Cosa dite, gli accoglienti svedesi adesso avranno capito che non è la Russia il nemico alle porte ?

Stoccolma1per vedere le numerose foto collegate all’articolo linkare la fonte in fondo
 

Al netto di una situazione in Siria ridimensionata nell’aspetto meramente bellico dell’attacco dell’altro giorno (un Tomahawk costa 1,81 milioni di dollari, mandarne a bersaglio 23 su 59 non pare un risultato dei più brillanti) ma non in quello politico tra USA e Russia, tutto da valutare in base alle prossime mosse (la CNN ha sentenziato che “l’altra notte Donald Trump è diventato davvero presidente” e il Senato americano si è detto certo di avere le prove del coinvolgimento russo nell’attacco chimico, vedremo se come al solito solo a parole), la giornata di venerdì ci ha regalato un’altra perla: ovvero, lo stupore generale nel constatare che il paradiso del multiculturalismo non sia affatto esente da attentati d matrice estremista.
Insomma, la Svezia felix tanto felix non è. Certamente nessuno dei frequentatori di questo blog è stato colto di sorpresa, visto che mi sono scordato il numero di articoli che ho dedicato alla Svezia e alla devastante situazione di degrado sociale creata da decenni di accoglienza senza limiti e welfare a pioggia. Basta mettere in fila qualche dato, d’altronde. E’ stato accolto dall’aperta società svedese Fuad Mohammed Khalad, somalo divenuto capo degli estremisti di Al-Shabaab, così come il capo di Al Qaeda in Iraq: di più, il Paese scandinavo è terzo per numero di foreign fighters in relazione al numero di musulmani residenti, dopo Belgio e Danimarca. E nonostante il governo lo neghi, le forze dell’ordine hanno stilato una lista di cosiddette “no-go areas”, zone in cui la polizia di fatto non entra, se non in casi di conclamata emergenza e in numero massiccio, ovviamente con assetto anti-sommossa: si trovano soprattutto nelle periferie delle grandi aree urbane, Malmoe in testa.
Insomma, il lassismo ha generato un microclima perfetto non solo per l’estremismo islamista ma anche per la creazione di ghetti dove la legge che impera è quella delle gang legate allo spaccio: nemmeno a dirlo, la gran parte dei membri è straniero di seconda o terza generazione.
E’ il caso di Rinkeby, sobborgo proprio di Stoccolma di cui vi ho già parlato in passato e balzata agli onori delle cronache lo scorso anno, quando la troupe del programma “60 minutes” svelò al mondo la quotidianità di questo quartiere composto all’80% da stranieri di prima, seconda e terza generazione, la gran parte dei quali somali dediti ad attività criminali, tanto che in gergo la zona è conosciuta come “piccola Mogadiscio”. Diciamo che l’accoglienza per i giornalisti USA non fu delle migliori.
Nel 2014, tanto per capire l’andazzo, la stazione di polizia del quartiere fu chiusa: il motivo? Essendo stata costruita per servire una comunità svedese, ovvero dedita principalmente a far attraversare la strada ad anziane signore o ritrovare cani smarriti, con gli anni era diventata non solo insicura per i poliziotti ma, addirittura, oggetto di attacchi continui al pari di un fortino assediato dagli indiani: ogni fine settimana, specialmente d’estate, auto in fiamme e pietre e molotov contro la stazione. E nonostante le negazioni formali dell’emergenza da parte delle autorità, il fatto che la situazione a Rinkeby sia fuori controllo lo dimostra questo,
il rendering della nuova stazione di polizia, la quale sarà pronta nel 2019 e costerà 40 milioni di dollari, oltre a un affitto annuale di 1,6 milioni. Le particolarità? Vetri anti-proiettile ovunque, filo elettrificato a protezione, mura e infissi rinforzati e lo status di “luogo a protezione speciale, il che significa che tirare un sasso costa automaticamente un anno di carcere.
Ma non basta: al suo interno lavoreranno 250 persone per una comunità di 15mila, di fatto una ratio di un poliziotto ogni 60 residenti. A Chicago quella ratio è di 270 a 1. Ma tranquilli, non c’è alcuna emergenza legata al degrado e alla criminalità nei quartier svedesi a maggioranza straniera: sono invenzioni, sono solo fake news dei blog populisti come questo.
Insomma, nessuna sorpresa per quanto accaduto nel centro pedonale di Stoccolma. Questo però non vuol dire che non ci siano i soliti dubbi al riguardo, perché il timing appare davvero sospetto. Ammetterete che per riuscire a depotenziare una notizia come quella dell’attacco USA in Siria ce ne volesse ma, alla fine, il risultato è stato ottenuto. Direte voi: se anche si trattasse di un’azione organizzata da qualche centrale del disordine per alzare una cortina fumogena, i tempi per organizzarla sarebbero stati davvero da record. Organizzare cosa? A Nizza, il depresso tossico aveva fatto più di un sopralluogo, aveva rubato il camion usato per la strage e si era creato una via di fuga. A Berlino, stando alla versione ufficiale, Amis Amri aveva preso in ostaggio il camionista polacco da ore, potendo contare su un mezzo con il quale compiere l’azione non appena giunto nella capitale tedesca. Lo stesso per l’attacco con il suv a Westminster due settimane fa, preso diligentemente a noleggio a Birmingham.
 
A Stoccolma il camion è stato rubato “in corsa”, mentre consegnava la birra in un ristorante: insomma, il presunto jihadista, di cui si sono perse ovviamente le tracce, ha atteso che l’autista scendesse per scaricare, è salito sul mezzo e ha dato vita all’operazione. Un po’ campato per aria, come piano: quante ore avrebbe potuto dover attendere, magari invano?
 
