Non è il fuoco a distruggere la Valsusa: è l’inesistenza dello Stato, ormai ridotto a brandelli

INCENDI IN VALSUSA

Lo Stato italiano manda battaglioni di volontari al massacro perché non ha più un’organizzazione e un centesimo da spendere

LUNEDÌ 30 OTTOBRE 2017
Bruciano i boschi della Valsusa
Bruciano i boschi della Valsusa (DIARIODELWEB.IT)

SUSA – Mezzanotte di domenica 30 ottobre: un lungo via vai corre sulla statale della Val Cenischia, laterale della Valsusa. Sul versante sud della montagna, coperto di larici e abeti rossi, si alza un’alta lingua di foto che illumina la notte. Fiamme che si allungano nel cielo, quasi fino a lambire Cassiopea, regina d’Etiopia e inconfondibile costellazione del nord. Il fuoco ha camminato per quindici chilometri dal punto dove è nato: una marcia durata dieci giorni, inesorabile. Decine di lampeggianti blu corrono lungo la statale: sono i militari anti sciacallaggio che presidiano i piccoli paesi abbandonati dalla popolazione, intimorita dall’avanzare del fuoco. Ma il fuoco rimane lontano, nonostante le sue alte fiamme che squarciano il buio, sospinto dal vento sempre più verso ovest, desideroso di poter divorare lo spesso manto di foresta presente in questa valle.

Come è stato possibile giungere  a questo punto?
E’ il secondo incendio mastodontico che vedo, da molto vicino, quest’anno. Il primo è stato in Abruzzo, questa estate, nel parco naturale della Maiella. Lo sviluppo è stato molto simile: alta temperatura, siccità, all’inizio piccoli roghi scatenati da incuria o dolo. Le fiamme che avanzano sospinte dal vento, gli appelli, la scarsità di risorse che genera polemiche a non finire, il coraggioso lavoro dei volontari, il continuo odore di bruciato nell’aria per giorni che poi diventano settimane. Qui in Valsusa come là in Abruzzo è possibile vedere in controluce la vera causa di queste distruzioni. Non il vento, o i piromani: importanti ragioni accessorie, ma che al massimo possono incidere sull’innesco ma non su uno sviluppo che ormai copre un lasso di tempo pari a due settimane.

Addio allo Stato, ognuno si arrangi
Il problema è che lo Stato, i gangli che rendono solida la sua esistenza, non esiste più. In quasi venti anni è stato sciolto in nome del pareggio di bilancio, dell’austerità, delle regole sovraeuropee, della stabilità monetaria dell’euro. L’incendio della Val di Susa non è quindi una catastrofe: è un processo voluto, progettato e applicato. E segue un principio mercatistico dominante: qual è il valore del Monte Morrone o della foresta di pini sopra Susa? Potrà avere un qualche valore affettivo per qualcuno, ma da un punto dell’estrapolazione di valore diretta non vale nulla. Anzi, da inceneriti questi territori potrebbero perfino valere qualcosa, come soldi si intende, perché magari cambia il piano regolatore e si potrà costruire: tanto è rasa al suolo. Per spegnere gli incendi piccoli affinché non diventino enormi servono i professionisti: ci sono? No, perché il dogma che prevede i tagli per ogni settore ha portato alla scure sulle risorse per questo settore: senza contare la brutta fine che ha fatto il Corpo Forestale. La cui abolizione, al di là di ogni forma di parassitismo, ha un costo ben più alto del risparmio avuto fino ad ora.

Un esercito di volontari, che ringraziamo, ma…
Al loro posto un plotone di volontari. Ora, per prima cosa, è bene ringraziare queste persone. Ma l’idea che si possa sostituire lo Stato con i volontari è sciagurata. Non capita solo per gli incendi, capita ovunque vi sia un servizio che lo Stato «non può più permettersi» in nome del pareggio di bilancio: sanità in primis. Ho visto in questi giorni decine, centinaia di volontari partire con zappa e rastrello e andare a spegnere le fiamme a mani. Ma in cuor mio mi sembrava un immenso battaglione mandato al massacro. E infatti tantissimi di loro hanno esposto le loro vite a rischi indicibili, ed hanno respirato per giorni e settimane veleni a profusione. Domanda: in virtù di quale principio etico lo Stato, che fino a prova contraria riceve sonore tasse dalla comunità, delega al buon cuore dei suoi cittadini la gestione degli eventi catastrofici? In questi giorni cade l’anniversario della disfatta di Caporetto: ebbene il battaglione dei volontari della Valsusa, come quelli sul Monte Morrone in Abruzzo, erano per me quei soldati italiani mandati al macello da Cadorna.

