Il Senato USA non blocca il sostegno di Washington ai massacri sauditi nello Yemen

Non arrivano profughi dallo Yemen, nessuna ONG va la con la sua milionaria imbarcazione. Nessun sit in sotto l’Ambasciata dell’Arabia Saudita o degli  usa dai cosiddetti pacifisti antiimperialisti, solo qualche volta contro quella siriana ed all’epoca libica.

Arabia-Yemen-bombardamenti
Bombardamenti sullo Yemen
Il Senato non riesce a fermare il sostegno degli Stati Uniti per gli attacchi sauditi contro la popolazione dello Yemen
Uno sforzo bipartisan per porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti nella sanguinosa guerra di tre anni nello Yemen ha fallito per un voto a stretta maggioranza  del Senato martedì pomeriggio.
Il voto ha dimostrato una crescente pressione degli stretti rapporti del presidente Donald Trump con Riyadh, il regime dell’Arabia Saudita che sta guidando lo sforzo bellico nello Yemen. Lo stesso giorno, il presidente ha incontrato il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, che era in visita a Washington durante un tour nazionale.
Un gruppo eterogeneo di senatori – Bernie Sanders (I-VT), Mike Lee (R-UT) e Chris Murphy (D-CT) – hanno redatto e introdotto la risoluzione per fermare il sostegno dell’America allo spargimento di sangue. “Questo è uno dei grandi disastri umanitari del nostro tempo”, ha detto Sanders a Vox in un’intervista della scorsa settimana.
Ma il Senato, controllato dal neocons, ha votato a tavolino – cioè per abolire – la risoluzione secondo cui l’America non dovrebbe aiutare l’Arabia Saudita nella sua guerra di tre anni contro i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran in Yemen. Con un margine di 55-44, la maggioranza dei repubblicani e alcuni democratici hanno effettivamente affermato che gli Stati Uniti possono ancora aiutare Riyadh, rifornendo di carburante per gli aerei e fornendo appoggio logistico e di intelligence, oltre alle armi nella brutale campagna aerea saudita .
Zack Beauchamp ha contribuito a questo rapporto.
I sostenitori della risoluzione hanno affermato che l’approvazione di questa avrebbe immediatamente messo fine al coinvolgimento dell’America nella guerra; i critici hanno detto che questo non sarebbe avvenuto.
Finora, il conflitto ha causato più di 13.500 vittime , molte delle quali in attacchi aerei. Circa 20 milioni di yemeniti hanno bisogno di assistenza umanitaria per soddisfare i bisogni primari – compresi cibo e acqua – da una popolazione prebellica di 28 milioni e circa 1 milione di persone soffrono di colera. Tuttavia, le condizioni sono così gravi che è difficile avere un conteggio affidabile di una di queste misure, il che significa che la situazione potrebbe essere molto, molto peggiore.
Parte del motivo per cui è così difficile orientarsi nello Yemen è l’ implacabile campagna di bombardamenti di Riyadh . L’esercito saudita ha condotto più di 145.000 missioni nello Yemen negli ultimi tre anni. Un generale saudita ha dichiarato al Wall Street Journal che circa 100.000 di queste erano missioni di combattimento, conducendo circa 300 missioni al giorno. Un gruppo per i diritti umani ha contato circa 16.000 attacchi aerei sauditi in totale, uccidendo migliaia di civili in totale.
 
