Povero Tav, utilizzato come una clava per fini politici da parte di un mondo esausto

L'immagine può contenere: 7 persone, persone che sorridono, persone in piedi
Valentina Sganga

Povero Tav, utilizzato come una clava per fini politici da parte di un mondo esausto, che cerca visibilità politica su un tema a cui è totalmente disinteressato.
Pezzi di Pd, pezzi di Forza Italia, tutti insieme: l’Altra Italia.

Dopo appena quattro giorni dalla manifestazione si staglia la prospettiva partitica, e viene perfino dichiarata.

Gli ingredienti ci sono tutti: gli ex comunisti strafalliti, gli industriali, pezzi del sindacato, le élite illuminate che scrivono di sé stesse e dei loro amici inquadrati nel vasto campo de “la borghesia che produce”.

Quelli che ci hanno lasciato 3 miliardi di debiti, una Città totalmente deindustrializzata, disastri occupazionali, le autostrade urbane, il Regio fallito, le piscine distrutte, i tunnel da costruire perché hanno sbagliato i calcoli e sono cose che capitano, il Moi, etc etc.

Quelli che hanno ben governato, insomma.

Sapete cosa potrebbe accadere: che noi questo sfacelo lo mettiamo a posto in cinque anni, facendoci odiare. E poi ridiamo la Città a queste persone.

Ora, vedete, nel tourbillon della retorica anti M5S si è passati in un giorno dall’accusarci di non fare il Tav, all’accusarci di aver fatto un’autostrada urbana lungo la spina, nella famosa rotonda di piazza Baldissera.

La cosa in sé è ridicola ma istruttiva.

Questi signori dov’erano quando si faceva un progetto simile, così folle, così demenziale, così fuori dal tempo?

Ve lo dico io: erano ad applaudire, a dire “ma che bella idea un’autostrada che spacca in due la città: Bella idea di riqualificazione un’autostrada che attrae sempre più auto!”. Già al tempo, immagino, vi era una minoranza che esprimeva dubbi o plateale dissenso.

E tutti a massacrarli: retrogradi, incivili, contro il progresso!

Oggi sul Tav, come per Piazza Baldissera, è esattamente la stessa cosa: il gigantismo del fallimento prossimo venturo spacciato per progresso.

[In foto, quelli che di infrastrutture capiscono tutto]

Saint Martin la Porte: Il Cantiere è illegale

 Undici ragioni giuridiche per fermare il cantiere di Saint-Martin-de-la-Porte


Il Presidente della società Lyon Turin Ferroviaire sas ha dichiarato ai giornalisti e sul sito internet di LTF: “Da progetto, la futura sezione transfrontaliera diventerà un cantiere sul lato francese all’inizio del 2015, con l’avvio dello scavo della galleria di San-Martin in Savoia”. http://www.ltf-sas.com/la-nouvelle-section-transfrontaliere-lyon-turin-projet-sur-les-rails/

Lo scavo previsto, pertanto, non è una galleria esplorativa e si colloca nella logica di eseguire i lavori definitivi.

E’ confermato che la geognosi è ormai  completa e non richiede ulteriori accertamenti, così come è affermato nel rapporto 2011 dei geologi di LTF. Il Primo ministro francese lo ha d’altronde confermato l’8 ottobre 2012 avallando le analisi dei geologi LTF scrivendo a pagina 2/4 al Primo Presidente della Corte dei conti francese:

(https://www.ccomptes.fr/content/download/50243/1376342/file/RF_64174_Lyon-Turin_Rep_premier_min.pdf)

Le lezione apprese attraverso questi lavori preliminari saranno utili perché il comportamento dei terreni più complessi ha potuto essere analizzato e perché sono stati messi a punto e messi in opera metodi costruttivi appropriati.

Questo scavo contravviene a numerose ragioni giuridiche:

1. – La Società LTF non poteva pretendere l’ottenimento di finanziamenti europei per le indagini geognostiche, dal momento che di fatto i lavori si riferiscono allo scavo della galleria di base, tenuto anche conto che il bando di gara prevede dieci anni per la realizzazione di questa attività.

2. – L’Accordo italo-francese del 30 gennaio 2012 prevede all’articolo 16 che “La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l’avvio dei lavori delle varie fasi della parte comune italo-francese della sezione internazionale. Le Parti si rivolgeranno all’Unione europea per ottenere una sovvenzione al pari al tasso massimo possibile per questo tipo di opera.”

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=5828

Dato che il finanziamento non è disponibile, è quindi proibito avviare il “cantiere” come lo definisce il Presidente di LTF.

3.- Lo stesso accordo stabilisce all’articolo 18 la ripartizione dei costi di questo “cantiere” tra Italia e Francia. Nel presentare in modo abusivo lo scavo come una galleria di ricognizione, questa ripartizione è variata de facto.

4.- La certificazione dei costi da parte di un soggetto terzo esterno, prevista all’articolo 18 dell’Accordo del 30 gennaio 2012 ratificato dai Parlamenti italiano e francese, non è stata eseguita a causa dell’infruttuosità del bando pubblico di gara pubblicato nell’agosto 2014. Senza la conoscenza dei costi, quindi, il “cantiere”  non può essere aperto. Questo argomento è stato sollevato dalla Corte dei conti francese nel suo rapporto inviato il 1° agosto 2012 al Primo ministro francese il quale ha riconosciuto la necessità di tale certificazione. Il Presidente di LTF, dando il via al “cantiere” ignorando tale disposizione, assume la responsabilità di un errore di gestione.