L’idea folle di uno Stato che non c’è più
L’idea che i servizi che rendono uno Stato civile possano essere appaltati alla generosità dei cittadini è folle. I volontari possono essere un supporto all’organizzazione pubblica, ma non avranno mai la forza di poter vincere una battaglia come quella di questi giorni contro le fiamme. Lo Stato in sfacelo nasconde la sua totale impossibilità di intervenire, la sua conclamata inutilità, dietro il coraggio e la generosità di poche centinaia di uomini e donne? I Canadair – che umiliazione sapere che sono dovuti arrivare dall’estero – che vengono sostituiti da una legione straniera armata di zappe e rastrelli? Le giuste critiche che vengono mosse alle istituzioni locali sviano dai veri responsabili di questo degrado sociale. E, in generale, si può dire che la vera responsabilità di Regioni e Comuni è quella di non ribellarsi, di non denunciare la loro totale impotenza.

Natura fuori controllo, comunità senza risorse
Terzo punto: tutto questo accade mentre le condizioni climatiche sono fuori controllo. Questa estate sui monti abruzzesi si sfioravano i quarantacinque gradi. Ieri a Susa al mattino si passeggiava in maglietta: trent’anni fa in questo periodo cadevano i primi fiocchi di neve. Eventi naturali estremi si susseguono, la siccità ha reso il terreno una landa deserto diventerà un immenso canalone che trasformerà, senza ombra di dubbio, la prima pioggia in una alluvione. Ancor più nei territori colpiti dagli incendi. Siamo di fronte a un contesto che necessiterebbe di immense risorse pubbliche e in Europa vige il pareggio di bilancio. Si tratta di follia, oppure di una folle ideologia. Aspettiamo quindi la prossima catastrofe, che far un po’ di selezione naturale: l’umanità galoppa verso un tempo barbaro, dove l’uomo temeva gli eventi naturali che falcidiavano la popolazione. Ma forse tutto è voluto.

LA SOLITUDINE DEL PIEMONTE NELL’EMERGENZA

ANSA

L’incendio divampato a Mompantero, in Val di Susa

Pubblicato il 30/10/2017
LUIGI LA SPINA
 

Non c’è bisogno di essere fisicamente sui monti che bruciano. Non c’è bisogno di dover scappare di casa perché le fiamme la lambiscono. Non c’è bisogno di abitare a Torino per scrutare con angoscia la nube rossastra e cupa che l’avvolge. Basta guardare le foto e i filmati agghiaccianti che compaiono sui giornali, in tv o sulla rete per comprendere la situazione drammatica in cui una Regione come il Piemonte si trova ormai da molti giorni e, purtroppo, senza che le previsioni meteorologiche, per altri giorni, offrano conforto. 

Eppure, sembra che uno strano «silenziatore d’allarme» sia stato applicato a una emergenza così grave un po’ da tutte le autorità che dovrebbero intervenire con l’urgenza indispensabile, con tutti i mezzi disponibili, chiedendo l’aiuto e facendo ricorso a tutte le forze che un Paese come l’Italia dovrebbe mobilitare in un caso del genere.  

Hanno cominciato gli amministratori locali a non proporzionare le loro richieste di assistenza per i rischi che correvano i loro territori e i loro abitanti, forse un po’ per l’orgoglio di far da soli e un po’ per quella consueta ritrosia piemontese che rifugge il lamento. 

Stessi atteggiamenti hanno mostrato autorità piemontesi e torinesi. Anche per costoro quel «silenziatore» può avere parecchie motivazioni.  

Da una parte, la presunzione, alimentata da scarsa consapevolezza della gravità dei pericoli e delle enormi difficoltà di far fronte alla vastità del territorio devastato dalle fiamme, di possedere forze sufficienti per il controllo e lo spegnimento degli incendi. Dall’altra, il timore, del tutto incomprensibile, di esagerare un allarme che, invece, aveva tutti i motivi per essere gridato con quella forza che la situazione richiedeva. 

Così, davanti a questo «bon ton» piemontese e torinese, in questo caso tutt’altro che buono, il governo si è adeguato al generale tran-tran, sommesso e distratto. Né il presidente del Consiglio ha fatto sentire la sua voce e, soprattutto, ha assunto decisioni opportune in aiuto del Piemonte, né lo ha fatto il ministro dell’Interno, solitamente, bisogna ammetterlo, pronto ad adottare iniziative efficaci e tempestive. La ministra della Difesa, Pinotti, si è limitata ad accogliere la richiesta di 60 alpini per controllare che i piromani non proseguissero nelle loro folli imprese incendiarie. E ci mancava che dicesse di no.  