Durante un blocco aeronavale che dura dallo scorso anno, l’Arabia Saudita ha imposto diverse restrizioni allo spazio aereo e ai porti marittimi dello Yemen, provocando la morte di oltre 5.000 civili , di cui oltre il 20% erano bambini.
Bambini nello Yemen
Bambini nello Yemen
Lee, uno dei co-sponsor della misura legislativa, mi ha detto che la decisione di approvare la risoluzione era anche quella di fare una dichiarazione su come l’America va in guerra. “Abbiamo una serie di procedimenti che devono essere seguiti”, ha detto, osservando che il Congresso ha l’autorità costituzionale per dichiarare guerra. “Se i difensori di questa guerra all’interno del nostro governo sono fiduciosi che questo è così importante per gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, allora dovrebbero portare avanti tali argomenti e chiedere un’autorizzazione”, ha continuato. “Ma senza quello, non dovremmo avere alcun coinvolgimento nella guerra civile di qualcun altro”.
L’amministrazione Trump ha esercitato pressioni per bocciare la misura. La settimana scorsa, il segretario alla Difesa Jim Mattis ha inviato una lettera al Congresso chiedendo che i legislatori non limitino il sostegno dell’America per l’esercito di Riyad. Ha affermato che fermare l’assistenza degli Stati Uniti “potrebbe aumentare vittime civili, mettere a repentaglio la cooperazione con i nostri partner sull’antiterrorismo e ridurre la nostra influenza con i sauditi – tutto ciò aggraverebbe ulteriormente la situazione e la crisi umanitaria.” Mattis si è recato martedì per incoraggiare membri di entrambe le parti per bloccare la risoluzione.
Effetti bombardamenti nello Yemen
Effetti bombardamenti nello Yemen
Questa non è la prima volta che il Congresso ha cercato di opporsi al presidente per il coinvolgimento dell’America nello Yemen. Lo scorso novembre, la Camera dei rappresentanti ha approvato una risoluzione simile alla versione del Senato. Questo perché, con un ampio margine di 366-30 , la Camera ha creduto che gli Stati Uniti fossero autorizzati solo a combattere gruppi terroristici come ISIS o al-Qaeda. I legislatori hanno detto che gli Stati Uniti non hanno l’autorizzazione per combattere gli Houthi.
Il rappresentante Ro Khanna (D-CA), che ha guidato lo sforzo della Camera, ha notato il suo dispiacere con il voto in un’intervista con me, ma ha colpito una nota di ottimismo. “Alla fine, prevarremo perché la nostra posizione è dalla parte della decenza umana e dei diritti umani, coerenti con i valori americani fondamentali”, mi ha detto. “Abbiamo solo bisogno di continuare a parlare per la pace e per i bambini nello Yemen”.
Scott Paul, un esperto yemenita del gruppo umanitario Oxfam America, era scontento della notizia, dicendomi che “oggi dovrebbe essere il giorno in cui il Senato si è adoperato per porre fine al coinvolgimento degli Stati Uniti in questa catastrofe”. Ma Paul ha notato che alcuni senatori possono avere votato contro la misura perché la commissione per le relazioni estere del Senato potrebbe presto affrontare la questione. “Ci aspettiamo che il Congresso prenda presto misure decisive”, ha affermato.
Ma il voto di martedì è stato relativamente vicino, e questo è un fatto importante da solo. È ancora più degno di nota perché martedì Trump ha dato il benvenuto al principe ereditario dell’Arabia Saudita e alla equipe di monarchi che sono la forza trainante della guerra dello Yemen alla Casa Bianca per discutere della loro fiorente relazione e delle vendite di armi .
Trump aveva in precedenza rilasciato dichiarazioni che chiedevano alla Arabia Saudita di cessare di violare i diritti umani nello Yemen. Ma nelle sue due dichiarazioni pubbliche a fianco di MBS, come è noto al principe ereditario, alla Casa Bianca, Trump non ha menzionato la parola “Yemen” una volta.
Un uomo solo è quello che guida la guerra saudita nello Yemen
Mohammed bin Salman , leader de facto dell’Arabia Saudita, sostiene i combattimenti nello Yemen. Fa parte della sua politica  aggressiva e anti-Iran  in Medio Oriente, che lo ha portato a intervenire in Yemen a sostegno del governo riconosciuto a livello internazionale contro gli Houthi.
Il governo iraniano è una teocrazia sciita musulmana; Il governo dell’Arabia Saudita è una monarchia strettamente allineata con l’establishment religioso musulmano sunnita/wahabita del paese. I due paesi rappresentano due poli ideologici e politici in contrasto e hanno trascorso decenni a combattersi l’un l’altro per il dominio in Medio Oriente e per il diritto di rappresentare il mondo musulmano.
MBS, insieme a suo padre, il re Salman, ha completato l’epurazione di 11 dirigenti politici 11 principi e dozzine di altri funzionari e uomini d’affari lo scorso novembre. Ciò ha permesso a MBS di consolidare ancora più potere in Arabia Saudita, il che gli conferisce ancora più autorità per dirigere la guerra di Riyadh nello Yemen.
Trump continua a supportare MBS, arrivando al punto di approvare la sua epurazione in un tweet il 6 novembre. Durante una apparizione congiunta alla Casa Bianca martedì, Trump ha continuato a mostrare il suo sostegno a MBS e Arabia Saudita.
“Il rapporto è probabilmente il più forte che sia mai stato”, ha detto Trump. “Ci capiamo.
Fonte: Information Clearing House
Traduzione: Alejandro Sanchez

AFFAIRE SKRIPAL : MOSCOU ORGANISE DES CONTRE-SANCTIONS CONTRE LES VALETS DE l’U.E. DES USA. VERS UNE EXPULSION LARGE DE DIPLOMATES ET ESPIONS OUEST-EUROPEENS

# LUCMICHEL. NET/

 

Luc MICHEL/En Bref/ 2018 03 30/

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Affaire Skripal: la Russie expulse en premier deux diplomates néerlandais (une des plate-formes américaines en U.E. avec Londres).

