FOG – SAN PIETROBURGO, IDLIB. NOTTE. NEBBIA. MORTI VIVENTI. MENTRE IL CALIFFATO USA-ISIS, DIVENTA KURDISTAN USA-YPG

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 5 APRILE 2017

Napalmizzati fino all’esaurimento delle nostre capacità di reazione dall’alternarsi parossistico di orrendi crimini di sangue, sconvolgimenti geopolitici, tempeste mediatiche, fatti e controfatti che cancellano ogni sensatezza, molti di noi si limitano a grida di orrore, lampi di sdegno, improvvisati squarci di valutazione, slogan, ripiegamenti su analisi degne del giurassico. In tale bufera emotiva, capisco, è difficile tenere ferma la barra e dirigere la barca in modo che colleghi scoglio a scoglio, puntino a puntino, come ai bambini insegnava Maria Montessori.. Però, prima di farci annichilire dal peso dei troppi avvenimenti e asfaltare dallo schiacciasassi delle menzogne, proviamoci.Schiamazzi di lupanare
E’ per un irrazionale e obsoleto senso di decenza che ancora alberga nel profondo del nostro essere che ci sorprendiamo, indignamo, restiamo attoniti di fronte a come i politici e relativi inservienti mediatici riescano continuamente a superarsi nel dare il meglio di sé. Pervertendo, oltre il più temerario immaginabile, il flusso luminoso dell’informazione che, di per sé, dovrebbe schiarire le ombre che la sconoscenza dissemina nei cervelli, in liquami fetidi che di quelle ombre fanno palude nera, vero e proprio coma cerebrale. Sfidando le logiche più stringenti, dati di fatti solidi come rocce, razionalità inoppugnabili. Al culmine delirante di una campagna forsennata contro la Russia, costruita su invenzioni demenziali, tesa, insieme, a squalificare al suo incarico un presidente americano regolarmente eletto e a impedire che questi tagli i fondi che i congiurati traggono da guerre e relative psicosi, questi apologeti di ogni crimine di guerra e contro l’umanità arrivano ad argomentare che Putin se l’è fatta lui la strage di Pietroburgo. A che scopo? Per intimidire quei quattro figuranti della produzione di rivoluzioni colorate “Open Society” e per suscitare un clima di unità nazionale intorno a lui in vista delle presidenziali del 2018.

Lo stereotipo dell’autobombardamento
La tesi tafazzista, per cui un leader sotto attacco concentrico di torme di licantropi sceglie di cavarsela sbranando il proprio popolo dal cui consenso dipendono suoi potere e vita, è espressa in sfrontata prima persona dagli atlantisti manifesti, con in testa la perenne mosca talmudista. Quelli mascherati, cripto-Nato e cripto-Soros, per dire “il manifesto”, dovendo la sopravvivenza ai padrini del Grande Giro e la credibilità a chi si presta a fornirgli ancora foglie di fico di sinistra, sono virtuosi del cerchiobottismo. Fino a un certo punto. Alla resa dei conti, pencolano dalla parte “giusta”, noblesse atlantiste oblige, magari nascondendosi dietro autorevoli fonti, tipo accademici e giornalisti russi d’opposizione (che pure esistono sotto la ferrea tirannia dello “zar”, guarda un po’). A nessuno di questi, tra lenoni e presstitute, importa un fico secco che la teoria dell’autobombardamento assunta per Saddam, Gheddafi o Assad sia poi stata incenerita da evidenze contrarie e addirittura da ripiegamenti dei suoi autori. Dall’ininterrotto bombardamento di notizie, tanto false quanto splatter, la memoria e chiaroveggenza del popolino ricava gli stessi effetti distorcenti dell’uranio impoverito sul dna delle donne vietnamite, irachene o serbe, poi mamme di creature deformi.

Lo sprezzo per neanche un accenno di coerenza fa loro superare la staccionata della realtà, con la stessa disinvoltura di un bevitore di OlioCuore, quando tirano un frego tra l’attentato islamista alle Torri Gemelle, o al Bataclan, o alla metro di Londra, o al mercatino di Berlino, o all’aeroporto di Bruxelles, e quello di San Pietroburgo.Un frego che distingue i primi, mirati contro democrazia, diritti umani, valori dell’Occidente, dal secondo, finalizzato invece alla stretta autocratica del regime di polizia, ora insidiato da armate di oppositori. I primi, poi, a dispetto delle lampanti bugie che ne lacerano le versioni ufficiali, sono da tutti quanti attestati crimini del nemico terrorista esterno. Potrebbero scoprire il capo del Mossad con il cerino della miccia accesa in mano e giurerebbero che è stato Osama. L’avallo di ogni più trasparente False Flag da parte del “manifesto” è una delle tacche che questo giornale incide sulla sua carabina di sussidiario dell’imperialismo. Quando le stesse sigle e gli stessi sicari compiono stragi terroristiche in Russia, l’accredito ai jihadisti diventa una ipotesi, neanche quella preminente, che è piuttosto da attribuire ai turpi obiettivi dello “zar”,. Un dittatore noto per ammazzare giornalisti dissidenti, torturare e imprigionare politici d’opposizione e, omofobo e misogeno al tempo stesso, verginali Pussy Riot.

