Sulla convocazione del Consiglio di Sicurezza all’ONU la Zajarova risponde agli USA

Maria-Zakarova-rispondeLa portavoce russa all’ONU
 
Sulla convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, richiesta dagli USA per discutere della proteste avvenute in Iran, la portavoce russa Maria Zajarova ha voluto rispondere agli USA ricordando le manifestazioni di protesta avvenute di recente negli USA e la reazione delle autorità statunitensi su questi episodi.
La richiesta di convocazione era stata fatta dalla rappresentante USA all’ONU, Nikki Haley la quale ha annunciato l’intenzione di Washington di convocare il CSNU per discutere delle attuali manifestazioni in Iran e per amplificare “la voce del popolo iraniano”.
La Zajarova da parte sua non ha tardato a commentare la decisione statunitense:
“Non c’è dubbio che la delegazione americana avrà qualche cosa da raccontare al mondo. Nikki Haley ad esempio potrebbe condividere l’esperienza statunitense nella repressione delle manifestazioni di protesta”, ha scritto la Zajarova sulla sua pagina FB.
“Gli statunitensi ptrebbero raccontare “, ha proseguito la Zajarova, “come hanno proceduto agli arresti di massa e la soppressione del movimento “Occupa Wall Street” o sulla repressione delle proteste contro la polizia nella località di Ferguson nel 2014″.
Proteste in Iran
 
L’ondata di disordini e di  proteste si sono verificati negli ultimi giorni in Iran a partire dal 28 Dicembre. I manifestanti reclamavano miglioramenti economici ed hanno protestato per la risalita dei prezzi.
Le proteste erano iniziate a Mashad e si sono poi estese in altre città inclusa Teheran ed hanno dato luogo a molti arresti ed alcune vittime.
Le autorità iraniane hanno denunciato la presenza di agitatori e terroristi venuti dall’estero per fomentare i disordini ed il caos nel paese.
Fonte: Sputnik Mundo Gen 03, 2018

Iran, la foto “simbolo delle proteste” non c’entra nulla con le manifestazioni

iran fake protesterUna donna a capo scoperto che tiene il suo velo sopra un bastone è largamente utilizzata sui social network per incarnare le manifestazioni. La foto è in realtà precedente ai primi cortei.
L’immagine circola largamente sui social network, ma anche sui numerosi media dall’inizio delle manifestazioni che scuotono l’Iran da giovedì 29 dicembre: in una strada iraniana, una giovane donna a capo scoperto sventola il suo velo sopra un bastone. Per molti, diventa un’immagine iconica del movimento.
 
Così la contestatrice iraniana impegnata per i diritti umani Maryam Namazie, che vive nel Regno Unito, elogia il gesto: “Una delle icone delle manifestazioni di ieri è stata una giovane donna con il suo hidjab obbligatorio su un baastone… Che visione meravigliosa!”
 
Negli Stati Uniti, nonostante l’immagine sia circolata ampiamente in tutti gli ambienti, l’hanno particolarmente utilizzata personalità e siti vicini all’alt-right (estrema destra), come Breitbart. Un disegno, anch’esso largamente diffuso, ha confermato il suo status di icona:
“Mercoledì bianco”
Tuttavia, come rimarcato da un nostro giornalista a Teheran, Ghazal Golshiri, questa immagine non è legata al movimento di protesta attuale.
La foto è stata pubblicata per la prima volta su Facebook e Instagram dalla giornalista iraniana che vive negli Stati Uniti Mashid Alinejad, giovedì 28 dicembre, insieme ad altre foto e a un video. Il giorno della prima manifestazione a Machhad. Ma Alinejad precisa che la foto è stata scattata il giorno prima, mercoledì 27, Enghelab Avenue, a Teheran. Tre giorni prima della prima manifestazione nella capitale iraniana, di sabato. Ella aggiunge che la giovane donna è stata arrestata, come “il gruppo di giovani che la sosteneva”.
Un video messo in rete permette per di più di vedere che la giovane non è circondata da manifestanti. I passanti e le auto circolano normalmente.
L’azione è in realtà legata al movimento “Mercoledì bianco” lanciato dalla signora Alinejad sui social network per protestare contro le restrizioni sull’abbigliamento femminile in Iran. Sulla sua pagina Facebook “My Stealthy Freedom”, la giornalista pubblica immagini e video di donne iraniane in bianco o senza velo.
 
(da Le Monde – Traduzione di Edoardo Nolli) 3 gennaio 2018

Al lavoro la fabbrica delle “fake news” dei media atlantisti sugli avvenimenti in Iran

Iran-fake-news
Iran Fake News
Pur di dimostrare che in Iran sia in atto una “rivolta spontanea”, i media occidentali, esperti nella manipolazione delle notizie, stanno facendo gli straordinari per diffondere false immagini riprese da fotogrammi di altre manifestazioni e indicarle come “immagini della rivolta” in Iran.
Nella loro opera di falsificazione, i media occidentali hanno utilizzato persino fotogrammi delle rivolte popolari avvenute nel Bahrein, spacciandole per foto prese di nascosto dagli oppositori del regime, come anche da altre manifestazioni avvenute in altre parti del mondo. In mancanza di foto di inconsistenti rivolte popolari in Iran, tutto “fa brodo” per i manipolatori dei media atlantisti, si cui tutto si può dire ma non che manchino di inventiva. Le notizie, se non ci sono, si inventano. Niente di nuovo: era accaduto  lo stesso con le famose rivolte popolari in Libia, sulla piazza verde di Tripoli, rivolte inesistenti ma ricostruite altrove.   Vedi: Palaestina Felix
D’altra parte la sobillazione in Iran ed il tentativo di destabilizzazione del paese, arci nemico del trio  USA-Israele-Arabia Saudita, è un boccone troppo ghiotto per non impostarci sopra una campagna di prefabbricazione di notizie false e deviate.
Iran Fake news Foto presa da Buenos Aires
Un grosso lavoro lo stanno facendo anche gli agenti infiltrati dei servizi di intelligence occidentali, CIA ed M16 in particolare, che da anni supportano e finanziano le cellule terroriste dei MKO, protagonisti di attacchi e attentati terroristici negli anni passati. La tecnica è quella ormai consolidata utilizzata dalla CIA sulla piazza di Maidan, a Kiev (Ucraina).
Si appostano cecchini mimetizzati che sparano sui manifestanti e sula polizia, si utilizzano commandos di elementi armati (armi fatte entrare dalla CIA) contro caserme della polizia, si inviano appositi gruppi di agitatori nelle piazze per creare caos disordini, si incendiano auto, negozi e si creano barricate. La abituale strategia utilizzata in Ucraina, in Georgia, in Libia ed in Siria, ed ultimamente anche in Venezuela (con alcune varianti) per determinare delle rivolte popolari e successivo cambio di regime a cui tutte le TV danno il massimo risalto.
Nel caso dell’Iran sarà difficile ottenere un cambio di governo  ma ci si è messo anche il presidente Trump a dare il suo contributo, aizzando dal suo buon ritiro in Florida i manifestanti a insorgere, un maldestro tentativo di sobillazione che rischia di avere l’effetto contrario, visto il personaggio, il più odiato dagli iraniani.
Il tentativo è stato talmente maldestro che la stessa grande stampa USA ha lanciato il monito a Trump scrivendogli “be quite” (stati zitto) dal New York Times, per l’evidente rischio di compromettere una azione di sobillazione coperta i cui mandanti devono rimanere segreti. Trump si vede che non è stato preavvisato dalla CIA con cui ultimamente non vanta buoni rapporti. Sembra che il nuovo capo della CIA abbia perso le staffe nel leggere i Twitter di Trump ed abbia dato in escandescenze. Questo però è l’aspetto farsesco della manifestazione….
Iran fake news : foto presa dalle agitazioni verificatesi nel Bahrein (come si evince da bahraindoctor)
Nel frattempo….
Da parte di  segretario del Consiglio superiore di sicurezza dell’Iran, con una dichiarazione ufficiale ha considerato che le manifestazioni di protesta nel paese sono realizzate nel contesto di una “guerra ibrida” che alcune potenze stanno conducendo contro l’Iran, come ha informato la BBC.
Secondo Shamjanì, gli USA il Regno Unito,  e l’Arabia Saudita sono dietro le recenti proteste verificatesi nel paese persiano. Queste potenze dirigono le campagne di manipolazione nei social media e sobillano le manifestazioni con messaggi aperti di incitazione alla rivolta contro il Governo.
Una buona parte di questi messaggi sono da attribbuire ad una regia del governo saudita, la restante parte deve essere imputata ad agenzie statunitensi e britanniche.  Quest aingerenza ha l’obiettivo di rallentare lo sviluppo economico dell’Iran e seminare il malcontento. Tuttavia Shamjanì ritiene che queste manifestazioni si andranno esaurire in poco tempo.
Le proteste erano iniziate partendo dalla città di Mashhad e si sono poi estese ad altre città dell’Iran, incluso Teheran, Isfahan e Rasht. Fino ad oggi ci sono state decine di arresti ed un numero di 20 vittime negli scontri.
Nel corso delle proteste sono stati notati  individui armati che hanno assaltato alcune stazioni di polizia e caserme ed altri che hanno lanciato bombe incendiarie. Le autorità militari iraniane ritengono che si tratti di elementi addestrati che hanno l’obiettivo di seminare il caos e creare scontri tra la popolazione e le forze di polizia.
Tutto come da copione……..
Fonti:   Hispan Tv         Al Mayadeen
Traduzione e sintesi: Luciano Lago Gen 02, 2018

