“Gli italiani sono ignoranti”. Così Boldrini vuole rieducarci

un articolo di riflessione sugli sforzi propagandistici di certe ideologie da pensiero unico, ovviamente solo buone intenzioni, nessun intento censorio eh, le “nostre autorità”, soprattutto quelle italiote non elette vogliono solo il nostro bene…
“Gli italiani sono ignoranti”. Così Boldrini vuole rieducarci
Se non ve ne siete accorti, siete ignoranti. Sì, esatto: gli italiani sono asini. Soprattutto quando si parla di immigrazione. A metterlo nero su bianco è la Commissione Jo Cox della Camera dei deputati, un organismo voluto e presieduto da Laura Boldrini per studiare “l’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni dell’odio”.
Istituita il 10 maggio 2016, la Commissione “include un deputato per ogni gruppo politico, rappresentanti di organizzazioni sopranazionali, di istituti di ricerca e di associazioni nonché esperti”. Fin qui tutto normale. O quasi.
Nel senso che la Commissione due giorni fa ha presentato la relazione finale dei suoi temutissimi lavori ed ha emesso la sua sentenza finale sul popolo populista: gli italiani hanno opinioni sbagliate, “stereotipi e false rappresentazioni”. E per questo vanno rieducati.
La relazione si apre con la spiegazione del concetto della “piramide dell’odio“, una sorta di rappresentazione grafica e sociologica di come un “linguaggio ostile e banalizzato” possa trasformarsi in un “crimine d’odio” fino “all’omicidio” contro donne, gay, immigrati e altre religioni. Manco fossimo a Caracas.
Segue quindi un lungo elenco di opinioni negative di cui sono soliti macchiarsi i cittadini poco illuminati. Come quelle di chi ritene che “l’uomo debba provvedere alle necessità economiche della famiglia e che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche”; oppure che “una madre occupata non possa stabilire un buon rapporto con i figli al pari di una madre che non lavora”. Che maschilisti, questi italiani!
 
Non è tuttoPerché la vera ossessione del documento sono le idee sugli immigrati. Qui l’accusa si trasforma in offesa. Si legge infatti che “secondo l’Ignorance Index di IPSOS MORI, l’Italia risulta il Paese con il più alto tasso del mondo di ignoranza sull’immigrazione”. E che cosa penseranno mai i populisti per meritarsi il titolo di ignoranti? Tutte cose normali, ma orribili per la Boldrini. Ritenete che “i datori di lavoro debbano dare la precedenza agli italiani”? Siete retrogradi. Credete che gli immigrati “tolgano lavoro” ai disoccupati nostrani? Solo bugie. Vi azzardate a dire che “i rifugiati sono un peso perché godono dei benefit sociali e del lavoro degli abitanti”? Siete de cattivoni: vitto e alloggio pagato per due anni a 170mila persone, di cui l’80% senza diritto d’asilo, sono un dovere. Non uno spreco. E ancora: credete che “un quartiere si degrada quando ci sono molti immigrati” e che “l’aumento degli immigrati favorisce il diffondersi del terrorismo e della criminalità”? Non sapete cosa dite.
Forse i membri della Commissione Jo Cox una casa nelle periferie di Milano e Roma non l’hanno mai avuta. Altrimenti non avrebbero puntato tanto il dito contro chi non desidera migranti nel proprio quartiere (il valore delle case si deprezza rapidamente) e non vorrebbe rom e sinti “come vicini di casa”. Ma tant’è. Dopo un lungo elenco di discriminazioni, omofobie e sessismi commessi dagli italiani, si arriva alle medicine proposte dalla Boldrini e i suoi compagni d’avventura. Sono le 56 “raccomandazioni per prevenire e contrastare l’odio” rivolte a governo, Ue, media, giornalisti, associazioni e operatori. E così per abbattere la violenza dovremo “approvare alcune importanti proposte di legge all’esame delle Camere, tra cui quelle sulla cittadinanza e sul contrasto dell’omofobia e della transfobia”.
Capito? Solo con lo ius soli si sconfigge l’odio: parola di Boldrini. Poi bisogna “rafforzare nelle scuole l’educazione di genere” (leggi: ideologia gender), educare i giovani al “rispetto, apertura interculturale, inter-religiosa” e istituire “un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione”. Nemmeno Orwell sarebbe arrivato a tanto, eleggendo un padre-padrone dell’informazione che ci rieduchi per legge e ci insegni la bellezza dell’interculturalismo.
Viene da chiedersi chi sarà questo gran giurì. Non è che gatta ci cova? Infatti mentre bacchetta i giornali, la Boldrini vorrebbe “rafforzare il mandato dell’UNAR” (quello delle orge gay pagate dallo Stato) e “sostenere e promuovere blog e attivisti no hate o testate che promuovono una contro-narrazione”. A chi vorrebbe dare appoggio (e forse soldi)? Magari proprio quei blog che hanno aiutato il Presidente della Camera nella sua raccolta firme “bastabufale.it“, come “Il disinformatico” di Paolo Attivissimo, il blog di Paolo Puente o “Butac” di Michelangelo Coltelli. Tutti primi firmatari della campagna anti fake news. A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca.
di Giuseppe De Lorenzo – 23/07/2017 Fonte: Il Giornale

I nemici della lingua italiana

boldrini duein soli due giorni 8 casi di stupro e violenza sulle donne ad opera di risorse sono accuratamente celati in trafiletti di giornale e chissà quante altre vittime sono rimaste ignorate, nascoste in altrettanti trafiletti che non debbano attirare l’attenzione. La Presidenta, paladina femminista ha altro a cui pensare, storpiare l’italiano è vera lotta per le donne e la loro incolumità. Il Tribunale di Bari ha condannato la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno a versare un risarcimento di 30.000 euro per la gestione del CIE di Bari, QUANTO DOVREBBERO CHIEDERE ALLE AUTORITA’, ONG E COOP, AI GIUDICI CHE RILASCIANO I DELINQUENTI IL GIORNO DOPO AVER COMMESSO UN REATO, LE VITTIME DI STUPRI E VIOLENZE??? Tanto NESSUNO rappresenterà la loro TRAGEDIA.


Nei decenni passati a deturpare in maniera orribile la lingua italiana erano soprattutto i vocaboli di origine statunitense che facevano tanto manager rampante, i quali spopolarono prima in ambito aziendale per poi invadere il giornalismo, la TV, i bar e purtroppo anche il lemmario del cittadino, non prima di essere stati sdoganati anche sui vocabolari che contano.
Oggi invece l’assalto a quello che resta della lingua italiana arriva dai dirittoumanisti radical chic modello Boldrini che ritengono doveroso ed indispensabile storpiare al femminile tutti quei vocaboli neutri che in quanto tali il femminile non c’è l’hanno.

Così sul sito del Ministero della Salute scopriamo l’esistenza della “ministra” Lorenzin, Laura Boldrini diventa “Presidenta” della Camera, sui giornali ci ragguagliano sulle decisioni della “Prefetta” caia o della “sindaca” sempronia, e via così con una saga del grottesco che fa rabbrividire chiunque ami almeno un poco la propria lingua.

Ma lo storpiamento in questo caso avrà anche un carattere istituzionale, poiché da settembre entrerà in vigore il “codice Boldrini” ed i dipendenti non potranno più entrare alla Camera privi dei nuovi tesserini con la declinazione della loro mansione secondo il genere femminile.