Par ailleurs, les ambassadeurs de neuf pays de l’Union européenne parmi lesquels la France, la Grande-Bretagne, l’Allemagne, l’Italie et la Pologne ont été convoqués par la Russie, ont constaté des journalistes de l’AFP. Et ce n’est pas tout ! Les ambassadeurs de ces pays, ainsi que ceux de la Lettonie, la Lituanie, la Slovaquie et la République tchèque, ont commencé à arriver au ministère russe des Affaires étrangères, sur fond de de crise après l’empoisonnement d’un ex-espion russe au Royaume-Uni.

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La Russie a décidé ce vendredi l’expulsion de deux diplomates néerlandais, en représailles à l’expulsion de deux diplomates russes par les Pays-Bas dans le cadre de l’affaire Skripal, a indiqué l’ambassadrice Renée Jones-Bos à l’agence publique TASS. “Deux de mes collègues quittent Moscou. Mais nous (l’ambassade, ndlr) restons ici”, a-t-elle déclarée, alors que les ambassadeurs de nombreux pays de l’Union européenne ont été convoqués par la Russie vendredi pour être avertis des mesures de représailles prises contre eux.

LONDRES A UN MOIS POUR REDUIRE SON PERSONNEL DIPLOMATIQUE EN RUSSIE

Moscou a aussi donné un mois à Londres pour réduire son personnel diplomatique en Russie au nombre des diplomates russes présents au Royaume-Uni, nouvelle mesure de représailles prise par la Russie dans le cadre de l’affaire Skripal.

“La partie britannique doit, d’ici un mois, par le biais d’une réduction appropriée de son personnel, amener le nombre total de ses employés de l’ambassade britannique à Moscou et des consulats britanniques en Russie au même nombre que les diplomates, personnels techniques et administratifs russes au Royaume-Uni”, a indiqué dans un communiqué la diplomatie russe.

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

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DANS ‘LE MERITE PANAFRICAIN’ : L’ANALYSE DE LUC MICHEL SUR L’ARRIVEE DES RUSSES EN CENTRAFRIQUE ET SES ENJEUX SECURITAIRES

# CE VENDREDI SOIR 30 MARS 2018 SUR AFRIQUE MEDIA/

Vers 20h00 (Douala/Yaoundé/Ndjaména/Malabo)

et 20H00 (Bruxelles/Paris/Berlin)

Avec tous les panelistes

Luc Michel en Duplex EODE-TV depuis Bruxelles

Présenté par Manuela Sike

AFRIQUE MEDIA

* en STREAMING sur http://lb.streamakaci.com/afm/

* sur SATELLITE sur http://www.lyngsat.com/Eutelsat-9B.html

WebTV sur http://www.afriquemedia-webtv.org/

CE VENDREDI SOIR 30 mars 2018 SUR AFRIQUE MEDIA/

DANS ‘LE MERITE PANAFRICAIN’ :

L’ANALYSE DE LUC MICHEL SUR L’ARRIVEE DES RUSSES EN CENTRAFRIQUE ET SES ENJEUX SECURITAIRES

AMTV - MERITE LM russes en rca (2018 03 30)

Le géopoliticien Luc MICHEL dresse tout d’abord le contexte géopolitique dans lequel s’inscrit l’arrivée des Russes en Centrafrique.

Puis il explique tout ce qui sépare la fausse sécurité des occidentaux et de l’ONU de ce que Moscou propose aux Africains …

Thème de l’émission :

CENTRAFRIQUE / LUTTE CONTRE L’INSECURITE

Comment lutter efficacement contre l’insécurité en république centrafricaine ?

La Russie a livré une première cargaison d’armes pour équiper les forces armées centrafricaines. Pour cela, Moscou a obtenu une levée partielle de l’embargo sur les armes qui pèse sur la Centrafrique depuis 2013. Cependant, Plus de 150 instructeurs russes, forment des centaines de soldats des Forces armées centrafricaines (FACA) au maniement des armes livrées.

ALLER PLUS LOIN (1) :

LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE …

Voir sur PCN-TV/

LUC MICHEL: LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE.

OU COMMENT LA NOUVELLE GUERRE FROIDE 2.0 ARRIVE EN AFRIQUE !

Sur https://vimeo.com/251699725

Voir sur PCN-TV/

LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE (II) :

RCA-SOUDAN-LIBYE-EGYPTE, MOSCOU S’INSTALLE DANS LE PRE CARRE OCCIDENTAL

Sur https://vimeo.com/258234326

Voir sur PCN-TV/

LE GRAND RETOUR DE LA RUSSIE EN AFRIQUE (III).

