La nazione Ue con più poveri è l’Italia. Più di 10 milioni

poveri panchina

L’incredibile Renzi: «Grazie a noi gli italiani vivono meglio di prima»

ma questo non è un dato che preoccupa GLI STRILLONI SOLIDALI che guadagnano dalla tratta dei poveri da altre nazioni. NESSUNO DI QUESTI SIGNORI CHE CHIEDA L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE SULL’OBBLIGO DELLO STATO DI GARANTIRE UNA VITA DIGNITOSA.

NO. Nessuna manifestazione.Ah giusto, se la scelgono questa vita di stenti. Si ringrazia coloro che si spacciano come tutori degli ultimi, il vostro impegno si è visto.

La nazione Ue con più poveri è l’Italia. Più di 10 milioni

La classifica Eurostat vede l’Italia davanti a Romania e Francia. Sono considerate indigenti le persone che non si possono permettere almeno cinque cose necessarie per una vita dignitosa, come un pasto proteico ogni due giorni, abiti decorosi, due paia di scarpe, una settimana di vacanze all’anno, una connessione a internet. I poveri assoluti nella Penisola sono triplicati in 10 anni
L’Italia è il Paese europeo in cui vivono più poveri. Sono 10,5 milioni, su un totale a livello Ue di 75 milioni, i cittadini che hanno – per esempio – difficoltà a fare un pasto proteico ogni due giorni, sostenere spese impreviste, riscaldare a sufficienza la casa, pagare in tempo l’affitto e comprarsi un paio di scarpe per stagione e abiti decorosi.
Gli italiani in questa condizione rappresentano il 14% del totale europeo e sono più dei 9,8 milioni di abitanti della Romania nella stessa situazione, anche se in termini percentuali la Penisola è undicesima tra i 28 Stati membri con un 17,2% di indigenti sul totale.
A rendere ufficiale la classifica è stata l’Eurostat, secondo cui dietro Roma e Bucarest c’è Parigi: i francesi in stato di deprivazione sociale sono 8,4 milioni. Il poco invidiabile primato non stupisce se si pensa che, stando ai dati Istat, negli ultimi dieci anni i “poveri assoluti” – chi non è in grado di acquistare nemmeno beni e servizi essenziali – sono triplicati.
Nel 2006 erano 1,66 milioni, l’anno scorso l’istituto di statistica ne ha contati 4,7 milioni. Tra cui 1,3 milioni di bambini.
Gli indicatori Ue: possibilità di fare un pasto proteico, possesso di due paia di scarpe – La cifra diffusa martedì dall’istituto europeo è più del doppio rispetto a quella relativa ai poveri assoluti perché la visuale si allarga a tutti i residenti “in stato di deprivazione”. Sono considerate tali le persone che non si possono permettere almeno cinque cose ritenute necessarie, come un pasto proteico ogni due giorni, vestiti nuovi per sostituire quelli inutilizzabili, un’auto, due paia di scarpe, una settimana di vacanze all’anno, una connessione a internet, un‘uscita al mese con gli amici.
 
Se invece dei numeri assoluti si guardano le percentuali, la classifica cambia. I Paesi europei con le maggiori quote di cittadini deprivati sono Romania, con il 49,7%, Bulgaria (48%), Grecia (36%), Ungheria (32%) e Lituania (29%). I Paesi nordici sono quelli che stanno meglio. La percentuale di indigenti sulla popolazione è solo del 3% in Svezia, del 4% in Finlandia e del 5% in Lussemburgo e del 6% in Danimarca. In tutta la Ue la deprivazione colpisce di più le persone con livelli di istruzione bassi. Il 25% dei cittadini con bassi livelli di istruzione ne soffre, mentre il tasso è solo del 14% tra chi ha un’istruzione secondaria e del 5% per i laureati.
Povertà triplicata in dieci anni – La povertà in Italia è aumentata esponenzialmente dopo la crisi finanziaria: tra 2007 e 2008 i poveri assoluti sono saliti di 400mila unità, a 2,1 milioni, e i poveri relativi sono aumentati altrettanto, a 6,5 milioni. Di lì al 2012 l’incremento è stato lento e costante: i poveri assoluti sono diventati 2,3 milioni nel 2009, 2,47 milioni nel 2010, 2,65 nel 2011, addirittura 3,5 nel 2012 (la crisi ha iniziato a falcidiare i posti di lavoro), 4,4 nel 2013.
L’incidenza della povertà assoluta sulla popolazione italiana è passata di conseguenza dal 2,9% del 2006 al 7,9% del 2016.
Nel frattempo, sempre stando ai dati Istat, ben 18 milioni di italiani si sono ritrovati “a rischio povertà o esclusione”.
Si tratta del 30% della popolazione, in salita rispetto al 2015 mentre a livello Ue la percentuale è diminuita dal 23,8 al 23,5%. È l’effetto, secondo l’istituto di statistica, di un aumento della disuguaglianza: il quinto più ricco della popolazione ha visto crescere i propri redditi molto più di quelli della parte più povera.
 
