La figura retorica della prevenzione

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/la-figura-retorica-della-prevenzione/

30 agosto 16 FQ

di Luca Mercalli

Di fronte ai disastri naturali, la nostra debolezza più grande è la mancanza di prevenzione. Lo scriviamo da decenni. Molte le chiacchiere e le promesse subito dopo ogni evento, sia esso un terremoto o un’alluvione, poi cade il silenzio. Eppure la prevenzione va fatta a bocce ferme, quando splende il sole e la terra non trema. È un processo che va pianificato con attenzione, portato avanti con tenacia e organizzazione ferrea senza mai abbassare la guardia. Sia sul piano delle infrastrutture, sia su quello dell’informazione ed educazione della gente, che ancora oggi in Italia preferisce toccarsi in mezzo alle gambe o appendere qua è là cornetti e santini invece che guardare in faccia la realtà.

Il settore aeronautico ha sviluppato un metodo molto efficace per la prevenzione degli incidenti, infatti è oggi tra i modi più sicuri di viaggiare. Ogni volta che – vuoi per errori di pilotaggio, vuoi per cause tecniche – c’è un problema o una sciagura (ormai rara), si attiva una procedura internazionale che analizza le cause, propone soluzioni e modifica strumenti e procedure. Nel frattempo, i velivoli difettosi vengono lasciati a terra fino a modifiche concluse. È un processo trasparente, che pur senza essere punitivo, mette in luce le responsabilità e spinge tutti a migliorare, approfittando insieme della lezione ricevuta o meglio, come lo chiamano i francesi, del retour d’experience. In tanti altri settori, e soprattutto in quello della gestione del territorio, non si analizzano mai i risultati a posteriori delle scelte precedenti, raramente si individuano i responsabili dei fallimenti, e mai si tesaurizza l’insegnamento ricevuto.

Ogni volta stesse considerazioni e stessi errori, una retorica del disastro che se togliete data e luogo è immutata fin dall’alluvione di Firenze di cinquant’anni fa. Ma la gente così continua a morire e i danni li paghiamo tutti. Ora si parla di ricostruzione rapida dopo-sisma. Ma non avevamo detto tutto ciò che c’era da dire già con L’Aquila 2009? Abbiamo ripetuto alla nausea che la ricetta razionale sta in una capillare ristrutturazione antisismica degli edifici, che li riqualifichi pure energeticamente, prendendo così due piccioni con una fava. E che accanto al rischio sismico investa pure sulla protezione idrogeologica: frane e alluvioni sono ancor più diffuse dei terremoti, dall’Alpi allo Ionio. E si occupi pure della strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, contro le future siccità, i futuri eventi estremi e l’aumento del livello dei mari, di realizzare casse di espansione per i fiumi e di turar le falle agli acquedotti. Si chiama resilienza.

Esiste pure un’associazione internazionale, Iclei.org, che riunisce le città che nel mondo si stanno attrezzando per la sostenibilità e la riduzione degli impatti degli eventi geoidrologici. In Italia, al di là di encomiabili esempi locali, questo progetto di resilienza nazionale, corale, condiviso, omogeneo, unitario, non c’è. Trionfa invece il sempreverde annuncio e la relativa cantierizzazione della grande opera cementizia, vista come unica azione salvifica. La nuova autostrada, la nuova pedemontana, il nuovo ponte sullo stretto, i nuovi trafori ferroviari, i nuovi eventi sportivi internazionali. L’importante è che siano grandi, costosi e vistosi. Non che servano a qualcosa e che funzionino. Se si applicasse il metodo aeronautico alle opere già fatte, si potrebbe facilmente verificare se i soldi sono stati spesi bene e i problemi risolti.

Invece le scuole ristrutturate sono crollate, l’autostrada Bre.Be.Mi giudicata indispensabile in fase di progetto, è vuota, il Mose di Venezia è già inchiodato da sabbia e detriti prima di entrare in servizio, gli impianti sportivi delle Olimpiadi invernali della Val di Susa sono in via di smantellamento per eccessivi costi di manutenzione, ma la lista è lunga, distretti industriali, parchi divertimento, poli fieristici, sportivi e turistici… tutto annunciato sulla carta come necessario, apportatore di progresso, soldi e lavoro, ma alla prova dei fatti cadente, abbandonato e diroccato. Spesso la società civile di fronte a tali progetti ha protestato, ha lottato, ha mostrato e documentato scientificamente incongruenze e inadeguatezze. Ma niente, ruspe e betoniere sono state inesorabili. Poi tutto come previsto, miseramente fallito.

