IL MARCIO TRA TULIPANI E MULINI A VENTO . COLPO DI MANO DELL’AJA CONTRO L’ERITREA

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 19 APRILE 2017

L’Olanda, balilla Nato, non per nulla ospita all’Aja il Tribunale Penale  per la Jugoslavia. Quello che o ammazza, o condanna patrioti serbi e manda liberi delinquenti kosovari e croati, a seconda di come gli assassini della Jugoslavia dispongono. Alla luce di quanto in Olanda s’è combinato nei giorni scorsi, non ci potrebbe essere sito migliore per questo scempio della democrazia, della giustizia, della verità.

Il 13 aprile a Veldhofen in Olanda si sarebbe dovuto tenere il convegno mondiale dell’organizzazione giovanile del Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia, il movimento che ha condotto e vinto la trentennale guerra di liberazione dal colonialismo dell’Etiopia e delle potenze che ne appoggiavano l’occupazione. Fronte che è oggi al governo del paese sul Mar Rosso. Ma sono intervenute le forze coalizzate che da anni perseguitano questo paese libero, autodeterminato e antimperialista con aggressioni militari, sabotaggi, sanzioni e campagne di diffamazione affidate dal despotismo imperialista ai soliti latifondisti della mediacrazia. Se ne sono fatti protagonisti membri del governo olandese, il sindaco della città, Mikkers,  la stampa, tutta atlantista, la solita Ong griffata George Soros, “EEPA”, diretta da Mirjam Van Reisen, docente all’università di Tilburg.

Far saltare una generazione che funziona

Quella di Soros, Open Society, è’ una ragnatela di vedove nere che copre tutti i paesi e ottiene il neanche più tanto paradossale sostegno delle pseudo sinistre involutesi in sinistre imperialiste, in questi giorni particolarmente infervorate sulle Ong che trafficano migranti dalla Libia. In Italia, a fianco del “manifesto”, abbiamo visto esibirsi prima Pippo Civati, assolutamente ignorante di cose africane, ma disciplinato proponitore in parlamento di mozioni che accusano l’Eritrea delle solite scelleratezze. Il suo gruppetto di reperti sinistri, Sinistra Italiana-Possibile, si è coerentemente anche precipitato a convalidare le porcherie russofobe diffuse in questi giorni da Cia e Soros sulla Cecenia. Ne ho scritto la volta scorsa.

La tecnica è quella consolidata. L’arrivo dai cinque continenti dei 650 delegati della diaspora giovanile eritrea per la loro 13ma conferenza internazionale, che avrebbe dovuto tenersi durante tre giorni nell’albergo Koningshof di Veldhofen, era stato preceduto dagli avvertimenti di ministri del governo, che avevano qualificato come “inopportuna” e “disturbante” l’iniziativa dei giovani. A contribuire a preparare il terreno ha poi provveduto la Van Reisen, rinnovando sul sito della Ong sorosiana le solite, truculente, accuse allo Stato eritreo che il governo Usa, quelli Nato, i loro manutengoli nella commissione ONU per i Diritti Umani  e la stampa sguattera, muovono da anni a un  paese sovrano, indipendente, non allineato, che non accetta diktat Nato, UE o FMI, Eritrea Stato “terrorista, dittatoriale, repressivo, violatore dei diritti umani, stupratore di donne, promotore di lavoro schiavistico e fonte della fuga in massa dei suoi cittadini”.

Si trattava dell’atmosfera necessaria perché si giustificasse la chiassata violenta di una trentina di teppisti del Corno d’Africa, fatti passare per eritrei, ma nella loro maggioranza, come si capiva da lingua e dialetto, etiopi. Questo manipolo di provocatori ha assediato l’albergo dei convegnisti e aggredito fisicamente, al loro arrivo, le vetture dei diplomatici e politici eritrei. Significative, tra i dimostranti, le bandiere azzurre della vecchia federazione tra Etiopia e Eritrea, imposta dalle Grandi Potenze, ma liquidata dalla lotta per l’indipendenza.

Comportamento civilissimo dei delegati, che non hanno risposto all’aggressione e al comportamento scandalosamente complice della mezza dozzina di poliziotti olandesi che, bonariamente, respingevano i più facinorosi,  non senza lasciarli arrivate, urlando minacce di morte, a tempestare di pugni la macchina che trasportava Yemane Gebreab, consigliere politico del presidente Isaias Afewerki, suo braccio destro ed effettivo numero due dello Stato. A chiassata esaurita, ne fermavano alcuni che venivano rimessi immediatamente in libertà dal tribunale. Tutto questo doveva funzionare come prodromo alla decisione del sindaco della città di proibire il raduno.

Ai 600 giovani riuniti nell’albergo, prenotato per tre giorni e che avevano iniziato i lavori, è stato intimato di abbandonare l’albergo e la località nella stessa serata, costringendoli a disperdersi istantaneamente e a rimediare soluzioni di alloggio e trasporto di fortuna. Il che non gli ha impedito di riorganizzarsi e portare avanti i lavori, divisi in gruppi di lavoro e distribuiti in tre nuovi alberghi. I link elencati riportano alcuni video della vicenda.

https://youtu.be/6o7zJWbKhDA  scontri a Veldhofen

https://youtu.be/_xNghf0A8zs  inizio convegno, sindaco, dimostranti

https://youtu.be/gMN5eWpUSmk attacco alla vettura, sindaco, scontri, momenti del convegno poi diviso tra tre città.

Due paesi, due governi, quale quello libero e democratico, quale quello nessuna delle due cose?

Tutto questo viene inflitto a un paese pacifico, reduce da una lotta anticoloniale che lo ha dissanguato, ma non gli ha impedito di rimettersi in piedi e costruire il suo progresso, la sua autosufficienza, la libertà dei suoi cittadini, a dispetto di tutte le manovre che insistono a voler eliminare una nazione che, unica in Africa a non accettare presenze e basi militari Usa, né imposizioni degli organismi sovranazionali, rischia di essere un contagioso modello per altre popolazioni. Nel Continente e non solo.

Tutto questo viene inflitto da un paese che passa per essere un modello di democrazia, rispetto dei diritti umani, protagonista di quelli civili. E che, dunque, è un attore di primo piano, a dispetto della sua modesta dimensione geografica e demografica, nel protagonismo militarista dell’Occidente, “a salvaguardia dei diritti umani e con la responsabilità di proteggere”. Dinamico e assertivo membro della Nato, risponde con prontezza e fervore indistintamente a tutte le chiamate di Pentagono, Cia, Wall Street. Che si tratti di sfasciare l’Afghanistan, o partecipare alle varie “coalizioni dei volenterosi” a guida Usa incaricate di radere al suolo paesi in Medioriente, provocarne lo spopolamento, rapinarne le risorse, sradicarli dalla storia e dal mappamondo. La logica applicata a Veldhofen è la stessa che l’Olanda sostiene con i suoi alleati in giro per il mondo.