Cia e Mossad dietro la rivolta in Iran? Lo scenario di oggi era già stato descritto con 6 mesi di anticipo dalla rivista Usa Politico

protestsiranCi sono anche la Cia e il Mossad israeliano a soffiare sul fuoco della rivolta in Iran? L’accusa è stata rilanciata dal Teheran Times, in un’intervista che il quotidiano in lingua inglese ha condotto con il columnist Stephen Lendman, un giornalista-ricercatore americano, di origine ebraica, molto noto per le sue battaglie libertarie. Tra le altre cose, anche i due leader della teocrazia persiana, la Guida Suprema Ali Khamenei e il Presidente Rohuani, pur da fronti sostanzialmente diversi, hanno scaricato sui “nemici esterni” la responsabilità di sostenere la ribellione. Se non proprio di averla addirittura progettata a tavolino. Per la verità, il sospetto (o la quasi certezza, a farla corta) è venuta agli analisti di mezzo mondo.
Anche perché, come ha subito registrato la nostra “Gazzetta”, Trump e i suoi collaboratori mostrano di avere la lingua lunga. Qualche tempo fa avrebbero sussurrato di volere “un cambio di regime” nel Paese degli ayatollah. L’azzardosa strategia, che comunque cavalca problemi sociali e politici reali dell’Iran, farebbe parte di un “pacchetto” di intese raggiunte sottobanco dalla Casa Bianca e dal leader israeliano Netanyahu. Nel mazzo ci sarebbe anche la sparata su “Gerusalemme capitale”, che ha sollevato un vespaio di polemiche e ha allargato il solco tra la diplomazia europea e la “foreign policy” dell’attuale Amministrazione Usa. Trump, in sostanza, starebbe premendo sull’acceleratore per gettare lo scompiglio in casa del nemico numero uno di Israele.
 
Lo spiffero è vecchio, ma è tornato a circolare proprio in questi giorni nei Palazzi che contano. E lo scenario che, guarda tu, si sta verificando oggi, era stato già anticipato in un articolo rivelatore pubblicato alla fine di giugno in uno dei più prestigiosi siti di analisi americana (“Politico”). Dunque, gli Stati Uniti pensano a un cambio di regime a Teheran, che metta in un angolo l’attuale teocrazia e lasci il campo a un governo che abbia meno mire espansionistiche nel Golfo Persico. Con grande gioia, soprattutto, dell’Arabia Saudita e di tutto il blocco sunnita. Israele, da parte sua, ha il chiodo fisso del Golan. E, per la proprietà transitiva, di Hezbollah e dei suoi grandi sponsor sciiti. Gli ayatollah.
 
Dentro l’Amministrazione Trump si starebbero confrontando due linee: una (che pare vincente) sparata contro i politici col turbante; l’altra, forse minoritaria, molto più prudente, che ricorda il fallimento del colpo di Stato sponsorizzato nel 1953 dalla Cia. Forse fu proprio in base a questo “undicesimo comandamento” (“ogni rivoluzione fallita provoca una restaurazione ancora più forte”) che Obama, nel 2013, alle Nazioni Unite, proclamò solennemente il principio della non interferenza Usa negli affari interni di Teheran. Ora, invece, a sentire Lendman, i “trumpiani” avrebbero già cotto, mangiato e digerito la prudenza del mai tanto compianto Barack, contribuendo a fare esplodere un’altra devastante crisi di cui proprio non si sentiva il bisogno, in un’area già tranquilla di suo come un nido di calabroni.
 
Ne chiede conto e ragione anche Putin, che si è sentito con Netanyahu e ha concordato un incontro a breve per parlare di Medio Oriente. E di Iran. La questione-chiave è che l’algoritmo della catastrofe è dietro l’angolo. Quando Obama decise di raggiungere un’intesa di massima con gli ayatollah lo fece a ragion veduta: i suoi advisor gli dissero che era fondamentale mettere un freno al dilagare del terrorismo di matrice sunnita. E poi, aggiunse qualcuno, una tattica di reciproca neutralizzazione tra il blocco saudita e quello sciita avrebbe potuto garantire se non la pace, almeno un proficuo “status quo”.
 
Adesso, la scuola geostrategica che si porta appresso Trump ha rigirato la frittata, alimentando il polverone che già gravitava su tutto il Medio Oriente. E se tre indizi fanno una prova, come diceva Agatha Christie, allora il “twitter” postato da Trump solleva una marea di sospetti: “Il popolo iraniano sta finalmente combattendo contro il suo brutale e corrotto regime. Tutti i dollari che Obama ha dato stupidamente a questi governanti sono stati spesi in armi e terrorismo o sono finiti nelle loro tasche. La gente non ha cibo, non ha diritti umani e l’inflazione è alle stelle. Gli Stati Uniti osservano”. Oppure organizzano?
 
di Piero Orteca – Remocontro  Notizia del: 03/01/2018

Iran: un’altra “rivoluzione colorata” in arrivo?

riv colorata iranovviamente se protestassimo in Occidente per il carovita, tipo in Europa per ogni memorandum o finanziaria lacrime e sangue o stangata, sicuramente tutti sosterrebbero i manifestanti invitando i governi a dimettersi giusto?

