Lavoro e povertà: le vere emergenze italiane

no i poveri li importiamo, in casa non li abbiamo. Non rendono a mafia capitale
martedì, 23, agosto, 2016
 
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Milioni di disoccupati, l’11,5% . una disoccupazione giovanile al 40%, sono il vero dramma del nostro Paese e l’ottimismo renziano circa la “ripresa”, è fuori luogo, come dimostrato dalla drammatica realtà dei fatti. Tantissimi giovani laureati ed altamente professionalizzati, sono costretti ad emigrare, non solo in Italia, ma anche in tanti Paesi del mondo.
 
I diritti dei lavoratori, “foglia dopo foglia”, vengono sempre più ristretti: il passo del gambero che cancella conquiste frutto di anni ed anni di dure battaglie sindacali, hanno portato a mettere in discussione lo stesso ruolo dei sindacati.
 
Quattro milioni di poveri, in condizioni di povertà estrema, molti dei quali sono costretti a scegliere se curarsi o mangiare.
 
Così ha dichiarato la Segretaria Nazionale del Sindacato Comparto Sicurezza e Difesa (S.C.S.D./S.E.L.P.), Anna Paternostro –Tanti italiani vivono per strada perché, le vicende della vita, hanno portato alla perdita della casa e, tante volte, della famiglia. Un pesante situazione sociale che vede anche il mondo dei pensionati, in una situazione di drammatico disagio: oltre due milioni di pensionati, con un assegno che non supera i 500€ al mese, mentre 6,5 milioni di pensionati, non superamo i 1000€ al mese. Situazioni tutte drammatiche che, negli anni, sono state lasciate ad incancrenire, come se non esistessero.
 
Il S.C.S.D./S.E.L.P. – ha continuato Paternostro – ritiene indispensabile che il Governo vari un piano per il contrasto alla disoccupazione e la povertà. L’abbattimento del livello di tassazione, è indispensabile, se si vuole ridare slancio al Paese, nella considerazione che con un livello di tassazione elevato, come quello italiano, nessuna ripresa, nessuna soluzione dei mali endemici che affliggono il Paese, è possibile. L’economia italiana non avrà alcun beneficio dai “bonus” degli 80 €, che, alla fine, sono praticamente il “nulla” rispetto alle vere condizioni economiche e sociali del Paese. Basta “bonus” e barzellette: a giudizio del S.C.S.D./S.E.L.P. – ha concluso Paternostro – sono necessari interventi urgenti e coraggiosi, per far “rialzare” il malato Italia, il resto, sono parole in libertà.

C’è chi dice NO

01 September 2016
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Le pagine rovinose  dedicate al terremoto ci nascondono una triste verità: la politica, o meglio, la mala politica va avanti lo stesso e il popolo viene distolto dall’agenda galoppante, in forza delle calamità. Ho ascoltato questa estate Vladimiro Giacché del comitato del referendum per il NO che sta facendo la sua campagna di proselitismo insieme all’ANPI. Ma perché abbiamo permesso di farci portare via la moneta,  il lavoro, gli assetti industriali, l’articolo 18, per poi svegliarci solo ora quando intendono riscrivere la Costituzione, che è un po’ come l’ultima foglia di fico, quando si viene già spogliati di tutto? E’ quanto gli ho chiesto. Della serie, cari sinistri pro-Costituzione, vi svegliate solo ora? Ovviamente non è affatto come sostiene qualche guitto “la più bella del mondo”, ma è nostra e va difesa in quanto tale, in quanto è pur sempre lo statuto di una nazione nata sovrana. E pertanto dà fastidio a JP Morgan e a Goldman Sachs che la vogliono resettare. Le banche non hanno più bisogno di democrazia e non sanno come fare per farcelo capire in tutti i modi.
La compagnia del No, è variegata e  trasversale, pertanto non possiamo andare troppo per il sottile: keynesiani alla Bagnai e alla Giacché, quelli di Micromega, alcuni settori della Magistratura, la stessa ANPI, spaccata in due tronconi (i partigiani più tradizionalisti dicono NO e la Boschi rosica), il  Fatto travagliato, il M5S. Poi Forza Italia, la Lega, Fratelli d’Italia. Così funzionano di solito i referendum: con le combriccole più eterogenee che fanno un pezzo di cammino insieme. Non si può fare gli schifiltosi se si vuole vincere e dare una spallata a Renzi, che inventerà  di certo nuovi stratagemmi per non schiodarsi.
 
E comunque la “controriforma (in)costituzionale” Boschi-Renzi è talmente una porcata incomprensibile, un tale obbrobrio giuridico che è meglio lasciare le cose come sono. Qui il testo originale sulla Gazzetta Ufficiale, per chi volesse prenderne visione. Non c’è un impianto giuridico, non c’è una corretta prolusione, non c’è nessun corollario, non è ispirato ad alcuna filosofia del diritto, non c’è nessun abbozzo di narrativa che catturi menti e cuori…Nulla di nulla. Ovvio che tra il Nulla e qualcosa è bene tenerci quel “qualcosa”.
 
Le mie otto ragioni per dire NO, le ho già espresse nel post del 1 giugno scorso alla vigilia della festa della Repubblica.
Qui ce ne sono altre 10 (dieci).  scritte a caratteri grandi. Non sarà forse un referendum a cambiare definitivamente le cose ma i giornali finanziari britannici come il Financial Times, già entrano in fibrillazione. E  dopo il Financial Times anche il Wall Street Journal lancia un assist a Renzi e ai sostenitori del Sì al referendum. Insomma, dopo l’aiutino inglese, arriva pure quello americano. La tesi di fondo è la stessa: un’eventuale vittoria del NO in Italia avrebbe per l’Europa effetti più devastanti della Brexit. Ma guarda un po’!
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E questo perché la vittoria del No al referendum creerebbe un clima di instabilità molto grave in quella che rimane, nel bene e nel male, la terza economia (ancorché disastrata) dell’Unione europea. Gli effetti negativi sull’euro sarebbero inevitabili e tutta l’Eurozona potrebbe entrare in affanno con conseguenze non facilmente prevedibili oggi, ma certamente negative. E’ della stessa idea anche Marchionne. Non entra nel merito né nel dettaglio (non ha tempo di leggere il testo-porcata poverino!),  ma dichiara, a macerie di terremoto ancora fumanti, che occorre votare SI, perché lui è uno che bada alla “stabilità”. Parola di vero “patriota”  che viaggia con parecchi passaporti, fa affari d’oro all’estero e che ha fatto pagare fior di perdite Fiat agli Italiani.
 
Beh, sinceramente mi paiono  tutte buone ragioni per votare un NO grande e grosso come una casa.
 
E badate bene a non farvi ingannare dalla parola “riforma” come fosse qualcosa di buono, di giusto, di razionale e di positivo. Le vere riforme aggiungono qualcosa all’esistente, non sottraggono ulteriormente democrazia e  forme partecipative ai cittadini. Siamo alla solita ingannatrice neolingua orwelliana, basata sul bipensiero.
 
Pubblicato da Nessie