Zoccoli, mulini a vento, tulipani e campioni Nato

Ha l’onore di far parte della coalizione che ha recentemente tolto di mezzo 300 civili a Mosul, di quelli che potevano infastidire i propri mercenari Isis; di condividere le pratiche Usa, Nato e Cia, espressesi nell’uno due della provocazione chimica di Idlib, allestita dai propri amici terroristi moderati, e della successiva risposta dei 59 missili Tomahawk sul campo d’aviazione siriano. Esaurito il torrente di lacrime spese sui finti bambini asfissiati a Khan Shaikhun, l’Olanda non ne ha più avute per piangere i 78 bambini che, dai villaggi di Fua e Kefraya assediati, andavano a rifugiarsi ad Aleppo liberata, e  che un furgone dei “ribelli moderati”, gestiti da turchi e Nato, aveva attratto a sé con la promessa di patatine e con il carico di esplosivo che li avrebbe fatto a pezzi.

C’è anche il papa

Come l’Olanda e i suoi media, anche tutti gli altri fratelli in Nato (e in Fratellanza Musulmana e derivati Isis-Al Nusra) si erano visti seccare le riserve di pianto dopo che i fatti chimici di  Khan Shaikhun erano risultati il contrario di ciò che erano stati fatti apparire. Così per i bimbetti siriani affamati, con gli occhi pieni di patatine spenti dal tritolo, non ne è rimasto, di pianto. Chi dice che il disseccamento delle ghiandole lacrimali era dovuto al fatto che i bambini che stanno con Assad sono diabolici, mentre quelli dalle parti dei “ribelli moderati” sono angelici è senz’altro uno sporco complottista diffusore di bufale settarie. E se papa Bergoglio, provvido monarca e protettore di tutti i cristiani, quello contro tutte le armi, riprende il governo di Damasco per la sua “violenza”  e nulla dice sul fatto che,  se cade Assad, laico e garante di ogni minoranza, arrivano quelli che i cristiani li scuoiano, bruciano vivi e crocifiggono, è perché un papa non può sbilanciarsi, ha da essere ecumenico, no?

Assaltano il numero 2 eritreo. Tutti zitti. Pensa se fosse stato Pence.

Ho partecipato a un altro convegno mondiale dei giovani eritrei, quella volta in Italia a Montesilvano, Pescara. Un centinaio di convenuti da tutto il mondo per discutere del loro paese, di come affrontarne l’ostilità e le calunnie subite dai necolonialisti e dai loro clienti e mercenari nella regione. Raramente ho incontrato tanta maturità politica, tanto amor patrio, tanta perizia organizzativa. Vi ha parlato anche Yemane Gebreab, il vice del presidente che poi ho avuto la fortuna di intervistare a Keren per il docufilm “Eritrea, una stella nella notte dell’Africa”. E non rischio l’agiografia se dico che, tra i tanti che ho incontrato in una lunga vita, mi ha colpito come uno degli uomini di Stato più saggi, colti, ideologicamente e culturalmente preparati , con uno spessore morale e una sensibilità umana di cui andiamo, nel nostro emisfero, cercando le tracce. Vox clamantis in deserto.

Eritrei veri ed eritrei farlocchi

Ho incontrato larghi settori della diaspora della nostra ex-colonia. Sono presenti e attivi in molte delle nostre città. La vecchia generazione è scampata alla guerra di sterminio degli etiopi. Quella nuova è qui per trovare occasioni di vita e lavoro rese scarse in un paese che, da pochissimi anni e tra grandi difficoltà, esce da guerre distruttrici e soffre di ingiuste sanzioni, che hanno aggravato un sottosviluppo di cui anche l’Italia è responsabile. Altro che fuga da una dittatura. Di quelli che se ne dicono fuggiaschi non se n’è mai visto manco uno nei miei incontri con chi evidentemente rappresentava adeguatamente la comunità. In tutta l’Olanda, con lo zuccherino dell’asilo politico, sono riusciti a rastrellarne una quarantina. E neanche tutti eritrei.

I disobbedienti non sono accettati, specie se occupano quella posizione strategica all’imbocco del Mar Rosso, la giugulare dell’economia tra Nord e Sud, Est e Ovest. Specie se non stanno alle regole. Siccome anche a noi quelle regole non piacciono, dobbiamo stare con l’Eritrea. Sempre più. Un altro avamposto della liberazione umana non deve cadere. E che agli olandesi di regime e di sudditanza il loro formaggio gli rimanga nella strozza. 

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 08:49

Bombe nucleari USA in Italia. Cui prodest?

Pressenza

17.04.2017 – Mondo senza guerre e senza violenza Gerardo Femina

Bombe nucleari USA in Italia. Cui prodest?

In Italia sono presenti almeno 70 bombe nucleari degli Stati Uniti. Secondo la FAS, federazione di scienziati americani, ce ne sono 50 nella base di Aviano in provincia di Pordenone e 20 nella base di Ghedi in provincia di Brescia. Si tratta di bombe B61, che verranno sostituite in breve tempo dalle nuove bombe B61-12. Ma perché queste armi di distruzione di massa sono presenti sul nostro territorio? A vantaggio di chi?

Alcuni decenni fa era relativamente facile dividere il mondo in buoni e cattivi. Da un lato i comunisti, i russi bolscevichi, l’Unione Sovietica, la Cina, e dall’altra l’America, patria della democrazia e della libertà, seguita  dagli altri paesi cosiddetti occidentali. In questa visione l’Italia giocava la sua parte di alleato pronto a svolgere un ruolo nel caso di un conflitto. Negli anni ’60 gli Stati Uniti dislocarono armi atomiche sul nostro territorio. Questo poteva anche essere visto come un atto di sudditanza, come il prezzo obbligatorio da pagare ai vincitori per la guerra persa. Ma oggi la seconda guerra mondiale è lontana, le cose sono molto cambiate e questo modello che divide il mondo in buoni e cattivi non funziona e non coincide con quanto sta accadendo nel panorama mondiale. Il mondo è policentrico. Da una parte abbiamo relazioni e accordi con la Russia e la Cina di vitale importanza per la nostra economia, dall’altra la politica del nostro alleato, gli Stati Uniti, è sempre più aggressiva, caotica, inaffidabile e imprevedibile.

Come si giustifica a questo punto la presenza di armi atomiche di una potenza straniera sul nostro territorio? Senz’altro non sono per la difesa. Sono armi d’attacco in mano agli Stati Uniti e al suo comandante in campo, Donald Trump. Nel caso in cui scoppiasse un conflitto di ampie dimensioni l’Italia sarebbe un bersaglio di primaria importanza. Tutti noi crediamo e speriamo che mai si giunga a una follia simile e giustamente allontaniamo questi pensieri da noi per vivere tranquilli. Ma dobbiamo ricordare che questa follia si è già impossessata una volta dell’animo di alcuni uomini, anzi due volte, con Hiroshima e Nagasaki! Inoltre la situazione potrebbe precipitare anche solo per un incidente. A vantaggio di cosa o di chi dobbiamo correre questo pericolo? Anche per una questione di sicurezza personale, perché dobbiamo rischiare di essere un bersaglio di un’eventuale rappresaglia in una guerra che non saremmo noi a cominciare?

