CON TRUMP TRA LE ZANNE DELLO STATO PROFONDO, SIRIA STRAZIATA, SQUARTATA, VENDUTA, DIFFAMATA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/05/con-trump-tra-le-zanne-dello-stato.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 17 MAGGIO 2017

Festival di fake news. E di risate omeriche, non fosse per l’esercito di intruppati che ogni fake news se la bevono con il gusto dell’apericena. E se ne sentono confortati nel loro imbecille convincimento di stare dalla parte dei buoni e giusti, cosa che gli caccia nell’angolo più remoto del cervello la sgradevole sensazione, incorporata nell’ultima cellula cerebrale non contaminata, che, forse forse, i buoni e giusti sono una spaventosa manica di mascalzoni.

Auschwitz a Damasco. E le tappe per arrivarci.

Per la prima bufala e, per imperizia, disinvoltura, carattere circense, probabilmente quella destinata a maggiore diffusione e successo, il “forno crematorio di Assad” scoperto dal Dipartimento di Stato, c’è stata l’oculata preparazione della dependance di quel Ministero, Amnesty International, con il liscia e busso al presidente Siriano dell’indimenticabile impiccagione, dal 2014 al 2016, di un numero tra 3000 e 13mila detenuti, nella prigione di Saydnaya, fuori Damasco. C’è voluta tutta la buona disposizione al servaggio decerebrato del  “milieu” che sostiene il nostro regime-gangster, come tutta l’improntitudine dei giornaloni e delle televisionone Usa, redatti a distanza da Tel Aviv, nell’approfittare del coma non vigile  del pubblico americano, per accreditare una bambocciata di tale carenza di professionalità. Infatti, un po’ per quell’onirico vagolare tra una cifra minima e una massima di strozzati da Assad, un po’ per le solite fonti abborracciate dell’organo umanitario facilitatore delle guerre imperiali, fonti perlopiù esterne, tutte anonime e del tipo “sentito dire – passa parola”, il rapporto bomba di questi militanti delle cause Regeni-Del Grande, ebbe lo scoppio limitato e la risonanza breve di un petardo.

L’ex-capa kazara di Amnesty e di HRW

Un precedente preludio, tanto più schifoso quanto più grottesco, programmato per arrivare poi al forno crematorio, con il suo valore aggiunto dell’odore di carne bruciata da olocausto hitlerista, erano state le foto dell’anonimo Cesar, presunto fotografo di regime, cui il regime, evidentemente consapevole del proprio tornaconto, aveva consentito di fotografare migliaia di sue vittime torturate e mutilate e poi di portarsi via le foto per distribuirle a matrimoni e comunioni nei paesi civili. Nonostante i tentativi di molti scemi del villaggio mediatico di rianimare questa carogna di notizia, l’operazione fallì quando parecchi siriani riconobbero tra le foto i volti dei loro cari, soldati caduti in battaglia e regolarmente sepolti sotto i loro occhi.

La tragicomica vicenda del forno crematorio nella prigione siriana viaggia sulle ali spennate di alcune vecchie foto satellitari commerciali che mostrano il complesso carcerario e lavori strutturali attorno a un edificio. Cioè zero via zero, quanto a esistenza di crematori. Inventarli, si sa, produce effetti poderosi nel tempo. Pensate a cosa è arrivato un tecnico Usa, solo e sbertucciato nella schiera di esperti che si sono scompisciati in tutto il mondo, per dimostrare l’assunto: a un certo punto la neve sul tetto di un edificio si è sciolta. Ergo, sotto c’erano le fiamme. Mica una caldaia, mica una centrale di riscaldamento. No, un forno crematorio. E Mengele era stato visto passare di là.