I neo-con, i media statunitensi a loro vicini e il presidente degli Stati Uniti stanno chiedendo agli americani di stare con il “popolo iraniano” e con i “manifestanti” nella loro “lotta per la libertà”.
Il motivo per cui questa storia suona incredibilmente familiare è perché abbiamo visto la stessa scena in Egitto, in Libia e in Siria, e anche nella stessa Iran alla fine degli anni 2000. Le proteste che diventano violente, una successiva repressione violenta o riportata come tale, e il peso della propaganda americana contro il governo bersaglio; sono tutte ripetizioni della “Primavera araba”. Null’altro che lo schema di rivoluzione/destabilizzazione usato dall’Occidente in paesi di tutto il mondo per decenni, in particolare negli ultimi venti anni.
CHE COSA VOGLIONO I MANIFESTANTI?
Le presunte richieste dei manifestanti sembrano abbastanza ragionevoli e legittime. Fino a questo momento, i media occidentali hanno riferito che l’argomento principale dei dimostranti si concentra sulle preoccupazioni economiche, cioè sul calo degli standard di vita; sulla disoccupazione; e sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Tuttavia, giunti oggi al terzo giorno di proteste, i media occidentali hanno iniziato a riferire che i manifestanti chiedono la fine della dittatura religiosa e delle politiche sia dell’Ayatollah Khamenei che del presidente Rouhani. Secondo alcuni articoli, le manifestanti donne sono arrivate al punto di gridare “morte a Khamenei” e hanno versato il loro hijab per costruire bandiere di fortuna. Altri dicono che i manifestanti sono concentrati sulla corruzione del governo.
Tuttavia, bisogna farsi delle domande. La prima domanda è “queste proteste nascono spontaneamente in Iran?”. Non si sa ancora. L’Iran è certamente una dittatura religiosa e molti iraniani vogliono la libertà dal dominio religioso. Va comunque ricordato che gli Stati Uniti e Israele hanno dichiarato apertamente il desiderio di vedere l’influenza iraniana infranta e, recentemente, nel 2009, gli Stati Uniti hanno tentato di progettare una rivoluzione colorata nel paese. I primi tre giorni del Movimento Verde in Iran assomigliavano molto ai primi tre giorni di questo movimento in corso.
Chiaramente le preoccupazioni economiche sono un grosso problema in Iran: un paese la cui economia ha sofferto per anni sotto le sanzioni occidentali e incapace di capitalizzare la Banca Nazionale. La disoccupazione ufficiale in Iran è di circa il 12%, ma è probabile che il tasso reale sia molto più alto. Nonostante l’abolizione di alcune sanzioni, non vi è quasi crescita economica nel paese: un altro risultato delle politiche economiche e commerciali neoliberiste. Tuttavia, vale la pena notare che Khamenei è stato anche critico nei confronti della scarsa economia e della gestione delle questioni economiche da parte del governo, nonostante sia al centro delle proteste.
 
Queste richieste non suonano irragionevoli, comunque le si veda. Tuttavia, le proteste religiose arrivano in un momento molto strano. L’Iran ha recentemente liberalizzato le sue leggi in materia di copricapi femminili, quindi perché protestare ora contro le leggi religiose?
Inoltre, un’attenzione particolare deve essere rivolta al concetto di “corruzione del governo”: un segno distintivo delle rivoluzioni colorate. Ci sono anche dubbi sugli slogan che vengono cantati dai manifestanti. In primo luogo, i manifestanti chiedono che l’Ayatollah e il presidente si dimettano. In altre parole, chiedono il cambio di regime. Questo è esattamente ciò che anche gli Stati Uniti, il GCC, la NATO e Israele vogliono che accada.
In secondo luogo, numerosi manifestanti stanno urlando “Lasciate stare la Palestina” e “Non per Gaza, non per il Libano, darei la mia vita (solo) per l’Iran”. Ancora una volta, i manifestanti stanno reiterando richieste di politica estera identiche a quelle volute da gli Stati Uniti, la NATO, il GCC e Israele. Tutto questo in una protesta che dovrebbe riguardare le preoccupazioni economiche.
Moon of Alabama, in un articolo intitolato “Iran – Regime Change Agents Hijack Economic Protests”, scrive:
 
“Le proteste contro le politiche economiche neoliberiste del governo Rohani in Iran sono giustificate. La disoccupazione ufficiale in Iran è superiore al 12% e non vi è quasi alcuna crescita economica. Le persone nelle strade non sono le uniche a non essere soddisfatte di questo. Il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha ripetutamente criticato il record economico del governo, ha detto oggi che la nazione sta lottando contro “prezzi elevati, inflazione e recessione” e ha chiesto ai funzionari di risolvere i problemi con determinazione. Giovedì e oggi gli slogan di alcuni manifestanti hanno trasformato la richiesta di aiuti economici in un appello per il cambio di regime.
Oggi, venerdì, il giorno di riposo settimanale in Iran, diverse altre proteste si sono svolte in altre città. Secondo la Reuters circa 300 dimostranti si sono radunati a Kermanshah dopo quello che Fars ha definito “una chiamata all’anti-rivoluzione” e hanno gridato “i prigionieri politici dovrebbero essere liberati” e “Libertà o morte”, mentre distruggono alcune proprietà pubbliche. I filmati, che non è stato possibile verificare, hanno mostrato proteste in altre città, tra cui Sari e Rasht nel nord, Qom a sud di Teheran e Hamadan a ovest.
 
Mohsen Nasj Hamadani, vicecapo della sicurezza nella provincia di Teheran, ha detto che circa 50 persone si sono radunate in una piazza di Teheran e la maggior parte ha lasciato dopo essere stata interrogata dalla polizia; ma alcuni che hanno rifiutato sono stati “temporaneamente detenuti”, ha riferito l’agenzia di stampa ILNA.
Alcune di queste proteste hanno vere ragioni economiche ma vengono dirottate da altri interessi: nella città centrale di Isfahan, un residente ha detto che dei manifestanti si sono uniti a una manifestazione tenutasi dagli operai delle fabbriche. “Gli slogan sono passati rapidamente dall’economia a quelli contro (il presidente Hassan) Rouhani e il leader supremo (Ayatollah Ali Khamenei)”, ha detto il testimone al telefono. Le proteste puramente politiche sono rare in Iran […] ma le dimostrazioni sono spesso tenute dai lavoratori per i licenziamenti o il mancato pagamento degli stipendi, e le persone che detengono depositi in istituti finanziari non regolamentati e in bancarotta.
Alamolhoda, il rappresentante dell’Ayatollah Khamenei nel nord-est di Mashhad, ha detto che alcune persone hanno approfittato delle proteste di giovedì contro l’aumento dei prezzi per recitare slogan contro il ruolo dell’Iran nei conflitti regionali. “Alcune persone erano venute per esprimere le loro richieste, ma improvvisamente, in una folla di centinaia, un piccolo gruppo che non superava i 50 gridava slogan devianti e orrendi come “Lascia andare la Palestina”,”Non Gaza, non il Libano, io do la mia vita (solo) per l’Iran”, ha detto Alamolhoda.
 
IL SUPPORTO DEI NEOCONSERVATORI
 
E’ interessante notare come il Presidente degli Stati Uniti abbia immediatamente dato il suo supporto alle proteste, incoraggiando gli americani a schierarsi con i manifestanti e le loro richieste. Questo supporto proviene da un uomo che vede raramente una protesta che non sia diretta contro di lui. Nel frattempo, gli organi Neo-Con come FOX News continuano a chiedere agli americani di sostenere i coraggiosi “combattenti per la libertà” in Iran. Quando i neo-con richiedono sostegno alle proteste, è giusto mostrarsi scettici.
È anche importante mettere in discussione quanto siano popolari queste proteste. Mentre i principali media occidentali e varie organizzazioni terroristiche sostengono la presenza di migliaia per ogni manifestazione, i video e le immagini mostrano in tutto un centinaio di manifestanti. Le proteste sono iniziate solo un mese dopo che la Casa Bianca e Tel Aviv si sono incontrati per discutere di una strategia sull’Iran.
 
“Una delegazione guidata dal Consigliere per la sicurezza nazionale di Israele si è incontrata con alti funzionari americani alla Casa Bianca all’inizio di questo mese per una discussione congiunta sulla strategia per contrastare l’aggressione dell’Iran in Medio Oriente”, ha scritto l’agenzia Haaretz.
 
AXIOS fornisce qualche dettaglio sulla riunione: “Gli Stati Uniti e Israele tengono d’occhio i diversi sviluppi nella regione e specialmente quelli che sono collegati all’Iran. Abbiamo raggiunto una comprensione della strategia e della politica necessaria per contrastare l’Iran. Le nostre intese riguardano la strategia generale, ma anche obiettivi concreti, modalità d’azione e mezzi che devono essere utilizzati per ottenere tali obiettivi”.
Questa apparente rivoluzione colorata potrebbe essere il risultato di quell’incontro USA / Israele?L’idea che una rivoluzione colorata possa essere tentata in Iran non è una fantasia. Sarebbe una ripetizione della storia. Ricordate, nel 2009 già si tentò di lanciare la cosiddetta “Rivoluzione verde”, ma fu repressa duramente dal governo iraniano.
 
