SIRIA, LIBIA, EGITTO, PUPAZZI E VENTRILOQUI

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 25 FEBBRAIO 2016

A timpani sfondati e vista annebbiata
La forsennata baraonda intorno ai diritti di circa 7000 cittadini italiani, legittimi secondo i più, aberranti secondo i meno, ma dove i bambini si devono conformare alle preferenze degli adulti, bene o male che gli facciano, ci ha inflitto un acufene bilaterale che ci tappa le orecchie a qualsiasi altra percezione. Fosse anche quella che riguarda, che so, 180 tra donne, bambini, uomini, polverizzati a Damasco e a Homs dagli attentati di un mostro jihadista made in West che, in fuga sul campo militare, si rifa macellando civili. Già nel 2012 avevo visto Homs liberata e i miliziani in fuga rifarsi con stragi terroristiche a Damasco, dove m’è saltato accanto un palazzo mentre un autobus volava fin sopra a un viadotto e per strada c’era più sangue che asfalto (vedi “Armageddon sulla via di Damasco”). Gladio, Cia, Mossad e servizi vari l’hanno insegnato da tempo: non sai come uscire dall’impasse, devi aprirti una via di fuga, o di guerra? Fai saltare per aria un po’ di gente e palazzi e avrai, sia il consenso delle masse, sia la loro sottomissione alle “misure di sicurezza”.
S’ode a destra un’orchestra di percussioni gender, transgender, omogender, intergender, ultragender. Tamburi, timpani, batterie, bongo, tamburelli. A sinistra risponde un complesso di fiati, trombe, tromboni, sax, flauti traverso, clarinetti. Qui si suona la sinfonia di Giulio Regeni Martire. Dirige, a formidabili bachettate, il maestro Giuseppe Acconcia (il manifesto). Ultimamente vi si sono inserite le immancabili anime belle delle “sinistre”. Cinguettano in sintonia con le varie Amnesty, Human Rights Watch, Voice of America eVoice of Israel. Annoverano  imbarazzanti sicofanti del padrone come l’amerikano Guido Rampoldi, tutta la lobby della menorah al cui controllo non sfugge nessuna testata, da quelle del noto De Benedetti al “manifesto” fino al “Corriere di Sgurgola”, come l’adolescente della Terza Età Castellina, più garrula che mai  a dispetto del tonfo etico-politico-mentale della scuffia perTsipras, figuraccia amara alla luce di un’età che avrebbe dovuto accumulare un minimo di discernimento (non per nulla  è stata subito elevata a icona dagli onanisti sinistri neo-ricostituiti per la trentesima volta in “nuovo soggetto politico”. Quanto meno, di grosso hanno il nome: Cosmopolitica, roba da far impallidire chiunque, da Podemos ai laburisti britannici, da Trump alla Terza Internazionale).
Tutti a tubare nella piccionaia del menzognificio mediatico, intonacato di fresco per la bisogna egiziana. Ultimo arrivato, last but not least, l’aerofono risonante dell’Arci. Quello in cui soffiava note di vetriolo da schiantare ogni dittatore la pasionaria dei diritti umani Raffaella Bolini. L’Arci nelle grandi occasioni delle megatruffe dirittoumaniste non manca mai, coerente con il suo statuto quanto lo sono con il loro quelli dell’ANPI – dio li perdoni –evolutisi fino a celebrare l’avvento dei nazi a Kiev. Tutti in formazione, a passo dell’oca, specie quando trattasi di abbattere dittatori, a cogliere l’occasione di coadiuvare invereconde campagne di disinformazione e demonizzazione, quelle che servono a lastricare la via alle guerre dei diritti umani.
