La Polonia riduce l’età pensionabile, sfidando il trend europeo

Fornero piangentesi può allora fare diversamente, meno male che in Italia questi pensionandi oltre a decenni di contribuzione li indebitiamo con le banche per accedere a quello che un tempo era un diritto. EVOLUZIONE europea, fantastica, LE BANCHE RINGRAZIANO.

Per fortuna da noi la tecnica resposabile Fornero ha “protetto” i conti pubblici (mo a sta balla ci credono in pochi)

Ma siamo matti pensare al popolo, sa di xenofobia e populismo…salviamo le banche

Dai che abbiam problemi seri, tipo Cristoforo Colombo e le guerre puniche di sto passo..

La Polonia riduce l’età pensionabile, sfidando il trend europeo

Come riporta Reuters, pare che nel mondo sia possibile essere un’economia più piccola di quella italiana, permettersi una propria moneta, crescere a ritmi del 3,9 per cento, fare politiche demografiche attive e addirittura abbassare l’età della pensione. Fortunatamente ci pensano gli austeri banchieri a ricordare a tutti il più grande pericolo per l’umanità, ossia che gli stipendi dei lavoratori crescano troppo velocemente. E che è proprio un peccato che certi governi tengano addirittura fede alle proprie promesse elettorali.
 
Varsavia (Reuters) – Lunedì la Polonia abbasserà l’età pensionabile, onorando una costosa promessa elettorale che il partito conservatore al governo aveva fatto, e andando controcorrente rispetto alle tendenze europee a incrementare gradualmente l’età della pensione, mentre le persone vivono più a lungo e rimangono più in salute.
L’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini è un provvedimento caro soprattutto ai sostenitori del governo di centro-destra (sì, avete letto bene, anche in Polonia è il centro-destra a preoccuparsi degli interessi dei lavoratori NdVdE) del Partito della Legge e della Giustizia (PiS), e inverte un provvedimento che l’aveva portata a 67 anni, approvato nel 2012 dal governo centrista allora in carica.
 
Il provvedimento dovrebbe avere impatti immediati limitati sull’economia, che è in fase di boom, ma potrebbe mettere sotto pressione il bilancio statale in futuro.
 
Questa mossa avviene mentre la disoccupazione in Polonia è scesa ai livelli più bassi dai tempi dell’abbandono del comunismo all’inizio degli anni ’90, e potrebbe aumentare la tensione sui salari che stanno già crescendo al ritmo più alto da cinque anni a questa parte (Orrore! I salari crescono e l’età della pensione cala! È proprio vero che fuori dall’eurozona c’è solo l’inferno NdVdE).
 
“Il mercato del lavoro polacco deve affrontare una disponibilità sempre più limitata di lavoratori” ha dichiarato Rafal Benecki, un economista di Varsavia che si occupa dell’Europa Centrale presso ING Bank.
 
La popolazione della Polonia è di 38 milioni di abitanti e sta invecchiando a uno dei ritmi più rapidi all’interno dell’Unione Europea.
 
“Il governo sta buttando via uno degli strumenti più efficaci per aumentare la partecipazione al mercato del lavoro”, ha detto Benecki (commovente come un banchiere si preoccupi che non ci sia abbastanza concorrenza – da parte dei loro nonni – per i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro NdVdE).
  • I lavoratori che vengono dall’Ucraina
Gli economisti e i banchieri centrali dicono che il crescente afflusso in Polonia di centinaia di migliaia di lavoratori provenienti dall’Ucraina potrebbe ridurre la tensione sui salari (ecco un’altra tendenza che accomuna i banchieri: la tutela degli immigrati quando questi possono fare concorrenza ai lavoratori locali NdVdE).
I numeri del ministero del Lavoro mostrano che i datori di lavoro polacchi hanno richiesto più di 900.000 permessi a breve termine per i lavoratori ucraini nella prima metà del 2017, rispetto a 1.260.000 permessi totali nell’anno 2016.
 