Il rischio povertà in Italia è “molto superiore”, ha segnalato l’Istat, “a quelli registrati in Francia (18,2%), Germania (19,7%) e Gran Bretagna (22,2%) e di poco più alto rispetto a quello della Spagna (27,9%)”.
Dicembre 17 2017 Foto di WerbeFabrik / Fonte: ilfattoquotidiano.it

Macron: non confondere i rifugiati con i migranti per motivi economici

AFRICA italia bigliettigli altri paesi possono respingere a piacimento, senza essere considerati razzisti, chissà cosa c’è in Italia che invece IMPONE il traffico di esseri umani pena la persecuzione per reato di opinione.

Macron: non confondere i rifugiati con i migranti per motivi economici
Il presidente della Francia, Emmanuel Macron, ha ripetuto oggi in parlamento che coloro che emigrano per motivi economici non andrebbero confusi con i rifugiati.
“Dobbiamo condurre in modo coordinato a livello europeo un’azione umana ed efficace che ci permetta di ricevere i rifugiati politici, senza far confusione con gli altri tipi di migranti e senza abbandonare l’indispensabile mantenimento delle nostre barriere”, ha detto Macron. 
Non possiamo continuare a dire che siamo legati al principio dell’asilo, se non lo riformiamo profondamente”, ha continuato Macron, perché ora non “permette un trattamento umano e giusto delle domande di protezione” presentate dalle persone “minacciate da guerra e persecuzioni”.
Onu: in aumento migranti dalla Libia
L’Onu non prevede un calo del flusso misto di migranti e rifugiati che giungono in Europa via mare: “Le indicazioni di cui disponiamo non denotano un rallentamento degli arrivi in Libia, il che significa che un più ampio numero di persone potrebbe continuare a provare di lasciare il paese tramite la rotta del Mediterraneo centrale”.
 
Lo ha detto l’inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel, ricordando che dall’inizio dell’anno 84.830 migranti e rifugiati sono giunti in Italia via mare con un aumento del 19% rispetto all’anno scorso.
 
Migranti, vertici in programma
Previsti, dopo il vertice di Parigi di ieri, un dibattito in plenaria al Parlamento europeo in programma mercoledì a Strasburgo con i presidenti di Commissione e Consiglio europeo Juncker e Tusk; e, giovedì e venerdì il Consiglio Affari Interni a Tallin, in Estonia. 03 luglio 2017

Migranti, ecco perchè li portano tutti in Italia. Un patto segreto, o altro?

bonino sbarchi Italiatutte fantasie, è un caso.

 
Secondo leggi sul Diritto del Mare i migranti prelevati nelle acque internazionali possono chiedere asilo politico direttamente nello Stato di bandiera della nave, chiederlo quindi al del capitano in mare che ne è il rappresentante giuridico, quindi essere portati nel paese di bandiera dove attendere la conclusione dell’iter amministrativo della richiesta. Poco nota è la vicenda della nave militare spagnola Rio Segura. Perchè una nave di stanza nel porto di Las Palmas nelle Canarie, isole spagnole nell’Oceano Atlantico, sbarchi a Salerno 1.281 immigrati il 29 giugno scorso?
L’ex Ministro degli Esteri Emma Bonino ha chiarito: l’Italia nel 2014 ha chiesto acchè  “tutti i migranti” raccolti nell’ambito della missione europea Triton, fossero sbarcati in Italia, spiegando quindi la ragione per cui sia le navi militari europee sia le navi Ong facessero da traghetto dalle coste libiche a quelle italiane. A quanto pare deliberatamente prelevano ovunque e sanno già dove dirigere per consegnare il pacco. Non mi meraviglierei semmai dovesse uscire la notizia che questi navigli facciano proventi con il traffico di essere umani.
 
