SARDEGNA AIUTI AGLI ANIMALI – ECCO DOVE DONARE MANGIMI, FORAGGI, AIUTI AI CANILI

Posted on novembre 25, 2013 by pjmanc
 
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L’UNITA’ DI CRISI DELL’AGRICOLTURA HA STABILITO CHE LE DONAZIONI PER GLI ANIMALI POSSONO ESSERE PORTATE NEGLI SPORTELLI UNICI TERRITORIALI DI LAROE
 
Per la Barbagia: Gavoi – ex sede di Mamoiada Area della Barbagia Referente Dott. Marco Giovanni Todde Via De Gasperi, Gavoi – Tel. 0784 53216, fax 0784 53236
 
ECCO TUTTI GLI ALTRI INDIRIZZI
Ales Area dell’Alta Marmilla Referente Dott.ssa Carla Melosu Via Gramsci n. 26, Ales – Tel. 0783 91612, fax 0783 91612
 
Alghero Area della Nurra Coordinatore Dott.ssa Antonia Casu Via XX Settembre n. 7, Alghero – tel. 079 9722, fax 079 976263
 
Arborea Area del Campidano di Oristano Referente Dott. Maurizio Satta C.so Italia n. 10, Arborea – Tel. 0783 800786, fax 0783 800328
 
Bono Area del Goceano Referente: Dott. Giovanni Sini Via Manzoni n. 49, tel. 079 790199, fax 079 7949001
 
Cuglieri Area del Montiferru Planargia Referente Dott. Bruno Tidu Via V. Emanuele n. 78, Cuglieri – Tel. 0785 39504, fax 0785 369001
 
Ghilarza Area del Guilcer- Barigadu Referente Dott.ssa Rita Olivieri Via De Gasperi 13, Ghilarza – Tel. 0785 54103, fax 0785 564163
 
Giba Area del Sulcis Referente Dott. Rodolfo Pinna Via P. di Piemonte n. 8, Giba – Tel e fax 0781 964033
 
Guspini Area del Linas Referente Dott. Angelo Zanda Via Caprera n. 15 Guspini – tel. 070 970257, fax 070 970257
 
Iglesias Area dell’Iglesiente Referente Dott. Paolo Massimo Manca Via S. Leonardo 4, Iglesias – tel. 0781 22620, fax 0781 24070
 
Isili Area del Sarcidano Referente P.A. Giuseppe Ghiani Via Grazia Deledda 11, Isili – tel. e fax 0782 800005
 
Ittiri Area del Coros Referente: Dott. Giovanni Santoru Via XXV luglio 12, tel. 079 444097, fax 079 444097
 
Jerzu Area della Bassa Ogliastra Referente Dott. Orazio Umberto Locci Via Roma n. 19, tel. 0782 70715, fax 0782 7071
PER TORPÈ CONTATTARE PRO LOCO POSADA: Cell. 345/3269004 –
 
*Gianfranca Orunesu
Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

Libia al collasso: Stati Uniti ed alleati intensificano le misure di emergenza

Dove sono gli attivisti per i diritti umani?
Fatto il lavoro sporco per la Nato zitti?

 
NOVEMBRE 25, 2013 
 
Andrej Akulov Strategic Culture Foundation 24/11/2013
 
libia-petrolio
Sono passati due anni dall’intervento in Libia della NATO per il cambio di regime. L’organizzazione violò sfacciatamente la risoluzione delle Nazioni Unite per permettere alle forze antigovernative di rovesciare il regime di Gheddafi e gettare il Paese nel caos.
 
I recenti avvenimenti suscitano crescente preoccupazione
Tre episodi chiaramente collegati hanno focalizzato l’attenzione sulla Libia, ultimamente. Il primo incidente è stata la palese violazione della sovranità della Libia della squadra delle forze speciali statunitensi (SOF) che aveva sequestrato Abu Anas al-Libi, presunto operativo di al-Qaida, il 5 ottobre. Presumibilmente l’azione fu intrapresa con il consenso del governo della Libia. Il secondo incidente è stato senza dubbio la risposta all’operazione delle SOF quando il primo ministro Ali Zaidan fu rapito pochi giorni dopo. Il terzo incidente fu lo stato di emergenza di 48 ore dichiarato nella capitale Tripoli, il 16 novembre, quando migliaia di manifestanti presero d’assalto il quartier generale della milizia di Misurata. Molti i morti e centinaia i feriti. Il primo ministro libico Ali Zaidan aveva detto: “L’esistenza di armi al di fuori dell’esercito e della polizia è pericolosa”, aggiungendo “Tutte le milizie armate devono lasciare Tripoli senza eccezioni”. Secondo il primo ministro libico tutte le milizie devono riunirsi alle forze governative regolari entro il 31 dicembre, altrimenti il governo sospenderà i versamenti ai loro governi regionali.
 
Sull’orlo del collasso
Le divisioni tra laici e islamisti si radicalizzano ulteriormente nel parlamento di Tripoli, e la stesura di una costituzione post-Gheddafi viene ritardata da mesi. L’illegalità è diventata una caratteristica quotidiana: le ambasciate straniere sono attaccate (l’ambasciata russa è stata attaccata ai primi di ottobre), le milizie rivali e i rami di al-Qaida competono per il potere e le frontiere del Paese sono porose. Il potere politico nasce ancora dalla canna del fucile che i miliziani chiaramente controllano in assenza dell’esercito e della polizia, seguendo la propria agenda. Nella Cirenaica, milizie e tribù locali hanno bloccato l’attività dei porti e campi petroliferi nell’est chiedendo una quota maggiore di potere politico e di proventi petroliferi. Questa regione, nota come Barqah, era storicamente emarginata, mentre l’80% delle riserve accertate di petrolio della Libia e diversi porti strategici e raffinerie di petrolio si trovano sul suo territorio. Il blocco costa al Paese circa 130 milioni di dollari al giorno, esacerbando ulteriormente le difficoltà economiche. La produzione nazionale di petrolio è già scesa dai circa 1,5 milioni di barili al giorno dell’era Gheddafi a soli 150000 barili al giorno, secondo le statistiche della National Oil Corporation pubblicate a settembre. La creazione di una compagnia petrolifera separatista che sarà responsabile delle esportazioni è stata avviata insieme al piano per istituire una banca centrale orientale. La potenziale secessione della Cirenaica sarebbe un disastro economico per la Tripolitania e il Fezzan, e sarebbe un precursore del conflitto armato che permetterebbe alle milizie terroristiche di allargare la loro autorità e influenza. Il ministro delle Finanze ha detto che la preparazione del bilancio 2014 sarà ritardata mentre il governo lotta per raccogliere informazioni dal maggior numero di enti dai bilanci separati. La stime dell’intelligence inglese sostengono che il governo libico controlla solo 20 dei 400 depositi di armi nel Paese, e circa 3000 missili antiaerei portatili utilizzabili per abbattere aerei civili mancano. La Russia ha recentemente evidenziato i pericoli posti dai 6400 barili di uranio yellowcake mal custoditi e scoperti nei pressi della ex roccaforte di Gheddafi di Sabha, che i gruppi di al-Qaida sorvegliano.
Non c’è dubbio che la Libia sia pervasivamente armata. Presumibilmente, ogni famiglia è in possesso di armi acquisite nelle incursioni negli arsenali di Gheddafi. Gli incidenti dimostrano che le capacità del governo di Tripoli impallidiscono rispetto a quelle delle milizie.
 
