L’attacco di Kerry e al-Qaida su Aleppo fallisce

è del 5 agosto ma serve per comprendere come si arriva ad oggi
agosto 5, 2016 
Moon of Alabama 4 agosto 2016
 
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Ai primi di maggio il segretario di Stato degli USA Kerry impose una scadenza per il cambio di regime “volontario” in Siria: “ha detto che “la data prevista per la transizione è il 1° agosto” in Siria o altrimenti il governo di Assad e suoi alleati “chiedono una musica molto diversa”. Nella speranza che “qualcosa accada nei prossimi mesi”, ha detto che la transizione politica non include il Presidente Assad perché, “finché Assad è lì, l’opposizione non avrà intenzione di smettere di combattere”… Kerry ha fatto tali osservazioni dopo l’incontro con l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria Staffan de Mistura e il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Hanno convenuto d’istituire un centro di monitoraggio del cessate il fuoco a Ginevra, Svizzera… 
 
Da quella dichiarazione, al-Qaida in Siria e i terroristi filo-USA avevano già rotto il cessate il fuoco annunciato a febbraio dalla Russia e attaccato le posizioni del governo siriano nella zona rurale a sud di Aleppo. I negoziati di maggio tra Russia e Stati Uniti sulla Siria non hanno portato a risultati tangibili. In retrospettiva, la tattica degli Stati Uniti sembra fosse ritardare intenzionalmente. Gli Stati Uniti hanno fatto qualche offerta risibile a Russia e Siria affinché accettino la sconfitta in cambio di attacchi congiunti ad al-Qaida, ma è stata respinta senza complimenti. L’attacco di oggi su Aleppo controllata dal governo, da parte di al-Qaida in Siria (Jabhat al-Nusra alias Fatah al-Sham), è stato lanciato il 1° agosto, con 10000 terroristi, è un attacco di dimensioni senza precedenti. Il 1° agosto è esattamente la stessa data fissata da Kerry come giorno per “una musica molto diversa“. Probabilmente non è un caso. Nonostante le dimensioni enormi della “grande battaglia di Aleppo” e il suo carattere forse decisivo per la guerra, né New York Times Washington Post ne hanno finora parlato. 
Gli Stati Uniti avevano a lungo preparato l’escalation e l’estensione della guerra alla Siria. A dicembre e gennaio navi affittare dagli statunitensi avevano trasportato almeno 3000 tonnellate di armi e munizioni dalla Bulgaria a Turchia e Giordania, assieme a centinaia di tonnellate di armi dal Montenegro trasportate via aerea in Arabia Saudita e altri Stati del Golfo. Secondo il famoso sito dell’intelligence militare Janes Defense, le armi bulgare sono finite in Siria, dove l’Esercito arabo siriano ne ha confiscato alcune ad al-Qaida e terroristi filo-USA. Durante il cessate il fuoco e i negoziati con la Russia, Stati Uniti ed alleati continuavano ad armare e sostenere i loro agenti in Siria anche se intimamente coordinati ed integrati con al-Qaida. Gli Stati Uniti non considerano tali gruppi terroristi, non importa con chi si alleino o cosa facciano. Anche quando un gruppo decapita un 12enne malato di fronte alle telecamere, il dipartimento di Stato degli USA continua a sostenerli opinando che “un incidente qua e là non farà necessariamente terroristico un gruppo“. Buono a sapersi …
 