Facendo i controlli sulla nave Rio Segura della Guardia Civil spagnola tramite i siti web specializzati www.marinetraffic.com e www.vesselfinder.com risulta che la Rio Segura ha base nel porto di Las Palmas nelle Isole Canarie, territorio spagnolo in Oceano Atlantico di fronte alle coste dell’Africa occidentale. La Rio Segura si muove sistematicamente con il sistema di identificazione AIS spento e quindi impossibile tracciarne i percorsi, ma i dati storici che ci sono del solo 2016 sono eloquenti: il 6 ottobre del 2016 ha sbarcato a Cagliari ben 1258 migranti.
Le Isole Canarie sono uno dei punti di approdo dei flussi migratori dall’Africa sub-sahariana che così evitano la traversata del Sahara. I dati storici partono dal 1999 (875 sbarchi) al 2007 (12.478 sbarchi) con la punta massima nel 2006 (31.678 sbarchi).
 La Spagna ha siglato accordi di riammissione con vari Paesi dell’Africa occidentale, in cui si prevede il rimpatrio degli immigrati sbarcati irregolarmente. Come conseguenza è salito il numero di minori non accompagnati arrivati sull’arcipelago, di solito protetti dalla Convenzione per i diritti del fanciullo. E la Rio Segura sbarca 256 minori, 13 neonati e 11 donne incinte a Salerno, e 258 minori a Cagliari. A questo punto sarebbe da capire dove prendono gli immigrati le altre navi militari spagnole, come la Victoria che l’AIS  non lo accende mai.
Insomma niente più che una conferma di quanto detto dalla Bonino e smentito da nessuno: è stato firmato un trattato segreto dove “tutti i migranti” più o meno clandestini devono approdare in Italia, sia dalle navi militari che dalle Ong, sia raccolti davanti alle coste libiche sia dovunque, anche nell’Oceano Atlantico.
Sarebbe interessante conoscere i dettagli del  Trattato Segreto, o la parte non pubblica di Triton per trarne le conseguenze politiche e sicuramente elettorali. Eppure, in maniera bipartisan, lo  sapevano tutti, maggioranza ed opposizione. Solo gli italiani continuano a rimanere allo scuro.
di Emanuela Ricci – 13 LUG
fonte Quotidiano Il Primato Nazionale
foto Il  Messaggero

La Corte dei Conti cita in giudizio 4 dirigenti del Tesoro e Morgan Stanley

monster fedin un paese o mondo normale, sta banca insieme alle altre sarebbe CONDATTA minimo all’annullamento dei debiti, SECONDO ALLA RESTITUZIONE DI TUTTO QUANTO VERSATO.

Sfortunatamente, siamo in una nazione con un governo non eletto CHE LE BANCHE LE SALVA CON I SOLDI DEI CONTRIBUENTI


ROMA (Reuters) – La Corte dei Conti ha deciso di citare in giudizio quattro alti dirigenti del Tesoro e Morgan Stanley ai quali contesta un danno erariale complessivo di 3,9 miliardi di euro per la chiusura e ristrutturazione di derivati sul debito pubblico, riferisce una fonte vicina alla situazione.
“La fase istruttoria è terminata e la Corte dei Conti chiede i danni. La prima udienza è stata fissata per aprile 2018″, ha detto la fonte chiedendo di non essere citata.
 
Il processo dovrebbe concludersi entro il luglio del prossimo anno. L’esito del giudizio può essere impugnato davanti alla sezione di appello della Corte.
Oltre a Morgan Stanley saranno giudicati l’attuale responsabile del debito pubblico Maria Cannata, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e gli ex ministri Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli.
Alla banca americana vengono richiesti 2,7 miliardi di danni, agli altri 1,2 miliardi circa.
In caso di condanna e di mancato pagamento dei danni la Corte può procedere anche al pignoramento di beni.
 