5.- La relazione dei tre geologi impiegati di LTF e le dichiarazioni del Primo ministro dell’8 ottobre 2012 dimostrano che non si tratta di una galleria geognostica ma dell’inizio di un “cantiere” per dei lavori definitivi

6.- Il Presidente della società Lyon Turin Ferroviaire sas è anche Presidente dell’Istituto per la Gestione Delegata (IGD). Accordare un appalto di lavori di LTF a due imprese i cui presidenti sono fondatori e membri del Consiglio di Amministrazione dell’IGD che egli stesso presiede, rappresenta un conflitto di interessi secondo la definizione europea e francese e forse un’altra fattispecie giudiziaria che potrebbe essergli imputata.

7.- Le funzioni di cui al punto 6. sono incompatibili con un arbitraggio imparziale di fondi pubblici. Il Presidente di una società finanziata esclusivamente con fondi pubblici deve gestire con imparzialità. Promuovendo come Presidente dell’IGD il trasferimento di servizi pubblici ai privati, egli non risulta più imparziale nella gestione della società LTF.

8.- La valutazione interna di LTF del costo dello scavo della galleria di Saint-Martin-de-la-Porte è stata pubblicata dai media a seguito di una conferenza stampa di LTF tenuta a Roma. Tale divulgazione di informazioni confidenziali otto mesi prima del lancio del bando di gara per lavori pubblici del 22 dicembre 2012 contrasta con le regole di concorrenza e con gli interessi della stessa LTF. Questi fatti sono stati denunciati in un esposto al Procuratore nazionale della Repubblica francese – Direzione Finanza.

9. – Il capitolato d’appalto, collegato alla decisione ministeriale del febbraio 1994 e relativo alla dichiarazione di pubblica utilità del tunnel di base del 18 dicembre 2007, non autorizza lo scavo della galleria di base senza avere preventivamente costruito la sezione del tracciato da Lyon a Montmélian.

10. – I trattati italo-francesi non autorizzano l’inizio dei lavori della galleria di base senza l’approvazione di protocolli addizionali di cui all’articolo 4 dell’Accordo del 29 gennaio 2001, così come definito all’articolo 5 dello stesso accordo.

11. – Il cofinanziamento concesso dall’Unione europea con la sua Decisione C (2008) 7733 definitivo autorizza solamente uno scavo di due gallerie di 300 metri  (prolungamenti di lavori già realizzati) e non di nove chilometri (cfr. pagina 15/47 http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=3860):

  • · Attività 5 – Galleria di Saint Martin la Porte (studi) Si tratta della realizzazione di una galleria di ricognizione di 600 metri (in due sezioni successive di 300 metri) verso est, a partire dalla base della discenderia.

L’insieme di questi fatti porta alla conclusione che il contratto aggiudicato alle imprese SPIE Batignolles, Eiffage e altre per lo scavo di una galleria del diametro e nell’asse sud della galleria finale tra i “piedi” delle gallerie di Saint-Martin-de-la-Porte e di La Praz costituisce l’inizio del “cantiere” per la realizzazione di lavori definitivi, nonostante il divieto stabilito dagli accordi binazionali.

Per tale motivo l’annullamento dei contratti conclusi si impone a meno di non voler violare numerose regole giuridiche.

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Onze raisons de droit d’arrêter le chantier de Saint Martin de la Porte

Le Président de Lyon Turin Ferroviaire a déclaré devant les journalistes et sur le site Internet de LTF : «De projet, la future section transfrontalière va passer à chantier côté français début 2015, avec le début du creusement de la galerie de Saint-Martin en Savoie.». Le creusement envisagé n’est donc pas une galerie de reconnaissance dans les faits et s’inscrivent dans une logique de travaux définitifs.

Il est confirmé que la connaissance géologique est complète et ne nécessite pas de reconnaissances complémentaires comme le disait le rapport des géologues de LTF dès 2011. Le premier ministre, Jean Marc Ayrault, l’a d’ailleurs confirmé le 8 octobre 2012 en confirmant les analyses des géologues de LTF lorsqu’il indiquait à la page 2/4:

Ce creusement contrevient à de nombreuses règles de droit :

1/ La société LTF ne pouvait prétendre obtenir un cofinancement européen pour des reconnaissances ou pour des études géologiques, alors qu’il s’agit en fait de travaux définitifs du tunnel de base, qui plus est, avec un délai affiché de dix années pour leur réalisation selon le contrat passé. Au surplus le financement de l’Europe ne vise que 600 mètres et non  pas 9 km que souhaite engager LTF.

2/ L’accord franco-italien du 30 janvier 2012 indique à l’article 16 que «La disponibilité du financement sera un préalable au lancement des travaux des différentes phases de la partie commune franco-italienne de la section internationale. Les Parties solliciteront l’Union européenne pour obtenir une subvention au taux maximum possible pour ces réalisations.». Les financements n’étant pas disponible, il est donc fait interdiction de débuter le «chantier» pour des travaux définitifs comme le qualifie le président de LTF lui-même.

3/ Le même accord fixe à l’article 18 la répartition des coûts entre la France et l’Italie pour le «chantier». En présentant de façon abusive le creusement de cette galerie comme une galerie de reconnaissance, cette répartition est modifiée de facto en faisant supporter à la France une part plus importante.

4/ La certification des coûts par un tiers extérieur, visée à l’article 18 de l’accord du 30 janvier 2012 ratifié par les parlements, n’étant pas réalisée suite à l’infructuosité de l’avis de marché public publié durant le mois d’août 2014, le «chantier» ne peut être lancé sans connaissance des coûts. Ce point a été soulevé par la Cour des Comptes dans le référé adressé au premier Ministre le 1er août 2012 à la page 4/8, ce dernier a d’ailleurs reconnu la nécessité de cette certification. En lançant ce «chantier» en méconnaissance de ces dispositions le président de LTF prend la responsabilité d’une faute de gestion

5/ Le rapport des trois géologues salariés de LTF, comme les déclarations du premier ministre le 8 octobre 2012 démontrent qu’il ne s’agit pas d’une galerie de reconnaissance mais d’un démarrage d’un «chantier» pour des travaux définitifs.

