SI CAPISCE BENE CHE IL SIGNOR D. VUOLE INQUINARE IL DIBATTITO (UNA VOLTA SI DICEVA AVVELENARE I POZZI) – IL PUNTO SUI LAVORI DELLA TORINO-LIONE – IL DIBATTITO PUBBLICO ALL’ITALIANA

http://www.presidioeuropa.net/blog/pozzi-avvelenati/

Il Ministro delle infrastrutture Graziano Delrio è stato ospitato il 14 marzo 2017 da L’Espresso intervistato dal giornalista Giovanni Tizian, ne ha approfittato per fare delle affermazioni a dir poco surreali, crediamo con un obiettivo preciso: inquinare il dibattito (una volta si diceva avvelenare i pozzi per sconfiggere il nemico) sulle Grandi Opere che i Governi Renzi/Gentiloni vogliono fortissimamente per dare una mano agli amici e ai costruttori.

  Alla luce degli avvenimenti di questi giorni a Melendugno intorno al TAP, appare ancora più sorprendente l’affermazione che il signor Delrio ha consegnato a L’Espresso: «Vanno realizzate le opere di cui la popolazione è convinta, il dibattito pubblico dev’essere la pre-condizione per farle».

  Questa risposta surreale è stata probabilmente data pere creare un effetto annuncio in vista dell’introduzione in Italia del c.d. dibattito pubblico ad imitazione di quello francese, che farebbe seguito all’inconcludente e antidemocratico processo dell’Osservatorio Tecnico per la Val Susa dominato dalla volontà governativa di fare l’opera.

  Ci aspettiamo tuttavia che il Governo metta a disposizione la sua prima bozza di questa riforma  prevista all’art. 22 del Codice degli Appalti (Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico) prima della sua trasformazione in un decreto, alla faccia della partecipazione del pubblico (cfr. in basso il testo per capire dove vuole giungere il governo).

  Sappiamo per esperienza che il Dibattito Pubblico francese è un istituto che gestisce un processo di apparente partecipazione e democraticità diretto di fatto dal proponente l’opera a partire dalla redazione del dossier, i cui costi fanno parte del preventivo dell’opera in esame. Le statistiche non governative dei dibattiti pubblici in Francia (dato che non ne esistono di ufficiali, et pour cause) segnalano che la stragrande maggioranza dei dibattiti pubblici sono stati favorevoli all’opera in esame. Ma per la Lyon-Turin nessun dibattito pubblico è stato condotto.

  Ma esaminiamo tutte le dichiarazioni del signor Delrio per capire con quali artifizi voglia coniugare la volontà governativa di fare ad ogni costo le Grandi Opere con il rispetto della partecipazione effettiva e democratica della cittadinanza, delle compatibilità ambientali ed economiche.

  Crediamo sia utile, anzi essenziale, esprimere una forte critica verso un ministro che si presenta ai media rispondendo trionfalmente alla domanda del giornalista “Grandi opere?” con questo slogan da corteo «Meglio tanti piccoli progetti e poche grandi opere, solo quelle veramente utili» e alla successiva domanda “La legge obiettivo?” «Un sistema pericoloso che abbiamo abolito», finalmente se ne è accorto !

  Desideriamo ricordare al signor D. che il compianto Ivan Cicconi aveva scritto un importante saggio sulle grandi opere per spiegare cosa si nascondeva dietro la loro realizzazione e si era sempre opposto alla legge obiettivo che Raffaele Cantone poi aveva definito “un sistema criminogeno”.

  Il Movimento No TAV, inascoltato come Cassandra, da anni (decenni) ha chiesto tante piccole opere utili al posto delle Grandi Opere Inutili e Imposte, dal tunnel di 57 km sulla linea Torino-Lione, al ponte di Messina (che il collega di Delrio, Franceschini, rilancia), al TAP, al MOSE di Venezia, al tunnel per l’Alta Velocità a Firenze, al Terzo Valico, al MUOS, ecc. E il 6 maggio prossimo si manifesterà in Val di Susa ricordando che occorre dirottare “le scarse risorse finanziarie del nostro Paese nelle opere per la messa in sicurezza del territorio e per la ricostruzione delle zone distrutte dai terremoti e dalle alluvioni”.