“Con l’arrivo di lavoratori dall’Ucraina, finora il problema che alcuni avevano previsto – mancanza di lavoratori, tensioni sul mercato del lavoro – sta diminuendo” ha detto il Governatore della Banca Centrale  Adam Glapinski all’inizio di settembre.
Il governo ucraino del partito PiS ha stimato che il costo della riduzione dell’età pensionabile è di circa 10 miliardi di zloty (eh già, perché in Polonia gli euro non ce li hanno, poveri loro… NdVdE), ossia 2,74 miliardi di dollari, nel 2018, all’incirca lo 0,5 per cento del PIL.
Da quando è andato al potere, nel 2015, l’attuale governo ha velocemente aumentato la spesa pubblica per tenere fede alle promesse elettorali di aiutare le famiglie e ridistribuire i frutti della crescita economica in modo più equo (già scorgiamo gli austeri anti-populisti nostrani scuotere la testa con veemenza di fronte a questi sciagurati provvedimenti NdVdE).
 
Nonostante la crescita della spesa pubblica, il bilancio pubblico ha registrato il primo surplus da più di due decenni nel periodo gennaio-agosto, principalmente grazie a un intervento governativo contro l’evasione fiscale e grazie ai bonus concessi per i nuovi nati, che hanno alimentato i consumi (intollerabile: non solo la Polonia fa politiche di aiuto alle famiglie per risolvere i problemi demografici, ma addirittura osa sfruttare il moltiplicatore keynesiano! NdVdE).
 
La crescita economica ha raggiunto il 3,9 per cento nel secondo trimestre, ma gli economisti avvertono che l’aumentato costo delle pensioni potrebbe causare problemi, se l’economia dovesse rallentare.
 
“Sono preoccupato di quello che succederà quando il ciclo economico si invertirà” dice Marcin Mrowiec, capo economista presso Bank Pekao.
 
“Potremmo svegliarci con salari superiori a quelli che le società possono permettersi e… spese permanentemente più alte per le pensioni” (fortunatamente invece, nell’eurozona potremo affrontare la prossima recessione con una disoccupazione vicina ai massimi storici, un’età pensionabile sulla soglia della demenza senile e uno stato sociale che ha fatto passi indietro di decenni. Evviva! NdVdE).
Di Marcin Goettig, 1 ottobre 2017 – di Malachia Paperoga – ottobre 4, 2017

Le colombe armate dell’Europa

Ulteriori passi nel «rafforzamento dell’Alleanza» sono stati decisi dai ministri della Difesa della Nato, riuniti a Bruxelles nel Consiglio Nord Atlantico. Anzitutto sul NATO-Partnership-for-peace-countries-ES-1024x561fronte orientale, col dispiegamento di nuove «forze di deterrenza» in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, unito ad una accresciuta presenza Nato in tutta l’Europa orientale con esercitazioni terrestri e navali. A giugno saranno pienamente operativi quattro battaglioni multinazionali da schierare nella regione.
Sarà allo stesso tempo accresciuta la presenza navale Nato nel Mar Nero.
Viene inoltre avviata la creazione di un comando multinazionale delle forze speciali, formato inizialmente da quelle belghe, danesi e olandesi. Il Consiglio Nord Atlantico loda infine la Georgia per i progressi nel percorso che la farà entrare nella Alleanza, divenendo il terzo paese Nato (insieme a Estonia e Lettonia) direttamente al confine con la Russia.
Sul fronte meridionale, strettamente connesso a quello orientale in particolare attraverso il confronto Russia-Nato in Siria, il Consiglio Nord Atlantico annuncia una serie di misure per «contrastare le minacce provenienti dal Medioriente e Nordafrica e per proiettare stabilità oltre i nostri confini».
Presso il Comando della forza congiunta alleata a Napoli, viene costituito l’Hub per il Sud, con un personale di circa 100 militari. Esso avrà il compito di «valutare le minacce provenienti dalla regione e affrontarle insieme a nazioni e organizzazioni partner». Disporrà di aerei spia Awacs e di droni che diverranno presto operativi a Sigonella.
 