Sarà insomma la vera saga del festival del grottesco, con la consigliera comunale, l’assessora, la cancelliera, l’architetta, la Colonnella, la medica, l’ingegnera, la chirurga e chi più ne ha ne metta.

Ad ascoltare questi deliri viene quasi nostalgia dei manager rampanti, almeno loro non avevano la presunzione di ergersi a modello culturale e neppure l’appoggio incondizionato dei servi petalosi dell’Accademia della Crusca.

Marco Cedolin

http://ilcorrosivo.blogspot.it/2017/08/i-nemici-della-lingua-italiana.html#more

 

Non vogliono evitare bufale, vogliono il controllo del dissenso

UN-internet-censorshipIl professore di Informatica giuridica all’Università degli Studi di Milano commenta il disegno di legge presentato al Senato. Un “testo confuso che non stabilisce neanche con quali criteri definire una falsa notizia”
Un testo confuso, che punta ad attaccare il libero dissenso in rete e confonde fake news e pedopornografia. In più, Internet non è il far west, ma un luogo già “iper regolamentato” dove non deve essere un legislatore o un provider “sceriffo” a censurare le informazioni. Giovanni Ziccardi, professore di Informatica giuridica all’Università degli Studi di Milano, commenta il ddl contro le fake news presentato nei giorni scorsi al Senato (qui il testo). Una proposta “liberticida” che vuole imporre nuove regole a siti e forum, applicando anche l’aggravante della diffusione a mezzo stampa.
Da esperto di diritto delle nuove tecnologie, cosa pensa del ddl?
Credo sia inopportuno, pericoloso e censorio. Nasconde le sue reali intenzioni di controllo del dissenso. Lo trovo soprattutto impreciso, sia dal punto di vista tecnico che giuridico. Punta a soffocare il dibattito in rete caricando di responsabilità, burocrazia e sanzioni gli utenti e i provider. Dall’altra parte “salva”, per molti versi, i due principali vettori di odio, notizie false e disinformazione di oggi, cioè molti grandi media e politici. Ed equipara fenomeni eterogenei tra loro che richiedono, invece, regolamentazioni specifiche. Infatti nella relazione introduttiva si fa riferimento a “fake news”, a espressioni che istigano all’odio e alla pedopornografia. Tre universi molto diversi tra loro.
Quali sono i punti più critici?Partiamo dalle pagine della Relazione introduttiva, dove si spiegano le motivazioni del provvedimento: sono molto chiare, fanno capire bene quale sia l’intento. Già nel titolo, s’individuano tre scopi eterogenei tra loro: prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica. Tutti temi con esigenze differenti e che richiedono approcci originali e ben calibrati.
Il testo nasconde le sue reali intenzioni di controllo del dissenso. Ed è impreciso, sia dal punto di vista tecnico che giuridico
Nelle stesse pagine vengono elencati anche i pregi di Internet, sottolineando quanto sia importante per la democrazia.
Sì, per poi passare a giustificare una regolamentazione, per occuparsi del “lato più oscuro”. Bisogna sempre diffidare di chi tratta la regolamentazione della rete elencandone, prima, i pregi, a partire dalla sua natura di grande strumento di libertà. Di solito a questo segue la scure della regolamentazione selvaggia.
Di fatto, già dopo poche righe leggiamo la parola “controllo”.
Sì, come in questo passaggio: “La libertà di espressione non può trasformarsi semplicemente in un sinonimo di totale mancanza di controllo, laddove controllo, nell’ambito dell’informazione, vuol dire fornire una notizia corretta a tutela degli utenti”.
Non si capisce, però, chi debba stabilire quali notizie siano o meno corrette.
Si parla di notizie sbagliate e distorte o, peggio, manipolate, che non sarebbero “mai circolate alla velocità con cui circolano oggi”. Di un’informazione che diventa disinformazione a fini di propaganda e influenza l’opinione pubblica, di una Rete contaminata da notizie inesatte e infondate. Viene disegnato un quadro terrificante. Ma si dimentica che non sono solo gli utenti, oggi, a far circolare simili notizie, ma anche organi di stampa e politica. Da tempo sostengo che l’odio e le fake news si siano “istituzionalizzate”. Provengono, in sintesi, dai soggetti che, al contrario, dovrebbero dare l’esempio. In particolare media e politica: hanno scoperto che possono essere usate come “valuta” per guadagnare consenso, voti, click e lettori.
Nel ddl non ci sono soltanto le fake news. Si parla anche di istigazione all’odio, cyberbullismo e pedopornografia.
Tutti temi che non c’entrano nulla con la manipolazione delle notizie, ma che sono suggestivi e vengono aggiunti per disegnare un quadro ancora più fosco dove è necessaria, dunque, una regolamentazione. Il testo carica di responsabilità i provider con obblighi di monitoraggio e di rimozione dei contenuti falsi e chiede loro di utilizzare non meglio identificati “selettori software” per rimuovere i contenuti falsi, pedopornografici o violenti. Anche in questo provvedimento si intravede la crociata contro il Web e Facebook e la domanda di sanzioni nei confronti dei gestori di piattaforme.
Al di là della relazione introduttiva, cosa prevedono gli articoli del provvedimento?
Viene punito chi pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose che riguardino dati o fatti manifestamente infondati o non veritieri attraverso social media o altri siti che non siano espressione di giornalismo online. Già questa distinzione è significativa: non si vuole toccare il giornalismo online con l’assunto che sia maggiormente garantita una qualità dell’informazione. Cosa che non è sempre vera. Si vogliono evitare allarmi infondati e, in caso di diffamazione, la vittima potrebbe chiedere anche una somma a titolo di riparazione in base al grado di diffusione della notizia. Si applicherebbe, poi, l’aggravante della diffusione a mezzo stampa, cosa che sinora non è mai stata fatta e che è concettualmente sbagliata. L’attenzione è rivolta anche alla diffusione di notizie false che possano destare pubblico allarme o fuorviare settori dell’opinione pubblica. O che hanno come oggetto campagne volte a minare il processo democratico, quindi esplicitamente connesse all’opinione delle persone.
Vuole introdurre per siti e forum l’aggravante della diffusione a mezzo stampa, cosa che sinora non è mai stata fatta e che è concettualmente sbagliata
La novità riguarda anche chi vuole aprire un sito o un forum.
L’amministratore dovrebbe comunicare via posta certificata entro 15 giorni i dati alla sezione per la stampa e l’informazione del tribunale per aumentare la trasparenza e contrastare l’anonimato, garantendo così la tracciabilità. Un registro, in sintesi, di tutti coloro che scrivono. Se a questo si aggiunge un diritto di replica e di rettifica entro due giorni dalla richiesta, un processo di rimozione dei contenuti (diritto all’oblio) e un programma di alfabetizzazione mediatica con l’ingresso del “buon giornalismo” nelle scuole al fine di creare piccoli giornalisti ben attenti alla verità, il quadro di controllo è completo. Su tutto, ovviamente, la responsabilità dei provider, tenuti a effettuare un costante monitoraggio e un’azione di rimozione anche per i commenti degli utenti e per le frasi offensive che diventano di tendenza.
Viene citato anche il whistleblowing.
Sì, ma a sproposito, perché non c’entra nulla con le procedure di segnalazione degli utenti all’interno di una piattaforma.
In tutto questo, c’è qualche punto di forza nel testo, anche se da riformulare?
No, nessuno. Il testo nasce sbagliato, con un approccio liberticida. Intervenire nella circolazione delle idee in rete è un processo che può solo fare danni. L’approccio al diritto deve essere equilibrato, non costruito attorno a sanzioni e responsabilità quasi oggettive, istituzione di registri e allargamento delle ipotesi penali, e deve sempre essere coordinato con un’azione tecnologica rispettosa del dna della rete.
Intervenire nella circolazione delle idee in rete è un processo che può solo fare danni E rimane un’incognita anche come intervenire a fronte di una “fake news”.
È facile individuare bufale o notizie false clamorose, ma c’è un’area grigia difficilissima da disciplinare e che rientra nell’ambito dell’interpretazione soggettiva. In base a quali criteri stabilire che è una fake news? In che rapporto starebbe, ad esempio, con la satira? E chi dovrebbe stabilire cosa è falso o no? Il governo?
Nel complesso il testo è scritto da persone competenti?
Non lo so. Noto solo molta confusione nell’affiancare temi molto diversi tra loro e che richiedono approcci ad hoc (notizie false, espressioni d’odio, pedopornografia), il solito disvalore nei confronti dell’anonimato, il provider “sceriffo” al centro del sistema di responsabilità. E poi l’equiparazione alla stampa con un’estensione della ipotesi di diffamazione aggravata a mezzo stampa – procedimento non corretto – e la creazione di un elenco di siti tenuto in tribunale per individuare chi scrive e per evitare l’anonimato. Non mi sembra certo un approccio moderno, rispettoso del mezzo tecnologico e consapevole dei pregi della rete.
Il testo chiede a chi vuole aprire un sito di comunicare con posta elettronica certificata – ed entro 15 giorni – cognome e nome, domicilio, codice fiscale alla Sezione per la stampa e l’informazione del Tribunale competente. L’obiettivo, come dichiarato dalla Gambaro, prima firmataria, è che così si può “accrescere la trasparenza e contrastare l’anonimato” e “agevolare chi ha bisogno di rettifiche”. Sarebbe utile in questo senso?
Non credo. Già in rete, oggi, l’identificazione è estremamente semplice. E questi obblighi sarebbero facilmente aggirabili utilizzando strumenti che permettono di aprire siti o blog su provider esteri in servizi nascosti, o utilizzando strumenti per il vero anonimato. La registrazione di tutti coloro che scrivono in rete è già operata in alcuni regimi “non democratici”, ma si è dimostrata facilmente aggirabile.
 