L’uno-due di Rocky IV a Ivan Drago
L’uno-due inflitto ai russi vede, accanto a San Pietroburgo, Khan Sheikhoun, la cittadina siriana nella provincia di Idlib, occupata da turchi e loro surrogati jihadisti, dove una nube tossica ha ucciso decine di persone e suscitato un tambureggiare di guerra tra Turchia, Golfo, Europa e oltreoceano come non lo si era udito da quando Obama, al tempo delle armi chimiche usate a Est Ghouta, 2014, aveva blaterato di “linea rossa” oltrepassata.. Invece, quella linea rossa, oltre la quale ci sarebbe stata la “libizzazione” della Siria, dai satelliti russi fu proprio cancellata: avevano dimostrato la provenienza dei proiettili di gas da zone presiedute dai “ribelli”. Non solo, tra i corpicini di bambini, anche allora trionfalmente esibiti dagli orchi di regimi e media usi a cibarsene, parecchi ne furono riconosciuti dai genitori.. Al Nusra glieli aveva rapiti settimane prima vicino a Latakia. La “linea rossa” di Obama e del coacervo di freak bellicisti e securitari che lo ha partorito, sparì del tutto quando, con molta generosità, siriani e russi concessero l’evacuazione dal paese di ogni arma e sostanza chimica, fino all’ultimo candelotto del noto gas tossico con cui, da noi, ci si esercita sui manifestanti. Senza che nessuna anima bella se ne risenta quanto si scandalizza degli spintoni inflitti agli “oppositori democratici” dagli sgherri di Putin.


Est Ghouta, l’altra false flag

L’accusa istantanea, prima ancora che un “elmetto bianco” abbia potuto mostrarsi con un bimbetto imbrattato di sangue in braccio e il dito puntato contro Assad e Putin, viene dal solito Rami Abdel Rahman, espatriato siriano incaricato dal governo di Londra e finanziato dai suoi servizi perchè, fin dall’inizio dell’assalto alla Siria, trasformasse la sua jeanseria a Coventry in “Syrian Observatory for Human Rights”, una specie di agenzia in cui riversare di ogni, purchè splatter e anti-Assad. Dotato di facoltà mediatiche invidiabili, aveva subito individuato sul posto chi aveva la certezza granitica, prima ancora che il fumo delle esplosioni si fosse diradato, che il primo cellulare avesse scattato la prima foto, che il primo Elmetto Bianco fosse giunto sul posto, che di aerei russi e di gas Sarin si trattava e che la gente, e soprattutto i bambini, stavano morendo come le mosche.

Il misto di ottusità, ignoranza, servilismo che il regime Renzi ha lasciato in dote all’UE perchè facesse finta di governare la sua subpolitica estera, si è manifestato in tutta la sua protervia quando questa rappresentante delle donne al potere ha quasi bruciato sul tempo lo zelante Abdel Rahman, intimando ad Assad di “difendere il suo popolo, anziché commettere crimini contro l’umanità attaccandolo”. Questo, detto da una incaricata solo di lustrare gli stivali a qualsiasi SS occidentale si metta in marcia, all’indirizzo di chi, con il suo popolo, il suo esercito, le sue forze volontarie, i suoi amici, in sei anni di aggressione da mezzo mondo, eroicamente difende il paese, la civiltà, il diritto, la sovranità, la libertà, la dignità, l’umanità tutta, fa il paio con una stampa che titola “L’intoccabile Assad ha gasato 60 civili col Sarin” (Il Fatto Quotidiano”, quello della appassionata battaglia per la deontologia giornalistica). Ma si affianca anche all’inane, dolorante, bla bla bla, che tutti incolpa e nessuno nomina (salve una stoccatina a Damasco, da dittatore a “dittatore”) e quindi tutti esonera, di colui che al presidente Mattarella contende la palma del primato del populismo (inteso come lo intendono coloro i quali lo addebitano ai fuori-sistema). Il molto trendy monarca assoluto del Vaticano.

Se a tutta questa masnada di falsari e valletti di falsari fosse rimasto un afflato di buonafede e di serietà, quando mai al mondo avrebbero potuto vomitare le loro certezze prima ancora di aver mandato osservatori davvero indipendenti sul posto, aver formato una commissione d’inchiesta internazionale, fatto fare indagini sul posto da esperti sanitari e chimici? Occorre forse una mazzetta Cia nei loro conti per provarne la complicità?

Una False Flag che blocchi Trump e risolva la questione Assad
Dovevano essere aerei russi. Ma gli strumenti d’osservazione, di cui tutte le parti in scena dispongono, rivelano che non ve n’erano in volo. Erano aerei siriani e hanno bombardato. Esatto. Ma non con armi chimiche, di cui era stata provata dagli osservatori internazionali la rimozione integrale. E qui arriva ancora una volta addosso ad Abdel Rahman e ai suoi vindici e in soccorso alla realtà dei fatti, il sistema satellitare russo: Idlib, illegittimamente invaso e occupato da lanzichenecchi turchi e sgozzatori Al Nusra-Al Qaida-Fatah al Islam- FSA, è stato legittimamente bombardato dal legittimo governo siriano. Che ha colpito obiettivi militari. Tra i quali, guardacaso, proprio davanti alla caserma dei celebrati Elmetti Bianchi (in modo che potessero esibirsi istantaneamente), un deposito di…armi chimiche. A un passo dal confine turco, quello da cui transitano i rifornimenti ai tagliagole, anche quelli di armi chimiche, come documentato in passato. Guardacaso dello stesso tipo esibito con orgoglio dai miliziani Al Nusra mentre lo testavano su conigli. Guardacaso rivelato proveniente dai laboratori di Erdogan da terroristi catturati e pentiti. Ma di questi ultimi dettagli, al signoraggio mediatico poco gliene cale.

Forse, addirittura, neanche gas Sarin, visto che i divi di Hollywood, gli Elmetti Bianchi, fondati da un dirigente dell’intelligence britannica, in video e foto appaiono tra macerie, fumi e bimbi agonizzanti, minuti dopo la diffusione del veleno, senza guanti né protezioni, eppure indenni, nonostante il gas mantenga i suoi effetti per almeno 48 ore e visto che in un attacco al gas Sarin in zona densamente abitata dovrebbero morire migliaia di persone. Di ceto c’è che il gas nervino è stato sparato all’opinione pubblica occidentale. Dai media.