C’è poi l’uomo con la felpa grigia e il giubbotto verde, di cui la polizia svedese ha diramato la foto identificativa, premurandosi di dire che non lo riteneva responsabile dell’atto ma voleva parlargli perché, forse, in grado di identificare l’autore: anche qui, diciamo che siamo nel solco investigativo di “Scuola di polizia”. Poi, la svolta: l’uomo è un uzbeko di 39 anni ed è stato fermato, potrebbe essere lui l’attentatore. A suo carico, abiti sporchi di detriti e fuliggine e un “like” messo alla foto dell’attentato alla maratona di Boston (un amante del vintage). Infine, sarebbe saltata fuori anche una bomba artigianale. Per ora, nessun documento d’identità dimenticato nel camion. Insomma, poco lineare l’insieme ma resta un dato di fondo: se fai entrare chiunque, poi è difficile sapere chi ti sei messo in casa. E controllarlo.
Comunque sia, l’effetto panico è stato raggiunto, proprio in quella Svezia che a metà febbraio scorso Donald Trump descrisse come vittima di un attentato legato all’islamismo estremista, facendo andare su tutte le furie il governo di Stoccolma, il quale chiese delle spiegazioni e delle scuse. All’epoca, l’entourage del presidente disse che il tycoon si era confuso, avendo visto recentemente in televisione un servizio dedicato a un attacco compiuto a Sehwan, in Pakistan, dove rimasero uccise 85 persone. Insomma, Sehwan e Sweden suonano più o meno uguali, non vi pare? A voler pensar male, un’altra ipotesi – altrettanto originale, magari – salta fuori. Soprattutto se uno, invece che un telegiornale, guarda un memorandum. Si scherza, ovviamente.
Ma la questione a mio avviso più inquietante è un’altra, perché non più tardi dello scorso inizio di marzo la Svezia aveva tracciato con chiarezza le sue priorità in materia di sicurezza, dimostrando grande risolutezza da parte del governo. Per la prima volta dopo la fine della Guerra Fredda, infatti, la pacifica e neutrale Svezia reintroduceva il servizio militare obbligatorio, abolito sette anni fa. E, in onore del mantra del gender, lo stesso servizio militare riguarderà sia donne che uomini: per il governo di sinistra a guida socialdemocratica del premier Stefan Loefvén, tutti i cittadini nati dal 1999 in poi saranno chiamati a prestare servizio nelle forze armate. Preveggenza per quanto accaduto ieri? No, la ragione della decisione è spiegata chiaramente dai portavoce governativi: la Russia di Putin fa paura.
Ecco come raccontava la decisione “Repubblica”: “Continue violazioni delle acque territoriali da parte di sottomarini-spia della Voyenno-Morskoj Flot, frequenti sconfinamenti di caccia e persino di bombardieri atomici della Voyenno-Vozhdushnye Silij Rossii, fino a grandi aerei strategici vettori di armi nucleari che a transponder spento si mettono a volare sulla rotta d’atterraggio di Arlanda (il più grande dei 4 aeroporti della capitale svedese) con rischi di collisioni e stragi nei cieli. E ancora: propaganda ostile, fake news, spionaggio, cyberwar. Alla fine, Stoccolma ha deciso di reagire. In corsa”. Me cojoni, come dicono a Goteborg.
 
Ma non basta. “Allo stesso tempo, il governo rossoverde è pronto ad accogliere subito l’appello urgente dello stato maggiore interforze delle forze armate reali per un rapido, consistente aumento delle spese militari. Per dotare le forze svedesi – modernissime ma puramente difensive – di più armi dell’ultima generazione: i supercaccia Saab JAS 39 Gripen continuamente aggiornati, i nuovi sottomarini invisibili che Saab-cantieri sta sviluppando in corsa, e carri armati pesanti: la versione già in servizio prodotta su licenza e migliorata dai tecnici svedesi del Lopard 2 tedesco è ritenuta un’arma che forse è nel campo dei tank quanto di meglio il mondo libero schieri in risposta al temibilissimo T-14 Armata, il più nuovo panzer delle forze della federazione russa”. Me cojoni bis, siamo alle prove generali di scontro. Ora, al netto che Mosca potrebbe invadere il Baltico e la Scandinavia in due giorni, se davvero volesse, vi pare che con la situazione interna della Svezia, la priorità assoluta sia la deterrenza verso la Russia di Putin? A quanto pare sì, perché queste fotografie ci dimostrano come la russofobia sia diventata ormai patologica in Svezia, tanto i 65mila bunker anti-atomici costruiti durante la Guerra Fredda stanno subendo in questi giorni lavori di manutenzione e miglioramento, il tutto in caso di invasione russa del Paese.
Già oggi, i rifugi proteggono da esplosioni, radiazioni e agenti chimici ma le esercitazioni militari russe sul confine hanno spinto le autorità a farli ulteriormente migliorare, rendendoli soprattutto immediatamente pronti all’uso. Di fatto la Svezia, una nazione di 9,5 persone, riattiva la leva obbligatoria e fa revisionare in fretta e furia i bunker anti-atomici per timore di Mosca. Delle due, l’una: o il rischio è imminente come ci dice l’operazione sui rifugi o è di medio termine, come suggerirebbe la mossa del servizio militare, visto che non si addestra la gente nell’arco di due settimane. Soprattutto per fronteggiare l’esercito russo. Tant’è, il governo svedese aveva trovato un nemico da additare alla popolazione e un motivo per espandere il budget difensivo, nonostante lo status di neutralità. Che dite, dopo ieri gli svedesi avranno rivisto le loro priorità in fatto di sicurezza? E, cosa più importante, sapranno rispondere come si deve ai loro governanti, quando torneranno alle urne il prossimo anno?
Mauro Bottarelli – 08/04/2017 Fonte: Rischio Calcolato

DIGOS INATTENDIBILE!!!

Tav: teste Digos ‘inattendibile’, giudice assolve No Tav
TORINO
(ANSA) – TORINO, 2 MAG – “Sono del tutto inattendibili” le dichiarazioni di un sovrintendente della Digos e, anche per questo, un giudice del tribunale di Torino, Maria Iannibelli, ha assolto tre No Tav della Valle di Susa dall’accusa di avere violato la ‘zona rossa’ interdetta al passaggio vicino al cantiere di Chiomonte.
I tre (Giovanni Conti, 65 anni, Massimo Alovisi, 45 anni, e Guido Fissore, 72 anni, consigliere comunale in un Paese della zona) erano imputati per il mancato rispetto di un’ordinanza prefettizia. L’episodio risaliva al 31 luglio 2015. I No Tav si erano avvicinati dopo avere guadato un torrente: “Per sicurezza – hanno detto in aula – ci siamo fermati prima dell’imbocco con via dell’Avanà, a un metro o due di distanza”. Il commissario, però, aveva riferito di averli “fermati nel momento in cui hanno messo piede su via dell’Avanà”. Incrociando le testimonianze di altri testi (fra cui dei poliziotti) e “soprattutto la visione di filmati e riprese video”, la giudice – come si legge nelle motivazioni – ha stabilito che “gli imputati non penetrarono nell’area interdetta e non circolarono sulla via dell’Avanà”.
(ANSA).

Cercasi Rivoluzione Colorata

lukashenko

Scongiurata l’eventualità, desiderata in Occidente, di una nuova Maidan a Minsk; la palla passa a Belgrado, dove l’elezione di Aleksandr Vucic (colui che ha dichiarato: “mai con la NATO che ha ucciso i nostri bambini”) ha già scatenato le usuali proteste di piazza, dall’usuale carattere “eterogeneo” ed “apartitico”, al grido: “via il dittatore”.