Chi paga? Qual è il ritorno d’esperienza? Con il metodo aeronautico, il ritiro della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024 sarebbe immediato, basta giudicare dai costi e dalle scomode eredità delle precedenti edizioni!

Lasceremmo perdere il supertunnel Tav Torino-Lione e i nuovi sogni espansionistici delle reti autostradali. Mentre investiremmo subito i pochi denari che ci restano in manutenzione del territorio, sostenibilità e prevenzione dei rischi naturali, unico progetto sensato per il benessere del futuro.

Terremoto in Italia: ecco una soluzione innovativa, chiesta ad alta voce dai cittadini e dagli esperti.

Di fronte alle necessità inderogabili dell’Italia – Paese gravemente afflitto da terremoti, inondazioni, frane – di mettere in sicurezza il suo territorio e gli edifici, crediamo sia indispensabile che l’Unione Europea prenda atto che il terremoto è una questione ambientale e che per l’Italia, la Grecia, la Bulgaria, la Romania è una priorità ambientale. http://www.cngeologi.it/wp-content/uploads/2014/04/ingenio-Mappatura-rischio-sismico-in-Europa.pdf

mappatura terremoti

www.cngeologi.it
La mappatura del rischio sismico in Europa: Balcani e Paesi del Mediterraneo i più a rischio 18/04/2014 In base alla mappatura sismica prodotta dai ricercatori … 

Se contrastare l’aumento della temperatura a livello planetario è un’urgenza internazionale, per l’Italia (e gli altri SM sopra elencati) l’urgenza è anche come sopravvivere ai terremoti.

L’Unione Europea potrebbe dare un’immediata risposta a questa emergenza modificando in questo senso il MFF UE 2014-2020, approfittando della procedura di “Revisione di mezzo termine” che è in corso tra Commissione europea e Parlamento e la cui prima fase dovrebbe essere terminata entro il 31.12.2016. http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2016/572679/IPOL_BRI(2016)572679_EN.pdf

Per quanto riguarda l’italia, nelle modifiche dovrebbe:

– essere inserita da subito la “sospensione” da parte dell’UE (e poi l’abbandono) del progetto Torino-Lione (cancellandolo dall’allegato del Regolamento CEF),

– il trasferimento dalle prossime settimane dei fondi già allocati a questo progetto (€ 813.781.900) https://ec.europa.eu/inea/sites/inea/files/fiche_2014-eu-tm-0401-m_final.pdf ai progetti di messa in sicurezza degli edifici, a partire da quelli immediatamente cantierabili, nelle zone a rischio sismico in Italia.

Vi invitiamo a riflettere su questa affermazione e a pensare ad una vostra iniziativa politica.

Rimaniamo all’ascolto dei vostri commenti e vi ringraziamo.

Cordiali saluti,

PresidioEuropa No TAV   

No a container o case in muratura I paesi scelgono i «minichalet»

 per loro niente alberghi
 

tutti indignati per le parole di Vespa sulla disgrazia del terremoto che sarà un volano per l’economia. Ma nessuno si è accorto che siamo un paese capitalista E CHE IL CAPITALISMO VIVE DI DISGRAZIE E SOFFERENZE ALTRUI?

Mah. Se ci si ammala BIG FARMA aumenta il profitto, e quindi anche il Pil. Si indigna qualcuno?
 
Il corriere già sponsorizza gli chalet, pare ci sia già un appalto e mazzette. Si sà. lo psiconano “ricostruisce” l’Aquila, è un mostro, mentre piovo proposte e “soluzioni” di ogni sorta e nessuno che ci veda il malaffare come non fossimo in Italia. AH, giusto, sarà l’effetto “governo amico”.
 
la ricostruzione
Milano, 28 agosto 2016 – 22:07
No a container o case in muratura
I paesi scelgono i «minichalet»
di Andrea Arzilli
 
Un minichalet a nucleo famigliare. Per i cinque anni stimati per la ricostruzione dei paesi terremotati, i 2.500 sfollati dell’area di Arquata del Tronto hanno bocciato sia le soluzioni provvisorie, come i container, sia quelle in muratura che danno concretezza al concetto di definitivo. Così ieri, dopo il summit al comando (Dicomac) a Rieti, la Protezione civile ha deciso di imboccare la via di mezzo: «La logistica ha le sue regole, cuore e umanità ne hanno altre. E noi stiamo virando verso il cuore», dice l’ingegner Cesare Spuri che coordina le operazioni della Protezione civile nei 5 campi tra Arquata e Pescara del Tronto.
 