I detenuti impiccati, i forni crematori dove li si bruciava al ritmo olimpionico di 50 al giorno, i ripetuti bombardamenti al gas nervino, gli ospedali pediatrici di Medici Senza Frontiere colpiti apposta e accanitamente, tutta una serie di formidabili scoperte regolarmente fatte alla vigilia di qualche scadenza, tipo, ora, l’incontro di Ginevra, o di qualche mossa pro-pace di Putin, o di qualche avanzata delle truppe patriottiche, sono trasparenti tentativi di arrivare a un tale grado di indignazione di massa, da consentire all’Idra a tre teste, Usa (cum Nato) – UE – Israele (cum lobby),  l’ennesimo staticidio

E Trump? Spaccone, incompetente, bislacco, imprevedibile, forse anche un po’ fuori di testa (niente rispetto a predecessori e rivali). Ma il dato centrale è che coloro che non hanno accettato l’esito delle, per loro, democratiche elezioni presidenziali e ne vogliono rovesciare il vincitore, Donald Trump lo tengono per le palle. Così, mentre si apprestava a condividere con i russi una sistemazione della Siria, catastrofica per i siriani,  ma di relativa soddisfazione per le maggiori parti in causa, gli hanno schiaffato tra i piedi il forno crematorio e ne hanno silenziato gli scambi con Putin e con Lavrov con le urla scomposte del solito pendaglio da forca israeliano, Il ministro Yoav Galan: “Giustiziano la gente, effettuano attacchi chimici sul popolo, bruciano cadaveri come 70 anni fa… è nientemeno che un genocidio… la linea rossa è superata, è arrivato il momento di assassinare Assad”. L’uomo, membro rumoroso ma consapevole di una conventicola che dell’assassinio ha fatto la propria ragione di vita, salivava mentre lo diceva. E un pensierino lo faceva anche sul Consigliere di Trump per la sicurezza nazionale, McMaster, che, in due infami occasioni, si era rifiutato di riconoscere al territorio rivendicato da Israele il Muro del Pianto.

Lo Stato profondo Usa

E’ la guerra  di Hillary, neocon, Cia, Sion

Fatto fuori da Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, per contatti con l’ambasciatore russo assolutamente legittimi, ora la tenaglia si chiude sul presidente stesso. L’accusa da impeachment è di aver rivelato al ministro degli esteri e all’ambasciatore russi segreti dell’ intelligence. La manina è sempre quella israeliana. Da lì sarebbe venuto l’avvertimento che l’Isis stava preparando attentati al tablet sugli aerei. Dal momento che tra i primissimi burattinai di Isis ci sono gli israeliani in combutta con i neocon americani , la minaccia era assolutamente credibile. Ed era non solo legittimo, ma doveroso, per il presidente Usa comunicare la cosa al suo partner russo. E’ o non è sancito da due titolari della Casa Bianca in successione, e fin dall’epifania del mercenariato imperiale in Siria e Iraq, che il terrorismo andava combattuto assieme?

E allora cosa andavano cercando gli organi telescritti nelle centrali del Mossad e integrati dalla Cia, Washington Post e New York Times, quando accusavanoTrump di aver spifferato al “nemico” segreti di Stato? Seccati perché un progettino di quelli all’israeliana era stato sventato? O piuttosto, o anche, all’affannosa ricerca del pretesto finale per abbattere Trump e andare avanti con l’assassinio di Assad, l’annientamento della Siria, la Grande Israele, la guerra all’Iran, alla Russia, alla Cina, alla galassia?


Ultranazi all’assalto delle istituzioni

Chi, a forza di scaricare i suoi lanciafiamme su Trump, non conserva neanche un po’ di brace da lanciare su agevolatori e battistrada mediatici di Rothschild e del relativo complesso predatore e necrogeno di classe, dal New York Times al “manifesto”, si deve inevitabilmente considerare complice di una manovra eversiva che punta al sovvertimento degli ultimi rimasugli delle istituzioni statunitensi. Siamo all’alto tradimento di una cosca di felloni impegnati alla definitiva realizzazione del piano neocon per il Nuovo Secolo Americano (PNAC) o, meglio, talmudista-statunitense. L’abbattimento di Trump, attraverso impeachment, o soluzione più drastica, qualunque giudizio si dia dello strampalato personaggio, introduce alla dittatura mondiale e a qualcosa di molto simile alla fine del mondo.