La registrazione di tutti coloro che scrivono in rete è già operata in alcuni regimi “non democratici”, ma si è dimostrata facilmente aggirabile
Chi diffama e offende da anonimo non è individuabile?
Il vero anonimato è estremamente complesso da raggiungere ed è estremamente difficile da portare avanti per un lungo periodo. Oggi, spesso, chi diffama o chi odia lo fa con nome e cognome, come vediamo scorrendo i social network. La polizia postale, oggi, è in grado di individuare i soggetti che scrivono o commentano con toni violenti.
Perché la lotta all’anonimato è sempre stata un chiodo fisso in tutte le proposte di leggi in Italia?
Perché si pensa che l’esposizione delle reali identità possa portare a cambiare i comportamenti, ma non è corretto. Oggi gran parte dell’odio viene veicolato con nome e cognome. In più perseguire chi diffama richiede l’avvio di un complesso percorso giudiziario. Che spesso i personaggi pubblici non vogliono portare avanti per motivi di immagine, per non apparire come un “Davide contro Golia” che se la prende con i più deboli.
In rete ci sono davvero profili “anonimi”?
Ci sono strumenti per l’anonimato, ma non sono quelli comunemente utilizzati nelle discussioni su larga scala, nei gruppi, sui social e nei commenti in coda agli articoli.
Il legislatore non dovrebbe intervenire. Mi sembra più un tentativo di soffocare il dissenso, di reagire alle critiche, di cercare di uniformare il pensiero
Dal punto di vista legislativo, dovrebbero essere messi a punto nuovi strumenti e norme per ostacolare la diffusione di fake news?
Ci sono già strumenti che intervengono se una notizia falsa risulti diffamatoria o possa generare danni nel contesto sociale. Non mi sembra ci sia bisogno di altre leggi. Internet è già regolamentato. Viene presentato come un Far West ma, in realtà, è disciplinato in ogni suo aspetto.
E soprattutto: è un legislatore che deve pensare a come sanzionare chi diffonde false informazioni?
No, secondo me il legislatore non dovrebbe intervenire. Mi sembra più un tentativo di soffocare il dissenso, di reagire alle critiche, di cercare di uniformare il pensiero. È un disegno di legge che alterna approcci di controllo orwelliani – come il registro di chi scrive – a strumenti kafkiani – la burocratizzazione dell’attività dei provider – per controllare la qualità dell’informazione che circola. Ma in tutto questo non si specificano i criteri da adottare. Lasciando così a chi governa il compito di decidere cosa sia verità e cosa non lo sia.
di Giovanni Ziccardi – Eleonora Bianchini – 26/02/2017 Fonte: Il Fatto Quotidiano

GIÙ LE MANI DALLA RETE!