Il 25 marzo, grazie ad efficaci misure preventive, gli organi di sicurezza bielorussi sono riusciti ad evitare quella che già ci si preparava a definire come “un’azione di massa contro il regime Lukashenko” e “la più grande manifestazione di piazza contro il regime da 23 anni a questa parte”. Nonostante l’altrettanto preventivo appoggio di USA e UE, i cosiddetti “bielorussi arrabbiati e indignati” scesi in piazza a Minsk, ovviamente privi di autorizzazione, sono stati meno di 1500, con l’aggiunta di qualche centinaia in più negli altri centri principali del Paese: Gomel, Grodno, Vitebesk e Brest. Il “Bat’ka” Aleksandr Grigorevic Lukashenko recentemente, anche per attirare ulteriormente l’attenzione di Mosca, non ha mai smesso di sottolineare il pericolo che “qualcuno” avrebbe potuto indirizzare le proteste verso progetti ben più radicali ed estremisti della mera indignazione di fronte alla cosiddetta “legge anti-parassiti”; ed ha accusato l’Ucraina (quella stessa Ucraina che solo poco tempo prima definiva come “fraterna” ed in lotta per l’indipendenza – sic!), Lituania e Polonia di addestrare sabotatori a tale scopo. E la data del 25 marzo, nelle menti degli oppositori al Presidente, si poneva come termine ideale per l’eventuale estremizzazione della conflittualità interna. La data del 25 marzo ha infatti una forte valenza simbolica nella storia della Bielorussia. Il 25 marzo di novantanove anni fa, nel contesto del Primo Conflitto Mondiale e della successiva Rivoluzione russa, un gruppo di presunti “democratici” diede vita ad una altrettanto presunta Repubblica Popolare di Bielorussia che si pose immediatamente sotto la protezione del Kaiser tedesco. Un atteggiamento ripetuto da quegli stessi presunti democratici durante la Seconda Guerra Mondiale, quando, in aperta cooperazione col nazismo, trasformarono la terra bielorussa in un inferno. Una tragedia ben raccontata dal capolavoro di Elem Klimov Va e Vedi.
 
Le forze di sicurezza, nel contesto dell’arginamento preventivo della protesta, hanno scoperto dei veri e propri arsenali in alcune abitazioni di attivisti legati all’organizzazione illegale Legione Bianca: un gruppo sovversivo apertamente simpatizzante con le organizzazioni neo-naziste paramilitari che hanno fatto la fortuna del regime golpista ucraino, prima fra tutte il già tristemente famoso Battaglione Azov. Un breve excursus per meglio capire quale sarebbe dovuto essere il motivo scatenante le proteste si rende necessario. Il decreto presidenziale n.3 sulla prevenzione della dipendenza sociale (l’ormai celeberrima legge anti-parassiti), promulgato nel 2015, imporrebbe il pagamento di una tassa per tutti coloro che lavorano meno di 183 ore all’anno pur essendo abili. Tale imposta sarebbe imponibile anche su liberi professionisti e casalinghe (a meno che non siano madri di almeno tre figli). Il totale da pagare sarebbe di 460 rubli (230 euro più o meno); cifra abbastanza significativa in un Paese in cui lo stipendio medio si aggira intorno ai 300 euro mensili. Secondo il Ministero delle Finanze, dalla sua entrata in vigore, la suddetta tassa avrebbe dovuto far recuperare alla nazione 400 miliardi di rubli. Cifra che si presumeva di riutilizzare per finanziare progetti infrastrutturali e di modernizzazione. Tuttavia, dei 470.000 bielorussi, identificati come potenziali “parassiti”, al 20 febbraio, data termine per il pagamento, solo il 10% ha pagato. Ovviamente la tassa ha fatto scatenare le proteste dell’opposizione nelle persone dei suoi principali leader Nikolaij Statketic, il poeta Vladimir Nekliev (entrambi ex candidati alle presidenziali del 2010) e Anatolij Lebedko; leader del Partito Civile Unito. E già sul finire di febbraio ed in marzo alcune timide manifestazioni di protesta erano state inscenate nelle principali città bielorusse.
 Proteste anti-governative a Minsk nel febbraio di quest'anno
Proteste anti-governative a Minsk nel febbraio di quest’anno
 
É un dato di fatto che la tassa inventata dal governo fosse solo un tentativo, quasi disperato, di recuperare liquidità in un momento di estrema difficoltà sul piano economico e politico. Alcune recenti dichiarazioni di Lukashenko, ed il suo tentativo di sviluppare una politica estera plurivettoriale, hanno palesemente infastidito il Cremlino che lamenta mancati introiti sulla fornitura di idrocarburi alla Bielorussia per 22 miliardi. Ma le scaramucce tra i due Paesi vicini non si sono limitate a questioni di natura economica. La posizione della Bielorussia rispetto alla questione ucraina, infatti, rimane ancora ambigua. Lukashenko intrattiene spesso lunghe conversazioni telefoniche con Petro Poroshenko e, al contrario della Russia, ha scelto di non riconoscere i documenti rilasciati dalle Repubbliche separatiste del Donbass. Inoltre, recentemente, erano stati ristabiliti i controlli doganali alla frontiera tra Russia e Bielorussia. Nonostante tutto, Lukashenko ha garantito che il suo paese non svolterà mai ad Occidente (anche perché non aspira a pagare il gas a prezzo maggiorato dai costi di reverse dei paesi occidentali che forniscono alla vicina Ucraina lo stesso gas russo). E la Bielorussia non entrerà mai nella NATO. Lukashenko ha dichiarato: “La Russia è sacra, ma l’indipendenza vale più di qualsiasi altra cosa”. Tuttavia, risulta quantomeno paradossale l’invito che proprio il Bat’ka, in spregio al segreto militare, ha rivolto agli osservatori nordatlantici di visionare le prossime esercitazioni congiunte Russia-Bielorussia di settembre.
 
Insomma, Lukashenko cerca di ottenere i massimi vantaggi possibili da una situazione alquanto controversa. Il rischio di un nuovo contagio “colorato” è ancora nell’aria. Il Ministro delle Difesa russo Sergeij Sojgu ha spesso indicato nella Bielorussia la prossima tappa delle rivoluzione colorate sorosiane. E la strategia del Bat’ka è abbastanza chiara: sfruttare i timori russi di un nuova Ucraina ai suoi confini per ottenere maggiori concessioni economiche. Concessioni che puntualmente sono arrivate durante il meeting di San Pietroburgo, svoltosi negli stessi giorni del vile attentato terroristico alla metropolitana dell’ex capitale dell’era pietrina. Lukashenko ha di fatto ottenuto il rifinanziamento del debito nei confronti della Russia, alcune agevolazioni in tema di tariffe energetiche a partire dal 2018 e, sempre a partire dal 2018, lo sviluppo di regole volte a favorire la creazione di un mercato comune per gas ed energia elettrica: obiettivo di assoluta priorità per la Bielorussia e previsto da tempo all’interno della progetto di rafforzamento istituzionale dell’Unione Eurasiatica.
 