Da parte delle organizzazioni di volontariato, infine, che da Nord a Sud del nostro Paese si sono sempre mobilitate con grande entusiasmo, con grande senso di solidarietà, ma anche con grande capacità operativa, non sembra che, in questo caso, si sia avvertita la solita disponibilità a intervenire. 

Ecco perché l’impressione è quella di una sostanziale solitudine della Regione di fronte a un’emergenza quale mai si è presentata in questo territorio, almeno in tempi recenti. Sarà colpa della proverbiale sobrietà sabauda. Sarà colpa dell’abitudine che il Piemonte ha dato all’Italia di non sollecitare un aiuto nazionale, neanche quando è indispensabile. Sarà colpa di una disattenzione generale che corrisponde, parliamoci chiaro, a un interesse particolare di molti italiani. Sarà colpa dello scarso timore delle autorità governative e dei partiti nazionali per reazioni di indignazione che gli abitanti di una Regione come il Piemonte non sono soliti manifestare. Ma è ora che tutti, in Italia, comprendano la gravità di quello che sta succedendo e che non continuino a volgere il capo da un’altra parte.  

MENTRE L’APPENDINO VIENE SBATTUTA IN PRIMA PAGINA PER UNA MULTA STRADALE, LA NOTIZIA CHE IL CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA IN SENATO, L’EX MINISTRO DELLE TELECOMUNICAZIONI PAOLO ROMANI, È STATO CONDANNATO IN VIA DEFINITIVA

dago

29 OTT 2017 12:58

MENTRE L’APPENDINO VIENE SBATTUTA IN PRIMA PAGINA PER UNA MULTA STRADALE, LA NOTIZIA CHE IL CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA IN SENATO, L’EX MINISTRO DELLE TELECOMUNICAZIONI PAOLO ROMANI, È STATO CONDANNATO IN VIA DEFINITIVA DALLA CASSAZIONE PER PECULATO DI 12.800 EURO DI BOLLETTE TELEFONICHE VALE APPENA UN TRAFILETTO DI 10 RIGHE SUL “CORRIERE” (NULLA SUGLI ALTRI GIORNALI)

Luigi Ferrarella per Corriere della Sera

Il capogruppo di Forza Italia in Senato, l’ ex ministro delle Telecomunicazioni Paolo Romani, è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per peculato di 12.800 euro di bollette (tra il gennaio 2011-febbraio 2012) della scheda del suo cellulare di allora assessore del Comune di Monza, «data in uso pressoché esclusivo e continuativo alla figlia» che la «utilizzava per esigenze personali, non all’ insaputa del padre ma con il suo pieno consenso».

 paolo romani (2)PAOLO ROMANI (2)

La pena (1 anno e 4 mesi in secondo grado) sarà però ricalcolata in un appello-bis che dovrà solo rimotivare l’ esclusione o la concessione dell’ attenuante della «speciale tenuità» del danno, invocata dalla difesa di Romani che ha risarcito le bollette al Comune.

CHIARA APPENDINOCHIARA APPENDINO

 

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GUINÉE ÉQUATORIALE: DES INGÉRENCES FRANÇAISES (AMBASSADEUR OYONO ET LUC MICHEL SUR PRESS TV)

L’ambassadeur de Guinée équatoriale s’exprime sur l’affaire des “biens mal acquis” !

LM.PRESS TV - Interview Oyono (2017 10 28) 1

PANAFRICOM-TV/

GUINÉE ÉQUATORIALE: DES INGÉRENCES FRANÇAISES.

INTERVIEW EXCLUSIVE DE L’AMBASSADEUR DE GUINEE EQUATORIALE A PARIS MIGUEL OYONO AVEC LUC MICHEL (SUR PRESS TV, IRAN)

* PANAFRICOM TV/

LE ‘MAGAZINE AFRIQUE’ DE PRESS TV (27 OCT. 2017) SUR LE VERDICT DU PROCES DE PARIS CONTRE LA GUINEE EQUATORIALE (AFFAIRE DITE “DES BIENS MAL ACQUIS”) AVEC L’AMBASSADEUR DE GUINEE EQUATORIALE A PARIS MIGUEL OYONO ET LE GEOPOLITICIEN LUC MICHEL …

sur https://vimeo.com/240284080

Le commentaire de PRESS TV (qui cite RFI) :

« Alors que Teodorin Obiang, fils aîné du président de la Guinée équatoriale a été condamné à trois ans de prison avec sursis et 30 millions d’euros d’amende, la défense enrage. « Depuis le début, c’est la chronique judiciaire d’une condamnation annoncée », juge Emmanuel Marsigny, l’avocat de Teodorin Mangue Obiang. Cette compétence universelle de la France est une ineptie, dit la défense équato-guinéenne. « Comment appliquer le droit français pour des faits commis à l’étranger par des étrangers ? C’est au nom de la morale, ajoutent-ils, que l’on tente de tordre le bras de la justice. La Guinée équatoriale y voit une ingérence dans les affaires extérieures ».

