giorni, 1967, su per la Galilea e sopra al Golan, villaggi bruciati, gente in fuga con le masserizie caricate su carri e asini, i carri con la Stella di Davide appresso, con i cingoli e le cannonate.

La “Grande Marcia del Ritorno” è stata fatta nella ricorrenza della Giornata della Terra, quella di un altro 30 marzo, 1976. I morti ammazzati dall’esercito “più morale”del mondo” erano stati sei, i feriti un centinaio. E una buona parte di mondo civile ha protestato, manifestato, detto ai killer quello che gli era dovuto. Il vittimismo che Israele e buona parte della comunità ebrea internazionale utilizzano come arma-fine-del mondo per asfaltare chiunque osi alzare sopraccigli sulle nefandezze dello Stato etnico-confessionale sionista, ne rimase incrinato per un po’. Stavolta la mattanza è di 17 morti (finora) e di 2000 feriti e la stampa ciancia di “reazione sproporzionata” alle “minacce di Hamas”. Il New York Times, standard aureo del giornalismo per la nostra comunità di presstitute, nasconde i laghi di sangue e i campi della morte e delle mutilazioni sotto l’insegna “Il diritto di Israele di difendersi”.  Niente di sorprendente: è l’house organ degli antrpofagi di tutte le guerre, di tutte le rapine, di tutte le devastazioni.

Israeliani contro la strage di Gaza

Ma qui non dovremmo esimerci dal tributare riconoscenza e onore a quei pochi ebrei che hanno manifestato contro il massacro dei propri moralissimi carnefici. Basterebbe uno solo di questi manifestanti coraggiosi, o un solo Pappè, un solo Finkelstein, un solo Atzomon, per impedirci di generalizzare.

Come per i migranti, tutti “rifugiati”, nessuno parte mai dal primo anello della catena, l’espulsione coatta o necessitata da interventi occidentali – bombe, multinazionali, Ong – nel quadro dell’appropriazione di terre e risorse, così sono bastati pochi lustri perché l’opinione pubblica, quella vigile e agguerrita, si adagiasse nella comoda sdraio dell’oblio. Oblio del primo anello, il crimine, vero male assoluto, contro un popolo titolare millenario della sua terra, invaso, espropriato, sradicato, massacrato, tenuto in ceppi. Un rigurgito del più feroce colonialismo dei secoli precedenti, salutato come bastione di civiltà e unica democrazia in un Medioriente popolato da selvaggi.

Quanto i cari rifugiati stanno sulle palle

A tale bastione di civiltà e diritti umani accorrono ora coloro che, ove incorsi nella rete criminale di trafficanti e Ong nel Mediterraneo sono profughi da accogliere senza se e senza ma, da Israele vengono messi davanti all’alternativa: o il carcere, o l’espulsione verso Ruanda e altri paesi (che non li vogliono). Sono quei circa 30mila cui è riuscito di penetrare in Israele sfuggendo alle fucilate delle guardie di frontiera nel Sinai. Si urla sulle terribili condizioni in cui i migranti sono tenuti nei campi libici e, alla luce di racconti non strumentali si esagera alla grande al solito scopo di incrementare il traffico, lo sradicamento, l’operazione di spostamento di popolazioni. Andassero a vedere come sono trattati quelli che finiscono nei campi israeliani in mezzo al deserto del Negev. Con una sfrontatezza degna di coloro che a certi fondatori dello Stato canaglia dissero “O Auschwitz, o la Palestina”, il plurindagato per ladrocinio e corruzione Netaniahu concorda con i gaglioffi dell’ONU di scaricare sull’Italia parte dei primi 16mila da cacciare. Avete udito anche solo un flebile fiato di sconcerto e riprovazione da parte di quella lobby, israelita per buona parte, con a capo gli umanitaristi da Nobel Erri De Luca e Furio Colombo, che si sdilinquisce h24 sulla disperazione dei migranti, la nobiltà dei soccorritori, l’infamia di chi ne denuncia e indaga il malaffare e gli occulti  mandanti?

Botta ai serbi, che Mosca non s’illuda….

Kosovo: uno Stato canaglia che non è neanche il caso di definire Stato e a cui la qualifica di canaglia va stretta, dato che si tratta semplicemente di una gigantesca base Usa circondata da pretoriani selezionati accuratamente tra tagliagole UCK, trafficanti di organi e di stupefacenti e messi a capo, a Pristina, di un sedicente governo. Nel quadro strategico delle botte da dare a destra e manca,  in una dimostrazione di muscoli che ricomponga un equilibrio largamente alterato dalle vittorie siriane, irachene e russe in Mediorente (vittorie con retrogusto amaro, se la liberazione di Ghouta comporta la ricollocazione degli sgherri Nato, sauditi e turchi a Idlib e Afrin, area definitivamente sottratta dai turchi), sono state mosse anche le pedine criminali kosovare.

Un manipolo di sbirri albanesi è stato spedito nell’enclave rimasta ai serbi dopo la pulizia etnica di 300mila dei titolari di questa terra. A Mitrovica, la città sull’Ibar divisa tra le due nazionalità, nella parte serba era riunita la delegazione, con rappresentante di Belgrado, incaricata delle trattative con Pristina sul futuro della regione. Era il 27 marzo ed erano passati due mesi da quando un killer senza volto, ma con mandante certo, ha ucciso con sette pallottole, sparate da un auto in corsa, il lader storico della minoranza serba, Oliver Ivanovic. La soldataglia del premier narcos, Hashim Thaci, è penetrata nella sede della riunione, ha sparato e picchiato, ferito 32 persone, arrestato il rappresentante del governo di Belgrado, Marko Djuric, e ha sfasciato tutto. Nessun intervento, né prima, né dopo, delle forze dell’ONU. Compiaciuto silenzio delle cancellerie e dei media che si sono inventate questo aborto di entità. Lezione alla Serbia che tentenna su UE e Nato e, per proprietà transitiva, alla Russia che, diversamente dal traditore della Serbia Eltsin, con Putin è tornata a occuparsi di questa nazione sorella.

 Profughi serbi

“Sinistra” di complemento per genocidi

Sullo sfondo del destino della Jugoslavia e della Serbia distrutte e devastate c’è, ricordiamocelo, la sciagurata ed efferata “sinistra” chic, radicale, o comunque la si voglia chiamare, in ogni caso collaborazionista, che, col “manifesto”, centri sociali, pezzi di Rifondazione, slinguazzava i mentitori imperiali che distorcevano le figure apicali dei paesi da obliterare in dittatori sanguinari intenti a massacrare i propri popoli e minacciare l’Occidente. Così, satanizzando Milosevic, lastricarono la via all’aggressione, alla restaurazione reazionaria, quando non fascista, nelle varie repubbliche, all’amputazione dell’Europa. Truppe di complemento dei genocidi, non si sono mai fermate; ovunque il maglio imperialista volesse abbattersi, allestivano il terreno con il loro glifosato. Peste li colga.