La campagna contro le cosiddette bufale della Rete è la reazione in malafede di tutti i poteri politici, economici, militari, dell’ informazione, che temono di perdere il loro “monopolio della Verità”. Certo sulla rete viaggia di tutto, anche invenzioni e fesserie, ma nessuna di queste “bufale” ha mai superato il controllo e la contestazione della rete big brotherstessa. Perché nella rete ci sono milioni di persone in carne ed ossa che contribuiscono alla sua funzione critica, a volte pagando di persona proprio per questo.
Al contrario le falsità del palazzo sono sempre state sostenute ed amplificate dal sistema dei mass media e dagli intellettuali complici, con danni drammatici per tutti noi. Ricordate il Segretario di Stato di Bush, Colin Powell, mostrare all’ ONU la fiala che avrebbe dovuto contenere le prove delle armi chimiche di Saddam Hussein ? Era un falso voluto dal governo USA per giustificare l’ invasione dell’ Iraq. Tutti i governi occidentali, tutti i mass media, tutti i commentatori dei grandi giornali, fecero propria questa colossale menzogna e gli USA scatenarono quella guerra che ancora oggi fa strage ovunque, da ultimo nelle discoteche di Istanbul.
Per anni il regime della grande finanza internazionale ha potuto presentare i suoi più sfacciati interessi e affari come una necessità comune. E questo grazie alla stessa Propaganda, che esaltava la guerra come strumento di esportazione della democrazia.
Mentre l’ Unione Europea distruggeva ovunque lo stato sociale e sottoponeva la Grecia ad una dittatura coloniale, tutto il regime mediatico vantava la bellezza dell’ europeismo. Le élites politico economiche hanno potuto nascondere il loro dominio sulle nostre vite presentando il loro potere come la più nuova e moderna delle democrazie.
Per anni il dominio della bugia a reti unificate ha determinato i passaggi fondamentali delle nostre società, fino a che ad un certo punto la macchina del consenso si è inceppata. La crisi è nata dal divario enorme e crescente tra la propaganda ufficiale ed i risultati reali. La guerra che doveva liberarci dal terrorismo lo ha importato nelle nostre città, la crisi economica sempre più pesante e discriminatoria nei suoi effetti, ha mostrato la vacuità degli inni alla ripresa.
La rete non ha prodotto nulla di proprio, ma ha registrato e diffuso la crescente insoddisfazione di massa e reso sempre più insopportabili e ridicole le bugie di regime.
Il sistema di propaganda ufficiale è diventato meno credibile, e dal referendum greco a quello sulla Brexit, dall’ elezione di Trump alla vittoria del NO in Italia, ha potuto solo registrare pesanti sconfitte. I pronunciamenti popolari sono stati diversi, opposti anche, ma in comune hanno avuto il rifiuto e persino il dileggio delle bufale della propaganda dei governi e del mondo degli affari.
È questa sconfitta che ha indotto i poteri forti, i signori della propaganda e i loro servi sciocchi a lanciare la campagna per il controllo della rete.
Da noi il massimo della sfacciataggine lo ha toccato la presidente della Camera in piena campagna referendaria. Mentre tutte le TV e il 98% dei giornali sostenevano fanaticamente il SI, Boldrini ha convocato un convegno per denunciare i rischi per la democrazia provenienti dalla rete.
Poi, dopo il presidente dell’ antitrust che avrebbe ben altro da fare, anche il presidente Mattarella ha auspicato un controllo sulla comunicazione in internet.
Porrebbero che la rete funzionasse come la Rai, Mediaset, Sky, o come quasi tutti i quotidiani, vorrebbero che la rete fosse cosa loro.
Tutti questi censori, da quelli di casa nostra a Obama al Parlamento Europeo, non vogliono capire che la loro verità è andata in crisi non per colpa della rete, ma perché troppo lontana dalla realtà. Cercando di imbrigliare nei loro giochi la rete, essi dimostrano soltanto di non aver capito nulla della crisi attuale e di voler continuare con le politiche disastrose sin qui seguite, cercando solo di silenziare il dissenso.
Le élites hanno trasferito nella comunicazione la loro campagna contro il populismo. Per loro è populista tutto ciò che non accetta il loro potere ed è contrario ad una corretta informazione tutto ciò che smentisce le loro verità.
La rete non è il paradiso della libertà, anzi anche lì bisogna lottare perché le verità nascoste emergano, ma il regime della bugia che ci ha finora governato non tollera neppure parziali spiragli di luce e vuole controllare tutto.
Per questo bisogna dire a questi imbroglioni: giù le mani dalla rete !
di Giorgio Cremaschi  4 gennaio 2017

Dio salvi il web. Non è post-verità, ma contro-verità

Il meccanismo è il solito. Collaudato, furbo, giacobino. Si parte da un pretesto bugiecondivisibile e si arriva ad imporre l’opposto. Il male, del resto, non è il contrario del bene, ma un bene rovesciato, deviato.
Un po’ come il gender (l’alterazione dell’umanità, della natura, qualsiasi desiderio che deve diventare un diritto), visione “altra” che si fa passare nelle scuole con la vasellina della “tolleranza”, della democrazia: il rispetto per ogni identità di genere, la lotta al cyberbullismo etc. E si mettono sulla ghigliottina i cosiddetti “omofobi”, quelli che non accettano lo schema.
 
La domanda è semplice: si può garantire il pluralismo con un atto di censura? E’ il rischio che si corre da quando il Palazzo (il politicamente e culturalmente corretto) si è posto il problema della “post-verità”. Cioè, del web. La molla, abbiamo detto, è oggettiva: evitare gli eccessi, la pancia, il nero della rete, le offese, la violenza verbale, corroborati da ignoranza (tutti parlano di tutto senza la minima cognizione di causa), coperti per altro dall’anonimato, dall’impunità. Ma lo scopo è un altro.
Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, è stato esplicito: “Evitare il diffondersi dell’odio e della violenza che si propagano nella società, intossicandola e che rischiano di essere moltiplicati da un pur utile strumento come Internet”.
Paolo Gentiloni, capo del Governo, nella conferenza stampa di saluto ai giornalisti, si è posto sulla medesima linea: “La post-verità è il male della politica”.
Il numero uno dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella ha proposto: “Ci vuole un soggetto terzo e autonomo dalla politica”. Beppe Grillo si è indignato: “Volete l’Inquisizione”.
In Germania, infatti, è pronto un progetto di legge per limitare la libertà di stampa via web. Segni inquietanti.
Cosa bolle in pentola? Grillo ha ragione: il ministero della Verità, che poi tradotto in soldoni, è l’ultimo, estremo, tentativo di incollare alla società civile un pensiero unico (il laicismo, la narrazione globalista etc) che fa acqua da tutte le parti.
Ecco la vera ragione.
1) Il cartaceo è finitoIn Italia solo 4 milioni di cittadini all’anno leggono giornali stampati. Giornali espressione delle caste economiche, culturali e politiche. Insomma, non fanno più opinione. Non formano più le coscienze.
Invece, i giornali on line, i siti web, i blog, raggiungono complessivamente quota 19 milioni di accessi. Una bella differenza. Attraverso la rete circolano contro-verità, opinioni alternative. E’ qui che vengono smascherate le vere bufale: quelle del “regime”. E’ evidente che la rete dia fastidio e sia una pericolosa bomba atomica da controllare;
2) La vittoria della Brexit in Inghilterra, di Trump in America, gran parte del no in Italia a Renzi, sono stati il prodotto della rete. E proprio in queste occasioni si è constatato quanto le caste (politiche, giornalistiche, finanziarie) non contino più nulla in termini di consenso. Se la suonano e se la cantano tra loro. Politici, osservatori, esperti, giornalisti, sondaggisti, opinionisti blasonati e intellettuali, sono andati tutti a farfalle. E ora disperatamente e pateticamente, stanno tentando di analizzare ciò che non capiscono con le stesse categorie che hanno impedito loro di comprendere la realtà;
3) Perché non capiscono la realtà? Perché ormai da tempo le dicotomie destra-sinistra, liberali-socialisti, liberisti-statalisti, guerra fredda, sono tutte morte; e da tempo si stanno affacciando al cospetto della storia due nuove categorie: alto-basso (popoli contro caste) e valori antropologici. Questa è la nuova chiave di lettura per decodificare il presente. Questo è ciò che non vogliono capire le caste. Questo è ciò che passa per la rete. Ed è il motivo per il quale si auspica un ministero della Verità (della caste) per uccidere la rete.
di Fabio Torriero – 03/01/2017
Fonte: Intelligo news