Da Truman in qua: una sola linea
E veniamo ai puntini montessoriani. In versione popolare sono sulla Settimana Enigmistica. Dal Truman che, con i genocidi atomici di Hiroshima e Nagasaki, avvia una Guerra Fredda grazie alla quale, al riparo della spartizione di Yalta, gli Usa riescono a lanciare 35 guerre e innumerevoli colpi di Stato, all’Eisenhower che sente gravare sul mondo la mannaia del complesso militar-industriale, dall’impennata bellicista affidata dalla Cupola (o Stato Profondo, o Bilderberg, o complesso militar-securitario-finanziario) al sestetto dell’Apocalisse Carter-Reagan-Bush-Clinton-Bush Jr.-Obama, allo scombiccherato Trump, gli Usa perseguono la stessa politica estera, raramente con i guanti, perlopiù con la clava. Nessuno nella Casa Bianca l’ha mai messa in discussione. E’ la globalizzazione, versione imperialista del colonialismo d’antan, ma dotatasi degli strumenti per la definitiva obliterazione di ogni resistenza al dominio unipolare del mondo e per la completa riduzione in schiavitù degli strati esclusi. Lotta di classe mediante l’arma della geopolitica. Questo era il contesto ieri, questo lo è oggi.

Trump c’era, o ci faceva?
L’accenno a una possibile convivenza con la Russia fatto durante la campagna elettorale da chi, recando offesa al giusto e bello, aveva prevalso sulla candidata del sistema tritacarne che si era perpetuato senza serie incrinature dal dopoguerra, ha innescato una reazione a catena. Una dopo l’altra si sono attivate le varie mine che la Cupola tiene disseminate sul percorso di eventuali dirazzanti: servizi segreti, Pentagono, Wall Street, Soros, collateralisti come le Ong dei diritti umani, il movimento che si dice delle donne, pacifinti di ogni colore, il rinoceronte mediatico, i saltimbanchi di Hollywood… E Trump ha incominciato a …ragionare. Le minacce all’Iran, la mobilitazione di quinte colonne e regimi clienti contro gli eterodossi di Venezuela, Bolivia, Ecuador, sfracelli promessi alla Corea del Nord, i bombardamenti a tappeto su civili e infrastrutture perché mai più si parli di Iraq e Siria in termini di Stati, l’ingresso in forze in Siria per iniziare la spartizione del paese con un primo feudo coloniale affidato al proconsole curdo.

Non è ancora chiaro, e forse non lo sarà mai, se quell’ossimoro con zazzera di Trump ci sia, o sia costretto a farci. Le anticipazioni su un approdo della politica estera Usa a sponde di pace e d’affari erano una finta elettoralistica, o erano sincere, epperò ne è rientrata la realizzazione in seguito all’agitar di cappi di Cia, militari, media, lobby ebraica e pseudo-sinistre? Vai a sapere.

Due punti collegati, però, danno da pensare. Putin per l’ennesima volta è stato colpito alle spalle da un terrorismo che, in ogni singolo caso, ha prodotto fasti a coloro che se ne dicevano vittime e nefasti a chi ne veniva incolpato. Alcune migliaia di morti in Occidente, tutto sommato in pace, milioni di morti nel Medioriente in perenne apocalissi terroristica e bellica.(e noi sappiamo chi ha inventato, formato, armato, finanziato e spedito qua e là tale terrorismo, sotto le insegne degli ectoplasmi Cia Osama, Zawahiri , Al Baghdadi ). Trump, tornato un attimo quello che era parso, correva a esprimere a Putin una calorosa solidarietà. Gesto umano, ma anche realistico, visto che si ha a che fare con uno avversato da quattro sgangherati sorosiani, ma sostenuto da un sempre crescente consenso della sua nazione, oggi all’84%. Una roba, quindi, in stridente e sconveniente contrasto con la linea dei castigamatti mediatici, tutti suoi nemici, che si affannano a marchiare Putin di criminale pluriassassino. L’ennesimo “nuovo Hitler”, ma molto peggio.

Secondo: sia Trump che il Segretario di Stato Tillerson, sempre realisticamente, visto che sei anni di assalti con ogni più micidiale e turpe mezzo non avevano fatto che crescere il consenso per Assad e progredire il suo esercito, avevano ripreso ad andare in giro proclamando che la soluzione della crisi siriana poteva lasciare al suo posto il presidente siriano. Che è però colui per il quale Erdogan, i petrotiranni del Golfo, Israele, i neocon con i reggicoda dirittoumanisti, l’intera canea mediatica, avevano impegnato sforzi, soldi e credibilità. Oltrechè un’apoteosi di virtuosismo della menzogna.

E’ una coincidenza che, pochissimo tempo dopo le pacche sulla spalla di Donald a Putin e ad Assad, Netaniahu strepiti che Assad debba andarsene (con Assad sempre lì, una spartizione favorevole al Grande Israele e un’annientamento dei palestinesi diventano problema) e che, all’istante, si verifichi il pretesto, con l’inaccettabile strage al Sarin, per farla finita con lo Stato-nazione sovrano Siria, odioso residuo laico panarabo. E con Assad che, tutti lo sanno, ne è la riconosciuta bandiera?