  Diffidiamo pertanto il signor D., ministro pro tempore, a non impossessarsi – allo scopo di carpire la benevolenza degli elettori – delle parole d’ordine dei cittadini in lotta, parole nelle quali egli non crede assolutamente. Perché, se credesse a quel che afferma, chiederebbe l’immediata sospensione dei lavori della Torino-Lione e del gasdotto TAP.

  Il giornalista Giovanni Tizian prosegue la sua intervista e cerca di stanare il ministro porgendogli l’argomento chiave “Le proteste contro i mega-cantieri?” E cosa risponde l’ineffabile signor D.?  «Vanno realizzate le opere di cui la popolazione è convinta, il dibattito pubblico dev’essere la pre-condizione per farle».

  Ma intanto il signor D. ha affermato il 3 aprile 2016 a Torino che la Torino-Lione  fa bene all’Italia e il progetto del Terzo Valico deve essere portato a termine senza alcun ritardo!

   Il giornalista insiste per ottenere dal signor D. l’elenco delle “opere utili” e cosa ottiene? Un’ennesima affermazione bugiarda: «Ho sempre detto (ma quando?) che un piccolo pezzo di ferrovia dentro un porto può valere di più e creare più lavoro di molti chilometri di alta velocità inutile. Siano piccole o grandi, deve trattarsi di opere veramente utili. Questo principio fa parte del nostro programma di governo e lo stiamo attuando».

  Ci indichi il signor D. dove sono i molti chilometri di “alta velocità inutile” e dove possiamo trovare il programma di governo e questo principio che sarebbe in attuazione. Circa l’utilità o l’inutilità dell’Alta Velocità vada il ministro a vedere il fallimento dei TGV in Francia, dove il Gruppo SNCF ha accumulato oltre 50 miliardi di € di debiti. Vista la situazione in Francia c’è da chiedersi quale sia la situazione dei conti di RFI/Trenitalia.

  Ma il giornalista non demorde e vuole sapere dal signor D.Chi stabilisce quali opere sono utili? Da Tangentopoli a oggi le carte giudiziarie continuano a mostrare che le scelte dei progetti da finanziare sono spesso inquinate da interessi privati.

  Qui il signor D. ha l’occasione della sua vita per dimostrare la sua vicinanza ai cittadini, si presenta dunque come un rivoluzionario innovatore e afferma trionfalmente che con il suo arrivo al ministero tutto è cambiato: «In questi mesi abbiamo rivisto tutto, abbiamo tagliato centinaia di opere inutili e confermato solo pochi progetti per i quali è evidente l’interesse pubblico: se un certo pezzo di ferrovia serve a completare un grande corridoio europeo, allora è giusto farla. Al ministero c’è una nuova struttura tecnica che non ha poteri discrezionali: applica criteri oggettivi, trasparenti, secondo linee-guida prestabilite, discusse e valutate in Parlamento».

  Ma si guarda bene il signor D. dal fornire l’elenco delle opere tagliate, è sordo e cieco di fronte al fatto che il grande corridoio europeo tra Italia e Francia esiste già: è la Galleria del Fréjus insieme alle linee di accesso in Italia e in Francia, sottoutilizzato al 15%.

  Per rendere credibile la sua affermazione, vorremmo che il signor D. fornisse l’organigramma della “struttura tecnica” e indicasse dove trovare il documento che contiene i “criteri oggettivi” e le “linee-guida prestabilite, discusse e valutate in Parlamento”.

  Visto che il signor D. allude ai progetti senza nominarli, il giornalista gli chiede Ci fa un esempio concreto?

  E al signor D. non pare vero di rispondere ad una domanda che lo laureerà “dottore in imbrogli” affermando che «La Torino-Lione è un corridoio europeo, un’opera sicuramente utile, ma abbiamo fatto una revisione progettuale. Erano previsti circa 57 chilometri di gallerie per le tratte di adduzione, che abbiamo ridotto a 14 riutilizzando la linea storica. E i costi sono scesi da oltre quattro miliardi a un miliardo in tutto».

  Ecco che il signor D. ha lanciato l’argomento “tranello” della “revisione progettuale” per far credere ai lettori de L’Espresso che il progetto Torino-Lione sia stato modificato e costi pochi spiccioli.