Me Marsigny considère par ailleurs que « ni le ministère public ni les parties civiles n’ont apporté la preuve que des infractions avaient été commises en Guinée équatoriale ». « Ils tiennent un raisonnement pour pouvoir assurer la condamnation qui consiste à dire : j’applique uniquement le droit français et au regard du droit français, je caractérise les infractions. Cela revient à créer une compétence de juridiction universelle contraire à toutes les conventions internationales. On est loin du droit, nous sommes dans un procès politique », affirme-t-il.

Luc Michel, géopoliticien, a eu un entretien exclusif avec avec Miguel Oyono, ambassadeur de Guinée équatoriale à Paris. »

* Interview complète :

Guinée équatoriale: des ingérences françaises.

L’ambassadeur de Guinée équatoriale s’exprime sur l’affaire des “biens mal acquis” !

(Images Luc Michel – EODE-TV)

sur https://vimeo.com/240284080

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PAS D’INTERVENTION MILITAIRE DE L’ARMEE ALGERIENNE EN LIBYE : ALGER REFUSE DE SE JETER DANS LE GUEPIER LIBYEN COMME LE VOUDRAIENT LES USA !

 

ELAC & ALAC COMMITTEES/

2017 04 29/

http://www.elac-committees.org/

https://www.facebook.com/elac.committees/

https://www.facebook.com/ALAC.org/

Alger refuse une deuxième demande de Washington d’intervenir en Libye !

Mig

L’Algérie a opposé une fin de non-recevoir à une deuxième demande américaine l’invitant à intervenir en Libye. Se référant à des sources diplomatiques à Alger, le site français spécialisé dans le renseignement Maghreb Intelligence, qui rapporte l’information, explique que Washington a, par deux fois, approché les dirigeants algériens afin qu’ils conduisent une force multinationale ou qu’ils interviennent seuls chez leurs voisins de l’Est. «Aussi bien le département d’Etat que le Pentagone ont essayé de pousser l’armée populaire algérienne à dépêcher un contingent en Libye afin de pacifier la capitale, ainsi que le long de la frontière avec la Tunisie», affirme cette source diplomatique.

Selon le site, «l’Algérie, toujours très influente en Libye où elle maintient un équilibre prudent entre les différentes factions rivales, sait qu’une intervention directe serait difficile à faire passer à l’opinion publique algérienne. D’autant que  la Constitution et la doctrine militaire du pays ne permettent pas une projection des forces armées en dehors de ses frontières».

* Lire sur :

https://www.algeriepatriotique.com/2017/10/26/alger-refuse-deuxieme-demande-de-washington-dintervenir-libye/?utm_referrer=https%3A%2F%2Fzen.yandex.com

ELAC WEBSITE

Photos : Mig algériens.

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* Website :

http://www.elac-committees.org/

For Direct Democracy and Libyan Jamahiriya ! / Le Réseau de Résistance pour la Démocratie Directe et la Jamahiriya libyenne ! / СЕТЬ СОПРОТИВЛЕНИЙ ДЖАМАХИРИИ – За Прямую Демократию и Ливийскую Джамахирию!

Turin fires: Flames engulf forests near Italian city as emergency services work through the night

http://www.independent.co.uk/news/world/europe/turin-fires-italy-latest-updates-forest-wildfires-emergency-services-a8024041.html

Firefighter have been working ‘continuously’ for almost a week

The Independent Online

Raging wildfires in northern Italy have burned some 1,600 hectares despite the efforts of hundreds of firefighters over nearly two weeks.

Flames have ravaged the Val di Susa area in Piedmont and forced the mobilisation of squadrons of firefighting aircraft along with around 200 volunteers.

“My team has been working continuously since last Sunday,” said Giovanni Valentino, a volunteer firefighter in Condove, near Turin.

He told the La Stampa newspaper: “It never ends. The fire has returned to the same point we cleared two days ago.”

Foul play has not been ruled out, the paper said, but a lack of work to clear flammable debris like leaves and logs was reportedly partly to blame for the spread of the fires.

According to Reppublica, a group of at least 20 firefighters were trapped in an area of woodland near the village of Bergia, after a change in the wind turned the flames back on themselves.

Dintorni diTorino: le fiamme inghiottono foreste vicino alla città italiana mentre i servizi di emergenza lavorano per tutta la notte

Il vigile del fuoco sta lavorando “ininterrottamente” per quasi una settimana

The Independent Online

Gli incendi di fuoco nel nord Italia hanno bruciato circa 1.600 ettari nonostante gli sforzi di centinaia di pompieri per quasi due settimane.