Frantumare la Siria con o senza Assad. Questo è il problema.
Trump pensava a un’altra soluzione, ad aggirare sabbie mobili tipo Afghanistan dove, da 16 anni, a parte l’oppio, non si cava un ragno dal buco. Ci aveva già pensato Obama, ma c’era andato piano e senza pensare di lasciare in piedi e in vita Assad. Trattavasi di liberarsi del fardello, moralmente oltreché politicamente oneroso, del terrorismo tagliagole, rimediare una bella figura accettando di combatterlo assieme ai russi e sostituire al mercenariato islamista quello dei curdi, altrettanto spacca-Siria e spacca-Iraq. I colpi micidiali di San Pietroburgo e di Idlib ci dicono che questa strategia, pur corrispondente ai piani israelo-americani di frantumazione degli Stati arabi formulati decenni fa, non va bene se contempla la sopravvivenza di Assad e quindi anche di un solo pezzo di Siria viva, sovrana, antimperialista, antisionista.  Rimane il grosso punto interrogativo: ma è Trump che decide, o decidono quelli che lo schiaffano davanti ai fatti compiuti?E i russi? Spartizione pro bono pacis?
Restano alcune domande da fare ai russi. Drammatiche. Nell’ultima conferenza stampa a Mosca, il ministro degli esteri Lavrov, rispondendo a un cronista che gli chiedeva dell’intervento Usa a fianco dei curdi in direzione Raqqa e di come queste forze avessero bloccato l’avanzata dell’esercito siriano verso quella città, non rispondeva. Si augurava piuttosto “un migliore coordinamento tra americani e russi nella lotta al terrorismo”. Ma Lavrov, i terroristi in Siria, quelli che fanno da carne da cannone alle potenze siricide, sono essenzialmente i curdi. Alla stessa maniera con cui lo erano e lo sono i curdi dell’Iraq, tanto più prossimi all’indipendenza vaticinata dalla “comunità internazionale” (Nato-Israele), quanto più le truppe irachene, riprendendo Mosul, lavorano alla ricomposizione unitaria dell’Iraq (per sventare la quale arrivano anche sempre nuove troppe Usa).

Quanto ai vecchi surrogati, resteranno quelli fatti passare per moderati, FSA e Al Nusra, utilizzati dai turchi per il controllo della fascia di Siria conquistata. Il califfato, già in fuga da Mosul, dovrà sloggiare anche da Raqqa. I curdi dell’YPG hanno già fatto buona pratica con brutali pulizie etniche in altri territori arabi occupati, con il concorso delle bombe e delle forze speciali Usa. A Raqqa, capitale del Kurdistan, cioè del primo arto staccato dal corpo della Siria, si installerà un presidio curdo sotto bandiera Usa, prima governo “autonomo” e poi “indipendente”. Alla faccia dell’ONU. E con la sua criminale benedizione. Le frattaglie arabe, assire e turcomanne che, nelle cosiddette Forze Democratiche Siriane, fungono da cosmetico interetnico, vedranno monetizzata la perdita della propria nazione e identità. Quando, con protervia senza limiti, americani invasori e mercenari quinta colonna curdi si sono impadroniti della strada tra Aleppo e Raqqa, bloccando l’avanzata siriana, non si capiva che era in gioco buona parte del destino della Siria? Non si doveva prevenire e, semmai, intervenire, con tutti i mezzi? Magari paracadutando forze a sbaragliare il perfido progetto?

Fidarsi è bene….
Al Nord i turchi, tanto amici dei russi da aver divorato un pezzo di territorio del loro principale alleato, dall’averne definito il capo “assassino da eliminare” e dall’aver con ogni probabilità avuto una manina nei fatti di Idlib, presidiano l’altro segmento autonomo, quello neo-ottomano, che non risponderà mai più a Damasco. Che dicono i russi a Erdogan? A sudovest, dal Golan incombono gli sponsor israeliani che, facendo perno sulla tuttora non pacificata area sunnita, dai piedi delle alture, attraverso Deraa fino al confine giordano, pensano di creare le condizioni per un’altra regione “autonoma”. Lo spezzatino siriano ha cominciato a cuocere. I compromessi al ribasso sono sempre perdenti. Lo dimostrano con tragica evidenza le incompiute esperienze rivoluzionarie in America Latina. Che dicono i russi a Israele?

E allora, Putin, che vogliamo fare? Insistere a sognare una guerra comune con gli Usa, padrini del terrorismo, contro il terrorismo? Continuare a corteggiare i curdi, che, lingua in bocca con gli americani, salivano pensando alla distruzione della Siria? Sacrificare la nazione unita e sovrana siriana all’attenuazione della russofobia verbale e militare e a un Assad degradato da presidente della nazione a capo-protettorato, tipo Barzani in Iraq? Credete che Assad, che i siriani, accetteranno? Puntare su un do ut des tra Ucraina, Iran e Medioriente? Tenersi buoni questi turchi, questi israeliani, pronti a qualsiasi nequizia contro di te? Considerare la stabilità geopolitica prevalente su ogni principio di diritto e di morale? Aspettare Trump? Mi sa che avrebbe migliore esito aspettare Godot.
 