Morto un Russiagate se ne fa un altro: i gas nervini di  Londra

Il Russiagate, arma farlocca che spara a salve, ma di notevole potenza deflagrante mediatica, era stato messo quasi fuori gioco dalle rivelazioni del Senato sul dossier confezionato da spie britanniche in accordo con il campo di Hillary Clinton (già in grave difficoltà per lo scandalo delle mail riservate scambiate su indirizzi privati) e inteso a inventarsi ogni sorta di porcata di Trump, compresi i connubi con Mosca e Putin. Polveri bagnate da asciugare ed è uscito l’avvelenamento del russo, spia britannica, Sergei Skipral e della figlia Julia. Non è stata esibita la minima prova, non è stata aperta un indagine, non è stato individuato un avvelenatore. E’ bastata la parola di Theresa May, come ogni premier britannico del dopoguerra velina o paggio dell’inquilino della Casa Bianca, per determinare la responsabilità dei russi, anzi di Putin. Presunta patria del diritto e della democrazia moderni, tali diritto e democrazia ha intossicato peggio di chi ha avvelenato Skipral con il famigerato agente nervino Novichok.

Un ludibrio di cui Londra si era già coperta quando addossò a Gheddafi l’esplosione in volo su Lockerbie in Scozia, a Natale 1988, di un aereo Pan Am con 268 persone a bordo. Il giudice della sentenza conclusiva, a Edimburgo, definì la sentenza che aveva incolpato la Libia un “travestimento della giustizia”.

Novichok, chi ce l’ha e a chi conviene usarlo

Del Novichok si sanno per certe alcune cose, del tutto ignorate dal coro di più o meno riluttanti domestici obbedienti che alle espulsioni di diplomatici russi hanno aggiunto le loro, per un totale di 150, riuscendo a infliggersi il danno del peggiore deterioramento di rapporti con un partner prezioso come la Russia dai tempi della crisi dei missili a Cuba. La sostanza chiamata Novichok era stata sviluppata in URSS negli anni ’70, ma fu distrutta nel 1997, insieme all’intero arsenale chimico russo, sotto la sorveglianza dell’Organizzazione Internazionale per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW). Uno scienziato russo coinvolto in quella ricerca, Vil Mirzayanov, oggi alloggiato in una villa milionaria a Princeton, New Jersey, nel 1996 se ne fuggì negli Usa dove illustrò agli interessantissimi colleghi del Pentagono ogni dettaglio della sostanza, di cui con ogni probabilità portò qualche campione con sè, visto che già ne aveva venduto dosi a boss mafiosi degli Stati baltici. Scrisse tutto in un libro “Segreti di Stato. Il racconto di chi ha partecipato al programma russo delle armi chimiche”. Hillary Clinton ordinò di farlo sparire e che non se ne facesse parola.

Agenti anti-Novichok in mezzo a gente e poliziotti senza protezioni.

 Non è dunque vero, come affermano gli accusatori, che solo i russi sapevano di Novichok. E’ invece vero che coloro che per la Clinton confezionarono il falso dossiere Russiagate, i vecchi spioni del britannico Mi6 Christopher Steele e Pablo Miller, in questa storia c’entrano e parecchio. Fu Miller  l’agente dei servizi britannici a reclutare Skipral. Fu Skipral, con ogni probabilità, a fornire a Miller e Steele materiale per il Russiagate. Skipral e figlia furono avvelenati a Salisbury. Miller vive a Salisbury ed era in rapporti di amicizia con l’ex-agente russo. A poche miglia da Salisbury, a Porton Down, si trovano i più grandi laboratori per armi chimiche del Regno Unito. E’ proprio  un azzardo da complottisti in delirio pensare che se agli americani è arrivato il Novichok, questi non l’abbiano condiviso con gli azionisti di minoranza britannici?  E ora una notizia dell’ultima ora, subito soppressa dai giornaloni e schermoni, ci rivela che da Porton Down viene dichiarato di non poter produrre prova che quel Novichok sia di provenienza russa. Forse la  bufala della May e del suo ministro degli esteri, il caratterista Johnson, è talmente surreale che qualche testa responsabile tra gli scienziati ci ha messo una zeppa.

Cui prodest?

E non abbiamo neanche fatto ricorso alla logica che polverizza qualsiasi teoria: a chi è convenuto accusare la Russia di aver condotto un attacco chimico (quello che, grazie agli occhiuti russi, non si è riuscito a combinare a Ghouta, in Siria) contro la popolazione su suolo britannico?

Siamo vicini a mezzanotte o già lì?

Gli scienziati che sorvegliano le condizioni per le quali ci stiamo avvicinando o allontanando dall’ora X nucleare, hanno spostato l’orologio dell’apocalisse a due minuti da mezzanotte. Ciò su cui è lecito argomentare è se l’offensiva Usa-UK-Israele-Nato sia una virulenta risposta ai contraccolpi arrivati dalla Siria, alla recentissima firma tedesca dell’accordo con i russi per la costruzione del secondo oleodotto attraverso il Baltico (Nord Stream 2) e, addirittura, all’affermarsi in Italia di forze politiche poco in linea con  l’UE e con le sanzioni alla Russia. Per la verità non è più la Russia con i suoi hacker ad aver fatto vincere Trump, Brexit e, si parva licet… Di Maio e Salvini. Ora i ruoli si sono invertiti e pare che questi esiti nefasti li abbiano sulla coscienza FB e Cambridge Analytica. Ma vedrai che ci troveranno una manina russa in qualche modo. Ma quali milioni impoveriti dalle guerre di Obama/Clinton! Ma quali lavoratori e disoccupati inglesi stufi di sputare sangue per l’austerity di Draghi e Juncker! ma quale un italiano su cinque sotto o attorno alla soglia di povertà e nauseato da un regime di grassatori e da una sinistra che ne regge lo strascico…!

Per cui, in vista di uno scontro decisivo con il grande antagonista in costante crescita, con il suo ostico presidente confermato nel voto in misura come nessun governante occidentale si sognerebbe, è necessario inventarsi continuamente nuovi motivi per distrarre l’Europa dalle sue inclinazioni/tentazioni  verso il proprio spazio economico naturale, che non sta a ovest, ma a est. Armeggiando e costringendo ad armeggiare intorno ai confini dell’Orso, tagliandosi gli attributi per fargli male.

Nell’ipotesi peggiore siamo già alla vigilia di quello scontro decisivo, del redde rationem, dell’armageddon contro coloro, Russia e Cina, che oggi come oggi costituiscono per i forsennati del governo mondiale unipolare dei ricchi un ostacolo insormontabile . Ricordiamoci che a Washington sono pazzi e che a tutti gli altri intorno a noi in Uccidente sono appassite le gonadi.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 12:24

LE ‘SCHENGEN MILITAIRE’ DE LA PETITE-EUROPE CROUPION DE BRUXELLES OU COMMENT ASUJETIR ENCORE PLUS L’UE AUX USA ET A L’OTAN !

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 03 30/

LM.GEOPOL - Schengen militaire (2018 03 30) FR (2)

Il y a toujours eu une « main » américaine au-dessus de la petite-Europe croupion de Bruxelles (1). Mais la logique géoéconomique du projet européen des 25 premières années, celles des théories du grand Friedrich List sur le « Nationalisme économique » et les « grands états en voie de développement » (2), lois incontournables de la constitution des grands états continentaux, ont peu à peu bâti une puissance en devenir, de la CECA à la CEE. Et lorsque des hommes d’états émergeaient, conscient ce ce qu’est la volonté de puissance, comme de Gaulle ou (dans mesure moindre) le belge Harmel (3), relayés à l’Est par les Tito et Ceaucescu des Années 1960-80, la CEE s’éloignait de Washington.