Siria per Putin e tutti noi: hic Rhodus, hic salta

Il reiterato sforzo, da parte dei massimi stragisti della storia, di attribuire ad Assad – impunito e irriducibile difensore del suo popolo e, dunque dell’umanità tutta – carneficine di ogni tipo serve, nella congiuntura, anche come arma di distrazione di massa dagli ininterrotti eccidi operati dagli Usa e dalla loro coalizione aerea sui civili di Siria e Iraq. Non c’è giorno che donne, bambini, uomini di questi due paesi non vengano massacrati da bombe che poi si dicono dirette su concentramenti di jihadisti. A Mosul, Deir Ezzor, Raqqa, in tutte le aree dove si svolgono combattimenti veri o presunti, piovono bombe sui civili e sulle rimanenti infrastrutture che gli consentono la sopravvivenza. Spesso, come a Deir Ezzor, il bersaglio è lo stesso l’esercito arabo siriano quando va mettendo in difficoltà le bande terroriste di obbedienza USraeliana.

Perché, dichiarando all’universo mondo di voler combattere quel  terrorismo islamico che ferisce lo stesso Occidente di cui gli Usa si dicono vindici e difensori, poi gli spianano la strada svuotando di popolazioni, ovviamente non complici, i territori che quel terrorismo occupa e impedendone la liberazione da parte dell’esercito legittimo? Saperlo non è difficile. Questa guerra non è guidata dal “comander in chief” Trump. Trump, sapendo di aver i rottweiler dello Stato Profondo, Cia, FBI, neocon, i clintoniani, le grandi multinazionali, pezzi di Pentagono, alle calcagna, ogni tanto gli butta un boccone. Tipo l’attacco missilistico alla base aerea siriana di Al Shayat, in buona misura inefficaci e fuori bersaglio. Per poi – anatema ! – tentare di riprendere il vecchio filo del dialogo con i russi.

Questa guerra è condotta e diretta dallo Stato Profondo che punta allo scontro diretto e globale. Ne campa. Ne campano i suoi caveau. Dalla strage di civili, un po’ affidati ai mercenari, un po’ alle proprie bombe, si aspetta lo spopolamento della Siria. Sia per eliminazione fisica, sia per quella fuga per la quale jihadisti e bombe sono il push factor e le navi delle Ong, Soros e suoi militanti umanitari, accoglitori universali,  il pull factor. In questo, in qualche modo, siriani ed europei, specie quelli del Sud, sono uniti dalla comune sorte di vittime, per vari gradi, dello stesso mostro.

Di fronte a tutto questo, fidandosi di chi non si dovrebbero mai fidare, i russi si sono inventati le quattro aree di de-escalation, di riduzione del danno per così dire. Una è quella di Idlib, dove sono e resteranno i turchi. Le altre sono enclavi di varie formazioni terroriste e dei relativi sponsor esterni a Damasco: Homs, Deraa, Quneitra. Il Kurdistan che passa da un pezzettino di Siria a un pezzettone grosso, perlopiù arabo prima della pulizia etnica curdo-americana, è ufficialmente riconosciuto. Come quello iracheno, raddoppiatosi nelle more. Gli iracheni si stanno riprendendo Mosul. Probabilmente in cambio accetteranno un Kurdistan indipendente su gran parte di terre e petrolio arabi. Sembra che ai siriani sia consentito di avanzare verso est a riprendersi almeno Deir Ezzor, da anni assediata. A Raqqa regnerà un proconsole curdo degli Usa, magari un farabutto narcos come Massud Barzani, di cui le nostre “sinistre” diranno che è Che Guevara. Forse nei due paesi-martiri si morirà di meno.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:06

L’Alta velocità non conviene. Ecco il bilancio tra costi e benefici

https://altreconomia.it/lalta-velocita-non-conviene-bilancio-costi-benefici/

di — 1 aprile 2017

A fronte di un investimento pubblico di 32 miliardi di euro in 11 anni, l’infrastruttura “veloce” non è in grado di restituire i vantaggi attesi. Secondo una ricerca, sarebbe meglio puntare sulla “capacità” delle linee esistenti

Tratto da Altreconomia 192 — Aprile 2017

Un “Frecciarossa”
in arrivo alla stazione di Milano Centrale - http://www.rail-pictures.com
Un “Frecciarossa” in arrivo alla stazione di Milano Centrale – http://www.rail-pictures.com
Si parte: il 2 marzo è stato assegnato il contratto per la progettazione e la realizzazione dei primi 15 chilometri della linea ferroviaria Alta velocità (AV)/Alta capacità (AC) tra Napoli e Bari, quelli tra il capoluogo campano e Cancello (CE). L’intervento ha un valore di 397 milioni di euro, pari al 6,4% del costo complessivo dell’opera, che al 31 dicembre del 2016 veniva stimato dal ministero delle Infrastrutture in 6,17 miliardi di euro. Italferr, società del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, ha assegnato l’appalto a un inedito consorzio d’imprese formato da Salini Impregilo (60%) e Astaldi (40%), che sono rispettivamente il primo e il secondo tra i gruppi italiani nel settore delle costruzioni.

