EN MEMOIRE DES FRERES ET SŒURS RUSSES FRAPPES PAR LE TERRORISME VENU D’OCCIDENT / ВЗРЫВЫ В МЕТРО САНКТ-ПЕТЕРБУРГА …

 

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

2017 04 03/

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Terrorisme venu d’occident ?

La frappe terroriste est-elle le second front de la déstabilisation de la Russie, après le retour de la « révolution de couleur » ce 26 mars (et la vague de propagande pour celle-ci dans les médias de l’OTAN) ? La coïncidence des deux actions contre Poutine est en effet troublante.

Elle l’est encore plus lorsque l’on sait que le djihadisme est une construction des USA lors de la Guerre d’Afghanistan (1979-1989), lui-même issu de l’instrumentalisation des islamistes radicaux par Washington à partir de 1944 (après le Berlin des Nazis).

L’explosion dans le métro de Saint Pétersbourg, a fait au moins 10 morts et 20 blessés en deux frappes (et une 3e bombe trouvée à temps) …

* Voir mon analyse pour EODE THINK TANK/

L’ATTENTAT DE VOLGOGRAD DANS SA PERSPECTIVE GEOPOLITIQUE

sur http://www.eode.org/eode-think-tank-geopolitique-lattentat-de-volgograd-dans-sa-perspective-geopolitique/

#LucMichel #LucMichelPCN #EODE

LM

ВЗРЫВЫ В МЕТРО САНКТ-ПЕТЕРБУРГА

Взрывы прогремели на станциях “Сенная” и “Технологический институт” синей ветки метро Санкт-Петербурга, есть пострадавшие и погибшие, сообщил источник в правоохранительных органах города.

#сбп #питер #санктпетербург #метро

#взрыв #терроризм #теракт

* Dessin de Vitaly Podvitski.

LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

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FOSSILI CONTRO VIVI – TAP, BOMBA E NATO, UNA FACCIA UNA RAZZA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/04/fossili-contro-vivi-tap-bomba-e-nato.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 3 APRILE 2017

Sto iniziando a scrivere e succede: Bomba nel metrò di S.Pietroburgo.  Dopo il Tupolev abbattuto con il Coro dell’Armata Rossa, dopo il Sukhoi 35 sulla Siria, dopo l’aereo di linea da Sharm el Sheik, dopo l’assassinio dell’ambasciatore all’Ankara, mentre i mercenari Nato-Golfo attaccano l’ambasciata a Damasco e mentre il reprobo Putin si incontra con il reietto biuelorusso Lukashenko proprio a S. Pietroburgo. Escalation di avvertimenti a complemento dell’isteria russofobica. Dove non funzionano le quinte colonne in piazza, l’avvertimento si fa col botto. La firma è sempre quella, dalle Torri Gemelle al metrò di S. Pietroburgo. Cosa c’entra l’attentato in Russia con l’attentato contro il Salento? Lo dice la parola stessa. Intanto sono entrambi antirussi. Cosa c’entra l’attentato in Russia con l’attentato contro il Salento? Lo dice la parola stessa. Intanto sono entrambi antirussi e anti-Putin.

Armi di distrazione di massa

Coloro che, uditone il fischio, scattano e come un sol uomo a intrupparsi dietro al pifferaio hanno il loro da fare a seguirne la marcia per i più impervi e perlopiù grotteschi percorsi dialettici. E finiscono  con l’imbrattarsi di ridicolo per i vertici di entusiasmo propagandistico su cui si arrampica il tasso di servilismo che segna il loro concetto di giornalismo. Un Trump, messo alle corde dal golpe strisciante della piovra i cui tentacoli mediatici, spionistici, militari e finanziari determinano la politica estera degli Usa da tempi immemorabili, manda i suoi cavalli di razza, Mattis (Difesa) e Tillerson (Esteri), a minacciare di obliterazione Nordcorea, Iran e Russia, in quanto pericoli mortali per la sopravvivenza dell’umanità. All’istante la stampa italiota, quella che denuncia  l’ignominia delle “fake news” nei social media, tira fuori le sue forche-giocattolo e vi impicca quegli abominii dei dirigenti nordcoreani, russi, iraniani. Nequizie inesistenti, inventate, ma che, grazie alla compattezza e sintonia del coro, nella coscienza del volgo assurgono allo stato di “percepite”. Dunque funzionano, è la percezione che conta, non la realtà. E, soprattutto, distolgono la percezione dalle truppe corazzate e dalle batterie di missili con cui Usa e Nato ronzano attorno alle frontiere di questi paesi. Paesi che non si sognano di far male a una mosca, che non hanno mai pensato a piazzare una base o una brigata a 250 miglia da Washington. Per impedire che la loro innocenza mini alla base i profitti che al complesso militar-securitario assicura potere e futuro tocca creare il pericolo “percepito”.