IL “SENTIERO VERSO LA PERSIA”
 
Il piano per un attacco occidentale/israeliano contro l’Iran, insieme al teatro di presunte tensioni israelo-americane che porteranno a un attacco e a una guerra totale, è in corso da un po’ di tempo. Ad esempio, nel 2009, la Brookings Institution, un’importante società bancaria e militare-industriale, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Which Path To Persia? Options For A New American Strategy For Iran”, in cui gli autori hanno delineato un piano che non lascia dubbi sul desiderio finale dei governi e delle istituzioni occidentali.
Il piano prevede la descrizione di un certo numero di modi in cui l’oligarchia occidentale sarebbe in grado di distruggere l’Iran, compresa l’invasione e l’occupazione militare. Tuttavia, il rapporto tenta di delineare una serie di metodi che potrebbero essere implementati prima che l’invasione militare diretta si mostri necessaria, incluso fomentare la destabilizzazione all’interno dell’Iran attraverso l’apparato proteste, disordini violenti, terrorismo per procura e “attacchi aerei limitati” condotti da Stati Uniti, Israele o entrambi.
 
Come recita il rapporto:
“Poiché il regime iraniano è ampiamente avversato da molti iraniani, il metodo più ovvio e accettabile per decretarne la fine sarebbe aiutare a promuovere una rivoluzione popolare sulla falsariga delle “rivoluzioni di velluto” che hanno rovesciato molti governi comunisti nell’Europa orientale a partire dal 1989. Per molti sostenitori del cambiamento di regime, sembra evidente che gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare il popolo iraniano a prendere il potere nel proprio nome e che questo sarebbe il metodo più legittimo per cambiare il regime. Dopo tutto, quale iraniano o straniero potrebbe rifiutarsi di aiutare il popolo iraniano a soddisfare i propri desideri?
 
Inoltre, la storia dell’Iran sembrerebbe suggerire che un tale evento sia plausibile. Durante il Movimento costituzionale del 1906, durante la fine degli anni ’30, probabilmente durante gli anni ’50, e ancora durante la Rivoluzione iraniana del 1978, coalizioni di intellettuali, studenti, contadini, mercanti bazar, marxisti, costituzionalisti e religiosi si mobilitarono contro un regime impopolare. Sia nel 1906 che nel 1978, i rivoluzionari ottennero il sostegno di gran parte della popolazione e, così facendo, prevalerono. Questa è la ragione per cui il popolo iraniano ha bisogno di credere che un’altra rivoluzione sia fattibile.
 
Ovviamente le rivoluzioni popolari sono eventi incredibilmente complessi e rari. C’è poco consenso accademico su ciò che provoca una rivoluzione popolare, o anche le condizioni che le facilitano. Anche i fattori spesso associati alle rivoluzioni, come la sconfitta militare, l’abbandono delle forze armate, le crisi economiche e le divisioni all’interno dell’élite sono stati eventi regolari in tutto il mondo e nel corso della storia, ma solo pochissime volte hanno portato a una rivoluzione popolare. Di conseguenza, tutta la letteratura sul modo migliore per promuovere una rivoluzione popolare -in Iran o altrove- è altamente speculativa. Tuttavia, è l’unica opzione politica che offre la possibilità che gli Stati Uniti possano eliminare tutti i problemi che affronta a causa dell’Iran, farlo a un costo accettabile, e farlo in un modo che sia accettabile per il popolo iraniano e la maggior parte del resto del mondo.”
 
CONCLUSIONI
Anche se la situazione in Iran è appena iniziata, sembra che sia in corso un’altra “rivoluzione colorata”. Mentre molte delle richieste sono legittime, tutti i segnali puntano verso il complotto occidentale nel tentativo di spezzare l’Iran. Distruggere l’Iran distruggerebbe anche Hezbollah, indebolirebbe la Siria e la Russia, e rinforzerebbe Israele. Se ciò riuscirà o meno dipenderà dalla capacità dell’Iran di schiacciare la rivolta. Se si può imparare qualcosa dalla rivoluzione del 2009, è che l’Iran si muoverà rapidamente e distruggerà le proteste con il pugno di ferro. Tuttavia, se le proteste che si svolgono oggi in Iran sono davvero una rivoluzione colorata e se l’Occidente ne è coinvolto, il “Sentiero verso la Persia” vedrà probabilmente un’escalation di attività, violenza e, in definitiva, uno scontro anche diretto con l’esercito americano.
 
(da Global Research – traduzione di Federico Bezzi) 2 gennaio 2018

Israele corre in soccorso dell’Isis in Siria Iran: l’attacco israeliano è “aggressione flagrante” alla Siria

IsJetUn diplomatico iraniano ha denunciato il recente attacco israeliano in Siria e ha chiesto all’ONU di prendere misure per impedire la sua ripetizione. Avigdor Lieberman, ministro israeliano della Difesa, ha minacciato di distruggere le difese antiaeree della Siria.
Bahram Qassemi, portavoce del Ministero degli Affari Esteri iraniano, ha condannato l’invasione dello spazio aereo siriano e l’attacco perpetrato nel territorio del paese arabo, venerdì scorso, da diversi aerei israelianiun aggressione a cui Damasco ha risposto abbattendone uno e colpendone un altro, secondo le informazioni ufficiali diffuse da fonti militari siriane. Israele nega l’abbattimento di qualsiasi aeromobile.
L’attacco, sferrato nella parte orientale della provincia di Homs, presumibilmente per distruggere armamenti destinati al movimento di resistenza libanese Hezbollah, è stato definito dalle autorità siriane un’ “aggressione” e un “tentativo disperato”, da parte di Tel Aviv, di “sollevare il morale” di Daesh, “distogliendo l’attenzione dalle vittorie che l’Esercito Arabo Siriano sta ottenendo contro le organizzazioni terroristiche”, si legge in un comunicato ripreso da Press TV.
 
Nelle dichiarazioni rilasciate sabato, Qassemi ha anche detto che si è trattato di “un’aggressione del regime sionista contro la Siria”, sottolineando che essa avviene “nel momento in cui l’Esercito e il fronte antiterrorista sono in vantaggio nella loro lotta contro i terroristi”.
L’aggressione mette in evidenza “gli interessi comuni e i comportamenti simili” che continuano ad esistere tra “l’usurpatore israeliano e i terroristi”, ha sostenuto il portavoce della diplomazia iraniana, che ha chiesto all’ONU una presa di posizione allo scopo di impedire la ripetizione di queste azioni, che “violano la pace e la sicurezza regionali”, informa Prensa Latina.
Preoccupazione a Mosca
 
In dichiarazioni a una radio israeliana, il ministro della Difesa sionista, Avigdor Lieberman, ha affermato che, la prossima volta che i siriani useranno il loro sistema di difesa antiaereo contro l’aviazione israeliana, “noi lo distruggeremo senza esitazioni”, sottolineando il diritto di Israele di invadere lo spazio aereo della Siria. Queste minacce sono state profferite il giorno dopo che il leader del suo governo, Benjamin Netanyahu, aveva detto che Israele continuerà a promuovere azioni militari contro Hezbollah in territorio siriano.
Il 20 marzo, il viceministro degli Affari Esteri della Russia, Mikhail Bogdanov, ha confermato all’agenzia di stampa Interfax che l’ambasciatore israeliano a Mosca è stato chiamato a fornire chiarimenti sull’attacco aereo di venerdì nei pressi di Palmira, nel centro della Siria. Secondo l’agenzia, citata da Press TV, il diplomatico russo ha espresso “la sua preoccupazione” per l’incidente.
da abrilabril.pt | Traduzione di Marx21.it

Il Pentagono sta sabotando gli sforzi di Trump di arrivare ad una distensione con la Russia

