Il Pentagono sta sabotando gli sforzi di Trump di arrivare ad una distensione con la Russia

US-Tanks-in-Poland-borderCarri Armati USA sul confine Russo-Polacco
Il Presidente Trump ha detto che vuole far migliorare le relazioni degli USA con la Russia e frenare le operazioni di ingerenza nei paesi mussulmani. Tuttavia risulta che in questo momento lui viene  sistematicamente scavalcato dal Pentagono.
Il comandante delle forze statunitensi in Europa,  General Ben Hodges, ha schierato i carri armati sulla frontiera della Polonia con la Russia e questi  hanno sparato a salve, in un modo che il generale definisce ” un messaggio inviato alla Russia”, non una semplice  esercitazione di addestramento.
Come Trump potrebbe normalizzare le relazioni con la Russia quando il comandante delle forze statunitensi in Europa sta minacciando la Russia con le parole ed i fatti?
Il Pentagono ha anche inviato veicoli blindati ai “ribelli moderati” in Siria, secondo le istruzioni date dal Colonello John Dorrian. Incapace di impedire che la Russia e la Siria possano vincere la guerra contro l’ISIS, il Pentagono si sta occupando di far deragliare le negoziazioni di pace.
La realtà è che il complesso militare-industriale sta utilizzando i suoi burattini in collegamento con la Camera dei Rappresentanti e con il Senato per generare nuovi conflitti con l’Iran e continuando a lanciare minacce contro la Cina.
Chiaramente, Trump non dispone del controllo della parte più importante della sua agenda- la pace con le potenze termo-nucleari e la fine delle ingerenze (regime-change)  nelle situazioni degli altri paesi.
Trump non può simultaneamente fare la pace con la Russia e fare la guerra contro l’Iran e contro la Cina. Il governo russo non è stupido. Non si venderà la Cina e l’Iran in cambio di un accordo con l’Occidente. L’Iran è uno stato ammortizzatore contro il jihadismo che potrebbe inondare le popolazioni mussulmane che vivono nella Federazione Russa.
La Cina è l’alleato militare ed economico più importante per la Russia ed è un alleato strategico contro il rinnovo delle ostilità degli Stati Uniti verso la Russia da parte di un successore di Trump, supponendo che Trump abbia successo nella riduzione delle tensioni fra USA e Russia. I neocons, con i loro piani di egemonia mondiale degli USA e la loro alleanza con il complesso di sicurezza militare-industriale, dureranno anche oltre l’Amministrazione Trump.
Dall’altra parte la Cina è una potenza in crescita militare ed economica, mentre l’Occidente corrotto e disumanizzato si trova in declino. Un accordo con l’Occidente vale poco o niente a confronto. I Paesi che trattano con l’Occidente si trovano esposti allo sfruttamento finanziario e politico, come insegna l’esperienza. Si trasformano  inevitabilmente in vassalli dell’Impero USA. Non esiste alcuna eccezione (vedi l’Europa, vedi il Giappone).
Il desiderio della Russia di fare parte dell’Occidente è sconcertante. La Russia deve costruire la sua sicurezza nelle relazioni con la Cina e l’Asia e lasciare che sia l’Occidente , desideroso di partecipare a questo successo, che venga alla Russia per chiedere un accordo.
Perchè essere un postulante quando può essere lei a decidere?
Fonte: Russia Insider -di  Paul Craig Roberts
Traduzione: Luciano Lago – Feb 02, 2017