Per le operazioni militari è già pronta la «Forza di risposta» Nato di 40mila uomini, in particolare la sua «Forza di punta ad altissima prontezza operativa».
L’Hub per il Sud — spiega il segretario generale Stoltenberg — accrescerà la capacità della Nato di «prevedere e prevenire le crisi». In altre parole, una volta che esso avrà «previsto» una crisi in Medioriente, in Nordafrica o altrove, la Nato potrà effettuare un intervento militare «preventivo». L’Alleanza Atlantica al completo adotta, in tal modo, la dottrina del «falco» Bush sulla guerra «preventiva».
I primi a volere un rafforzamento della Nato, anzitutto in funzione anti-Russia, sono in questo momento i governi europei dell’Alleanza, quelli che in genere si presentano in veste di «colombe». Temono infatti di essere scavalcati o emarginati se l’amministrazione Trump aprisse un negoziato diretto con Mosca.
Particolarmente attivi i governi dell’Est. Varsavia, non accontentandosi della 3a Brigata corazzata inviata in Polonia dall’amministrazione Obama, chiede ora a Washington, per bocca dell’autorevole Kaczynski, di essere coperta dall’«ombrello nucleare» Usa, ossia di avere sul proprio suolo armi nucleari statunitensi puntate sulla Russia.
Kiev ha rilanciato l’offensiva nel Donbass contro i russi di Ucraina, sia attraverso pesanti bombardamenti, sia attraverso l’assassinio sistematico di capi della resistenza in attentati dietro cui vi sono anche servizi segreti occidentali. Contemporaneamente, il presidente Poroshenko ha annunciato un referendum per l’adesione dell’Ucraina alla Nato.
A dargli man forte è andato il premier greco Alexis Tsipras che, in visita ufficiale a Kiev l’8-9 febbraio, ha espresso al presidente Poroshenko «il fermo appoggio della Grecia alla sovranità, integrità territoriale e indipendenza dell’Ucraina» e, di conseguenza, il non-riconoscimento di quella che Kiev definisce «l’illegale annessione russa della Crimea». L’incontro, ha dichiarato Tsipras, gettando le basi per «anni di stretta cooperazione tra Grecia e Ucraina», contribuirà a «conseguire la pace nella regione».
di Manlio Dinucci – 23/02/2017 Fonte: Il Manifesto

Varsavia ha un problema ‘italiano’: i ricchi sovversivi di Stato

Manifestazioni violente.  Picchiatori che provano a rovesciare le auto dei deputati del PiS,il partito del governo che ha vinto le elezioni;   la polizia che respinge a manganellate e lacrimogeni  tentativi  dei rivoltosi di irrompere nella Dieta (Parlamento) per bloccare  l’approvazione di una legge; febbrili preparativi per organizzare anche in Polonia una piazza Majdan” all’Ucraina, con fredda pianificazione di “wc, centro-stampa, palco con audio” e “incidenti di sangue dopo due giorni”.  Insomma è la rivolta   democratica contro il governo reazionario di Beate Szilo,  creatura dell’appartato (ma presentissimo) Jarosław  Kaczyński ?

Così l’ha raccontata il Corriere della Sera: «Era dai tempi del primo sindacato libero del blocco comunista, Solidarnosc, che in Polonia non si creava un movimento così compatto e combattivo per la democrazia. In migliaia si sono ritrovati, Costituzione alla mano…”.

Tutto vero. Basta non dire che la punta di lancia della opposizione democratica, scesa in piazza a incendiare il paese, è costituita da 32 mila ex agenti dei servizi segreti e alti funzionari del periodo comunista   sovietico-polacco, in lotta contro la  minaccia di taglio delle loro pensioni.

La nuova legge – per votare la quale il Parlamento ha dovuto riunirsi in una sala diversa dall’aula solita, che era minacciata di irruzione “democratica” – pone un tetto alle pensioni di  costoro; un tetto che le parifica alla pensione media in  Polonia, pari a 2 mila zloty  mensili, circa 435  euro.  Un affronto per chi   fino ad oggi gode di una pensione anche di 20 mila zloty, 4.350 euro al mese.

Come mai? Il motivo è che in Polonia la transizione è stata non violenta, civile e umana; il che comporta che  i funzionari del regime comunista passato, anche quelli  addetti alla repressione, non solo non sono stati fucilati; gli  sono state lasciate le pensioni di prima: pensioni d’oro. Adesso il  governo del PiS (Diritto e Giustizia, Prawo i Sprawiedliwość)  , che ha vinto le elezioni nel 2015,  ha osato la parificazione.  Perché tra l’altro, molti dei pensionati da 400 euro mensili lo devono al fatto che hanno perso anni di contributi, o perché erano stati messi in galera come dissidenti da quelli che prendono  pensioni 10 volte superiori, o perché durante il regime  non potevano più trovare un lavoro pagato decentemente essendo segnati  dal carcere come oppositori.