Costruire una new town di container sarebbe stato più semplice, insomma, ma non avrebbe dato risposta ai terremotati che chiedono di restare il più vicino possibile alla loro abitazione oggi lesionata o completamente distrutta. In tanti anche stanotte hanno rinunciato alla branda sotto i tendoni per dormire in auto davanti al portone di casa. Per paura degli sciacalli, ma soprattutto per non staccarsi da quel che resta del passato.
 
 
Entro 3 mesi le nuove case
Entro 3 mesi arriveranno le soluzioni in legno su modello tedesco, già utilizzate a Onna nel 2009. Intanto molti sfollati troveranno ospitalità in alberghi sulla costa di Lazio e Marche. «A gruppi, per non disperdere la comunità», dice il sindaco di Amatrice, Pirozzi. Casette calibrate sulle dimensioni di ogni famiglia, alcune sono già state acquistate dalla Protezione civile sotto la gestione di Franco Gabrielli. Servono 20 giorni tra costruzione — una o due camere più cucina e bagno — e allacci. Soprattutto il riscaldamento, cruciale nelle zone del sisma che nel giro di un mese potrebbero veder scendere la neve; 1.400 euro il costo per metro quadrato delle strutture a grandezza variabile. Una casetta di 40 mq costa circa 55 mila euro, il noleggio di un container delle stesse dimensioni molto meno, ma «meglio un euro in più se si può recuperare almeno un po’ di quotidianità — dice Spuri —. È impensabile che in 5 anni, e ci metterei la firma se i tempi fossero questi, non si possano invitare a cena degli amici per ritrovare un po’ di normalità».
 
Partito il censimento
Questo lo spirito, ricreare un contesto umano: oggi parte la fase delle ispezioni nelle strutture pubbliche, le scuole in particolare, con l’obiettivo di aprirle almeno entro il 30 settembre. Poi municipi, farmacie, ambulatori e aree per la socialità, maxitendoni vicino ai parchi giochi per l’aggregazione, specie dei bambini. Ciò che non è utilizzabile sarà ospitato da un modulo. Resta da stabilire il numero di moduli necessari. Ieri nei tre Comuni terremotati (ad Arquata consiglio comunale «all’aperto», lo ha definito il sindaco Petrucci) è partito il censimento per capire chi è restato e chi è andato via, magari da parenti: serve il numero dei nuclei famigliari da consegnare alla Protezione civile. Stime approssimative parlano di 700 chalet da distribuire sul territorio. Costo: circa 35 milioni. Le aree destinate agli chalet potrebbero però non corrispondere a quelle dei campi di oggi. Anche se l’ideale sarebbe far abitare ogni sfollato vicino al suo Paese.
 
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT

Terremoto Amatrice: Lo Stato non risarcirà i danni dovuti alla calamità naturale, ecco perchè…

ma naturalmente il governo non eletto del professore, alias IL SALVATORE, tanto amato ed osannato dalla SOCIETA’ CIVILE, quella del Pd  e galassiette varie, NON DISSE UNA PAROLA.
 
amatrice
 
Terremoto Amatrice: LO STATO SARA’ ASSENTE, TUTTO SECONDO LA LEGGE, TUTTO PERCHE’ L’ITALIANO NON SA PRESERVARE I SUOI DIRITTI.
È IMPORTANTE RICORDARE CHE IL NOSTRO PAESE E’ IL PAESE COL PIÙ ALTO RISCHIO SISMICO IN EUROPA, il deficit PER I SOCCORSI, dovrà essere chiesto alla Ue!
Ecco cosa vuol dire perdere la sovranità nazionale.
 
Per I vincoli di bilancio UE, la RICOSTRUZIONE NON RIENTRA NELLE PRIORITA’.
QUINDI I NOSTRI CONCITTADINI SARANNO LASCIATI SOLI.
Per i “rigori” di Bruxelles, gli “aiuti di Stato” sono VIETATI, SOTTOLINEO VIETATI dai Trattati.
Perché il concetto e l’atto pratico di Stato, per l’elitè europea DEVE ESSERE MINIMO.
Meno Stato, più Mercato, vuol dire: degli avvoltoi che faranno soldi a palate sulla vita della gente in piena tragedia. [Tutti i paragoni possono esser fatti con il terremoto di L’Aquila]
 
Nel silenzio dei Mass Media il 16 Maggio 2012 entrava in vigore il decreto legge 59 denominata anche “TASSA SULLA DISGRAZIA”.
Il decreto passato in sordina è opera del Governo Monti, coadiuvato dal Centro Casini-Rutelli-Fini, dalla Premiata Ditta Bersani, e dai reduci Berlusconiani.
 
mario-monti2
mario-monti Blog Open Your Eyes
 
Il testo del decreto afferma:
“In caso di terremoto, alluvione, o di ogni altra catastrofe naturale, lo Stato non pagherà più i danni ai cittadini. Che, dunque, per vedere la casa o l’azienda ricostruita, avranno una sola strada: ricorrere all’assicurazione ‘volontaria’.”
 