Levin: gli Usa hanno interferito nelle elezioni in 45 paesi

la-na-hacking-electionMentre infuriano le polemiche per le (del tutto presunte) interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane, “Vocativ” commenta una recente ricerca in cui si contano almeno 81 casi di interventi americani in 45 paesi, dal dopoguerra ad oggi, volti a condizionare l’esito delle elezioni politiche. E questo, senza contare i colpi di Stato militari promossi e organizzati dalla Casa Bianca. Scrive “Voci dall’Estero”:
«Il motivo per cui – fingiamo pure che il fatto sussista – un certo establishment americano sta gridando allo scandalo e rialzando una cortina di ferro, non è altro che quello che lo stesso establishment americano ha sempre fatto verso il resto del mondo».
Lo conferma un recentissimo studio, che mostra che l’America ha una lunga storia di ingerenze nelle elezioni in paesi stranieri, sintetizza Shane Dixon Kavanaugh su “Vocative”, prendendo spunto dalla clamorosa propaganda di Obama contro la Russia: 35 diplomatici espulsi e la richiesta di nuove sanzioni, in risposta a ciò che gli Usa ritengono essere una serie di cyber-attacchi condotti da Mosca durante la campagna presidenziale. Peccato che questa specialità – il pilotaggio delle elezioni altrui – sia un talento squisitamente statunitense.
Per la Cia, il Cremlino avrebbe tentato di aiutare Donald Trump a conquistare la presidenza? «Eppure, nessuno dei due paesi può dirsi estraneo a tentativi di ingerenza nelle elezioni di altri paesi». Gli Stati Uniti, per di più, vantano record ineguagliati in questo campo: «Hanno una storia lunga e impressionante di tentativi di influenzare le elezioni presidenziali in altri paesi», scrive Shane Dixon Kavanaugh, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” in cui si documentano i risultati del recente studio condotto da Dov Levin, ricercatore in scienze politiche dell’Università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, Pennsylvania. E’ un fatto: gli Usa hanno «cercato di influenzare le elezioni in altri paesi per ben 81 volte tra il 1946 e il 2000».
Spesso lo hanno fatto «agendo sotto copertura», con tentativi che «includono di tutto: da agenti operativi della Cia che hanno portato a termine con successo campagne presidenziali nelle Filippine negli anni ’50, al rilascio di informazioni riservate per danneggiare i marxisti sandinisti e capovolgere le elezioni in Nicaragua nel 1990». Facendo la somma, calcola Levin, gli Usa avrebbero condizionato le elezioni in non meno di 45 paesi in tutto il mondo, durante il periodo considerato. E nel caso di alcuni paesi, come l’Italia e il Giappone, gli Stati Uniti hanno cercato di intervenire «in almeno quattro distinte elezioni».
I dati di Levin, aggiunge Shane Dixon Kavanaugh, non includono i golpe militari o i rovesciamenti di regime che hanno seguito l’elezione di candidati contrari agli Stati Uniti, come ad esempio quando la Cia ha contribuito a rovesciare Mohammad Mosaddeq, il primo ministro democraticamente eletto in Iran nel 1953. Il ricercatore definisce l’interferenza elettorale come «un atto che comporta un certo costo ed è volto a stabilire il risultato delle elezioni a favore di una delle due parti».
Secondo la sua ricerca, questo includerebbe: diffondere informazioni fuorvianti o propaganda, creare materiale utile alla campagna del partito o del candidato favorito, fornire o ritirare aiuti esteri e fare annunci pubblici per minacciare o favorire un certo candidato. «Spesso questo prevede dei finanziamenti segreti da parte degli Usa, come è avvenuto in alcune elezioni in Giappone, Libano, Italia e altri paesi».
Per costruire il suo database, Levin si è basato su documenti declassificati della stessa intelligence americana, come anche su una quantità di report del Congresso sull’attività della Cia. Ha poi esaminato ciò che considera resoconti affidabili della Cia e delle attività americane sotto copertura, nonché ricerche accademiche sull’intelligence statunitense, resoconti di diplomatici della guerra fredda e di ex funzionari sempre della Cia. «Gran parte delle ingerenze americane nei processi elettorali di altri paesi sono ben documentate, come quelle in Cile negli anni ’60 o ad Haiti negli anni ’90», senza contare il caso di Malta nel 1971: secondo lo studio di Levin, gli Usa avrebbero cercato di condizionare la piccola isola mediterranea strozzandone l’economia nei mesi precedenti all’elezione di quell’anno. «I risultati della ricerca suggeriscono che molte delle interferenze elettorali americane sarebbero avvenute durante gli anni della guerra fredda, in risposta all’influenza sovietica che andava espandendosi in altri paesi», sottolinea Shane Dixon Kavanaugh.
«Per essere chiari, gli Usa non sarebbero stati gli unici a cercare di determinare le elezioni all’estero. Secondo quanto riportato da Levin lo avrebbe fatto anche la Russia per 36 volte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del ventesimo secolo. Il numero totale degli interventi da parte di entrambi i paesi sarebbe stato dunque, in quel periodo, pari a 117». Eppure, anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991, nonostante venisse a mancare l’alibi della guerra fredda, il grande nemico a Est, gli Stati Uniti «hanno continuato i propri interventi all’estero, prendendo di mira elezioni in Israele, nella ex Cecoslovacchia e nella stessa Russia nel 1996». In altre parole: se la Russia di Putin ha archiviato le attività “imperiali” dell’Urss, l’America ha invece raddoppiato la posta: secondo Levin, dal 2000 a oggi gli Usa hanno pesantemente interferito con le elezioni in Ucraina, Kenya, Libano e Afghanistan, per citarne solo alcuni dei paesi sottoposti alle “attenzioni elettorali” di Washington.
Scritto il 20/1/17