Il Ministero della Difesa russo ha avvertito ad aprile che grandi quantità di armi e uomini passavano dalla Turchia alla Siria: “Il gruppo terroristico Jabhat al-Nusra (fuorilegge in Russia) in Siria progetta una grande offensiva, con l’obiettivo di tagliare la strada tra Aleppo e Damasco, aveva detto il capo del Primo Direttorato Operativo dello Stato Maggiore Generale russo Sergej Rudskoj,… “Secondo le nostre informazioni, circa 8000 militanti di Jabhat al-Nusra si sono concentrati a sud-ovest di Aleppo, e 1500 militanti si sono riuniti a nord della città”, aveva detto Rudskoj”. Un portavoce di Jabhat al-Nusra affermò che l’attacco ad Aleppo è stato pianificato da “diversi mesi”. Le armi furono fornite da statunitensi e sauditi all’inizio dell’anno e i russi osservarono lo schieramento di forze ad aprile, in preparazione dell’attacco su Aleppo. L’osservazione “sulla musica molto diversa” di Kerry si adatta proprio a ciò. Ma il grande attacco “dalla musica molto diversa” è fallito.
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L’attacco iniziava tra 1 e 2 agosto, quando i terroristi (aree verdi) riuscivano a rompere le difese del governo siriano (rosso) al confine sud-occidentale della città di Aleppo. Il piano era sfondare approssimativamente lungo la linea nera. Diversi attacchi con autobombe violarono la linea del fronte siriano. Gli insorti catturavano il grande ed incompiuto complesso di appartamenti 1070 e diverse posizioni collinari. La seconda fase veniva lanciata tentando di prendere la base dell’Accademia dell’Artiglieria a poche centinaia di metri più a est. Ma dopo intensi attacchi aerei siriani e russi e contrattacchi notturni, quasi tutte le posizioni sono tornate nelle mani del governo siriano. 
 
Nonostante il fallimento dell’assalto principale, al-Qaida ed alleati lanciavano la terza fase dell’attacco sul quartiere Ramusyah, poche centinaia di metri più a nord. Un errore tattico, dato che gli assalitori non riuscivano a costruire uno Schwerpunkt decisivo. Una tunnel carico di esplosivo distrusse parti di postazioni dell’esercito siriano a Ramusyah, ma la linea difensiva teneva, respingendo l’assalto. Gli altri attacchi condotti da 2-3000 terroristi nelle zone occupate da al-Qaida ed assediate nel nord di Aleppo, fallivano pure. Al-Qaida non è mai riuscita a spezzare l’assedio delle aree orientali e ad isolare le aree occidentali governative e densamente abitate, tagliandone le linee di rifornimento da Damasco. Combattimenti locali continuano ancora sulla prima linea, ma le postazioni del governo appaiono consolidate e la forza attaccante si sta lentamente ritirando. Al-Qaida ed alleati dovevano attaccare dalla provincia di Idlib ad Aleppo su un terreno scoperto sul limite occidentale della città. Qui gli aerei russi e l’artiglieria a lungo raggio vi hanno concentrato il fuoco. Come al solito, in queste situazioni, la maggior parte degli aggressori fu eliminata sulle linee di rifornimento verso il fronte, e non sulla prima linea. Un missile da crociera russo ha anche distrutto un deposito di armi del Jaysh al-Islam, l’alleanza dominata da al-Qaida, a Bab al-Hawa, Idlib, al confine con la Turchia. Diversi convogli carichi di armi in rotta verso Aleppo sono stati distrutti da altri attacchi aerei. Le parti si accusano a vicenda per gli attacchi con il gas contro i civili. 
 
I terroristi hanno iniziato, come fanno sempre quando perdono terreno. Questa volta siriani e russi hanno immediatamente risposto con proprie affermazioni. Ora come decidere tra questi scambi di accuse? Tali accuse e relazioni sembrano distrarre da casi più seri.
Dopo la sconfitta della terza fase dell’attacco, al-Qaida ed alleati abbandonavano il piano originale dell’attacco in sei fasi e si ritiravano. Nella dottrina militare russa, una situazione del genere richiede un contrattacco ad ampio raggio e un controffensiva strategica sul nemico in ritirata. Vedremo un’operazione lampo in cui le truppe di riserva del governo siriano procederanno ad ovest e nord di Aleppo sotto una spessa copertura aerea. Non ci sono piani governativi per liberare le zone ad est di Aleppo, assediate dal governo; possono aspettare e la loro condizione peggiorerà prima che qualsiasi costosa azione segua. Non sono ancora stati confermati i rapporti su ulteriori piani di attacco russi per la prossima fase del conflitto. Insomma la “musica molto diversa” di Kerry ha fallito nel raggiungere l’obiettivo desiderato. Il governo controlla Aleppo che non è stata isolata dal resto delle aree governative a sud. La forza d’attacco, il più grande concentramento di terroristi in questa guerra, ha subito 1000 perdite e la distruzione di grandi quantità di materiale. Una controffensiva ne frantumerebbe i resti.
In un altro focolaio di crisi, i combattenti siriani curdi delle YPG che assediano e conquistano lentamente la città occupata dallo Stato islamico di Manbij, ad est, sono sostenuti dalle forze speciali statunitensi e da intensi attacchi aerei della coalizione USA. Manbij è ora in gran parte distrutta. Gli ex-100000 abitanti sono in gravi difficoltà. 200 civili in fuga sono stati uccisi dagli attacchi aerei statunitensi, ma essendo l’operazione guidata dagli Stati Uniti, alcuna organizzazione umanitaria “occidentale” se n’è lamentata.
 