6/ Le président de la société Lyon Turin Ferroviaire (LTF) est également président de l’Institut de la Gestion Déléguée (IGD), accorder un marché LTF de 400 millions d’euros à deux membres fondateurs de l’IGD membres du Conseil d’administration de l’IGD qu’il préside également, constitue un conflit d’intérêt au sens de la définition européenne et française car il s’agit un intérêt moral même indirect, outre toute autre qualification qui pourrait être retenue.

7/ Les fonctions rappelées au point 6/ sont incompatibles avec un arbitrage, apparaissant comme impartial de l’argent public qu’il gère en sa qualité de président d’une société exclusivement financée par des fonds publics. Militant comme président de l’IGD pour le transfert des services publics au privé, il ne peut apparaître comme arbitre impartial dans la gestion de la société LTF.

8/ L’évaluation interne de ce chantier de Lyon Turin Ferroviaire pour 450 millions d’euros a été publiée dans la presse suite à une conférence de presse de LTF à Rome. Cette divulgation d’informations, huit mois avant l’avis de marché public du 22 décembre 2012, est contraire aux règles de la concurrence et à l’intérêt de Lyon Turin Ferroviaire. Ces faits ont été dénoncés dans un courrier adressé au Procureur de la République et au Pôle Financier.

9/ Le cahier des charges associé à la décision ministérielle de février 1994, visée par la déclaration d’utilité publique du 18 décembre 2007 pour le tunnel de base, n’autorise pas le creusement du tunnel sans avoir préalablement construit l’infrastructure Lyon Satolas / Combe de Savoie. Ce début de chantier méconnaît les dispositions de la Déclaration d’utilité publique.

10/ Les traités franco-italiens n’autorisent pas le démarrage de travaux définitifs sans l’avenant prévu à l’article 4 de l’accord du 29 janvier 2001 défini par l’article 5 du même accord.

11/ Le cofinancement accordé par l’Union Européenne dans sa décision C (2008) 7733 n’autorise qu’une galerie de deux fois 300 mètres et non de 9 kilomètres. (Page 15/47)

• Activité 5 – Galerie de Saint Martin la Porte (Études)

Il s’agit de la réalisation d’une galerie de reconnaissance de 600 mètres (en deux tranches successives de 300 mètres) vers l’est, à partir du pied de la descenderie.

L’ensemble de ces faits conduisent à considérer que le marché attribué aux sociétés SPIE Batignolles, EIFFAGE et autres pour le creusement d’une galerie au diamètre et dans l’axe sud du tunnel définitif entre les «pieds» des galeries de Saint Martin de la Porte et de La Praz, constitue un démarrage du «chantier» pour des travaux définitifs malgré l’interdiction faite par les accords binationaux.

C’est la raison pour laquelle l’annulation des marchés conclus s’impose à notre sens, sauf à méconnaître de nombreuses règles de droit.

http://lyonturin.eu/

http://www.transalpine.com/sites/default/files/lettre-chantier-smlp-ndeg1_juillet2015.pdf

https://www.gouvernement.fr/partage/7736-inauguration-du-tunnelier-federica-deploye-sur-le-chantier-du-tunnel-ferroviaire-international-lyon

SI TAV – BENVENUTI IN PIAZZA.

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Finalmente un po’ di politica al piano terra, con gente che si stacca dalla tastiera di Facebook, indossa il cappotto, prepara un cartello, una bandiera e una sciarpa e si mette per strada a difendere un’idea, giusta o sbagliata, ma pur sempre un’idea. Manifestare il proprio pensiero è un diritto sancito dall’art. 21 della nostra Costituzione. Non sono quindi condivisibili le dichiarazioni sprezzanti su madame e pensionati che hanno manifestato. Hanno tutto il diritto di chiedere anche quello che noi contestiamo. Quindi la riunione dei 40.000 Sì Tav in piazza Castello a Torino è un fatto di democrazia, come le marce di altre migliaia di Cittadini che in venti anni hanno manifestato contro la nuova linea ferroviaria. Però le dichiarazioni di due delle sette Organizzatrici ci destano qualche perplessità. Se contassero i kilometri percorsi, avremmo vinto noi. Se contassero le ore, i giorni passati a studiare la questione avremmo vinto noi. Se contasse la passione che abbiamo speso in questi anni, avremmo vinto noi. Lascia quindi un po’ di sconcerto la dichiarazione di una di queste Signore che, in una trasmissione televisiva, ammette candidamente di non conoscere gli aspetti tecnici del progetto. Si fida dell’Osservatorio! Quello che, in un recente documento ufficiale ammette, anche qui con encomiabile candore, che le stime sui traffici merci erano un po’, o forse anche più di un po’, sovradimensionate. Però in democrazia le Piazze contano relativamente, contano i voti in Camera e Senato. I rapporti con la Francia si decidono lì, in quelle Aule che adesso non sembrano ancora “sorde e grigie”. I commentatori della televisione e della carta stampata si accalorano nel sollecitare l’ascolto della gente, delle realtà produttive, di chi vuole la modernità contro gli alfieri (noi) del vintage dei trasporti. Un’altra Signora rilascia, con candido sorriso e sabauda perfidia, questa amabile dichiarazione “Se ci credono veramente e amano la decrescita felice, qui intorno in Piemonte ci sono tante meravigliose valli, dove possono comprarsi una mucca e una pecora e decrescere felicemente, ma che lascino vivere noi”. Gentile Madamin, una valle meravigliosa ce l’abbiamo già, con mucche, pecore, capre, cinghiali e cervi che non inquinano, e alla domenica con qualche migliaio dei suoi concittadini, di auto e sci muniti, che scorrazzano allegramente sulle nostre montagne e discendono dai pendii innevati. Siamo felici e determinati a conservarcela così, la nostra Valle. Piccolo particolare: siete voi, residenti in qualche soleggiata villa sulla collina torinese che non volete lasciarci vivere senza cantieri, espropri e seccature. Tutto per risparmiare un paio d’ore, tre o quatto volte nella vita, per andare a Lione. Ultimo elemento di preoccupazione è la professione di una di queste signore, per sua ammissione: cacciatrice di teste. Se prendono il potere, io, Perino e Poggio già immaginiamo i nostri capoccioni ridotti a tsantsa (teste rimpicciolite dell’Amazzonia) in bella mostra sul caminetto di casa Chiamparino. A presto, in piazza.