LM.GEOPOL - Schengen militaire (2018 03 30) FR (3)

LA NEUTRALISATION DE L’EUROPE DE BRUXELLES PAR L’OTAN

Malgré l’OTAN, qui « n’est pas le bouclier de l’Europe mais son harnais » (dixit le géopoliticien Jean Thiriart). Dès le début des Années ’80, la contradiction interne fondamentale du Bloc américano-atlantiste apparaissait : le vassal principal était aussi l’ennemi géoéconomique principal des USA et la guerre commerciale USA-CEE se développait. Elle n’a depuis jamais cessé !

Le stade suivant, c’était la construction d’un Etat supranational fédéral, avec ses fonctions régaliennes : défense européenne unifiée, monnaie unique, diplomatie et politique extérieure unique. Washington a immédiatement vu le danger. Et a intrigué.

Seule la monnaie unique, Ecu puis Euro, a vu le jour (pourtant la guerre financière Dollar vs Euro, saluée par Kadhafi, montre les potentialités anti-américaines de l’Euro). Mais privée des deux autres volets – défense et diplomatie -, l’Euro est resté un projet inachevé. Le Traité de Maestricht porte le « péché originel » de la nouvelle UE : la Défense européenne débattue dans les années 1955- 85, est placée sous le parapluie de l’OTAN.

Et la PESC est une coquille atlantiste, qui servira à l’expansion de l’OTAN à l’Est après les destructions de l’URSS et des Yougoslavies (4). Un nouveau « Drang nach osten » …  Et cette expansion, avec une Europe à 28 et l’entrée des nouveaux chevaux de Troie américain (après Londres et Amsterdam, voici notamment Varsovie, Bucarest, Tallin, Vilnius et Riga), l’UE devient ingérable. Washington agitant les nostalgies géopolitiques défuntes des états de la Mittel-Europa et jouant, dixit Colin Powell sous Bush II la »nouvelle Europe » (sic) contre « la vieille Europe » des fondateurs de la CEE.

L’UE est un géant économique (les économies additionnées des 28 en font la véritable première économie mondiale) mais un nain géopolitique. Et l’Europe occidentale reste la plus grande des colonies américaines, le « second poumon » qui fait la superpuissance des USA (relire Thiriart et son antithèse US Brzezinski) …

L’UE VEUT CREER UN “SCHENGEN MILITAIRE” POUR SA DEFENSE

Revoici l’OTAN, celle de Trump et de ses généraux, qui entend à nouveau phagocyter les capacités de défense des pays de l’UE. Le prétexte (comme en Afrique) est encore et toujours la « lutte au terrorisme ». « Si la lutte antiterroriste a failli, c’est parce qu’elle est trop dispersée » fait dire aux marionnettes de Bruxelles le marionnettiste-ventrilogue de Washington !

En toile de fond, évidemment, encore et toujours, le « containment » de Moscou. Et on saisit la concomitance entre la russophobie hystérique russophobe de l’Affaire Skripal et le nouveau projet made in NATO du « Schengen militaire » (5)…

La Commission européenne a présenté ce mercredi un plan d’actions plurielles pour créer un “Schengen militaire” afin de « faciliter les transports de troupes et de matériel au sein de l’Union européenne, actuellement freinés par une multitude de formalités administratives et un manque d’infrastructures ». Le plan d’actions consulté mardi par l’AFP prévoit notamment « d’identifier les besoins pour les transports militaires et de recenser les infrastructures utilisables ». En un mot militariser sans contrôle préalable touit l’Espace ouest-européen jusqu’aux frontières russes !

« Ces propositions ont une dimension pratique, mais leur finalité est évidente au moment où les tensions s’exacerbent avec la Russie », a expliqué toute honte bue un diplomate européen. « On ne peut plus dire qu’un conflit en Europe est impossible », estiment en privé de nombreux responsables « européens » (sic). « Nous avons besoin d’un espace Schengen militaire. Les Russes ont une totale liberté de mouvement au sein de leur territoire. Nous devons pouvoir nous déplacer aussi rapidement, sinon plus vite, pour masser des forces contre un potentiel ennemi afin d’être dissuasifs », a soutenu récemment le général américain Ben Hodges, ancien commandant des forces américaines en Europe. Car c’est bien le Pentagone qui est aux commandes du projet.

Alors que les 26 pays membres de l’Espace Schengen (cettains hors UE, soi-disant « neutres » comme la Suisse) ont supprimé les contrôles à leurs frontières intérieures, « nous avons besoin de la même liberté de mouvement au sein de l’UE qu’un routier acheminant un chargement de pommes de Pologne en France » (resic), a-t-il expliqué.

LE POISSON-PILOTE BALTE :

UN « MINI-SCHENGEN MILITAIRE » …

Les russophobes Etats baltes (Estonie, Lituanie et Lettonie), aux mains des Américains (compter leurs dirigeants issus de l’émigration balte aux USA et en Grande-Bretagne à double nationalité) ont déjà constitué entre eux un « mini-Schengen militaire », souligne Elisabeth Braw, analyste de l’Atlantic Council, un centre de réflexion spécialisé dans les relations internationales (le même Think-Tank qui pilote l’opposant Katumbi en RD Congo). « L’attitude de la Russie impose de se concentrer à nouveau sur la défense du territoire (resic). Mais nous pouvons avoir tous les équipements possibles, si nous ne pouvons pas les acheminer là où il faut pour qu’ils soient efficaces, alors c’est absolument inutile », souligne Elisabeth Braw.

Or l’Union européenne est loin du compte. « En cas de conflit, nous n’aurions aujourd’hui pas le temps de localiser les itinéraires praticables ni d’accomplir les procédures bureaucratiques pour déplacer un blindé des Pays-Bas jusqu’en Estonie », a déploré en privé un haut responsable européen.

« Bureaucratie tatillonne, législations contraignantes pour le transit d’explosifs et de matières dangereuses, absence d’infrastructures routières ou ferroviaires adaptés aux besoins militaires, les obstacles sont nombreux au sein de l’Union pour permettre des mouvements de troupes rapides », disent encore les experts de l’OTAN. « Il faut s’assurer que les infrastructures nécessaires existent, que les tunnels sont praticables, que les routes ont une largeur suffisante, que les ponts peuvent supporter le poids des matériels transportés”, a expliqué un diplomate.

AU CŒUR DU PROJET ATLANTISTE DE TRUMP (FAIRE PAYER PLUS LES EUROPEENS) : LES « CORRIDORS TRANSNATIONAUX MILITAIRES »

« L’Union européenne peut aider en faisant réaliser les infrastructures là où elles sont nécessaires », notamment dans les pays d’Europe de l’Est, a souligné un responsable militaire. L’UE a prévu des co-financements pour une dizaine de « corridors transnationaux ». Mais la décision de les réaliser, de même que leur utilisation à des fins militaires, relèvent de la souveraineté des Etats membres.