Verso il totalitarismo. Il Web? Democrazia già censurata da Bce e Fmi

La post-verità di Pitruzzella non piace, ovviamente, alla rete. La “forza che spinge il fake-genuinepopulismo” e “minaccia la democrazia” avrebbe dunque bisogno di un garante del web? Grillo ha risposto parlando di “Inquisizione”, il nostro direttore Torriero scrive un editoriale dal titolo “Dio salvi il web” nel quale sottolinea come si tratti dell’ennesimo tentativo di imporre il pensiero unico. IntelligoNews ha intervistato il filosofo Diego Fusaro che ha espresso molto chiaramente il suo pensiero su questo tema…
L’idea di regolare il web deriva dal fatto che comincia a far paura se è vero che fenomeni come Brexit, la vittoria di Trump o del No al referendum italiano sono maturati, da un punto di vista dell’informazione, non certo sulla carta stampata e in tv?
Innanzitutto è ridicolo pensare che la democrazia sia in pericolo per la rete o per la circolazione di notizie non controllate. La democrazia è in pericolo, anzi è azzerata ad opera di enti che decidono come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, le potenze che bombardano in nome del loro interesse economico. Questo mette a repentaglio, anzi ha già distrutto la democrazia. Non certo la rete. In secondo luogo è ovvio che cercano di mettere la mordacchia alla rete per evitare che ci sia la libertà di espressione di un sistema che sta sempre più perdendo il suo consenso e deve dunque ricorrere alla violenza”.
C’è dunque un cambiamento reale che porta a nuove risposte?
“Fin quando c’è l’egemonia col consenso non c’è bisogno della violenza. Quando il consenso inizia a scemare, si restringono gli spazi di libertà e inizia un dominio che si basa sempre più su forme repressive. Questo è ciò che ci attende. Il 2017 si apre malissimo non solo per l’attentato di Istanbul, ma anche per queste notizie. Ha ragione da vendere Torriero a riflettere su questo”.
Il criterio è l’offesa, la difesa del pluralismo? Ma come si fa a difendere il pluralismo attraverso la censura, non rischia di essere ideologica?
“Assolutamente, tra l’altro ci sono delle tesi che sono controverse, oggetto di discussione. Come puoi allora imporre una verità, chi la decide? Ad esempio la critica del sistema capitalistico dell’Ue, dei bombardamenti imperialistici è chiaro che sia oggetto di una divisione di interpretazione. Chi decide quella giusta? Non si può pretendere di metterne una al bando. Altrimenti siamo veramente in una situazione in cui la parola totalitarismo diventa finalmente attuale, nel senso pieno del termine…”.
 
Se a Diego Fusaro mettono il bavaglio, impedendogli di esprimere liberamente il suo pensiero, cosa fa il giorno dopo?
Continuo ad esprimerlo come ho sempre fatto. Fino ad ora ci si poteva esprimere, pur essendoci comunque forma di censura e diffamazione. Se uno ha subito quelle forme può continuare pacatamente ad andare avanti, nonostante questi nani che hanno bisogno di mettere la censura per evitare che emergano le verità. Se non sono riusciti a bloccare il pensiero libero mettendo a morte Giordano Bruno e Socrate, non vedo perché debbano riuscirci oggi. Il vero problema è che manca un pensiero libero all’altezza dei tempi. Questo è il problema”.
di Diego Fusaro – 03/01/2017
 
Fonte: Intelligo news

Contro il complottismo, il “Ministero della Verità”?

Vi sarà qualcuno che vigilerà per noi che, mentre possiamo stare tranquilli con “Il Corriere della Sera” o con Repubblica”, con Mentana o con Fazio, siamo in balia invece, in Internet e più precisamente nei social, di notizie “false” progettate apposta dai tanti complottisti che imperversano in rete.
 
Secondo il Capo dell’antitrust(?) Pizzinato, il ruolo assunto dai vari debunker (smascheratori di complotti) tipo Saviano, Gruber…non è più sufficiente, come non è più sufficiente confidare sulla buona volontà di Google, di facebook, di Twitter. Si rende necessario contro le “false”notizie creare un team di esperti nominati da Bruxelles che sappia cancellare le “false” notizie, senza dover ricorrere alla magistratura, un tribunale contro i complottisti, un “Ministero della verità” come ebbe a chiamarlo Orwell, il profeta Orwell che in effetti aveva l’idea di una società umana terrificante come quella verso cui staiamo precipitando
Ho il sospetto tuttavia che più che alla ricerca di notizie relative all’avvistamento di “alieni di gomma”, il Pizzinato, sulla scia di preoccupazioni che arrivano da Oltreoceano, sia interessato a tutte quelle falsità che ruotano attorno a personaggi come Obama (l’assassinio dell’ambasciatore russo; il golpe in Turchia; il sostegno ad Al-Qaeda e all’Isis; l’uccisione mirata di sospetti terroristi, le stragi di massa con i suoi droni), come Hillary Clinton (l’aggressione contro la Libia per contrastare la moneta africana che Gheddafi stava per varare, l’invasione della Siria per favorire da una parte l’espansionismo di Israele e dall’altra favorire la nascita di uno stato salafita) o a fatti che sebbene siano stati chiariti in modo esemplare dalle autorità competenti ( vedi torri gemelle-che poi sono tre, le stragi di Bataclan, di Nizza, di Berlino ad opera di terroristi individuati da passaporti e affini) continuano ancora ad essere oggetto di dibattito complottistico.
RIsulta evidente che il “Ministero della Verità” andrà alla ricerca di notizie “vere” e di ipotesi credibili per cancellarle e diffondere notizie “false” al servizio del potere, tipo “fosse comuni con diecimila morti uccisi da Gheddafi”, “Milosevic genocida” (nessuna notizia di stampa sulla riabilitazione), “aereo malese colpito in Ucraina dai militanti del Donbass”
L’attacco alla libertà di espressione entra, secondo me, nel vivo. Perché nel vuoto di una reale opposizione che sia coraggiosa e responsabile, militante e credibile, l’attacco della grande finanza, tramite i suoi burattini a Bruxelles, a Roma e nelle presidenze regionali, contro la Costituzione procederà con arroganza (vedi tra l’altro l’incredibile verdetto della Cassazione secondo la quale il diritto al profitto è motivo valido per i licenziamenti) interessando ovviamente non solo la seconda parte ma anche la prima. Operazione necessaria per abbattere qualsiasi parvenza di democrazia e toglierci la libertà di espressione e di movimento
 
Dobbiamo resistere fin da subito cercando grandi alleanze democratiche contro la nuova reazione rappresentata dalla ex sinistra in nome di una vera sinistra e di un fronte unito.
di Antonello Boassa – 01/01/2017
Fonte: L’interferenza

Della Post verita’ ed altri deliri

La sinistra mondialista, benpensante e demenzialmente corretta, ne ha inventata un’altra.
“Post-verita’” e’ la nuova parola per bollare il pensiero non conforme al politicamente boldrini-hatecorretto e restringere la liberta’ di espressione nei blog di libera informazione.
Il pretesto e’ quello della “diffusione dell’odio” e di fake news, che come recita il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella, “favorirebbero l’ascesa del populismo e rappresenterebbero un pericolo per la democrazia”.
Il neologismo e’ gia’ presente sui quotidiani internazionali, come Guardian, Washington post, Times e sui giornaloni della semicultura italiana, Internazionale e Repubblica.
Il termine starebbe a significare: “bufala”, balla, bugia. Cosi’ il mondo radical chic, vuole censurare chi non si adegua al conformismo ideologico imposto dai media di regime.
Testimonial privelgiata della nuova iniziativa liberticida, Laura Boldrini la quale, dopo la rivoluzione del lessico, ha pensato bene di annoverare tra le sue battaglie anche “la lotta all’odio e alle bufale del web”.
 