LUC MICHEL: MOSCOU REVIENT SUR LES FRONTS AFRICAINS DE LA GUERRE

Sur https://vimeo.com/258430989

ALLER PLUS LOIN (2) :

LA RUSSIE FAIT UN DON D’ARMES A LA CENTRAFRIQUE

Agissant avec l’autorisation de l’Onu, la Russie a transmis entre fin janvier et début février un stock d’armes d’infanterie et de munitions à la Centrafrique, a confirmé la diplomatie russe. Mi-décembre, après de longues négociations avec le Conseil de sécurité de l’Onu, la Russie avait été autorisée à faire don d’un stock d’armement conséquent à la RCA, destiné à l’armée centrafricaine en reconstruction, en vertu d’une dérogation accordée par l’Onu à Moscou sur l’embargo sur les armes décrété à l’égard de ce pays.

À la demande de la République centrafricaine, la Russie a accordé à ce pays une aide militaire et technique à titre gratuit, a déclaré jeudi Artem Kojine, directeur adjoint du service de presse du ministère russe des Affaires étrangères. « En accord avec la résolution 2127 du Conseil de sécurité de l’Onu, une partie des armes d’infanterie et des munitions en provenance des stocks du ministère russe de la Défense a été livrée entre fin janvier et début février pour satisfaire les besoins de l’armée centrafricaine », a annoncé le diplomate. « Avec l’accord du même comité, cinq militaires et 170 ressortissants russes ont été dépêchés sur place pour entraîner les militaires centrafricains », a-t-il poursuivi.

Le responsable russe a tenu à souligner que l’aide a été accordée en « stricte conformité avec le régime des sanctions imposé par le Conseil de sécurité de l’Onu à l’égard de ce pays ». « La contribution russe s’inscrit dans les efforts déployés par la communauté internationale en vue de renforcer les structures militaires nationales de la Centrafrique, leur transmettre toute la responsabilité pour le maintien de la sécurité et de l’ordre sur l’ensemble du territoire, et par la suite, pour la normalisation des conditions et le règlement irrémédiable du conflit armé intérieur qui dure », a ajouté M. Kojine. Évoquant les perspectives de coopération bilatérale, le diplomate a indiqué que « la Russie étudiait les possibilités d’exploitation commune des ressources naturelles centrafricaines avec pour objectif de contribuer à la stabilisation économique du pays ainsi qu’au développement de son infrastructure ».

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ELECTION IN RUSSIA – THE CORONATION OF PUTIN

Bibeau.robert@videotron.ca    Éditeur.   http://www.les7duquebec.com

 24.3.2018

THE ARTICLE IS AVAILABLE ON THE WEBMAGAZINE:

http://www.les7duquebec.com/7-au-front/election-en-russie-le-sacre-de-poutine/

Economy determines politics, never the other way around

Under the industrial and financial capitalist mode of production, the economy is globalized, which means that politics and the media are also globalized. Our grid of analysis of the bourgeois “democratic” elections that we have just published thus applies easily to the Russian context as we will demonstrate from the last Moscow electoral circus. (1)

The role of an electoral campaign

The bourgeois democratic elections are the means by which the history selects the politicians who will accomplish their mission, who will implement the economic, social and military policies required for the perpetuation of this mode of production. That’s why we say that the powerless working class is not concerned by these electoral masquerades unfolding in the opposite camp, in order to determine which faction of the bourgeoisie will direct the destiny of the whole of society.

Whatever the country where a bogus “democratic” election takes place, the scenario is immutable, the raison d’être of these mimicry always identical and the purposes of this electoral circus similar since this system was refined, in its most recent modalities in 19th century Victorian Europe.

Elections follow each other and are similar

For two years we have studied the bogus elections in the United States, France, the United Kingdom, Germany, Japan, Spain, Italy, and here was the fourth march of 2018 the electoral masquerade in Russia. Soviet Union, which since the collapse of the “Berlin Wall” has married the convoluted parliamentary and legislative modalities of the West. (2)

Regardless of the nation-state concerned, an electoral masquerade has national functions and similar international functions from one country to another.

The four functions of an electoral masquerade

The first function of a “democratic” election (sic) is to propagate the popular populist democratic illusion … What Abraham Lincoln said was “the democracy of the people, by the people and for the

people” (sic). It took centuries for the bourgeoisie to develop these absolutist electoral masquerades that enmesh the political life of all capitalist countries (including post-Soviet Russia). The capital did not propagate this mystical formula until it had had the feeling of controlling it well. It was then the task of the go-left and the suffragettes to mobilize the activists to win the privilege of being fooled in rigged elections.

The polls are brief moments of smoking where the voter is invited to put a cross on a ballot, thus thinking to choose his rulers, when in fact the election campaign that preceded was only intended to tell him what should be his choice and which ones to discredit. In addition, the margin of maneuver of an elected representative comes down to so little that in the end all candidates could do the job, left and right, they all make the same policies dictated by financiers. Hundreds of millions of dollars, rubles or euros are spent by the plutocrats to program the “freedom to choose” and if inadvertently the voter does not understand his interest it will be time to contest the election by disclosing his own malpractices.