La guerra di propaganda contro la Russia utilizzata per ricattare Trump

A pochi giorni dalla nomina ufficiale del presidente eletto Donald Trump e a due mesi di distanza dalla clamorosa sconfitta della candidata democratica Hillary Clinton, quella che era sostenuta da tutto l’Establishment USA (Wall Street-Rothshild-Soros-Looked-Boeing, ecc. ), la campagna mediatica scatenata dal fronte globalista/democratico si basa sul principale argomento già utilizzato nella fase pre elettorale che è sempre quello di “dare la colpa alla Russia” per l’ascesa di Trump e per la sconfitta della loro candidata.
In pratica i democratici USA stanno seguendo la stessa strategia che avevano perseguito nel corso della campagna presidenziale: screditare l’avversario, il candidato alternativo, e collegare questo ad una presunta interferenza (mai dimostrata) della Russia nelle elezioni.
Gli esponenti democratici del fronte globalista, a cui si assommano i clan familistici e di potere, Clinton/Bush, sembrano molto più interessati a sostenere questa campagna mediatica piuttosto che fare una seria analisi dei motivi per cui una gran parte dell’America profonda dei lavoratori della classe media (e residenti negli Stati danneggiati dalla crisi industriale) hanno voltato le spalle alla candidata dell’establishment democratico e globalista.
Gli oligarchi democratici statunitensi, legati a doppio filo agli interessi delle lobby di nato_polandriferimento, preferiscono utilizzare Vladimir Putin come capro espiatorio piuttosto che analizzare le cause dell’allontanamento delle classi lavoratrici dai loro totem propagandistici della globalizzazione = progresso.  Nel frattempo, mentre l’apparato dei media alimenta una crescente “russofobia”, l’Amministrazione Obama gestisce le sue ultime provocazioni spostando un imponente apparato militare USA di mezzi corazzati, missili ed artiglierie, direttamente ai confini della Russia.
Una situazione che rischia di diventar estremamente pericolosa e che potrebbe portare ad incidenti dalle conseguenze imprevedibili e potenzialmente nefaste.
 
La stessa portavoce russa  ha scritto sulla sua pagina FB che c’è da domandarsi se, le ultime azioni dell’Amministrazione di Barack Obama, tra le nuove sanzioni, la decisione di fornire altre armi letali ai ribelli siriani e la concentrazione di truppe NATO ai confini, rappresentino la volontà di Obama di distruggere il mondo negli ultimi 9 giorni che mancano alla sua presidenza.  (“Dio creò il mondo i 7 giorni. L’Amministrazione Obama dispone di 2 giorni in più per distruggerlo“).
Nei giorni scorsi, in una udienza presso il Comitato del Senato di Washington che si occupa delle US Forces, Jack Reed, un congressista democratico eletto nello Stato di Rhode Island, ha denunciato  quello che secondo lui è “il rifiuto della Russia dell’ordine internazionale della post-Guerra Fredda e le azioni aggressive contro i suoi vicini”, ed ha inoltre espresso una condanna contro “un regime (quello della Russia) i cui valori ed interessi sono incompatibili con i nostri”.
Superfluo rilevare che questo tipo di discorsi retorici rivelano il clima di nuovo maccartismo che risulta diffuso negli USA tanto da determinare una vera “caccia alle streghe” delle presunte quinte colonne della Russia che operano all’interno del paese. Il paradosso è che sono proprio gli USA il paese che più di ogni altro ha violato il diritto internazionale, ha operato ingerenza indebita, sobillazione e rovesciamento di governi legittimi con tutti i mezzi negli altri paesi di qualsiasi parte del mondo, quello che oggi punta il dito contro le presunte azioni di ingerenza della Russia al loro interno.
 