Con la scelta di restituire le bombe nucleari al loro proprietario l’Italia si comporterebbe da stato sovrano e darebbe un segnale di distensione internazionale, aprendo un nuovo cammino per uscire dal tunnel in cui il mondo si è infilato. Potrebbe essere un esempio di una nuova politica che si muove verso quel futuro diverso di cui abbiamo profondamente bisogno.

Se proprio dobbiamo dividere il mondo in buoni e cattivi, tra questi ultimi sicuramente hanno un posto importante le industrie belliche. Il loro potere è tale da influire in maniera determinante sulle politiche degli stati nazionali, che ormai sono quasi degli ostaggi nelle loro mani. Anche se le loro sedi sono in qualche punto geografico, non hanno un colore legato a qualche bandiera particolare e il loro raggio d’azione è internazionale. La guerra è per loro solo un business per produrre e vendere armi…

Liberarsi di queste bombe nucleari non è un atto contro gli Stati Uniti, ma contro una politica senza futuro voluta dalle industrie belliche.

Come italiani abbiamo votato in un referendum contro il nucleare civile. Ho la certezza che la stragrande maggioranza degli italiani non vuole questi ordigni atomici. Invece di distrarci con discussioni su cose secondarie tutti i partiti devono prendere posizione su questo tema, perché le armi nucleari vanno smantellate oggi, prima di usarle. Dopo sarebbe troppo tardi.

Ridiamo valore alla parola democrazia e pretendiamo con tutta la forza e potenza della nonviolenza un’Italia realmente denuclearizzata.

 

LUC MICHEL ANALYSE L’IMPORTANCE GEOSTRATEGIQUE DU NIGERIA POUR LES USA EN AFRIQUE (SUR ‘LIGNE ROUGE’)

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ 

Ce lundi matin 17 avril 2017

Dans LIGNE ROUGE

la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !

Présentée par Vanessa Ngadi Kwa

2017-04-17_053318

Thème de l’émission de ce jour :

« DONALD TRUMP ORDONNE A L’ARMÉE AMÉRICAINE DE VENDRE LES AVIONS DE COMBAT AU NIGERIA POUR LUTTER CONTRE LE TERRORISME ».

En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse le Dossier USA-Nigéria et ses arrières-plans géopolitiques et stratégiques …

DERRIERE LA LIVRAISON DES AVIONS DE COMBAT AMERICAINS :

LES LIENS PRIVILEGIES DE L’AFRICOM US AVEC L’ARMEE NIGERIANE

ET LA PRIORITE GEOPOLITIQUE ET GEOSTRATEGIQUE DONNEE EN AFRIQUE AU NIGERIA PAR LES USA …

Le géopoliticien, qui est aussi un militant panafricaniste et dirige l’organisation transnationale PANAFRICOM (1), « néopanafricaniste » (2), répondra aux questions :

* Nous allons au Nigéria, déstabilisé par Boko Haram. Comment analyser cette livraison d’avions militaires américains à l’Armée du Nigéria par Trump ?

* La décision de Trump fait suite à un refus d’Obama. Qu’est ce qui n’allait pas entre Buhari, qui s’était pourtant immédiatement rendu aux USA après son élection, et le précédent président américain ?

* Pourquoi Trump a-t-il pris la position inverse d’Obama dans ce dossier ? Comment l’expliquez ?

* Vous dites que « derrière Trump il y a le puissant lobby des industries d’armement américaines » ?

* Pour conclure, quelle est le point de vue du géopoliticien sur ce dossier USA-Nigéria ? Y a-t-il des enjeux géopolitiques ou géostratégiques dans cette affaire ?

(1) Sur PANAFRICOM :

* Découvrir la WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir la Page Officielle Panafricom/

@panafricom https://www.facebook.com/panafricom/

(2) Sur le NEOPANAFRICANISME :

* Aborder l’Idéologie panafricaniste/

Voir la Page Panafricom II – Néopanafricanisme

@Panafricom2 https://www.facebook.com/Panafricom2/

 Carte :

La carte géopolitique du Nigéria (en 2012, au moment de l’expansion de Boko Haram), mais qui expose bien les données géopolitiques et géostratégiques du Nigéria.

EODE-TV / EODE PRESS OFFICE

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SUR AFRIQUE MEDIA/

LUC MICHEL DANS ‘LIGNE ROUGE’

LA GRANDE EMISSION DU MATIN

Ce lundi matin 17 avril 2017

de 05h30 GMT à 08h GMT

(Malabo-Ndjaména-Douala de 6h30 à 9h

et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)

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AFRIQUE MEDIA

* en STREAMING sur http://lb.streamakaci.com/afm

* sur SATELLITE sur http://www.lyngsat.com/Eutelsat-9B.html

* WebTV sur http://www.afriquemedia-webtv.org

USA : LA ‘PURPLE REVOLUTION’ DE SÖROS TOUJOURS MOBILISEE CONTRE TRUMP !

EODE/ OBSERVATOIRE DES REVOLUTIONS DE COULEUR/
LM/ EODE/ 2017 04 17/
purple back
Le président américain Donald Trump s’est plaint dimanche des manifestations qui ont rassemblé des dizaines de milliers de personnes aux Etats-Unis la veille pour réclamer la publication de ses feuilles d’impôts.
Et à mis en cause implicitement Söros : “Il faut que quelqu’un s’intéresse à qui a payé les petits rassemblements organisés hier. L’élection est terminée! “, a ajouté le dirigeant républicain. A Washington, New York et dans des dizaines de petites et grandes villes américaines, des milliers de personnes ont défilé samedi pour demander au milliardaire qu’il se conforme à la tradition présidentielle en publiant ses déclarations de revenus. 
Les manifestants souhaitent connaître le montant réel des impôts payés par l’homme d’affaires, et d’éventuelles sources étrangères de revenus. Bien qu’il n’ait pas directement accusé cette fois-ci les manifestants d’être rémunérés, il a eu recours à cet argument au moins deux fois dans le passé, dernièrement le 3 février au moment de manifestations contre son décret anti-immigration. Sur Twitter, il avait alors dénoncé les “anarchistes et voyous professionnels, et les manifestants rémunérés”.
L’OMBRE A PEINE VOILEE DE SÖROS :
SES RESEAUX ET ONG SATELLITES DERRIERE LES MANIFESTATIONS !
Les rassemblements de samedi, intitulés “Tax March” en raison de la proximité de la date-butoir de déclaration des revenus, ont été coordonnés par un partenariat entre plusieurs organisations progressistes, dont change.org et MoveOn.org (réseaux Söros toutes les deux), des syndicats dont celui d’enseignants NEA, l’ONG Public Citizen (encore Söros) ou encore l’organisation créée par les supporteurs de Bernie Sanders, Our Revolution.
*Sur la « PURPLE REVOLUTION » aux USA voir sur PCN-TV/ 
PRESS TV (IRAN) INTERVIEWE LUC MICHEL : 
UNE REVOLUTION DE COULEUR EN AMERIQUE ? 
‘PURPLE REVOLUTION’ : LE ROI EST NU
LM / EODE / 
OBSERVATOIRE DES REVOLUTIONS DE COULEUR /
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# EODE ORGANISATION :
* EODE-TV :
* ЕВРАЗИЙСКИЙ СОВЕТ ЗА ДЕМОКРАТИЮ И ВЫБОРЫ (ЕСДВ)/
EURASIAN OBSERVATORY FOR DEMOCRACY & ELECTIONS 
(EODE) :