ARMES CHIMIQUES EN SYRIE : LES EXPLICATIONS DE LA RUSSIE SUR LE BOMBARDENT A IDLIB

# SYRIA COMMITTEES/
SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/ 
КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 04 05/
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Le porte-parole du ministère russe de la Défense a déclaré que « l’aviation syrienne avait détruit près de Khan Cheikhoun, un entrepôt où les terroristes avaient stocké des armes chimiques destinées à être livrées en Irak ».
DERRIERE LA FAUSSE INFO UNE FOIS DE PLUS L’OFFICINE DE DESINFORMATION BRITANNIQUE BASEE A LONDRES ET DITE « OSDH » (SIC) !
La soi-disant « communauté internationale » autoproclamée accuse Damas « d’avoir utilisé des armes chimiques pour frapper le village de Khan Cheikhoun », tuant 72 personnes selon le controversé Observatoire syrien des droits de l’homme (OSDH). En fait une office de désinformation contrôlée par les services secrets britanniques, basée à Londres, et constituée d’un unique militant des Frères musulmans salafistes ! 
LA REPONSE DE MOSCOU
Face à ces accusations, la Défense russe s’est dite « prête à présenter des preuves irréfutables que l’aviation syrienne avait en réalité visé un entrepôt où les terroristes stockaient des matériaux chimiques ».
« D’après les données du contrôle russe de l’espace aérien en Syrie, le 4 avril de 11h30 à 12h30 [heure locale], l’aviation syrienne a frappé un entrepôt d’armes chimiques et d’équipement militaire des terroristes, situé dans l’est du village de Khan Cheikhoun contrôlé par les terroristes », a déclaré le porte-parole de la Défense russe, Igor Konachenkov. « Dans cet entrepôt se trouvaient des ateliers pour la production de bombes chargées d’explosifs toxiques. Depuis ce grand atelier, les terroristes envoyaient des munitions contenant des substances chimiques en Irak. Leur utilisation a été prouvée maintes fois par les organisations internationales, ainsi que par les autorités irakiennes », a-t-il poursuivi. Ces mêmes munitions chimiques avaient été utilisées par des terroristes lors de l’attaque chimique d’Alep en 2016, a fait savoir le porte-parole de la Défense russe, qui avait participé à l’enquête de l’année dernière. 
Le 4 avril, l’OSDH a annoncé « qu’au moins 58 personnes, dont onze enfants, avaient été tuées dans la province d’Idlib lors de frappes aériennes. Dans la matinée du 5 avril, le bilan s’est alourdi à 72 personnes. Témoins et médecins déclarent avoir vu de l’écume sortir de la bouche des victimes, caractéristique d’une intoxication chimique ». Le communiqué russe confirme que « ces civils ont été victimes des mêmes symptômes que ceux observés après l’attaque chimique (ndlr : djihadiste) d’Alep ».
DAMAS COUPABLE ?
Les groupes terroristes et certains médias occidentaux ont immédiatement (et selon des éléments de langage unisques) accusé Bachar al-Assad « d’être responsable de ces morts » ! Damas réfute toute utilisation d’armes toxiques. Le gouvernement syrien précise que ces déclarations concernant les frappes opérées dans la province d’Idlib font partie d’« une campagne de propagande des terroristes contre l’armée syrienne ». 
Bien que l’armée syrienne ait livré en 2014 tous ses stocks d’armes chimiques à la Russie, cependant, l’agence britannique Reuters avait accusé l’armée russe et syrienne, en se basant sur les SEULES déclarations de l’officine OSDH basée à Londres : « des avions appartenant à la Russie ou au gouvernement syrien ont largué des munitions chimiques sur le village de Khan Cheikhoun dans la province d’Idlib », écrivait l’agence.
LA RUSSIE VA POURSUIVRE SON SOUTIEN MILITAIRE A DAMAS
Par ailleurs, le porte-parole du Kremlin, Dmitri Peskov qui a été interrogé sur un éventuel « changement de politique vis-à-vis de la Syrie après l’attaque chimique » présumée menée près de Khan Cheikhoun, dans la province d’Idlib, a déclaré que « la Russie continuerait à soutenir l’armée syrienne dans son action antiterroriste ». S’appuyant sur les premières conclusions de l’armée russe, qui considère que « la contamination peut avoir pour origine le bombardement d’un entrepôt d’armes des terroristes contenant un arsenal chimique », Dmitri Peskov a ainsi assuré que la « Russie poursuivrait sa coopération avec la Syrie ».
Il a par ailleurs précisé que « telle serait la position que défendrait le représentant russe à l’ONU lors de la réunion d’urgence du Conseil de sécurité ce 5 avril ». Plus tôt dans la journée, le ministère de la Défense russe avait en effet déjà annoncé que « la Russie soutiendrait le gouvernement syrien à l’ONU et défendrait la version des faits selon laquelle l’aviation syrienne ignorait la présence d’armes chimiques dans l’entrepôt visé ».
Plusieurs voix notent que « l’attaque chimique présumée a eu lieu à la veille d’une conférence très importante à Bruxelles entre l’ONU et l’Union européenne, dans un contexte par ailleurs favorable au gouvernement syrien, tant à l’intérieur du pays que sur la scène internationale. Pour certains analystes, l’armée syrienne n’avait aucun intérêt stratégique ou politique à conduire une telle attaque à cet endroit ».
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SOI-DISANT ‘ATTAQUE CHIMIQUE DE DAMAS’ : LES OCCIDENTAUX REJOUENT UN SCENARIO CARBONISE ALORS QUE TOUT LE MONDE SAIT QUE LES DJIHADISTES SONT LES COUPABLES !

 

SYRIA COMMITTEES/ COMITES SYRIE/

КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 04 05/

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Selon une source proche de l’armée syrienne, « seul le Front Al Nosra, groupe terroriste takfiriste qui occupe la ville d’Idlib, possède des armes chimiques alors que l’armée syrienne n’en possède plus depuis 2012 ».

À peine 24 heures après l’attaque contre le métro de Saint-Pétersbourg en Russie, une vaste campagne d’intoxication a été lancée mardi 4 avril contre le gouvernement syrien, accusé par les médias occidentaux d’avoir gazé “des habitants d’Idlib”. Et la coïncidence avec la frappe terroriste en Russie n’est sans doute pas un hasard !

NOUVELLE CAMPAGNE ANTI-ASSAD :

POURQUOI CE SCENARIO OCCIDENTAL EST CARBONISE ?

À en croire ces médias de l’OTAN, « le raid aérien “perpétré” contre la ville de Khan Cheikhoun a provoqué la mort de 64 personnes et 200 hospitalisés en raison des séquelles dues à l’inhalation de gaz toxique ».