On est là au cœur du projet de reéforme de l’Alliance atlantique de Trump : faire payer plus aux vassaux de Washington le financement de leuir outil de vassalisation, l’OTAN ! Seuls les analystes à courte vue et les imbéciles (ce sont parfois les mêmes » ont cru à la volonté de Trump de délaisser l’OTAN et l’Europe. Moi j’avais lu son programme, celui de ses réseaux militaires, et j’annonçais la coulerur dès décembre 2016 (6)!

* Voir aussi sur PCN-TV/

LUC MICHEL: TRUMP RELANCE LE MILITARISME US

sur https://vimeo.com/195383189

COMMENT CE “SCHENGEN MILITAIRE” A NAITRE N’EST PAS CE QUE LES EUROPEENS CROIENT ?

D’un côté Trump n’aime pas l’Otan puisqu’elle, dit-il, « pèse bien lourd sur la caisse de l’État UE ». De l’autre, ce même M. Trump est bien loin de renoncer à sa participation au sein de cette structure qui sert de moyen de domination américaine sur le continent (relire ici aussi Thiriart et Brzezinski). Pourquoi ?

Le 28 mars 2018, la Commission européenne a présenté un plan censé mettre sur pied ce qu’elle qualifie de « Schengen militaire ». Contrairement à ce que laisse entendre la référence aux accords de libre-circulation de Schengen, le « Schengen militaire » n’est donc pas un projet européen car il découle entièrement de la volonté de l’Otan.

Selon le site de la Commission européenne, ce « Schengen militaire », contrairement à ce que laisse entendre son nom, vise non pas à autoriser les armées des États membres de l’UE à circuler sans formalités sur le territoire de l’Union, mais à accorder ce privilège « à toutes les armées de l’OTAN ». Or, au nombre de ces armées, figure l’armée américaine. C’est sans doute en ce sens que le projet en question accorde une importance de premier ordre aux ports et aéroports et aux voies routières sur le vieux continent.

UN PROJET PORTEUR DE MENACES DE GUERRE MAIS AUSSI DE REPRESSION CONTRE LES PEUPLES EUROPEENS

Dans quels circonstances ce projet pourrait-il s’activer ?

Selon des documents internes de l’Alliance cités, ce « Schengen militaire » pourrait aussi bien « être mis en œuvre en cas de guerre contre la Russie », « qu’en cas de soulèvement populaire dans un des États membres de l’Otan. Cette effrayante perspective signifie qu’en cas de révolte et soulèvement de grande envergure », l’armée US pourrait donc débarquer en Europe et réprimer les manifestants.

Pour la porte-parole de la diplomatie russe, Maria Zakharova, « l’OTAN est derrière l’expulsion des diplomates russes des pays européens », une mesure « dont l’objectif est d’affaiblir la Russie ». Autrement, le projet de ce « Schengen militaire » facilite la tache à l’armée américaine dans un face-à-face militaire avec la Russie. « L’affaire Skripal donne déjà un aperçu de ce qui pourrait être la nature et l’ampleur d’une telle confrontation ».

25 des 28 États membres sont priés « d’établir d’ailleurs une carte de leurs voies de communication et de préciser les travaux nécessaires sur leurs routes, tunnels et ponts, pour les rendre praticables aux armées de l’Otan ». Ils devront aussi « s’entendre sur les dispenses nécessaires aux lois et règlements en vigueur, interdisant le transport d’armes et matériels militaires sur leur territoire ».

En somme, la présence militaire US dépassera largement les seules bases militaires que les États-Unis détiennent en Europe. Les routes et les artères du vieux continent seront, une fois accord conclu, le théâtre de déplacement des GI’s et des marines US !

En d autres termes aussi … s’il y a une guerre contre les russes, elle ne se passera pas aux USA mais en Europe. Ce sera le champ de bataille des USA. Ce sera comme durant la deuxième guerre mondiale …

NOTES :

(1) L’Europe ne se limite pas à l’Union européenne ! Ni même aux états qui lui sont maintenant associés, comme la Moldavie ou la Serbie. La Russie, qui a retrouvé son indépendance avec Vladimir Poutine est aussi l’Europe ! Une SECONDE EUROPE, une AUTRE EUROPE eurasiatique se dresse désormais à Moscou face à l’Europe atlantiste de Bruxelles.

Cfr. Luc MICHEL, EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE / THESES SUR LA « SECONDE EUROPE » UNIFIEE PAR MOSCOU,

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-geopolitique-theses-sur-la-seconde-europe-unifiee-par-moscou/

(2) Friedrich List (1789-1846), est un économiste allemand, ayant aussi vécu aux USA. Critique d’Adam Smith, il était partisan et théoricien du « protectionnisme éducateur » ainsi que du Zollverein, l’union douanière allemande. Le protectionnisme extérieur, lié à la disparition des frontières douanières intérieures,  devant être la phase initiale du développement industriel des nations. Il est le père du « Nationalisme économique » et a inspiré l’unification des USA (clôturée par la Guerre de Sécession), l’unification du IieReich allemand (Bismark) et le projet initial de laCECA-CEE.

Cfr. Luc MICHEL (dir.3), n° spécial de la Revue CONSCIENCE EUROPEENNE, « La guerre économique Europe-USA », n° 19, août 1987 Charleroi et Bruxelles).

(3) On se souviendra de la « Doctrine Harmel », le premier ministre belge de 1965, puis minstre des affaires étrangères de 1966 à 1973. Dont le « Rapport Harmel » rédigé en 1967 continue d’inspirer la « posture » des dirigeants de l’UE qui veulent une entente avec Moscou. Il élabore notamment ce qui restera comme « la doctrine Harmel ». « Il propose, en 1967, de sortir de la logique du monde bipolaire, divisé entre Américains et Soviétiques, afin de favoriser la détente. Il appelle l’Europe à prendre son sort en main (…) On estime généralement que la visite du chancelier allemand Willy Brandt à Varsovie, en 1970, mais aussi la signature des accords d’Helsinki, en 1975, furent les fruits de cette doctrine ». Des analystes diront que Jean Thiriart, le géopoliticien de la Grande-Europe de Vladivostok à Reykjavik (5), était le « poisson-pilote ». Lui qui avait rencontré Ceaucescu et Chou En Lai à Bucarest en 1967, puis les dirigeants est-allemands à Leipzig …

Sur la Doctrine Harmel, au cœur de la Diplomatie parallèle des Années ‘60, un de ses biographes dira : « Pour ce qui est des réactions à l’Est, il convient d’être nuancé. Certes les autorités (soviétiques) portent publiquement le document en dérision en disant qu’il masque la politique «agressive» de l’Otan. En avril 1967, Leonid Brejnev qualifie l’exercice Harmel d’effort «pour sauver la «sainte Alliance» (sic) (…) à peu de frais». Mais des diplomates de l’ambassade soviétique à Washington sont venus s’enquérir «off the record» auprès du Département d’État du contenu du plan dès le début du mois de décembre 1967. De même, à la veille de l’adoption du rapport par le Conseil, l’ambassadeur de Pologne en poste à Washington est venu en personne demander des précisions au Département d’Etat, tout en précisant que Rapacki, le ministre polonais des Affaires étrangères (Ndla : qui propsa aussi un « plan Rapacki »), avait discuté récemment avec Harmel de la question et que les Polonais marquaient un grand intérêt à ses idées. On verra que des dirigeants de l’Est auront l’occasion de dire eux-mêmes à Harmel ce qu’ils pensent du document. (…).