Gli USA rispondono alla situazione
Secondo Chris Carroll di Stars and Stripes, l’esercito degli Stati Uniti valuta una missione per addestrare personale della sicurezza libico, con l’obiettivo di creare una forza di 5000-8000 soldati convenzionali e una piccola unità specializzata nelle missioni antiterrorismo, secondo il comandante dell’United States Special Operations Command. Non è stato deciso dove si svolgerebbe l’addestramento, hanno detto gli ufficiali, ma la missione globale sarebbe organizzata dal Comando militare per l’Africa. La Bulgaria è stata indicata come possibile Paese ospite. Il portavoce del Pentagono colonnello Steven Warren ha detto che i dettagli dell’addestramento sono ancora in fase di elaborazione, tra cui quali unità dell’US Army l’avrebbero condotto e quali unità libiche l’avrebbero ricevuto. “Siamo in trattative con i libici sull’esatto numero (di truppe), ma siamo pronti a fornire l’addestramento a 5000-8000 soldati”, ha detto Warren. “Si tratta essenzialmente di addestramento basico”. L’ammiraglio William McRaven, capo del Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti, ha detto che il progetto coinvolgerà forze per le operazioni convenzionali e forze speciali. Secondo il New York Times, l’ammiraglio McRaven e altri ufficiali hanno notato che l’evoluzione della strategia per la sicurezza nazionale del Pentagono prevede la costruzione di  capacità antiterrorismo presso le forze delle nazioni alleate e partner, piuttosto che far effettuare missioni sul terreno alle truppe statunitensi. Anche un piccolo numero di militari degli Stati Uniti si era recato in Libia per assistere alla pianificazione. Come notano le fonti, gli ufficiali statunitensi dicono che il governo libico ha tranquillamente chiesto assistenza sulla sicurezza agli Stati Uniti, dando tacita approvazione a due operazioni dei commando statunitensi nel Paese.
Ad aprile-maggio un reparto dei marines statunitensi di stanza in Spagna fu spostato alla Naval Air Station di Sigonella in Sicilia, Italia, per essere avvicinato alla Libia per improvvise necessità a Tripoli. Tale elemento da parte della nuova forza di reazione rapida basata nella base aerea di Moron nel sud della Spagna, per avviare un rapido intervento in Africa settentrionale. Pienamente operativo, l’apparato dovrebbe decollare entro sei ore dall’arrivo degli ordini. La squadra di 500 elementi, che deve essere pronta entro 30 giorni, comprenderà 225 marines equipaggiati al combattimento assieme a specialisti d’intelligence e comunicazioni, più altri 225 effettivi per la manutenzione dei sei V-22 Osprey e dei due velivoli da rifornimento KC-130 che costituiscono il reparto aereo dell’unità, per aerotrasportarla al momento richiesto. La capacità di rifornimento permetterà agli Osprey di volare per maggiori distanze senza atterrare. I marines saranno dotati di mitragliatrici, mortai e lanciagranate. Nell’ambito degli sforzi del Corpo dei Marines per rafforzare la sicurezza delle ambasciate in particolare, vengono aggiunti altri 1000 marines alla forza di guardia dell’ambasciata, raddoppiandone le dimensioni e aumentando la forza delle singole squadre delle ambasciate nelle aree di maggiore minaccia, ed istituendo una squadra speciale di 100 marines  negli Stati Uniti che potrebbe rapidamente recarsi nell’area richiesta per sostenere le guardie di un’ambasciata in caso di pericolo.
 