Regeni? Zitti zitti
Curioso che dallo spartito di questi suonatori siano scomparse le note su Regeni dipendente a tempo pieno dell’agenzia spionistica transnazionale “Oxford Analytica”, di un ex-capo dei servizi segreti britannici e di John Negroponte, operatore genocida in due o tre continenti e creatore del primo Emirato Islamico, con cui contrastare la resistenza nazionale in Iraq. Modello originariamente proposto da Churchill e dai britannici, con il logo Fratelli Musulmani, contro gli irrequieti nazionalisti egiziani, replicato anche da Obama in Siria. Fratelli Musulmani poi messisi à la page con la modernità, altro che Cirinnà. Si sono moltiplicati grazie a uteri in affitto messi a disposizione dall’Occidente e praticano alla grande la stepchild adoption ovunque si trovino adottandi con barbone, nodo scorsoio e scimitarra da decapitazione. Milioni di schermate, foreste di alberi ridotte in pagine di giornali, tonnellate di piombo, tutte impegnate allo spasimo a sviscerare ogni tessera del luminoso mosaico della vita di Regeni e, toh, neanche tra le righe a caratteri più minuti, neanche in una nota in calce, gli è scappato ciò che tracima da mille voci di Google, che il giovanotto ha lavorato embedded  tra capi che figurano tra i peggiori mascalzoni rigurgitati dalla macina di morte angloamericana. E volete che gli si dia la patente della buonafede? A questi media, dico?
Con acufeni provocati  da questi clamori chi è che riesce più a sentire i versi successivi? “D’ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren… Chi sono essi? Alle belle contrade / quale ne venne straniero a far guerra? / Qual è quel che ha giurato la terra / dove nacque far salva, o morir?”  (Alessandro Manzoni, Il Conte di Carmagnola, coro). E così non si capisce mica quale sia e e cosa faccia, lo straniero venuto a far guerra, e se c’è e se abbia ragione quel che ha giurato di far salva la terra dove nacque, o morir. La metafora si fa forzata e oscura. Ma calza, vista la grande operazione di confusione che si è venuta facendo sullo straniero venuto a far guerra. Moderato? Terrorista? E su colui che vuol far salva la terra dove nacque. Il filo-Assad? L’anti Assad?
Sospensione delle ostilità, o Piano B?
 
Saremmo dunque, in questo mare di opposti, alla “sospensione delle ostilità”. E qualcuno già intravvede il roseo orizzonte di un’intesa tra Mosca e Washington,  con un tè delle cinque tra i vecchi gentiluomini Kerry e Lavrov, con un Obama che vuole uscire di scena, riscattato dalle sue 7 guerre e dalle sue stragi da droni, con la chiusura di Guantanamo, la pacificazione con Cuba e Iran, un salvataggio di capra e cavoli in Siria mediante la riduzione alla ragione dei dromedari impazziti turco e saudita. Ma non si sopravaluta forse un tantino l’autonomia e il potere decisionale di questa gente? Forse Putin non deve render conto a qualcuno sopra di lui. Ma quanto a Obama, non s’era denunciata mille volte la farsa di una democrazia americana dove nella Casa Bianca si entra solo passando su un tappeto di dollari tessuto su telai di ossa umane in consigli d’amministrazione con Menorah, croce e compasso? Non s’era capito che la Casa Bianca non è che il portierato di un edificio più grande, nero, collocato nella quarta dimensione?
Il buon John Kerry, di cui qualcuno si augura che tenga a freno i falchi, ma a cui, quando sfrottola, si allunga la bazza quanto a Pinocchio il naso, appena finito di cinguettare con il suo omologo russo a Monaco, si è precipitato a placare i mastini del Senato rassicurandoli sul famoso Piano B. Quello vero. Essendo il fasullo quello che si è sventolato sulle guglie della Marienplatz di Monaco. Sta per essere troppo tardi per conservare integra la Siria nella sua interezzadovremo passare al Piano B”. Che cosa significa? Significa che le altre frasi dette ai media: “Vogliamo una Siria laica che protegga tutte le minoranze, dove il popolo abbia il diritto di scegliere il suo leader e il suo futuro”, e subito contraddette con: “Assad non può restare presidente perché non è accettato da coloro che lo hanno combattuto per quattro anni”, rendono l’idea di quanto i robotini di Washington siano imbeccati da ventriloqui che ci prendono per il culo. Tanto caloroso è il flirt di Kerry con Lavrov, tanto lunga la sua bazza, che è arrivato a dichiarare, senza ridere, che sono le bombe di Putin ad aver determinato la crisi dei rifugiati che sta minando l’unità europea. Quando il bue dà del cornuto all’asino.