 img
Lukashenko e Putin
 
Tali concessioni hanno permesso a Lukashenko di tirare un sospiro di sollievo. Soprattutto perché, almeno per ora, non sarà necessario rivolgersi al FMI per ottenere crediti utili a coprire il debito estero. Visto e considerato che proprio il FMI stava già preparando la sua ricetta di riforme strutturali neoliberiste (riforme di mercato, tagli alle garanzie sociali, congelamento di salari e pensioni) da imporre in cambio dell’eventuale concessione del credito. Se la Bielorussia, almeno per il momento, ha evitato il contagio sorosiano, da qualche giorno, in Serbia, una nuova protesta ad oltranza si è prefissata l’obiettivo di rovesciare l’esito delle recenti elezioni che hanno visto trionfare, sulla disgregata opposizione, l’ex Primo Ministro uscente Aleksandr Vucic con il 55% dei consensi. Aleksandr Vucic, leader del Partito Progressista Serbo, europeista ma in ottimi rapporti tanto con la Russia quanto con la Cina, ha spesso paventato la possibilità di uno “scenario macedone” durante la campagna elettorale. Tuttavia, lo spettro dell’ingovernabilità non si è palesato e l’esito delle elezioni gli ha garantito un vasto consenso popolare (nonostante il fatto che, in alcune circoscrizioni, sarà necessario ripetere il voto; cosa che comunque non potrà influire sul già determinato risultato). Cosa che i manifestanti non sembrano aver gradito accusandolo di dittatura e di possedere un capillare controllo sui media. Gli organizzatori della protesta, che si professano come estranei a logiche di partito, patriottici e liberi da qualsivoglia aggancio esterno al paese, hanno già smentito se stessi dichiarando che, alla pari di Vucic, anche Milosevic vinse le elezioni (sic!). Essere l’unico paese dell’area, insieme alla Macedonia (anche se nel caso macedone la cosa è dovuta alla diatriba sul nome con la vicina Grecia), a non aver aderito alla NATO ha un suo prezzo da pagare.
di Daniele Perra – 10 aprile 2017

POURQUOI MARINE LE PEN EST EN REALITE AUX ANTIPODES DE TRUMP ? LA COMMUNAUTE JUIVE FRANCAISE ET LES LOBBIES PRO-ISRAELIENS CONTRE LE FN …

# LUC MICHEL CONFIDENTIEL/ 
LUC MICHEL/ 2017 05 02/
Israel-mag-marinelepen
Marine Le Pen mène comme en tout le politique du gros bluff « à la Goebbels » (« plus le mensonge est gros plus il sera cru » disait-il) et fait croire qu’elle serait « la Trump française ». Et la machine de propagande de Macron (pourtant le candidat des USA) l’associe au détesté président américain. Il s’agit là d’un effet miroir où anti-FN et lepénistes se renvoie sans cesse les mêmes images, c’est là la base même du scénario du Système et les Le Pen, en réalité candidats du Système, y jouent leur rôle. Le journaliste Renaud Dély décrit bien cela dans son dernier livre « Marine Le Pen, une bobo chez les fachos ». Marine et les réseaux Macron oublient un détail : la candidate néofasciste est aux antipode de Trump, précisément sur la question du soutien des communautés juives et des lobbies pro-israéliens !
CES LOBBIES QUI ONT PORTE TRUMP AU POUVOIR AUX USA SONT EN FRANCE LES ENNEMIS RADICAUX DES LE PEN !
Trump est l’élu d’un scénario politique, il avait le départ dès le départ le soutien des plus puissants lobbies des USA : lobby militaro-industriel (avec son club de 120 généraux et amiraux, qu’il a portés au pouvoir), lobby du Pétrole, lobby du charbon et des hydrocarbures de schiste, lobby des armes NRA (« je suis un de vos amis » disait-il encore il y a quelques jours). Mais surtout le plus puissant de tous, les « faiseurs de roi » de l’AIPAC, le lobby pro-israélien. Ami du président du Congrès juif mondial (auquel il a été associé), beau-père du dirigeant sioniste Jared Kuchner (sa fille Ivanka s’étant convertie au judaïsme), partisan avec le vice-président Pence à 200% d’Israël, Trump vit d’après le TIMES OF ISRAEL une « lune de miel » avec l’AIPAC et le LIKUD au pouvoir à Tel-Aviv. Aux antipodes, Marine, fille du très haï Jean-Marie Le Pen antisémite et négationniste, dont le parti comprend des négationnistes dans ses dirigeants (Gollnisch condamné, Jalk au cœur du dernier scandale, Duprat l’ex secrétaire-général assassiné jadis), est la bête noire des lobbies pro-israéliens et juifs français. De partout tombent les condamnations sans appel. Et Marine qui maîtrise mal des discours écrits par ses « spindoctors » s’est même enfoncée avec ses propos sur la « raffle du Vel d’Hiv » de 1942.
L’ECHEC DE LA « DANSE DU VENTRE » MARINISTE VERS ISRAEL
Le média PANAMZA (une source pointue que personne n’ose citer, moi je n’ai aucune censure quand la source est sérieuse) explique que Marine Le Pen et ses conseillers (dont son concubin Alliot, le vrai patron du parti mariniste, issu d’une famille juive pied-noir d’Algérie) ont pourtant pris conscience très tôt et tenté de séduire juifs de France et israéliens du Likud et de la Droite ultra-radicale israélienne, multipliant voyages en Israël et manoeuvres de séduction. 
Une « danse du ventre » dit PANAMZA qui a échoué : 
« Député UDI, soutien de François Fillon et porte-parole officieux en France de Benyamin Netanyahou depuis 1992, l’extrémiste sioniste Meyer Habib a publié dimanche 30 avril un appel pour voter Macron afin de contrer le tandem Le Pen/Dupont-Aignan. Ce dernier est qualifié par Habib d’« anti-israélien notoire ». Le 5 avril, dans un entretien accordé au site juif et israélien Akadem, Habib avait confirmé une information regulièrement développée par Panamza : Le Pen et le Front national ont effectivement tenté à maintes reprises de se rapprocher du lobby sioniste en général et du gouvernement israélien en particulier. «C’est beaucoup trop tôt», assène Habib qui rajoute que «Le Pen ne passera pas». »
DUPONT-AIGNAN OU LA CIRCONSTANCE AGGRAVANTE !
On notera que l’alliance opportuniste avec Dupont-Aignan, ce soi-disant « souverainiste » post-gaulliste qui a franchi le pas du néofascisme, éloigne encore plus Martine Le Pen du camps pro-israélien, aussi bien à Paris qu’à Tel-Aviv. Car Dupont-Aignan a toujours développé des positions anti-israéliennes et pro-palestiniennes radicales. Ajoutant à la confusion de cette candidate attrape-tout qui rassemble extrémistes juifs, négationniste, antisémites (dont son père) …
« Nicolas Dupont Aignan: Un anti israélien notoire rejoint Marine Le Pen » dit aussi Meyer Habib (media israélien LPH) : « Je connais Nicolas Dupont-Aignan, qui est mon voisin a l’Assemblée nationale depuis 4 ans. Son ralliement à la candidate du Front national vendredi dernier ne fut pas une réelle surprise. S’il a trahi son engagement gaulliste par opportunisme politique et financier, je ne doute pas que l’anti-israélien s’est facilement accommodé des ambiguïtés plus que dérangeantes du Parti de Le Pen à l’égard d’Israël et des Juifs ».
L’INFO VITE OUBLIEE :
LE PRESIDENT ISRAELIEN ACCUSE MARINE LE PEN D’UN NOUVEAU NEGATIONNISME « PLUS DANGEREUX ET PLUS DESTRUCTEUR » !
Le président israélien Reuven Rivlin a accusé le 24 avril derrnier Marine Le Pen de « participer à un nouveau genre de négationnisme » en rejetant la responsabilité du gouvernement français dans la Shoah.
Que dit-il ?
« Le message émergeant très fréquemment de récentes déclarations politiques est extrêmement inquiétant. Et partout ce message est le même: ‘nous ne sommes pas responsables de l’Holocauste, nous ne sommes pas responsables de l’extermination des juifs à l’intérieur de nos frontières’, a déclaré Rivlin lors d’un discours prononcé à l’occasion de la journée dédiée en Israël à la mémoire des six millions de juifs exterminés lors de la Seconde Guerre mondiale. C’est ainsi par exemple qu’un candidat à l’élection présidentielle française a nié la responsabilité de la France dans la déportation de ses citoyens juifs vers les camps de concentration et les camps de la mort nazis. »
Marine Le Pen avait dit le 9 avril penser que « la France n’était pas responsable du Vel d’Hiv », l’arrestation puis la déportation de 13.000 juifs à Paris en 1942. Elle était alors interrogée sur la décision du président Jacques Chirac de reconnaître en juillet 1995 la responsabilité de la France dans la rafle. Israël avait condamné les propos de Marine Le Pen comme « contraires à la vérité historique ». « Le déni de responsabilité pour les crimes commis au cours de la Seconde Guerre mondiale est un déni de l’Holocauste d’un genre nouveau, plus destructeur et plus dangereux que celui que nous avons connu jusqu’à présent », a ajouté le président israélien. « Les négationnistes traditionnels se situaient en marge de la droite ou de la gauche, avec un succès minimal », selon lui. Le « déni actuel vise un but plus sophistiqué, non pas la négation de l’existence du génocide lui-même, mais la transformation des gouvernements nationaux et des institutions de l’époque en victimes », a-t-il déclaré.
La politique officielle israélienne est « de n’avoir aucun contact avec le Front national présidé par Mme Le Pen » et accusé d’antisémitisme. Elle a été réaffirmée fin janvier, à la suite de la visite en Israël du numéro trois du FN, Nicolas Bay.
LUC MICHEL / CONFIDENTIEL 
* Lire aussi :
Luc MICHEL, LE FN AU SERVICE DU SYSTÈME : COMMENT MARINE LE PEN VIENT DE SE SABORDER POLITIQUEMENT !
* Photo : Marine Le Pen drague l’électorat juif depuis longtemps. La couverture d’Israel Magazine (mai 2011) ci-dessus rappelle que l’intérêt des médias israéliens pour Marine Le Pen n’est pas neuf. Toute cette « danse du ventre » pour finir étiquettée « négationniste » …
_________________________
LUC MICHEL CONFIDENTIEL est une nouvelle série de dépêches d’actualité éditées par le géopoliticien Luc MICHEL pour son Groupe multimedia : nous vous disons tout et vous dévoilons le dessous des cartes dans une optique opposée aux médiamensonges des médias occidentaux et de leurs clones des soi-disant « nouveaux médias africains » sur les événements qui secouent le monde …
_______________