Gli specialisti del “pericolo percepito”

A titolo esemplificativo godetevi i due paginoni di scempiaggini, oculatamente ammortizzate da mille “forse”, “si dice”, “parrebbe”, “molto probabilmente”, con cui una vessillifera del pifferaio, Roberta Zunini del  “Fatto Quotidiano”, fa del “dittatore nordcoreano” un concentrato di Mr.Hyde, Barbablù, Rina Fort e la coppia satanica di Marcinelle. In ritardo sulle rettifiche con cui velinari sparaballe più avveduti hanno riconosciuto che lo zio di Kim Yong Un è vivo e vegeto e al suo posto, la Zunini torna a farlo sbranato dai cani del nipote. Il quotidiano di Travaglio, l’eccellenza che si manifesta come Catone il Censore del servile encomio e codardo oltraggio caratterizzante la categoria, nulla ha da dire nemmeno sul fanatismo sion-atlantista del suo Leonardo Coen che insiste a vedere nelle chiassate moscovite di quattro scolaretti di Soros l’innesco della grande rivoluzione contro il dittatore KGB che ammazza, incarcera e tortura i martiri dei valori occidentali. Nel frattempo, chi fa più caso ai bombardamenti genocidi degli Usa su Iraq e Siria, finalizzati a impedire che quei paesi tornino mai più sulla carta geografica?

E non scordiamoci mai del “manifesto”, serpentello a sonagli travestito da pettirosso, modesta ma volenterosa arma ad aria compressa di distrazione di massa. Come non apprezzare i suoi contorcimenti anti-Brexit, anti-razzisti, anti-populisti, pro-Hillary, pro universale accoglienza,  per offuscare lo scandalo delle decine di Ong, dotate di poderose navi e di bandiera dei paradisi fiscali  che ora si scoprono mandate dalla Open Society di Soros in acque libiche a raccattare profughi. Carne da pomodoro, CIE e spaccio commissionata agli scafisti e di cui inondare la già malferma Europa. Cervello italiano che va, servo della gleba nigeriano che viene. Di questo di più la prossima volta.

Il ministro e chi gli arreda l’ufficio

Fin qui il prologo. Madamina, il catalogo è questo: San Foca, Melendugno, Tap. E Minniti. caporale di giornata dell’intelligence Nato, la stessa di Gladio, dai tempi di D’Alema bombarolo di Belgrado, non poteva non assurgere, in tempi di distrazione/distruzione sociale, a ministro di polizia. Il parlamento gli lastrica la strada allestendo provvedimenti legislativi sulla “legittima difesa” che faranno di ogni cittadino l’auto-poliziotto, l’auto-giudice e l’auto-boia. I soliti media, indiscutibilmente indipendenti, pompano la cronaca nera in modo da fare di un palloncino uno zeppelin (SKY NEWS 24, ore 13, i primi 25 minuti su giovani che si picchiano a morte, negozianti  sparati o sparatori, donne affettate e vetriolate). Risultato: panico totale, ogni altra preoccupazione accantonata, cultura del sospetto, disgregazione sociale e di classe, insicurezza “percepita”. Che è del tutto fittizia, ma è quella che serve a Minniti e Co.

I dati reali dicono che, dagli anni ’50 (omicidi annuali 1.400) al 2015 (omicidi 470), tutti i reati che minano la sicurezza sociale sono calati. 7,3% di furti in meno, quelli in abitazione meno 8,3%. Nella classifica per tasso omicidario, che inizia con i paesi a tasso più elevato, siamo al 157° posto. In compenso primeggiamo nella criminalità economica, tributaria e ambientale che, però, è quella meno presente tra i detenuti nelle nostre prigioni. Logica ferrea.

Cronaca nera: più vediamo delinquenti, più chiediamo gendarmi

La presa per il culo a fini di Stato di polizia è colossale. L’insicurezza “percepita”, che è quella su cui si costruisce la società che conviene, è la negazione e il seppellimento dell’insicurezza reale. Che è in calo costante e drastico e che, se la conoscessimo, vivremmo tutti felici e sereni e senza la minaccia del contagio e dell’emulazione. Contagio ed emulazione che i Grand Guignol  da cui veniamo circonfusi (dalle serie criminogene come “Gomorra” o House of Cards”, ai videogiochi pedagogici con cui si educa il pupo a bagni di sangue e sfracelli, sistematicamente esaltati dal quintocolonnaro Ercole del “manifesto”), puntano a diffondere. Servono ad allevare generazioni che diano sostanza all’insicurezza percepita. Vengono pensieri preoccupanti: d’accordo che il Minculpolp ci rincoglioniva di bufale e stronzate, ma, vedendo come e perché i media ci sguazzano per diffondere insieme mali esempi, emulazione e paura,  che Mussolini abbia avuto ragione a ingabbiare la cronaca nera in trafiletti di ultima pagina?