Il Piano B non è altro che il Piano A dissimulato. Il piano di sempre, quello vagheggiato fin dall’indipendenza siriana realizzata nel segno del socialismo Baath, dell’antisionismo e dell’antimperialismo. Il piano messo per iscritto in Israele nel 1981 da Oded Yinon. Quello che prevede lo squartamento di tutti gli Stati arabi che fanno barriera al Grande Israele e alla ricolonizzazione della regione. E per primi Iraq e Siria, i più ostici e irriducibili. Poi l’Egitto e ne vediamo le mosse a partire dalla primavera araba dirottata verso il Fratello Musulmano Morsi e a finire con l’assedio a Sisi. Seguiranno Algeria e, nel tempo, anche le tirannie del Golfo, oggi alleate, ma hai visto mai che anche lì parta qualche primavera  da far tornare buona per Israele e il colonialismo del Terzo Millennio?
L’unica frizione che vedo tra boss e picciotti è quello tra Usa e turchi sulla questione curda. Per i neocolonialisti una fetta di Siria assegnata a uno pseudostato curdo, che diventi protettorato sionimperiale come quello iracheno, fa parte del Piano B di smembramento della nazione araba. Per il terrorista neo-ottomano è un intralcio e la legittimazione della spina PKK nel fianco. In qualche modo la risolveranno. Come in Iraq, dove il Kurdistan, nella misura in cui è appaltato a Israele e agli Usa, sta bene anche a Erdogan. Del resto Ocalan ha già dato ampi segnali di ravvedimento e i curdi dell’YPG  stanno dando agli Usa convincenti dimostrazioni di collaborazione subalterna.
La transustanziazione del terrorista moderato
La “sospensione delle ostilità” proclamata a Monaco, per quanto diano di matto gli scagnozzi locali, esterni e interni alla Siria, qualche giorno durerà. Il tempo necessario a che turchi, sauditi, giordani e sovrintendenti Usa e Nato permettano ai frastornati jihadisti e “ribelli moderati” di riprendersi dalle tranvate prese su tutti i fronti del paese, ricostruiscano vie di rifornimenti in alternativa a quelle tagliate da russi e siriani, facciano arrivare rifornimenti  (una bella colonna con 400 tonnellate di munizioni è stata incenerita dai bombardieri russi appena superata la frontiera turca a Idlib), trovino nuovi canali di finanziamento del califfato dopo che l’aeronautica di Mosca gli ha bruciato fonti, vie e colonne del petrolio. Insomma abbassare il fuoco sotto la pentola che ribolle.
 
La ripresa del processo per realizzare il Piano B avverrà quando verrà al pettine il nodo di chi è terrorista e chi è “moderato”. La Russia può continuare a colpire l’Isis e Jabhat al Nusra, che l’ONU classifica come terroriste. Ma queste formazioni sono intrecciate spesso tra loro e sempre ad altre, tipo Ahrar e-Sham e Jaysh el-Islam, fanatici takfiristi che, però, per la Coalizione messa su dai sauditi sono “ribelli moderati” (nella foto mentre stanno per giustiziare prigionieri siriani), alla stregua del fantasma chiamato “Free Syrian Army”. In tutto il territorio siriano dove si trovi il mercenariato terrorista la separazione fisica, oltrechè ideologica, tra le fazioni è impossibile. Qualcuna risponderà pure a un locale signorotto tribale e si alleerà a seconda di chi paga meglio. Moderata o terrorista? Situazione ideale per l’incidentino che, al momento giusto, faccia ripartire l’ambaradan.