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Procede inesorabile la la riconquista di Aleppo. Gli USA cercano di salvare i loro mercenari

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Procede inesorabile la la riconquista di Aleppo mentre gli USA e i governi occidentali “si preoccupano” per la sorte dei loro mercenari jihadisti assediati e decimati dalle forze siriane.
 
Nonostante le ingenti forniture di armi, provenienti dalla Turchia, e consegnate ai miliziani jihadisti, tra cui missili anticarro, missili Stinger a spalla (armi sofisticate che implicano un addestramento professionale), tutte armi che sono arrivate nella sacca di Aleppo tenuta dai “ribelli’, è fallita la controffensiva ed il tentativo di riaprire la via principale di rifornimento tra Aleppo ed il confine turco (la via del Castello).
 
I gruppi jihadisti di Al Nusra e Ahrar Sham, appoggiati da USA, Arabia Saudita e Qatar, non sono riusciti a rompere l’assedio in cui si trovano da giorni ad opera delle forze dell’Esercito siriano e dei combattenti di Hezbollah. L’obiettivo dei terorristi era rompere l’assedio e riconquistare i quartieri occidentali della città che si trovano sotto il controllo delle forze dell’Esercito siriano e dove vivono circa un milione e duecentomila abitanti.
 
Il gruppo dei miliziani, che era riuscito a riunificare le varie milizie di mercenari jihadisti sotto l’egida americana, nota come « Jaysh al Fateh » (una sigla di comodo per ottenere la qualifica di “ribelli moderati” dall’Occidente) s’è distinto in passato per la decapitazione dei soldati alawiti catturati, e recentemente per la decapitazione di un dodicenne ferito durante i combattimenti.
 
Non sono bastati i massicci rifornimenti ricevuti e l’addestramento militare fornito da istruttori USA: il contrattacco dei mercenari jihadisti si è infranto di fronte al muro oppposto dalle truppe d’elite siriane ( la “ForzaTigre”) e dagli implacabili bombardamenti effettuati dall’aviazione russa e siriana.
In queste ultime ore i terroristi sono stati indeboliti dagli incessanti bombardamenti aerei e dell’artiglieria sulle loro posizioni e sui canali logistici di rifornimento. I terroristi hanno iniziato ad arretrare lasciando sul campo i corpi dei morti e dei feriti (si parla di oltre 2.000 morti) e perdendo il controllo delle postazioni come la Fabbrica di Cemento, delle Officine del Gas e delle altre postazioni occupate nella zona Est di Aleppo e circostanti.
 
Gli americani avevano inviato John Kerry a negoziare con il ministro russo Lavrov per concordare “una tregua” che in realtà era un espediente per rifornire i gruppi terroristi da loro sostenuti e prepararli ad una controffensiva. I russi hanno ormai “mangiato la foglia” e non cadono nel tranello, continuando a spingere l’offensiva fino a alla riconquista totale della città, ormai definita “la Stalingrado” della Siria, dove si infrange il progetto USA-Saudita di smembramento ed occupazione del paese.
 