Gli esponenti democratici come Reed e quelli repubblicani come John McCain sono i primi della classe nel voler condurre gli USA verso una nuova Guerra Fredda mentre non risparmiano le loro accuse di guerra di hackeraggio fatta dai russi che, secondo loro, avrebbero sottratto informazioni dal Comitato Democratico e dallo staff della Clinton per rendere pubbliche le mail compromettenti di questa  signora e per diffondere notizie false e cospirazioni attraverrso i social media. Il governo russo, secondo la loro interpretazione, avrebbe hackerado il DNC ( Democratic National Committee)  e le caselle di posta e le avrebbe trasmesse a WikiLeaks (che ha smentito nettamente). Queste le loro supposizioni che non sono suffragate da prove, come hanno commentato alcuni analisti indipendenti.
 
In effetti si è avuta  la testimonianza di Robert Parry, un qualificato analista della Associated Press e di Newsweek, il quale ha condotto una approfondita analisi del materiale pubblicato dagli uffici di James Clapper, il direttore dell’Intelligence USA, ed ha argomentato che il rapporto di 25 pagine pubblicato dall’intelligence non presenta alcuna prova concreta ma si basa soltanto su illazioni e supposizioni che si sia verificata quella trasmissione di dati da parte della Russia a terzi per squalificare la campagna della signora Hillary, beniamina dell’establishment globalista. Vedi: US Report Still Lacks Proof on Russia ‘Hack’
Nonostante tutto, l’assenza di prove certe su queste mirabolanti accuse ha costretto alcuni media dell’establishment, fra cui il New York Times, ad ammettere che la campagna si basa esclusivamente su alcune supposizioni e lo staff dei democratici non è stato in grado di produrre le prove certe che parte dell’opinione pubblica si aspettava di avere a suffragio delle accuse.
 
In realtà gli esponenti democratici non si aspettano di trovare la “pistola fumante ” per inchiodare il Cremlino a quello che McCain ha definito un “atto di guerra” contro gli USA, ma piuttosto utilizzano la presunta azione di hackeraggio russa come una arma politica che permette loro di spostare l’attenzione dal loro fallimento e dalla perdita di crediblità del Partito Democratico, quello che  si è perso per strada il consenso di buona parte del suo elettorato, oltre a voler dirottare l’attenzione verso la “minaccia russa”. La minaccia russa viene utilizzata come una clava per squalificare Trump, il nuovo presidente eletto che rischia di mettere in questione molti dei provvedimenti presi dall’Amministrazione Obama ove sono in gioco enormi interessi dell’apparato lobbistico industriale, militare e finaziario che erano ben rappresentati  dalla Hillary.
La novità è rappresentata dal fatto, mai successo prima, che contro Trump si è mobilitato tutto l’apparato delle vari agenzie di Intelligence, rappresentato non sono soltanto dalla CIA ma che include altre circa 17 altre agenzie, fra organismi militari e civili. Probabile che sia in corso una lotta senza quartiere fra questi organismi, divenuti estremamente possenti, al centro di tutte le trame condotte dagli USA all’estero ed all’interno, tanto che osano sfidare apertamente Trump, prima ancora che entri in carica, di sicuro per intimorirlo, condizionarlo o ricattarlo.
Sarà Michel Flynn, ex direttore della DIA, il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, prescelto da Trump, rivale di Clapper (fatto dimissionare da questi) colui che avrà l’incarico di ridimensionare e ristrutturare i servizi di intelligence che sono divenuti troppo politicizzati e troppo influenti, come aveva detto lo stesso Trump. Questo spiega il nervosismo e la lotta di potere che si è scatenata a Washington.
Il vero problema è rappresentato dal fatto che tanto i congressisti democratici come l’apparato dell’intelligence di Washington stanno utilizzando l’ostilità e le accuse pretestuose contro la Russia per i loro fini interni senza curarsi dei rischi che questo gioco comporta per la sicurezza mondiale.
 