Insicurezza percepita e criminalità economico-ambientale

L’insicurezza percepita è quella con quale la lucida testa del ministro di polizia,  caro al giustiziere della Jugoslavia (e poi dicono che l’UE ha garantito 60 anni di pace all’Euopa. E lo dicono nella ricorrenza dell’euro- squartamento della Serbia-Jugoslavia), ha esordito in Salento. Contro tutto e contro tutti, ma rispettoso sia dell’insicurezza percepita (circolava aria di Black Bloc, esplodevano bombe-carta), sia della sopra citata criminalità economica e ambientale.

Quel gasdotto di 4000 km dovrebbe fottere i russi, sostituendo al loro il gas dell’amico dittatore azero, sconvolgere la più bella costa e il più bel mare del Salento per poi sfregiare la penisola da un capo all’altro pur di portare gas, che a noi non serve, ai clienti delle multinazionali europee. Fa compagnia ad altre proterve e devastanti violazioni della sovranità popolare e dell’integrità di territorio e salute di cui mi sono occupato nei due recenti cortometraggi “Fronte Italia-Partigiani del 2000” e “L’Italia al tempo della peste – Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi crimini”: TAP, TAV, MUOS, trivelle, rifiuti, basi ed esercitazioni militari. Quei docufilm illustrano una vera e propria guerra che la criminalità economica e ambientale conduce contro il paese e la sua popolazione.

In Sardegna abbiamo raccontato dell’80% dei pastori uccisi dalla ricadute tossiche delle milionate di esplosioni nei poligoni. In Basilicata l’impennata di cancro per gli sversamenti e le reiniezioni  di petrolio e relativi scarti nelle falde e negli invasi e la distruzione di una delle più pregiate agricolture d’Italia (mentre “il manifesto” glorificava a scolari in visita la bellezza dello sviluppo firmato dal suo assiduo inserzionista ENI). A Lampedusa scoprivamo che la retorica dell’accoglienza mascherava la militarizzazione dell’isola. A  Niscemi siamo sotto indagine per aver accompagnato manifestanti a combattere il sistema di comunicazioni militari planetarie Usa, MUOS, che favorisce morte in casa da elettromagnetismo e morte in giro per il mondo da bombardamenti. Ad Aviano, Pisa (Camp Derby) abbiamo testimoniato le popolazioni convivere con le bombe atomiche bandite dal nostro referendum e con le operazioni di guerra proibite dalla nostra Costituzione. A Spezia ci siamo ritrovati nel pozzo nero degli impuniti  traffici di rifiuti che hanno deturpato il “Golfo dei poeti” e avvelenato i mari e le terre fino alla Somalia. Eccetera, eccetera.

Fossili contro vivi

Perché non ci si illuda che con “Testa lucida dell’intelligence atlantica” ci si sbagli, vista anche la copertura ecologica che gli dà il nuovo presidente Usa, Minniti ha subito impostato l’intervento a Melendugno sull’”insicurezza percepita”. Percepita non dalle migliaia di salentini e soccorritori, perfino dalla Valsusa, esperti di militarizzazione del  territorio, non dalle decine di bravissimi sindaci schieratisi contro le ruspe e l’esercito minnitiano schierato in ghingheri anti-sommossa (quello di Melendugno, Potì, l’ho intervistato in “L’Italia al tempo della peste”) e, tanto meno, dagli ulivi secolari (anche millenari, ho conosciuto quello sotto cui avrebbe sostato Augusto di ritorno dalla Grecia), le cui radici sono le radici dei pugliesi, di noi tutti. Qui si tratta dell’insicurezza percepita da BP, Snam, Fluxys, Enagas, dal satrapo dell’Azerbaijan e da TAP AG, il consorzio incaricato di  realizzare il mostro, davanti alle mani armate di collera di tutto un popolo. Consorzio è parola bruttissima. Fa pensare subito a quelli che, o per mafia, o per tangenti, o per altre malefatte, finiscono sotto processo. Vedi quello del TAV Terzo Valico. Anche qui già si sente un cattivo odore. Odore di riciclaggio e narcotraffico, secondo l’Espresso,  che emanerebbe da una ditta che con il TAP ha avuto le mani in pasta.

Mettere a rischio il fondale dell’Adriatico, sconvolgere con tunnel e tubi spiagge immacolate, depredare il territorio sradicandone i figli, sfigurare un mondo, una cultura, una civiltà, incistando nelle sue riserve naturali  enormi falansteri per la decompressione e ricompressione, tutto questo per tenere sotto tiro Putin, al pari di quanto fanno i missili ai suoi confini, e vendere energia fossile all’estero. Nel nome della solita insicurezza falsa, quella  “percepita”, quella energetica,  che ci dovrebbe convincere ad allagarci di idrocarburi,  ecco un modo per assicurare insicurezza reale a noi e sicurezza reale ai profittatori.