Naturalmente in concomitanza con gli avvenimenti è partita la grande campagna mediatica occidentale per accusare le forze siriane e russe di ogni nefandezza, con l’appello accorato per una “tregua umanitaria” in modo da consentire l’uscita a quella parte di popolazione (si parla di 200.000 persone circa) intrappolate dai terroristi ed utilizzate come ostaggi. 
Per la stampa occidentale sono le forze siriane di Assad che tengono in ostaggio i civili e sono loro che non consentono l’uscita, capovolgendo, come al solito, la realtà sul campo che invece è stata ben descritta anche dal Vescovo primate di Aleppo. Sono i terroristi che hanno brutalizzato ed assassinato la popolazione di Aleppo e nessuna tregua era stata mai chiesta dai media occidentali quando i gruppi mercenari, armati dagli USA dai sauditi e turchi, avevano conquistato la città scatenando le rappresaglie sulla popolazione.
 
La propaganda di guerra ha la sua importanza ma ormai gli statunitensi non nascondono più le loro vere intenzioni, tanto che si sono registrate le dichiarazioni di Dennis Ross, un deputato, ex consigliere dell’Amministrazione USA, il quale ha proposto pubblicamente: la Casa Bianca deve cominciare a parlare una lingua che Assad e Putin possano comprendere”, ed ha precisato quale lingua: missili da crociera e droni contro gli uffici governativi e la residenza di Assad, onde assassinare lui e il suo entourage. “Bomb Assad regime, not Islamic State!”, ha esclamato.
Caduta la maschera del Potere USA non si parla neppure più di “portare la democrazia” ma si manifesta il vero volto del potere imperiale degli psicopatici di Washington.
 

Siria: Enormi quantità di denaro arrivate da Arabia Saudita e Usa per sostenere i terroristi ad Aleppo (Financial Times)

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LONDRA – L’offensiva dei ribelli siriani su Aleppo non sarebbe stata possibile senza il supporto delle grandi potenze estere.
Lo riporta una infromativa del Financial Times. I miliziani jiadisti e gli attivisti dell’opposizione armata siriana con cui ha parlato il FT hanno sottolineato che durante le operazioni militari sono stati riforniti di una grande quantità di armi, di munizioni e di denaro in contanti. “Ieri sul confine abbiamo contato decine di camion che trasportavano armi. Questo accade tutti i giorni da circa una settimana… armi, artiglieria: non si tratta soltanto di qualche fucile e qualche proiettile ma di armi sofisticate come lanciamissili e missili anticarro”, ha raccontato l’interlocutore anonimo del FT che ha attraversato il confine turco-siriano.
Gli altri ribelli interpellati dal quotidiano hanno raccontato che il denaro e gli equipaggiamenti provengono dai paesi sponsor regionali: l’Arabia Saudita ed il Qatar.  Gli aiuti ai guerriglieri passano attraverso il confine turco-siriano.
Il FT ha osservato che la controffensiva dei ribelli sulle posizioni delle truppe governative è stata programmata ed organizzata dal gruppo terrorista al-Nusra dietro istruzioni rivevute dall’esterno.
Alcuni insorti hanno confermato che ufficiali americani, responsabili del supporto all’opposizione cosidetta “moderata” siriana, hanno intenzionalmente chiuso un’occhio sulla partecipazione dei terroristi all’offensiva, in modo da garantire agli insorti la roccaforte di Aleppo. Vedi: Outside help behind rebel gains in Aleppo
 
Si è saputo, fra l’altro, che dalle unità navali USA che navigano al largo nel Mediterraneo arrivano dati precisi sulle posizioni delle forze siriane, sui movimenti dell’aviazione russa e probabilmente ordini ed istruzioni precise ai capi dei gruppi teroristi.
 
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Miliziani ad Aleppo
 
“Senza dubbio gli americani sapevano cosa stava succedendo. Lo avevano pianificato per esercitare un certa pressione su Russia e Iran”, ha riferito al FT un diplomatico occidentale anonimo in contatto con l’opposizione siriana. I guerriglieri confermano che molte forze estere hanno validi motivi per aiutare in segreto gli oppositori di Assad ad Aleppo. Se cade Aleppo la partita per i ribelli (mercenari assoldati da Arabia Saudita e Qatar) sarebbe irrimediabilmente persa.
 