Il reste que le rapport Harmel a mis en avant le concept de détente à côté de celui de défense, qui était déjà un but de l’Otan. Il reprenait à la fois l’idée de «construire des ponts» entre l’Est et l’Ouest (…) le concept gaulliste de «détente-coopération-entente», et le schéma de Brandt d’ «European order of peace», sans compter l’Appel de Bucarest de juillet 1966 préconisant la coexistence pacifique. Au-delà, alors que les frontières non naturelles de l’Europe étaient marquées par la division de l’Allemagne, ce document stipulait bien qu’il n’y avait pas de solution générale dans les rapports Est-Ouest sans accord sur l’Allemagne. »

(4) Le partenariat oriental est une politique de l’Union européenne (UE) visant à conclure des accords avec l’Arménie, l’Azerbaïdjan, la Géorgie, la Moldavie, l’Ukraine et la Biélorussie, inauguré à Prague le 7 mai 2009.

Sur la “politique orientale” et le “partenariat oriental” de l’UE :

Voir Luc MICHEL, “The prospects of the Eastern partnership”,

Conférence de Luc MICHEL :

(PART.1) sur http://www.dailymotion.com/video/xjjkaz

(PART.2) sur http://www.dailymotion.com/video/xjjlfo

(PART.3 Conclusion) sur http://www.dailymotion.com/video/xjjmbi

Voir aussi la Page spéciale de EODE :

MINSK : International Conference “The Prospects of the Eastern Partnership”

sur https://www.facebook.com/EODE.Minsk.Conference.2011.easternpartnership/

(5) Skripal : “Une provocation des services de renseignement britanniques”, affirme l’ambassadeur russe au Royaume-Uni !

« L’affaire Skripal est une provocation des services de renseignement britanniques, visant à garder la Russie sous contrôle », a affirmé dimanche l’ambassadeur russe au Royaume-Uni, Alexander Yakovenko, sur la chaîne de télévision russe NTV TV. « Il y a quelques années, la Grande-Bretagne réfléchissait activement à son rôle au sein de l’alliance occidentale. A cette époque, en 2015, lorsque le concept de sécurité nationale a été introduit et confirmé par Theresa May, les Britanniques ont pris le leadership dans ledit contrôle de la Russie », a-t-il ajouté. Selon l’ambassadeur, une « forte provocation était nécessaire afin de maintenir le contrôle et aussi le soutien de la population et du gouvernement ». « Une telle provocation a très probablement été mise en place par les Britanniques pour accuser la Russie » …

(6) Lire mon analyse de fin 2016 pour EODE THINK TANK :

LA PRÉSIDENCE TRUMP : VERS UN NOUVEAU STADE DE L’IMPÉRIALISME AMÉRICAIN …

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-la-presidence-trump-vers-un-nouveau-stade-de-limperialisme-americain/

(Sources : AFP – AP – Site de la Commission européenne – MAE russe – EODE Think-Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily

https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

LE NOUVEAU LIVRE-ENQUETE CHOC SUR L’EMPIRE BOLLORE : ‘VINCENT TOUT-PUISSANT’

# EODE-BOOKS /

 

Le livre-choc dont Luc MICHEL vient de parler dans LE DEBAT PANAFRICAIN sur AFRIQUE MEDIA TV …

EODE-BOOKS - Vincent tt-puissant (2018 04 01) FR

EODE-BOOKS – lire – s’informer – se former

Un service du Département EDUCATION & RESEARCH

de l’Ong EODE

# ‘VINCENT TOUT-PUISSANT’.

L’ENQUETE QUE BOLLORE A VOULU EMPECHER …

Auteurs : Nicolas Vescovacci, Jean-Pierre Canet

Editeur : JC Lattès (2018)

Quand un huissier s’est présenté à sa porte, Nicolas Vescovacci a d’abord cru à une erreur. Puis il a compris : Vincent Bolloré lui réclamait 700 000 euros pour avoir simplement cherché à obtenir une interview avec l’homme d’affaires ou ses proches. Cette “anecdote” dit tout : l’art de l’intimidation du tycoon, son goût de la transgression, sa puissance de feu financière, la démesure de son monde mais aussi sa hantise d’être l’objet d’une enquête.

Il était, dès lors, impossible de renoncer. Ce livre est le fruit de deux années d’enquête sur les réseaux et les méthodes d’un des hommes les plus puissants de France.

LES AUTEURS :

Nicolas Vescovacci et Jean-Pierre Canet sont journalistes d’investigation (enquête sur le Crédit Mutuel, Cash Investigation, Envoyé spécial. Ils sont membres fondateurs du ‘collectif Informer n’est pas un délit’.

# REVUE DE PRESSE :

LA CRITIQUE DE TELERAMA (PARIS)

AVEC DES « BONNES PAGES » DU LIVRE :

Renvois d’ascenseur, censure, intimidation, invitations royales… Le livre-enquête signé des journalistes d’investigation Jean-Pierre Canet et Nicolas Vescovacci révèle certaines tactiques et pratiques de “Vincent tout-puissant”… Extraits, en exclusivité pour “Télérama”.

En 2015, Jean-Pierre Canet et Nicolas Vescovacci travaillaient pour Canal+. Leur documentaire sur le Crédit mutuel-CIC avait été déprogrammé par Vincent Bolloré, à la demande du pdg de la banque – et il avait finalement été diffusé sur France 3. Les deux journalistes d’investigation racontent leur mésaventure dans Vincent tout-puissant, un livre-enquête sur l’homme d’affaires breton, dont nous vous proposons de lire quelques extraits choisis ci-dessous (les titres des paragraphes ont été écrits pas nos soins).

* Les vraies raisons de la censure :

« Pendant l’été 2015, Vincent Bolloré a besoin des 3 % de Canal+ détenus par le Crédit Mutuel-CIC qui lui-même gère pour partie l’opération de rachat des actions de la chaîne (par Vivendi…)… Autrement dit, Vincent Bolloré a comme qui dirait “besoin” de Michel Lucas, le patron incontesté de la banque mutualiste pour réussir son opération […] A ce jour, cette opération de rachat des actions de la Société d’édition de Canal+ (SECP) nous semble l’explication la plus plausible à la censure de notre film. Il s’agirait donc d’un simple “renvoi d’ascenseur à son ami Michel Lucas”, comme il l’aurait expliqué à Rodolphe Belmer, l’ex-numéro 2 de Canal+. »

* Diffusion du documentaire sur le Crédit Mutuel-CIC sur France 3 en octobre 2015 : l’étrange échange entre le patron de la banque et Delphine Ernotte, pdg de France Télévisions

« La censure, […] cela peut être aussi simple qu’un coup de fil. […] Quelques jours avant l’émission, Delphine Ernotte décroche son téléphone pour prévenir Michel Lucas, le grand patron du Crédit Mutuel-CIC. La patronne de France Télévisions se souvient de la voix “d’un vieux monsieur embarrassé” qui “osa se mettre personnellement en danger” pour faire retirer notre film de l’antenne en menaçant d’arrêter les contrats publicitaires de sa banque avec les chaînes du groupe France Télévisions. Delphine Ernotte ne cède pas à ces ultimes pressions. »

* Des Guignols à la sauce Bolloré :

