Il Texas viaggerà ad alta velocità col made in Italy

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La prima Tav degli Usa, che collegherà Dallas a Houston, sarà realizzata dall’ingegneria di Salini Impregilo e percorsa dai supertreni giapponesi

La ferrovia ha fatto l’America, ma l’America si è (quasi) dimenticata della ferrovia. Un paradosso solo apparente. Pochi, pochissimi statunitensi ricordano che il 10 maggio 1869 due grandi squadre una proveniente da Chicago, l’altra da San Francisco stabilirono il collegamento ferroviario tra le due coste a Promontory Point, vicino a Salt Lake City.

Fu un’impresa memorabile. Le rudimentali tecniche dell’epoca ricordate le scene di C’era una volta il West di Sergio Leone? facevano paventare errori di calcolo e rendevano molto aleatoria la giunzione dei due tronchi. I binari posati in fretta e furia sul terreno senza massicciata, erano di pessima qualità, ma i costruttori non ci fecero caso. L’importante era far scivolare le locomotive «American type», dal vistoso fumaiolo e munite dal caratteristico cacciabuoi anteriore, attraverso la linea intercontinentale e poi lungo tutti i 112.000 chilometri di binari, la più grande rete del mondo. Cinquant’anni dopo l’apogeo: nel 1928 gli USA disponevano del 32 per cento delle ferrovie del pianeta a fronte di una popolazione del 6,1 per cento e di una superficie del 5,7.

Raggiunta la primizia mondiale arrivò, imprevisto quanto rapidissimo, il declino del «cavallo di ferro», un tramonto segnato da due nomi iconici: Henry Ford, il genio dell’industria automobilistica, e i fratelli Wright, i pionieri dell’aeronautica. In una manciata d’anni, presidenti e governi decisero d’investire massicciamente su automobili e autostrade, su aerei e aeroporti piuttosto che su treni e stazioni. Nella seconda metà del Novecento il crollo definitivo: nel 1946 i km/passeggero (ossia i chilometri che ogni passeggero compiva in un anno) erano 770 milioni, nel 1964 appena 298 milioni. Oggi poco meno di 20 milioni. Nel 1954 c’erano oltre 2.500 treni a lunga percorrenza, nel 1969 500, oggi nessuno. L’Amtrack, società federale delle ferrovie e unica a gestire il trasporto passeggeri (i privati preferiscono investire esclusivamente sul comparto cargo) è ormai un fossile industriale, con convogli lenti, obsoleti e sempre meno utenti.

In questo quadro sconsolante, dal Texas arriva ora un forte segnale in controtendenza. A primavera si apriranno i cantieri per la costruzione della Texas High Speed Rail, la prima linea statunitense ad Alta Velocità, trecentonovanta chilometri di binari che collegheranno Dallas e Houston, rispettivamente quarta e quinta realtà economica degli USA. Un progetto giustamente ambizioso che mira a rivoluzionare vita e abitudini dei texani: nelle ore di picco i convogli sfrecceranno tra le due città con uno stop nella Brazos Valley dove sorge la Texas A&M University, la seconda università degli States ogni 30 minuti riducendo drasticamente i tempi di percorrenza. Invece d’impiegare quattro-cinque ore di macchina percorrendo una delle autostrade più pericolose e congestionate della Federazione o due (compresi i tempi d’imbarco ed esclusi i ritardi) volando, si arriverà a destinazione in soli novanta minuti.

Per i sette milioni di passeggeri annui previsti nel 2026 a fine lavori ma l’obiettivo è spostarne sul ferro almeno 13) un indubbio risparmio di tempo, sicurezza e comfort e per tutti un notevole beneficio ambientale: il super treno ridurrà le emissioni di CO2 di circa 700mila tonnellate l’anno. Non a caso (avvertite i No Tav di casa nostra e il lunare Toninelli) gli ecologisti locali sono i più entusiasti sostenitori del progetto.

Dato significativo, gli americani, consci della loro arretratezza in campo ferroviario, hanno dovuto affidarsi all’esperienza delle aziende straniere, in particolare giapponesi e italiane. Per razionalizzare e velocizzare al massimo i lavori si è evitato di dividere la grande opera in lotti è stata prevista un’unica soluzione con pochi selezionatissimi partners. Sul percorso verrà impiegato il Tokaido Shinkansen N700S, il nuovo gioiello della Central Japan Railways ideato per le Olimpiadi 2020 di Tokyo. I convogli saranno di otto carrozze e con una velocità operativa di 320 km/h.

La parte del leone, fortunatamente, sarà però di Salini Impregilo, un’eccellenza tutta tricolore, che da decenni opera con successo in tutto il mondo. Attraverso Lane Construction Corporation, il braccio americano acquisito nel 2016, il gruppo realizzerà la progettazione e costruzione dei viadotti (50 per cento del tracciato) e le sezioni in rilevato, l’installazione del sistema di binari e l’allineamento di tutti gli edifici e servizi per la manutenzione e lo stoccaggio dei materiali. Accanto a Impregilo vi saranno anche i tecnici di Italferr, la società d’ingegneria del Gruppo Ferrovie dello Stato; quindici specialisti cureranno gli aspetti progettuali propedeutici alla costruzione della linea.

Alla firma del contratto, lo scorso 13 settembre a Dallas, un soddisfatto quanto misurato Pietro Salini, amministratore delegato del gruppo, ha dichiarato: «Siamo entusiasti di avere questa opportunità unica nel suo genere che ci consente di apportare la nostra vasta esperienza e il nostro know-how in questo progetto. Portare l’Alta Velocità su rotaia in Texas e in America, in qualità di leader dei lavori di progettazione e costruzione, è un’esperienza unica di cui siamo onorati».

In conclusione, ancora qualche numero: interamente sostenuta da capitali privati la realizzazione della Texas High Speed Rail costerà 20 miliardi e svilupperà 10mila nuovi posti di lavoro durante la fase costruttiva e altri 1500 permanenti. Una volta operativa, avrà ricadute economiche importanti per lo Stato del Texas (36 miliardi di dollari nei prossimi 25 anni). Per Salini Impregilo il super-contratto «design built» vale 12,7 miliardi di euro. Ancora una volta «italians do it better»

Il Texas viaggerà ad alta velocità col made in Italyultima modifica: 2020-01-20T21:18:15+01:00da davi-luciano
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