“Esprimiamo piena fiducia nel lavoro svolto dai dirigenti e fiducia che il lavoro della magistratura possa fare chiarezza sugli episodi oggetto di accertamenti”, commenta un portavoce del Tesoro.
 
Morgan Stanley non ha commentato ma ad agosto 2016, quando il caso era emerso, aveva definito le accuse prive di fondamento.
Nessun commento neanche da Siniscalco e Grilli.
 
Tra fine 2011 e inizio 2012 il ministero dell’Economia ha versato alla banca americana circa 3 miliardi in conseguenza di una clausola di “Additional termination event” presente in alcuni contratti. La clausola, secondo la Corte dei Conti, consentiva la conclusione dei contratti a discrezione di Morgan Stanley.
I derivati hanno avuto, tra 2013 e 2016, un impatto negativo sul bilancio pubblico di 24 miliardi: 13,7 sono esborsi netti mentre 10,3 sono riclassificazioni statistiche, quel che Eurostat chiama ‘net incurrence’.
Il Tesoro ha sempre sostenuto di aver utilizzato i derivati come assicurazione contro il rischio di un aumento dei tassi, soprattutto durante gli anni peggiori della crisi finanziaria.
 
Ma, come spiegato dalla procura della Corte dei Conti a febbraio, alcuni dei contratti “evidenziavano profili speculativi che li rendevano inidonei alla finalità di ristrutturazione del debito pubblico – l’unica consentita dalla normativa per operazioni in derivati – non essendo ammissibile per lo Stato, investitore pubblico, assumersi rischi rilevantissimi”.
Mario Monti
Quando Monti bonificò 2 Miliardi e mezzo a Morgan & Stanley
…Nel silenzio assoluto, il governo Monti ha fatto un bel regalo dell’Epifania alla Morgan Stanley: 2 miliardi e 567 milioni di euro sono stati dirottati dalle casse del Tesoro a quelle della banca newyorkese. Il tutto è avvenuto il 3 gennaio scorso (2012), un mese fa, all’insaputa degli organi di informazione italiani, così attenti ai bunga bunga o ai party del premier uscente ma evidentemente poco propensi a occuparsi dell’attuale governo in carica. Sono stati gli stessi vertici della Morgan Stanley ad aver comunicato che l’esposizione verso l’Italia è scesa da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari: una differenza di 3,381 miliardi corrispondenti a 2,567 miliardi di euro, circa un decimo della manovra “salva-Italia” varata dall’esecutivo Monti.
 
Una somma utilizzata dal governo italiano per estinguere una operazione di derivati finanziari, anche se non è chiara la ragione per cui la Morgan Stanley abbia richiesto la “chiusura della posizione”, opzione prevista dopo un certo numero di anni da quasi tutti i contratti sui derivati ma raramente applicata: il motivo più verosimile potrebbe essere il declassamento deciso dall’agenzia di rating Standard & Poor’s. Certo, finché nessuna delle due parti fornirà spiegazioni, si potrà rimanere solo nell’ambito delle ipotesi.
 
La banca newyorkese si è limitata ad annunciare trionfalmente il recupero della somma, il governo italiano non ha fornito alcuna spiegazione e i media non indagano né chiedono alcunché, né sulla gestione delle operazioni in derivati da parte del Tesoro, né sul motivo per il quale tra tanti creditori si sia scelto di onorare il debito proprio con la Morgan Stanley. Il questo modo il governo non è tenuto a spiegare perché abbia optato per il silenzio e la segretezza assoluta anziché ammettere che, mentre venivano stangati i pensionati e non solo, lo Stato provvedeva a rimborsare 2 miliardi e mezzo alla investment bank. Non sarebbe stato il massimo dal punto di vista dell’immagine e della popolarità, ma in fondo è stato lo stesso “Full Monti”, ribattezzato così proprio dalla Morgan Stanley al momento della sua nomina a premier, a dichiarare di non dover soddisfare alcun elettore, in quanto non eletto. E allore perché tace? Ha paura dell’impopolarità? (……………….)
 