La NATO e l’UE pronta a contribuire
Questo agosto lo Stato Maggiore libico ha annunciato l’invio all’estero di centinaia di soldati per l’addestramento nell’ambito dei piani per la ricostruzione delle forze armate libiche. “E’ stato concordato con Italia, Turchia e Gran Bretagna di addestrare unità militari per tre mesi e per ogni gruppo”, aveva detto a Lybia Herald il portavoce del Capo di Stato Maggiore, colonnello Ali Shiaqi. Il primo ministro Ali Zaidan aveva partecipato al vertice del G8 di giugno, in Irlanda del Nord, dove  Stati Uniti, Italia, Francia e Regno Unito accettarono di addestrare i soldati libici nell’ambito dei piani per ricostruire l’esercito libico. Anche la Turchia è coinvolta nel programma. Dei programmi, il Regno Unito ha accettato di ospitare 2000 militari libici nei corsi di addestramento di dieci settimane, alla fine di quest’anno, per aumentarne la professionalità. E’ stato poi riferito che i soldati sarebbero stati addestrati negli elementi basilari e nel comando della fanteria, in una base dell’esercito inglese nel Cambridgeshire, a circa 80 chilometri da Londra. Il personale che avrebbe superato gli opportuni test medici e fisici sarebbe stato inviato in Inghilterra in piccoli gruppi, una volta iniziati i corsi. Secondo gli osservatori della missione ‘civile’ dell’UE sui confini della Libia, essa infatti deve addestrare forze paramilitari, nell’ambito dell’ampio sforzo europeo e degli Stati Uniti d’impedire che la Libia diventi uno “Stato fallito”. L’obiettivo è migliorare la capacità operativa delle “Guardie di frontiera (BG)” e della “Guardia costiera (NCG)” della Libia. Le unità fanno parte del ministero della Difesa della Libia. Il BG, una gendarmeria di circa 9000 effettivi responsabili delle frontiere terrestri è, secondo il documento dell’UE, sotto il “comando diretto” del “capo di Stato Maggiore” dell’esercito libico. Della NCG, 6500 uomini che si occupano delle frontiere marittime, si afferma lo stesso. La missione europea di assistenza alle frontiere (EUBAM) si occuperà dei “battaglioni” di BG e NCG, li addestrerà in luoghi sicuri e li “rischiererà” per le missioni. L’EUBAM ha stanziato 120000 euro all’anno per acquistare immagini satellitari classificate. La delicatezza del suo lavoro è evidenziata anche dal personale dell’UE presso l’intelligence libica. L’Italia attua programmi sulla sicurezza nella difesa e negli interni. Ha anche inviato una nave della marina per fermare “il contrabbando di armi” nelle acque libiche, ripristinando sette navi militari libiche e donando 20 veicoli blindati VBL Puma. La Francia addestra circa 200 militari e poliziotti, tra cui 75 guardie del corpo per proteggere i vip libici. La Germania contribuisce garantendo la protezione del centro di ricerca di Tagiura e i depositi dei missili antiaerei spallegiabili della Libia, così come nel controllare le armi chimiche. Il Regno Unito ha introdotto una “gruppo di assistenza alla difesa” nel ministero della Difesa libico e sviluppa una “unità per operazioni congiunte”. Danimarca, Grecia, Malta, Paesi Bassi, Spagna e Romania hanno programmi più piccoli. La NATO crea anche una squadra di 10 consiglieri militari a Bruxelles per “visitare la Libia per brevi periodi” e “fornire consulenza alle autorità libiche per la realizzazione delle istituzioni per la difesa”.
I tre interventi militari stranieri occidentali di questo secolo, in Iraq, Afghanistan e Libia, erano  finalizzati al cambio di governo e, in realtà, sono tutti finiti in un disastro. I paralleli della Libia con l’Iraq e l’Afghanistan sono negativamente suggestivi. Non importa che tipo di regime sia stato rovesciato, la conseguente mancanza di legge e ordine ha comportato pericoli maggiori e instabilità che hanno interessato gli Stati confinanti. In ognuno di questi casi di “nation building” i militari furono dispersi, i governi sciolti, la magistratura smontata e le bande armate e le milizie lasciate libere di scatenarsi diffondendo anarchia. Poco o nulla fu fatto per sostituire il caos creato con un nuovo ordine. L’aumento della criminalità in Libia, l’economia distrutta e la mancanza di controllo politico sulle diverse tribù hanno aggravato la situazione in Libia in 2 anni. Ora gli Stati Uniti e i loro alleati prendono provvedimenti per cambiare atteggiamento e intervenire assistendo i militari e la sicurezza. Come si può vedere alcuni elementi in uniforme sono già presenti. Ma gli sforzi significano spese. Sono grandi le probabilità che passo dopo passo Stati Uniti e loro alleati europei siano coinvolti nel pantano di anarchia e caos nel tentativo di far restare la Libia uno Stato filo-occidentale in una regione instabile. La politica “senza stivali sul terreno” può fallire anche se “alcuni stivali” vi sono già, mentre altri operano dentro e fuori il suolo libico. È estremamente difficile prevedere qualcosa in Medio Oriente, ma il compito di migliorare le cose in Libia è arduo, una vera e propria scalata. L’occidente sconta i propri errori di cui fu avvertito quando passò ad aggredire la Libia, dopo non aver appreso le lezioni di Afghanistan e Iraq.
 
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Crisi: 40% italiani vive alla giornata

25/11/2013 19:58 | ECONOMIA – ITALIA

Allarmanti i dati pubblicati nell’ultimo rapporto del Centro Einaudi, che descrivono un Paese in ginocchio, dove uno su tre (il 34%) non fa alcun programma per il futuro della sua famiglia oltre i sei mesi.

Il 40% degli italiani vive alla giornata, un terzo degli abitanti del Paese non programma il futuro della propria famiglia oltre i sei mesi. Questo è il quadro preoccupante che ritrae il Rapporto del Centro Einaudi sui dati dell’Eurobarometro. In Grecia coloro che non sono in grado di fare progetti sono il 68% del totale, in Germania il 15%, in Austria il 10%.
Il diciottesimo rapporto del centro studi Luigi Einaudi stila anche un bilancio dei settori produttivi italiani. Nell’industria la crisi del mercato interno è stata pagata soprattutto dalla gioielleria e dal comparto dei mobili, che dal 2005 hanno visto scendere i loro fatturati del 26%. Anche le aziende della componentistica per auto sono andate male (ricavi in calo del 22% in 8 anni) e la stessa industria automobilistica con un cale del 14%, che nel solo periodo nero 2007-2008 ha perso il 58% di fatturato per poi recuperare. Un caso a parte è quello delle macchine industriali, che in Italia hanno registrato un aumento del 18% delle vendite e all’estero un boom del 197%.

Nell’export i prodotti italiani che hanno registrato i migliori risultati sono le forniture e le macchine mediche (+69%), oltre all’alimentare industriale (+68%). Anche nelle vendite all’estero la gioielleria accusa un calo (-10%) mentre tengono mobili e comparto del legno.
http://www.controlacrisi.org/notizia/Economia/2013/11/25/38279-crisi-40-italiani-vive-alla-giornata/

L’Euro e’ un crimine contro l’umanita’

25 novembre 2013 –

La nostra maledizione? Si chiama euro. «Più che una moneta, è un metodo di governo occulto, elitario, illegittimo, autoritario e antidemocratico». Una minaccia «che divide, anziché unire i popoli europei, col terrorismo della miseria (fuori dall’euro) e la promessa della prosperità (dentro l’euro)». Un mito, «falsificato in diverse varianti, a seconda della realtà socio-economica interna di ciascun paese». L’inizio della fine? Lo storico divorzio tra governi e banche centrali, dove queste ultime hanno cessato di fungere da “bancomat” degli Stati per sostenere la spesa pubblica. Di qui le “riforme strutturali” che prevedono stangate fiscali e misure recessive, privatizzazioni dei servizi, devastazione del lavoro con flessibilità, precarizzazione e licenziamenti facili.
Era un piano preciso: togliere ossigeno agli Stati, azzoppando le economie democratiche a vantaggio delle élite. Lo spread? «Chiaramente pilotato dalla Bce, come “clava di ultima istanza” per costringere i governi periferici a imporre l’amara medicina».