US-Tanks-in-Poland-borderCarri Armati USA sul confine Russo-Polacco
Il Presidente Trump ha detto che vuole far migliorare le relazioni degli USA con la Russia e frenare le operazioni di ingerenza nei paesi mussulmani. Tuttavia risulta che in questo momento lui viene  sistematicamente scavalcato dal Pentagono.
Il comandante delle forze statunitensi in Europa,  General Ben Hodges, ha schierato i carri armati sulla frontiera della Polonia con la Russia e questi  hanno sparato a salve, in un modo che il generale definisce ” un messaggio inviato alla Russia”, non una semplice  esercitazione di addestramento.
Come Trump potrebbe normalizzare le relazioni con la Russia quando il comandante delle forze statunitensi in Europa sta minacciando la Russia con le parole ed i fatti?
Il Pentagono ha anche inviato veicoli blindati ai “ribelli moderati” in Siria, secondo le istruzioni date dal Colonello John Dorrian. Incapace di impedire che la Russia e la Siria possano vincere la guerra contro l’ISIS, il Pentagono si sta occupando di far deragliare le negoziazioni di pace.
La realtà è che il complesso militare-industriale sta utilizzando i suoi burattini in collegamento con la Camera dei Rappresentanti e con il Senato per generare nuovi conflitti con l’Iran e continuando a lanciare minacce contro la Cina.
Chiaramente, Trump non dispone del controllo della parte più importante della sua agenda- la pace con le potenze termo-nucleari e la fine delle ingerenze (regime-change)  nelle situazioni degli altri paesi.
Trump non può simultaneamente fare la pace con la Russia e fare la guerra contro l’Iran e contro la Cina. Il governo russo non è stupido. Non si venderà la Cina e l’Iran in cambio di un accordo con l’Occidente. L’Iran è uno stato ammortizzatore contro il jihadismo che potrebbe inondare le popolazioni mussulmane che vivono nella Federazione Russa.
La Cina è l’alleato militare ed economico più importante per la Russia ed è un alleato strategico contro il rinnovo delle ostilità degli Stati Uniti verso la Russia da parte di un successore di Trump, supponendo che Trump abbia successo nella riduzione delle tensioni fra USA e Russia. I neocons, con i loro piani di egemonia mondiale degli USA e la loro alleanza con il complesso di sicurezza militare-industriale, dureranno anche oltre l’Amministrazione Trump.
Dall’altra parte la Cina è una potenza in crescita militare ed economica, mentre l’Occidente corrotto e disumanizzato si trova in declino. Un accordo con l’Occidente vale poco o niente a confronto. I Paesi che trattano con l’Occidente si trovano esposti allo sfruttamento finanziario e politico, come insegna l’esperienza. Si trasformano  inevitabilmente in vassalli dell’Impero USA. Non esiste alcuna eccezione (vedi l’Europa, vedi il Giappone).
Il desiderio della Russia di fare parte dell’Occidente è sconcertante. La Russia deve costruire la sua sicurezza nelle relazioni con la Cina e l’Asia e lasciare che sia l’Occidente , desideroso di partecipare a questo successo, che venga alla Russia per chiedere un accordo.
Perchè essere un postulante quando può essere lei a decidere?
Fonte: Russia Insider -di  Paul Craig Roberts
Traduzione: Luciano Lago – Feb 02, 2017

Contestano Trump anche quando fa come Obama

all immigrantsIl primo strepito della giornata di ieri arriva quando i media americani ed europei annunciano che Donald Trump ha rimosso dall’incarico il ministro della giustizia, Sally Yates, per il suo rifiuto di applicare il bando restrittivo sull’immigrazione ai sette paesi arabi indicati nell’ordine esecutivo del Presidente. Prima di commentare il merito del provvedimento e di come esso non sia in realtà senza precedenti nella storia recente americana, è opportuno ricordare che la Yates è un ministro uscente nominato da Obama – il ministro della giustizia indicato da Trump, Jeff Sessions, è in attesa della ratifica della sua nomina dal Senato – ed è andata espressamente contro un ordine presidenziale perfettamente legale dal punto di vista giuridico.
Stupiscono anche in questo senso le ingerenze dell’Onu che è arrivata a dichiarare l’illegalità del bando, in un’intromissione quantomeno anomala se si pensa che in passato essa ha taciuto di fronte alle vere violazioni del diritto internazionale commesse dagli Stati Uniti, ma all’epoca evidentemente i diritti umani non erano così prioritari come lo sono ora con Trump.
SICUREZZA INTERNA
Ma tornando al merito della questione, è corretto affermare che la decisione del Presidente sia senza precedenti nella storia americana? La prima cosa importante da dire su questo punto è che l’idea di porre delle restrizioni sull’immigrazione per i sette Paesi interessati dal bando restrittivo (Iraq, Iran, Siria, Yemen, Somalia, Libia e Sudan) non è una idea di Trump, ma del suo predecessore, Barack Obama.
Nel 2015 Obama infatti firma la legge sul programma di miglioramento per il rilascio dei visti (Visa Waiver Program Improvement), e la legge sulla prevenzione del terrorismo per i viaggi negli Usa (Terrorist Travel Prevention Act).
Nel sito del dipartimento della sicurezza interna (Department of Homeland Security) si legge che «il dipartimento per la sicurezza interna rimane preoccupato per la situazione in Siria e in Iraq, così instabili da attirare migliaia di combattenti stranieri, inclusi molti interessati dalla legge in questione (il Vwp). Questi soggetti potrebbero viaggiare negli Stati Uniti per compiere delle operazioni sia per proprio conto sia sotto la direzione di gruppi estremisti violenti». Quindi come si vede la restrizione posta da Trump era in parte già stata anticipata dall’amministrazione Obama che aveva individuato nell’immigrazione da questi paesi una fonte di rischio per la sicurezza nazionale.
La critica legittima che si può fare al provvedimento è semmai l’inclusione dell’Iran nella lista, considerato che l’Iran sta contribuendo attivamente in Siria e in Iraq nella lotta al terrorismo islamico, e l’esclusione dell’Arabia Saudita, uno dei Paesi che ha sfornato più terroristi negli ultimi anni, compresi i responsabili dell’11 settembre.
Ad ogni modo parlare di un atto discriminatorio rivolto contro le persone di religione musulmana è del tutto fuorviante. I media, come al solito, stanno raccontando falsità.
Veniamo ora all’aspetto più strettamente legale del provvedimento. Alcuni osservatori hanno rilevato l’illegalità dell’ordine esecutivo del Presidente, contestando la sua incostituzionalità e il suo carattere discriminatorio dal momento che restringe l’immigrazione solamente per i paesi citati sopra. Come detto, il provvedimento non è motivato da motivi religiosi e se si dà uno sguardo alla legge sull’immigrazione federale statunitense (legge 1182 sezione f), viene specificato che «qualora il Presidente ritenga che l’ingresso di stranieri di ogni tipo e classe sia dannoso per gli interessi degli Stati Uniti può, con un atto esecutivo e per il periodo che riterrà necessario, sospendere l’ingresso di tutti gli stranieri di qualsiasi tipo sia che siano immigrati o non immigrati, o imporre sull’ingresso di stranieri qualsiasi altra restrizione che ritenga appropriata». Come si vede, tutto quello fatto da Trump è perfettamente legale e non viola in alcun modo la Costituzione americana.
ORDINE ESECUTIVO
Nonostante questo il giudice federale di New York, Ann Donnelly, ha accolto il ricorso dell’Aclu (American Civil Liberties Union) l’associazione per i diritti civili americana, riguardo all’espulsione di immigrati provenienti dai paesi che riguardano l’ordine esecutivo di Trump. Il giudice Donnelly è stato nominato da Obama, e fino ad ora né le associazioni dei diritti civili americane né la magistratura avevano mai sollevato obiezioni sul fatto che le pratiche per ottenere lo status di rifugiato andassero avanti per anni. Ad ogni modo l’ordine esecutivo di Trump resta in vigore, e parlare di proteste spontanee è piuttosto grottesco dal momento che l’Aclu risulta essere stata finanziata da Soros con 50 milioni di dollari nel 2014.
A questo punto sembra legittimo chiedersi, come mai dietro queste associazioni umanitarie si annidano sempre i rappresentanti della peggiore finanza speculativa?
di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti – 01/02/2017