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Cette nouvelle campagne anti-Assad est lancée alors que Damas a détruit en 2014 tous ces arsenaux chimiques sous l’égide de l’ONU et le processus a été confirmé par les inspecteurs de l’Organisation pour l’interdiction des armes chimiques (OIAC). Certains analystes voient à travers ce nouveau coup de théâtre une tentative destinée à justifier une intervention militaire directe contre le gouvernement Assad. La Russie aussi a été montrée du doigt par l’Occident, manière de faire pression sur Poutine pour qu’il lâche son allié syrien.

Interrogée par les médias russes, l’armée syrienne affirme « n’utiliser aucune arme chimique contre Idlib car il n’est pas du tout logique qu’une armée se batte contre les terroristes pour libérer une localité et qu’elle en tue les habitants ». « La seule partie qui dispose de ce genre d’armement est bien le Front al-Nosra et c’est d’ailleurs ce groupe terroriste qui en a usé par le passé contre les civils », a-t-elle précisé. La source militaire syrienne a ajouté: « N’oublions pas non plus des fuites qui mettaient il y a quelques temps en cause le rôle des services de renseignement occidentaux dans des attaques chimiques en Syrie, attaques qui ont déjà provoqué des dizaines de morts et de blessés par suffocation ». « Depuis 2012 et la disparition des armes dans les arsenaux chimiques syriens et leur transfert dans des pays voisins et sponsors des terroristes, l’armée syrienne a renoncé à en avoir », a-t-elle ajouté.

DÉJÀ EN 2012-2013 DES ENQUETES DENONCAIENT LE ROLE DU JABAAT AL-NOSRA ET DE SON MENTOR QATARI …

Des enquêtes menées en 2013 avaient révélé le rôle trouble joué par le Qatar dans la planification de ces attaques qui ont essentiellement visé Homs, Alep et la banlieue de Damas. À l’époque, les États-Unis et leurs alliés qataris et turcs avaient l’intention de faire condamner le gouvernement syrien au Conseil de sécurité et de préparer le terrain à des frappes aériennes directes contre le siège du gouvernement et la capitale. Mais l’opposition chinoise et russe leur a barré la route.

Photo : capture d’écran de PRESS TV qui avait enquêté en Irak et en Syrie en 2012-2013 et diffusé les preuves des armes chimiques djihadistes (ici celles de Daech) …

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OCCUPATION AMERICAINE DE LA SYRIE : LES USA RENFORCENT LEUR PRESENCE MILITAIRE A KOBANE

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КОМИТЕТЫ СИРИИ/ 2017 04 05/
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L’armée américaine a annoncé avoir développé ” sa base aérienne” située près de la ville de Kobané dans le nord de la Syrie et ce, en vue “d’accélérer les opérations de libération de Raqqa”.
SOUS PRETEXTE DE « COMBATTRE DAECH » 
LES USA OCCUPENT LA SYRIE … SANS L’ACCORD DE DAMAS
La base aérienne en question est située près de 90 miles du nord de la ville de Raqqa, capitale autoproclamée de Daech. ” L’importance que revêt la base de Kobané est indescriptible car c’est un site inaccessible à l’ennemi mais proche du lieu des combats. Son importance est identique à celle de l’aéroport d'”Al Ghiyara” en Irak, site d’où décollent nos chasseurs pour mener des opérations à Mossoul”, a dit le général John Thomas, Porte-parole du CentCom. La base de Kobané, suivant les nouveaux plans de Washington en Syrie, devrait servir de base-arrière aux troupes et aux équipements de l’armée US “prompte à lancer sa bataille contre Raqqa”.
L’armée d’occupation US s’est emparée, il y a quelques jours de l’aéroport militaire de Tabqa dans la périphérie de Raqqa, là aussi pour déployer leurs forces spéciales et leurs armes et munitions et toujours sous prétexte de vouloir bouter Daech hors de Raqqa. Toutefois, une toute dernière information fait état de désertions massives des terroristes de Daech de Raqqa avant même que la bataille US ne soit lancée. La source américaine confirme la présence des dizaines de “techniciens, de forces de sécurité, d’effectifs de renseignement” sur la base de Kobané et ce, pour permettre l’atterrissage d’avions de combat et de troupes supplémentaires.
LES BUTS DES USA (POUR LES IDIOTS QUI CROIAIENT QUE « LES CHOSES ALLAIENT CHANGER AVEC TRUMP ») :
DEMEMBRER L’ETAT SYRIEN ET S’EMPARER DU PETROLE SYRIEN !
Selon des fuites, les États-Unis entendent faire de l’aéroport de Tabqa leur plus grande base militaire dans le Moyen-Orient et ainsi que l’annoncent leurs alliés kurdes “d’y rester pendant de nombreuses années”. Le plan américain vise aussi à provoquer un démembrement de la Syrie en faisant de Raqqa, un Etat au sein de l’Etat syrien. Raqqa est limitrophe de la province pétrolifère de Deir ez-Zor également convoitée par les Américains.
Bref la continuité du « Plan américain » pour la Syrie :
Bush II (et son Grand Moyen Orient) – Obama (et son « printemps arabe) – Trump (et sa « guerre à Daech ») …
LM / SYRIA COMMITTEES WEBSITE

LUC MICHEL: AFRICAIN LES BIENS DITS ‘MAL ACQUIS’ ARMES DANS LA GUERRE GEOPOLITIQUE POUR LA CAPTATION DU PETROLE

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ 

Ce mardi mercredi 5 avril 2017

Dans LIGNE ROUGE

la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !

Présentée par Falone Tchounya

Captureukiuk

Thème de l’émission de ce jour :

« BIENS MAL ACQUIS. POURQUOI LA PRESION DE PARIS SUR LES FAMILLES SASSOU NGUESSO, OBIANG NGUEMA, PAUL BIYA ET ALI BONGO ET PERE »

En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse globalement le dossier des Affaires dites « des biens mal acquis » …

LES BIENS DITS « MAL ACQUIS » ARMES DE DESTABILISATION MASSIVE DANS LA GUERRE GEOPOLITIQUE AMERICANO-OCCIDENTALE POUR CONTROLER LE PETROLE AFRICAIN ET EXPULSER LES CHINOIS D’AFRIQUE !

Le géopoliticien, qui est aussi un militant panafricaniste et dirige l’organisation transnationale PANAFRICOM (1), « néopanafricaniste » (2), répondra aux questions :

* Nous revenons à nouveau sur les affaires dites « des biens mal acquis ». Pourquoi cet acharnement contre les familles des présidents visés ?

* Vous dites que le pétrole est au centre des affaires « dites des bien mal acquis ». Qu’est-ce qui appuie votre thèse ?

* Vous affirmez que les « biens dits mal acquis » sont une arme dans la guerre pour s’emparer du pétrole africain. Une guerre géopolitique entre notamment les USA et la Chine et qui a déclenché le mouvement de recolonisation de l’Afrique et le soi-disant « printemps africain » ?

* Pourquoi le Gabon, le Congo Brazzaville et la Guinée Equatoriale ont-ils été ciblés dans cette affaire dite « des biens mal acquis » ? Y a-t-il un point commun entre eux au-delà de leurs sous-sols riches en hydrocarbures ?

(1) Sur PANAFRICOM :

* Découvrir la WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir la Page Officielle Panafricom/

@panafricom https://www.facebook.com/panafricom/

(2) Sur le NEOPANAFRICANISME :

* Aborder l’Idéologie panafricaniste/

Voir la Page Panafricom II – Néopanafricanisme

@Panafricom2 https://www.facebook.com/Panafricom2/

EODE-TV / EODE PRESS OFFICE

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SUR AFRIQUE MEDIA/

LUC MICHEL DANS ‘LIGNE ROUGE’

LA GRANDE EMISSION DU MATIN

Ce mercredi matin 5 avril 2017

de 05h30 GMT à 08h GMT

(Malabo-Ndjaména-Douala de 6h30 à 9h

et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)

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AFRIQUE MEDIA

* en STREAMING sur http://lb.streamakaci.com/afm

* sur SATELLITE sur http://www.lyngsat.com/Eutelsat-9B.html

* WebTV sur http://www.afriquemedia-webtv.org

La sinistra per prima dovrebbe avversare l’immigrazione. La natura prova la pericolosità delle contaminazioni

profughi avellinoMassimo Pacilio è il presidente del comitato per la difesa del paesaggio che ha diffuso il manifesto nel quale si denuncia che “Avellino non può continuare ad ospitare occupanti stranieri spacciandoli per profughi”. Il gruppo, costituitosi nel febbraio 2017, «si fonda su un’antica amicizia tra i suoi fondatori e intende allargarsi a tutti quanti si riconoscono nelle tesi che esprimiamo. Noi siamo per le differenze che vogliamo difendere, mentre l’attuale spostamento delle popolazioni africane in Europa mina sia noi che loro»
Da qualche giorno nel Capoluogo è comparso un nuovo manifesto di protesta nel quale si denuncia che “Avellino non può continuare ad ospitare occupanti stranieri spacciandoli per profughi”. La firma in calce è quella del comitato di difesa del paesaggio “Il Banditore”. Quello de “Il Banditore” è un gruppo che preconizza una sorta di ecologia antropologica in ragione della quale esiste una strettissima correlazione tra uomo e paesaggio, una sorta di determinismo ambientale in ragione del quale il territorio plasma le comunità. Da qui discende una quasi sacralità dei confini, la cui violazione può minacciare la sopravvivenza stessa delle comunità.
 