« Les “nouveaux” Guignols en préparation auraient reçu quelque temps après une “commande” de l’actionnaire en personne. Vincent Bolloré aurait demandé à ce qu’un sketch, mettant en scène son arrivée tonitruante à Canal+, soit filmé. Le sketch, nous confirme une source, “a effectivement été tourné”. Voici quelques bribes du scénario proposé par… Vincent Bolloré lui-même. Le patron breton aurait été présenté en Clint Eastwood, un cow-boy revêche et rapide comme l’éclair. A Canal+ toute la direction est en train de faire la fête, champagne et cotillons à gogo, “Vincent Clint Eastwood Bolloré”, en redresseur de torts, débarque alors sans prévenir, défouraille dans tous les coins et remet toute la maison au pas. Lee Van Cleef plutôt que Clint Eastwood, la Brute plutôt que le Bon. […] Ce sketch narcissique scénarisant la brutale reprise en main de Canal+ n’a évidemment jamais été diffusé sur les antennes du groupe. »

* Le CSA aux abonnés absents :

« A la fin de la réunion [avec le collectif Informer n’est pas un délit et Reporters sans frontières, ndlr], l’une des rares sages de l’institution à avoir une expérience de journaliste de terrain lâche à la délégation : “Tirez le signal d’alarme ailleurs, ici, malheureusement, il ne se passera rien.” Et, de fait, le CSA ne lèvera pas le petit doigt contre les censures ordonnées par Vincent Bolloré. »

* La “philosophie” de Serge Nedjar, le nouveau boss d’i-Télé :

« Règle numéro un : ne jamais déplaire à Vincent Bolloré.

Règle numéro deux : ne jamais nuire aux clients et partenaires de Vincent Bolloré.

Règle numéro trois : assurer si possible la promotion des produits et services “maison” ainsi que ceux desdits clients et partenaires.

Surnommé le général Tapioca par ses équipes, Serge Nedjar aurait appliqué avec zèle les consignes de son maître.  »

* Les salariés d’i-Télé défendus par… le fils du président de la République :

« Pendant quatre-vingt-dix minutes, Thomas Hollande [avocat, il est spécialisé dans le droit du travail, ndlr] remonte le moral d’une rédaction à la dérive. “La direction aurait dû mettre en place un plan de sauvegarde de l’emploi, explique-t-il à des journalistes médusés. Sinon, les 52 ruptures sont nulles et vous pourrez demander leur réintégration.” […] A la manière d’un leader syndical, il suggère à ses interlocuteurs un moyen de pression : “Dans une négociation, l’arme des salariés, cela ne peut être que la grève. Vous pouvez voter la grève tout de suite. […] Peu d’entreprises ont un tel pouvoir de nuisance, vous ne vous rendez pas compte !” »

* Coup de fil au député qui porte la loi sur… l’indépendance des médias :

Un samedi matin, Patrick Bloche entend sonner son téléphone. “Bonjour, c’est Vincent Bolloré.” Le patron de Vivendi se recommande de Bernard Poignant, le conseiller de François Hollande [ex-maire de Quimper, c’est un ami de trente-cinq ans du milliardaire breton, ndlr]. “Ce qui m’a frappé, c’est le mépris que j’ai senti dans ses propos, nous confie Patrick Bloche. Il a été tellement obséquieux, répétant cent mille fois qu’évidemment il ne voulait en rien m’influencer et qu’il était éminemment respectueux de la représentation nationale et du suffrage universel que j’ai eu le sentiment d’un mépris social. Il ne m’a rien demandé sinon pour me dire sa disponibilité dans la discussion. Il a pensé m’impressionner. […] C’était une manière de me dire : fais gaffe ! »

* Loi Florange : quand Bolloré soutient Montebourg :

« “Vous savez que je suis un défenseur de cette loi, c’est formidable !” aurait alors tonné le patron breton [lors d’un déjeuner à l’Elysée avec Jean-Pierre Jouyet, alors secrétaire général de la présidence, ndlr]. Cette loi recèle effectivement une disposition qui a tout pour plaire à Vincent Bolloré […]. Elle octroie un double droit de vote pour chaque action détenue depuis plus de deux ans par un investisseur. »

* Echange surréaliste avec un responsable de Spécial investigation :

« Costume clair, teint hâlé, détendu, Vincent Bolloré remonte une travée et se fige devant un tableau noir, sur lequel figure la liste des enquêtes diffusées et celles qui le seront bientôt. “Bolloré a bloqué son regard sur deux films, se souvient Jean-Baptiste Rivoire [alors rédacteur en chef adjoint de Special iinvestigation, ndlr]. Le premier portait sur la famille Mulliez, propriétaire d’Auchan, et l’autre sur Dominique Strauss-Kahn, DSK. Il a bredouillé les deux noms […] en faisant une moue, et là je ne sais pas ce qui m’a pris, j’ai dit : “Vous voulez qu’on ajoute Vincent Bolloré ?” Surpris par tant d’insolence, l’industriel éclate de rire et répond : “Allez-y, je n’ai rien à cacher !” »

* Les relations Bolloré-Sarkozy :

S’ils ont pu « se renifler » dès le milieu des années 80, s’apprécier au début des années 90, « l’épisode Bouygues » [la fameuse tentative d’OPA de Bolloré sur Bouygues fin 1997-début 1998, ndlr], malgré sa violence, semble paradoxalement avoir rapproché Nicolas Sarkozy et Vincent Bolloré [Nicolas Sarkozy est alors l’avocat de Martin Bouygues, dont il est très proche, ndlr].

* L’escapade de Nicolas Sarkozy sur le yacht du milliardaire :

« Départ le lendemain [de son élection, le 6 mai 2007, ndlr] pour l’île de Malte dans le jet privé de Vincent Bolloré : un séjour aller-retour tous frais payés. L’avion, le bateau, le personnel, la pension complète, tout est offert par la « maison Bolloré. » Bienvenue sur le Paloma, 60 mètres de long, 2 ponts, 7 cabines pour une capacité de 12 passagers, plus les hommes d’équipage. Tarif de location à la semaine : 190 000 euros. Le jet privé, un Falcon 900, est habituellement facturé 6 000 euros de l’heure. Sept mois plus tard, à Noël, rebelote, encore un petit tour “gratis” dans le Falcon 900 de Vincent Bolloré pour aller en Egypte. »

* Les relations de Bolloré avec l’abbé Grimaud :

« Nous avons rencontré un prêtre qui observe l’homme d’affaires depuis plus de vingt ans. […] Notre témoin, qui souhaite garder l’anonymat, croit tenir la clé de la relation Grimaud-Bolloré : “Bolloré, c’est un catholique qui se sert de la religion […] Lui et son abbé croient au pouvoir magique du sacrement. C’est simple : quand Bolloré fait une bêtise, il se confesse. Il se blanchit et il repart. C’est une conception très vieille France de la religion, préconciliaire (Vatican II) que l’on inculquait aux enfants avant guerre pour les tenir.” […] Il semble que l’abbé Grimaud soit celui qui réconcilie la vie terrestre de Vincent Bolloré avec ses aspirations spirituelles. »

TELERAMA : ENTRETIEN

JEAN-PIERRE CANET ET NICOLAS VESCOVACCI : “VINCENT BOLLORÉ, C’EST L’IMPUNITÉ TOTALE”

Extraits :

« Les deux auteurs de “Vincent tout puissant”  reviennent sur la génèse de ce livre révélation, qui met à nue les pratiques du patron de Canal+.