ISIS E LGBT: USO E ABUSO

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MONDOCANE

SABATO 15 APRILE 2017

 

Case e prostitute chiuse, media e presstitute in divisa e en travesti

Ho fatto giusto in tempo, a Genova, a conoscere quelle case che chiamavano chiuse. Chiuse non tanto a chi vi entrava quanto a chi ne avrebbe voluto uscire: le prestatrici d’opera. Godevano di un permesso di qualche ora la domenica, perlopiù per brevi incontri con una loro creaturina affidata a qualche parente, si spostavano a plotoni ogni 15 giorni da una città all’altra (perciò, salivando, ci si informava sulle “quindicine” nuove arrivate al popolare ed effervescente “Castagna”, o all’esclusivo e pomposamente formale “Lepri”) e non credo che il suffragio universale esteso alle donne dopo la guerra riguardasse anche loro. Per gli adolescenti era una specie di romanzo di iniziazione. La rete di lenoni che amministrava il business da noi non cavò un granchè. Squattrinati, s’andava lì nelle ore di sega all’università a pizzicare tette e cosce con gli occhi e a far casino nel casino, fino al momento in cui la “madama” al banco dei gettoni, stufa di sollecitare “ragazzi in camera!”, ci cacciava fuori.

M’è capitato uno strano accostamento tra quei postriboli e quelli, per molti versi sovrapponibili, in cui oggi si fabbricano  giornali e telegiornali. In tutte e due la merce è bene impacchettata (o spacchettata), ma, al consumo, risulta avariata, perché falsa, simulata, recitata. Difficilmente, allora,  alle tue frementi aspettative, rispondeva qualcosa di più di un povero singulto, più o meno stancamente recitato. Difficilmente, oggi, al tuo interessamento per le cose del mondo corrisponde una risposta sincera. In entrambi i casi si fa finta, si ha a che fare con impostori che in cambio dei tuoi quattrini e diritti ti rifilano un prodotto contraffatto. Sto parlando di organi d’informazione di cui, datine i fini e loro mandanti, non c’è da nutrire neanche il dubbio che se ne ricavi qualcosa di onesto. Sono i grandi giornaloni e telegiornaloni e talkshowoni. Non vale la pena occuparsene. Mai termine più preciso di presstitute fu inventato.

Ma con l’involversi dei tempi anche il lenocinio ha saputo superare i propri limiti e si è passati dal bordello dichiarato ed evidenziato dalle persiane permanentemente chiuse, a tipologie analoghe, a finestre aperte con tanto di tendine di pizzo: escort, per le quali il dopocena è sottinteso, estetiste e fitness che occultano (non tutte ovviamente) la funzione principale dietro a un’altra socialmente accettabile, case d’appuntamento ove la recita include anche qualche prurito di autenticità. Avete già immaginato con chi va fatto l’accostamento. Media che, per rimanere nella metafora, incantatoti con l’aperitivo dalla gradevole gradazione alcolica e con una happy hour di tartine al lardo di Colonnata, unioni civili e migranti, ti rifilano la bistecca guasta, o agli ormoni, o addirittura neanche di carne, ma di soia: il mondo, le guerre, nemici e amici. Sono quelli che si proclamano di opposizione, menano gran vanto di come sanno cantargliela alla successione di ciarlatani, biscazzieri  e strozzini che sfilano nei palazzi del potere, ma poi tornano “quindicina” di regime non appena a portarle in camera siano i grandi signori  che ti pagano tante marchette. Presstitute en travesti.

La confessione bomba del NYT: L’Isis siamo tutti noi

Nell’edizione del 12 aprile di quello che i boccaloni definiscono lo “standard aureo” del giornalismo, il New York TImes, è esplosa una bomba al confronto con la quale la MOAB gettata sull’Afghanistan, a celebrare 16 anni di sconfitte e spese Usa e Nato, è poco più di un petardo (Del resto, sensazionalizzare come  apocalisse senza precedenti quella bombona serve solo a intimidire qualcuno. Non era affatto la prima volta. Era il 20 marzo 2003 e nel mio albergo di Bagdad, “Al Mansur”, venivano giù vetri e pareti mentre dal balcone filmavo una MOAB uguale a quella afghana, esplosa a 10 km, oltre il Tigri, a polverizzare l’intera area delle strutture delle telecomunicazioni. C’è tutto nel docufilm “Un deserto chiamato pace” ).

Cosa ci rivela il NYT, giornale portavoce di Netaniahu, guerrafondaio e razzista etnocentrico in ogni sua cellula e, più che mai, con il rinomato editorialista e pitbull da attacco, Thomas Friedman? Ciò che in tanti sapevamo, anche perché ce lo aveva detto Hillary Clinton, ma che le presstitute dei bordelli che passano per saloni di bellezza occultano: Isis, Al Qaida e rispettivi derivati cosa nostra sono. Vabbè, si sussurrava che sauditi e qatarioti qualche soldo ai wahabiti, veri o finti, l’avevano passato; che Erdogan s’era arricchito col petrolio dei suoi giannizzeri col vessillo nero rubato; si vociferava di campi d’addestramento Usa in Giordania; ci si chiedeva pensosi come mai avessero tante armi Nato e israeliane; si apprezzava lo spirito umanitario degli ufficiali sanitari israeliani che, sul Golan, allestivano cliniche per jihadisti feriti. Ma su tutto questo si passava rapidamente una mano di vernice: le nequizie del sanguinario dittatore Assad.

Ora, però, il grande quotidiano della Grande Mela ha abbandonato ogni scrupolo. Esaltato dall’improvvisa trasformazione del nefasto isolazionista in combutta con Putin in signore della guerra come pochi prima di lui, ha gettato alle ortiche ogni prudenza o doppiezza. Il nerboruto “commander in chief” ha calato il poker d’assi (bufalona delle armi chimiche e dei  tanti bambini morti, invincibile armada verso Pyongyang, MOAB sterminatrice sull’Afghanistan, dito medio sparato a Putin a Mosca), si gioca a viso e trucchi aperti.