Obiettivo: smantellare lo Stato democratico – garante dei cittadini – per privatizzare tutto, a beneficio di pochi ricchissimi. E tutto questo, osserva Alberto Conti su “Megachip”, grazie a un alibi come il «falso dogma dell’indipendenza della politica monetaria ai fini della stabilità». Così, si è formata l’euro-burocrazia al servizio delle lobby economico-finanziarie, che di fatto si arrogano il diritto d’interpretare il processo di unificazione europea, «falsamente presentato con la persuasiva immagine progressista dei padri fondatori di un sogno, che in realtà si è trasformato in un incubo», soprattutto per paesi come l’Italia. Col maturare della crisi, «l’euro mostra sempre più la sua vera natura di moneta fraudolenta, con la funzione di idrovora della ricchezza pompata dal basso verso l’alto». Ma la cosa peggiore è che questi falsi ideologici «alimentano odio e false contrapposizioni d’interesse tra i popoli, in nome della “competitività nei liberi mercati”, senza mai specificare se fisici o finanziari, in una logica di commistione diabolica dove per salvare gli uni occorre distruggere gli altri».
Che l’euro sia una non-moneta, continua Conti, lo testimonia il suo disegno strutturale fin dalla nascita (Maastricht, Bundesbank, Deutsche Bank), i cui esiti nefasti si stanno manifestando dopo poco più di un decennio dalla sua entrata in vigore, precipitati e aggravati dalla crisi finanziaria globale che ha il suo epicentro a Wall Street. Basta un raffronto dell’euro col dollaro – i debiti sovrani europei e quello federale Usa – per capire le analogie e le differenze della “nostra” (si fa per dire) moneta con quella di riferimento globale, cioè il dollaro di Bretton Woods, dal 1971 divenuto «la principale arma di contrapposizione ostile e violenta dell’impero col resto del mondo». Quanto all’euro, «da promessa di simbolo e motore economico dell’Unione Europea», si è presto rivelato essere il suo esatto opposto, cioè «strumento di prevaricazione di pochi sempre più ricchi sulle masse impoverite». Una vera «forza disgregatrice dell’Unione Europea, dopo i primi illusori anni». La catastrofe della periferia, però, è di tali proporzioni da travolgere di seguito anche il centro, che però un risultato lo ha comunque ottenuto: consolidare l’economia della Germania riunificata, “stabilizzando” un alleato strategico degli Usa.
«Si pronuncia euro, copyright della Bce, ma si legge “potere della finanza globale neoliberista”», realizzato «attraverso la longa manus di un sistema bancario privatizzato e asservito agli interessi dell’élite, come già le corporation che monopolizzano i mercati fisici e il sistema mediatico che disinforma e addormenta le masse». Dunque, che fare? Abbattere questo “mostro” o riformarlo, mettendolo al servizio dei popoli? Per Conti, «la natura non riformabile di questa sovrastruttura tecno-politica può pur sempre trasfigurare in positivo semplicemente abrogandone la sua caratteristica principale, il totalitarismo progressivamente istituzionalizzato, cioè il fatto di essere una “moneta unica” non nel senso che è comune (10 paesi dell’Ue non l’hanno mai adottata), ma nel senso che non ammette altre valute là dove invece è stata introdotta nel 2000». Tecnicamente basterebbe aggiungere in ogni paese dell’Eurozona una nuova moneta nazionale (Euro-lira, Euro-marco, Euro-pesetas), inizialmente nel rapporto 1:1 con l’euro; la nuova moneta sostituirebbe quella della Bce per la fiscalità e i pagamenti interni al paese, lasciando all’euro la funzione di pagamento nelle transazioni tra paesi diversi. Decisivo il rapporto dei cambi: andrebbe aggiornato periodicamente «sotto il controllo di un nuovo Parlamento Europeo, L’Eurotower di Francofortefinalmente dotato della dignità di un vero governo di competenza strettamente confederale, che governa la Bce collegialmente».
Questa misura, per avere il successo sperato e traghettare l’Europa fuori dalla crisi, dovrebbe essere accompagnata da un decalogo di cambiamento radicale. Mai più cessioni improprie di sovranità nazionale, a cominciare da quella monetaria interna. Mai più obbedienza cieca, sotto ricatto, ai diktat del circo della finanza globalizzata. Mai più salvataggi pubblici dei crack degli speculatori privati, grandi o piccoli. Mai più la primazia del profitto privato sulla difesa del lavoro. Mai più il contrasto alla recessione con misure recessive. E mai più libera circolazione di merci e capitali contro gli equilibri e gli interessi leciti dell’economia locale. Inoltre, aggiunge Conti, bisognerebbe bloccare gli attacchi speculativi eterodiretti alla valuta nazionale, impedire che i “debiti sovrani” finiscano fuori controllo. Mai più interferenze delle lobby, le grandi mafie che oggi dettano ai governi le misure da infliggere ai cittadini. Obiettivo possibile, a patto che risorga lo Stato democratico come “attore dell’economia”, con «funzioni di stimolo e di controllo sistemico». Dalla dignità dello Stato dipende quella dei cittadini, quindi la democrazia: serve «una forte volontà politica» per globalizzare i diritti, verso un futuro di pace che ci liberi dall’incubo.
http://www.libreidee.org/2013/11/liberarsi-dalleuro-non-moneta-fraudolenta-e-totalitaria/

Delegati russi aggrediti ad una conferenza sulla famiglia in Germania

un esempio di tolleranza e rispetto

Redazione Online
 
23.11.2013, 18:48
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Sabato in Germania, a Lipsia, è in corso il Forum Internazionale in tutela di famiglia tradizionale “Il futuro delle relazioni familiari” al quale partecipano oltre 500 persone. Gli iniziatori di questo forum sono l’Istituto della democrazia di uno storico russo e un noto politico Natalia Narochnitskaya e alcune associazioni sociali della Germania.
 
La partecipante al Forum, Elena Misulina, capo della Commissione degli Affari della famiglia, donne e infanzia della Duma, in un’intervista esclusiva concessa a La Voce della Russia, ha raccontato l’andamento della conferenza e l’incidente avvenuto prima della sua inaugurazione.
 
Prima della partenza del Forum rappresentanti delle minoranze sessuali hanno organizzato azioni di fronte all’edificio che doveva ospitare la conferenza. Ostacolavano l’ingresso ai partecipanti alla conferenza, сreando sbarramenti e comportandosi, diciamolo così, in modo poco decente.
 
Noi non abbiamo creato la calca, cercando di aggirare tranquillamente questi sbarramenti, e un anziano con i capelli brizzolati, che calzava anfibi, non si è trattenuto dalla tentazione di colpire di soppiatto ai piedi Natalia Narochnitskaya e me con cattiveria. Dico che è stato un episodio spiacevole, ma niente di grave.
 
Noi non intendiamo sporgere alcuna denuncia. Se non fosse stato per i nostri colleghi tedeschi che hanno visto tutto, si sono preoccupati e hanno diffuso la notizia, noi, probabilmente non avremmo per niente attirato l’attenzione generale.
 
Nonostante tutto ciò il Forum continua e si sta svolgendo con grande successo. Ora è in corso una discussione con partecipazione attiva e vengono affrontati temi di interesse generale, perciò spero che il nostro lavoro non risulti vano.