L’intervento è complesso: per raggiungere Bari da Napoli questa linea Av dovrà in qualche modo superare l’Appennino -e la tratta Bologna-Firenze, l’unica che lo fa, è la più costosa tra quelle realizzate a partire dagli anni Novanta, con un costo stimato di 68 milioni di euro a chilometro-. Ad oggi, inoltre, non è possibile nemmeno stabilire se verrà mai completata, perché il 43% del budget è senza copertura finanziaria.

Si parte, però, senza aver analizzato costi e benefici dell’ennesimo investimento pubblico sull’AV ferroviaria, che AC non è perché “ad oggi nessun treno merci ha mai usato la linea”, come sottolinea Paolo Beria, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano e direttore del Laboratorio di politica dei trasporti dell’ateneo (http://www.traspol.polimi.it). Beria è autore, con Raffaele Grimaldi, di un’analisi su costi e benefici dell’Alta velocità in Italia, “un’analisi di carattere socio-economico”, spiega, che non guarda cioè ai bilanci di Trenitalia (la società del gruppo Fs che fa correre i treni) e di NTV spa, i due operatori che usano la rete, ma “ai vantaggi per gli utenti e per l’ambiente, con la riduzione delle esternalità negative legate, ad esempio, agli spostamenti effettuati in auto o in aereo”.

A undici anni dall’inaugurazione della Torino-Novara, il primo segmento dell’Alta velocità, e ad otto dall’apertura della Torino-Salerno, il risultato esposto nel paper di Beria e Grimaldi è chiaro: il rapporto tra benefici netti e investimenti (l’acronimo inglese è NBIR, Net Benefits Investment Ratio) è pari a 0,76. Questo significa che per ogni euro investito dal pubblico -complessivamente circa 32 miliardi di euro- ne siano tornati alla collettività i tre quarti, calcolati guardando agli effetti di una riduzione dei tempi di viaggio e di attesa, ma anche alla crescita dell’utenza e a una riduzione media delle tariffe legato alla presenza, dal 2012, di due operatori sulla linea. Solo considerando “l’effetto rete”, ovvero i vantaggi legati all’incremento del traffico anche su linee non Av, come la Firenze-Roma, si può arrivare a un indice di 1,01, che “non è granchè a fronte di un investimento di  32 miliardi -sottolinea Beria-. Cinque anni fa, in un altro lavoro, ci chiedevamo quanti passeggeri fossero necessari per avere un rapporto ottimale tra costi e benefici” spiega Beria: la risposta (altreconomia.it/il-flop-dellalta-velocita) era che forse la Milano-Bologna avrebbe saputo attirare una domanda adeguata, cosa che è poi avvenuta. Il flop maggiore resta, nel 2017 come nel 2012, quello della Torino-Milano, incredibilmente -è tutta in pianura- costata 54 milioni di euro a chilometro. Il rapporto tra beneficio netto e investimenti è 0,40.
Analizzando il caso italiano, Beria e Grimaldi scrivono che “il beneficio diretto legato alla velocità è marginale”, mentre più importante è quello legato a un aumento della “capacità”, il numero di tracce occupabili dai treni. A determinate condizioni, cioè, potrebbe essere più efficace un raddoppio o una velocizzazione delle linee esistenti, con interventi solo tecnologici. Un esempio, riportato anche nel paper, riguarda la Milano-Venezia, che è ancora in fase di progettazione nella tratta tra Brescia e Padova (costo stimato al 31 dicembre 2016, 8,74 miliardi di euro): “Quando esistono tanti centri a una distanza ridotta, com’è tra Brescia, Verona, Vicenza e Padova, non c’è differenza se un treno viaggia a 250 o a 300 chilometri orari -sottolinea Beria-. In questi casi, i potenziali benefici legati a un raddoppio della capacità lungo la linea esistente potrebbero essere pari a quelli dell’Av, ma con un investimento ridotto” sottolinea Beria.