Contrary to what the instructions say, in this masquerade the billionaire voter – owner of media channels in his pay – does not have the same weight as the pauperized worker. The average voter sometimes believes that during these populist circuses he chooses his leaders. Here is what Francois Hollande, former French President, said on this subject the day of his swearing: “In this battle which commits itself, I will tell you who my opponent is, my real opponent. He has no name, no face, no party, he will never present his candidacy, he will not be elected, and yet he governs. This opponent is the world of finance. Before our eyes, in twenty years, the finance has taken control of the economy, society and even our lives. From now on, it is possible in a fraction of a second to move dizzying amounts of money and threaten states” (Bourget, January 26, 2012). (3)

The second inner function of an electoral masquerade is to produce consent, that is to say to compromise the worker in this mythical democratic collusion so that each country bumpkin with his voting pencil feels committed to respect the majority choice and to endorse the politics of the chosen politics, to silence his comments and of course to refrain from participating in any unauthorized revolt against the programmed authority.

The third national function of an electoral masquerade is to establish the balance of power within the internal factions that share the real power in the country. This is very risky, as we have seen in the United States, the United Kingdom, Belgium, Japan, France, Spain, Italy, but not Russia. In fact, the national capital thus exposes its internal struggles, its internal wars, its secret weaknesses, which it publicly accentuates until it paralyzes the institutions of governance. Fortunately, the capitalist bureaucratic apparatus, riddled with absolutist tasks, keeps the government tub afloat.

Which brings us to an international function of these electoral masquerades: to expose its chauvinistic nationalist strength, its power, which depends largely on nationalist cohesion and unification, and thus reassure its allies and intimidate its competitors. Suppose that for most Western capitalist countries it was the demonstration of incoherence. In the midst of the systemic economic crisis in preparation the various factions – in the United States especially, but not only – have torn apart and are now trying to paralyze. Germany has been without a government for more than a month. Italy is stricken. France has seen its former electoral formations, left and right, take the measure of their unpopularity and Macron is facing a social rebellion today. Spain has not finished self-flagging, Theresa May wants to bury the Brexit, but is looking for a way to repudiate herself ...

http://www.les7duquebec.com/wp-content/uploads/2018/03/vladimir-poutine-7.jpg

The results in Russia

Since the collapse of the Soviet empire, the capitalist Russia has been subject to Western attacks, to diplomatic containment, to economic sanctions and to NATO militaristic pressures. The Russian capital was therefore consensually behind the candidate that history has forged them to face these calamities.

Out of 110 million voters 73 million (67%) have voted, of which 55 million voted Vladimir Putin (76%). (4) This is a demonstration of unity and probative force, but what is very disturbing is that these voters are obsessed by chauvinistic nationalist patriotism, the indispensable ingredient for preparing a war like the history taught it. No Western head of state, that is to say no pawn of big capital, has achieved such a feat. Strangely, until the day of voting the European capitals, London at the head of the pack, fanned the embers of the great Russian chauvinism as if they wanted to reinforce the score of Putin, the champion of the “resistance” who just a few days ago unveiled the new weapons of the Red Army. (5)

The consequences of this successful electoral masquerade

It must be said that Russian capital is subject to the constant pressure of its Western competitors, where it is playing in a zone of influence in Eastern Europe that runs from the Baltic to the Black Sea, running from the Oder to the Danube, a region that also covets Germany, the second economic power of NATO, and the first of the continent. It is not the blindness of European leaders, or the belligerent policies of NATO pushing the Western powers against “Putin, the tsar of the Kremlin”, these are speculations from geo-politicians. Since the nineteenth century, Eastern Europe is the “vital space” coveted by German imperialism and the glaze that the Russian empire is hoping for. The unified Europe can only side with the power that holds the strings of European finance.

The election of Vladimir Putin for a 4th mandate means that the great Russian capital, relying on important raw materials – best bets unlike actions “evaporated” on abused scholarships – will continue to hold out on the Western capital, but it will stop trying to negotiate its entry into the European community and Russian capital will expand its trade to Siberia, Asia, its former colonies and China using the Silk Road. (6)

It is obvious that the contamination of Russian workers by petty-bourgeois nationalist and reformist ideology, as well as by archaic religious and patriotic ideas, is profound, but we must not forget that 37 million Russian proletarians did not participate in this electoral parade means that in less than 30 years a good proportion of ex-Soviet workers have already pierced the mockery of electoral masquerades or the left hand of capital battles against his right hand. (7)

NOTES

  1. Robert Bibeau (2018). Democracy in the United States. The electoral masquerade.

 L’Harmattan. Paris. 156 pages.

 http://www.les7duquebec.com/7-au-front/la-democratie-aux-etats-unis-les-mascarades-electorales/

  1. http://www.les7duquebec.com/actualites-des-7/les-elections-russes-etaient-arrangees/
  2. René Naba (2017). http://www.les7duquebec.com/7-au-front/merci-pour-ce-mandat-francois-hollande/
  3. http://www.les7duquebec.com/?s=guerre+mondiale
  4. http://www.les7duquebec.com/actualites-des-7/elections-russes-blanche-neige-et-les-sept-nains/
  5. http://www.les7duquebec.com/?s=route+de+la+soie
  6. http://www.les7duquebec.com/7-au-front/italie-la-main-gauche-du-capital-bataille-contre-la-main-droite/

Transmission and rebellion     Donald Trump: is he too dangerous to be a head of state??