Eurointegrazionisti attaccano a Kiev la sede del governo

la tolleranza dei servi di Bruxelles….D’altronde, dopo che Draghi sostiene che si debba fare di tutto per l’euro, che Letta scrive Morire per Maachstricht, vuoi che gli squadroni siano “gentili”? Dopo lo strano caso del rapimento a scopo intimidatorio del blogger Alessandro Carluccio che aveva ripreso l’eurogenfor a roma (oggetto dell’interrogazione dei 5S) ora passano alla violenza fisica e manifesta in nome dell’euro. Bel progetto umanitario questa Ue……
Servizi Segreti UE potranno perseguire gli euroscettici, progetto di Frattini e Schäuble

Bella la democrazia no?

Maria Baliabina, Redazione Online

25.11.2013, 17:02
Foto: RIA Novosti
Nella capitale ucraina i fautori dell’integrazione europea stanno picchettando la sede del gabinetto dei ministri. Chiedono le dimissioni del governo. Sul fatto dell’assalto all’edificio è stata intentata un’azione penale. I partecipanti al comizio hanno passato la notte scorsa in tendopoli attestite nel centro di Kiev.

Di mattino presto le forze dell’ordine hanno bloccato una parte del territorio di Majdan (piazza centrale) con il pretesto che vi deve essere costruito un campo di pattinaggio.

Il comizio organizzato nel centro di Kiev ha raccolto alcune centinaia di sostenitori dell’associazione dell’Ucraina all’Unione Europea, tra cui i rappresentanti dei partiti d’opposizione: Batkovšina, UDAR e Svoboda. Il 24 novembre tendopoli sono apparse nella piazza e in una delle vie centrali di Kiev. La gente uscita nella piazza intende continuare il comizio almeno fino alla fine di novembre, quando avrà luogo il summit di Vilnius. Oltre alla firma dell’accordo i leader dell’oposizione di associazione all’UE chiedono di concedere la grazia a Timošenko e di adottare la legge che consenta di curare i detenuti all’estero.

A sua volta, Oleg Cariov, deputato del parlamento ucraino, ha dichiarato che tutte queste azioni di protesta vengono sponsorizzate da forze politiche esterne. I partecipanti dell’azione perseguono innanzitutto scopi di lucro, è convinto Vladimir Savcenko, direttore generale del centro d’affari “Sviluppo economico della CSI”:

Queste iniziative vengono organizzate prevalentemente dietro pagamento. Ci sono strutture che pagano attivamente tali provvedimenti. Ci sono persone che vivono grazie a questo denaro ma si nascondono dietro la demagogia. Non possiedono nessun concetto economico intelligibile. Alcuni vanno a Majdan dopo aver ricevuto 100 o 50 euro. Quando la società è divisa in poveri e in quegli eccessivamente ricchi, appaiono coloro che tentano di guadagnare su questo. Ci sono anche giovani che non capiscono proprio niente.

C’è, però, chi la pensa diversamente. Non si possono comprare le azioni di massa, le quali possono essere spiegate solo con il fatto che la maggioranza dei protestanti non capisce semplicemente per che cosa combatte, ritiene Evghenij Kožokin, rettore dell’Accademia del lavoro e dei rapporti sociali:

Se chiederete sulla piazza ai comizianti chi di loro ha letto il progetto di accordo, si rivelerà che tali persone sono in palese minoranza. In questo documento gli interessi dell’UE sono rappresentati molto meglio rispetto agli interessi dell’Ucraina. Ma, purtroppo, la questionwe cosa darà all’Ucraina questo accordo è stata discussa pochissimo.

Anche se è impossibile “comprare” un comizio, è possibile buttare olio sul fuoco. Le azioni di massa a Kiev possono essere vantaggiose ad alcune forze politiche interne, continua l’esperto:

Servono per destabilizzare la situazione, provocare le elezioni anticipate e portare al governo un altro team. Adesso sta crescendo la popolarità di Klicko, il quale vede se stesso un futuro presidente. Ci sono anche seguaci dell’ex premier, i quali sperano che Julia Timošenko sarà rilasciata e che il loro partito riprenderà le forze.

Ma la maggior parte degli esperti non attribuisce troppo peso a quanto avviene nel centro di Kiev. Stando agli analisti, la “rivoluzione arancia” non si ripeterà, in quanto – a differenza del 2004 – le azioni di protesta non vengono sostenute dalla popolazione. L’opposizione è divisa. Non solo, ma in tutto il paese si svolgono le azioni degli avversari della firma dell’accordo con l’UE. Domenica 24 novembre al comizio organizzato a Kiev contro la integrazione europea sono usciti imprenditori, rappresentanti del Comitato dei genitori dell’Ucraina e dell’Unione dei cittadini dell’Ucraina.
http://italian.ruvr.ru/2013_11_25/Eurointegrazionisti-attaccano-a-Kiev-la-sede-del-governo/

Non va a lavoro per aiutare la sorella alluvionata: licenziata e poi minacciata

lunedì 25 novembre 2013

Capoterra_alluvione Sono storie a cui è difficile credere, però succedono. Perché, davanti alle tragedie, ci sono atti straordinari di generosità e di eroismo. Ma ci sono anche gesti miserabili. La Nuova Sardegna oggi in edicola riferisce di una giovane donna di Olbia, A.D., licenziata in tronco perché lunedì e martedì non si è presentata al lavoro. Era andata a dare una mano alla sorella, rimasta prigioniera nella sua casa allagata.
E’ quanto ha spiegato al suo datore di lavoro, un imprenditore di Olbia. Da due anni la donna lavorava per lui, facendo regolarmente la pulizia dell’abitazione e dell’ufficio. Questo per 550 euro al mese, in nero. Senza assicurazione nè contributi. La donna ha raccontato che l’imprenditore,  appena gli ha detto per telefono di doversi assentare dal lavoro a causa dell’emergenza familiare, non ha voluto sentire ragioni: “Sei licenziata”. E ha chiuso la comunicazione.
Fonte: http://www.sardiniapost.it/correlati-slider/olbia-non-va-al-lavoro-per-aiutare-la-sorella-colpita-dallalluvione-licenziata-tronco/

Scoperti migliaia di tunnel sotterranei dell’Età della Pietra che si estendono in tutta Europa, dalla Scozia alla Turchia

a proposito di collegamenti e nazioni “tagliate fuori”……

Posted on 20 giugno 2013 by Redazione S.a.r.de.

 Gli archeologi hanno scoperto in Baviera migliaia di tunnel sotterranei dell’Età della Pietra che si estendono in tutta Europa, dalla Scozia alla Turchia, lasciando i ricercatori perplessi sulla loro funzione originaria.

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 Furono utilizzati come tombe, come spazi rituali o come nascondigli per difendersi dai predoni? Gli archeologi stanno iniziando a esplorare le volte sotterranee per svelare i segreti degli enigmatici tunnel.