Spero non sfugga l’analogia con la situazione italiana.  Anche se la nostra è molto più grave: non solo i “ricchi di stato”  da noi   sono  milioni, non solo hanno stipendi superiori in media al 17 per cento dei privati con mansioni simili,  con punte di privilegio da 200 mila  euro per diversi dirigenti pubblici, di 74 mila euro annui per il personale non-dirigente  (attenzione: NON dirigente) delle ‘autorità” tipo AGcom; e 48 mila per i NON dirigenti  della Presidenza del Consiglio, senza dire dei docenti universitari da 71 mila euro annui e del personale di regioni e comuni sui 40 mila annui – a fonte di una settore privato che, ormai, offre  salari da 400-600 mensili col voucher.

E’ sia chiaro, il problema che   distingue (nel male) il nostro paese da tutti quelli dell’Occidente capitalista.  In Usa, i veri grandi ricchi  (l’1% per cento che s’è accaparrato tutti i lucri  lasciandone niente al ceto medio) ,  producendo la più odiosa  iniquità sociale, sono comunque dei  privati  che guadagnano nel settore privato.   I nostri ricchi sono ricchi di Stato, che estraggono i loro lucri dal denaro pubblico, ossia dalla torchia fiscale che esercitano sui privati impoveriti;  inoltre, come constatiamo ogni giorno, sono inadempienti (non fanno ciò per cui sono lautamente pagati per fare), spesso parassiti (coprono posti inutili),  assenteisti e  truffatori di denaro pubblico: a Roma si  intascano il denaro per riattare gli  asili per rimodernare il loro appartamento,  dovunque approfittano in modo ladronesco di tutte le occasioni di lucro indebito che la loro posizione permette – senza alcun senso di responsabilità verso la comunità nazionale,  cui dovrebbero essere grati, e  che vedono come bestiame da mungere  e tosare.

Perché proprio gli stipendi scandalosamente alti –  che nella teoria mitica sono dati per togliere loro tentazioni di farsi corrompere  – sono invece la causa della loro corruzione, della loro insaziabile voglia di intascare sottraendo i soldi ai  cittadini poveri. In combutta coi politici che, essendo “Politici di mestiere”, si percepiscono come dirigenti pubblici anziché come rappresentanti del popolo,  e si spartiscono la torta coi funzionari.

So già che qualche statale o regionale o provinciale mi manderà mail furenti.  Ma invece dovrebbe riflettere  – fra gli esempi che emergono ogni giorno –  sull’ultimo: quello del ministro Poletti  ( del lavoro, “de sinistra”) che ha   sputato sui cervelli italiani costretti ad emigrare   con frasi da despota saudita ( “Conosco gente che se ne è andata ed è bene che stia via, non soffriamo a non averli più fra i piedi”) e il cui  figlio, Manuel Poletti, non emigra perché dirige un settimanale della Provincia  di Ravenna (area Lega delle Cooperative)   – finanziato da chi? Dalle casse pubbliche: con 191 mila euro annui  nel 2015, 197mila nel 2014, e 133mila nel 2013. Più di mezzo milione.

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Poletti padre e figlio. Li manteniamo entrambi. Molto bene.

Ecco il Ricco di Stato, con la sua callosa coscienza di privilegiato arrogante,  sfrontato  nell’accaparrare il fondi pubblici per sé e  i suoi cari, senza alcun senso del dovere  sociale verso i cittadini che lo pagano. Come liberarci da questi oppressori?

Torno al  caso polacco perché è  istruttivo. Là,  i privilegiati che  il governo ha  tentato di disciplinare sono, essenzialmente pensionati  del passato socialismo reale, eppure hanno  messo la capitale a ferro e fuoco.  I nostri ricchi parassiti corrotti sono  “in servizio”, ossia hanno in mano  tutte le leve del potere, la macchina amministrativa, la “legalità”.  Non oso pensare  che cosa ci farebbero pur di proteggere i loro stipendi indebiti e i loro privilegi di parassiti.

L’altro fenomeno ricco di insegnamenti è  stato vedere come, a difesa dei  parassiti ex comunisti  polacchi, si sia schierato –  in quadrata legione –  l’intero mondo “liberal” progressista, che ha salutato entusiasticamente i sovversivi  come “opposizione democratica” in lotta per “la Costituzione”: la UE, Bruxelles, le centrali della globalizzazione,  e ovviamente i media mainstream.  Si è visto  benissimo che i media  di tutta Europa  erano pronti a sostenere con menzogne ed esagerazioni una imminente “rivoluzione colorata” polacca auspicata da Bruxelles  contro il regime “autoritario ed anti-immigrati”, xenofobo, reazionario (ha cercato di vietare l’aborto)  eccetera.