Robert Bibeau

Robert Bibeau is a journalist, militant and Marxist specialist in political economy proletarian for 40 years.

Traduction by Claudio Buttinelli.  Roma

Bibeau.robert@videotron.ca

Éditeur du webmagazine  http://www.les7duquebec.com

Caso Skripal, Conan Doyle si rivolta nella tomba. Ora Scotland Yard è costretta a dire: “galeotta fu la maniglia”

Caso Skripal, Conan Doyle si rivolta nella tomba. Ora Scotland Yard è costretta a dire: galeotta fu la maniglia

Conan Doyle si starà rivoltando nella tomba constatando la dabbenaggine di tanti inglesi (tra i quali la totalità dei giornalisti di regime) che solo ora, dopo più di 20 giorni dal “caso Skripal”, si rendono conto della incongruenza tra il contemporaneo accasciarsi, su una panchina di Salisbury, di Sergei Skripal con la figlia e la “ricostruzione ufficiale” dell’avvelenamento con il famigerato Novichok. Speriamo che tra non molto si domandino anche come mai – nonostante il Novichok sia “dieci volte più micidiale del Sarin” – Sergei Skripal e la figlia siano ancora vivi.
Ma torniamo alla faccenda della panchina.
Finora, secondo le veline di Scotland Yard rifilate ai media, il Novichok era stato spruzzato (ovviamente, dai Russi) su indumenti posti nella valigia di Julia Skripal, arrivata in aereo da Mosca il 3 marzo (atterraggio all’aeroporto di Heathrow alle 14.40); il giorno dopo, alle 9.15, Julia Skripal (che certamente già indossava l’indumento “avvelenato”) viene vista con il padre in macchina; alle 14.20 i due vanno a mangiare al ristorante Zizzi; ne escono alle 15.35 per andarsi a sedere sulla famosa panchina dove saranno trovati entrambi riversi e privi di sensi. Si, ma se il Novichok sull’indumento (i giornali avevano parlato di uno slip) indossato da Julia ha impiegato più di sei ore per agire come avrebbe fatto a far svenire contemporaneamente i due? Indossavano entrambi mutandine arrivate da Mosca? Davvero improbabile.
Questa considerazione già circolava da settimane in Gran Bretagna sui social, ma solo giorni fa ha meritato l’attenzione dei tabloid. Ed ecco allora la nuova versione di Scotland Yard (ovviamente ripresa come Vangelo da “autorevoli” media come la RAI Repubblica). Il contatto con il Novichok è avvenuto non già attraverso un indumento contaminato ma toccando la maniglia (d’ingresso o di uscita… maniglia spalmata anche con un urticante… maniglia spalmata anche con corrosivo… sui media le “ricostruzioni” si sprecano) del portone di casa. Davvero bizzarro che due persone, per uscire di casa, afferrino entrambi la maniglia del portone. E allora, in subordine, sempre da Scotland Yard, l’altra ipotesi: il Novichok è stato messo nel sistema di ventilazione dell’automobile.
Si, ma se l’attentato è stato realizzato a Salisbury e non in Russia, perché mai si continua ad accusare soltanto gli agenti segreti di Putin? Ovviamente, sui media, non se lo domanda ancora nessuno.
Francesco Santoianni
P.S. Nella foto in copertina due poliziotti, privi di qualsiasi protezione, davanti al portone della casa di Skripal dove, a detta di Repubblica, è stata rilevata “la massimaconcentrazione del Novichok (dieci volte più micidiale del Sarin)”
Notizia del: 29/03/2018

AFFAIRE SKRIPAL : LA RUSSIE FERME LE CONSULAT AMERICAIN DE SAINT-PETERSBOURG ET EXPULSE 60 DIPLOMATES ET ESPIONS AMERICAINS !

ALERTE INFO/ 

Luc MICHEL/ 2018 03 29/

Russian President and Presidential candidate Vladimir Putin delivers a speech during a rally and concert marking the fourth anniversary of Russia's annexation of the Crimea region, at Manezhnaya Square in central Moscow, Russia March 18, 2018. REUTERS/Grigory Dukor

Russian President and Presidential candidate Vladimir Putin delivers a speech during a rally and concert marking the fourth anniversary of Russia’s annexation of the Crimea region, at Manezhnaya Square in central Moscow, Russia March 18, 2018. REUTERS/Grigory Dukor

Affaire Skripal : la Russie ferme le consulat américain de Saint-Pétersbourg et expulse 60 diplomates américains !