  Ma di cosa sta parlando in realtà il signor D.? Perché introduce la tratta nazionale italiana di adduzione e dimentica il tunnel di base? Di quale revisione progettuale sta parlando?

  E’ necessario sapere che per Torino-Lione si intende, a livello europeo che lo finanzia al 40%, il tunnel di base di 57 km tra Italia e Francia. Le tratte ferroviarie di accesso al tunnel – non finanziate dall’Europa – sono progetti nazionali italiani e francesi (ricordiamo che la Francia ha rinviato ogni sua decisione per queste tratte a dopo il 2035-2040, cfr. a pag. 57 del rapporto della Commission “Mobilité 21”)

  Il signor D. non cita di proposito i costi della tratta transfrontaliera, che per l’Italia sono di almeno 3,1 miliardi, importo che contiene un rilevante finanziamento della parte francese a seguito di un iniquo accordo con la Francia.

  Dato che il signor D. ama confondere, ristabiliamo un punto fermo e ricordiamo che per la tratta nazionale italiana di adduzione al tunnel di base (finanziata interamente dall’Italia) i costi sono oggi previsti in almeno 6,4 miliardi: ma il signor D. dice “un miliardo in tutto”.

  Ricordiamo che è inoltre prevista la rottamazione della linea ferroviaria esistente in Valle Susa di circa km 59 da Bussoleno a Modane, compresa la storica galleria del Fréjus di 13,6 km, nonostante gli investimenti del 2011 di oltre 400 milioni di € per il suo ammodernamento.

  Senza dimenticare che la NLTL (Nuova Linea Torino Lione)  sarà una linea ferroviaria privata gestita da TELT.

Il punto sulla Torino-Lione (marzo 2017), a cura del Comitato Scientifico del Controsservatorio Valsusa, è qui.

Un’istantanea che fissa ciò che è stato fatto finora, ciò che è previsto dai progetti e ciò che rimane nelle intenzioni dei proponenti l’opera. Un’analisi che richiama le ragioni tecniche di chi vi si oppone e contesta l’asserita irreversibilità di scelte tecniche/politiche e di accordi internazionali.


Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50

Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
(G.U. n. 91 del 19 aprile 2016)

Art. 22. (Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico)

1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulla città o sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del presente codice, sono fissati i criteri per l’individuazione delle opere di cui al comma 1, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresì definite le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura.

3. L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore proponente l’opera soggetta a dibattito pubblico indice e cura lo svolgimento della procedura esclusivamente sulla base delle modalità individuate dal decreto di cui al comma 2.

4. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenze di servizi relative all’opera sottoposta al dibattito pubblico.

POUTINE ACCUSE LES USA DE SOUTENIR LE TERRORISME DJIHADISTE AU CAUCASE RUSSE

http://www.alterinfo.net/POUTINE-ACCUSE-LES-USA-DE-SOUTENIR-LE-TERRORISME-DJIHADISTE-AU-CAUCASE-RUSSE_a113396.html#17uLUlLDc2e3JzTh.99
Luc MICHEL pour EODE Think Tank/ 2015 04 29/
Avec EODE Press Office – LaPresse.Ca – Itar Tass/
http://www.eode.org/
https://vimeo.com/eodetv

POUTINE ACCUSE LES USA DE SOUTENIR LE TERRORISME DJIHADISTE AU CAUCASE RUSSE

« Il y a des gens, surtout dans les services secrets des pays occidentaux, qui croyaient que si on déstabilisait leur principal rival géopolitique – et maintenant nous comprenons que pour eux, c’était la Russie – cela serait à leur profit. Mais il s’est avéré que ce n’était pas le cas »
– V. V. Poutine.

Dans un documentaire, diffusé par la télévision publique russe, M. Poutine, filmé dans une salle de réception du Kremlin, a accusé les États-Unis, qui ont imposé l’an dernier avec l’Union européenne de sévères sanctions économiques à la Russie, d’avoir des «contacts directs» avec les rebelles islamistes du Caucase du Nord.
 