Mai come prima uniti nella lotta

La lotta dei salentini è la nostra lotta. Quelli che ordinano di sradicare alberi e di bastonare chi vi si oppone, di perseguire un ecocidio che, giorno dopo giorno, diventa sociocidio, poi  genocidio,  infine planeticidio, vanno fermati. Costi quel che costi. In qualunque modo. Hanno lo stesso tasso di criminalità di chi rade al suolo paesi e stermina popoli bombardandoli, scatenandogli contro mercenari subumani, spopolandoli e deportandoli, di chi semina terrorismo per garantire scudi ai propri crimini. TAP AG è un altro nome per NATO. Sempre di veleni fossili si tratta. Morte fossile contro ulivi vivi.

Bravi i Cinque Stelle, alla faccia di chi gli rode, per essere stati con i No Tap dal primo giorno e bravi anche i nuovi arrivati di Sinistra Italiana. Patetico il cerchiobottista Emiliano, governatore e candidato alla guida del branco di sciacalli, che si limita a chiedere  lo spostamento dello squarcio un po’ più in là, magari dalle parti di Brindisi, città vittima, come Taranto, dell’industrializzazione forsennata ed ecocida. Qui non si tratta di aggiungere carcinoma a carcinoma. Qui si tratta di estirpare le cellule cancerogene, tutte con la stessa eziologia: il capitalismo.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:51

ATTENTAT DE SAINT PETERBOURG : LA HONTE DU ‘WASHINGTON TIMES’ !

# Luc MICHEL / Люк МИШЕЛЬ / 

La frappe terroriste est-elle le second front de la déstabilisation de la Russie, après le retour de la « révolution de couleur » ?  La coïncidence des deux actions contre Poutine est en effet troublante. Et le WASHINTON TIMES, les croonies de Georges Söros,  lui donne de la consistance !

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EXPLOSION A ST-PETERSBOURG :

MOSCOU S’EN PREND AU WASHINGTON POST !

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La porte-parole du ministère russe des Affaires étrangères Maria Zakharova vient de pointer du doigt le Washington Times, qui a utilisé des clichés pris lors du meeting « coloré » anti-Poutine de ce 26 mars dernier pour accompagner les informations concernant l’explosion dans le métro de Saint-Pétersbourg. La porte-parole de la diplomatie russe Maria Zakharova ne pouvait pas laisser passer la « faute » commise par le Washington Times. L’émotion de la diplomate a été provoquée par le fait que le quotidien a utilisé des clichés pris lors du meeting du 26 mars pour accompagner les informations concernant l’explosion dans le métro de Saint-Pétersbourg.

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« Le Washington Times accompagne l’information sur l’explosion dans le métro de Saint-Pétersbourg avec un cliché pris lors du meeting du 26 mars. Nous contactons les correspondants. Espérons qu’il ne s’agit pas d’une compilation délibérée des faits pour propager une information erronée », a écrit Maria Zakharova sur son compte Facebook. Une heure après, la porte-parole de la diplomatie russe a complété sa publication : « PS: après l’appel, la photo a été corrigée »

On sait que les Réseaux Söros et leurs complices des « vitrines légales de la CIA », organisateurs et financiers des « révolutions de couleur », ne reculent devant rien. Voir le chaos organisé en Afrique, Gabon, RDC, Burundi …

Luc MICHEL / Люк МИШЕЛЬ / 2017 04 03 /

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L’EXPLOSION DANS LE METRO DE ST-PETERSBOURG SERAIT UN ATTENTAT (3 AVRIL 2017)

PCN-TV/ FABRICE BEAUR (EXPERT EODE) A LA UNE DE PRESS TV (IRAN) :
SUR LES ATTENTAS DU METRO DE SAINT-PETERSBOURG
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* Commentaire de Press-TV :
« En Russie, une explosion est survenue dans le métro de Saint-Pétersbourg, à la station Sennaya Ploshchad, l’une des plus fréquentées du centre-ville. Selon un premier bilan établi par l’agence TASS, dix personnes auraient été tuées et plusieurs autres blessées.
Est-ce que cet attentat serait une alerte de la part des terroristes de Daech ? »
Analyse de la situation avec Fabrice Beaur, expert pour l’ONG EODE et administrateur de EODE-RUSSIA …
* Voir sur le Site de PRESS-TV :
L’explosion dans le métro de St-Pétersbourg serait un attentat 
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RAQQA : FIN DE L’ÉTAT SYRIEN ?! (SUR L’AGRESSION US EN SYRIE)