La Russie va expulser 60 diplomates américains et fermer le consulat des Etats-Unis à Saint-Pétersbourg, des mesures identiques à celles prises par Washington contre Moscou dans le cadre de l’affaire Skripal, a déclaré jeudi le chef de la diplomatie russe Sergueï Lavrov.

Les mesures prises par Moscou “incluent l’expulsion du même nombre de diplomates et le retrait de l’accréditation du consulat général des Etats-Unis à Saint-Pétersbourg”, dans le nord-ouest de la Russie, a déclaré M. Lavrov lors d’une conférence de presse. “En ce qui concerne les autres pays, (la réponse de Moscou) sera aussi pour tous identique en ce qui concerne le nombre de personnes qui quitteront la Russie”, a prévenu M. Lavrov. “En ce moment-même, l’ambassadeur des Etats-Unis

(Jon) Huntsman a été invité au ministère, où mon vice-ministre Sergueï Riabkov l’informe du contenu de ces mesures de représailles envers les Etats-Unis”, a-t-il ajouté.

Les Etats-Unis ont annoncé lundi l’expulsion de 60 “espions” russes et la fermeture du consulat russe à Seattle dans le cadre de mesures de rétorsion après l’empoisonnement le 4 mars de l’ex-agent russe Sergueï Skripal et de sa fille Ioulia sur le sol britannique. Au total, plus de 140 diplomates russes en Europe, en Amérique du Nord, en Ukraine ou en Australie sont touchés par une mesure d’expulsion dans une action coordonnée, en soutien à Londres qui accuse Moscou d’avoir empoisonné l’ex-espion russe.

“Nous souhaitons réagir à des décisions absolument inadmissibles, qui ont été prises contre nous sous forte pression des Etats-Unis et de la Grande-Bretagne”, a-t-il affirmé. La Russie a à maintes reprises clamé son innocence et accuse Londres de ne “pas vouloir entendre les réponses” de Moscou.

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Ghouta orientale: i “ribelli” vogliono andare via da Douma portandosi 900 milioni di dollari

Ghouta orientale: i ribelli vogliono andare via da Douma portandosi 900 milioni di dollari

L’esercito siriano ha lanciato un ultimatum di 48 ore alla milizia filo-saudita Jaish al-Islam che occupa la città di Douma, l’ultima enclave sotto occupazione dei “ribelli”. Il nodo per trovare l’accordo, oltre alla destinazione al di fuori del Ghouta, resta quello dei 900 milioni di dollari che i “ribelli” vorrebbero portarsi con loro
Ieri, il portale web ‘Al Masdar News ha riportato che ieri a Douma, ultima enclave nel Ghouta orientale, zona rurale di Damasco, ci sono state manifestazioni della popolazione contro la milia filo saudita Jaish al-Islam per non aver trovato un accordo con il governo siriano per mettere fine all’occupazione della città.
Secondo la tv libanese ‘Al Mayadeen‘, la ragione principale per il mancato accordo sarebbe che  i “ribelli” appoggiati dall’Arabia saudita chiedono di abbandonare la zona portandosi con  loro la somma di 900 milioni di dollari. Un altro nodo resta quello dei luoghi di approdo scelti dai miliziani ovvero, il Qalamoun orientale, nei pressi di il confine con il Libano. Richiesta che il governo siriano ha categoricamente respinto, proponendo loro tre destinazioni: Raqqa, Idlib o Jarablous e portando con sé le loro armi individuali e oggetti personali.
Una rete di gallerie di 500 metri
Nel frattempo, l’evacuazione delle aree meridionali del Ghouta e Harasta prosegue verso ovest. Ieri sono stati mobilitati 65 autobus per liberare 5.000 persone, tra cui 1.000 miliziani dalle località di Jobar, Zmelka, Arbine e Ein Terma. Dovrebbero essere condotti alla provincia di Idlib.
Il corrispondente di al-Mayadeen ha riferito della scoperta di una rete di tunnel sotto la città di Harasta, a nord-est del Ghouta, ora liberata. Era lungo 500 metri e profondo 10 metri ed era dotato di attrezzature e materassi leggeri e ad aria. Questa rete aveva innumerevoli aperture verso gli edifici residenziali locali.
Tunnel lunghi diversi kilometri
Centinaia di tunnel sono stati scavati nel Ghouta orientale, dai quartieri di Qaboune e Barzé nella periferia occidentale del Ghouta a Nachabiyyat nel sud-est. I primi due sono stati liberati in base ad un accordo lo scorso anno.
Con lunghezze diverse, da pochi metri a diversi chilometri, sono stati scavati a 3, 5, 10, 15 e fino a 40 m di profondità, formando così piani interrati collegati tra loro. Alcuni erano abbastanza larghi per permettere il passaggio veicoli e camion, come quelli costruiti da Qaboune a Barzé. Mentre altri erano stretti e serviti esclusivamente per le persone.
In alcuni quartieri sono stati creati come ospedali di fortuna. I depositi sono stati scoperti per le armi e per i prodotti alimentari.
Nel 2014, la televisione libanese LBCI trasmise un servizio sulla costruzione di questi tunnel tra Damasco ed il Ghouta.
Alcuni soldati siriani furono rapiti e costretti a partecipare allo scavo di questi passaggi sotterranei.
Persino i miliziani hanno usato questi tunnel per nascondersi durante i bombardamenti, ma questo non ha impedito la loro resa.
La forza dell’esercito siriano era tale da non poterli far uscire, cosa che alla fine li spinse a capitolare, disse uno di loro quando arrivò nella provincia di Idleb.  per spiegare i motivi per i quali non hanno potuto resistere.
La rete di tunnel era completamente bloccata quando l’esercito l’ha conquistata, assicura un soldato siriano ad Al-Mayadeen.
Fonte: Al Mayadeen, Al Manar
Notizia del: 29/03/2018