Lug 04, 2017 di Giselda Vagnoni  Fonte: Qelsi.it

L’autonomia economica a 38 anni. Tra un decennio a 48. L’inferno che nessuno vuole vedere

0-20070un altro grande successo delle istituzioni europee, anti populiste, quelle giuste, globaliste e progressiste. Poi dicono che tocca importare braccia perché non si fanno figli. Ma le femministe si chiedono perché tante donne abortiscono PERCHE’ NON HANNO I MEZZI per mantenere i figli e quindi sono COSTRETTE non “scelgono” di rinunciare ad un figlio?

E’ un genocidio silenzioso.


La Fondazione Bruno Visentini, istituzionalmente collegata alla Luiss, si occupa di analizzare i problemi economici giuridici di maggiore rilevanza per il nostro sistema di imprese e, più in generale, del sistema socio-economico del Paese. La Fondazione ha presentato oggi un interessantissimo rapporto dal titolo: «Il divario generazionale tra conflitti e solidarietà: generazioni a confronto».

Vi si evince chiaramente una cosa che tutti presentiamo da anni, anche se mai ci viene posta davanti agli occhi nero su bianco. Una cosa che rimuoviamo, altrimenti il nostro Io se ne uscirebbe in frantumi. La rimuoviamo come i traumi, i desideri inappagabili, le più profonde paure.

Questa cosa è che la nostra società, il modo in cui essa è strutturata e in cui vi sono distribuite le risorse, è divenuta un insormontabile ostacolo al normale, al fisiologico sviluppo della vita umana.

Biologicamente la maturità inizia a 18 anni. Questo significa che a quell’età noi siamo pronti per essere autonomi. Bene, nella nostra Italia nel 2004 l’autonomia economica si raggiungeva in 10 anni. In altri termini, mettevi su casa a 28. Nel 2020 per metter su casa dovrai aspettare i 38, oltre dunque la prima fase della maturità.

Per vent’anni la tua psiche sarà costretta ad essere quella di un ragazzo. Per non impazzire. Ma anche essere ragazzi a trent’anni è una forma di profonda alienazione foriera di mille nevrosi.

Nel 2030 si prevede che l’autonomia economica sarà raggiunta soltanto a 48 anni. È incommentabile.

È la sovversione dell’ordine naturale delle cose: per chi ha un’idea sacrale della vita, una cosa più blasfema non può esistere. Per gli scientisti, non può esistere una cosa più stolta.

Stiamo vivendo in un film horror e non ce ne accorgiamo.

Allora ripeto per l’ennesima volta che o si pone rimedio immediatamente al divario generazionale in termini di distribuzione delle risorse o non stupiamoci più di alcuna aberrazione, di alcuna efferatezza, di alcuno scriteriato integralismo: perché quello che abbiamo costruito continuando a guardare il nostro ombelico pasciuto si chiama Inferno.

A presto.

di Edoardo Varini – 23/03/2017 Fonte: linkiesta

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=58556

Apocalisse Unicredit. Milioni di risparmiatori a rischio del più grande bail-in della storia

e che non vogliamo salvare anche Unicredit? Un’altra stangata la paghiamo volentieri tutti no? NON MANIFESTIAMO CONTRO i salvataggi, sarebbe da populisti. Ma prodighiamoci per impedire manifestazioni di questi ultimi, così i poteri forti poi ci ricompensano del lavoro svolto (per la democrazia si intende)
Apocalisse Unicredit. Milioni di risparmiatori a rischio del più grande bail-in della storia
Apocalisse. Unicredit è la seconda banca italiana ed è sull’orlo del disastro. Per Risultati immagini per unicredit salvataggiorimettere in sesto Unicredit servirebbero almeno 9 miliardi di euro. Il problema è che nessuno li ha, e non sarebbero nemmeno sufficienti a mettere in salvo la banca in maniera definitiva. Procediamo  con ordine, e proviamo a raccontare la storia, tutta italiana,  di questo istituto di credito, che potrebbe avere un finale drammatico per tutto il Paese, ed esporre ad un salvataggio bancario milioni di italiani. Si può asserire che Unicredit ha imboccato la strada dell’apocalisse fin da quando l’allora CEO, Profumo, forgiò la Banca aggregando realtà italiane, a partire dal Credito Italiano e da Banca di Roma, e tedesche. La banca crebbe velocemente, è inutile ricordare tutte le aggregazioni e le acquisizioni, e Profumo divenne l’alfiere della finanza Ulivista, politicamente schierata senza pudori. Il gigante, però, aveva i piedi di argilla. I dipendenti erano (e sono) troppi, mal organizzati, pagati in maniera eccessiva e con una bizzarra organizzazione del lavoro. In questo contesto, il management spinse in modo forsennato per aumentare la redditività della Banca con metodi che possiamo definire al limite della legalità e che, in alcuni casi sanzionati dalla magistratura, questo limite lo hanno più che abbondantemente superato.
 