Ora che Madonna Laura, ce l’abbia a morte col mondo degli internauti e’ anche comprensibile, visto che gliene hanno dette di ogni…., ma che desideri istituire una commissione parlamentare contro l’ ”hate speech’, in un paese che soccombe tra poverta’ economica, emergenza migratoria, terremoti, ci lascia quantomeno perplessi.
Laura Boldrini
Il presidente antitrust Giovanni Pitruzella ha addirittura invocato l’intervento di un istituzione pubblica, coordinanta direttamente da Bruxelles, sostenendo la necessita’ che le notizie vadano vagliate da un istitituto di vigilanza che censuri le “fake news”.
E’ ovvio a questo punto, cosa si nascondi dietro tale provvedimento: il tentativo di arrestare l’informazione alternativa che negli ultimi tempi, sta totalmente sovrastando la narrazione degli organi main/strem.
Il Brexit, e’ stato il primo campanello d’allarme. Nonostante tutta la propaganda mediatica avesse annunciato, catastrofi finanziarie e economiche incalcolabili, il popolo inglese aveva scelto per il No. La corona e’ restata li dov’e’ e nessun cataclisma paventato si e’ materializzato.
 
Il secondo schiaffo invece, e’ stata la vittoria di Donald Trump alle scorse presidenziali americane. Per mesi, i maggiori organi di informazione internazionali e nazionali hanno ripetuto ossessivamente che la vittoria del “Tycon” repubblicano, sessista e retrogrado, avrebbe rappresentato una catastrofe per il mondo intero.. Hanno diffuso numeri totalmente falsi che davano la Clinton come sicura vincente.
 
Persino i divi di Hollywood erano scesi in campo contro il miliardario californiano, da Di Caprio a Clooney.. De Niro, gli avrebbe voluto addirittura spaccare la faccia, mentre Madonna avrebbe promesso un fellazio con happy ending, a chiuque avesse votato per Hillary (le vie del femminismo sono infinite). Risultato? Madonna a bocca asciutta e Trump nuovo presidente degli Stati Uniti.
Ed infine anche il No al referendum costituzionale, come sessulto di sovranita’ da parte del popolo italiano.
Tali risultati, nella loro diversita’, sembrano dire una cosa sola alle elite: esse non hanno piu’ presa sulle volonta’ dei popoli che decidono e selezionano le informazioni tramite circuti alternativi.
Ma per i giornalisti televisivi alla Lerner o alla Mentana, sono solo “webeti”.
Se quindi vincono i partiti populisti, e’ solo perche’ i poveri elettori sono stati gabellati o hanno preso un gigantesco abbaglio.
Ora se tutto cio’ restasse confinato nei salotti radical chic di casa nostra, non dovremmo preoccuparci oltre ma, come ricorda F. M. Del Vigo, il passo successivo, dopo il bavaglio al web, potrebbe essere quello di dire chiaro e tondo agli elettori che sono una massa di imbecilli e che bisogna abolire il suffragio universale (ricordate come furono trattati gli elettori del Brexit e di Trump?).
Basta una parolina, post/verita’ ed il gioco e fatto. Perche’ la colpa e’ del popolo bue che crede alle bufale, non certo la loro, che non ne azzeccano una e diffondono solo menzogne impostegli dal padrone.. Come la favoletta dei “ribelli moderati” in Siria che combattono il regime del sanguinario dittatore Assad oppure della Russia che fa hackeraggio, truccando le elezioni americane.
Detta cosi’, sembra uno scenario fanta-politico, ma il rischio e’tutt’altro che remoto. Ricordiamo che Obama, dopo la sconfitta della Clinton, aveva pensato di emanare la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda”.
 
I media main-stream, stanno perdendo colpi a causa della diffusione virale dei social net-work e di facebook. Quasi piu’ nessuno compra piu’ quotidiano cartaceo, i quali sono oramai percepiti come espressione di precisi interessi politici e finanziari.
Tale rivoluzione nel mondo dell’informazione e’ quindi la causa principale della crescita e dei partiti populisti e delle forze antisistema. . Per proteggere la “democrazia” dalla minaccia delle forze sovraniste, bisogna quindi procedere alla censura di chi diffonde “falsita’” nei siti di controinformazione.
Richiesta di TSO a parte per i cosiddetti tutori della democrazia, sappiamo benissimo, che a parte la Boldrini (quella e’ “ritardata” di suo), costoro conoscono bene il loro ruolo, che e’ quello della tutela dello status/quo.
Putroppo per loro, potranno ricorrere anche al piu’ giacobino e liberticida dei provvedimenti, potranno istituire commissioni, “board” contro l’omofobia o contro l’emergenza “populismo”, e via delirando.. Ma pensare di censurare l’informazione libera che circola su internet, sarebbe come pensare di svuotare l’oceano con un secchiello.
Non ce la faranno mai e cosi’ fancendo saranno travolti ancor piu’ velocemente di quello che credono.
 
Se comunque il 2016 ha riserbato grandi sorprese, in questo 2017, con gli appuntamenti elettorali in vista, in Francia ed in Germania, potremmo davvero divertirci. Loro gia’ non ridono piu’.
di Antonio Terrenzio – 04/01/2017
 
Fonte: Conflitti e strategie

E la Boldrini incontra ​discussa Ong islamica

Ieri Laura Boldrini ha incontrato Nour Dachan, medico italio-siriano a capo di una Ong molto discussa
lauraboldrini20-660x330
 
Gli ultimi due tweet di Laura Boldrini sembrano più che in contraddizione. Prima ha espresso “soddisfazione per l’azione della polizia che ha portato all’uccisione del terrorista sospettato della strage di Berlino”.
Poi ha informato entusiasticamente di aver “incontrato il dottor Danchan, medico italiano di origini siriane” di cui ha condiviso un appello contro la guerra in Siria. Tutto normale, visto che l’incontro era organizzato da tempo. Se non fosse che nella storia di questo dottore islamico ci sono alcune ombre. Che forse rendono la visita di ieri inopportuna.
 
Nour Dachan è famoso per essere presidente emerito dell’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, da più parti indicata con “una forte influenza dei Fratelli Musulmani”. Come noto, la Fratellanza è stata bandita da Emirati Arabi, Arabia Saudita e Egitto con l’accusa di essere un’organizzazione terroristica. Dachan ha sempre negato ogni vicinanza, ma nel 2015 – come ricostruito da Valentina Colombo su La Bussola Quotidiana – Nour Dachan avrebbe invitato a parlare ad un evento alcuni membri dei Fratelli Musulmani.
Poi c’è la questione dell’organizzazione islamica “Onsur”. La stessa Boldrini, nella biografia di Nour Dachan pubblicata sul suo sito, indica l’Onsur come “la sua Ong”.
 
Nulla di strano, se non fosse per alcune foto “imbarazzanti” che possiamo documentare. Ad essere coinvolto è Ahmad Amer Dachan (il figlio, se non si tratta di ominimia), dottore commercialista che lavora nella Onsur e ne è stato Presidente. In un’occasione Ahmed si è fatto immortalare abbracciato con un volontario di Islamic Relief, un’altra Ong musulmana con base a Londra che Israele ha messo sotto accusa per aver aiutato una cellula terroristica a rapire tre studenti israeliani nel 2014. Se non bastasse, qualche mese fa sempre Ahmed ha pubblicato una foto di un un gazebo a sostegno dell’ex presidente egiziano dove sembrerebbe apparire anche Nour Dachan.
 