# LUC MICHEL SUR PRESS TV (IRAN) DANS ‘LE DEBAT’ (3 AVRIL 2017) 
PCN-TV/ 2017 04 03/
2017-04-03_175316
Le commentaire de PRESS TV :
«Dans un récent article, le célèbre analyste arabe Abdel Bari Atwan fait état du climat qui règne en ce moment dans les milieux politiques américains et européens, lequel pousse vers un démembrement de la Syrie, sa répartition en des régions autonomes à caractère confessionnel. Rex Tillerson, diplomate novice, a très calmement exprimé cette idée en évoquant la création des « régions autonomes provisoires et stables » en Syrie. Tillerson dit que ces « régions » différeraient totalement des « zones sécurisées que veulent les opposants syriens ». En effet le prétexte invoqué par Tillerson c’est que ces zones sécurisées devraient accueillir « les réfugiés syriens de retour en Syrie ».
Selon Atwan, « les opérations de dislocation de la Syrie sont déjà en cours et elles ont commencé à Raqqa et dans sa périphérie. C’est un pas destiné à contourner le président syrien et à provoquer l’implosion du pays. Comme la résolution onusienne de 2011 a permis le bombardement de la Libye et l’effondrement de l’État libyen au nom du soutien aux civils. » Et Atwan d’ajouter : « La prise du contrôle de l’aéroport militaire de Tabqa et du barrage de cette localité par quelque 300 membres des forces d’intervention rapide US soutenues par les Kurdes des Forces démocratiques syriennes s’est faite sous prétexte d’empêcher l’effondrement ou l’explosion de l’ouvrage. Les Américains ont dit vouloir contrôler l’eau de l’Euphrate à Jarablous et barrer la route à Daech dans le nord-ouest de la Syrie. Mais qui croirait ces balivernes ? Il s’agit là des préparatifs pour mettre en place une “première région autonome voulue par les Américains à Raqqa en Syrie”.
Les forces américaines ont de plus coupé la route reliant Alep à Raqqa pour contrer l’avancée de l’armée syrienne et ses alliés vers Raqqa et leur participation à la bataille pour la reprise de la ville. Tous ces agissements entrent dans le cadre de “la vaste offensive” que le ministre français de la Défense a promis de lancer dès le mois prochain à Raqqa aux côtés des forces alliées ». Selon Atwan, les États-Unis veulent éviter à tout prix une reconduction du modèle de la libération de Berlin pendant la Seconde Guerre à Raqqa : ils ne veulent rien partager avec les Russes ou les Syriens d’où l’appel qu’ils ont lancé à leurs alliés britanniques et français pour qu’ils se rallient à eux dans la bataille pour la reprise de Raqqa. Certaines sources occidentales disent même que Trump s’est déjà préparé à fêter sa victoire à Raqqa peut-être en s’y rendant lui-même, si les choses évoluent bien sûr dans le sens souhaité. Les fuites affirment que la ville devrait être remise entre les mains des tribus arabes sous le commandement d’Ahmed Jarba, l’un des cheikhs de la ville de Shamar. L’homme détiendrait une armée de 5 000 hommes et on n’écarte pas l’entrée en scène de Khaled ben Sultan, le prince saoudien et chef des forces du bouclier de la péninsule, celui qui est arrivé en 1991 au Koweït sous l’auspice américain et dans la foulée de la défaite de Saddam.
Le plan de Trump sera-t-il voué au succès ?
De nombreuses zones d’ombre existent : Jarba et ses hommes sauront-ils gérer cette « zone sécurisée » et se faire accepter par d’autres tribus ? Et les Kurdes de Syrie, pour le moment sur la première ligne des combats, accepteront-ils l’autorité de Jarba ? Et surtout, une région kurde ne verrait-elle pas le jour le long des frontières syriennes ? Or, l’histoire contemporaine nous a appris beaucoup de choses dont l’une, plus précisément : aucun pays musulman ou moyen-oriental n’a capitulé face aux Américains : cela a été le cas de Beyrouth en 1982, de Mogadiscio en 1994, de Bagdad en 2003 et cela sera le cas de Raqqa et de la Syrie en 2017.
Personne n’oubliera que le terrorisme est né sur les ruines d’un Irak assailli par les Américains et d’un Afghanistan que les Américains voulaient arracher à l’emprise soviétique… Une intervention militaire US à Raqqa pour en faire la capitale d’un petit État au sein de l’État syrien, semble réalisable sur le papier… Mais de là à l’appliquer dans les faits, c’est un pas que Bush et Obama ont tenté de franchir en leur temps et sous d’autres formes sans pour autant réussir… Luc Michel, géopoliticien et Antoine Charpentier, analyste politique nous donnent plus d’explications à ce sujet. »
QUE VEUT LA STRATEGIE AMERICAINE EN SYRIE CENTREE SUR RAQQA ?
VISE-T-ELLE A DEMEMBRER L’ETAT SYRIEN ?
PRESS TV (Iran) propose un débat entre experts de la Syrie :
Luc Michel (Bruxelles), géopoliticien, et Antoine Charpentier (Paris), analyste politique, débattent sur la situation en Syrie …
* Voir sur le Site de PRESS-TV/
Raqqa : fin de l’État syrien ?!
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ATTENTAT DANS LE METRO A SAINT-PETERSBOURG (03 MARS 2017)