 Il ricercatore tedesco Heinrich Kusch sostiene che la vasta rete di gallerie scavata dagli uomini della pietra congiunge centinaia di insediamenti neolitici sparsi in tutta Europa e il fatto che così tanti tunnel sono sopravvissuti 12 mila anni, indica che la rete originaria deve essere stata immensa.

 “Solo in Germania abbiamo trovato 700 metri di questa rete di tunnel sotterranei”, spiega Kusch al Daily Mail. “In Austria abbiamo trovati altri 350 metri. I tunnel di tutta Europa potrebbero essere migliaia. Si tratta di cavità ampie solo 70 centimetri, appena sufficienti a permettere il passaggio di una persona. I tunnel sono intervallati da piccole camere di stoccaggio e posti a sedere”.

 La scoperta del dedalo di gallerie è avvenuta grazie ad una mucca! Beate Greithanner, una produttrice di latte di Glonn, una cittadina vicino Monaco, si trovava a pascolare i suoi bovini sui prati rigogliosi della Doblerg, una collina in Baviera circondata da altissime cime montuose innevate. Improvvisamente, un cratere si aprì sotto una delle sue mucche, inghiottendo l’animale fino ai fianchi.

 Il giorno dopo l’incidente, il marito di Beate esaminò il buco. Era strano, così infilo la testa dentro per scrutarne l’interno. L’uomo pensava di aver trovato il nascondiglio per una sorta di tesoro. Mentre si calava nel buco per indagare ulteriormente, si rese conto di trovarsi in un tunnel stretto e umido che scendeva verso il basso.

 Da quel momento, i Greithanner si sono resi conto che la loro proprietà insiste su un labirinto di tunnel, conosciuto come ‘Erdstall’, termine che nella tradizione popolare indicava la dimora dei ‘goblin’.

 Di lì a poco, numerosi geologi si sono presentati nella proprietà dei Greithanner, determinati ad andare a fondo del mistero. Tre membri di un team denominato ‘Gruppo di lavoro per la Erdstall Research’ hanno trovato all’interno del tunnel un pezzo di legno, reperto utilissimo per determinare l’età del tunnel.

 Un altro gruppo proveniente dall’Ufficio di Stato per la Conservazione Storica della Germania ha delimitato il sito con il nastro colorato. Poi ha effettuato una scansione con un radar di terra scoprendo che la galleria è crollata sul retro, cercando di capire le sue dimensioni reali. Secondo quanto riportato dallo Spiegel, è la prima volta che un ente archeologico tedesco mostra interesse per un fenomeno antico estremamente insolito.

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 Ma a cosa servivano questi tunnel?

 Labirinti sotterranei simili a quelli trovati in Germania sono stati rinvenuti in tutta Europa, dall’Ungheria alla Spagna, ma nessuno è in grado di spiegare il motivo per cui sono stati costruiti.

 Molte gallerie sono collegate ad antichi siti neolitici. Gli imbocchi dei tunnel a volte si trovano nelle cucine di antiche case coloniche, nei pressi di chiese o cimiteri, o nel bel mezzo delle foresta. L’atmosfera al loro interno è buia e opprimente, tanto quanto lo sarebbe la tana di un animale.

 I tunnel certamente non potevano avere uno scopo pratico, come abitazioni o per conservare i cibi, se non altro per quanto siano stretti in alcuni punti. Inoltre, la mancanza di escrementi animali fa escludere che possano essere stati utilizzati come ricovero per il bestiame.

 Fino a poco tempo fa, le cavità sono state esplorate solo da archeologi dilettanti. Il pioniere delle esplorazioni di Erstall è Lambert Karner (1841-1909), un sacerdote. Secondo i suoi diari, si trascinò all0interno dei tunnel 400 volte, illuminando i luoghi solo con la tremolante luce di una candela, annotando ‘strani passaggi tortuosi’ attraverso i quali è possibile passare solo strisciando come un verme.

 Alcuni esperti ritengono che la rete di gallerie era un modo escogitato dagli antichi per proteggersi dai predoni, altri invece credono che i tunnel venissero usati come le autostrade moderne, in modo che le persone potessero viaggiare in maniera sicura, indipendentemente da guerre o epidemie. In alcuni casi, i ricercatori credono che la rete di gallerie sia l’accesso ad un mondo sotterraneo più vasto ancora da scoprire.

Ad ogni modo, stupisce che uomini dell’età della pietra possano aver scavato una rete così vasta di tunnel sotto l’Europa. Sebbene l’archeologia lascia credere che gli uomini di quell’epoca fossero estremamente primitivi, incredibili scoperte, come il tempio di Gobekli Tepe antico di 12 mila anni, le Piramidi di Egitto e altre strutture come Stonehenge, mostrano che i nostri antenati era in possesso di conoscenze astronomiche e tecnologiche molto più avanzate di quanto si sia creduto fino ad oggi.

 La scoperta della vasta rete di cunicoli sotterranei mostra che l’uomo dell’Età della Pietra non passava le sue giornate solo cacciando animali e raccogliendo bacche, ma si dedicava ad opere di ingegneria che richiedevano ingenti risorse intellettuali e progettuali. Tuttavia, il vero scopo dei tunnel rimane un mistero.

 Città sotterranee: miti e realtà

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 Da secoli si raccontano storie di grotte e tunnel nelle profondità della terra, passaggi sotterranei che conducono a regni di demoni e mostri. È possibile che queste leggende nascondano una sorprendente verità? Forse ci sono davvero luoghi misteriosi e inspiegabili sotto i nostri piedi, luoghi le cui origini potrebbero non essere di questo mondo.

 Strutture sotterranee, e persino intere città, sono sempre state narrate nella maggior parte dei miti e delle religioni del mondo. Alcune di esse sono state scoperte, altre, invece, sono ancora descritte solo nei libri sacri dell’umanità. Si narra di reti sotterranee che collegano luoghi diversi del pianeta e che talvolta si estendono per migliaia di chilometri, attraversando interi paesi.