L’INSTRUMENTALISATION DES ISLAMISTES CONTRE MOSCOU :
UNE VIEILLE HISTOIRE DE BERLIN A WASHINGTON
 
L’agitation islamiste dans le Caucase est une vieille affaire.
Elle a commencé dès les Années 30 et a été organisée par le IIIe Reich et le Parti nazi allemand pour déstabiliser l’URSS. Elle a alors culminé lors de la seconde guerre mondiale en 1941-44, qui a même vu de nombreux musulmans ‘soviétiques’ combattre avec les Nazis, y compris dans la Waffen SS. Parmi les collaborateurs des nazis les Frères musulmans, organisés en réseaux par les nazis, depuis leur centrale de Munich.
 
Cfr. le livre enquête :
« Une Mosquée à Munich. Les Nazis, la CIA et la montée des Frères musulmans en Occident » de Ian Jonhson (JC Lattès).
 
LES ISLAMISTES INSTRUMENTALISES DANS LE NOUVEAU « GRAND JEU » GEOPOLITIQUE CONTRE LA RUSSIE
 
 En 1945, les réseaux musulmans sont repris en mains par les Américains et engagés dans la guerre froide contre l’URSS. La fin de celle-ci ne marque pas la fin mais un nouveau départ. Car les géopoliticiens US, dont Brezinski, l’auteur du « Grand Echiquier », ont repris le programme géopolitique du théoricien nazi Rosenberg et leur but final est l’éclatement de la Fédération de Russie. Le Caucase russe, ventre mou de la Russie, est l’un des fronts privilégiés de cette guerre sourde. Les deux guerres de Tchétchénie – 1994 et 1999 (gagnée par Moscou) -, l’agitation au Dagestan en sont les manifestations.
 
 Derrière les ennemis de la Russie : USA, NATO, Saoudiens qui ont pris en mains les djihadistes du Caucase. Vilnius en Littuanie abrite leurs moyens de communication sur le Net. Quand à la Géorgie, ses services secrets offrent réseaux, filières. C’est ce que dénonce Vladimir Poutine aujourd’hui …
 
POUTINE ACCUSE LES USA !
 
Tourné par la chaîne de télévision publique ROSSIA 1, le documentaire «Président» est consacré aux 15 ans au pouvoir de Vladimir Poutine, qui a été élu en 2012 pour un troisième mandat présidentiel, après avoir été président de 2000 à 2008 et premier ministre en 2008-2012.
 
Au début des années 2000, «les services spéciaux russes ont observé des contacts directs» entre des rebelles du Caucase du Nord et des représentants des services secrets américains en Azerbaïdjan», y raconte M. Poutine.
 
La Tchétchénie, inspirée par les Occidentaux, qui a affronté insurrectionnellement la Russie lors de la première guerre en 1994-1996, a engendré une rébellion qui s’est progressivement islamisée et a débordé les frontières de cette petite république caucasienne pour se transformer au milieu des années 2000 en un mouvement islamiste armé actif dans tout le Caucase du Nord. La deuxième guerre de Tchétchénie, déclenchée par les forces fédérales en 1999, a officiellement pris fin en 2009. Mais des attaques et explosions visant notamment les représentants des forces de l’ordre dans le Caucase restent fréquents.
 
« Il y a des gens, surtout dans les services secrets des pays occidentaux, qui croyaient que si on déstabilisait leur principal rival géopolitique – et maintenant nous comprenons que pour eux, c’était la Russie – cela serait à leur profit. Mais il s’est avéré que ce n’était pas le cas », a indiqué M. Poutine. « En aucun cas, jamais et nulle part, il ne faut essayer d’utiliser les terroristes pour résoudre ses tâches politiques et même géopolitiques temporaires », a-t-il souligné.
 
# Aller plus loin. Relire mon analyse de octobre 2013 :
EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ L’ATTENTAT DE VOLGOGRAD DANS SA PERSPECTIVE GEOPOLITIQUE
Sur http://www.eode.org/eode-think-tank-geopolitique-lattentat-de-volgograd-dans-sa-perspective-geopolitique/

Luc MICHEL 
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http://www.eode.org/
https://vimeo.com/eodetv

Scopri di più su http://www.alterinfo.net/POUTINE-ACCUSE-LES-USA-DE-SOUTENIR-LE-TERRORISME-DJIHADISTE-AU-CAUCASE-RUSSE_a113396.html#l9fMdmWkBBHDWkk4.99