John Negroponte: l’Egitto val bene un Regeni
L’operazione Regeni, buttata tra i piedi di un paese che minaccia di tornare a essere protagonista degli equilibri geopolitici, il forsennato attacco lanciato dai giaguari, dai loro amici e lacché, contro l’Egitto, oltre a tagliare le gambe a un paese che stava affacciandosi prepotentemente sulla scena economica e politica regionale, segnano la riattivazione dello scenario libico perché si perda un attimo di vista l’impasse siriana. Soprattutto tocca sventare il rischio di una soluzione egiziano-libica, cioè inter-araba, della crisi libica, come prefigurata dalla riconquista di Bengasi da parte dei laico-gheddafiani del governo di Tobruk. Ed ecco che gli Usa annunciano l’intenzione di sfasciare quel giochino bombardando qualcosa a Sabrata che fanno passare per base Isis. Ed ecco che si riparla dei 5000 soldati italiani da mandare a guardia del bidone. Ed ecco che, sputando in faccia al paese e alla sua presunta democrazia parlamentare, gli Usa annunciano unilateralmente il decollo per la Libia di droni bombaroli dalla base siciliana di Sigonella. E il governo di Renzi cosa fa? Balbetta “purchè siano difensivi”. Missili Hellfire difensivi sparati dai Predator in testa alla gente, come quelli che difendono l’Occidente in Afghanistan, Pakistan, Somalia, Yemen, finendo su matrimoni e funerali.
Quei filibustieri di francesi
Ultima ora: si scopre che forze speciali francesi partecipano alla liberazione di Bengasi  seconda città della Libia, dalla marmaglia jihadista, con l’esercito del governo di Tobruk (quello che si ostina a non avallare il famoso “governo di unità nazionale” incaricato di chiamare alla ricolonizzazione della Libia italiani e Nato), guidato dal generale Khalifa Haftar. Quello sostenuto dall’Egitto e inviso peggio di Sisi ai Fratelli Musulmani. Che succede? Gli Usa bombardano in Tripolitania, gli inglesi si aggirano dalle parti del Fezzan al Sud, i francesi collaborano con la fazione amica dell’Egitto? Si riparla, anche qui, di tripartizione?
C’è qualcosa di nuovo sotto il sole, anzi d’antico, direbbe il poeta. E parrebbe avere ragione. Diavolo d’una Francia! Di nuovo, come nel 2011, primi nell’arrembaggio al petrolio libico. Accanto all’Egitto di Al Sisi e ai suoi fiduciari nazionalisti di Tobruk. Proprio quelli che l’Italia e l’Eni, già con una zampa sul gigantesco giacimento di gas egiziano, si stavano cucinando prima che la mina Regeni deflagrasse sotto i documenti che la signora Guidi e l’equipollente ministro dello Sviluppo del Cairo stavano per firmare. Diavolo d’una Francia! Che ci abbia messo lei uno zampino per farci fuori?  Non le manca l’esperienza. Pensate a Parigi. E diavolo di un’America che si pappa l’ovest. Congetture, d’accordo. Una cosa è però certa: gli ascari degli uni e degli altri siamo noi.
 Gheddafi è viva
 
Un’altra cosa è certa. Ed è entusiasmante.. Ospite in Eritrea, Aisha Gheddafi, figlia prediletta ed erede politica di Muammar, anima della resistenza durante i nove mesi dell’aggressione, ha costituito il Governo della Jamahirija Libica in esilio e ha confermato che la lotta per la rinascita del paese è in corso. Che non si tratti di una vanteria è confermato dall’adesione al nuovo governo della più grande tribù della Libia, i Warfalla, la cui capitale è Bani Walid, a sud di Misurata, al centro di una regione restata libera e indipendente dall’inizio del conflitto ad oggi. Con i Warfalla si sono schierati i tradizionali cugini dei Ghaddafa. Altri seguiranno. E forse con Tobruk e con l’Egitto è possibile aprire un dialogo. Anatema per colonialisti e ascari islamisti. Se son rose….