Sandro Plano

La banda del buco

Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 

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di Marco Travaglio | 14 novembre 2018 

Dopo aver sorseggiato i fiumi d’inchiostro versati dai giornaloni sull’oceanica manifestazione Sì Tav di sabato a Torino, che ha visto sfilare nientepopodimenoché un torinese su 35 o un piemontese su 177, una domanda sorge spontanea: cosa sapeva tutta questa brava gente del Tav Torino-Lione? Si spera vivamente che ne sapesse un po’ di più di una delle sette madamine organizzatrici dell’Evento, Patrizia Ghiazza, cacciatrice di teste all’evidenza sfortunata, che l’altra sera esibiva tutta la sua competenza a Otto e mezzo: “Né io né le altre organizzatrici siamo competenti per poter entrare nel merito degli aspetti tecnici e ambientali dell’opera”. Non male, per una manifestazione apolitica e apartitica, ma soltanto tecnica, sul merito del treno merci ad alta velocità (anzi, a bassa, perché le merci di solito viaggiano a non più di 100-120 km l’ora). Essendosi “informati sui giornaloni che hanno sponsorizzato la Lunga Marcia, era prevedibile che organizzatori e partecipanti ne sapessero pochino, e che quel pochino fosse falso. Infatti sventolavano cartelli “Sì alla Tav”, ignorando che è l’acronimo di Treno Alta Velocità, dunque è maschile, con buona pace di Stampubblica che ha spacciato l’iniziativa per una “rivolta delle donne” contro non si sa bene cosa, anche se in piazza sfilavano soprattutto maschietti di una certa età.

L’acronimo, fra l’altro, è una patacca (femminile), perché per le merci l’espressione giusta è Treno ad Alta Capacità (Tac). I marciatori, e Salvini a ruota, ripetevano che l’opera va assolutamente “completata”: ma un’opera si completa quando è già iniziata e qui non è stato costruito nemmeno un millimetro di ferrovia: i cantieri che tutti vedono da 15 anni sono quelli del tunnel esplorativo, nulla a che vedere con l’opera vera e propria, il “tunnel di base”, cioè il mega-buco dovrebbe attraversare 57 km di montagna e che fortunatamente non esiste: le gare d’appalto non sono state neppure bandite. Dunque non c’è nulla da completare. Alcuni sognano di salire un giorno a bordo del mirabolante supertreno, ma purtroppo, escludendo che i Sì Tav si considerino merci, resteranno mestamente a terra anche se l’opera venisse realizzata. Chi volesse invece raggiungere ad alta velocità Parigi o Lione da Milano o da Torino, può montare sul comodo Tgv, che dalla notte dei tempi percorre rapidamente quella tratta. Ma i nostri eroi strillano contro l’“isolamento dell’Italia” e per il “collegamento con l’Europa”, evidentemente ignari dell’esistenza del Tgv da e per la Francia, dei treni veloci da e per la Svizzera e così via.

Forse pensano che, per affacciarsi oltre la cinta daziaria, sia necessario scalare le Alpi a piedi. Monsù e madamine saranno tutti interessati al trasporto merci? Benissimo, allora possono stare tranquilli: le loro merci da trasportare ad altissima velocità da Torino a Lione possono depositarle in uno a caso dei container (perlopiù vuoti) che ogni giorno viaggiano sui treni della tratta Torino-Modane- Chambéry-Culoz, che dal 1871 attraversa il Frejus, ci è appena costata 400 milioni per lavori di ammodernamento ed è inutilizzata all’80-90%. Siccome alla marcia c’era pure Paolo Foietta, commissario dell’Osservatorio Tav, qualcuno avrebbe potuto domandargli con che faccia sostenga ancora l’utilità dell’opera, dopo avere scritto un anno fa al governo Gentiloni che “molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali della Ue, sono state smentite dai fatti”. Ma nessuno lo sapeva. E chissà se quanti invocano “lavoro” sanno che attualmente nel cantiere lavorano appena 800 persone, che salirebbero a non più di 3-4mila per il tunnel di base, con un costo stratosferico per ogni occupato. La delibera 67/2017 del Cipe stima il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi: il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (anche se il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano: perché?). E chissà se chi si riempie la bocca di paroloni come “futuro”, “sviluppo”, “modernità” è stato informato che, in 17 anni di studi e carotaggi, abbiamo già buttato 1,6 miliardi, oltre a tenere la Val di Susa in stato d’assedio permanente.

Ora servono sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%). È questa la “decrescita infelice”, non quella di chi si oppone a un’opera ad altissima voracità e a bassissima occupazione. E chi vaneggia di “penali da pagare” o di “fondi europei da restituire” o “da non perdere” ignora che la parola “penale” non compare in alcun contratto o accordo con la Francia, con l’Ue o con ditte private. L’Italia, sul suo tracciato, può fare ciò che vuole. Recita la legge 191/2009: “Il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione alle opere individuate… nonché ad alcuna pretesa, anche futura, connessa al mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi”. Quanto all’Ue, finanzia solo lavori ultimati: se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro. Ora però le nostre disinformate madamine si sono montate la testa: chiedono udienza al Quirinale, danno ordini alla sindaca Appendino e al governo Conte, come se 25mila persone in piazza contassero più dei 10.935.998 italiani che hanno votato per i 5Stelle (No Tav) nel 2018 e dei 202.754 torinesi che nel 2016 hanno eletto la sindaca No Tav Chiara Appendino contro il Sì Tav Piero Fassino. Invece i No Tav, che negli anni hanno portato in piazza ora 40 ora 50mila persone, non se li è mai filati nessuno. A parte, si capisce, i manganelli della polizia.