SAINT-PETERSBOURG : UN TERRORISTE DJIHADISTE DU KIRGHIZISTAN SERAIT L’AUTEUR DE L’ATTENTAT

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
2017 04 04 (II)/
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« Il y a des gens, surtout dans les services secrets des pays occidentaux, qui croyaient que si on déstabilisait leur principal rival géopolitique – et maintenant nous comprenons que pour eux, c’était la Russie – cela serait à leur profit. Mais il s’est avéré que ce n’était pas le cas » 
– V. V. Poutine (28 avril 2015). 
Un ressortissant kirghize serait à l’origine de l’attentat dans le métro de Saint-Pétersbourg lundi, faisant au moins 10 morts et près de 50 blessés. Une explosion qui s’est produite hier lundi dans le métro de Saint-Pétersbourg, en plein centre de la ville russe, a fait au moins 10 morts et plus de 50 blessés. Des enfants figuraient parmi les victimes.
Selon un rapport fourni par l’AFP s’appuyant sur les déclarations des autorités kirghizes de sécurité, le terroriste qui a commis l’attentat serait « un ressortissant russe originaire du Kirghizstan. » : “Il s’agit d’un certain Akbarjon Djalilov, né en 1995”, a déclaré à l’AFP le porte-parole des services de sécurité kirghizes, Rakhat Saoulaïmanov. “Il est probable qu’il a acquis la nationalité russe”, a-t-il ajouté.
AUTORITES RUSSES :
L’ATTENTAT « EN LIEN AVEC LES GROUPES ARMES EN SYRIE »
Pour le moment, les autorités russes n’ont pas confirmé cette information, mais elles ont déclaré que l’explosion dans le métro de Saint-Pétersbourg, « était en lien avec les groupes armés en Syrie ».
D’autre part, un responsable des services de renseignement du Kazakhstan cité par l’AFP a indiqué que «  le principal suspect serait un ressortissant russe originaire d’Asie centrale mais ne serait pas de nationalité kazakhe. » La Commission de la sécurité nationale kazakhe (KNB) travaille avec les services de sécurité russes en partageant des informations dans le cadre de l’enquête, a déclaré Nourgali Bilisbekov, vice-président de la KNB, lors d’une réunion du gouvernement.
RELIRE MES ANALYSES SUR LE DJIHADISME CAUCASIEN :
* Luc MICHEL sur EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ 
POUTINE ACCUSE LES USA DE SOUTENIR LE TERRORISME DJIHADISTE AU CAUCASE RUSSE 
* Luc MICHEL sur EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ 
DAECH AU CAUCASE : LES DJIHADISTES DU CAUCASE RUSSE FONT ALLEGEANCE A L’ÉTAT ISLAMIQUE
LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

ATTENTATS A SAINT-PETERSBOURG: ‘L’OBJECTIF EST DE SEMER LE CHAOS EN RUSSIE’ !

# LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
2017 04 04/
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« Terrorisme venu d’occident ? La frappe terroriste est-elle le second front de la déstabilisation de la Russie, après le retour de la « révolution de couleur » ce 26 mars (et la vague de propagande pour celle-ci dans les médias de l’OTAN) ? La coïncidence des deux actions contre Poutine est en effet troublante.
Elle l’est encore plus lorsque l’on sait que le djihadisme est une construction des USA lors de la Guerre d’Afghanistan (1979-1989), lui-même issu de l’instrumentalisation des islamistes radicaux par Washington à partir de 1944 (après le Berlin des Nazis). »
– Luc MICHEL (hier 3 mars, 19h).
QUE DISENT LES AUTORITES RUSSES (RESUME PRESS TV) :
«L’OBJECTIF EST DE SEMER LE CHAOS EN RUSSIE»
L’explosion, qui a fait au moins 11 morts et 45 blessés dans le métro de Saint-Pétersbourg, est une tentative de semer la panique dans la société russe. 
Selon Andreï Popov, lieutenant-colonel et membre du groupe antiterroriste Alfa, et Viktor Ozerov, président du Comité de défense et de sécurité au Conseil de la Fédération, interviewés par Rossiya Segodnia, le but de l’explosion à Saint-Pétersbourg était de plonger la société russe dans le chaos. « Étant donné les dégâts — les portes retournées vers l’extérieur — l’explosion s’est produite dans le wagon de métro. […] Et à mon avis, il s’agit d’un explosif sans coife », a déclaré Andrei Popov. l a ajouté que d’autres explosions auraient pu avoir lieu dans le métro de Saint-Pétersbourg. Mais grâce à des mesures prises auparavant, cela a pu être évité. En outre, des terroristes avaient pris la décision d’apporter un explosif sans coiffe pour ne pas être découverts. « Ce qui se passe à Saint-Pétersbourg aujourd’hui est très significatif. C’est un défi aux instances et aux plus hauts fonctionnaires de notre gouvernement qui sont mobilisés. Il s’agit également d’une tentative de déstabiliser la situation. J’aimerais remarquer que les habitants de Saint-Pétersbourg ont fait preuve de courage, de calme et n’ont pas paniqué », a souligné Andrei Popov.
D’après Viktor Ozerov, président du Comité de défense et de sécurité au Conseil de la Fédération, l’explosion était une tentative de semer le chaos et la panique dans la société, d’influencer les organismes gouvernementaux d’une façon ou d’une autre en les empêchant de prendre des décisions de manière unie.
* Islamisme radical – djihadisme – terrorisme contre l’URSS puis la Russie :
Voir Luc MICHEL sur EODE THINK TANK/ 
L’ISLAMISME RUSSE ET CAUCASIEN DANS SA PERSPECTIVE GEOPOLITIQUE
(en particulier la partie sur les origines de l’agression – IIIe Reich puis USA -)
LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