 Secondo le tradizioni, questi siti sotterranei erano per lo più accessi al mondo sotterraneo. Sebbene nella considerazione contemporanea gli ‘inferi’ siano considerati come un luogo immaginario o spirituale nel quale esistono entità malvagie, le tradizioni religiose li consideravano un luogo geografico concreto realmente esistente.

fonte

Nessuno è più complottista delle élites occidentali

di Neil Clark. – 16/11/2013

Fonte: megachip
Per molto tempo, i custodi della verità ufficiale dell’Occidente hanno deriso quelli che sostenevano che il leader dei palestinesi Yasser Arafat fosse stato assassinato. E quanto a quelli che affermavano che fosse stato avvelenato da Israele, naturalmente si tratta dei soliti fanatici delle teorie cospirazioniste!
Ma proprio quelli che hanno ridicolizzato chi sosteneva l’idea che Arafat fosse stato avvelenato sono, in linea di massima, le stesse persone che asseriscono, senza alcuna ombra di dubbio, che la spia Aleksandr Litvinenko sia stato avvelenato dalle autorità russe, a Londra, nel 2006.
Ora, noi non possiamo dare ancora oggi per certo che Arafat sia stato effettivamente avvelenato, o che Israele sia stato responsabile della sua morte, ma dopo la pubblicazione delle notizie della scorsa settimana, secondo cui alcuni scienziati svizzeri avrebbero trovato livelli di Polonio-210 diciotto volte più alti del normale nella salma, riesumata, di Yasser Arafat, diventa molto più difficile, per i difensori delle elite occidentali, definire con arroganza come “stravaganti” quelli che affermano che Arafat sia stato assassinato.
Ciò che i casi di Litvinenko ed Arafat ci mostrano è che esistono teorie del complotto “ufficialmente approvate”, e teorie del complotto che non godono di un simile beneplacito.
Etichettare persone come “complottiste”, da parte dei difensori delle verità ufficiali dell’Occidente, non ha niente a che vedere con quante prove possano supportare una verità, né con la qualità di tali prove, ma è piuttosto una dichiarazione politica, basata su chi sia il destinatario delle teorie del complotto e chi sia quello che le sostiene.
I difensori delle verità ufficiali in seno all’establishment non sono giudici obiettivi, ma sono pesantemente prevenuti, ed etichettano qualunque idea che non approvano come una “teoria del complotto”. Definire qualcuno un “complottista” è la loro modalità operativa standard per dichiarare che una certa persona deve essere isolata, cioè che egli/ella sia una fonte di informazioni inaffidabili, e sia una persona “stravagante”. È questo il modo in cui il dissenso e il dibattito sono soffocati in quelle che apparentemente sono società libere e democratiche, ed è questo il modo in cui le persone che sfidano la narrazione dominante dell’establishment sono deliberatamente marginalizzate.
Ancora, la più grande delle ironie è che negli ultimi venti anni, i più grandi propalatori di teorie della cospirazione siano stati proprio le élite politiche dell’Occidente ed i loro guardiani della verità ufficiale, così rapidi nell’accusare gli altri di propagare teorie del complotto.
Sono loro che hanno sostenuto, con grande zelo, la teoria del complotto secondo cui Saddam Hussein disponeva di armi di distruzione di massa nel 2003. Questa fu una teoria che ebbe reali e mortali conseguenze, portando ad una guerra clamorosamente illegale ed alla morte di almeno mezzo milione di persone. Questi guardiani delle élite hanno inoltre diffuso e sostenuto la teoria della cospirazione secondo cui l’Iran ha segretamente sviluppato e prodotto armi nucleari – ancora una volta, senza produrre alcuna prova conclusiva. Questa teoria del complotto ha portato alla imposizione di sanzioni draconiane sulla repubblica islamica, sanzioni che hanno causato grande sofferenza alla popolazione civile ed alla gente comune.
Nel corso del 2013, i teorici delle cospirazioni approvate dall’establishment ci hanno provato ancora una volta, affermando con grande convinzione che era stato il Governo siriano a lanciare gli attacchi chimici di Ghouta, anche se ancora oggi noi non sappiamo per certo chi sia stato l’effettivo responsabile.
Altre teorie della cospirazione “accettabili” riguardano le elezioni politiche, quando le elezioni dei paesi stranieri accade siano vinte dalla parte “sbagliata”, che è quella che le elite occidentali non vogliono veder vincere. In quel caso, regolarmente si afferma che le elezioni siano state “truccate” o “rubate”. Così, le ultime elezioni vinte, in Venezuela, da Hugo Chávez sarebbero state vinte non perché Chávez era realmente popolare ed era amato dalla sua popolazione, ma perché aveva truccato i risultati. Le stesse affermazioni fatte nel 2009 contro Mahmoud Ahmadinejad quando fu rieletto come Presidente dell’Iran.
Ma quando si chiede ai custodi delle verità ufficiali di fornire le prove delle loro affermazioni sui brogli elettorali, ecco il silenzio.
Stephen Hildon, un commentatore politico, ha chiesto su Twitter ad uno di questi “detentori della verità” di provare la sua affermazione secondo cui Hugo Chávez si sarebbe impegnato in una vasta attività di alterazione dei risultati di un’elezione nazionale. Ad oggi, non ha ancora rivevuto una risposta.
Nei circoli delle élite occidentali, è OK affermare ch l’Iraq possedeva armi di distruzioni di massa, anche se non è vero. È OK dire che l’Iran ha un programma nucleare. È OK affermare che sia stato il Governo della Siria a lanciare attacchi chimici contro la propria popolazione. È OK affermare che Hugo Chávez si sia impegnato in una vasta attività di frode elettorale. Quando il paese in discussione è un “nemico ufficiale”, non servono prove per fare delle affermazioni contro di esso. Non serve nemmeno che le affermazioni siano logiche.
Perché è il senso comune a dirci che se Bush e Blair avessero sinceramente ritenuto che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa nel 2003, essi non avrebbero attaccato, e forse nemmeno tentato di attaccare il paese. Il senso comune ci dice anche che sarebbe stata pura follia, da parte del Governo siriano, lanciare un esteso attacco chimico nei pressi di Damasco proprio mentre gli ispettori dell’ONU si trovavano in città, e mentre i falchi a favore del conflitto in Occidente non aspettavano che un qualunque pretesto per lanciare un attacco militare nel paese. E tuttavia ci si aspetta ancora che noi ci si beva queste teorie, nonostante la mancanza di prove ed il fatto che siano del tutto prive di senso.
Al contrario, se il paese sotto osservazione è un paese occidentale, o un alleato dell’Occidente, come Israele, chiunque faccia una qualsiasi affermazione contro le sue azioni – affermando che quel paese abbia assassinato qualcuno, o che sia stato coinvolto in losche ed equivoche operazioni – sarà sicuramente chiamato un “complottista”, anche se quanto egli affermi risulti essere particolarmente logico e basato su fatti.
Per chi continua a sfidare la narrazione dominante dell’establishment dell’Occidente, è allora giunto il momento di passare all’offensiva e di prendersi una rivincita su chi strilla “complottista” contro chiunque osi mettere in discussione la linea ufficiale. Cosa determina se una certa idea sia effettivamente una teoria del complotto dovrebbe essere solo la prova della cospirazione, o la sua assenza, ed una analisi di chi possa essere il vero beneficiario di una determinata azione. Di certo, non dovrebbe essere la mera opinione di coloro i quali sono stati nominati come gli arbitri tenuti a stabilire senza appello cosa sia una teoria del complotto e cosa no.
Un’altra affermazione che è stata sovente fatta dai custodi della verità ufficiale è che la base delle teorie del complotto sia l’antisemitismo. In altre parole, tirano fuori una teoria del complotto sulla natura delle teorie del complotto. Quindi, se voi credete o diffondete ciò che i custodi della verità hanno giudicato essere teorie del complotto siete degli “stravaganti”, e non solo: siete anche antisemiti, o, più precisamente, anti-ebraici. Lo scopo è chiaramente quello di garantire che chi non si trovi sulle posizioni ufficiali del governo siano totalmente isolati, posto che, per ovvie ragioni, essere accusati di nutrire posizioni antiebraiche dopo gli orrori del nazismo e dell’olocausto è qualcosa che la maggior parte delle persone preferirebbe evitare.
Ancora, nessuna prova conclusiva è stata fornita a sostegno della teoria secondo cui le teorie del complotto siano intrinsecamente anti-ebraiche, e una qualunque seria ed obiettiva analisi delle varie teorie del complotto porterebbe a respingere tale idea come ridicola, ma tutto ciò ha un’importanza relativa, posto che i custodi delle élite possono permettersi – a differenza dei dissidenti – di fare qualunque tipo di affermazione senza dover esibire delle prove.