La solita propaganda anti Trump-Obama promosse restrizioni di circolazione dai paesi “terroristi”

visaWaverI disinformatori di regime e servetti vari in  servizio permanente effettivo ACCURATAMENTE ED INTERESSATAMENTE OCCULTANO  IL FATTO CHE il divieto d’ingresso (negli usa) agli islamici di Somalia, Libia, Iran, Iraq, Siria, Sudan e Yemen è contenuto nella legge HR 158 “Visa Waiver Program Improvement and Terrorist Travel Prevention Act” emanata il 12.09.2015 dal sig.OBAMAAAAAAAAAAAAAA
ECCO IL TESTO
H.R.158 – Visa Waiver Program Improvement and Terrorist Travel Prevention Act of 2015
114th Congress (2015-2016)
Sponsor:
Rep. Miller, Candice S. [R-MI-10] (Introduced 01/06/2015)
Committees:
House – Judiciary; Homeland Security
Committee Reports:
Latest Action:
12/09/2015 Received in the Senate.  (All Actions)
Roll Call Votes:
There has been 1 roll call vote
Tracker:
This bill has the status Passed House
Here are the steps for Status of Legislation:
  1. Introduced
  1. Passed House
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Subject — Policy Area:
Text: H.R.158 — 114th Congress (2015-2016)
All Bill Information (Except Text)
There are 3 versions:

Text available as:

Shown Here:
Received in Senate (12/09/2015)