Lors de la déprogrammation sur Canal+ du documentaire sur le Crédit Mutuel-CIC, décidée par Vincent Bolloré, vous étiez aux premières loges. Dans les mois qui ont suivi, vous avez même été contraints de quitter KM, le producteur. Vous réglez vos comptes ?

Non. Beaucoup de choses avaient été écrites sur cette histoire, mais jamais par ceux qui l’ont directement vécue ! Cette censure brutale, « à l’ancienne », constitue le premier acte de la révolution éditoriale menée à Canal+ par Vincent Bolloré. Quand un des lanceurs d’alerte du Crédit Mutuel-CIC nous a dit « vous savez, ce n’est pas sûr qu’elle sorte, votre enquête… », on lui a ri au nez. En fait, il était bien informé. Après ce documentaire, on devait faire aussi de l’investigation pour Le grand journal ! Avec ce livre, on voulait comprendre ce qui nous était arrivé.

Et alors ?

On a péché par naïveté. Personne n’avait imaginé que Vincent Bolloré pouvait exercer un tel contrôle. On était sur Canal+, l’antenne qui a révolutionné le PAF dans les années 90 et lancé l’investigation à la télévision, avec 90 minutes et Le vrai journal. Il existait à notre sens un véritable « esprit Canal », une sorte de pacte avec les abonnés qu’on peut résumer comme suit — à part le foot et le cinéma, on peut dire à peu près ce qu’on veut. L’intérêt marketing de la chaîne rencontrait l’intérêt journalistique en interne. Bref, subir la censure était impensable, au risque d’abîmer l’image de la chaîne en profondeur. Vincent Bolloré s’en moque. A i-Télé, il s’est débarrassé sans vergogne d’une centaine de personnes. Les gens ne se rendent pas compte ce qui est arrivé à cette chaîne ! Dès qu’on a compris que notre affaire était grave, on s’est dit qu’on se battrait pour que ce documentaire soit diffusé. Notre affaire pose aussi la question de la concentration des pouvoirs : cet homme-là plus que d’autres utilise ses médias pour servir ses intérêts personnels, sans aucune limite.

Evasion fiscale Crédit mutuel : les dessous d’une enquête censurée

Comment analysez-vous la façon dont Vincent Bolloré mène ses affaires ?

C’est un activiste financier, au sens anglo-saxon du terme : il investit dans des boîtes pour en tirer un maximum de dividendes et de cash le plus rapidement possible. La manière dont il a mis la main sur Canal+ — vendre ses chaînes Direct 8 et Direct Star, pour ensuite monter au capital de Vivendi et prendre le contrôle, on n’est pas loin du coup du siècle ! A chaque fois, les gens en face, comme Martin Bouygues, Alain de Pouzilhac chez Havas ou Bertrand Meheut à Canal+, ne le voient pas venir. Ses méthodes choquent même le monde des affaires, qui admire pourtant ses coups financiers. Le Meccano industriel, comme savoir s’il faut ou non faire des synergies avec Dailymotion, etc., ce n’est pas son sujet (…)

Et la manière dont il exerce le pouvoir ?

Ce qui frappe, c’est son impunité totale. Il n’a aucun rôle opérationnel à Canal+, mais c’est lui qui fait tout. Il y exerce un pouvoir par la peur – il a dit lui-même qu’il faut un peu de « terreur » pour gouverner. Il y a eu une forme de soumission de cette chaîne — alors que i-Télé a fait grève un mois — qui interroge. Vincent Bolloré joue sur l’incapacité des gens à exercer une résistance éclairée. Pourquoi des historiques comme Michel Denisot, Antoine de Caunes, ou même Pierre Lescure, n’ont-ils jamais pris la parole pour défendre Canal+ ? On peut faire le parallèle avec le « shock and awe » (le choc et l’effroi), mis en œuvre par l’armée américaine en Irak en 2003. Tu frappes fort, tu crées la peur et l’effroi, et après plus personne ne bouge. Que ce soit les salariés, les dirigeants mais aussi l’Etat. Très peu de politiques ont réagi à ce qui s’est passé à i-Télé, à l’exception d’Arnaud Montebourg, Marie-Noëlle Lienemann et David Assouline. François Hollande et Manuel Valls n’ont pas dit un mot ! (…)

“Emmanuel Macron a soutenu la montée de Bolloré dans le capital de Vivendi quand il était à Bercy… Et aujourd’hui président de la République, il répond au téléphone à Cyril Hanouna”

Dans le livre, vous évoquez aussi les nombreux relais de Vincent Bolloré dans le monde politique…

Alors qu’il était conseiller de François Hollande à l’Elysée, Bernard Poignant a déclaré à l’un de nous deux que « Vincent Bolloré, c’est un bout de la France ». Il estime qu’un industriel comme lui doit être soutenu et vénéré par le pouvoir car il représente notre pays. François Hollande confirme pour la première fois dans le livre avoir évoqué avec son homologue Paul Biya le sort du port de Kribi, au Cameroun, lors d’un voyage officiel dans ce pays en juillet 2015. Candidat à sa concession, le groupe Bolloré, non retenu dans un premier temps, l’a finalement décrochée quelques semaines après cette visite. De son côté, Emmanuel Macron a soutenu la montée de Bolloré dans le capital de Vivendi quand il était à Bercy… Et aujourd’hui président de la République, il répond au téléphone à Cyril Hanouna quand celui-ci lui souhaite son anniversaire en direct à la télé ! C’est assez dingue.

En janvier 2017, alors en pleine enquête, Nicolas Vescovacci a été assigné en justice, le groupe Bolloré lui réclamant 700 000 euros de dommages et intérêts. Cela vous-a-t-il surpris ?

C’est du jamais-vu. Car cette assignation concernait… de simples demandes d’interview sur des questions précises afin de respecter le principe du contradictoire. Sept en tout, ça nous fait 100 000 euros la question, c’est un peu cher, non ? Plus sérieusement, c’est à notre sens l’exemple type de « poursuite-bâillon », destinée à dissuader les journalistes d’enquêter et à les réduire au silence. Comme de nombreux confrères, collectifs et sociétés de journalistes, nous avons d’ailleurs signé la semaine dernière la tribune publiée dans de nombreux médias (dont Télérama) pour dénoncer ces procédures abusives. »

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GEOPOLITIQUE. LA COOPERATION STRATEGIQUE CHINE-CAMEROUN ET LA VISITE DE PAUL BIYA A PEKIN

 

* Voir sur KAMERUN#1.TV & PANAFRICOM-TV/ LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV (IRAN, 31 MARS 2018) – AVEC LUC MICHEL:

GEOPOLITIQUE. LA COOPERATION STRATEGIQUE CHINE-CAMEROUN ET LA VISITE DE PAUL BIYA A PEKIN (PRESS AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/262733748

vignette biyachine

Le Géopoliticien Luc MICHEL analyse la visite du président camerounais Paul Biya en Chine et la « coopération stratégique Chine-Cameroun ».