Si chiede dunque il NYT: “Perché mai il nostro obiettivo dovrebbe ora essere quello di sconfiggere lo Stato Islamico in Siria?” Stupefacente onestà. Cinica, oscena, ma verità. Scrive l’acrobatico Friedman: “Di Isis ce ne sono due. Quella satanica, crudele e amorfa è l’Isis Virtuale. E’ quella che compie attentati a Londra, Parigi, Cairo. L’altra è l’Isis territoriale che controlla qualche zona in Iraq e vaste aree in Siria. Suo obiettivo è sconfiggere il regime di Assad insieme ai suoi alleati russi, iraniani e hezbollah e anche il regime filo-iraniano in Iraq, rimpiazzando entrambi con il califfato. Credo che se l’Isis territoriale venisse battuto, quello virtuale diverrebbe ancora più virulento”. L’abbiamo partorito (sottinteso), ora facciamolo fiorire e moltiplicarsi, ché, senza, di Siria e Assad non ci liberiamo più.

Concede , il NYT, che il fine degli Usa in Siria è schiacciare Assad, la Russia, l’Iran e Hezbollah, al punto che questi  si accordino con i “ribelli moderati” sull’eliminazione di Assad. “Serve dunque una no-fly-zone perché si costituisca, accanto a quella curda intorno a Raqqa, anche un’entità jihadista a Idlib, dove sono concentrati i moderati e dove Assad ha buttato le sue bombe chimiche. Cosa dunque potremmo fare? Aumentare drammaticamente il nostro sostegno militare ai ribelli e smettere di combattere l’Isis territoriale. Se dovessimo sconfiggere l’Isis territoriale permetteremmo ad Assad, Iran, Russa e Hezbollah di distruggere gli ultimi ribelli moderati…. E’ tempo che Trump faccia il Trump, cinico e imprevedibile. L’Isis è la più grande minaccia per Iran, Hezbollah, Russia e milizie scite… Perché mai sconfiggere l’Isis in Siria? Manco per niente. Non ora. Gli Usa devono aiutare l’Isis a essere il mal di testa di Assad, Iran, Hezbollah e Russia… Questo è il Trump che ci serve…” E che fino a ieri il NYT, gazzetta liberal dei progressisti del mondo, considerava alla stregua di un rigurgito gastrico. Muri, migranti, gay, flirt con Putin, misoginia, tutto  perdonato. Sono bastati una MOAB sui civili afghani e il colpaccio armi-chimiche-59 Tomahawk sulla Siria. E così, incoraggiati da tanto riconoscimento del Sion-NYT, gli eroi Isis hanno celebrato la Pasqua esibendosi nell’agghiacciante massacro di Aleppo e Mosul, ordinatogli per punire le popolazioni decise a tornare sotto la protezione del loro sanguinario dittatore.

A questo punto avremmo tutti le idee più chiare. Anche se il reo confesso Friedman non arriva ad ammettere che non è solo ora che agli Usa balena l’opportunità di lanciare l’Isis contro il resto del mondo. Che lo strumentino fine-del-mondo Al Qaida e poi Isis l’hanno inventato proprio loro. Ma nell’occhio che Friedman ci strizza, mentre ci racconta dell’Isis da portare alla vittoria, tutto questo è implicito. I sonnambuli della fede cieca nei media dovrebbero ricavarne un brusco risveglio. Tutti quelli dagli occhi aperti e le sinapsi in ordine che da anni sanno come terrorismo e USraele siano la quadratura del cerchio per il dominio sul mondo, dovrebbero poter godere della conferma. E invece, avete visto o sentito anche un solo accenno a questa deflagrazione di verità nei media delle nostre presstitute?

La stella di Davide sulla Casa Bianca, sull’Isis, sui curdi

Quando parla il NYT parla Israele. E quando parla Israele, gli Usa ascoltano, obbediscono e si tirano dietro il resto della sedicente “comunità internazionale”. Lo garantisce il ruolo e il numero di kazari talmudisti installati dove si informa, si incassa, si paga, si decide. E, per inciso, Israele, all’Isis da sostenere, affianca anche i curdi. Quelli iracheni da sempre. Quelli siriani da mo’. Quelli turchi….Come ci informa Stefano Zecchinelli: tra quelli impegnati nella pulizia etnica contro gli arabi a Rojava ci sono anche volontari israeliani. E vi appare addirittura il filosofo apostolo di tutti i terroristi, Bernard-Henry Levy. Sentite cosa ha detto Salih Muslim, leader dell’YPG curdo, a proposito del bombardamento di Trump: “Gli Usa non devono solo bombardare il regime, ma tutte le forze che usano la violenza contro i civili (ovviamente escluso l’YPG che spazza via i civili arabi dalle loro terre)… In ogni modo Trump ci aiuta più di Obama”. Trattasi dei cocchi democratici e femministi  ddella nostra sinistra.

C’è di peggio nel tramonto dell’Occidente che i russofobi di “sinistra”?

Quella sinistra che non ha perso l’occasione per confermarsi al servizio delle più sporche e squalificanti operazioni delle centrali di disinformazione, indirizzate a fomentare una sempre più demenziale psicosi di guerra. Sono detriti di una storia tradita e gettata alle ortiche, spiaggiati sulle rive di una palude frequentata da caimani, dove operano da procacciatori di vittime. Oggi il loro impegno è di contribuire con i loro sibili di rettili a gonfiare le vele della flotta in rotta verso la guerra. Se per vele intendiamo la russofobia, l’uragano che le muove ha assunto via via varie colorature: Putin omofobo, autocrate e assassino di oppositori, libertà d’espressione annientata, sport russo dopato in ogni sua specialità, hacker russi che hanno determinato la sconfitta di Hillary, Mosca che finanzia populisti e ultradestre per mandare in vacca l’Europa, Russia imperialista che divora l’Ucraina  e si risente se la democrazia installa una selva di missili ai suoi confini, Igor, il pluri-assassino, che imperversa tra i bravi cristiani terrorizzati delle lande emiliane, è ovviamente “Igor il russo”, militare siberiano nientemeno (la Siberia, i gulag…), anche se poi decade in serbo, sempre slavo è… La fantasia dei detrattori è sconfinata.