LUC MICHEL ANALYSE LA SUCCESSION DU PRESIDENT ANGOLAIS DOS SANTOS SUR ‘LIGNE ROUGE’ …

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ PANAFRICANISME.
Ce mardi matin 4 avril 2017
Dans LIGNE ROUGE
la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !
Présentée par Manuela Sike
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Thème de l’émission de ce jour :
« Que vous inspire la décision de ces présidents africains qui ne souhaitent plus briguer un nouveau mandat ? Cas du président angolais Dos Santos …»
En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse la succession du président Dos Santos et ouvre le débat sur la thématique de la « Démocratie africaine » …
LES QUESTIONS ESSENTIELLES :
EN QUOI LE DEPART DU PRESIDENT DOS SANTOS, APRES UNE REFORME CONSTITUTIONNELLE ORGANISANT SA SUCCESSION, EST UNE REPONSE AFRICAINE A LA DESTABILISATION OCCIDENTALE ?
POURQUOI CETTE EXPERIENCE ANGOLAISE DU MPLA, COMME CELLE DU PDGE EQUATO-GUINEEN, OUVRE-T-ELLE LE DEBAT VERS UNE « DEMOCRATIE AFRICAINE SOUVERAINE » ?
Le géopoliticien, qui est aussi un militant panafricaniste et dirige l’organisation transnationale PANAFRICOM (1), « néopanafricaniste » (2), répondra aux questions :
Sur l’expérience angolaise 
* Nous parlons ce jour du départ du pouvoir volontaire du président angolais Dos Santos. Tout d’abord qui est-il ?
* Arrivé au pouvoir, il doit faire face à une longue querre civile de 27 ans entre son parti, le MPLA, aidé par l’URSS et Cuba, et l’UNITA pro-occidentale. Comment expliquer la durée de cette guerre sanglante ?
* Dos Santos a en fait organisé soigneusement sa succession pour empêcher toute déstabilisation. Il a fait modifier la Constitution, une gifle aux occidentaux dites-vous. Expliquez-nous comment et pourquoi ?
* « La succession de Dos Santos est une réponse africaine aux thématiques occidentales » et « ouvre le débat sur les formules politiques que les occidentaux entendent imposer à l’Afrique », dites-vous. En quoi précisément ?
Sur la thématique de la « Démocratie africaine » 
* Le MPLA, ancien parti unique de la lutte de libération nationale et des début de l’indépendance, a su évoluer tout en restant au pouvoir. Il n’y aurait donc pas la « malédiction de l’héritage des partis uniques africains » ?
* En tant que panafricaniste, votre « Néopanafricanisme » prône une voie vers la « Démocratie souveraine africaine », loin des chemins occidentaux. Vous dites que les expériences du MPLA angolais, ou encore du PDGE équato-guinéen, sans oublier la « Démocratie Directe » jamahiriyenne de Kadhafi, sont des étapes vers celle-ci. Expliquez nous cette thématique nouvelle ?
(1) Sur PANAFRICOM :
* Découvrir la WebTv/ 
* Voir la Page Officielle Panafricom/ 
(2) Sur le NEOPANAFRICANISME :
* Aborder l’Idéologie panafricaniste/ 
Voir la Page Panafricom II – Néopanafricanisme
EODE-TV / EODE PRESS OFFICE
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SUR AFRIQUE MEDIA/
LUC MICHEL DANS ‘LIGNE ROUGE’
LA GRANDE EMISSION DU MATIN
Ce mardi matin 4 avril 2017
de 05h30 GMT à 08h GMT
(Malabo-Ndjaména-Douala de 6h30 à 9h 
et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)
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AFRIQUE MEDIA