Il expose le contexte géopolitique africain. Puis donne son analyse de la reprise de l’opération mains propres « Epervier » au Cameroun, liée selon lui au contexte sino-camerounais. Enfin il explique les manœuvres de déstabilisation de la Françafrique, visant la Présidentielle camerounaise et le ministre de la Justice Laurent Esso (homme fort d’Epervier) …

Luc MICHEL dans ‘Zoom Afrique’

Emission du 31 mars 2018

Sur PRESS TV (Iran)

Images : Press TV

Montage : KAMERUN#1.TV / PANAFRICOM-TV

# ALLER PLUS LOIN :

LE PRESIDENT BIYA EST RECU EN CHINE AVEC TOUS LES HONNEURS …

Pour Xi Jinping, Paul Biya est « un leader expérimenté en Afrique et un vieil ami du peuple chinois » …

Le président camerounais Paul Biya achève, ce samedi 24 mars, sa visite en Chine où il a passé plusieurs jours. Il part de Pékin avec cinq accords signés qui vont de la construction d’infrastructures jusqu’à une coopération industrielle et technologique renforcée. La Chine, premier pays investisseur étranger au Cameroun, injectera davantage d’argent dans l’économie camerounaise en crise. Le montant global de ces accords n’a toutefois pas été dévoilé. La banque Exim Bank of China, qui finance déjà la première autoroute du pays entre Yaoundé et Douala, accordera des prêts supplémentaires pour développer l’alimentation, en eau potable, de neuf villes camerounaises. Huawei, le géant des télécoms chinois, s’est également dit prêt à s’engager davantage au Cameroun. « Ensemble, nous allons perfectionner l’infrastructure numérique et jeter les bases d’une économique digitale florissante », a assuré le responsable du marché africain, Peng Song, lors de la visite de Paul Biya au siège de l’entreprise. Le fabricant de téléphones portable Huawei, présent au Cameroun depuis 2005, y emploie aujourd’hui 300 salariés. Dans le futur, il dit vouloir agrandir le réseau de fibre optique et installer des parcs solaires dans des zones rurales.

« La Chine veut aider les pays de l’Afrique de l’Ouest à développer une économie durable », a déclaré le Premier ministre Li Keqiang, lors de sa rencontre avec le président camerounais.

C’était la 6ème visite du Président Paul BIYA dans l’Empire du Milieu depuis 1987. La dernière visite a eu lieu du 20 au 21 juillet 2011. Le Couple président a, par la suite, été accueillis, avec faste et solennité par le Président XI JINPING au Grand Palais du Peuple (la Présidence de la République chinoise) au cours d’une cérémonie majestueuse. Le dispositif protocolaire spécial déployé pour la circonstance comprenait, entre autres, des éléments de l’armée chinoise dans leur plus belle tenue miliaire, l’exécution des hymnes nationaux du Cameroun et de la Chine, le passage des troupes en revue par les deux Chefs d’Etat ; 200 petits enfants chinois criant de joie au passage des deux Présidents ; la présentation des deux délégations aux deux Chef d’Etat ; et, cerise sur le gâteau, une chanson patriotique camerounaise exaltant l’action du Président Paul BIYA à la tête de l’Etat du Cameroun, jouée par l’armée chinoise !

Le Président Paul BIYA est le premier Chef d’Etat étranger à être reçu à Beijing cinq jours seulement après la réélection à l’unanimité du Président XI JINPING à la Présidence de la République Populaire de Chine pour un second mandat de cinq ans par l’Assemblée nationale populaire. Ce privilège témoigne de l’attention et de l’estime particulières à l’égard du N°1 camerounais et du peuple camerounais tout entier, compte tenu des nombreuses demandes de visites officielles enregistrées par le Gouvernement chinois. En effet,  la Chine considère le Cameroun comme « un pays frère et ami » qui a su contribué significativement à la consolidation de la relation amicale et fructueuse avec l’Afrique depuis 1971, date de l’établissement des relations diplomatiques entre les deux pays. Le Président Paul BIYA et le Président XI JINPING ont eu des entretiens de près de 45 minutes, élargis aux délégations des deux pays. Les deux parties ont échangé sur les aspects de la coopération bilatérale et les autres questions d’intérêt commun. Le Président Paul BIYA salué l’excellence des relations entre la Chine et le Cameroun. Le Chef de l’Etat a relevé que la Chine est un partenaire stratégique du Cameroun. Il  a souhaité que les relations de coopération entre les deux connaissent de nouveaux progrès dans l’intérêt réciproque de nos deux peuples au terme de cette visite d’Etat.

Signal fort, cinq accords de coopération ont été signés en présence des deux Chefs d’Etat par le Cameroun et la Chine pour consolider ce partenariat stratégique.La Chine est actuellement le premier partenaire commercial du Cameroun et le premier investisseur  (en IDE) au Cameroun dans la réalisation des projets de développement. En 2016, le volume des échanges commerciaux bilatéraux a atteint le chiffre record de 1510 milliards de FCFA. La Chine est particulièrement présente au Cameroun dans les domaines de l’alimentation en eau potable, la médecine, les infrastructures routières et portuaires, l’hydroélectricité, les logements sociaux, l’aéronautique civile ou encore les télécommunications.

CAMEROUN « OPÉRATION ÉPERVIER » :

COMMENT ANALYSER CETTE NOUVELLE VAGUE D’INTERPELLATIONS ET D’ARRESTATIONS ?

Cameroun: l’«opération épervier» contre la corruption s’intensifie !

L’«opération épervier», qui lutte depuis douze ans contre les gestionnaires de fonds publics indélicats, a fait plusieurs victimes cette semaine. D’anciens ministres ou d’anciens directeurs de sociétés publiques. Il est reproché aux uns et autres, des détournements allant souvent jusqu’à plusieurs dizaines de milliards de francs CFA. Les enquêtes se déroulent dans les locaux du tribunal criminel spécial où hier encore, Basile Atangana Kouna, ancien ministre de l’Eau et de l’Energie, a été longuement interrogé avant d’être placé en détention provisoire.

L’ancien ministre de l’Eau et de l’Energie était principalement interrogé sur la gestion de la privatisation de l’ancienne Société nationale des eaux du Cameroun (SNEC), du temps où il en était le directeur général. Ainsi s’est refermé une semaine folle en rebondissements, après sa spectaculaire cavale pendant des jours et son arrestation au Nigeria. En prison, il a rejoint d’autres dignitaires du régime, dont le professeur Bruno Bekolo Ebe, ancien recteur de l’université de Douala, entre 2003 et 2012. Sa gestion aurait fait perdre à l’université sur la période 2007-2010 plus de deux milliards de francs CFA, selon les conclusions d’un rapport de contrôle budgétaire rendu public en 2014. C’est à la suite de ce rapport qu’il avait été limogé de son poste de recteur. Il a été incarcéré mercredi dernier, tout comme, Jean William Sollo, ancien directeur général d’une société, la Camwater, en charge des ouvrages de la production d’eau dans l’ensemble du pays. C’est un rapport de l’Agence nationale d’investigations financières (ANIF) qui a révélé un déficit de 50 milliards de francs CFA dans sa gestion.

Des sources policières annoncent que des dizaines d’autres personnalités frappées d’interdiction de sortie du territoire devraient être inquiétées dans les prochains jours.

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