Afrin, il cortocircuito della “sinistra antagonista”: “Ribelli moderati” contro curdi ma “la colpa è di Putin”

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Dopo essere state alleate delle Fsa filo-turche ed aver concesso agli Usa 20 basi sul territorio siriano, le Ypg sono state sedotte e poi abbandonate al loro destino dagli sponsor occidentali continua su
Annegano nelle contraddizioni del loro “internazionalismo” i tanti che – nella “sinistra antagonista” – inneggiavano acriticamente sia alla “causa curda” (senza domandarsi perché questa infatuazione era sostenuta da tutti i media mainstream) sia a quella dei “ribelli siriani”, vedendo oggi la bandiera di questi tagliagole spiegata, a fianco di quella turca, sulle macerie di Afrin? Per loro fortuna c’è chi ha trovato il capro espiatorio sul quale scaricare tutte le colpe: Putin, come ci illumina questo davvero sbalorditivo tweet (incredibilmente fatto suo anche dal Segretario di Rifondazione ComunistaMaurizio Acerbo) messo in rete dalla conventicola sushi&spumantino unita sotto la sigla Wu-Ming Foundation.
wuming foun
Si, ma allora, cosa e chi c’è dietro l’attuale tragedia di Afrin?
Davvero arduo qui sintetizzare tutte le contorsioni della politica estera russa (finalizzata principalmente a liberare la Siria dalle bande di tagliagole – finanziate dall’Occidente e dalle Petromonarchie – e a detronizzare il potere di Erdogan, sganciando la Turchia dalla Nato) e delle varie organizzazioni politiche e militari curde, alcune delle quali accusate di “pulizia etnica”. Ma qualche cosa può essere detto sull’area di Afrin che, fino al qualche tempo, fa sembrava essere scampata dagli orrori della guerra e dalla dominazione dei tagliagole di cui sopra.
Intanto, Afrin (al pari di Idlib) non è affatto una “città curda” (solo il trenta per cento della sua popolazione è di questa etnia) e per di più (come Idlib) è ubicata al di fuori di quello che, storicamente, viene inteso come Kurdistan. A considerare “curda Afrin, come Idlib, sono solo fanatici nazionalisti curdi, in piena sintonia con gli USA (ai quali hanno permesso la creazione di ben sette basi militari nel Kurdistan siriano) e soprattutto con l’Arabia Saudita (la quale spera così di realizzare una striscia di territorio ex siriano per fare sfociare nel Mediterraneo un suo gasdotto). Ebbene, nonostante ciò, dopo la proclamazione dell’Operazione “Ramo d’ulivo” da parte della Turchia, il governo siriano ha ripetutamente proposto a tutte le milizie curde di rinunciare alle loro pretese su Afrin, permettendo alle truppe di Damasco e all’aviazione russa di porsi a difesa della città siriana. Proposta rifiutata, verosimilmente nella speranza di una intercessione degli USA. I risultati si vedono oggi con innumerevoli curdi fucilati tra le macerie di Afrin da parte delle milizie dei “ribelli siriani” (piene di riciclati di Al Nusra e altre formazioni apertamente jihadiste). Chissà ora se i nostri media parleranno di “occupazione”, o “conquista”, o “liberazione”… della città di Afrin? Quello che, invece, già dicono i tanti allocchi della “sinistra antagonista” lo sappiamo già: è colpa di Putin.
di Francesco Santoianni – 21/03/2018 Fonte: L’Antidiplomatico