La Russia lancia l’allarme: “Patriot in Turchia segnale allarmante”

Dopo la Germania, anche gli Stati Uniti dicono sì al dispiegamento di missili lungo il confine turco-siriano 

Matteo Bernabei 

I missili Patriot richiesti ufficialmente mercoledì scorso dal governo di Ankara agli alleati della Nato, e che saranno schierati lungo il confine con la Siria, potrebbero giungere in Turchia già a metà dicembre.
A rivelarlo sono state alcune fonti diplomatiche dell’Alleanza Atlantica, citate dall’agenzia locale Anadolu, sottolineando come i Paesi in possesso delle batterie di missili abbiano già dato la propria disponibilità alla fornitura. Al sì della Germania, giunto addirittura ancor prima che la richiesta fosse formalmente presentata al segretario generale Anders Fogh Rasmussen, si è infatti aggiunto ieri anche quello degli Stati Uniti. “Noi ovviamente prendiamo la sicurezza dei nostri alleati nella Nato in maniera molto seria e siamo disposti favorevolmente a questo dispiegamento”, ha dichiarato il portavoce del dipartimento di Stato nordamericano, Mark Toner, che ha quindi spiegato che i dettagli dell’installazione dei Patriot saranno quindi discussi direttamente con gli altri membri della Nato. Dei tre in possesso dei missili, solo l’Olanda non ha ancora preso una posizione, in attesa forse di una decisione definitiva da parte dell’Alleanza Atlantica che potrebbe arrivare già la prossima settimana al termine della missione di ispezione e preparazione dei tecnici  dell’organizzazione che si recheranno direttamente sul posto. Il più che probabile dispiegamento dei missili Nato, insieme con circa duecento soldati, non poteva però non suscitare polemiche da parte di chi, come la Russia, si è impegnato realmente negli ultimi 18 mesi affinché si giungesse a una soluzione pacifica del conflitto, al contrario di quanto fatto invece dall’Occidente e dai suoi alleati nella regione. “Questo non porterebbe stabilità alla regione. 
La militarizzazione del confine turco-siriano sarebbe un segnale allarmante”, ha affermato  il portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Alexander Lukashevich, durante il consueto incontro settimanale con la stampa. “Il nostro consiglio ai colleghi turchi – ha proseguito il funzionario russo – è qualcosa di completamente diverso: usare la loro influenza sull’opposizione per cercare di avviare un dialogo inter-siriano al più presto possibile, e non di mostrare i muscoli e spingere la situazione in questa direzione pericolosa”. Un consiglio che sembra però destinato a cadere nel vuoto. La Turchia, proprio come l’Europa, gli Stati Uniti e le monarchie sunnite del Golfo persico, hanno infatti dimostrato in oltre un anno di crisi di non volere in alcun modo che si giunga a una soluzione negoziata. I finanziamenti e le forniture di armi a compagini paramilitari, in alcuni casi del tutto sconosciute, non hanno fatto altro che trasformare quella che era una crisi politica in una guerra civile atipica, vista la forte presenza di mercenari fra le fila delle milizie ribelli. Un atteggiamento che dimostra come il reale obiettivo delle ingerenze straniere in Siria non sia riportare la stabilità per il bene della popolazione civile, ma eliminare l’attuale leadership e prendere così il controllo di uno Stato altamente strategico nello scacchiere del Vicino Oriente. Lo sa bene anche l’Iran, che ha nella Siria uno dei suoi migliori alleati e che proprio come la Russia a sempre promosso iniziative di mediazione a livello regionale, scontrandosi però purtroppo con gli interessi delle monarchie petrolifere della penisola araba, a loro volta strette alleate degli Usa, e della stessa Turchia.
Divergenze delle quali il primo ministro di Ankara, Recep Tayyip Erdoğan, e il presidente della Repubblica islamica Mahmoud Ahmadinejad, hanno discusso più volte in una serie di colloqui a porte chiuse che non hanno però portato alcun risultato concreto, l’ultimo dei quali si è svolto nella tarda serata di ieri a Islamabad, in Pakistan. Una serie di nulla di fatto che non ha però impedito alla Turchia di perseguire i propri scopi, fra i quali quello dell’eliminazione dei militanti del Pkk i quali, proprio come accaduto nuovamente ieri, si sono più volte scontrati con le milizie ribelli siriane.

23 Novembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17950

La Russia lancia l’allarme: “Patriot in Turchia segnale allarmante”ultima modifica: 2012-11-23T20:44:00+01:00da davi-luciano
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