Francia: quell’alleanza fra industriali e socialisti per dare al capitalismo il suo “esercito proletario di riserva”

pci francese«L’immigrazione pone seri problemi oggi. Dobbiamo affrontarli e rapidamente prendere le misure necessarie. È stato raggiunto il limite. Questo è il motivo per cui noi diciamo: dobbiamo fermare l’immigrazione, altrimenti getteremo altri lavoratori nella disoccupazione. Preciso: dobbiamo fermare l’immigrazione ufficiale e clandestina. [Gli immigrati] vengono stipati in ghetti in cui convivono lavoratori e famiglie dalle tradizioni, lingue e modi di vivere differenti. Questo crea tensioni e talvolta scontri tra immigrati provenienti dai vari paesi. Questo rende difficili i loro rapporti con i francesi. [..] I carichi di assistenza sociale per le famiglie immigrate immerse nella miseria diventano insopportabili per i bilanci comunali».
A pronunciare queste parole di fuoco non è un leghista all’ultimo raduno di Pontida. Fu Georges Marchais, segretario dal 1972 al 1994 del Partito Comunista Francese in un discorso del 27 marzo 1980.
La Francia aveva iniziato a importare manodopera a basso costo dalle ex colonie a partire dagli anni Sessanta, quando la piena occupazione e la solida organizzazione sindacale avevano dato ai lavoratori francesi (e ai loro compagni immigrati da altri paesi europei fra cui moltissimi italiani) un solido potere contrattuale nei confronti del padronato. E il padronato reagì: mentre i lavoratori che in precedenza (e in numero molto minore) arrivavano da altri paesi europei come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, la Polonia e la Cecoslovacchia erano spesso già sindacalizzati e avevano una forte coscienza di classe, sarebbe stata l’importazione di masse umane dalle ex colonie francesi a consentire la creazione quell’«esercito proletario di riserva» in grado di mettere in concorrenza i lavoratori fra loro e obbligarli ad accettare salari più bassi e a rinunciare a molti diritti sociali.
Negli anni Sessanta datano i primi trattati bilaterali fra Parigi e le ex colonie maghrebine per favorire l’immigrazione di lavoratori, mentre ci si applica per aprire canali analoghi anche per i lavoratori dell’Africa nera. Nel 1968 nasce una Direzione per la popolazione e le migrazioni in seno al ministero del Lavoro. Non a caso proprio in quegli anni si diffonde l’idea che l’Europa avesse degli obblighi morali nei confronti delle ex colonie, e che l’emigrazione da esse fosse una conseguenza diretta del colonialismo: un falso storico, poiché fra la decolonizzazione e le prime ondate migratorie dall’Africa sarebbe passata un’intera generazione. L’unico rapporto diretto è quello linguistico: gli ex sudditi coloniali parlavano francese e sarebbero stati impiegati più rapidamente nel ciclo produttivo come concorrenti sleali nei confronti dei lavoratori autoctoni.
 
Fino al 1972 comunque la possibilità di avere un permesso di soggiorno in Francia era subordinata all’impiego. I lavoratori immigrati che perdevano il posto dovevano essere rimpatriati. Fra 1972 e 1973 manifestazioni e scioperi degli immigrati spingono tuttavia il governo a concedere sanatorie per i clandestini. Negli anni Settanta la politica cerca di arrestare il flusso di immigrati, perfino pagando per il loro ritorno in Africa, invano.
 