Lo zerbino Usa
Questo nel giorno in cui la Corte di Strasburgo ci mazzia per aver collaborato con la Gestapo Cia a rapimento, extraordinary rendition e tortura di Abu Omar. E per essere stati capaci di reggere due presidenti felloni che hanno graziato i delinquenti mandati dal padrone Usa a fare quel cazzo che gli pareva sul nostro territorio “sovrano”.  Mi fanno specie e anche un po’ schifo quelli che elevano alla settima potenza la cresta della loro indignazione per quello che succederebbe in Egitto e si beano della consapevolezza di stare nel migliore dei mondi possibili in un paese in mano a una banda di malfattori, pronti ad andare in giro ad ammazzare gente su ordine dello Stato canaglia più canaglia del mondo. Stato canaglia e pure spione che, dopo aver affidato nel 1945 questa colonia al consorzio mafia-partiti, l’ha poi rinserrato in un’Unione Europea costruita a immagine e somiglianza della Vergine di Norimberga. Dopodichè, con la NSA, spia, cospira, ridicolizza ogni residua pretesa di sovranità e organizza colpi di Stato.
Ah, ma la pena di morte no!
 
Analoghi sentimenti di ribrezzo suscitano poi i vari papi e capi di Stato che ogni tanto se ne escono, ripuliti da cumuli di nefandezze, per invocare la fine della pena di morte. Quella dei tribunali. Mica quella che prescinde da tribunali e, anzi, viene inflitta da chi è tutt’uno: investigatore, giudice e boia. Per esempio Negroponte, capo di Regeni e capo degli squadroni della morte.  Per esempio Obama, che ogni martedì seleziona e firma l’elenco dei “sospetti” da far fuori, o che, da quando è presidente, a forza di guerre, la pena di morte la infligge a milioni, obliterando nozze, tribunali e are (che diero alle umane belve esser pietose / di se stesse e altrui). Che dice l’Arci a proposito?
L’intero sistema imperialista si regge su una specie di stop and go  mediatico dettato da un’attenta regia militare e politica. Un fronte vacilla, l’opinione pubblica deve essere attratta da un altro fronte. Monta l’esasperazione per una guerra che non finisce e che provoca alluvioni destabilizzanti di stranieri, nella rappresentazione si inserisce un intervallo, una “sospensione delle ostilità”. E lo spettatore appena rilassato, può tornare ad eccitarsi a un secondo atto con nuovi attori, nuove comparse, nuove scenografie. E stesso copione.
I pretesti per riaprire il fuoco in Siria non mancano. E per coloro che da decenni nelle segrete stamze dei complotti e, sul campo, da 5 anni, lavorano per abbattere il governo siriano, frantumare e distruggere la nazione, disperderne il popolo per sbatterlo in un’Europa che non li regge e vi hanno impiegato miliardi di dollari, la faccia, la credibilità politica, geopolitica e militare e, nel caso di Israele, derivano la loro strategia di sopraffazione da un destino sacro determinato dal divino, la sola idea di abbandonare l’impresa vorrebbe dire l’inizio di una crisi esistenziale. L’obiettivo finale del grande schieramento imperialista euroatlantico, con relativi clienti e vassalli, già pesantemente in difficoltà di suo, consiste nell’eliminazione di ogni contrappeso economico, militare, geopolitico, esattamente come al tempo dell’URSS e di Mao. Obiettivo che verrebbe vanificato da una debacle in Medioriente. A tutti coloro che arricciano il naso di fronte a chi ritiene di doversi schierare nettamente in uno scontro che mette in gioco nientemento che una vita decente, giustizia, uguaglianza, dignità,  libertà e, oltre, la sopravvivenza, va augurato di non scoprire un giorno che la loro defezione, la loro ignavia, ha contribuito alla loro, alla nostra, fine. Tra imperialismo e popoli la posta in gioco è questa.
Quanti pensano che Obama e Kerry abbiano facoltà di scelta, non si avvedono che assistono a una commedia. Quelli non recitano a soggetto, leggono dal gobbo. E’  chi scrive sul gobbo che bisogna far uscire da dietro le quinte. E colpirlo a morte.

 Pubblicato da alle ore 23:11

SIRIA, LIBIA, EGITTO, PUPAZZI E VENTRILOQUIultima modifica: 2016-02-26T20:51:30+01:00da davi-luciano
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