Chissà se la Boldrini era a conoscenza di tutto questo.
Giuseppe De Lorenzo – Sab, 24/12/2016 – 13:49

Ha ragione la Boldrini, combattiamo insieme le bufale. Anzi, facciamone proprio “Piazza pulita”

La presidentessa della Camera, Laura Boldrini, pochi giorni fa è stata lapidaria: “Anticipo che sto per lanciare un appello ai cittadini italiani, a tutti quelli che vogliono dare una loro partecipazione contro la disinformazione e le notizie false per la tutela del loro diritto a essere informati correttamente. Il tema delle bufale è fondamentale sul fronte dell’odio via internet e sui social network”. Ha ragione, su tutta la linea. Tanto più che, come mostrano queste foto,
reporting-a-story-as-fake1
disputed-story2
sharing-disputed-story3
il suo appello in tal senso a Facebook ha funzionato, visto che a breve il social network si doterà di un rilevatore di fake news, al fine di evitarne il propagarsi a macchia d’olio. A gestire, come terza parte indipendente il processo di fact checking, sarà il Poynter Institute e questo screenshot
soros_facebook
ci mostra chi ha finanziato questo progetto per scoperta di fake news: oltre al National Endowment for Democracy, think tank ombrello che raggruppa tutte le associazioni impegnate nell’organizzazione di primavera colorate per conto del Dipartimento di Stato, c’è anche la Open Society Foundation di George Soros. Che ne dite, c’è garanzia sufficiente di imparzialità nel processo del fact-checking che potrebbe portare alla cancellazione dei vostri post e, magari, al blocco del vostro account? Per questo, se la presidentessa Boldrini mi permette, vorrei aiutarla a combattere questa piaga e, sempre se mi è concesso, partirei facendolo da un fronte di enorme attualità e controversia: il conflitto in Siria e la liberazione di Aleppo. Comincerei da qui,
bana3
ovvero da Bana Alabed, un ragazzina di Aleppo che con i suoi tweet ha commosso il mondo intero, raccontando gli orrori della guerra e l’assedio che stava patendo con la sua famiglia. Bana ha solo 7 anni ma, come può constatare andando a vedere ciò ch scrive su Twitter, padroneggia un inglese degno di James Bond (capirà dopo il perché di questo paragone). Certo, la mamma Fatemah la aiuta ma rimane comunque impressionante. Almeno quanto il numero di followers che ha, ben 310mila. C’è però un problema, per l’esattezza questo:
bana4
qualcuno si è preso la briga di controllare i metadati e ha scoperto che l’account di Bana è registrato nel Regno Unito. Un po’ distantino da Aleppo, non le pare illustrissima presidentessa Boldrini? Inoltre, sempre guarda caso, si scopre che il padre di Bana è membro delle brigate islamiche al-Safwa, gruppo molto vicino agli “Elmetti bianchi”, eroico corpo di protezione civile che il mondo ringrazia e ammira per il loro impegno nella salvezza delle vittime dei bombardamenti di quei facinorosi di russi, iraniani e truppe siriane. Oddio, questi video

Brilliant! Unedited, fake White Helmets ‘rescue’ video
Netflix and the White Helmets, hand in hand with al Qaeda
White Helmets’ bizarre ‘mannequin challenge’ in Syrian warzone

mi pare che mettano un attimo in discussione la narrativa ufficiale, lei cosa dice, presidentessa? Non sarebbe il caso di denunciare con viva e vibrante indignazione questa bufala?

E cosa dire di quest’altra foto,
syrianboy
anch’essa iconica e che ha visto adottare simbolicamente questo “Aleppo boy” da tutto il mondo? E’ un falso? Probabilmente no ma qualche dubbio sorge dopo aver visto questo video,

nel quale il fotografo che ha immortalato lo scatto, Nour al-Din al-Zenki, è in compagnia di una banda di jihadisti, mentre si apprestano a sgozzare un bambino palestinese di 12 anni. Nel video c’è tutto, anche la giustificazione un po’ traballante di Sara Flounders, la numero uno dell’International Action Centre con cui il fotografo-attivista collaborava. Cosa dice, oltre alla foto non sarebbe carino che l’opinione pubblica – anche con risalto mediatico minore, per carità – conoscesse anche il curriculum politico di chi l’ha scattata, tanto per valutarne credibilità e reali finalità con strumenti qualificanti? E che dire di quest’altra fotografia,
aleppo_fake5
cittadini di Aleppo che lanciano appelli video, sottolineando più volte che sono spaventati dall’arrivo dell’esercito siriano (in effetti, sotto quattro anni di regime dell’Isis, la città ha vissuto un periodo di splendore e sviluppo indimenticabili, quasi rinascimentale) e che quello che stanno girando potrebbe essere il loro ultimo contributo filmato dalla città assediata? Bene, questo altro video

dimostra che non sono cittadini normali, bensì attivisti e blogger anti-Assad con parecchia capacità di finire nelle news occidentali in prime time con i loro video di propaganda. Eccheccazzo, illustrissima presidentessa Boldrini, non le pare che qui con le fake news, la post-verità e la propaganda si stia andando un po’ oltre? Ah già, quelle sono armi dei russi, i quali hanno anche fatto vincere Donald Trump con gli attacchi hacker e favorito la Brexit promettendo vodka gratis a migliaia di alcolizzati britannici. Comunque, Aleppo è città martire e va aiutata. Soprattutto, servono generi alimentari e occorre che questi finiscano a chi ne ha davvero bisogno. Questo video

ci mostra infatti come dopo la iattura della liberazione della città, quella che i media di tutto il mondo descrivono come una carneficina, la gente di Aleppo si stia recando nel quartier generale dell’Isis alla ricerca di cibo, visto che gli aiuti che arrivavano nella città venivano confiscati, stipati in questa sorta di magazzino e venduti a peso d’oro al mercato nero. Come si fa a non aver nostalgia di un periodo di simile floridezza e passione per il bene comune?

Particolarmente attivi sul fronte delle bufale sono poi i media sauditi, come ad esempio Al Arabiya, la quale ha pubblicato il 14 dicembre questo articolo
syria_fake6
nel quale annunciava “una copertura non stop dei recenti eventi di Aleppo nel dettaglio”. Come si può vedere, l’articolo è corredato con una foto che ritrae i già citati eroici “elmetti bianchi”, mentre estraggono un ragazzino dalle macerie di un edificio. Peccato che come potete notare, la stessa foto
syria_fake7
fosse a corredo di un articolo pubblicato dal quotidiano Aliwaa il 25 novembre di quest’anno, tanto per dimostrare la veridicità della copertura non stop di Al Arabiya. E ancora, il 13 dicembre, in pieno assedio di Aleppo, la popolare pagina Facebook in arabo “Memories ツ ツ” postava questa fotografia
syria_fake8
che otteneva 14mila likes, quasi 400 commenti e oltre 10mila condivisioni. A corredo della foto c’era la seguente frase: “Signore, abbiamo perso tutta la speranza, a parte quella in te. E abbiamo perso la fiducia in tutto, a parte che in te. Ci affidiamo a te per salvare il popolo di Aleppo dal disastro”. Incrociate le notizie di giornali e tg sull’assedio finale della città (tutte a senso unico) con questo post e immediatamente, quasi a livello pavloviano, si pensa a una catastrofe umanitaria, con gente incapace di fuggire. Peccato che invece fossero stati preparati corridoi umanitari da siriani e russi e che, soprattutto, la stessa foto
syria_fake9
risalga a un articolo della BBC in versione araba del 15 marzo del 2014, nel quale raccontavano le prese di posizione di molte celebrità in favore della fine della guerra in Siria. E sempre “Memories ツ ツ”, ancora il 13 dicembre, pubblicava quest’altra foto
syria_fake10
chiedendo di pregare per Aleppo: 3mila likes, un centinaio di commenti e 1000 condivisioni. Cosa pensa, Presidentessa, al riguardo? Ovviamente, bambini morti ad Aleppo per colpa dei combattimenti. No, invece, la foto è la stessa pubblicata il 21 luglio 2014 dal popolare blogger @MazenAlhddabi dopo un raid israeliano nella Striscia di Gaza. Sono bambini palestinesi morti due anni e mezzo prima ma per tutti i followers di quella pagina erano bambini siriani ammazzati da raid russi o mitra di Assad. Che ne penserà la presidentessa Boldrini?