Cina: a maggio forum su Via della Seta, partecipa anche Gentiloni

http://www.agi.it/rubriche/asia/2017/04/20/news/cina_a_maggio_forum_su_via_della_seta_partecipa_anche_gentiloni-1701344/

Pechino – La cooperazione internazionale sulla nuova Via della Seta lanciata nel 2013 da Xi Jinping sara’ il tema del summit di Pechino del 14 e 15 maggio prossimi, annunciato dal ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. Ventotto tra capi di Stato e di governo saranno presenti al forum pechinese: tra questi ci sara’ anche il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. In totale saranno presenti circa 1200 delegati provenienti da 110 Paesi, tra cui imprenditori, funzionari, finanziatori e rappresentanti di 61 organizzazioni internazionali. L’idea di creare un forum ad hoc per la cooperazione lungo l’antica via della seta, ha sottolineato Wang, nasce anche dal successo dei due precedenti summit organizzati dalla Cina: il vertice dei leader dei Paesi Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) di novembre 2014, e il G20 di Hangzhou del settembre scorso, che hanno contribuito a creare l’immagine attuale della Cina sul palcoscenico internazionale.

Tra i temi che verranno sviluppati nella due giorni pechinese, Wang ha identificato tre grandi aree: ricerca del consenso sui principi di cooperazione; identificazione delle aree di cooperazione e quelle che avranno una priorita’ piu’ alta; attivazione di progetti specifici. “La ripresa economica globale e’ ancora fragile e la situazione in molti Paesi e’ meno che ideale”, ha commentato il ministro degli Esteri cinese: “Dobbiamo trovare nuovi sentieri per la crescita e vogliamo trovare una nuova e piu’ efficace piattaforma” per la cooperazione. Secondo gli ultimi dati del Ministero del Commercio cinese sugli investimenti cinesi nei Paesi che si stendono lungo l’antica Via della Seta, nel primo trimestre 2017 hanno raggiunto quota 2,95 miliardi di dollari, per un totale di 43 Paesi raggiunti, che contano per il 14,4% del totale degli investimenti delle imprese cinesi all’estero, in crescita rispetto al 9% dello stesso periodo dello scorso anno.

Dal 2013 a oggi, sono stati investiti dalla Cina oltre cinquanta miliardi di dollari nei Paesi toccati dall’iniziativa di sviluppo infrastrutturale cinese e sono state create 56 aree di cooperazione economica e commerciale che hanno generato 1,1 miliardi di dollari di ricavi fiscali e hanno contribuito a creare 180mila posti di lavoro a livello locale.

Un’iniziativa complessa, quella lanciata quattro anni fa dal presidente Xi Jinping, che si compone anche di un fondo creato appositamente, nel 2014, per i progetti lungo la Via della Seta, il Silk Road Fund, e una banca regionale di Sviluppo, la Aiib (Asian Infrastrutture Investment Bank) lanciata ufficialmente a Pechino nel gennaio 2016 e che ha gia’ promosso dodici progetti di sviluppo infrastrutturale nell’Asia centrale e meridionale. Il progetto non convince tutti, e sul piano di sviluppo infrastrutturale tra Asia ed Europa si erano addensati diversi dubbi nel corso degli anni. “Molti sono preoccupati dalla ‘One Belt, One Road’. Alcuni, inizialmente l’avevano identificata come un nuovo piano Marshall”, spiega ad Agi Li Lifan, vice direttore del Centro di Ricerca sull’iniziativa “Belt and Road” dell’Accademia di Scienze Sociali di Shanghai. “Perche’ la Cina sta lanciando questo programma? Perche’ la Cina ha ricevuto benefici dalla globalizzazione e ha capito che nei Paesi periferici c’e’ molto bisogno di ammodernamento delle infrastrutture industriali”. 