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Miliziano ad Aleppo con lanciamissili
 
Adel Jubair, ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, ha avvertito ripetutamente che Rijad avrebbe potuto aumentare l’aiuto ai ribelli se i tentativi di risolvere il conflitto poiticamente (leggi conl’uscita di scena di Assad) saranno ignorati.
“Una enorme quantità di denaro è stata spesa negli ultimi mesi per finanziare tutti questi gruppi e per coordinarli”, lo ha detto una figura dell’opposizione con sede in Turchia. “L’unico modo per ottenere che questi miliziani dei vari gruppi possano lavorare insieme è quello di pagarli”, ha detto. L’Arabia Saudita ed il Qatar hanno investito grandi cifre per assicurare il supporto a queste milizie formate da mercenari provenienti da svariati paesi.
 
L’arrivo di tutto questo denaro ha tacitato le varie discrepanze fra i gruppi e questo spiega il cambio di atteggiamento ultimo delle milizie jihadiste. Il denaro ed i rifornimenti hanno risollevato il morale dei mercenari assoldati dalla Monarchia Saudita per conto di Washington.
 
Traduzione e sintesi: Manuel de Silva

Siamo seri…

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Lo  “sfratto” al Commissario Foietta non è una scelta tecnica logistica ma una prova muscolare della minoranza Notav della città metropolitana.

De Vita sostiene nel suo comunicato all’ANSA  che “La scelta di non rinnovare la concessione gratuita, con scadenza 31 dicembre 2016, all’Osservatorio Tecnico sulla TORINO-Lione presieduto dal commissario di Governo Paolo Foietta, scaturisce da motivazioni squisitamente tecniche”, e ancora che  “La Città Metropolitana  ha necessità dei 4 locali all’ottavo piano, utilizzati dall’Osservatorio, in virtù del riordino logistico dei servizi che prevede la concentrazione in corso Inghilterra degli uffici attualmente dislocati in via Maria Vittoria”.

Argomentazioni deboli sia nella sostanza che nella forma.

Per quali ragioni non  c’e’ stato da parte degli uffici e/o delle strutture con cui quotidianamente il Commissario di Governo  coabita e si relaziona,  nessun preavviso di questa esigenza?  Ma soprattutto  perché non è stata formulata  nessuna  proposta  a ricercare una soluzione alternativa?  Magari offrendo temporaneanente la disponibilità di quegli spazi liberati, in via Maria Vittoria o in altre sedi.

La leale collaborazione tra Enti in genere non avviene via raccomandata o PEC, ma relazionandosi, attraverso funzioni tecniche o politiche che dovrebbero sempre essere tra istituzioni simmetriche.
Nelle ultime settimane la struttura commissariale ha avuto diverse interlocuzioni con il direttore generale  della Città Metropolitana senza ricevere alcuna segnalazione del problema.

Se esiste una questione  squisitamente tecnica la relazione dovrebbe avvenire tra dirigenti della Città metropolitana con gli omologhi dirigenti della Presidenza del consiglio.

Se invece esiste  un problema politico,   l’omologo della Sindaca è  il Commissario di Governo.

In ogni caso non c’entra nulla  il consigliere “De Vita”.

Qualcuno dirà che era un atto urgente.
Ma dove sta  l’urgenza di “sostituzione delle funzioni del Sindaco” da parte del Consigliere “delegato per le vacanze”, che ha firmato  l’11 agosto, come unico atto urgente,  proprio questa disdetta di contratto che avrà  efficacia tra 4 mesi,  il 1 gennaio 2017.

Non ci siamo proprio.

Meglio sarebbe stato dire la verità, ed ammettere senza ipocrisia che De Vita ha fatto una forzatura e voluto dare all’ “esterno” una dimostrazione provata della propria fede contro  il Tav e l’odiato Osservatorio.
Alla faccia del buon senso e dei corretti  rapporti istituzionali.