di Marco Travaglio | 14 novembre 2018

Laura Castelli: «Tav? Rispetto la piazza di Torino ma l’opera è inutile»

https://torino.corriere.it/economia/18_novembre_12/laura-castelli-tav-rispetto-piazza-torino-ma-l-opera-inutile-c502721e-e654-11e8-b579-7cd18decd794.shtml?fbclid=IwAR0y_FfFX-yL4hn1VWSw4S8ZCIBJtXcVe1KF14Uq8eZ4z9TPTsV81UCCO_I

Il sottosegretario all’Economia: «Costa troppo, va rivisitata. I partiti si sono nascosti»

Laura Castelli: «Tav? Rispetto la piazza di Torino ma l’opera è inutile»Laura Castelli

«Le persone che scendono in piazza vanno sempre rispettate, e bisogna porsi delle domande quando accade. Ma il Tav è un progetto troppo costoso, e va completamente rivisitato». Così il sottosegretario all’Economia Laura Castelli (M5S), in un’intervista al Fatto Quotidiano in cui sottolinea: «Ci sono altre priorità. L’ultimo Consiglio dei ministri ha decretato lo stato di emergenza per 11 regioni. Esistono tante urgenze, a cominciare dalla manutenzione dei territori e delle infrastrutture».

Sulla Torino-Lione, «faremo quello che c’è scritto nel contratto di governo: una rivisitazione completa del progetto, accompagnata da un’analisi dei costi e dei benefici», dice Castelli. «Così com’è scritto il progetto non serve, è vecchio e costa decisamente troppo. Si potrebbe perseguire lo stesso obiettivo di facilitare il trasporto delle merci con molti meno soldi. Sono preferibili le piccole opere diffuse sul territorio, rispetto a un’opera come questa in cui sono coinvolte le grandi cooperative rosse». 

Castelli smentisce uno scambio con la Lega, il no alla Torino-Lione in cambio di Terzo Valico e la Pedemontana: «Non è la logica con cui opera questo governo».

In piazza «ho notato che non c’ era nessuna bandiera di partito. E ciò conferma che non esiste alcuna forza politica con un progetto chiaro e alternativo» sostiene Castelli. «Se sei convinto di qualcosa la tua bandiera la esponi. E io credo che i partiti si siano nascosti. Dopodiché, noi del M5S abbiamo ereditato una città con grandissimi problemi di bilancio. Governare significa anche prendere decisioni difficili e impopolari».

9ª Giornata Internazionale contro le grandi Opere Inutili e Imposte –

Comunicato Stampa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

14 novembre 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=17228

https://fb.me/8dicembreeu

8 dicembre 2018, 9ª Giornata Internazionale contro le grandi Opere Inutili e Imposte

LE RESISTENZE NEI TERRITORI RILANCIANO IL BEL PAESE E DIFENDONO IL PIANETA

Il Movimento No TAV sostiene il confronto tra i movimenti e le associazioni che si oppongono alle Grandi Opere Inutili e Imposte e che lottano per la difesa dei territori verso una mobilitazione nazionale.

In questo contesto gli incontri di  Venezia, di Firenze e di Roma, il Movimento No TAV ha organizzato per sabato 17 novembre un’assemblea nazionale in Val di Susa con l’obiettivo di costruire una mobilitazione diffusa a livello nazionale delle lotte territoriali per sabato 8 Dicembre.

Il Movimento No TAV ricorda che l’8 dicembre 2018 si festeggia in Europa la 9ª Giornata Internazionale contro le Grandi Opere Inutili e Imposte.  

Difendere i territori vuol dire contribuire in modo positivo al futuro del Pianeta e contrastare la distruzione degli ecosistemi e il riscaldamento globale.

Il Movimento No TAV vuole collegare la Giornata dell’8 dicembre alla Conferenza ONU COP24 (dal 3 al 14 dicembre in Polonia) dove i Potenti della Terra tenteranno di raggiungere un accordo per dare attuazione agli Accordi di Parigi sul Clima.

Le opposizioni contro le Grandi Opere Inutili e Imposte e per la difesa dei territori rivendicano il loro ruolo positivo e propositivo attraverso le alternative proposte per contrastare il cambiamento climatico (l’uso dell’esistente, le c.d. opzioni zero, il blocco del consumo di suolo, ecc.).

La data dell’8 dicembre 2018 è vicina, il Movimento No TAV invita a diffondere da subito l’appello per la mobilitazione diffusa affinché questa giornata sia un successo e dia voce e visibilità alle popolazioni, per unire le forze con un unico obbiettivo:

IL VERO CAMBIAMENTO!

Foietta: ” A dicembre o partono gli appalti per la Tav o si pagano 75 milioni al mese di danni”

https://torino.repubblica.it/cronaca/2018/11/14/news/foietta_a_dicembre_o_partono_gli_appalti_per_la_tav_o_si_pagano_75_milioni_al_mese_di_danni_-211633710/?fbclid=IwAR0ElHKaqkG9c0WsaUV34DlQYrxj_Peyp314hToL2qbFtTd90bJNV4OGq4w

Il commissario della Torino-Lione in polemica con il governo: ” A volte gli asini non volano ma parlano”  E il presidente di Confindustria Piemonte attacca Toninelli

14 novembre 2018 
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“A dicembre devono partire le gare di appalto” per la Torino-Lione “altrimenti parte il tassametro e ci sarà un danno erariale di 75 milioni di euro al mese”. Così Paolo Foietta, commissario straordinario di governo per la ferrovia Torino-Lione. “Non c’è nessun atto che blocchi l’opera, ad ora, solo parole in libertà. A Volte gli asini non volano ma parlano. Ci sono invece gli impegni presi per gli appalti”. E ancora:  “Ogni decisione é legittima ma va presa con atti nelle sedi opportune, non con discussioni in segrete stanze dove tutti la pensano allo stesso modo, sulla base di pregiudizi. La Torino-Lione é stata approvata da leggi del Parlamento italiano e francese, firmata dal Presidente della Repubblica il 1 marzo 2017”.