Il nostro silenzio lo pagherò a tempo debito, come lo Stato sta compiendo il suo adempimento nella struttura Europea:
L’Italiano lascia che lo Stato firmi patti per indebitare ancor di più la Nazione e non protesta minimamente su un diritto all’aiuto che dovrebbe essere un dovere dello Stato.
 
379254_331979853542313_1703185316_n
Oramai tutto ciò che accade, tutto ciò che produciamo e via dicendo passerà tutto nelle mani dei banchieri.
Il terremoto in questo caso è una disgrazia per chi ha vissuto quel terrore, ma dall’altro canto per gli sciacalli banchieri non è altro che una nuova prospettiva di guadagno sicuro.
 

Il consorzio che ristrutturò la scuola di Amatrice costruì le fondamenta di Expo

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/consorzio-che-ristruttur-scuola-amatrice-costru-fondamenta-1299710.html

Il Consorzio Valori Scarl ristrutturò per 500mila euro la scuola di Amatrice ora distrutta. Nel 2013 vinse l’appalto per costruire le fondamenta di Expo

 – Ven, 26/08/2016 – 17:38
Nel settembre del 2012, a ristrutturare la scuola di Amatrice ora distrutta dal sisma fu il Consorzio Valori Scarl di Roma.

Un insieme di aziende nato 11 anni fa e che si definisce “un punto di riferimento” nel mercato “sempre più complesso degli appalti pubblici e privati”. Forse anche grazie all’esperienza sviluppata ad Amatrice riuscì ad accaparrarsi, pochi mesi dopo, un bando di gara da 18 milioni di euro per costruire le fondamenta di Expo.

Le migliorie tecniche alla scuola di Amatrice

Per assicurare un tetto stabile ai bambini, la Regione Lazio ed il Comune stanziarono ben 500mila euro. I lavori piacquero talmente tanto che di fronte alla scuola si possono ancora notare dei cartelli “propagandistici” che definiscono gli interventi tecnici come “un’opera sontuosa. Peccato ora sia crollata.

Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, sostiene che dopo il terremoto a L’Aquila i tecnici giurarono che lo stabile era a posto. Parliamo del lontano 2009. Nel mezzo ci sono stati gli interventi “anti-sismici” del 2012 e nuove scosse nel 2013. In quel caso la struttura non subì consegueze. “Anzi – dice il Sindaco – per la stabilità della scuola io ricevetti addirittura i complimenti”.

Tuttavia la Procura di Rieti ha aperto un’indagine per stabilire eventuali resposabilità sul crollo del plesso scolastico. Di certo il Pm dovrà sentire i dirigenti del Consorzio Valori Scarl. La scuola, infatti, rientra tra il lavori realizzati insieme ad altri incarichi ricevuti in tutta Italia, da Aosta fino a Catania, passando per Torino, Lecco e Milano.

Le fondamenta di Expo

Milano, appunto. L’ultimo bando vinto dalla Valori Scarl riguarda l’Esposizione Universale diExpo. Una ricca commessa da 18 milioni di euro tondi tondi. Esatto: 18 milioni. Nell’avviso di aggiudicazione appalto pubblicato su expo2015.it è possibile controllare tutti i dettagli dell’accordo quadro che la Società guidata da Beppe Sala stipulò con il Consorzio romano.

Si va dall’esecuzione “di sfalci e disboscamenti” alla “fornitura e posa in opera di tubazioni per teleriscaldamento e teleraffrescamento”, fino ad arrivare alla “posa in opera di tubazioni, pozzetti, camerette” per le fogne. Inutile tediare il lettore. Se non per far notare che lo sforzo più rilevante riguardò la “realizzazione di opere di fondazione in cemento armato” relativeai manufatti delle varie delegazioni straniere“. In sostanza, le fondamenta dei padiglioni costruiti dai vari Paesi partecipanti.

La Società Consortile, va detto, si occupa di “prestare supporto ed assistenza” alle imprese consorziate per fargli vincere la gara. Poi sono le aziende a realizzare i progetti a suon di cazzuola e cemento. In sostanza i costruttori che hanno messo effettivamente le mani a Milano e ad Amatrice potrebbero essere diversi. Anche se convivono sotto lo stesso tetto.