Le fiamme hanno devastato la zona di Val di Susa in Piemonte e hanno costretto la mobilitazione di squadroni di aeromobili antincendio insieme a circa 200 volontari.

“La mia squadra lavora continuamente da domenica scorsa”, ha detto Giovanni Valentino, un pompiere volontario a Condove, vicino a Torino.

Ha detto al  quotidiano La Stampa  : “Non finisce mai. Il fuoco è tornato allo stesso punto che abbiamo eliminato due giorni fa”.

Il gioco del male non è stato escluso, ha detto la carta, ma una mancanza di lavoro per cancellare i detriti infiammabili come foglie e tronchi è stato riferito in parte da incolpare per la diffusione degli incendi.

Secondo  Reppublica , un gruppo di almeno 20 vigili del fuoco è stato intrappolato in una zona di bosco nei pressi del villaggio di Bergia, dopo che un cambiamento del vento ha riacceso le fiamme.

Gigantesques incendies en Italie juste de l’autre côté du col de Montgenèvre et du col de Larche. Les canadairs italiens écopent à Serre-Ponçon

https://www.dici.fr/actu/2017/10/27/gigantesques-incendies-italie-de-l-cote-col-de-montgenevre-col-de-larche-canadairs-italiens-ecopent-1071799

Publié par Sylviane GONON le ven, 27/10/2017 – 10:35

Les pompiers et les autorités italiennes sont dépassées et ne savent plus comment gérer la situation. De gigantesques incendies dévastent les montagnes italiennes juste de l’autre côté du Montgenèvre dans le Val de Suse et de l’autre côté du col de Larche vers Pontebernardo. L’accès à l’Italie par le col de Larche au fond de de la vallée de l’Ubaye est d’ailleurs fermé depuis 4 jours.

A l’origine, la sécheresse mais aussi des gestes criminels.

D’Italie nous parviennent des images impressionnantes .Les canadairs italiens écopent d’ailleurs depuis plusieurs jours sur le lac de Serre-Ponçon.

Dans le val de Suse, les incendies dévastent en effet les montagnes des deux côtés de la vallée et la fumée remonte jusqu’à la frontière française du col de  Montgenèvre  comme l’explique Franco Capra, C’est le maire de Clavières.

Photo de cette nuit et sapeurs-pompiers Embrun

Scopri di più su https://www.dici.fr/actu/2017/10/27/gigantesques-incendies-italie-de-l-cote-col-de-montgenevre-col-de-larche-canadairs-italiens-ecopent-1071799#GIcezkoBRtk3H4fr.99

capra

Incendi giganteschi in Italia, appena oltre il Passo di Montgenèvre e il Passo del Larche. I canadesi italiani scavano a Serre-Ponçon

I vigili del fuoco e le autorità italiane sono obsolete e non sanno più gestire la situazione. Gli incendi giganteschi devastano le montagne italiane appena oltre Montgenèvre nella valle di Susa e attraverso il passaggio Larche a Pontebernardo. L’accesso a Italia dalla passata Larche in fondo alla valle di Ubaye è stato chiuso anche per 4 giorni.

Originariamente, la siccità ma anche gli atti criminali.

Dall’Italia otteniamo immagini impressionanti. I rivali italiani sono stati anche sul lago di Serre-Ponçon per diversi giorni.

Nel Susa, incendi devastano infatti le montagne su entrambi i lati della valle e il fumo va fino al confine francese Montgenèvre passare come spiega Franco Capra, E ‘il sindaco di Clavières.

Immagine di questa notte e pompieri Embrun

Scopri di più su https://www.dici.fr/actu/2017/10/27/gigantesques-incendies-italie-de-l-cote-col-de-montgenevre-col-de-larche-canadairs-italiens-ecopent-1071799#GIcezkoBRtk3H4fr.99

Le fiamme divorano la Val Susa. A Torino smog alle stelle

https://ilmanifesto.it/le-fiamme-divorano-la-val-susa-a-torino-smog-alle-stelle/

Il fuoco avrebbe già distrutto almeno 1.500 ettari di boschi e pascoli

La nube gialla si allunga per quaranta chilometri: nasce dai monti della Val Susa divorati da un gigantesco incendio che sta devastando, come mai prima, un territorio già provato per tante ragioni. Una nebbia innaturale, carica di caligene, lentamente si sposta verso Torino: dove ristagna, rendendo l’aria acre e satura di veleni. Sulle auto parcheggiate davanti alle boutique del centro si deposita la cenere che vola nell’aria per sessanta chilometri, dando la sensazione ai più vecchi di tornare a vivere decenni lontani, quando in città ancora si bruciavano legna e carbone per scaldarsi. Ma c’è poco di romantico nell’acre fumo giallo che avvolge la città: ieri il valore di Pm 10 ha superato quota 450. Una settimana fa, quando l’amministrazione comunale invitò i torinesi al coprifuoco, era circa un quarto.