Il commissario di governo ha illustrato il quaderno 11 dell’Osservatorio di cui é presidente. “Che la linea storica della Torino-Lione  sia satura lo ha certificato Rfi con un documento ufficiale, chi sostiene che si potrebbe adeguarla con opportuni investimenti racconta un’enorme bufala. Per motivi fisici, strutturali e di sicurezza la vecchia ferrovia aperta nel 1800 non ha futuro”, ha detto. Il rischio di riduzione dei fondi è confermata da Bruxelles: “È importante che tutte le parti
facciano sforzi per completare nei tempi la Tav, in quanto ome per tutti i progetti della Connecting Europe Facility se ci sono ritardi nella loro realizzazione questi possono vedere una riduzione dei fondi forniti” da Bruxelles. Lo afferma un portavoce della Commissione Ue dopo l’ultimo incontro tra il ministro dei trasporti Danilo Toninelli e l’omologa francese.
“E’ un progetto importante non solo per Francia e Italia ma per l’intera Ue”, per questo “speriamo che le parti siano in grado di eseguirla nei tempi previsti”.

Ma per sbloccare l’opera associazioni di impresa e di categoria, sindacati e ordini professionali di Torino e del Piemonte, dopo “aver preso atto di una richiesta informale pervenuta dall’amministrazione comunale di Torino e di un orientamento simile da parte del ministero per lo Sviluppo Economico, circa un incontro per avviare il dialogo” rispondono “no grazie. Il nostro interlocutore è il governo: non possono essere un ente locale come il Comune nè un singolo ministro a impegnarsi per la realizzazione della Tav”. “

E dalla Francia, dove sono andati in visita al cantiere, attacca il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli: “Il ministro Toninelli dovrebbe vergognarsi: venga a vedere i cantieri e la smetta di dire che la Tav è una galleria che non c’è. Dire che l’opera non esiste è fare disinformazione. In tutto sono già stati scavati 25 chilometri di galleria. Se non ci muoviamo, rischiamo di perdere i fondi”.

Tav, Confindustria Piemonte: “In visita al cantiere per dimostrare che esiste”

Alla visita al cantiere ha partecipato una ventina di imprenditori, rappresentanti di tutte le assemblee territoriali di Confindustria Piemonte. “Abbiamo viaggiato 40 minuti per arrivare al punto di scavo e Toninelli dice che questa è la galleria che non c’è – rincara la dose Ravanelli – E’ ora di smetterla con la disinformazione e con le fake news, come quella secondo cui fare la Torino-Lione inquinerebbe. Le analisi effettuate hanno dimostrato che in queste montagne non c’è neppure un grammo di amianto. Muoviamoci a fare un’opera fondamentale per l’economia del Paese, altrimenti perdiamo i fondi”.
In serata ecco la risposta di Toninelli: “Nessuna vergogna sulla Tav Torino-Lione ma, anzi, mi sento orgoglioso per lo sforzo che sto facendo con la mia squadra per usare con attenzione i danari pubblici, rispetto a un’opera che dopo decenni di discussioni non ha ancora visto scavare un centimetro del tunnel di base. A vergognarsi dovrebbero essere quelli che negano questo”. E aggiunge. “Sono convinto più che mai che in Italia non ci sia bisogno di fare le opere per poter spendere dei soldi, ma sia invece necessario spendere i soldi, bene, per fare opere che servono davvero”.

A volte ritornano. I cosiddetti 40 mila del Sì-Tav

http://temi.repubblica.it/micromega-online/a-volte-ritornano-i-cosiddetti-40-mila-del-si-tav/?fbclid=IwAR0QkO6-Oua1MkfUSBCo5RI6rJ2YCJyAp10y_eI85QPJRW0Kf8ljn8kvMKM

di Angelo d’Orsi

Ritornano i 40 mila? Ma quali 40 mila? Non erano in quarantamila il 14 ottobre 1980, non erano in quarantamila il 10 novembre 2018. Al di là delle cifre, su cui come sempre si assiste a una un po’ risibile battaglia, il fatto più grave della recente esibizione del “popolo Sì-Tav”, è stato precisamente l’avere evocato quel precedente (che tale non era), che segnò la fine dell’ondata progressiva della società italiana, e l’inizio dell’arretramento del movimento operaio e studentesco. 