L’antesignano Sofri e i succedanei di Novaja Gazeta: è la volta dei LGBT

Amici ceceni di Sofri e della Politovskaja

Oggi hanno riesumato i fasti ceceni del Sofri, illustre editorialista di regime, che diffondeva le gesta dei sequestratori e tagliatori di teste ai tempi della prima attivazione dei banditi jihadisti in Cecenia, poi glorificati da quella Politovskaja, fiduciaria Cia e sua inviata perRadio Liberty, il cui giornale, Novaja Gazeta, attiva, a dispetto dei diversi non manipolabili, una delle quinte colonne imperialiste più care a George Soros e alla sua panoplia di sinistri liberal dirittoumanisti: l’ala LGBT che nel bandito affossatore di valute e nazioni si riconosce. Non manca l’occasione di guadagnarsi il riconoscimento dei suoi sponsor “il manifesto”,  che imbratta una pagina con un copia e incolla dal quotidiano russo sugli orrori anti-LGBT perpetrati in Cecenia sotto lo sguardo iniettato di sangue dell’omofobo Putin. Tanto per ribadire che in Russia l’autocrazia dell’ex-KGB non consente la minima libertà di stampa, come vuole la vulgata  dell’industria di fake news occidentale. E per farci rimpiangere che a Mosca non ci sia nessuno come l’ungherese Orban che impedisca alle Ong dei sabotatori finanziati da Soros e dalla NED di destabilizzare il paese diffondendo falsità e reclutando agenti provocatori.

Il Grand Guignol di “Novaja Gazeta” e “manifesto” ci dipinge un quadro splatter di orrori inflitti ai gay ceceni. Guardate qua, la prosa degli sceneggiatori di bufale ripresa con fervore orgasmatico dal giornaletto dei “diritti civili” come interpretati dai pubblicitari di

genocidi: “Picchiati con tubi di gomma, attaccati alla corrente elettrica, costretti a sedersi su bottiglie, lasciati senza cibo né acqua, a volte fino alla morte…Auschwitz(l’accostamento non manca mai), la segregazione del disumano… nella prigione segreta scoperta da due giornaliste di “Novaja Gazeta”….” E sapete come l’hanno scoperta? Leggete e ammirate l’inconfutabile prova: “Le due reporter (si fa per dire) non sono entrate nel centro di segregazione, ma hanno ricostruito attraverso testimoni dove e  cosa succede lì dentro”. Tre testimoni. Anonimi. Poi gli ho telefonato, anonimo anch’io, e gli ho rivelato che Putin si ciba di cuori strappati a neonati ebrei. Esce nel prossimo numero del giornale della Politovskaja. Le due reporter badino che i loro mandanti non gli facciano fare la fine nell’ascensore della loro collega martire. Ci penserà comunque  il “manifesto” a consacrarle.

I numeri di convenienza delle pene di morte

Non si fa mancare nulla “il manifesto”. A completare il servizio del quotidiano socialimperialista (stavolta il termine calza), la boiata cecena è sovrastata da una denuncia agghiacciante. La Cina, proclama sgomenta la filiale del Dipartimento di Stato, capeggia la classifica delle esecuzioni capitali. 85 tra il 2014 e il 2016. Non dice niente  delle 27 degli Usa nel solo 2016. Ovviamente ci si astiene dal fare il rapporto tra esecuzioni e popolazioni. Quanto fa 85 in tre anni su 1miliardo e 400 milioni, rispetto a 27 in un anno su 300? Ma Amnesty International, fonte prediletta della sinistra imperialista, trascura qualche particolare. Per esempio, che ai 27 interventi del boia americano vanno aggiunte le 5000 esecuzioni  extragiudiziali annuali di civili disarmati, quasi tutti neri, da parte della polizia (e magari anche qualche decina di migliaia di quelle commissionate ai terroristi in Siria e Iraq). Amnesty, che è scaltra, si aspetta l’obiezione e prontamente, la rintuzza: le 85 esecuzioni cinesi nei tre anni sono invece “almeno 931, però non riportate nei registri”. Lo dice Amnesty. E se lo dicono loro… Non sono quelli che ci hanno rivelato che Assad ha fatto strangolare 13mila detenuti nelle sue carceri? E mica  perché queste fossero troppo affollate. Perché gli andava. Quando si è amici di Putin….

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:17

LE REFERENDUM TURC ET SES VRAIS ENJEUX : UN CHOIX DE REGIME. KEMALISME MAINTENU OU NEO-OTTOMANISME SANS FARDS. UN CHOIX GEOPOLITIQUE. EUROPEISME KEMALISTE OU REVERIES ASIATIQUES-PANTOURANISTES …