Abbiamo cercato di indagare e di capire dove e come nasca questo gruppo e dove attinga gli argomenti a sostegno delle proprie idee. A risponderci è stato il presidente del comitato: Massimo Pacilio.
Massimo Pacilio quando nasce il comitato “Il Banditore” e in quanti vi hanno aderito? Qual è il profilo di difensore del paesaggio contro lo snaturamento prodotto da un mondo di mescolanze?
«Il gruppo si forma da un’antica amicizia e dalla decisione di convergere attivamente su alcuni temi. Si è costituito formalmente solo nel febbraio di quest’anno, a partire da un ristretto numero di fondatori, per arrivare ad una ventina di persone che cooperano al fine di raggiungere gli scopi che si è prefissata l’associazione, che intendiamo allargare a coloro che si riconoscono nelle tesi che esprimiamo. A tenere insieme esistenze e prospettive differenti è una comune idea di paesaggio, che non è concepito come una semplice scenografia teatrale, davanti alla quale si muovono i personaggi della moderna commedia umana, ma è inteso come un vivo organismo di cui l’uomo è parte integrante. Noi siamo per le diversità e perciò vogliamo preservarle. In Europa c’è una grandissima diversità genetica, culturale, linguistica, ma è una diversità che va difesa. Così come va difesa la diversità di ogni gruppo umano, di ogni razza, da tutte le possibili contaminazioni. L’attuale spostamento delle popolazioni africane in Europa porterà alla fine della nostra diversità, ma anche della loro».
Spieghiamo a chi legge in che modo il paesaggio determina la fisionomia di chi lo abita e come immaginate di tutelare questo legame, fondato sul concetto di sacralità della terra su cui è insediato un dato gruppo umano
«La nostra visione è legata a un modo di pensare l’ecologia sempre più presente nella ricerca scientifica, in particolar modo in quella che fa parte dell’area della conservazione biologica. Le scienze naturali e biologiche non sono più considerate al pari di compartimenti stagni, ma si fa strada sempre più l’idea che debba esistere una visione organica del paesaggio e delle comunità selvatiche (flora e fauna) e antropiche. Dobbiamo riacquisire questo senso di appartenenza a una comunità, riconoscendo che ognuna è fondata sulle proprie consuetudini, sui propri luoghi, sulle proprie radici e sul paesaggio che le è conforme e che nei secoli ha plasmato. Da questa prospettiva, ogni squilibrio nel paesaggio esteriore provoca uno squilibrio anche in quello interiore, quindi nel paesaggio della comunità. A nostro avviso è necessario preservare tanto l’ambiente, evitando le contaminazioni artificiali (trivellazioni, eolico selvaggio, gestione criminale dello smaltimento dei rifiuti industriali e domestici), quanto il tipo umano che popola la nostra provincia. È questo che abbiamo intenzione di lasciare ai nostri figli. L’ambiente in cui viviamo reca la nostra effigie: occorre quindi, innanzitutto, incominciare a considerare l’ambiente non separato dalla popolazione che vi è radicata, ma che tutto sia parte di una unità organica. Le popolazioni acquisiscono la loro forma e la loro fisionomia in un contesto ambientale a loro corrispondente e conforme».
Che cos’è l’approccio olistico dell’ecologia del paesaggio e cosa vuol dire sommersione genetica?
«Le popolazioni straniere che arrivano in Irpinia sono portatrici di un equilibrio organico e genetico acquisito nelle loro terre: questo equilibrio le lega ai loro luoghi d’origine. La ‘sommersione genetica’ riguarda un aspetto strettamente genetico, studiato in molte specie della flora e della fauna. Come specie umana, non possiamo pensare di essere distanti da questo mondo soltanto perché abbiamo invaso ogni ecosistema, spesso arrecando danni irreversibili. Da un punto di vista biologico, ciò che sta avvenendo in Europa – e in maniera più evidente in Italia – può essere descritto, nell’ambito della cosiddetta genetic pollution, come una immissione incontrollata di geni esogeni provenienti da popolazioni non indigene in un territorio in cui la popolazione locale è in forte decremento per cause endogene (calo delle aspettative di vita e peggioramento delle condizioni di salute). La sommersione genetica, anche se in tempi lunghi, origina una serie di modifiche irreversibili nel pool genico di una popolazione e nei suoi gruppi etnici. Se vogliamo conservare il nostro equilibrio organico dobbiamo tenere nella giusta considerazione questo aspetto, altrimenti andremo incontro a un ulteriore sradicamento e deformazione della nostra natura, fino alla definitiva sparizione».
Quali sono i riferimenti ideali sui quali si fonda il vostro pensiero e la visione del mondo sintetizzata nella vostra lettura del rapporto tra limiti e territorialità?
«Ribadisco: occorre ritornare a una ecologia del paesaggio in cui ogni contesto naturale è studiato come un mosaico ambientale. Tornare alla natura dei nostri paesaggi significa tornare a valorizzare i margini di questi mosaici e comprendere che, se la natura ha posto dei limiti e generato ecosistemi diversi nelle tessere di questi mosaici, vuol dire che le differenze in questi ambienti vanno costantemente conservate. I limiti hanno un ruolo strutturale, termodinamico e organico: non possiamo pensare di eliminarli solo per motivi economici o finanziari, o addirittura per miopi interessi elettorali. Occorre cercare altre soluzioni e il prima possibile. Per questo motivo abbiamo ritenuto che fosse indispensabile attivarsi e agire per pensare a delle alternative. Che senso può avere esaltare la nostra tradizione enogastronomica, i nostri borghi, quando poi, in futuro, questi stessi paesi, patrimonio di valore inestimabile, potrebbero essere occupati da persone provenienti da altri continenti? Tuttavia, oggi si fatica a cogliere la forte contraddizione in termini di una politica che da un lato pretende di valorizzare i territori, ma dall’altro ne prepara il definitivo sfiguramento».
Comprenderete che simili teorizzazioni hanno sollevato non poche perplessità in una opinione pubblica che ha rintracciato nel vostro linguaggio e nelle vostre posizioni l’eco storica dell’estremismo della destra xenofoba. Come rispondete?
«Comprendo che vi sono dei formidabili meccanismi di reazione in questa società sedata dagli innumerevoli bisogni indotti. Reazioni pavloviane ad alcune “parole-chiave”, le stesse che – mi permetta di dirlo – hanno provocato anche in Lei la necessità di inquadrare il problema dei flussi di “profughi” – che a noi appare come una vera e propria occupazione del territorio – in una precisa cornice ideologica. Si badi: una politica di avversione all’immigrazione in generale non può che essere di sinistra, e non mi riferisco soltanto alla ben nota posizione che il Pci ebbe nei confronti dei profughi istriani, ma alla consapevolezza che i comunisti occidentali ebbero di fronte al fatto che gli immigrati sarebbero stati non solo i diretti concorrenti delle classi operaie, ma avrebbero – in ciò seguendo l’ortodossia marxiana – generato un costante abbassamento del costo del lavoro, con l’inevitabile perdita – proprio come sta avvenendo ora in Italia – dei diritti acquisiti. Da qualche lustro, ormai, a sinistra non se ne indovina una e, nonostante i luoghi comuni ostentati quotidianamente, proprio da questa parte politica dovrebbero finalmente provenire una seria riflessione e una ferma opposizione al fenomeno migratorio in atto – facilmente decifrabile come l’ennesima predazione delle risorse africane – non dagli epigoni dei cantori di “Faccetta nera”».
di Massimo Pacilio – 25/03/2017  Fonte: orticalab