# PCN-TV/ RUSSIE : 

sur https://vimeo.com/211304007

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Deux explosions ont eu lieu dans le métro de Saint-Pétersbourg en Russie, faisant au moins dix morts et vingt blessés. Deux rames différentes ont été touchées dans deux stations du réseau, dont “Sennaya Ploshchad”, affirme une source proche des secours. D’après l’agence Interfax, des engins remplis de fragments de métaux ont été utilisés.

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# PCN-TV

https://vimeo.com/pcntv

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ATTENTAT DE ST. PETERSBOURG : DEUX RAMES FRAPPEES DANS DEUX STATIONS DIFFERENTES !

# LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
Interfax :
Deux explosions ont eu lieu dans le métro de Saint-Pétersbourg en Russie, faisant au moins dix morts et vingt blessés. Deux rames différentes ont été touchées dans deux stations du réseau, dont “Sennaya Ploshchad”, affirme une source proche des secours. D’après l’agence Interfax, des engins remplis de fragments de métaux ont été utilisés.
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* Captures et photos du Twitter russe …
LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

ALERTE ROUGE/ LE TERRORISME FRAPPE SAINT-PETERSBOURG : AU MOINS 10 MORTS DANS LE METRO …

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
2017 04 03/
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Deux explosions ont eu lieu dans le métro de Saint-Pétersbourg en Russie, faisant au moins dix morts et vingt blessés. Deux rames différentes ont été touchées dans deux stations du réseau, dont “Sennaya Ploshchad”, affirme une source proche des secours. D’après l’agence Interfax, des engins remplis de fragments de métaux ont été utilisés. Sur des photos circulant sur les réseaux sociaux, l’on peut voir une rame dont les portes ont été éventrées par l’explosion.
Trois stations du métro sont fermées. 
Le président russe, Vladimir Poutine, a précisé que les circonstances du drame n’ont pas encore été clairement établies et que toutes les hypothèses, y compris la piste terroriste, étaient examinées.
LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

LES ITALIENS DE RETOUR EN LIBYE : LE SUD LIBYEN ÉCHAPPE À L’AUTORITÉ DE TRIPOLI ET SERT DE PRÉTEXTE AU RETOUR DE ROME !

# ELAC & ALAC COMMITTEES/ 
ELAC Website/ 2017 04 03/
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Les italiens de retour en Libye ! Le Sud libyen échappe à l’autorité de Tripoli et sert de prétexte au retour de rome …
Un vaste tour de table a réuni à Rome soixante chefs de clans, notamment les chefs de la communauté toubou, de la tribu arabe des Awlad Suleiman et des Touareg. Etait également présent un représentant du gouvernement libyen d’union nationale, basé à Tripoli. Depuis la chute du régime de Mouammar Kadhafi en 2011, le Sud libyen est le théâtre d’une lutte fratricide entre la communauté toubou et plusieurs tribus arabes pour le contrôle des routes transfrontalières, par lesquelles transitent produits manufacturés, vivres, bétail mais aussi migrants, cigarettes, drogue et armes. Vaste région désertique aux confins de l’Algérie, du Niger et du Tchad, le Sud libyen échappe à l’autorité de Tripoli, même si la plupart des responsables politiques et militaires ont fait allégeance au gouvernement d’union nationale de Fayez al-Sarraj. 
* Lire sur L’ORIENT-LE JOUR et ALTERINFO :
LA VRAIE ALLEGEANCE DES TRIBUS LIBYENNES ENTRE GANGS MAFIEUX, GOUVERNENT SARRAJ (ONU) ET MAINTENANT LE NEOCOLON ITALIEN …
On notera encore que ces négociations et l’accord conclu avec Rome (l’ex colon chassé par Kadhafi) invalident les fausses informations diffusées sur le net africain ou russe (par de soi-disant porte-paroles des tribus ») et qui prétendent que « les tribus ont fait allégeance au clan Kadhafi » et voudraient « rétablir la jamahiriyah ». 
En fait, ces tribus (que Kadhafi avaient marginalisées au profit de sa révolution et de la nouvelle organisation de sa Jamahiriyah – 1977-2011 – en 22 méga municipalités, les « Chabiattes »), sont liées aux activités « grises » et leur allégeance, moyennant espèces sonnantes et trébuchantes, va au gouvernement Sarraj et maintenant aux italiens (c’est-à-dire l’UE et l’OTAN).
LM / ELAC WEBSITE
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* Website :
For Direct Democracy and Libyan Jamahiriya ! / 
Le Réseau de Résistance pour la Démocratie Directe et la Jamahiriya libyenne ! / 
СЕТЬ СОПРОТИВЛЕНИЙ ДЖАМАХИРИИ – За Прямую Демократию и Ливийскую Джамахирию!
SUR FACEBOOK LA COMMUNAUTE KADHAFISTE :
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* Page officielle ALAC (Panafrique) :
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* Groupe GADDAFI MEMORIAL :
Inscrivez vous et inscrivez tous vos amis !
* Pagina CAEL-ELAC ROMÂNIA-MOLDOVA
Comitetele de Actiune Euro-Libiene
@CAEL.ELAC
* ELAC ROSSIA / 
Комитеты Евро-Ливийских Действий
@Elac.Rossia