20 aprile 2017 ©

SBUFFANDO ATTRAVERSO IL ‘UNA CINGHIA, UN ROAD’ ASSE FERROVIARIO VERSO IL NULLA

http://www.scmp.com/week-asia/business/article/2089507/puffing-across-one-belt-one-road-rail-route-nowhere

 

Rispetto al mare o aria, il servizio di trasporto Europa-Cina proprio non ha senso economico o ambientale, o andare o venire

CON TOM HOLLAND

24 APR 2017

Ondata di persone le bandiere cinesi e dell'Unione in quanto rappresentano per fotografie durante la partenza di un treno merci contenitori adibiti al trasporto carichi di merci provenienti dal Regno Unito in rotta a Yiwu, nella provincia cinese orientale di Zhejiang.  Foto: AFP

People wave Chinese and Union flags as they pose for photographs during the departure of a freight train transporting containers laden with goods from the UK en route to Yiwu in the eastern Chinese province of Zhejiang.

Due settimane fa, mane fa , un treno merci 34-carro trundled fuori del terminal container London Gateway on Thames foce del Regno Unito diretto a di Yiwu nella provincia di Zhejiang in Cina. E ‘ancora in cammino. Mentre leggete questo, sarà trasportando il suo carico di prodotti farmaceutici, pillole di vitamine, latte per neonati, bevande analcoliche e whisky scozzese in tutta l’Asia centrale. Si prevede di arrivare alla sua destinazione finale verso la fine di questa settimana, probabilmente il Venerdì.

Con il tempo lo fa tirare in Yiwu, il treno avrà completato un viaggio epico, sbuffando 12 mila chilometri in nove paesi in 18 giorni, con più soste lungo il percorso per passare locomotive e camion per far fronte a tutti i cambiamenti in calibri ferroviari e di segnalazione sistemi.

Il primo in assoluto treno merci dalla Gran Bretagna alla Cina ha iniziato il suo viaggio di mammut il Lunedi lungo una moderna “Via della Seta” rotta commerciale come la Gran Bretagna occhi nuove opportunità dopo che lascia l’Unione europea. Nel complesso, il modello di business economico del trasporto di materiale da terreno di oltre 12 mila chilometri in 18 giorni è in dubbio, però. Foto: AFP

Il primo di quello che è destinato ad essere un servizio di trasporto ferroviario di merci in direzione est regolare tra Londra e la Cina, il treno era la sua partenza debitamente salutato dai media di stato cinesi come punto di riferimento successo per il presidente Xi Jinping ( 習近平 progetto) pet “Belt e Road” di estendere influenza economica della Cina in tutta l’Asia verso l’Europa. Il ministro commercio britannico Junior tirato fuori a sventolare fuori è stato segnalato per essere “felice” è stato lasciato.

Forse era. Ma mentre la complessità logistica coinvolti nel montaggio del nuovo servizio è innegabilmente impressionante, le affermazioni fatte per i suoi benefici economici e ambientali non riescono a resistere al controllo.

Camion trasportano container in un porto a Qingdao, provincia dello Shandong est della Cina. Spedizione in treno dalla Cina all’Europa sarebbe più veloce di quanto per mare, ma anche molto più costosi. Foto: AFP

Mettiamo da parte l’incredulità che ci potrebbe essere un qualsiasi soft drink britannico per il quale esiste una tale domanda in Cina, che avrebbe senso commerciale di produrre la roba nel Regno Unito e camion che in treno in tutta l’Asia, piuttosto che semplicemente rendendo più concentrato in Cina . Irn-Bru forse? Sembra quasi concepibile.

Invece, è l’affermazione fiato che il servizio ferroviario è più conveniente di trasporto aereo e più velocemente di quanto il trasporto via mare che ha bisogno di un esame più approfondito. Questo è senza dubbio vero, ma di per sé non è certo un punto di vendita. Si potrebbe altrettanto bene sottolineare che ferroviario è più lento di trasporto aereo e più costoso di trasporto marittimo, che naturalmente è altrettanto vero. La vera domanda è che cosa la domanda è lì per il nuovo servizio, in direzione est o ovest. La risposta è: molto poco.

A contenitori adibiti al trasporto treni merci carichi di merci provenienti dal Regno Unito, è preparato prima della partenza dal deposito di merci su rotaia di DP London Gateway mondo in rotta verso la Cina. Londra è la 15 ° città ad essere legata a una nuova rete di trasporto offerto dalla statale China Railway Corporation, che viene annunciata come più conveniente di trasporto aereo e più veloce di spedizione via mare. Foto: AFP

Eastbound tassi di container marini dall’Europa alla Cina vertiginosamente all’inizio di questo mese. La settimana il nostro treno è partito, è costato poco più di US $ 1.500 per spedire un container di 40ft via mare dall’Europa alla Cina. Il costo di invio dello stesso contenitore su rotaia è stato citato a US $ 2.500, i due terzi più costoso. Il differenziale di costo tra i servizi diretti a ovest era ancora più ampia, con l’invio di container dalla Cina verso l’Europa in treno due volte e mezzo più costoso per mare.

Sì, rotaia è più veloce, prendendo circa la metà del tempo del viaggio in mare. Ma è difficile pensare a qualsiasi prodotto per il quale varrebbe la pena di pagare un premio tale pesante per arrivare a destinazione in 18 giorni anziché 35. prodotti di alto valore – Farmaceutica costosi, alimenti deperibili, componenti elettronici di valore che deve arrivare in programma per conformarsi alle rigorose strategie di gestione delle scorte just-in-time – andare in aereo, soprattutto in considerazione della ulteriore controllo delle condizioni ambientali che le offerte di trasporto aereo. Praticamente tutto il resto perde poco o nulla prendendo la barca lenta.

La Cina può davvero fornire Singapore cacciatrice della Malesia?

Certamente whisky scozzese, che ha tipicamente speso 10 anni o più di stagionatura in cantine umide Highland, non ha grande bisogno per raggiungere il mercato un paio di settimane prima. Né le scarpe e le calze che costituivano gran parte del carico del primo servizio ferroviario diretto a ovest dalla Cina al Regno Unito all’inizio di quest’anno guadagnare nulla per arrivare qualche giorno prima al doppio del costo.

Né può il servizio ferroviario essere scalata fino alla misura in cui avrebbe potuto competere con il trasporto marittimo per l’economia. Una sola nave container di grandi dimensioni può trasportare 10.000 40ft scatole tra Europa e Cina in cinque settimane. Per spostare le caselle su rotaia richiederebbe 294 dei treni che hanno lasciato Londra due settimane fa. E per farli tutti a destinazione entro cinque settimane, avrebbero dovuto lasciare a intervalli di non più di 80 minuti l’uno dall’altro costantemente per 17 giorni.