Luc MICHEL/ 2017 04 15/
GEOPOLITIQUE/
carlos-latuff-tayyip-erdogan
“Dimanche, la Turquie décide quel pays elle veut devenir, rester une république laïque parlementaire ou adopter un système présidentiel, dominé par un seul homme et un parti aspirant à une société religieuse et conservatrice. Le vieux rêve d’Erdogan …”
– AFP (ce 14 avril).
La Turquie se prononce dimanche sur le renforcement des pouvoirs du président Recep Tayyip Erdogan lors d’un référendum crucial dont l’issue pourrait remodeler le système politique du pays et redéfinir ses relations avec l’Europe. L’enjeu, ni expliqué ni débattu pas plus à Bruxelles qu’à Moscou, est géopolitique !
Les Erdogan passeront.
Les petits nains politiques du Club chrétien de Bruxelles (1), vassaux soumis des USA et de l’OTAN, passeront.
Mais le destin géopolitique et historique des peuples du continent, de Vladivostok à Reykjavik, restera un. Rome – Constantinople/Istanbul et Moscou dans un Etat-Continent ! (2) (3) (4)
Mais les rêveries néo-ottomanes (mâtinées de Pantouranisme) (5) d’Erdogan et de son AKP, soigneusement agitées par Washington, risquent de sérieusement contrarier notre destin eurasiatique continental …
Le fait que le référendum turc (fait géopolitique majeur) ait lieu à quelques jours de la présidentielle française (épiphénomène du parlementarisme petit-bourgeois occidental, quelle qu’ importance que se donnent à tord le “club des onze” de la particratie française) révèle combien les jeux du parlementarisme sont éloignés des enjeux véritables (géopolitiques) qui engagent le destin de nos peuples.
LM
(1) Ironie de l’histoire, alors que Bruxelles a toujours rejeté la Turquie kémaliste et laïque, au destin européen assumé, elle a tissé une alliance politique étroite avec Erdogan. Précisément entre les islamo-conservateurs néo-ottoman de l’AKP (proche des Frères Musulmans) et la Démocratie-chrétienne pilier fondateur de l’UE. L’AKP est en effet membre observateur … du PPE, le « Parti populaire européen » qui unit les partis démocrates-chrétiens de l’UE (CDU-CSU, CDH et CDNV belges, etc) ! Angela Merkel a qualifié le lien entre l’Allemagne et la Turquie de « spécial », malgré les récentes tensions entre les deux pays. « Ce qui rend la relation germano-turque si spéciale est que plus de 3 millions de personnes d’origine turque vivent en Allemagne », a-t-elle précisé au groupe médiatique REDAKTIONSNETZWERK DEUTSCHLAND. Binationaux (l’électorat étant cadenassé par le contrôle des associations turques exercé par l’AKP en alliance avec les « Loups gris » d’extrême-droite), ils y votent et sont un enjeu de politique intérieure. La situation est la même en Belgique, singulièrement en région de Bruxelles-Capitale …
(2) J’ai publié en décembre 2006 la première version de mes « Thèses géopolitiques sur la ‘Seconde Europe’ unifiée par Moscou ». Analyse révolutionnaire qui renouvelait la vision géopolitique, mais aussi idéologique, des rapports Est-Ouest entre la Russie et ses alliés, et aussi la vision de la nature géopolitique de l’Union Européenne. Idée centrale, idée-force : L’Europe ne se limite pas à l’Union européenne ! Ni même aux états qui lui sont maintenant associés, comme la Moldavie ou la Serbie. La Russie, qui a retrouvé son indépendance avec Vladimir Poutine est aussi l’Europe ! Une SECONDE EUROPE, une AUTRE EUROPE eurasiatique se dresse désormais à Moscou face à l’Europe atlantiste de Bruxelles. Depuis il y a eu le « Discours de Valdai » de Poutine lui-même …
Cette analyse se situe directement dans la perspective des thèses et des analyses développées entre 1982 et 1991 par les théoriciens de l’« Ecole de Géopolitique euro-soviétique » (Thiriart-Cuadrado Costa-Luc Michel) – d’où est aussi issu après 1991 le « néo-Eurasisme russe » (avec bien des déviations) – , qui prônait une unification européenne d’Est en Ouest. Une Grande-Europe de Vladivostok à Reykjavik, déjà autour de Moscou. Mes Thèses de 2006 actualisent les analyses « euro-soviétiques » après la disparition de l’URSS. Dès 1983, j’affirmais « La Russie c’est aussi l’Europe »…
Ce long détour pour faire comprendre que le projet eurasiste (ou Grande-Europe de Vladivostok à Reykjavik) et l’UE (petite-europe de Bruxelles et Berlin) sont deux visions antagonistes de l’avenir du continent eurasiatique. L’UE représentant par sa sujétion aux USA va l’OTAN la trahison même du projet européiste. Aujourd’hui en 2016, on ne peut plus être à la fois partisan de l’UE et soutenir le projet néoeurasien de Moscou.
(3) Cfr. Luc MICHEL, EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE / THESES SUR LA « SECONDE EUROPE » UNIFIEE PAR MOSCOU
(4) Voir sur EODE-TV :
EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (3) : POUTINE A VALDAI DECRYPTE
Coproduction Luc MICHEL – EODE-TV – Afrique Media
Luc MICHEL, décrypte la façon dont le Président russe Poutine conçoit la Géopolitique mondiale vue d’Eurasie. Il nous explique aussi d’où viennent les concepts géopolitiques derrière la vision russe du Monde et ses implications. Il aborder ce dossier au travers du grand discours de géopolitique que le Président Poutine a livré au Club Valdai, à Sotchi, ce 25 octobre 2014 …
(5) Contrairemant à ce qu’avancent les eurasistes russes de droite, le Pantouranisme n’est pas une version turque de l’Eurasisme, mais un projet géopolitique opposé, celui d’un empire turc en Asie centrale et au Caucase qui empêcherait par son existence même toute unification eurasiatique. Le combat d’Enver Pacha perdu contre les bolchéviques qui entendaient restaurer de facto l’empire russe (selon la vision de Staline qui annonce déjà la « Troisième Rome nationale-bolchévique » de la fin des Années 20) s’inscrit dans l’opposition fondamentale entre les deux projets géopolitiques. Les rêveries ésotériques et mystiques orientales, dont les eurasistes russes de droite ont encombré la géopolitique néo-eurasiste, celle de Thiriart, expliquent cette incompréhension fondamentale du Pantouranisme.
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LUC MICHEL ANALYSE LA SITUATION EN RDC APRES LA NOMINATION DU NOUVEAU PREMIER MINISTRE TSHIBALA (SUR ‘LIGNE ROUGE’)

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ 
2017-04-15_051739
Ce samedi matin 15 avril 2017
Dans LIGNE ROUGE
la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !
Présentée par Victoria Dimalla
Second Thème de l’émission de ce jour :
« LES DEFIS DU NOUVEAU PREMIER MINISTRE DE LA RDC ».
En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse l’évolution de la situation politique en RD Congo …
LA RDC VOIT LE DOUBLE ECHEC DES LEADERS PRO-OCCIDENTAUX DE L’OPPOSITION (KATUMBI ET LE CLAN TSISEKEDI) : NOMINATION DU NOUVEAU PREMIER MINISTRE ET ECHEC DANS LA RUE …
Le géopoliticien, qui est aussi un militant panafricaniste et dirige l’organisation transnationale PANAFRICOM (1), « néopanafricaniste » (2), répondra aux questions :
* Nous voici de retour dans la crise congolaise. La RDC a donc un nouveau Premier ministre Bruno Tshibala, figure de l’opposition, nommé par le Président Kabila. C’est une nouvelle étape dans la crise congolaise. Quelle est la nouvelle situation et les rapports de force ?
* Au cœur de la crise il y a le Clan Tsisekedi ?
* A quel tâches le nouveau premier ministre Tshibala doit-il s’attaquer ? Alors que l’opposition se déchire sur la participation au pouvoir et a implosé. Et que l’appel à la rue lancé par les extrémistes, Katumbi et clan Tsisekedi, soutenus par les occidentaux, a échoué lundi dernier ?
* Vous dénoncez le rôle des occidentaux – Washington qui utilise Katumbi, le Quai d’Orsay, l’UE et le néocolon belge, qui a organisé directement le « rassemblement de l’opposition pro-occidentale, dit de Genval » -, dans la crise congolaise et la déstabilisation sans fin de Kinshasa ? 
(1) Sur PANAFRICOM :
* Découvrir la WebTv/ 
* Voir la Page Officielle Panafricom/ 
(2) Sur le NEOPANAFRICANISME :
* Aborder l’Idéologie panafricaniste/ 
Voir la Page Panafricom II – Néopanafricanisme
EODE-TV / EODE PRESS OFFICE
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SUR AFRIQUE MEDIA/
LUC MICHEL DANS ‘LIGNE ROUGE’
LA GRANDE EMISSION DU MATIN
Ce samedi matin 15 avril 2017
de 05h30 GMT à 08h GMT
(Malabo-Ndjaména-Douala de 6h30 à 9h 
et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)
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AFRIQUE MEDIA

LUC MICHEL DECRYPTE LE SOUTIEN DE L’ONU ET DES LOBBIES INTERNATIONAUX AUX OPPOSANTS ANGLOPHONES DU ‘SOUTHERN CAMEROON’ (SUR ‘LIGNE ROUGE’)