IL FUOCO nasce in luoghi tanto noti quanto inesistenti, perché buona parte dei torinesi li attraversa di corsa in inverno per correre verso le piste da sci, e al galoppo in estate per correre verso i prati e il fresco. Nasce a metà della val Susa, dalle parti di Bussoleno, un tempo famoso per essere un fiorente centro ferroviario, oggi ancor più noto perché cuore della lotta Notav. Qui, se si guarda verso la piramide di granito del Rocciamelone, si vede un lungo serpentone di fiamme in marcia da giorni: inarrestabile. Alte fiamme si mangiano la montagna e vomitano fumo giallo: i pini silvestri dalle larghe chiome diventano gigantesche torce, dando vita la notte a lingue di fuoco che si alzano nel buio per trenta metri. Corrono le fiamme, corrono: e non c’è elicottero o aereplano carico d’acqua che pare possano contenerle. Il perché lo spiega il sindaco di Cumiana, Paolo Poggio, che segue le operazioni di spegnimento portate avanti da Vigili del Fuoco e Volontari Anti Incendi Boschivi. Si trovano tutti in un ex poligono militare disperso sulle montagne, a pochi metri dalle fiamme che minacciano borgate e boschi.

«SINDACO, ma quando spegnete questo fuoco che dura da una settimana?». E il sindaco con gli scarponi dice senza mezzi termine che la durata di questo incendio non dipenderà dall’impegno umano. Perché le condizioni del terreno, del tempo sono così estreme da rendere pianificabile solo il contenimento del danno.
E il comandante caposquadra che lo affianca, Massimo Peiretti, nonché il capo dei volontari, Carlo Carello, non possono che annuire mestamente. E mentre così dicono, una squadra di cittadini di paese auto organizzatisi, giunge armata di badile e rastrelli recuperati nella stalla della cascina «per dare una mano».
Qui, nella pianura del pinerolese, tra Cantalupa e Cumiana le fiamme si sono mangiate dieci chilometri di bosco. Magari il fuoco sembra spento, domato da centinaia di lanci d’acqua dal cielo: ma poi arriva un alito di vento e in quarto d’ora ci sono fiamme alte trenta metri. Ci vorrebbe la pioggia, ma le previsioni non lasciano spazio: per i prossimi giorni avanti tutta con quasi 30 gradi alle due del pomeriggio. Quaranta anni fa, raccontano gli anziani, in questi giorni cadevano i primi fiocchi di neve.
In val Susa, dove le fiamme hanno ormai marciato per quindici chilometri, gli animi sono particolarmente su di giri: il convitato di pietra è sempre lui, il Tav. E l’incendio è un’altra goccia che fa traboccare il vaso, sempre colmo oltre ogni misura.

Un tempo era la linea ferroviaria che corre verso Torino a essere considerata la pietra dello scandalo: una via crucis quotidiana, tortura cinese che esaspera ogni giorno chi, poi, sente parlare di miliardi per un tunnel da 56 chilometri, in una valle dove manca il flusso merci adeguato per saturare il tunnel che c’è già. Così capita che «i violenti Notav», in queste tragiche mattine autunnali siano strizzati come al solito dentro il trenino che porta a Torino, ma con la aggiunta di un gradevole odore di bruciato: il tutto con vista valle incenerita dalle fiamme. Da una settimana, e chissà ancora per quanto.

CI PENSA il commissario del governo per la Torino–Lione, a fare una proposta che rassereni gli animi. In una lettera indirizzata al sindaco di Susa, Sandro Plano, e Sergio Chiamparino, scrive: «Vi comunico la mia disponibilità a proporre che una parte delle risorse destinate ai territori interessati dall’asse ferroviario Torino–Lione, possa essere destinata per le necessarie azioni di ripristino e di ricostituzione del patrimonio forestale e per gli interventi di prevenzione, atti a ridurre il rischio del ripetersi di tali eventi».

Un’ideona, che Movimento Notav non accoglie con entusiasmo e così commenta: «Il Commissario si adopera subito per cercare di barattare la sicurezza del nostro territorio con il via libera al TAV da parte dei comuni. Ma le parole scritte nella lettera superano ogni immaginazione. Non una vera risorsa è stata fino ad oggi presa in considerazione per fronteggiare con decisione l’emergenza incendi in corso da questi personaggi, così come non abbiamo visto un millesimo dell’impegno profuso del contrastare i notav, per supportare la Valle di Susa, territorio che questi signori vorrebbero veder crescere, in costante sviluppo».