È possibile, però, anche far peggio. Il docente del Politecnico definisce “un pasticcio indissolubile” la vicenda della nuova stazione fiorentina dedicata all’Alta velocità (altreconomia.it/lalta-velocita-sotto-firenze), in costruzione nel quartiere Belfiore: “Non serve una stazione Av separata dai binari del traffico regionale, perché si perderebbe l’‘effetto rete’, e i conseguenti benefici legati a un risparmio nei tempi di viaggio. Come potrebbe raggiungere le altre località della Toscana chi arriva a Firenze con le Frecce?” si chiede Beria. Anche Rfi -la società del gruppo Fs che gestisce la rete- è arrivata nel gennaio del 2017 a mettere in discussione l’utilità dell’opera, ma intanto è stata scavata una “buca” di quasi un milione di metri cubi.
Se dall’analisi socio-economica di Beria e Grimaldi si passa alla lettura dei bilanci si scopre che i problemi con l’Alta velocità stanno anche altrove. Nel primo semestre del 2016, ad esempio, per la prima volta le Frecce hanno registrato un “rosso” a bilancio, con ricavi in calo di 22 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2015.

Nel 2016, 1,37 milioni di italiani hanno utilizzato treni regionali di Trenitalia. I pendolari dell’Alta velocità, nello stesso periodo, sono stati meno di 10mila

A incidere negativamente sui conti è una riduzione del 2,5% del “ricavo medio unitario”. Trenitalia ha cioè ridotto le tariffe per rispondere alla concorrenza dei treni Italo di NTV. E mentre pianifica una parziale privatizzazione della società, con la quotazione in Borsa del ramo d’azienda dedicato alla “lunga percorrenza”, un perimetro che oltre alle Frecce tiene dentro gli Intercity, l’amministratore delegato del gruppo Fs Italiane, Renato Mazzoncini, va in Senato (il 24 gennaio scorso) a chiedere allo Stato di “sussidiare” i treni Alta velocità usati dai pendolari, in particolare sulla Torino-Milano e sulla Napoli-Roma. Propone la sottoscrizione di un contratto di servizio, che permetta al gestore di coprire i costi delle corse nelle fasce orarie dedicate agli abbonati, che al mattino e alla sera arrivano ad occupare fino a nove posti su dieci. Un “contratto” come quello rinnovato a gennaio 2017 per dieci anni, che riguarda gli Intercity: fino al 2026, Trenitalia riceverà dal ministero delle Infrastrutture 3,64 miliardi di euro per garantire ogni giorno 108 corse (e dieci in più nei fine settimana), arrivando a coprire in un anno “25,1 milioni di chilometri-treno”.

“Non è stata fatta alcuna vera ‘gara’ -sottolinea il professor Beria-, e siccome tutta la lunga percorrenza verrà privatizzata si tratta di un ‘regalo’ anche ai futuri azionisti”. Che lo Stato continui a sostenere lo sviluppo industriale delle Fs è evidente anche guardando al Piano industriale 2017-2026 del gruppo: su 94,5 miliardi di euro di investimenti previsti, appena 23,2 (il 24,5%) sono in regime auto-finanziamento. Resta una domanda senza risposta: l’azionista unico, e principale finanziatore del gruppo, ha anche il potere di indirizzarne le politiche? Secondo il rapporto Pendolaria 2016 di Legambiente, diffuso a gennaio 2017, ogni giorno dello scorso anno 1,37 milioni di italiani hanno utilizzato i convogli regionali di Trenitalia, mentre i pendolari dell’Alta velocità sono meno di diecimila. Il Parlamento e l’opinione pubblica, però, hanno discusso più del paventato aumento del costo per gli abbonamenti Av, che non dei 412 chilometri di rete ordinaria che risulta “sospesa” per inagibilità dell’infrastruttura, o della riduzione complessiva del servizio Intercity, che nel 2010 copriva una distanza superiore del 20 per cento rispetto a quella prevista nel rinnovato contratto di servizio.