Nel 1980 iniziano le manifestazioni eclatanti (spesso promosse da preti protestanti e cattolici) a favore dei clandestini, i «sans papier», mentre alcune sigle sindacali non comuniste e la sinistra filo-occidentale, il Partito Socialista, si schierano contro i rimpatri. Con l’elezione nel 1981 di François Mitterrand alla presidenza della Repubblica le politiche francesi si allineano su posizioni immigrazioniste: viene vietata l’espulsione degli immigrati di seconda generazione e si iniziano a concedere i diritti politici ai nuovi arrivati. Da quel momento la Francia sarà l’avanguardia europea per le politiche filo-immigrazioniste.
 
Fonte: “Storia in Rete”, n. 132-134, ott.-dic.2016, pp. 32-33.
Posted on gennaio 22, 2017   di Emanuele Mastrangelo
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Non c’è risposta ai populisti

euro-signMa non vi infastidisce questo coro assordante e monotono che ogni santo giorno, dappertutto – tv, radio, giornali, istituzioni, partiti e governi – vi dice sempre la stessa cosa contro il Gatto Mammone del Populismo?
Attenti al populista, ripetono in coro ovunque, è xenofobo, è sessuofobo, è razzista, ci porta fuori dall’Europa, dal Mercato, dalla Modernità. Poi aggiungono che il populismo si fonda sulla paura quando invece è proprio sulla paura del populismo, sul terrore ideologico e mediatico quotidianamente propagato che si fonda l’Appello Permanente contro l’Orco populista, dall’Olanda alla Brexit, dagli Usa all’Ungheria, dalla Polonia alla Germania, dalla Francia all’Italia.
Vogliono spaventarci e poi attribuiscono ai populisti la colpa di lucrare sullo spavento. Imprenditori della paura che denunciano imprenditori della paura…
Mai lo sforzo di capire, di ragionare sul malessere e sul perché mezza Europa, nonostante questo tam tam ossessivo, poi sceglie i populisti o per disprezzo della politica non va a votare. Il problema da cui partire non è l’insorgenza di una patologia chiamata populismo, ma la malattia che origina e giustifica il suo espandersi: il fallimento delle democrazie non più rappresentative, il potere usurpato dalle oligarchie, il disagio sociale e civile per l’immigrazione massiccia e clandestina, la decrescita infelice del capitalismo, gli effetti di ritorno della globalizzazione, la retorica del politically correct.
Nessuno tra i liberali, i moderati, i cristiano-democratici, i social-democratici e le sinistre varie riesce a fare un passo oltre la diffusione della paura o la furbizia pre-elettorale di qualche mossa ruffiana (come è stato in Olanda contro i turchi) per recuperare credibilità e rubacchiare voti ai populisti.
Perché nessuno è in grado di rilanciare in modo più rigoroso, più educato, più realistico o se preferite in modo meno grezzo, meno emozionale, meno improvvisato, una proposta politica fondata sulla sovranità nazionale e popolare, sulla riqualificazione della politica, sulla motivazione ideale delle passioni civili, sul primato del sociale sull’economico?
 
Perché nessuna forza dell’establishment riesce in modo convincente a rappresentare l’amor patrio e il senso della comunità, la tradizione, l’identità e il destino dei popoli e a prendersi cura delle sue fasce più esacerbate e ferite, i giovani e gli anziani, lasciando che di queste cose si occupino solo i populisti?
 
Se l’onda populista è un fenomeno di pancia e di istinti, carente di cultura e di storia, priva di un criterio meritocratico per selezionare i suoi dirigenti, mi dite qual è la forza antipopulista che si fondi sulla cultura e la storia e selezioni la sua classe dirigente per merito e qualità?
Loro saranno piazzisti e demagoghi ma i loro avversari sono mediocri, mezze figure, “personaggetti”, direbbe Crozza. L’unico modo per affrontare e sconfiggere il populismo non è demonizzarlo per escluderlo, ma è riprendere con dignità e competenza le istanze captate dai leader populisti e dai loro movimenti, rilanciando la Grande Politica e rispondendo al disagio dei cittadini.
 
Il populismo crescerà fino a quando non ci sarà nessuno in grado di prenderne il posto in modo più affidabile ed efficace. Ma se la sinistra tradisce il popolo e la destra tradisce la nazione, non lamentatevi poi che cresca come erba selvatica il nazionalpopulismo…
di Marcello Veneziani – 20/03/2017 Fonte: Marcello Veneziani