Un Boeing 777 aereo Air China Cargo viene caricato a Lautzenhausen, Germania. trasporto aereo di merci è più costoso che il trasporto merci, ma offre anche la consegna più veloce e più controlli ambientali su materiali trasportati. Foto: EPA

Supponendo un costo medio molto modesta di US $ 2 milioni per chilometro, l’aggiornamento del sistema euro-asiatica merci ferroviario per gestire tali volumi – in entrambe le direzioni – costerebbe almeno US $ 50 miliardi. Probabilmente sarebbe stato molte volte di più. In breve, trasporto ferroviario di merci intercontinentale come propagandato dai sostenitori “cintura e la strada” non può mai essere economica.

Gli investimenti passivi difetto fatale soffrono

Infine, i promotori della linea ferroviaria sostengono che merci su rotaia è meno dannosi per l’ambiente di spedizione via mare. Con i treni trainati da locomotive diesel da 3.000 cavalli, un rapido calcolo di back-di-un-busta dimostra che ci vuole un po ‘più di 30.000 kilowattora di energia per il trasporto di un unico contenitore tra l’Europa e la Cina. Trasporto della stessa scatola su una grande nave container con 110.000 motori di cavalli vapore utilizza circa 6.700 ore kilowatt di energia, o di meno di un quarto tanto.

Certo, combustibile bunker marino è sporco di gasolio, ma non di molto. In breve, il trasporto via mare emette una frazione dell’inquinamento del trasporto in treno. affermazione di una maggiore compatibilità ambientale appassionati ferroviarie è flat-out sbagliato.

Così l’hype che circonda il nostro treno, ancora sbuffando la sua strada da Londra a Zhejiang, semplicemente non regge. L’idea di una “cintura e Road” percorso cargo ferroviario tra l’Europa e la Cina rimane niente di più che una curiosità fantasiosa.

Tom Holland è un ex membro dello staff Scmp che è stato iscritto circa gli affari asiatici per più di 20 anni

REVISIONNISME A KIEV : LA PRESSE ISRAELIENNE RAPPELLE LE VRAI VISAGE DE L’UKRAINE DE POROSHENKO ET SES RACINES FASCISTES ET ANTISEMITES !

LM pour NOVOROSSYIA INFO/
2017 05 02/
bandera-635x357
Schyzophrénique Ukraine, avec son président juif (qui a pris le nom en politique de son épouse ukrainienne) et un premier ministre juif, avec son régime dominé par des oligarques juifs comme Kolomoievski (dirigeant du Congrès juif mondial). Mais aussi ses milices et garde nationale néofaascistes, ses « bataillons spéciaux » comme Azov (financé par les dits oligarques et qui arbore l’emblème de la division SS Das Reich), qui protègent le nouveau régime …
La presse israélienne s’indigne de ce climat trouble, dissimulé par les médias de l’OTAN (Souvenez-vous de BHL proclamant « il n’y a pas de néonazis ici » devant une foule brandissant les drapeaux du parti néofasciste Svovoba). Et expose que « le parquet ukrainien a lancé une enquête pour meurtre contre un ancien officier juif soviétique, soupçonné d’avoir tué un nationaliste en 1952 » … Le TIMES OF ISRAEL semble ignorer que l’Armée rouge a du combattre des maquis terroristes néofascistes en Ukraine et dans les Pays baltes, en liaison avec la CIA et les réseaux allemands de l’ex général nazi Gehlen, passé au service des américains, jusque 1952 …
Le TIMES OF ISRAEL rappelle aussi qui est Stepan Bandera, le héro national de la nouvelle Ukraine pro-occidentale : « Manifestation célébrant l’anniversaire de Stepan Bandera, un collaborateur nazi dont les troupes ont tué des milliers de juifs, à Kiev, en Ukraine, le 1er janvier 2017 (…) Stepan Bandera, personnage controversé en Ukraine où beaucoup le considèrent comme un héros national et symbole de la lutte pour l’indépendance de cette ex-république soviétique alors que d’autres l’accusent d’avoir collaboré avec les nazis (…) Suite à une révolution sanglante en 2014 qui a libéré une vague de sentiment nationaliste en Ukraine, l’Etat a célébré l’héritage de différentes personnalités de l’Organisation des nationalistes ukrainiens et de sa branche armée, l’UPA, notamment des commandants accusés d’avoir été responsables du meurtre de milliers de Juifs et de Polonais. L’un de ces commandants est Stepan Bandera. Une grande statue le représentant est présente dans la ville de Lviv, et plusieurs rues du pays porte son nom, notamment à Kiev. Un autre est Roman Shukhevych, qui a récemment été salué par le directeur de l’Institut du souvenir national ukrainien, une organisation publique, comme « l’une des cinq personnalités éminentes qui ont changé le cours de l’Histoire ». »
* A faire lire à BHL et cie :
LUC MICHEL / NOVOROSSYIA INFO
Photo : Manifestation célébrant l’anniversaire de Stepan Bandera, un collaborateur nazi dont les troupes ont tué des milliers de juifs, à Kiev, en Ukraine, le 1er janvier 2017.
________________________ 
Support to the Union of the People Republics of NOVOROSSIYA /
(People Republics of Donetsk – DNR – and Lugansk – LNR -) 
* Go to LIKE  our Official Page on

LE ‘CONFEDERALISME’ BELGO-FLAMAND STADE ULTIME DE LA DECOMPOSITION BELGICAINE !

LM/ LA REPUBLIQUE D’EUROPE/ 2017 05 02/
6990766
La Libre Belgique explique comment De Wever (leader du parti indépendantiste flamand NVA, devenu le premier parti de Flandre et l’homme fort de la majorité fédérale NVA-Libéraux) souhaite arriver au “confédéralisme”. “Une stratégie avec beaucoup de risques et sans issue certaine”, dit le quotidien bruxellois …
« Confédéralisme » belgo-flamand qui est tout sauf un « confédéralisme », qui partout ailleurs est la marche vers la constitution d’un état (suivant le schéma « confédéralisme-fédéralisme-institutions unitaires », voir le modèle Suisse), mais qui en Belgique agonisante est le stade de décomposition de l’état belgicain en « confédéralisme » belgo-flamand ! Inversion du processus (sur le processus « état belgicain de 1960-fédéralisme actuel-agonie dite confédérale ») mais trouvaille sémantique géniale de la NVA pour garder la mainmise sur les restes d’un non-état belgo-flamand !
Et surtout empêcher ce cauchemar orangiste qu’est la reprise du mouvement naturel, arrêté par Waterloo (1815) et la création du monstre géopolitique « belge » (1830), du rassemblement des français de Belgique dans la République, avec Bruxelles non plus seulement (ce qu’elle est déjà) seconde ville francophone mais seconde ville française …
* Lire sur LLB :
(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)
LM / LA REPUBLIQUE D’EUROPE /
PCN Wallonie-Bruxelles
* Venez liker la page officielle de
LA REPUBLIQUE D’EUROPE, la page officielle d’information
du PCN Wallonie-Bruxelles …
___________________________ 
ALLEZ LIKER LES PAGES MEDIAS DU PCN :
* PCN-SPO (Service de Presse du PCN)
* PCN-TV (Télévision communautaire du PCN)

LE PROCES HABRE A DAKAR : MODELE POUR UNE FUTURE JUSTICE AFRICAINE APRES L’AFREXIT CPI ?