Ma anche a casa nostra non scherziamo, visto che questo video

ci mostra l’appello per Aleppo della giornalista/esperta di politica estera, Rula Jebreal, andato in onda giovedì sera durante la trasmissione di La7, “Piazza pulita”. Ascoltatelo se, come il 99% degli italiani, il giovedì sera avete di meglio da fare che guardare Corrado Formigli, ne resterete colpiti. Si scopre, infatti, che la liberazione di Aleppo ha portato con sé esecuzioni sommarie, carneficine, rastrellamenti, sparizioni e addirittura stupri etnici perpetrati dalle truppe siriane, con venti donne di Aleppo che si sarebbero suicidate pur di non finire in mano alle milizie di Assad. Ora, io non so dove Rula Jebreal abbia trovato queste notizie, lei dice dal confine tra Libano e Siria (c’è da dire che ha un occhio di falco per vedere cosa succede ad Aleppo, visto che la città si trova quasi al confine con la Turchia) ma non c’è alcun riscontro di questo, da nessuna parte.
jebreal Un po’ come i famosi colpi di artiglieria che non permettevano ai civili e ai ribelli arresisi di evacuare la zona Est: giovedì i pullman verdi hanno lavorato incessantemente sotto l’occhio vigile dei militari russi. Ieri i bombardamenti sono ripresi ma indovinate da parte di chi? Anche perché, intuitivamente, cosa avrebbero da guadagnare truppe siriane, russi e iraniani da una strage di civili, dopo aver liberato la città e creato i corridoi? Se volevano fare una strage, avrebbe colpito a tappeto settimane fa, senza preoccuparsi dei civili usati come scudi umani da Al-Nusra, non vi pare? Oggi, poi, magicamente le evacuazioni sono riprese, dopo una nuova tregua: forse, le voci di arresti da parte dei siriani di addestratori anche occidentali mescolati tra le fila dei ribelli, ha portato qualcuno a più miti consigli. Eppure la signora Jebreal scomoda con assoluta leggerezza parole come “genocidio” e “moderno olocausto”, quasi certamente ignorandone il significato intrinseco.
aleppo_win
Resta un fatto e questo è riscontrato e riscontrabile: sotto l’Isis, stupri, impiccagioni, decapitazioni, lapidazioni, lanci di omosessuali dai tetti degli edifici e altre amenità da Grand Guignol in salsa salafita erano all’ordine del giorno, erano la legge ma non abbiamo sentito appelli come questo da parte della signora Jebreal, nessun j’accuse con toni così apocalittici? Cito testualmente dall’appello: “E’ dal 2011 che seguo questo conflitto dall’interno ma nessuno mi ha mai preparato alla barbarie, alla ferocia e alla carneficina che sta accadendo in queste ore ad Aleppo. Questa rivoluzione è iniziata nel 2011, quando i cittadini siriani, in maniera pacifica, chiedevano al regime riforme politiche, giustizia sociale, pane e libertà. E il regime ha seguito una strategia: rilasciare dalle prigioni i jihadisti, mentre massacrava e trucidava tutti gli attivisti pro-democrazia”.
formigli

Ora, io capisco che i danni provocati dalla legge Basaglia non sono di competenza della presidentessa della Camera, così come evitare che chi avrebbe bisogno di amorevole aiuto finisca in tv in prima serata ma non vi pare che la ricostruzione sia vagamente miope, di parte e omertosa riguardo alcuni piccoli, insignificanti particolari? Tra i quali, ad esempio, l’appoggio sistematico – diretto o indiretto – di cui hanno potuto godere i terroristi dell’Isis grazie a governi stranieri che vogliono fortemente la testa di Assad per ragioni geopolitiche, primo dei quali quello che regola la vita nel Paese scelto per il suo lavoro dalla signora Jebreal? La quale, dopo aver cominciato la sua carriera con Michele Santoro, facendo le interviste in studio ad “Annozero”, è sparita dalla circolazione mediatica italiana per un po’, trasferendosi appunto negli Usa, dove è diventata analista di politica estera, intervistata in questo ruolo addirittura dalla CNN.
jebreal2
Ora, al netto delle bufale on-line che Zuckerberg intende smascherare insieme a Soros e al National Endowment for Democracy, non vi pare che quanto andato in onda su La7 in prima serata sia quantomeno scandaloso nella sua faziosità, propaganda anti-russa e anti-Assad, oltre che nella negazione della realtà e mancanza di contraddittorio? Perché questo video

ci mostra come i cittadini di Aleppo non si siano proprio messi a piangere in massa quando le truppe siriane e iraniane hanno cacciato l’Isis e liberato la città, non vi pare? Perché non sono io a dire che quanto millantato dalla Jebreal sia palesemente distorto (se non integralmente falso) ma una giornalista indipendente e seria, la canadese Eva Bartlett, la quale il 9 dicembre scorso ha tenuto una conferenza stampa alle Nazioni Unite di ritorno dalla Siria, nel corso della quale ha sbugiardato clamorosamente tutti i media mainstream presenti. Vi invito a guardare il video integrale, lo trovate qui.

Magari la signora Jebreal, pur mantenendo la narrativa dello stupro etnico perpetrato dai miliziani di Assad, tasto su cui ha calcato elegantemente la mano, avrebbe potuto limitarsi ad aggiungere, en passant e per un minimo di deontologia professionale, che prima della liberazione non è che Aleppo fosse proprio Disneyland o Las Vegas. Così, tanto per completezza d’informazione e un minimo sindacale di senso del pudore. Ma si sa, come tutti i grandi professionisti, Rula Jebreal ha un carattere forte, indomito e questo video,

sempre tratto da una puntata di “Piazza pulita”, lo dimostra mi pare in maniera evidente, così come tratteggia in punta di dialogo la sua stabilità emotiva e intellettuale. Che altro aggiungere, illustrissima presidentessa Boldrini? Rimango umilmente a sua disposizione nella sacrosanta lotta contro le bufale, le fake news e la propaganda. Se vuole cominciare la sua crociata, penso di averle offerto abbastanza materiale. Ma dubito lo farà. La lascio quindi ai diritti dei migranti, al femminicidio, alla comunità LGBT, al gender nelle scuole, all’integrazione, ai nomi di cariche e professioni con desinenze ridicolmente declinate al femminile e alle altre materie degne della sua attenzione. La ricerca della verità su Aleppo e sulla “guerra civile” siriana – talmente civile da essere stata combattuta, sul fronte anti-Assad, da mercenari provenienti da una decina abbondante di Paesi – è roba da fascisti. Magari anche xenofobi e omofobi. Ma, soprattutto, amici di Putin. La colpa più grave.

di Mauro Bottarelli – 18/12/2016 Fonte: Rischio Calcolato

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=57938