Ancora peggio se si considera che a questo gioco interno della superpotenza USA, si prestano i vassalli europei, con la Germania in testa, nell’assecondare le politiche belliciste e le provocazioni del Dipartimento di Stato USA contro gli interessi alla stabilità e la pace in Europa.
 
Sembra che la cancelliera Angela Merkel non abbia nessuna remora nel ripercorrere la strada già seguita dal suo predecessore Hadolf Hitler nello schierare le sue divisioni corazzate sul bordo dei confini russi, questa volta al fianco delle armate USA che, al momento giusto, se il conflitto dovesse scoppiare in Europa, manderanno avanti i soldati tedeschi e polacchi a fare da carne da cannone da sacrificare sull’altare degli interessi imperiali di Washington.
Fra gli altri ci saranno anche alcune centinaia di militari e di mezzi italiani, nell’ambito NATO, a fare da bersaglio ai missili e cannoni dell’armata russa, schierata a difesa dei confini russi e decisa a non far violare il loro territorio dalle armate della NATO.
La Storia, maestra di vita, ai fantocci del potere imperiale USA, accecati dal loro servilismo, non ha insegnato nulla.
di Luciano Lago – 11/01/2017
 
Fonte: controinformazione

Mosca spiega perchè non sono stati espulsi i diplomatici USA in risposta a sanzioni Obama

rodi ex presidente Usa premio Nobel per la pace. Hai ancora 18 gg per scatenare una guerra, sappiamo che farai di tutto, come falsificare le prove del presunto attacco hacker partito dalla russia contro quell’angelo della Killary, quando abbiamo pure la confessione dello staff di SANDERS (che dalla dolce signora ne ha subite di ogni).
Mr Obama che ne pensi dell’influenza degli ambasciatori Usa nella politica del paese dove essi sono dislocati? RICORDI WIKILEAKS, l’ambasciatore Spogli??? Le spie della NSA in Germania invece che facevano? RIcreazione?
 
Mosca spiega perchè non sono stati espulsi i diplomatici USA in risposta a sanzioni guida-al-cremlino-di-moscaObama
Decidendo sulla risposta all’espulsione dei diplomatici russi dagli Stati Uniti, Mosca ha tenuto conto degli interessi dei diplomatici americani e dei loro figli, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.
“Comprendendo che la diplomazia si basa su risposte e misure simmetriche, abbiamo preso in considerazione molto seriamente e con molta serietà abbiamo tenuto conto di come si sarebbero sentiti i nostri colleghi americani e le loro famiglie. Soprattutto dei loro figli, che ora si preparano alle feste di Capodanno e che sono in vacanza, di come si sarebbero sentiti se fossero stati strappati da questo processo e avessero dovuto raccogliere tutte le loro cose in 72 ore per tornare in patria in questo modo. Per questo abbiamo preso questa decisione”, — ha detto.
Giovedì l’amministrazione del presidente uscente Barack Obama ha imposto nuove sanzioni contro 9 agenzie, aziende e persone fisiche russe, colpendo anche l’FSB (servizi segreti russi, ndr) per “l’interferenza nelle elezioni” e “la pressione sui diplomatici statunitensi” che lavorano in Russia.
 
Gli Stati Uniti hanno inoltre confiscato 2 complessi residenziali, le cosiddette “dacie” dell’Ambasciata russa a New York e Washington di proprietà della rappresentanza diplomatica russa. Sono state dichiarate persone non gradite 35 diplomatici russi, che sono obbligati a lasciare il Paese.
 
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che Mosca non manderà via nessuno diplomatico americano in risposta alla decisione di Obama, nonostante la parte russa abbia tutte le ragioni per rispondere adeguatamente.
30.12.2016 (aggiornato 10:41 31.12.2016)