Tav, 7 anni e molti soldi per chiudere i 20 chilometri di gallerie già scavati

14 ott 18 Repubblica 

I tempi e i costi dell’eventuale no del governo all’alta capacità in Val Susa

I francesi pensano a una tassa per i tir in arrivo dall’Italia dal tunnel del Frejus

La Ue ha fatto sapere di essere disposta a finanziare anche parte delle tratte nazionali della linea

E domani l’Osservatorio tecnico esaminerà i documenti anticipati da Repubblica sui flussi di traffico sulla linea storica

Paolo Griseri

Se il governo deciderà di bloccare la Torino-Lione, ci vorrano almeno sette anni (e molti soldi) per richiudere i 20 chilometri di gallerie (6 di tunnel di base già scavato) che non potranno certo essere abbandonati.

Anche questa è una delle variabili che in queste settimane entreranno nella valutazione finale su un’opera che, in realtà, è già a buon punto di realizzazione.

E mentre domani la riunione dell’Osservatorio tecnico prenderà in esame gli stessi documenti rivelati ieri da Repubblica sulla inadeguatezza dell’attuale galleria del Frejus, in Francia la Regione Rhone Alpes organizza a Lione un incontro con gli imprenditori del territorio che chiedono di completare l’opera.

Perché sette anni per chiudere i cantieri? In realtà potrebbero essere anche di più se si considera il tempo necessario ad abolire le leggi e i trattati internazionali che hanno dato il via all’opera. Operazione non semplice perché sul blocco della Tav, in teoria, la Lega è contraria.

E dunque i 5 Stelle non hanno oggi la maggioranza in Parlamento per far passare un testo abrogativo.

Che a sua volta, dovrebbe essere promulgato e vidimato dal Presidente della Repubblica. Mattarella sembra piuttosto restio a firmare documenti che smentiscono gli impegni internazionali presi dall’Italia. Se Unione europea e Francia, gli altri due contraenti il contratto, non fossero d’accordo sul blocco, si aprirebbe poi il lungo contenzioso su chi debba sostenere i costi del ripristino della situazione precedente l’inizio dei lavori.

Fingendo che tutta questa fase politica si sia conclusa, è da quel momento che scatta il conto dei 7 anni. I primi 18 mesi se ne andranno nella scrittura del progetto e nell’affidamento della progettazione. L’anno successivo sarà impiegato nelle autorizzazioni amministrative e nelle valutazioni degli enti di controllo fino alla concessione della Via, la valutazione di impatto ambientale. Una volta approvato il progetto, sarà necessario indire il bando di gara. Anche per questo caso saranno necessari 18 mesi. A questo punto potranno partire i lavori per chiudere e mettere in sicurezza i 20 chilometri di gallerie sul versante francese e i 7 su quello italiano: in tutto tre anni di tempo.

Calcolando, con estrema generosità, un solo anno per dirimere le questioni politiche, abolire i trattati oggi in vigore e decidere chi paga, questo significa che tra otto anni, a fine 2026, i cantieri saranno chiusi davvero e la situazione sarà tornata esattamente come quella di sette anni fa, quando iniziarono i lavori preparatori a Chiomonte.

Avremmo in sostanza speso un sacco di soldi pubblici, perso 15 anni di lavori, per non fare assolutamente nulla.

Scenario piuttosto improbabile, per la verità. I costi del blocco sarebbero inevitabilmente a carico dell’Italia e la spesa potrebbe addirittura essere superiore ai 2,5 miliardi che il governo di Roma impiegherà per concludere la galleria di base. Anche perché Bruxelles ha già annunciato di voler finanziare parte delle due tratte nazionali. Per l’Italia si tratta dei quaranta chilometri tra Torino e Susa, dove sbocca il tunnel internazionale.

Su questa parte della tratta sono già in corso studi per ridurre la spesa abolendo la prevista stazione di interscambio internazionale di Susa e la galleria sotto la collina di Avigliana.

Tutto dovrebbe essere deciso nella seconda metà di novembre quando saranno resi noti i risultati della commissione di esperti nominata dal ministro Toninelli e capeggiata dal professore milanese No Tav, Marco Ponti.

Le indiscrezioni sull’andamento dei lavori parlano di una discussione piuttosto accesa e non si esclude che il responso possa essere interlocutorio con la richiesta di altro tempo per valutare ulteriormente il rapporto costi/benefici dell’opera.

Un modo, insomma, per perdere qualche altro mese fino all’appuntamento delle elezioni della primavera 2019. Tutto sta a vedere quanto Parigi e Bruxelles saranno disposti ad accettare ancora la melina italiana e ulteriori rinvii.

Da parte francese giungono segnali di nervosismo: l’ipotesi di tassare i tir provenienti dall’Italia che utilizzano il tunnel autostradale del Frejus potrebbe diventare un elemento di pressione considerevole.

Tav, 7 anni e molti soldi per chiudere i 20 chilometri di gallerie già scavatiultima modifica: 2018-10-21T11:45:44+02:00da davi-luciano
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