La marcia dei capi e capetti Fiat che chiedevano di “poter lavorare” contro la “scioperomania”, fu un duro colpo al sindacato di classe, e in generale alla classe operaia, e, per conseguenza, ad ogni idea di cambiamento sociale, nell’interesse dei ceti subalterni, deprivilegiati.
Ora, dopo il successo (innegabile, sia pur con numeri decisamente inferiori: un calcolo attendibile non supera le 10.000 presenze) della chiamata alle armi fatta da un gruppetto di signore bene di una Torino inguaribilmente provinciale, richiamare quel lontano episodio di lotta di classe dall’alto appare un atto di totale irresponsabilità politica. Che lo faccia una destra becera che, fiutato il vento, è pronta ad azioni di revanscismo, lo si può capire; ma che il Pd, per bocca di leader locali e nazionali, abbocchi, è sconcertante: o meglio, è una ennesima riprova che quel partito non solo è in stato comatoso, ma che al suo interno si annida uno straordinario “cupio dissolvi”: il desiderio, quasi la bramosia di scomparire, inghiottito, per quel pochissimo che ne rimane, nelle spalancate fauci della destra. 
E in effetti chi sostiene la linea Tav Torino-Lione, se non la destra? L’entusiasmo con cui il giornale della Fiat, La Stampa, ha sponsorizzato la cosiddetta “nuova marcia dei 40 mila” è una inquietante controprova in tal senso. L’indomani il quotidiano ha dedicato all’episodio una sovracoperta con tanto di fotocolor, dal titolo impegnativo quanto dèjà vu: “L’altra Italia”, mentre l’editoriale del direttore, temerariamente, richiama “Una sfida per la modernità”. Ancora una volta, seguendo un vero e proprio canone definito precisamente nel decennio iniziato dalla Marcia (quella del 1980), il dualismo destra/sinistra viene ridisegnato come modernità/conservazione, e l’etichetta della conservazione viene applicata sulla sinistra, quella che si ostina a distinguere un conservatorismo dei valori (la Costituzione e i suoi princìpi, il patrimonio culturale, la salvaguardia del territorio e dell’ambiente…) dal conservatorismo degli interessi (il profitto che prevale su tutto, in sintesi). Il punto più alto di siffatta ideologia fu toccato da Matteo Renzi quando in una prefazione ad una nuova edizione del celebre libretto di Norberto Bobbio Destra e sinistra ebbe ad affermare che Bobbio oggi sarebbe d’accordo con lui nel sostenere che la sfida non è più fra destra e sinistra, ma, appunto, fra “innovazione” e conservazione.  Dove per innovazione si intendevano i cambiamenti: della Costituzione, delle leggi sul lavoro, dell’ordinamento scolastico, e così via, tutto all’insegna di un sciagurato senso del “progresso” inteso come “sviluppo”, cioè, in sintesi estrema, privatizzazione, vista come segreto dell’efficienza e della meritocrazia. 
La marcia delle orgogliose “madamine” torinesi (che pena! Hanno persino lanciato l’hashtag: #madamintoo…), in realtà, prima e più che rivendicare una linea ferroviaria, di cui nulla sanno, esprimeva una speranza, illusoria, a dire il vero: che quel treno dei sogni impedisse il declino di Torino, declino attribuito, scorrettamente, all’Amministrazione 5 Stelle, mentre quel declino viene da molto lontano, da quando la Fiat, assai prima di Marchionne, decise di lasciare la città. Una città ostinatamente rimasta sul modello della one-company-town, di cui tutte le forze politiche e sindacali con minime variazioni avevano condiviso la logica, semplicemente scontrandosi, magari, su salari e orari di lavoro per i dipendenti della azienda automobilistica e delle fabbriche e fabbrichette (le “boite”) il cui destino era inesorabilmente legato a quello di “Corso Marconi”, come si diceva al tempo.
L’illusione che il TAV possa interrompere quel declino è a dir poco patetica. I cartelli inalberati da qualche intraprendente marciatore che invocava la TAV per raggiungere “più in fretta” (la modernità, eccola!) Lione e Parigi, magari mostrando durate inferiori in termini di ore di viaggi analoghi in Europa, erano falsi e ingannevoli. Il TAV non è più un’opinione, e quando Sergio Chiamparino propone, incredibilmente, un referendum tra i piemontesi davvero finisce in un terreno fangoso: il TAV, innanzi tutto, dopo innumerevoli cambiamenti di percorso, di motivazione, di bilancio, oggi non è più una linea per persone ma essenzialmente per merci, e in ogni caso, tutti, dicansi tutti, gli studi indipendenti (per esempio del Politecnico di Torino) hanno inequivocabilmente dimostrato che non solo non sussiste alcuna necessità di questa “grande opera”, il cui percorso è già coperto da una linea esistente e enormemente sottoutilizzata; ma hanno dimostrato altresì che i costi dell’opera (pubblici), esosi, e i benefici (privati) minimi; che il lavoro innescato non compenserebbe gli investimenti; che il danno ambientale, paesaggistico e idrogeologico avrebbe conseguenze, tanto sulla stabilità del territorio, quanto sul turismo, gravissime. 
Ha fatto abbastanza specie vedere questo unanimismo dell’imbroglio e dell’ignoranza, per cui qualche cattedratico con pochi impegni e giornalisti pronti a scrivere ciò che il padrone comanda, hanno ripetuto, psittacisticamente, le parole della “madamine” in piazza, compreso l’elogio a quella piccola parte della magistratura locale che ha perseguitato, accanitamente, i No-Tav come “terroristi”. 
Ma lo slogan più grottesco, e quindi più reiterato, a voce e sui cartelli e sulla stampa, è stato quello richiamato nell’intitolazione della marcia e che alludeva al “Sì”: ma Sì a che cosa? Alla devastazione di una delle più belle valli d’Italia? Alla corruzione (compagna fedele di ogni “grande opera”)? Ai profitti immensi per qualcuno e agli spiccioli concessi a pochi altri? Al dispendio di denaro pubblico? E ciò accadeva nei giorni in cui larga parte del nostro territorio, dalla Sicilia al Friuli, dalla Liguria alla Calabria, pagava un prezzo, ahinoi anche in termini di vite umane, a seguito di “eventi estremi”, certo favoriti dal cambio climatico, ma davanti ai quali poco o nulla si è potuto, perché governi centrali e amministrazioni locali continuano a cianciare di “grandi opere”, mentre il territorio nazionale va a pezzi. 
Ha fatto specie davvero leggere, nel commento (sulla Stampa) di un osservatore serio come Vladimiro Zagrebelsky, l’elogio di quella piazza, che sarebbe stata formata da “cittadini con il senso del dovere”. E gli altri, no? Quelli che per un quarto di secolo si sono battuti contro il TAV avendo il sostegno di ricercatori e scienziati, studiando, raccogliendo dati? Gli altri non hanno il senso del dovere civico? Gli altri cittadini che consumavano risorse di tempo, denaro, e intelletto per studiare quell’opera arrivando appunto alla conclusione che essa era superflua e insieme dannosa, mentre una larga parte della cittadinanza, passiva e indifferente, si affidava alle decisioni degli amministratori? I No-Tav sono estranei alla polis e i Sì-Tav sono interni? Che svarione, per un giurista, per giunta. 
Al contrario, la piazza così lodata da larga parte degli ambienti politici e mediatici, e da qualche intellettuale, era precisamente la piazza di chi allora come oggi non si preoccupa di informarsi, e oggi come allora si lascia trascinare da venditori di false notizie, che l’hanno persuasa che quel treno salverà l’occupazione per loro e i loro figli (come ripetono le interviste alla “gente” in piazza Castello il 10 novembre) e che, addirittura, con il loro benessere assicurerà quello della città subalpina.
Probabilmente, la risposta che quella città darà l’8 dicembre prossimo, con la marcia dei No-Tav, in una sfida che ha dovuto per forza di cose essere raccolta, non sarà sufficiente a dire la parola fine a 25 anni e oltre di dispute, di prove, di studi e pseudo-studi, di cantieri aperti e chiusi, di lotte coraggiose, di repressioni pesanti. Certo, visto che molti osservatori invitano ad “ascoltare la piazza”, gli stessi che quando la piazza è avversa ai poteri a cui essi si ispirano (per così dire), tuonano contro il “populismo”, bisognerà mettersi a contare i partecipanti alla marcia di risposta. Aspettiamoci che quei media e quei politici che hanno garantito i 40.000 il 10 novembre, si appresteranno a contare “qualche centinaio” di partecipanti l’8 dicembre, sottolineando che si tratta di “militanti dei Centri sociali”. Ossia, coloro che a differenza dei pensionati e delle madamine in piazza il mese prima, non possono trovare spazio nella comunità e che sono animati solo dalla “voglia di dire no”.
(13 novembre 2018)