De Vita ignora o nasconde che questo significa sfrattare la “Presidenza del Consiglio dei Ministri”; che sono state spese  a marzo 2016 migliaia di euro per traslochi, lavori di cablaggio per organizzare una sede di quattro stanze, che verra utilizzata solo 9 mesi,  e che la Presidenza del Consiglio paga un contributo alle spese di funzionamento di  15.000 € l’anno.

Almeno una parte di queste spese dovranno essere recuperate dalla Presidenza del Consiglio.

La dimostrazione muscolare Notav di Dimitri De Vita costa cara alla collettività e non pare proprio ispirata alla reciproca e leale collaborazione tra Enti.

Renzi: “In banca ho solo 30mila euro”

per chi si fosse perso sta “perla”, l’avesse detto lo psiconano sarebbe stato circondato da gente a tirare monetine. Lui è “antirazzista e solidale”, politically correct quindi OK (ah ma è sicuramente una cattiveria dei giornali xenofobi)
 
 
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Il premier Matteo Renzi ammette che il salvataggio di Banca Etruria abbia inciso nel calo di consensi ma avverte: “chi dice che lo abbiamo fatto per salvare il babbo della Boschi sappia che noi abbiamo la coscienza pulita in questa vicenda, anzi di più, pulitissima”.
 
“Io in banca ho 30mila euro, i politici guadagnano tanto rispetto ai cittadini normali, ma guadagno più o meno quanto guadagnavo quando facevo il sindaco di Firenze”. Parola diMatteo Renzi che, dal palco della festa de l’Unità di Villalunga, svela, su richiesta del direttore del tg La7 Enrico Mentana, a quanto ammonta il suo conto in banca.
 
E , a proposito del decreto salva-banche, il presidente del Consiglio ammette: “Certo che abbiamo scontato la vicenda delle 4 banche e in particolare Banca Etruria, ma abbiamo preso il cda e lo abbiamo commissariato, quindi non solo la legge è uguale per tutti ma è strauguale per tutti, anche se siamo passati per chi ha salvato le banche”. “E chi dice che lo abbiamo fatto per salvare il babbo della Boschi – conclude il premier Renzi – sappia che noi abbiamo la coscienza pulita in questa vicenda, anzi di più, pulitissima”.
 

Perdendo in Siria, Washington bombarda in Libia

agosto 7, 2016
 
Finian Cunningham Strategic Culture Foundation 05/08/2016
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Gli attacchi aerei degli Stati Uniti sulla Libia segnano un’importante escalation delle operazioni statunitensi all’estero. Un portavoce del Pentagono ha detto che la campagna aerea continuerà a tempo indeterminato a sostegno del governo di unità dell’ONU a Tripoli contro lo Stato islamico (SIIL). E’ il primo intervento di ‘supporto’ aereo in Libia dal 2011, quando gli aerei della NATO e degli Stati Uniti la bombardarono per sette mesi spodestando il governo di Muammar Gheddafi. La tempistica degli ultimi attacchi aerei degli USA sulla città portuale libica di Sirte sembra significativa. Per quasi due mesi il governo di Tripoli compie incursioni contro le brigate dello SIIL a Sirte. 
 
Quindi perché vengono chiesti gli attacchi aerei degli USA in questo preciso frangente? Il dispiegamento della forza aerea degli Stati Uniti in Libia segue di pochi giorni l’offensiva decisiva lanciata dall’Esercito Arabo Siriano e dagli alleati russi sulla città strategica di Aleppo, nel nord della Siria. Mentre gli alleati siriani e russi si muovono sconfiggendo le milizie antigovernative rintanate nella più grande città della Siria, la cui vittoria fa presagire la fine della guerra siriana, la frustrazione di Washington nel contrastare il successo della Russia nella guerra ai gruppi terroristici eterodiretti in Siria è palpabile, soprattutto da quando il Presidente russo Vladimir Putin ha inviato forze russe nel Paese arabo, vecchio alleato di Mosca, quasi dieci mesi fa. 
 