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ 
2017-04-15_054329
Ce samedi matin 15 avril 2017
Dans LIGNE ROUGE
la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !
Présentée par Victoria Dimalla
Second Thème de l’émission de ce jour :
«L’ONU DEMANDE AU CAMEROUN DE LIBERER LES ACTIVISTES DETENUS DE LA CRISE ANGLOPHONE ».
En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse le soutien de l’ONU aux opposants anglophones du « Southern Cameroon » …
POURQUOI L’ONU S’INGERE-T-ELLE DANS LA CRISE ANGLOPHONE AU ‘SOUTHERN CAMEROON’ ?
QUI SE CACHE DERRIERE CETTE INGERENCE ET DANS QUEL BUT ?
Le géopoliticien, qui est aussi un militant panafricaniste et dirige l’organisation transnationale PANAFRICOM (1), « néopanafricaniste » (2), répondra aux trois questions essentielles :
* Nous revenons sur le dossier de la « crise anglophone » au Cameroun. L’envoyé spécial du secrétaire-général de l’ONU visite le Cameroun et s’ingère dans cette crise, prenant le parti des anglophones. Vous parlez vous de forces exogènes et de « lobbies internationaux » en action derrière les Nations-Unies ?
* Vous avez beaucoup analysé la « crise anglophone », un dossier complexe qui est aussi celui géopolitique du Southern-Cameroun et encore celui de la tentative de sécession de la soi-disant « Embazonie ». Quelles sont les forces en action ?
* Vous dites que la « crise anglophone » n’est qu’un des aspects de la déstabilisation du Cameroun, en vue d’un changement de régime lors de la prochaine élection présidentielle. Résumez-nous votre thèse ?
LIGNE ROUGE 2017 04
(1) Sur PANAFRICOM :
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(2) Sur le NEOPANAFRICANISME :
* Aborder l’Idéologie panafricaniste/ 
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Ce samedi matin 15 avril 2017
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et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)
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PROVOCATIONS DE TRUMP ET MENACES DE GUERRE (III) : TRUMP LACHE UNE SUPERBOMBE GBU-43 DE 10.000 KG SUR L’AFGHANISTAN … POUR INTIMIDER LA COREE DU NORD !

LUC MICHEL/ 2017 04 14 (III)/
GEOPOLITIQUE/
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Les Etats-Unis ont largué hier jeudi soi-disant « contre le groupe Etat islamique en Afghanistan » la plus puissante bombe non-nucléaire qu’ils aient jamais employée, surnommée la “mère de toutes les bombes”, selon un porte-parole du Pentagone. La frappe avec la bombe GBU-43 de plus de 10.000 kilos, a « visé à environ 14h30 GMT une série de grottes » dans la province de Nangarhar (est de l’Afghanistan), où un soldat américain aurait « été tué dans une opération le week-end dernier contre les jihadistes3, selon Adam Stump, un porte-parole du Pentagone.
LE DISCOURS OFFICIEL DU PENTAGONE
ET LES MOTIVATIONS REELLES DE TRUMP
Cette énorme bombe guidée au GPS longue de plusieurs mètres, qui n’avait jamais été utilisée au combat auparavant, aurait donc « été larguée en soutien aux forces afghanes et américaines opérant dans la région », selon le Pentagone. Une telle frappe pour anéantir moins de 30 djihadistes, le Pentagone,ment effrontément. Et les médias de l’OTAN  avalisent ces médiamensonges. En réalité, cette frappe spectaculaire est liée à l’arrivée d’une flotille US, avec porte-avions, dans les eaux coréennes. Et vise à intimider la Corée du Nord. Pas sur que ces méthodes de cow-boys (l’ambassadrice de Trump aux Nations-Unies Nikki Halley se dit-ellle « le nouveau sheriff de l’ONU ») à la Trump, président sans expérience ni compétence, impressionnent beaucoup Pyong-Yang !
* Lire sur :
(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)
LM
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PROVOCATIONS DE TRUMP ET MENACES DE GUERRE (II) : LA RUSSIE EST ‘TRES INQUIETE’ ET LA CHINE S’AFFOLE. ‘UN CONFLIT POURRAIT ECLATER A TOUT MOMENT EN COREE DU NORD’ (AFP)…

LUC MICHEL/ 2017 04 14 (II)/
GEOPOLITIQUE/
RPDC2
Les médias de l’OTAN prennent enfin la mesure des risques que l’imprévisibilité et l’incompétence de Trump font courir à la paix mondiale. « La Russie est “très inquiète” et la Chine s’affole: “Un conflit pourrait éclater à tout moment” en Corée du Nord », titre l’AFP ! Comme je l’écrivais déjà ce midi, « Et ce n’est pas Pyong-Yang la menace (les photos agressives de la RPDC diffusées par la propagande des médias de l’OTAN ne doivent pas tromper). Mais bien la première puissance militaire mondiale, aux mains des docteurs Follamour de la Maison blanche et du Pentagone ».
POURQUOI MOSCOU ET PEKIN S’AFFOLENT :
TOUT L’EQUILIBRE GEOPOLITIQUE ET GEOSTRATEGIQUE NON SEULEMENT DANS LA PENINSULE COREENNE MAIS EN MER DE CHINE EST BOUSCULE PAR LES PROVOCATIONS DE TRUMP !
« Un conflit pourrait éclater à tout moment » en Corée du Nord, a averti ce vendredi le ministre chinois des Affaires étrangères, Wang Yi, après de nouvelles menaces de Donald Trump envers le régime de Pyongyang. « Le dialogue est la seule issue », a déclaré M. Wang lors d’un point de presse à Pékin en compagnie de son homologue français Jean-Marc Ayrault, au lendemain de propos du président américain promettant que le « problème nord-coréen serait traité ». « Quiconque déclenchera une guerre en payera le prix », avertit Pékin ! Quiconque provoquerait un conflit dans la péninsule coréenne « devra assumer une responsabilité historique et en payer le prix », a martelé vendredi Wang Yi. « Le vainqueur ne sera pas celui qui tient des propos les plus durs ou qui montre le plus ses muscles. Si une guerre a lieu, le résultat sera une situation dont personne ne sortira vainqueur », a averti M. Wang, sans citer explicitement les récentes menaces du président américain.
La Russie, « très inquiète, appelle à la “retenue » … La Russie, « très inquiète » du regain de tensions concernant la Corée du Nord, a appelé vendredi « toutes les parties à la retenue » et à « éviter toute action qui pourrait être interprétée comme une provocation », a indiqué le Kremlin, après des menaces de Washington envers Pyongyang. « Moscou suit avec une grande inquiétude la montée des tensions dans la péninsule coréenne. Nous appelons tous les pays à la retenue et les mettons en garde contre toute action qui pourrait être interprétée comme une provocatio »”, a déclaré le porte-parole du Kremlin, Dmitri Peskov, à des journalistes.
* Lire sur :
(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)
LUC MICHEL
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