“GRANDI OPERE”: UNA SCOMMESSA CHE VALE QUASI 280 MILIARDI

NO TAV Brescia

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Segnaliamo questo articolo (qui l’originale) di Luca Martinelli tratto dal blog perunaltracitta.org. Mentre in Italia mancano i fondi per garantire servizi fondamentali quali sanità, istruzione, cura del territorio o per avviare progetti sensati per le ricostruzioni post-sisma, il governo continua a finanziare grandi progetti infrastrutturali che, oltre ad apparire assolutamente inutili, raccolgono le proteste e il malcontento delle popolazioni colpite.

“Per le ferrovie i 40 miliardi di euro previsti  sono interamente destinati all’Alta velocità. La maggior parte degli interventi risultano privi di “obbligazioni giuridiche vincolanti”. Significa  che si potrebbero ancora cancellare” 

Altraeconomia, 23 marzo 2017

 

Nel Paese delle “grandi opere”, c’è chi attende con trepidazione il 10 aprile. Entro quel giorno, infatti, il Consiglio dei ministri dovrebbe licenziare il nuovo DEF (Documento di economia e finanza) per il 2017, e il primo DPP, ovvero il “Documento pluriennale di pianificazione”. Si capirà, insomma, se il governo –che nel 2017 dovrebbe tagliare altri 1,6 miliardi di euro alle Province– continuerà ad allargare i cordoni della borsa per finanziare le grandi infrastrutture. Quel che è certo, intanto, è che tra il 31 marzo e il 31 dicembre del 2016 sono state stanziate risorse pari a circa 6 miliardi di euro per “coprire” gli interventi sulle cosiddette “infrastrutture strategiche”.Una fotografia dello stato dell’arte è scattata nella nota di sintesi elaborata dal Servizio studi della Camera dei deputati in merito allo “stato di attuazione del programma”, che fa riferimento alla fine dello scorso anno (e pubblicato a marzo). Spiega che il valore complessivo delle future “grandi opere” è pari a quasi 280 miliardi di euro. La lettura integrale della relazione offre però ulteriori spunti di analisi.
 

1) Non è più possibile stabilire con certezza, né ha alcun valore giuridico farlo, quante siano in totale le “grandi opere”. È vero che vengono elencate le 25 opere considerate “prioritarie”, ma per quelle “non prioritarie” anche nell’analisi del Servizio studi della Camera si fa ormai riferimento a “lotti”, in totale 981. Gli interventi infrastrutturali, infatti, possono anche avanzare per fasi successive, e anche tutte quelle attività che dovrebbero essere considerate propedeutiche -come la progettazione e la copertura del finanziamento- possono essere completate in momenti successivi: non c’è alcune certezza, insomma, che un’opera di cui viene posata la prima pietra verrà in futuro effettivamente terminata; la legge offre infatti anche la possibilità di procedere alla realizzazione di “lotti costruttivi non funzionali”.Un effetto di questo paradosso -senza entrare per il momento nel merito degli interventi- è che mentre mancano 25,5 miliardi di euro al fabbisogno delle “opere prioritarie”, il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha già deliberato finanziamenti per 74 miliardi di euro a favore di lotti di opere non prioritarie.

2) A leggere in modo superficiale l’elenco delle opere prioritarie, si potrebbe immaginare che (alla fine) l’esecutivo si sia adeguato alle richieste di chi, come il Wwf o Legambiente, criticava da anni la netta prevalenza di strade e autostrade tra le infrastrutture strategiche ereditate dalla legge Obiettivo del 2001. Oggi, infatti, il 63% delle opere, in valore, riguarda progetti per la mobilità collettiva, ferrovie (per 41,08 miliardi di euro, pari al 46% del costo complessivo delle 25 opere prioritarie) e metropolitane (per 14,94 miliardi di euro, il 17% del totale).