La frustrazione statunitense ha raggiunto il punto di ebollizione quando la Russia annunciava unilateralmente che procedeva, insieme alle forze siriane, alla liberazione di Aleppo, seconda città della Siria dopo la capitale Damasco, assediata dai gruppi armati illegali da quasi quattro anni. Per la vicinanza al confine con la Turchia, Aleppo era la rotta fondamentale per terroristi ed armi che alimentano la guerra, una guerra che Washington, alleati della NATO e partner regionali hanno segretamente sponsorizzato con l’obiettivo politico del cambio di regime contro il Presidente Bashar al Assad. Quando il Ministro della Difesa russo Sergej Shojgu annunciava l’apertura dei corridoi umanitari per far fuggire da Aleppo i civili e i terroristi arresisi, il piano è stato ridicolizzato quale “inganno” dal segretario di Stato USA John Kerry. L’ambasciatrice degli USA alle Nazioni Unite Samantha Power descriveva l’offensiva siriano-russa su Aleppo come “agghiacciante”.
 
 Tuttavia, il sovrano governo legittimo della Siria ha tutto il diritto di riprendere il controllo di Aleppo, ex-polo commerciale del Paese, sequestrato da vari gruppi terroristici, alcuni designati organizzazioni terroristiche internazionali. Le le aspre parole di Kerry e Power indicano perplessità di Washington per il successo di Mosca in Siria. L’intervento militare della Russia ha contrastato la cospirazione degli Stati Uniti per il cambio di regime. Washington può essersela cavata parzialmente con i piani di cambio di regime in Afghanistan, Iraq, Libia e Ucraina. Ma l’intervento della Russia ha sventato una manovra simile in Siria. Non solo, ma mentre Russia e l’alleato siriano sono vicini alla sconfitta definitiva delle reti dei mercenari antigovernativi di Aleppo, appare terribilmente ovvio che la farsa di Washington sui “ribelli moderati” frammisti ai terroristi venga denunciata. Da mesi Washington ha procrastinato le richieste di Mosca di fornire una demarcazione netta tra i cosiddetti moderati ed estremisti. Washington ha con cura esitato nel fornire alcuna distinzione o separazione. Mentre le forze russe e siriane mettono in un angolo i terroristi ad Aleppo, è evidente che Washington e i media occidentali sono invischiati nelle peggiori menzogne utilizzate negli ultimi cinque anni per giustificare la guerra in Siria. Inoltre, la Russia emerge vincente per come ha perseguito la campagna militare a sostegno del governo siriano. In altre parole, la Russia viene vista combattere realmente la guerra al terrorismo, mentre Washington ed alleati manifestano atteggiamenti mercuriali, se non criminali, nel rapporto con i gruppi terroristici che pretendono di combattere.
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Il capo della diplomazia di Washington John Kerry era in trepidante attesa di chiarimenti da Mosca sull’offensiva ad Aleppo. Dal 1° agosto era chiaro che Mosca non aveva intenzione di assecondare le apprensioni di Washington sul piano offensivo. “Ancora una volta, l’amministrazione Obama sembra essere accecata da Putin, proprio come quando la Russia inviò le proprie forze in Siria a settembre“, dichiarava un editoriale del Washington Post.
 
Nella notte dell’1-2 agosto gli attacchi aerei degli Stati Uniti venivano ordinati sulla Libia.
 