# AFRIQUE MEDIA & EODE-TV/ (L’ANALYSE DE LUC MICHEL SUR ‘LIGNE ROUGE’)
Ce mardi matin 2 mai 2017
Dans LIGNE ROUGE
la grande émission matinale de AFRIQUE MEDIA !
Présentée par Manuela Sike
2017-05-02_044033
* Thème de l’émission de ce jour :
« Condamnation D’ Hissen Habré. Une victoire pour la justice africaine. 
A quand la création d’une CPA ? »
En direct de Bruxelles, le géopoliticien Luc MICHEL (et patron de EODE Think Tank), analyse le DOSSIER DE LA FUTURE COUR PENALE AFRICAINE et répond aux questions suivantes :
* L’AFREXIT CFA semble être maintenant ancré dans les consciences africaines. Même si on est loin encore du but, l’Afrique réfléchit à une Justice africaine pour les africains ?
* Le procès Habré à Dakar a popularisé l’idée de cette justice africaine. Pourtant vous dites qu’il y a « une grand part d’ombre » ?
* Quelles critiques faites-vous du procès de Dakar ? Quelles en ont-été les limites ?
* Vous reprochez surtout à la justice de Dakar « d’être non pas une justice aveugle mais une justice aveuglée » ! Selon-vous qu’est ce qui a été occulté au procès de Dakar ?
* Quel seraient les choses à réformer pour une vraie « Cour pénale africaine » ?
* Une dernière question. Vous semblez bien connaître la soi-disant « justice internationale » version CPI ?
EODE-TV / EODE PRESS OFFICE
___________________
SUR AFRIQUE MEDIA/
LUC MICHEL DANS ‘LIGNE ROUGE’
LA GRANDE EMISSION DU MATIN
Ce mardi matin 2 mai 2017
de 05h30 GMT à 08h GMT
(Malabo-Ndjaména-Douala de 6h30 à 9h 
et Bruxelles-Paris-Berlin de 7h30 à 10h)
___________________________
AFRIQUE MEDIA

LE VOL DE LA PRODUCTION PETROLIERE LIBYENNE, L’UNE DES CLES DE LA CHUTE DES PRIX DU BARIL …

LM/ ELAC & ALAC COMMITTEES/
2017 05 01/
12819813-19675641
… Chute des prix qui joue un rôle essentiel dans la « nouvelle guerre du pétrole », visant à détruire les économies des ennemis de Washington : Russie (où on espère un mécontentement social débouchant sur une nouvelle tentative de « révolution de couleur »), Iran, Venezuela (plongé de ce fait dans une nouvelle « révolution de couleur »), sans oublier les états africains pétro-gaziers des présidents tentés par le Néopanafricanisme (Guinée Equatoriale, Tchad, Gabon, etc). Le vol massif de pétrole et de gaz en Syrie et Irak par Daech, ou encore au Nigeria (par la piraterie dans le Golfe de Guinée, plus d’un milliard de dollars par an) – qui comme le pétrole libyen volé finit sur le marché mondial -, procède du même phénomène !
UN EXEMPLE PARMI TANT D’AUTRES :
LIBYE. DEUX PÉTROLIERS ET LEURS CARGAISONS ILLÉGALES SAISIS 
Les autorités libyennes (celles du gouvernement de Tripoli) ont saisis deux pétroliers étrangers au large des côtes ouest du pays pour chargement illégal de carburant et leurs équipages ont été ramenés et retenus samedi à Tripoli, selon un porte-parole de la marine (celle de Tripoli, il y a aussi une autre marine et une autre armée sous le contrôle nominal du gouvernement rival de Tobrouk et réel du « maréchal » Haftar. Les deux pétroliers se trouvaient au large de la ville côtière de Zouara, à près de 160 km à l’ouest de Tripoli, lorsqu’une patrouille de la marine libyenne les a interceptés dans la nuit de jeudi à vendredi. “Les garde-côtes libyens ont arraisonné vendredi deux tankers, l’un battant pavillon ukrainien, le Ruta, et l’autre, le Stark, battant pavillon congolais, alors qu’ils se trouvaient à deux kilomètres au large de Sidi Saïd à l’ouest du port de Zouara”, a indiqué samedi à l’AFP le général Ayoub Qassem, porte-parole de cette marine libyenne là. “Il y avait 14 Ukrainiens à bord du Ruta et six des neuf membres d’équipages (4 turcs et 2 Géorgiens) à bord du Stark”, a précisé le général Qassem. “Trois membres d’équipage du Stark ont réussi à rejoindre Zouara”, a-t-il ajouté. “Les garde-côtes les ont surveillés de loin et ont attendu vendredi matin pour agir”, a expliqué le porte-parole. Selon le général Qassem, les trafiquants, lourdement armés et à bord de petites embarcations qui surveillaient le chargement, ont opposé une forte résistance mais les deux bateaux ont finalement été saisis par les autorités libyennes “après plus de trois heures d’échange de tirs”. A plusieurs reprises, “des bateaux avec des hommes armés revenaient sur le site (…) et ouvraient le feu sur les garde-côtes”, utilisant des kalachnikovs et des mitrailleuses lourde de calibre 14,5 mm. 
Au moment de la saisie, le Ruta avait déjà chargé ses citernes – environ 3.330 tonnes – alors que le Stark, pouvant transporter 1.236 tonnes, était sur le point de charger sa cargaison lorsque les garde-côtes sont arrivés. Les équipages des deux bateaux ramenés à Tripoli, attendent d’être entendus par le procureur général. 
Livrée au chaos politique et sécuritaire depuis la chute de Mouammar Kadhafi en 2011, la Libye est un havre pour les trafiquants et toute marchandise, surtout celle subventionnée comme les carburants, est très lucrative pour les contrebandiers. 
LM / ELAC WEBSITE
________________________
 
* Website :
For Direct Democracy and Libyan Jamahiriya ! / 
Le Réseau de Résistance pour la Démocratie Directe et la Jamahiriya libyenne ! / 
СЕТЬ СОПРОТИВЛЕНИЙ ДЖАМАХИРИИ – За Прямую Демократию и Ливийскую Джамахирию!
SUR FACEBOOK LA COMMUNAUTE KADHAFISTE :
* Page officielle ELAC (Eurasie) :
Aller LIKER notre Page !
* Page officielle ALAC (Panafrique) :
Aller LIKER notre Page !
* Groupe GADDAFI MEMORIAL :
Inscrivez vous et inscrivez tous vos amis !
* Pagina CAEL-ELAC ROMÂNIA-MOLDOVA
Comitetele de Actiune Euro-Libiene
@CAEL.ELAC
* ELAC ROSSIA / 
Комитеты Евро-Ливийских Действий
@Elac.Rossia