In ogni caso la gestione Profumo terminò non tanto per la sua cattiva gestione ma perché si trasformò in una specie di lacchè dell’allora dittatore libico Gheddafi che entrò in forza nel capitale della banca. Dopo la defenestrazione di Profumo la situazione non migliorò di molto: non si è mai avuto il coraggio di incidere in una situazione di sprechi faraonici, sovrapposizioni di filiali frutto delle aggregazioni, dipendenti costosi e poco efficienti. Una banca ben gestita, avrebbe potuto superare la crisi con qualche doloretto ma senza danni. Unicredit non era in queste condizioni. I clienti fallivano (alcuni come nel caso di Divania, vennero fatti fallire per derivati capestro proprio dalla stessa Unicredit) o iniziavano a non restituire i prestiti. Le sofferenze quindi, salivano in maniera esponenziale e oggi siamo arrivati alla somma mostruosa di oltre 80 miliardi di crediti in sofferenza. Anche a voler immaginare che si riesca a recuperarne il 20%, significa per Unicredit una perdita secca di più di 65 miliardi. E’ vero che ci sono stati accantonamenti e che gli utili generati dall’attività bancaria sono stati utilizzati in parte per coprire questi crediti. Ma è come voler svuotare l’oceano utilizzando un cucchiaino, bucato per di più. Gli utili delle banche italiane sono in picchiata. La colpa è di Draghi che ha abbassato fino ad annullarli i tassi di interesse ma questo ha distrutto anche il margine di intermediazione delle banche. A questo punto Unicredit ha dovuto fare i conti con la realtà. Il management ha deciso di  provare a cambiare rotta scaricando l’Ad Ghizzoni. Quello che servirebbe subito sono almeno 10 miliardi di euro. Tale aumento, avrebbe però un effetto devastante: diluirebbe il peso delle Fondazioni Bancarie.
 
Ma nel caso di Unicredit, l’aumento di capitale avrebbe l’effetto di diluire la quota azionaria delle fondazioni per rafforzare il primo azionista, il fondo Aabar degli Emirati Arabi Uniti. O il quarto azionista, il fondo sovrano libico che malgrado la guerra civile che infuria in Libia ha trasferito la sede a Malta e continua i suoi oscuri traffici sui mercati finanziari oltre che a finanziare milizie di ogni tipo in patria. Insomma, non proprio una bella situazione. Le fondazioni si oppongono, dunque all’aumento, forse potrebbero essere disposte a sottoscrivere pro quota un aumento di capitale da appena 5 miliardi. Ma le sofferenze sono mostruose, un aumento da 5 miliardi non servirebbe a molto, al massimo permetterebbe alla banca di continuare a galleggiare per qualche mese. Poi saremmo punto e a capo. Loro non hanno soldi, i fondi libico o degli Emirati Arabi sì e si prenderebbero la banca per meno, molto meno di un piatto di lenticchie. Cosa ne farebbero poi questi moderni predoni non è dato sapere. La soluzione che qualcuno ha proposto e la vendita di una serie di banche ad alta redditività che operano in centro e est Europa. Un’idea che ha una serie di controindicazioni. In primo luogo, non si tratterebbe di una vendita ma di una svendita a prezzi così bassi da non risolvere assolutamente il problema. Unicredit in effetti ci ha provato, cedendo la sua controllata Ucraina. Risultato? Ha dovuto mettere nel bilancio 600 milioni di euro di perdite dovute anche al crollo della valuta locale. Conti alla mano, la cessione delle controllate europee di Unicredit potrebbe, se le cose vanno bene, lasciare invariata la situazione patrimoniale. Ma siccome siamo realistici, diciamo che molto probabilmente se Unicredit si mette a vendere per un piatto di lenticchie o meno queste banche, la situazione peggiorerebbe. E se intervenisse Atlante? Ormai è una figura quasi mitologica del panorama bancario italiano. In effetti, diciamo subito che Atlante ha già salvato Unicredit. Lo ha fatto quando ha sottoscritto interamente il capitale della Banca Popolare di Vicenza, evitando quindi che a farlo fosse Unicredit che aveva garantito l’aumento stesso. E se Unicredit avesse dovuto sborsare più di un miliardo di euro, avrebbe dovuto deliberare il giorno dopo a sua volta un aumento di capitale. Perché Atlante non può sottoscrivere l’aumento di capitale di Unicredit? Semplicemente perché non ha i soldi.
 