 Il disappunto di Washington sulla Siria è aggravata perché, solo poche settimane prima, Kerry volava a Mosca per offrire un “accordo” sulla cooperazione militare tra Stati Uniti e Russia, presumibilmente per combattere le brigate terroristiche in Siria. È apparso che tale accordo fosse solo l’invito alla Russia a far dimettere Assad. Cioè, la Russia doveva accettare l’obiettivo del cambio di regime statunitense. Alla Russia non interessa. Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ribadiva la posizione che il futuro della presidenza della Siria riguarda il popolo siriano soltanto, senza interferenze estere. Poi l’offensiva militare intrapresa ad Aleppo dalle forze siriane e russe, senza riguardo per le preoccupazioni di Washington per i suoi “ribelli moderati”/terroristi era l’ulteriore segnale che Mosca persegue propri valutazioni ed obiettivi strategici. Per Washington è un affronto lancinante. L’editoriale del Washington Post citato aveva un titolo irritato: “Basta fidarsi di Putin sulla Siria”. Era l’ultimo di una serie di editoriali che ingiungevano l’amministrazione Obama a “finirla” con Mosca sulla Siria. Uno dei titoli precedenti diceva: “Obama si ritira davanti Putin in Siria, di nuovo“. Nell’amministrazione Obama sembra esserci un forte dissenso sulla politica percepita fallimentare sulla Siria. Il segretario alla Difesa Ashton Carter e il direttore dell’Intelligence nazionale James Clapper si sono opposti al gioco continuo di Obama e Kerry per cercare la cooperazione militare della Russia. In precedenza, 51 diplomatici degli Stati Uniti firmavano una lettera congiunta che invitava l’amministrazione Obama ad intensificare le operazioni militari in Siria contro il governo di Assad. E’ anche chiaro che l’aspirante successore democratico di Obama alla Casa Bianca, Hillary Clinton, sia circondata da collaboratori del Pentagono che spingono per un maggiore intervento in Siria, anche ponendo il grave rischio di scontri con le forze russe. Di fronte alle crescenti critiche per il fallimento in Siria, sembra che gli attacchi aerei degli Stati Uniti sulla Libia siano stati ordinati come sorta di compensazione. Il presidente Obama avrebbe ordinato gli attacchi su consiglio del capo del Pentagono Ashton Carter. Sembra che l’amministrazione Obama cerchi di respingere l’accusa di essere morbida. Inoltre, ordinando gli attacchi aerei contro i jihadisti dello Stato islamico a Sirte, in Libia, si permette a Washington di riprendere la narrazione perduta con la Russia in Siria.
Il successo della Russia in Siria ha seriamente minato l’affermazione di Washington di guidare la guerra al terrorismo. L’ultima resistenza dei gruppi terroristici ad Aleppo, tra cui le milizie sostenute da Washington e alleati, rappresenta la prova incriminante. Quindi, mentre la rete si stringe su Aleppo in Siria, la mano di Washington è costretta a scatenarsi in Libia per cercare di dare lustro alla pretesa appannata di combattere il terrorismo islamista. In realtà, tuttavia, una rete più grande sembra serrarsi su Washington. L’opinione pubblica mondiale sa sempre meglio che il terrorismo è strettamente legato a Washington, ovunque intervenga. Il terrorismo generato in Afghanistan e Iraq occupati dagli Stati Uniti, è stato innestato in Libia durante i bombardamenti della NATO nell’operazione di cambio di regime del 2011 che, a sua volta, ha contaminato la Siria nell’altra campagna di cambio di regime di Obama e della sua segretaria di Stato Hillary Clinton. Per Obama tornare in Libia con nuovi attacchi aerei è un fallimento della politica criminale in Siria, dovuto dall’intervento di principio della Russia e radicato nella degenerazione statunitense che il resto del mondo può vedere.
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La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 

Libia, tornano i suoi demolitori

di Giulietto Chiesa – 03/08/2016
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Fonte: Megachip
Pinotti e governo applaudono ai primi bombardamenti americani. Si coprono dietro il mandato dell’ONU. Ma si sono già dimenticati che la Nato e l’Italia hanno distrutto lo stato libico. Sepolcri imbiancati che fingono di dimenticare le loro responsabilità.
 
La sinistra chiede il voto del parlamento, ma non dice che questa è la prosecuzione di una guerra che noi abbiamo scatenato. Sepolcreti imbiancati anche loro, incapaci di dire una sola parola decente.
 
I Cinque Stelle si barcamenano, ma anche loro non sanno che cosa fare. E confermano di non avere una linea di smarcamento. Così andiamo in guerra (anzi ci siamo già, con i droni e con i soldati, oltre che con i servizi segreti). Non uno, in questo parlamento, che sia capace di dire che bisogna uscire dalla Nato e cominciare una politica estera sovrana.