Rapido il dietrofront del commissario: «Non avevo nessuna intenzione di fare polemica in un momento così grave per il territorio valsusino per rispetto alle centinaia di persone NoTav, SìTav, NiTav, atei ed agnostici che stanno cercando di salvare boschi, campi e case con sprezzo del pericolo, senza pensare alla squadra di calcio a cui appartengono».

Oggi è l’ottavo giorno di fuoco in val Susa, val Sangone, val Chiusella, e almeno altri duecento ettari di bosco verranno distrutti. E’ il disastro dell’Abruzzo dell’estate passata che si ripete, un disastro che può sperare solo nella pioggia.

Chi è Paolo Giordana, il capo gabinetto di Chiara Appendino che si è dimesso dopo lo scandalo multa

 

Ex seminarista, non ha mai aderito al Movimento 5 Stelle. È stato vicino ad Appendino, l’ha condotta alla vittoria. Era finito nell’occhio del ciclone anche per il ruolo di primo piano nell’organizzazione della proiezione in piazza San Carlo della finale di Champions

La sindaca di Torino Chiara Appendino con Paolo Giordana in una foto d'archivio (Ansa)La sindaca di Torino Chiara Appendino con Paolo Giordana in una foto d’archivio (Ansa)

Le dimissioni sono arrivate a fine mattinata, appena l’ex capo di gabinetto ha lasciato gli uffici della procura torinese, dove si trovava per difendersi dall’accusa di falso in atto pubblico in un’altra vicenda, quella sul debito con la Ream tenuto «nascosto», secondo i magistrati, durante la compilazione del bilancio comunale; l’ultima grana, almeno sino ad oggi, abbattuta sul braccio destro di Appendino in un anno e mezzo di aministrazione.

La parabola crescente di Giordana aveva cominciato a incrinarsi, infatti, pochi mesi dopo l’insediamento della giunta Cinque Stelle. Ultima è arrivata la multa tolta all’amico. Ma prima del suo coinvolgimento nell’inchiesta sul caso Ream, il capo di gabinetto era finito nell’occhio del ciclone anche per il ruolo di primo piano avuto nell’organizzazione della proiezione in piazza San Carlo della finale di Champions, un evento finito con il tragico bilancio di 1526 feriti e una vittima. E prima ancora era inciampato nel fallimento organizzativo dei mercatini di Natale.

Ma chi è Giordana, lo scopritore delle doti della sindaca Appendino? Ex seminarista, le foto online lo ritraggono ancora in abiti religiosi per la sua adesione, dopo l’uscita dalla chiesa cattolica, al movimento progressista dei Vecchi Cattolici, e infine al «Patriarcato ortodosso d’Europa», una chiesa autonoma di cui è prete.

Giordana è l’immagine dell’ex che torna e vince. Non ha mai aderito al Movimento 5 Stelle. È stato vicino ad Appendino, l’ha condotta alla vittoria. E questo basta. D’altronde le sue amicizie politiche sono trasversali: dai postfascisti di An ai liberali. Ad un certo punto approda al centrosinistra ed entra nello staff dell’amministrazione Chiamparino, prima con Paolo Peveraro, attuale presidente di Iren, poi con Alessandro Altamura, ex presidente del Pd torinese. Era assegnato all’assessorato al commercio dove ha imparato a conoscere la macchina della burocrazia comunale, una conoscenza che gli è poi servita per fare da insider per conto di Appendino.

Nel 2011 appoggia la candidatura di Piero Fassino, ma l’ex segretario Ds non gli dà corda, lo emargina. Così Giordana, che si sarebbe aspettato una ricompensa per il lavoro di ghostwriter in campagna elettorale, punta su un altro cavallo, quella Appendino, numero uno dell’opposizione Cinque Stelle, neofita della Sala Rossa, che sedeva sotto il quadro del sindaco della peste Bellezia, figura amata dal pigmalione di Chiara. Fra Giordana e Appendino si instaura un rapporto di collaborazione e di fiducia sin dall’inizio. Lui fa valere i suoi canali, usa le informazioni raccolte stando al fianco di Fassino e le propone interpellanze, che diventano pallottole nella battaglia della consigliera grillina contro il «Sistema Torino». Lei si impone come unica candidata sindaca possibile per il M5s. Così Giordana la battezza e le dice: «Tu diventerai sindaco». Lei è incredula, ma Giordana è sicuro di condurla alla vittoria.