114th CONGRESS

1st Session

H. R. 158

IN THE SENATE OF THE UNITED STATES
December 9, 2015
Received

AN ACT
To amend the Immigration and Nationality Act to provide enhanced security measures for the visa waiver program, and for other purposes.
Be it enacted by the Senate and House of Representatives of the United States of America in Congress assembled,
SECTION 1. Short title.
This Act may be cited as the “Visa Waiver Program Improvement and Terrorist Travel Prevention Act of 2015”.
SEC. 2. Electronic passport requirement.
(a) Requirement for alien To possess electronic passport.—Section 217(a)(3) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(a)(3)) is amended to read as follows:
“(3) PASSPORT REQUIREMENTS.—The alien, at the time of application for admission, is in possession of a valid unexpired passport that satisfies the following:
“(A) MACHINE READABLE.—The passport is a machine-readable passport that is tamper-resistant, incorporates document authentication identifiers, and otherwise satisfies the internationally accepted standard for machine readability.
“(B) ELECTRONIC.—Beginning on April 1, 2016, the passport is an electronic passport that is fraud-resistant, contains relevant biographic and biometric information (as determined by the Secretary of Homeland Security), and otherwise satisfies internationally accepted standards for electronic passports.”.
(b) Requirement for program country To validate passports.—Section 217(c)(2)(B) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)(2)(B)) is amended to read as follows:
“(B) PASSPORT PROGRAM.—
“(i) ISSUANCE OF PASSPORTS.—The government of the country certifies that it issues to its citizens passports described in subparagraph (A) of subsection (a)(3), and on or after April 1, 2016, passports described in subparagraph (B) of subsection (a)(3).
“(ii) VALIDATION OF PASSPORTS.—Not later than October 1, 2016, the government of the country certifies that it has in place mechanisms to validate passports described in subparagraphs (A) and (B) of subsection (a)(3) at each key port of entry into that country. This requirement shall not apply to travel between countries which fall within the Schengen Zone.”.
(c) Conforming amendment.—Section 303(c) of the Enhanced Border Security and Visa Entry Reform Act of 2002 is repealed (8 U.S.C. 1732(c)).
SEC. 3. Restriction on use of visa waiver program for aliens who travel to certain countries.
Section 217(a) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(a)), as amended by this Act, is further amended by adding at the end the following:
“(12) NOT PRESENT IN IRAQ, SYRIA, OR ANY OTHER COUNTRY OR AREA OF CONCERN.—
“(A) IN GENERAL.—Except as provided in subparagraphs (B) and (C)—
“(i) the alien has not been present, at any time on or after March 1, 2011—
“(I) in Iraq or Syria;
“(II) in a country that is designated by the Secretary of State under section 6(j) of the Export Administration Act of 1979 (50 U.S.C. 2405) (as continued in effect under the International Emergency Economic Powers Act (50 U.S.C. 1701 et seq.)), section 40 of the Arms Export Control Act (22 U.S.C. 2780), section 620A of the Foreign Assistance Act of 1961 (22 U.S.C. 2371), or any other provision of law, as a country, the government of which has repeatedly provided support of acts of international terrorism; or
“(III) in any other country or area of concern designated by the Secretary of Homeland Security under subparagraph (D); and
“(ii) regardless of whether the alien is a national of a program country, the alien is not a national of—
“(I) Iraq or Syria;
“(II) a country that is designated, at the time the alien applies for admission, by the Secretary of State under section 6(j) of the Export Administration Act of 1979 (50 U.S.C. 2405) (as continued in effect under the International Emergency Economic Powers Act (50 U.S.C. 1701 et seq.)), section 40 of the Arms Export Control Act (22 U.S.C. 2780), section 620A of the Foreign Assistance Act of 1961 (22 U.S.C. 2371), or any other provision of law, as a country, the government of which has repeatedly provided support of acts of international terrorism; or
“(III) any other country that is designated, at the time the alien applies for admission, by the Secretary of Homeland Security under subparagraph (D).
“(B) CERTAIN MILITARY PERSONNEL AND GOVERNMENT EMPLOYEES.—Subparagraph (A)(i) shall not apply in the case of an alien if the Secretary of Homeland Security determines that the alien was present—
“(i) in order to perform military service in the armed forces of a program country; or
“(ii) in order to carry out official duties as a full-time employee of the government of a program country.
“(C) WAIVER.—The Secretary of Homeland Security may waive the application of subparagraph (A) to an alien if the Secretary determines that such a waiver is in the law enforcement or national security interests of the United States.
“(D) COUNTRIES OR AREAS OF CONCERN.—
“(i) IN GENERAL.—Not later than 60 days after the date of the enactment of this paragraph, the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State and the Director of National Intelligence, shall determine whether the requirement under subparagraph (A) shall apply to any other country or area.
“(ii) CRITERIA.—In making a determination under clause (i), the Secretary shall consider—
“(I) whether the presence of an alien in the country or area increases the likelihood that the alien is a credible threat to the national security of the United States;
“(II) whether a foreign terrorist organization has a significant presence in the country or area; and
“(III) whether the country or area is a safe haven for terrorists.
“(iii) ANNUAL REVIEW.—The Secretary shall conduct a review, on an annual basis, of any determination made under clause (i).
“(E) REPORT.—Beginning not later than 1 year after the date of the enactment of this paragraph, and annually thereafter, the Secretary of Homeland Security shall submit to the Committee on Homeland Security, the Committee on Foreign Affairs, the Permanent Select Committee on Intelligence, and the Committee on the Judiciary of the House of Representatives, and the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs, the Committee on Foreign Relations, the Select Committee on Intelligence, and the Committee on the Judiciary of the Senate a report on each instance in which the Secretary exercised the waiver authority under subparagraph (C) during the previous year.”.
SEC. 4. Designation requirements for program countries.
(a) Reporting lost and stolen passports.—Section 217(c)(2)(D) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)(2)(D)), as amended by this Act, is further amended by striking “within a strict time limit” and inserting “not later than 24 hours after becoming aware of the theft or loss”.
(b) Interpol Screening.—Section 217(c)(2) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)(2)), as amended by this Act, is further amended by adding at the end the following:
“(G) INTERPOL SCREENING.—Not later than 270 days after the date of the enactment of this subparagraph, except in the case of a country in which there is not an international airport, the government of the country certifies to the Secretary of Homeland Security that, to the maximum extent allowed under the laws of the country, it is screening, for unlawful activity, each person who is not a citizen or national of that country who is admitted to or departs that country, by using relevant databases and notices maintained by Interpol, or other means designated by the Secretary of Homeland Security. This requirement shall not apply to travel between countries which fall within the Schengen Zone.”.
(c) Implementation of passenger information exchange agreement.—Section 217(c)(2)(F) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)(2)(F)), as amended by this Act, is further amended by inserting before the period at the end the following: “, and fully implements such agreement”.
(d) Termination of designation.—Section 217(f) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(f)) is amended by adding at the end the following:
“(6) FAILURE TO SHARE INFORMATION.—
“(A) IN GENERAL.—If the Secretary of Homeland Security and the Secretary of State jointly determine that the program country is not sharing information, as required by subsection (c)(2)(F), the Secretary of Homeland Security shall terminate the designation of the country as a program country.
“(B) REDESIGNATION.—In the case of a termination under this paragraph, the Secretary of Homeland Security shall redesignate the country as a program country, without regard to paragraph (2) or (3) of subsection (c) or paragraphs (1) through (4), when the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, determines that the country is sharing information, as required by subsection (c)(2)(F).
“(7) FAILURE TO SCREEN.—
“(A) IN GENERAL.—Beginning on the date that is 270 days after the date of the enactment of this paragraph, if the Secretary of Homeland Security and the Secretary of State jointly determine that the program country is not conducting the screening required by subsection (c)(2)(G), the Secretary of Homeland Security shall terminate the designation of the country as a program country.
“(B) REDESIGNATION.—In the case of a termination under this paragraph, the Secretary of Homeland Security shall redesignate the country as a program country, without regard to paragraph (2) or (3) of subsection (c) or paragraphs (1) through (4), when the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, determines that the country is conducting the screening required by subsection (c)(2)(G).”.
SEC. 5. Reporting requirements.
(a) In general.—Section 217(c) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)), as amended by this Act, is further amended—
(1) in paragraph (2)(C)(iii)—
(A) by striking “and the Committee on International Relations” and inserting “, the Committee on Foreign Affairs, and the Committee on Homeland Security”; and
(B) by striking “and the Committee on Foreign Relations” and inserting “, the Committee on Foreign Relations, and the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs”; and
(2) in paragraph (5)(A)(i)—
(A) in subclause (III)—
(i) by inserting after “the Committee on Foreign Affairs,” the following: “the Permanent Select Committee on Intelligence,”;
(ii) by inserting after “the Committee on Foreign Relations,” the following: “the Select Committee on Intelligence”; and
(iii) by striking “and” at the end;
(B) in subclause (IV), by striking the period at the end and inserting the following: “; and”; and
(C) by adding at the end the following:
“(V) shall submit to the committees described in subclause (III), a report that includes an assessment of the threat to the national security of the United States of the designation of each country designated as a program country, including the compliance of the government of each such country with the requirements under subparagraphs (D) and (F) of paragraph (2), as well as each such government’s capacity to comply with such requirements.”.
(b) Date of submission of first report.—The Secretary of Homeland Security shall submit the first report described in subclause (V) of section 217(c)(5)(A)(i) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. (c)(5)(A)(i)), as added by subsection (a), not later than 90 days after the date of the enactment of this Act.
SEC. 6. High risk program countries.
Section 217(c) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(c)), as amended by this Act, is further amended by adding at the end the following:
“(12) DESIGNATION OF HIGH RISK PROGRAM COUNTRIES.—
“(A) IN GENERAL.—The Secretary of Homeland Security, in consultation with the Director of National Intelligence and the Secretary of State, shall evaluate program countries on an annual basis based on the criteria described in subparagraph (B) and shall identify any program country, the admission of nationals from which under the visa waiver program under this section, the Secretary determines presents a high risk to the national security of the United States.
“(B) CRITERIA.—In evaluating program countries under subparagraph (A), the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Director of National Intelligence and the Secretary of State, shall consider the following criteria:
“(i) The number of nationals of the country determined to be ineligible to travel to the United States under the program during the previous year.
“(ii) The number of nationals of the country who were identified in United States Government databases related to the identities of known or suspected terrorists during the previous year.
“(iii) The estimated number of nationals of the country who have traveled to Iraq or Syria at any time on or after March 1, 2011, to engage in terrorism.
“(iv) The capacity of the country to combat passport fraud.
“(v) The level of cooperation of the country with the counter-terrorism efforts of the United States.
“(vi) The adequacy of the border and immigration control of the country.
“(vii) Any other criteria the Secretary of Homeland Security determines to be appropriate.
“(C) SUSPENSION OF DESIGNATION.—The Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, may suspend the designation of a program country based on a determination that the country presents a high risk to the national security of the United States under subparagraph (A) until such time as the Secretary determines that the country no longer presents such a risk.
“(D) REPORT.—Not later than 60 days after the date of the enactment of this paragraph, and annually thereafter, the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Director of National Intelligence and the Secretary of State, shall submit to the Committee on Homeland Security, the Committee on Foreign Affairs, the Permanent Select Committee on Intelligence, and the Committee on the Judiciary of the House of Representatives, and the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs, the Committee on Foreign Relations, the Select Committee on Intelligence, and the Committee on the Judiciary of the Senate a report, which includes an evaluation and threat assessment of each country determined to present a high risk to the national security of the United States under subparagraph (A).”.
SEC. 7. Enhancements to the electronic system for travel authorization.
(a) In general.—Section 217(h)(3) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(h)(3)) is amended—
(1) in subparagraph (C)(i), by inserting after “any such determination” the following: “or shorten the period of eligibility under any such determination”;
(2) by striking subparagraph (D) and inserting the following:
“(D) FRAUD DETECTION.—The Secretary of Homeland Security shall research opportunities to incorporate into the System technology that will detect and prevent fraud and deception in the System.
“(E) ADDITIONAL AND PREVIOUS COUNTRIES OF CITIZENSHIP.—The Secretary of Homeland Security shall collect from an applicant for admission pursuant to this section information on any additional or previous countries of citizenship of that applicant. The Secretary shall take any information so collected into account when making determinations as to the eligibility of the alien for admission pursuant to this section.
“(F) REPORT ON CERTAIN LIMITATIONS ON TRAVEL.—Not later than 30 days after the date of the enactment of this subparagraph and annually thereafter, the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, shall submit to the Committee on Homeland Security, the Committee on the Judiciary, and the Committee on Foreign Affairs of the House of Representatives, and the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs, the Committee on the Judiciary, and the Committee on Foreign Relations of the Senate a report on the number of individuals who were denied eligibility to travel under the program, or whose eligibility for such travel was revoked during the previous year, and the number of such individuals determined, in accordance with subsection (a)(6), to represent a threat to the national security of the United States, and shall include the country or countries of citizenship of each such individual.”.
(b) Report.—Not later than 30 days after the date of the enactment of this Act, the Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, shall submit to the Committee on Homeland Security, the Committee on the Judiciary, and the Committee on Foreign Affairs of the House of Representatives, and the Committee on Homeland Security and Governmental Affairs, the Committee on the Judiciary, and the Committee on Foreign Relations of the Senate a report on steps to strengthen the electronic system for travel authorization authorized under section 217(h)(3) of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187(h)(3))) in order to better secure the international borders of the United States and prevent terrorists and instruments of terrorism from entering the United States.
SEC. 8. Provision of assistance to non-program countries.
The Secretary of Homeland Security, in consultation with the Secretary of State, shall provide assistance in a risk-based manner to countries that do not participate in the visa waiver program under section 217 of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187) to assist those countries in—
(1) submitting to Interpol information about the theft or loss of passports of citizens or nationals of such a country; and
(2) issuing, and validating at the ports of entry of such a country, electronic passports that are fraud-resistant, contain relevant biographic and biometric information (as determined by the Secretary of Homeland Security), and otherwise satisfy internationally accepted standards for electronic passports.
SEC. 9. Clerical amendments.
(a) Secretary of Homeland Security.—Section 217 of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187), as amended by this Act, is further amended by striking “Attorney General” each place such term appears (except in subsection (c)(11)(B)) and inserting “Secretary of Homeland Security”.
(b) Electronic system for travel authorization.—Section 217 of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1187), as amended this Act, is further amended—
(1) by striking “electronic travel authorization system” each place it appears and inserting “electronic system for travel authorization”;
(2) in the heading in subsection (a)(11), by striking “electronic travel authorization system” and inserting “electronic system for travel authorization”; and
(3) in the heading in subsection (h)(3), by striking “electronic travel authorization system” and inserting “electronic system for travel authorization”.
SEC. 10. Sense of Congress.
It is the sense of Congress that the International Civil Aviation Organization, the specialized agency of the United Nations responsible for establishing international standards, specifications, and best practices related to the administration and governance of border controls and inspection formalities, should establish standards for the introduction of electronic passports (referred to in this section as “e-passports”), and obligate member countries to utilize such e-passports as soon as possible. Such e-passports should be a combined paper and electronic passport that contains biographic and biometric information that can be used to authenticate the identity of travelers through an embedded chip.
Passed the House of Representatives December 8, 2015.
  • Attest:karen l. haas,Clerk