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Donald Tusk

Uno dei due partiti che hanno allestito in fretta  il “Comitato di Difesa della Democrazia” (KOD),  che i media cercano di far  passare come la nuova Solidarnosc, è il Platforma Obywatelska, PO,  ossia  il partito di Donald Tusk: presidente del Consiglio Europeo fino a due anni fa, neocon di tipo americano (a Washington è ospite fisso  dell’American Enterprise con Michael Ledeen),  liberista estremista in economia, e nonostante abbia perso le elezioni in Polonia,  eminenza grigia del potere europeista fra Juncker e Schulz. L’altro partito  è nato due anni fa, si è denominato da solo Nuovo (Nowoczesna); il suo fondatore , Ryszard Petru, ha un passato in università dell’URSS prima della caduta del Muro; dopo, prontamente , è passato banchiere d’affari nelle centrali del globalismo: prima alla  Banca Mondiale , poi alla Pricewaterhouse Coopers, ambasciatore informale di Tusk   preso il  Fondo  Monetario… il partito di Petru, alle elezioni,ha preso il 7 per cento.  Ora  è salutato da Bruxelles e da  CNN come il lottatore per la democrazia  contro il regime autoritario che (come sapete) si oppone ad accogliere  “la sua quota di immigrati islamici” dettata  da Berlino.

Segno inequivocabile che le  oligarchie, siano  comuniste siano”liberal”, si riconoscono a fiuto, si abbracciano,si adottano reciprocamente  si proteggono a vicenda. Con tutti  i mezzi.

CNN, Reuters, Washington Post hanno aiutato   la nascita rapidissima di una tv  polacca,  espresoTV ,  a difesa della “democrazia” insieme alla TVN, una tv polacca nata dopo il Muro, notoriamente allestita dai servizi segreti comunisti. La stella ne è stata Michal Broniatovski, figlio di un membro dei servizi,  poi redattore di Forbes (la rivista dei miliardari Usa) edizione polacca (per i miliardari locali).

Broniatovski “ha pubblicato un post su Facebook con il quale dà consigli su come scatenare una Majdan a Varsavia:

  1. Motivare i giovani. […] Ne bastano due-tremila disposti a passare la notte al freddo, ma ce ne vogliono decine di migliaia per sostenerli di giorno.
  2. Una grande piazza in centro alla città ed un grande edificio pubblico che può essere difeso sono essenziali per motivi logistici: WC, centro stampa…
  3. Le tende devono avere un cartello con scritto «Ufficio parlamentare» per garantirsi l’immunità.
  4. Le tende devono essere disposte come un accampamento fortificato; servono gabinetti portatili e mobili di legno.
  5. Dopo un paio di giorni servono incidenti sanguinolenti; un milione di persone accorreranno a manifestare in piazza e nelle zone circostanti.
  6. Bisogna organizzare i fondi per il cibo, la legna da ardere, l’impianto audio, un palco.
  7. Occorre un servizio d’ordine.
  8. È necessaria la presenza costante di artisti e di religiosi sul palco”.

(Roberto Marchesini, “Polonia, il rischio di una rivoluzione pilotata Media ed ex regime uniti contro il governo”, Nuova  Bussola Quotidiana, 19 dicembre)

E’ evidente il proposito di scatenare  una Majdan  polacca.  “Opposizione totale!”, è lo slogan dei “democratici” alla Tusk e Petru che difendono le pensioni dei funzionari sovietici.  Pronti a rovesciare il voto democratico con moti di piazza   “democratici” alla Soros?  Applauditi dal mondo “libero” e  dai suoi media.   E la benedizione di  “Bruxelles”, ben lieto essendo Juncker di veder finire  l’autonomismo del Gruppo di Visegrad.  E come sempre, le elites contro il popolo, denominato “populista”.

E sono, come il ministro Poletti, “liberal”,  progressisto-liberiste,  de’  sinistra diremmo in Italia.  A conferma di quel che si diceva qualche giorno fa: “la sinistra oggi ha tutti i caratteri di cui rimprovera Trump: intolleranza, odio della gente che non è ricca come lei, l’autoritarismo, il settarismo conformista del pensiero, e una gran prontezza alla violenza”.

FONTE