“Una soluzione plausibile per i pendolari sono dei buoni regionali veloci (RV), che costano, ma almeno danno benefici a tutti gli utenti; purtroppo, si è preferito ‘forzare’ questi clienti sui segmenti di mercato, riducendo l’offerta Intercity e ‘spezzando’ i RV” sottolinea Beria. Oggi che il costo degli abbonamenti Av diventa per molti utenti insostenibile, siamo di fronte a un corto-circuito. Sarebbe stata forse sufficiente un’analisi costi-benefici, prima degli investimenti, per valutare anche opzioni alternative. E invece nel 2015 (ultimo bilancio disponibile) Trenitalia ha speso 6 milioni di euro per ristrutturare le carrozze dei vecchi Ic, e 5 milioni per modernizzare le carrozze Bistrot dei convogli Frecciarossa ETR 500. Diciotto ETR 1000 sono costati 623 milioni di euro; con la stessa cifra, avrebbe potuto acquistare cento complessi Jazz dedicati al trasporto regionale (ne sono stati comprati  41, investendo 250 milioni di euro).

DE VAN CAUWENBERGHE A MAGNETTE CHARLEROI RESTE L’EPICENTRE DE LA CORRUPTION WALLONNE (I) : NOUVELLE AFFAIRE DE CORRUPTION AU PS CAROLO AVEC LE DOSSIER DES HOPITAUX ISPPC

LA REPUBLIQUE D’EUROPE/ 2017 05 17/
C’est encore une fois une intercommunale qui se trouve dans la tourmente. L’ISPPC (intercommunale de santé publique du pays de Charleroi) qui gère notamment des hôpitaux importants et des centres de soins dans la région de Charleroi a été la cible d’accusations anonymes, lundi soir. Sur le coup de 18 h 01, soit une minute après le début du conseil d’administration de l’intercommunale qui se réunissait boulevard Zoé Drion à Charleroi, 14 administrateurs sur les 25 que compte le CA ont reçu un mail étrange signé d’un certain “X”. Dans ce mail était évoqué un certain nombre de malversations. Comme, par exemple, “des nominations truquées”, “des marchés publics passés en fraude” pour lesquels “des entreprises doivent inviter les décideurs des cahiers de charges en vacances parfois en Italie”. On évoque aussi des “enveloppes avec des milliers d’euros” qui seraient apportées “aux responsables des achats des cuisines”. Il est également reproché à un membre de la direction, en l’occurrence le directeur général, Philippe Lejeune – épinglé, il y a quelques semaines pour ses rémunérations importantes -, qui est également bourgmestre (PS) de Merbes-le-Château, de s’être fait livrer, lors de la fermeture de l’ancienne implantation de l’hôpital civil, “une grande table et des belles antiquités”, comme “une armoire de pharmacie”. Le mail anonyme évoque encore des marchés publics “truqués”.
On retrouve, enfin, une deuxième accusation à l’encontre de Philippe Lejeune. “Comment expliquez-vous que les repas du bal d’un directeur du CHU qui est aussi bourgmestre se font dans les cuisines de l’hôpital avec du personnel de l’hôpital” et “transportés avec des camions de l’hôpital. Un de mes collègues m’a expliqué que le personnel devait se déclarer bénévole durant la préparation des repas mais récupérait ensuite en stoemeling les heures et avait des promotions pour se taire.” Sur cette dernière accusation, le directeur général, Philippe Lejeune a donné quelques explications mardi matin. S’il se défend d’avoir eu recours à du personnel de l’hôpital pour confectionner des repas destinés à son bal annuel, il reconnaissait quand même sur les antennes de la RTBF qu’il a bien utilisé les cuisines d’un des établissements gérés par l’ISPPC. “La seule chose qui a été réalisée, c’est que, lorsque les cuisines de l’Espace Santé étaient désaffectées, c’est vrai que là, il y avait une machine pour faire des ratas et des choses de ce type-là. Et j’avais demandé à l’époque de pouvoir confectionner juste cet aspect-là, à cet endroit-là.” Il affirme également que ces repas, confectionnés par des “extérieurs”, il les a transportés lui-même jusqu’à son bal à l’aide d’une “camionnette privée”.
* Lire sur LLB :
(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)
LA REPUBLIQUE D’EUROPE/
PCN Wallonie-Bruxelles
* Venez liker la page officielle de
LA REPUBLIQUE D’EUROPE, la page officielle d’information
du PCN Wallonie-Bruxelles …
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Sisma e Opere TAV