Siria: L’Egitto si inserisce nel conflitto a sostegno della coalizione Russia-Siria-Iran

che Al Sisi non fosse gradito all’elite bancaria al potere in Occidente era chiaro da tempo, ora ne ha fatta un’altra per “indispettire” l’intellighenzia al caviale

Presidente egiziano con Putin

Presidente egiziano con Putin
 di  Alex Gorka

Alla fine anche l’Egitto ha preso una posizione chiara sulla Siria.  Questo è un evento di grande importanza per cambiare drasticamente la situazione. Parlando alla rete TV portoghese RTP il 22 Novembre, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha affermato pubblicamente il suo sostegno per le forze del presidente siriano Bashar al-Assad.

In risposta alla domanda se l’Egitto invierà truppe in Siria o meno dichiarato : «La nostra priorità è quella di sostenere il nostro esercito nelle questioni come il controllo delle parti della Libia e fare fronte  alle forze estremiste per stabilire la pace, anche in Siria e Iraq» .

Il presidente al-Sisi ha ripristinato le relazioni diplomatiche con la Siria dopo il suo arrivo al potere nel 2013. Il mese scorso, l’Egitto sostenuto la posizione russa  che chiede un cessate il fuoco in Siria. L’Egitto aveva  dato il suo supporto per la richiesta russa che l’avrebbe messo in contrasto con l’Occidente e con l’Arabia Saudita. Riyadh ha reagito  sospendendo le forniture  di petrolio per il paese, ma il governo egiziano non ha voluto cedere alla  pressione. Ad ulteriore esempio, l’Egitto ha sfidato gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, rifiutando di essere coinvolto nel conflitto yemenita.

Citando «fonti arabe ben informate», il quotidiano libanese Al-Safir ha riferito che 18 piloti egiziani sono arrivati ad Hamah, una  base aerea militare in Siria, il 12 novembre.  I militari fanno parte di una speciale squadrone di elicotteri. Una fonte «vicino alla agenzia Siria file » ha riferito al giornale che un grande dispiegamento di truppe egiziane arriverà in Siria alla fine di gennaio per prendere parte alle operazioni militari che “non sarà limitato a solo supporto aereo nella  base aerea di Hama “.

Il mese scorso, il capo  dei servizi di sicurezza siriani, Ali Mamlouk,   si è incontrato in pubblico con i funzionari per la sicurezza egiziani, nella sua prima visita all’estero  da cinque anni, per discutere con l’Egitto che si è avviato a sostenere pubblicamente il governo siriano.  Secondo “The Middle East Observer”, il primo gruppo dei 4 ufficiali di alto grado egiziani dello staff  dello Stato Maggiore egiziano,  è entrato in Siria un mese fa ed è stato schierato nella base dell’esercito siriano a Damasco. I funzionari militari hanno visitato la divisione corazzata di stanza nei pressi di Daraa e una base aerea nella provincia di Sweida.

Anche il mese scorso, il capo dell’ufficio di sicurezza nazionale siriano,  Ali Mamlouk, ha visitato il Cairo per incontrare Khaled Fawzy, il capo del servizio di intelligence generale dell’Egitto. Le due parti hanno convenuto di coordinare le posizioni politiche e rafforzare la cooperazione nella «lotta al terrorismo» in base a quanto riferito dalla agenzia di stampa della Siria, Sana.

L’aperto sostegno fornito dall’Egitto alla coalizione della Russia in Siria è un cambiamento di  gioco che diventa un evento di fondamentale importanza.

In Occidente, la guerra in Siria è stata ampiamente interpretata come  un conflitto tra forze sunnite e sciite  – sulla base del vecchio scisma dell’Islam del 1400.  Adesso accade che il più grande stato arabo sunnita ha preso le parti  del governo della Siria per diventare un alleato della  coalizione con la Russia e con l’Iran. L’interpretazione settaria del conflitto non è quindi più valida.

L’essenza del  conflitto è quella  di  combattere i terroristi radicali islamici (sostenuti da USA ed Arabia Saudita). Come ha fatto notare il presidente egiziano, lui stesso ritiene  che l’esercito nazionale   e le forze governative siriane sono le meglio posizionate  per combattere gli estremisti e ripristinare la stabilità nella nazione dilaniata dalla guerra.

Recentemente, la Russia e l’Egitto hanno intensificato i loro legami bilaterali in molti settori, tra cui la cooperazione di difesa . Esercitazioni militari congiunte si sono svolte in Egitto nel mese di ottobre. Entrambi i paesi si vedono faccia-faccia sulla Libia e su molte altre questioni.

C’è un altro evento per dimostrare il rafforzamento della coalizione con la Russia supportata  dall’ Egitto. Secondo la iraniana Fars News Agency, il ministro della Difesa iraniano Hossein Dehghan ha dichiarato il 26 novembre che Teheran potrebbe consentire alla Russia di utilizzare la base aerea di  Nojeh, nei pressi di Hamadan, per il funzionamento delle operazioni aeree di Mosca contro i terroristi in Siria. Inoltre, il signor Dehghan ha detto ai giornalisti che è all’ordine del giorno    l’acquisto di 30 Sukhoi Su-30 jet da combattimento di fabbricazione russa.

Lo stesso giorno, Victor Ozerov, presidente della commissione difesa del parlamento, alla camera alta russa  ha dichiarato che la Russia potrebbe usare la base aerea di Hamadan  dell’Iran, nel caso in cui la portaerei Admiral Kuznetsov si debba allontanare dalla Siria. Il 16 agosto, i bombardieri russi avevano utilizzato  la base di Nojeh nell’Iran per lanciare attacchi contro le posizioni dei terroristi in Siria.

Il 26 novembre, le forze armate siriane e gli alleati sono riusciti a prendere il controllo di Hanano, quartiere chiave nella città nord-occidentale di Aleppo, che è stato un punto di  scontri a fuoco nel corso degli ultimi mesi. Dopo di Aleppo si è ripetuto  che la coalizione della Russia, a supporto della  Siria, controllerà vaste aree di territorio nel paese. Con il governo di Bashar Assad saldamente al potere, l’insediamento nel dopoguerra non sembra essere una chimera e la coalizione guidata dagli Stati Uniti difficilmente potrà essere quella  che possa dare l’ultima parola.

Lo sforzo militare della Russia in Siria si è trasformato in un’operazione di una portata molto più ampia rispetto a quanto non fosse nel settembre 2015, quando il primo aereo russo ha volato  per la sua prima sortita. L’operazione ha segnato il ritorno spettacolare della Russia nel Medio Oriente come un importante protagonista. Nuovi attori, come la Cina , l’Egitto e altri, sono stati coinvolti. L’interazione tra i membri della coalizione diventa sempre più stretta, come dimostrato dalla  Russia e Iran.

La decisione dell’Egitto di sostenere il governo della Siria fornisce una buona opportunità di influenzare gli eventi in modo positivo nella strategica regione del Medio Oriente.

In termini generali, la collaborazione di grandi paesi indica che un ente regionale  anti-terrorismo  o addirittura un blocco militare indipendente dagli Stati Uniti, potrebbero emergere in un determinato momento nel prossimo futuro.

Fonte: Strategic Culture – Traduzione: Luciano Lago

Da  Dic 02, 2016

http://www.controinformazione.info/siria-legitto-si-inserisce-nel-conflitto-a-sostegno-della-coalizione-russia-siria-iran/