Il fatto è che se voi state cercando di trovare delle strampalate teorie del complotto, allora l’esperienza degli ultimi venti anni ci dice che il posto migliore in cui trovarle non si trovi in periferici siti Web, o su media “alternativi”, ma nelle voci – e nelle penne – degli stessi guardiani della verità ufficiale.
Che si tratti dell’affermazione secondo cui l’Iraq è in grado di dislocare le sue armi di distruzione di massa nel giro di quarantacinque minuti, o che si tratti dello sviluppo delle armi nucleari in Iran, o che Hugo Chávez bari sui risultati elettorali, nessuno è in grado di costruire teorie del complotto migliori di quelle prodotte dalle stesse élite Occidentali.

Fonte: http://rt.com/op-edge/conspiracy-theory-west-poisoning-648/
Traduzione per Megachip a cura di Giampiero Obiso.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46592

Strage di tartarughe nell’alto Adriatico. Arrivano morte a riva grappoli

18 nov 2013 – Maria Ferdinanda Piva – Nell’alto Adriatico è un’autentica strage. Causa? Mistero. Circa 165 tartarughe (di cui 15 nelle ultime ventiquattro ore) sono arrivate morte a grappoli in poco tempo sulle spiagge dell’Emilia Romagna e del Friuli: eppure le tartarughe Caretta caretta sono animali solitari, oltre che rari e ultra protetti. Nessuna tartaruga (a quanto se ne sa) è stata trovata sulle spiagge del Veneto, nessuna in Slovenia e in Croazia. Probabilmente venti e correnti hanno concentrato le carcasse su porzioni limitate di costa. Le spiegazioni sono varie ed opposte. Il fenomeno è così grave che poco fa l’Arpa Emilia Romagna ha emesso un comunicato stampa.

1461189_10151700668357382_1636359309_n Al comunicato dell’Arpa emiliana si deve l’unico tentativo di mettere ordine nei numeri: a partire da ottobre si sono spiaggiate complessivamente 35 tartarughe in Friuli (soprattutto nella Laguna di Marano,) e circa 130 in Emilia Romagna. E’ un “evento anomalo” perchè le carcasse sono concentrate in aree ristrette e sono molto, molto più numerose della norma. Non si può dire che il fenomeno sia concluso.

 Anzi (e qui intervengo io) le tartarughe stanno giungendo a riva morte quasi in un macabro “crescendo” rossiniano. Il fenomeno è emerso per la prima volta ai primi nel mese: la fondazione Cetacea ha parlato di 51 tartarughe trovate morte fra il 3 e il 15 ottobre in Emilia Romagna, nella zona compresa fra Cervia e Ferrara (in 12 giorni un terzo degli esemplari normalmente trovati morti in un anno); gli animali presentavano “fratture ed ematomi” tali da far pensare che fossero stati trascinati e sballottati dalle reti da pesca (allora appena riaperta dopo il fermo stagionale) e poi buttati a mare, agonizzanti o morti, dai pescatori.

 Segue la notizia (31 ottobre) di 12 tartarughe trovate morte sulle spiagge di Grado, in Friuli: causa ipotizzata, le esplosioni sottomarine dovute alle ricerche di idrocarburi. Qualche giorno di pausa e il 12 novembre News Rimini annuncia 32 tartarughe spiaggiate in poche ore; nella sola giornata di ieri, poi, due delfini e una tartaruga a Bibione e due tartarughe nella zona di Ravenna, con un bilancio complessivo salito a 150 animali (oggi se ne sono aggiunti altri 15) e un summit all’istituto di Veterinaria dell’Università di Padova: esclusi avvelenamenti o agenti chimici vari, la principale ipotesi diventa quella del virus o del batterio (“l’unica cosa che si ripete su diverse tartarughe trovate è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità dell’intestino”) anche perchè sembra assodato che le tartarughe sono morte praticamente all’improvviso e fino a poco prima di trovavano in buona salute.

 L’Arpa Emilia Romagna invece oggi chiama in causa di nuovo le reti da pesca: “Permane quindi l’ipotesi che la causa principale sia legata all’attività di pesca esercitata con reti a strascico sia col metodo a ‘tartana’ che con ‘volante’. La cattura non voluta è da considerarsi in tutti i casi accidentale. A suffragare tali ipotesi sono i referti dello Zooprofilattico di Ferrara e dell’Università di Bologna (Medicina veterinaria) che evidenziano negli esemplari esaminati edemi, fratture degli arti, lesioni al collo”. Cioè praticamente si è tornati al punto di partenza e alla prima spiegazione, in ordine cronologico, data alla moria.

 Io non sono veterinario, ma le due spiegazioni mi sembrano davvero difficilmente conciliabili: o le tartarughe erano in buona salute salvo l’emorragia dei muscoli pettorali e la “sterilità dell’intestino” (detto in parole più semplici, scarsa flora batterica intestinale) oppure erano tutte fratturate e sbatacchiate dalle reti dei pescherecci. Resta il fatto che le tartarughe muoiono a grappoli e che le Caretta caretta sono rare e protette. Nell’alto Adriatico, indubbiamente, c’è qualcosa che non va.

 http://blogeko.iljournal.it/arrivano-morte-a-riva-a-grappoli-strage-di-tartarughe-nellalto-adriatico/78294