Alle “strade” restano appena 28 miliardi di euro, cioè il 31% del totale. Le ferrovie di cui si parla, però, sono esclusivamente nuove linee ad Alta velocità: 26 miliardi di euro servirebbero per quello che la relazione definisce un “completamento” della rete al Nord (comprende il Terzo Valico tra Genova e l’alessandrino, la Torino-Lione attraverso la Valsusa, la Brescia-Padova, la galleria di base del Brennero, tutte opere contestate da comitati locali ed organizzazioni ambientaliste, e in alcuni casi anche al centro dell’interesse della magistratura per casi di corruzione e di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, mentre è in corso di revisione l’intervento per il sotto-attraversamento di Firenze); altri 15,1 miliardi di euro, invece, andranno a finanziarie due itinerari nel Meridione, cioè la Napoli-Bari e la Palermo-Catania-Messina (ricordiamo che il governo Renzi con lo Sblocca-Italia ha “sottratto” queste due infrastrutture ai normali iter procedurali, assegnandone la gestione ad un commissario straordinario che sta procedendo a colpi di ordinanze, ben 27, emesse tra il dicembre del 2014 e il primo dicembre 2016).

3) Allargando lo sguardo a tutto l’elenco delle opere strategiche, si scopre che «il 59% del costo complessivo delle opere non prioritarie, 112,2 miliardi su 188,6 miliardi totali, riguarda opere stradali». Per questi interventi, il CIPE ha già impegnato il 38% dei finanziamenti richiesti, pari a oltre 42 miliardi e mezzo di euro; il 62% delle opere (in termini di costi) risulta in fase di progettazione.

4) Nella nota di sintesi viene utilizzato un acronimo (da addetti ai lavori) che potrebbe rappresentare l’architrave di un cambiamento, se davvero il governo volesse arrivare a ridiscutere le “infrastrutture strategiche” per il Paese. È OGV, e sta per “obbligazioni giuridicamente vincolanti”. Indica, cioè, quelle opere per cui esiste un contratto, e quindi un legittimo vincolo nei confronti di un soggetto che si è aggiudicato o è stato incaricato dell’esecuzione dell’opera. Sono quelli, cioè, che in caso di cancellazione, potrebbero aprire per lo Stato la porta di contenziosi.

Ecco, la maggioranza delle opere non risulta coperta al 31 dicembre 2016 da obbligazioni giuridicamente rilevanti: ben 178 miliardi di euro, pari al 64% del totale, riguardano infatti opere «in fase di progettazione (circa 152 miliardi), in gara o aggiudicate (circa 25 miliardi) e con contratto risolto (meno di 1 miliardo), che dovrebbero rappresentare le opere senza OGV». Così è scritto nella nota di sintesi del Servizio studi, che nell’elaborazione si è avvalso della collaborazione dell’Autorità nazionale anticorruzione, che svolge anche la funzione di autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Se consideriamo che «l’84% del costo delle opere senza OGV, pari a circa 150 miliardi di euro, riguarda opere non prioritarie», è plausibile auspicare un ripensamento. E un rimaneggiamento dell’elenco delle infrastrutture strategiche, in particolare per quanto riguarda l’Alta velocità e le autostrade.

5) A meno che governo e Parlamento non subiscano l’influenza di portatori di interesse come AITEC, l’associazione italiana dell’industria cementiera. Nel mese di febbraio, in audizione di fronte alla Commissione lavori pubblici del Senato, i rappresentanti dell’organizzazione confindustriale hanno chiesto «il rilancio di una politica infrastrutturale italiana effettuata con risorse pubbliche credibili». Di fronte al “fenomeno della corruzione”, che viene definito “un problema grave” e riguarda -secondo la campagna “Riparte il futuro”- oltre la metà delle infrastrutture strategiche, si spiega che «inseguire il ‘sistema perfetto’ non deve fermare la macchina di investimenti pubblici che alimenta e, in questi anni di crisi tiene in vita, la filiera dei lavori pubblici e dei materiali da costruzione».

Tra il 2007 e il 2016 la produzione di cemento in Italia è calata del 59,3%, da 47,5 a 19,3 milioni di tonnellate. Guardando ai bilanci delle aziende del comparto, tra il 2010 e il 2015 si è registrata una perdita complessiva pari a 1,23 miliardi di euro, solo parzialmente mitigata dalla possibilità di vendere sul mercato i “diritti di emissione” assegnati gratuitamente dalla Commissione europea.

*Luca Martinelli