Se Atlante volesse sottoscrivere l’aumento, dovrebbe andare prima sul mercato a cercare altri soldi. Ci sono banche piene di liquidità che potrebbero sottoscrivere altre quote di Atlante? No, al massimo potrebbe essere la famigerata Cassa Depositi e Prestiti, cioè il custode del risparmio postale degli italiani. Insomma, se alla fine la soluzione sarà quella di Atlante, a tenere aperto per qualche altro mese la seconda banca italiana saranno i risparmi delle vecchiette (e meno male che sono un sacco di soldi grazie al generosissimo sistema pensionistico retributivo). Una forma mascherata all’italiana, di nazionalizzazione, che servirebbe a tenere aperto il carrozzone. La soluzione vera, l’unica definitiva e sostenibile, sarebbe l’acquisto dell’intera banca da parte di un cavaliere bianco con un patrimonio solido e capacità gestionali, oltre che dotato del pugno di ferro necessario per riformare la banca e ridurre i costi tagliando filiali e personale. Questo cavaliere bianco oggi in Italia non esiste. Un’alba rossa si sta per alzare su Unicredit, un’alba tinta dal sangue dei risparmiatori colpiti ferocemente da quello che potrebbe essere il più grande bail in della storia europea. Chi può, si salvi, anche perché il Fondo di garanzia Interbancario ha le casse vuote e non potrebbe intervenire per coprire i depositi, non solo sopra i 100 mila euro, ma neanche al di sotto.
Written by Roberto Casalena, 31/12/2016

Friuli: Non ho soldi per far curare i denti ai miei figli, artigiano lancia un appello

ha debiti con Equitalia, brutto evasore crepa!! COSI’ RECITA IL MANTRA POLITICALLY CORRECT. E’ sicuramente ricco ma recita per evadere, sicuramente. Tranquillo, ti toglieranno i figli, in Italia è così che si tutela la famiglia.

La crisi colpisce in Friuli. «Lavoro da quando avevo 15 anni e non voglio la carità, ma ora ho bisogno di aiuto». Gli occhi diventano lucidi quando racconta dei figli (tre dai 6 ai 16 anni) che «hanno visto il mare solo qualche volta, il più piccolo mai. I soldi per la benzina sono un lusso»; e del padre di 90 anni che ancora oggi «mi dà una mano a pagare le bollette o la gita scolastica». Lui ha 47 anni e mani d’oro: pittore-restauratore ha lavorato nella ristrutturazione di ville venete fra Venezia e Asolo. Poi è arrivata la crisi e con lei Equitalia
E ha scelto i social per lanciare l’appello: “Cerco un dentista che possa accettare un’operazione di scambio bilaterale (baratto) per curare i miei figli”. «Non voglio vestiti firmati, auto o telefonini. Voglio solo che i miei figli possano andare dal dentista anche se non ho nemmeno i soldi per mandarli in palestra».(…)

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Friuli: Non ho soldi per far curare i denti ai miei figli, artigiano lancia un appello