Il «Rasputin» di Appendino ha fatto della politica una professione, al contrario del dogma Cinque Stelle. E alla fine, come è successo con il capo di gabinetto della sindaca Raggi a Roma, il suo «professionismo» è finito per essere un ostacolo da rimuovere per permettere a Chiara Appendino di proseguire il mandato.

Il braccio destro di Appendino all’ad dell’azienda trasporti: togliete la multa al mio amico

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/10/28/news/il_braccio_destro_di_appendino_all_ad_dell_azienda_trasporti_togliete_la_multa_al_mio_amico-179542110/

Un’intercettazione mette nei guai Giordana, capo di gabinetto della sindaca

di DIEGO LONGHIN

 

28 ottobre 2017

 

Un’intercettazione mette nei guai il capo di gabinetto della sindaca di Torino Chiara AppendinoPaolo Giordana, che dopo le inchieste di piazza San Carlo e Ream aveva respinto l’etichetta di Rasputin preferendo quella di centralinista, viene intercettato mentre chiede che venga tolta ad un suo amico una multa presa su un bus. I controllori di Gtt? «Sono tanto bravi, però sono un po’ troppo, come dire, quadrati».

Le dimissioni di Giordana

Ecco cosa pensa Giordana – l’uomo che ha aiutato la consigliera di opposizione del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino a diventare prima cittadina – di chi ogni giorno controlla che sui mezzi dell’azienda del Comune di Torino i biglietti vengano pagati. E soprattutto lo pensa quando il verbale lo fanno ad un suo amico. Meglio quindi alzare la cornetta e fare una telefonata per cercare di togliere la multa all’amico: un verbale da 90 euro che, se pagato subito sul bus, si sarebbe ridotto a 25 euro.

Siamo a luglio 2017 e la conversazione finisce nelle carte dell’inchiesta di Gtt per falso in bilancio perché il capo di gabinetto della prima cittadina è intercettato. I finanzieri lasciano all’autorità giudiziaria le valutazioni del caso. Per l’esattezza è il 25 luglio. La telefonata è tra Giordana e l’amministratore delegato di Gtt, Walter Ceresa. Dopo una parte di convenevoli, il capo di gabinetto annuncia al numero uno dell’azienda di trasporti, che da tempo ha problemi finanziari, l’approvazione della delibera straordinaria del piano di rientro dei debiti pregressi della Città verso la società di trasporto.

Ma come gli stessi investigatori sottolineano, la reale ragione della telefonata era diversa. Mettere a conoscenza l’amministratore delegato di Gtt che un suo amico è stato multato sul pullman. Giordana chiede un favore, insomma, cosa si può fare per questa multa? «Senti, io ti chiamavo per una cosa molto più prosaica. C’è stato un increscioso, come dire, evento». Così il capo di gabinetto della sindaca Appendino cambia argomento durante la conversazione con l’amministratore delegato dell’azienda dei trasporti. «Un mio amico. Per carità, i controllori sono tanto bravi però un po’ troppo, come dire, quadrati. Praticamente un mio amico era sul pullman che stava per timbrare il biglietto e il controllore l’ha fermato dicendogli “lo deve timbrare 5 minuti fa, 1 minuto fa, 30 secondi fa. Adesso le devo fare la multa”. Non è tanto carina come cosa. Cosa possiamo fare?». L’ad di Gtt chiede cosa ha fatto l’amico e se ha la multa. E Giordana risponde che «ha la multa e il biglietto timbrato anche».

Ceresa a questo punto dice: «Sì, manda. Posso… Me la puoi mandare? Che faccio io!» Tra i due uno scambio di battute per capire come passarsi il verbale. Alla fine Giordana dice che gli invierà la multa via whatsapp perché «è più comodo, ce l’ho sul telefonino». E poi i convenevoli di chiusura, con un grazie mille da parte del capo di gabinetto all’amministratore delegato di Gtt.

Per gli investigatori tocca all’autorità giudiziaria valutare il comportamento del capo di gabinetto della sindaca, anche se ipotizzano un presunto danno a Gtt e presunto vantaggio indiretto a favore di Giordana. Non solo. Chi indaga sottolinea la condizione psicologica particolare di Ceresa, sottoposto a pressioni sia per le condizioni finanziarie della società sia per il fatto che si stanno concludendo le indagini sull’inchiesta che lo riguarda. Il 26 luglio Ceresa chiama il capo di gabinetto. Anche per questa telefonata i finanzieri rimandano le considerazioni del caso all’autorità giudiziaria. «Paolo, tutto a posto quella cosa che mi hai detto», dice Ceresa. Giordana risponde: «Quindi gli dico di stare tranquillo». La risposta di Ceresa è lapidaria: «Sì, sì, non gli arriverà la multa».