Al Presidente della Repubblica prof. Sergio Mattarella

Al Presidente del Senato della Repubblica on. Sen. Pietro Grasso

Alla Presidente della Camera dei Deputati on. Laura Boldrini

Ai Presidenti delle Regioni colpite dagli eventi sismici

Gentilissime Autorità,

svolgo alcune brevi ma allarmanti considerazioni sul contenuto del Decreto Legge n. 50 del 24 aprile 2017, avente, quale titolo, “disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, provvedimento attualmente in corso di conversione alla Camera dei Deputati.

Nel titolo si legge che il decreto ha ad oggetto i doverosi, straordinari, necessari ed urgenti “interventi per le zone colpite da eventi sismici”.

Vorrei soffermare la Vostra attenzione sul vergognoso utilizzo del titolo ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici quale “cavallo di troia” utile ad introdurre un intervento derogatorio alla normativa vigente in tema di approvazione delle Opere Pubbliche. E tale intervento derogatorio, considerato dal Governo “eccezionale ed imprescindibile al Paese”, non ha ad oggetto le necessarie opere riferite alle zone colpite dagli eventi sismici bensì il TAV Torino Lione.

Mi riferisco all’art. 47 comma 9 del Decreto Legge n. 50 del 24 aprile 2017 che, in spregio alla legislazione vigente, consente l’avvio dei lavori propedeutici dell’intera opera TAV – opere in Italia e in Francia – in assenza di qualsivoglia delibera autorizzativa del CIPE. Ricordo che al predetto Comitato è attribuita la competenza ad approvare il progetto definitivo dell’intera Sezione transfrontaliera della Nuova Linea Ferroviaria Torino Lione (art. 3 legge 5 gennaio 2017, n. 1 art. 3).

Il predetto intervento derogatorio risulta essere incomprensibile salvo per i soliti addetti ai lavori in conseguenza dell’immensa provvista di denaro che viene in tal modo sbloccata e resa disponibile: 2,5 miliardi di € !

Ritengo opportuno mettervi a conoscenza che l’attuale esecutivo, ed in particolare il Ministero delle Infrastrutture, artefice del vergognoso intervento derogatorio, è stato oggetto di recentissima censura da parte dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti per aver (il Ministero) sottoscritto l’aggiornamento del contratto di programma con RFI – di vari miliardi di € – in assenza dell’ obbligatorio parere della competente Autorità, violando, così il D. Lgs. 15 luglio 2015, n. 112, normativa quest’ultima in attuazione di direttiva UE in tema di concorrenza.

Gentilissime Autorità, volete abdicare ai Vostri ruoli istituzionali permettendo che in questo Paese continui ad essere considerata straordinaria, necessaria ed urgente la distribuzione di fondi pubblici per appalti di opere e servizi non necessari ?

Nulla ci hanno insegnato gli scandali delle “lenzuola d’oro”, l’arresto di Lorenzo Necci e tutto l’affare Tav definito da alcuni Giudici come “la madre di tutte le tangenti”, fino ad arrivare agli ultimi scandali che hanno creato un vero e proprio terremoto nel Ministero delle Infrastrutture con le dimissioni del capo del dicastero?

Vi siete accorti che al Ministero delle Infrastrutture nulla è cambiato e che il nuovo Ministro, in sostituzione di Incalza, al centro del citato scandalo, ha nominato un personaggio colpito da una citazione a giudizio avanti la Corte dei Conti campana per danno erariale?

Ritengo sia opportuno che Voi siate messi a conoscenza della vergognosa strumentalizzazione del dolore delle popolazioni interessate ai passati eventi sismici.

Alle persone oneste di questo paese riecheggiano ancora le risate di un rappresentante locale dell’esecutivo e le intercettazioni tra imprenditori e politici di vecchio corso dopo il terremoto dell’Aquila.

Vi chiedo di reagire e di mettere gli italiani in condizione di non vergognarsi più delle istituzioni del proprio paese.

Roma, 17 Maggio 2017

Senatore Marco Scibona

Segretario 8a Commissione Lavori pubblici, comunicazioni.