LE “MADAMIN” CHIUDONO LA PORTA AD APPENDINO: “ANDREMO AL QUIRINALE”. LA SINDACA: “BRUTTO SEGNALE”

https://www.lastampa.it/2018/11/12/cronaca/le-madamin-chiudono-la-porta-ad-appendino-andremo-al-quirinale-zpziahwPi0OMP8ENYgWwOI/pagina.html?fbclid=IwAR3PnIyrKhuwp1WtWQr-qhGHWfs-b6JM2ycBm_m8fFm1CASbA2M7nlunw98

La sindaca chiama, le donne del comitato «Si, Torino va avanti» respingono l’invito
ANSA

Le organizzatrici della manifestazione di sabato in piazza Castello a Torino

Pubblicato il 12/11/2018
ANDREA ROSSI
TORINO

La sindaca chiama, le donne del comitato «Si, Torino va avanti» rispondono ma respingono l’invito. Come annunciato da giorni Chiara Appendino ha scritto alla sette donne che hanno dato vita alla grande manifestazione di piazza Castello per invitarle a un incontro a Palazzo Civico. Sperava in una pronta risposta, ma quella che è arrivata è una doccia fredda.  

ANSA

Il Comitato vuole percorrere una strada diversa, quella promessa dal palco di piazza Castello, e perciò portare le istanze del popolo dei Si alle massime istituzioni della Repubblica a cominciare dal presidente Mattarella. Le sette donne hanno chiesto un incontro al Quirinale e sono in attesa di una risposta. «Questa è la nostra priorità e il modo con cui vogliamo dare seguito alla mobilitazione che si è creata». Dopo il Quirinale verranno altri attori istituzionali che hanno chiesto un incontro al Comitato e, tra questi, la sindaca di Torino. «La vedremo – assicurano le sette donne, – ma prima viene il Presidente, l’unica figura di garanzia che riconosciamo»  

Non si è fatta attendere la risposta della sindaca Chiara Appendino: «Le organizzatrici della manifestazione dei 7 Sì, rispondono subito con un NO a una proposta di incontro – scrive in un tweet la prima cittadina torinese – Un brutto segnale di chiusura. Ma la mia porta rimane comunque aperta». 

TAV, GRUPPO M5S: “CHIAMPARINO E CENTRODESTRA DICANO COME INTENDONO METTERE LE MANI NELLE TASCHE DEI PIEMONTESI PER FINANZIARE IL TAV”

https://www.piemonte5stelle.it/2018/11/tav-gruppo-m5s-chiamparino-e-centrodestra-dicano-come-intendono-mettere-le-mani-nelle-tasche-dei-piemontesi-per-finanziare-il-tav/?tg_rhash=f947ec6d32d3c7&fbclid=IwAR3N4JN5I9fFS0-vaozVkVWCRpgHpUvM5NDxQw568r9eWJVtRqY872rkYyw

Forza Italia e PD uniti per la TAV ad oltranza, anche a costo di tassare di più i cittadini piemontesi. E’ questa la proposta emersa oggi in Consiglio regionale dal partito trasversale delle grandi opere inutili. Chiamparino ed i suoi alleati del centrodestra abbiano il coraggio di dire chiaramente come e dove intendono mettere le mani nelle tasche dei piemontesi. 

Con lo stesso coraggio con cui noi sosteniamo la necessità di bloccare quest’opera, in attesa della costi – benefici, e di usare al meglio le risorse per le vere emergenze dei cittadini: riaprire le ferrovie soppresse dalla vecchia politica, metro 2 di Torino, migliorare i servizi sanitari, risanare le scuole….

Ogni euro speso per il TAV è un euro sottratto al futuro dei piemontesi e delle loro famiglie. A maggior ragione se Chiamparino intende introdurre la tassa sul TAV. 

Gruppo regionale M5S Piemonte

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