Expo assegnò i lavori alla Valori Scarl nell’ottobre del 2013, appena 400 giorni dopo la conclusione nel settembre 2012 degli interventi “anti-sismici” al plesso scolastico “R.Capranica”. Che a soli 4 anni di distanza è crollato.

Forse, anzi sicuramente, sarebbe dovuto rimanere in piedi.

Mirandola: la regione PD stanzia 600.000€ per una moschea. Italiani ancora nei container

mirandola
 
In Emilia 200 famiglie vivono ancora nei container a 4 anni dal terremoto. Eppure la Regione governata dal PD ha trovato i soldi per sovvenzionare con 600mila euro la costruzione della nuova moschea di Mirandola, inaugurata mercoledì. Evidentemente gli emiliani lasciati soli a se stessi, sofferenti, vergognosamente dimenticati nei container non sono una priorità per il PD.
 
Meglio finanziare una moschea in coabitazione con il Qatar, che ha sganciato i restanti 400mila euro su richiesta della comunità islamica locale. Secondo quanto riporta la Gazzetta di Modena, si tratta di una costruzione antisismica affidata dalla comunità islamica a un’impresa gestita da un nordafricano. Per le case antisismiche da riassegnare agli emiliani costretti nei container, ripassare la prossima volta.
 

Usa: sciami sismici causati dal fracking

di Giacomo Gabellini – 03/05/2016
fracking
Fonte: l’indro
Alcuni indizi geofisici emersi di recente hanno fatto salire le probabilità di apertura della faglia di Sant’Andrea, che scatenerebbe un sisma di proporzioni inaudite in grado di produrre danni enormi in tutta la California. La stessa tragica prospettiva va profilandosi anche per Stati federati collocati nel sud degli Usa, vale a dire Texas, Oklahoma e Kansas. A differenza della California, questi Stati  non si estendono, però, lungo una delle zone sismiche più attive del mondo, e non a caso sono stati colpiti solo da scosse di piccola intensità nel corso degli ultimi decenni.
A incrementare le possibilità di un terremoto devastante a nord del confine messicano non sono, infatti, determinate condizioni naturali, ma le fratturazioni idrauliche degli strati sottostanti alla superficie per estrarre petrolio e gas  non convenzionali, che hanno permesso agli Usa di accreditarsi a primo produttore mondiale di petrolio, garantendo 4 milioni di barili di petrolio addizionali al giorno. Tecniche estrattive come l’hydrofracking (meglio noto come fracking) e l’horizontal drilling prevedono l’infiltrazione ad alta pressione nel sottosuolo, e quindi nelle falde acquifere che lo attraversano, di notevoli quantità di sostanze  -si parla di oltre 200 litri di una miscela contenente circa 600 agenti chimici per ciascun pozzo- che, oltre a produrre un inquinamento al di fuori di ogni controllo, sono alla base dei fenomeni sismici che hanno colpito le aree interessate dalle fratturazioni idrauliche degli scisti. Lo ha riconosciuto in uno studio apposito l’autorevole Us Geological Survey (Usgs), individuando la causa dei sismi soprattutto nelle operazioni successive alla trivellazione. Sotto il profilo prettamente tecnico, non sarebbe la frantumazione delle rocce a indurre i terremoti, ma la re-iniettazione sotto terra della miscela chimica impiegata per far venire a galla gli idrocarburi, che comprometterebbe la stabilità del sottosuolo favorendo forti scosse di assestamento.
Le statistiche parlano chiaro: nei 35 anni che separano il 1973 dal 2008 l’area geografica comprendente Texas, Oklahoma e Kansas è stata colpita in media da 24 terremoti all’anno di intensità pari o superiore ai 3 gradi della scala Mercalli; dal 2009 al 2015, anni in cui si è verificato il boom del fracking, questa media è salita vertiginosamente a 318 fenomeni sismici, con un incremento spaventoso negli ultimi mesi  -si parla di oltre 1.000 terremoti nel solo 2015. Dal 1° gennaio al 1° marzo del 2016, sono stati registrati 226 terremoti; lo Stato più colpito è l’Oklahoma, dove si è passati dai 3 terremoti di media prima del 2008 ai 2.500 del 2015.
L’area geografica in questione è abitata da milioni di cittadini statunitensi, i quali si sono così trovati improvvisamente esposti al pericolo sismico che, secondo un altro studio realizzato, per la rivista scientifica ‘Science’, dalla sismologa Katie Keranen della Cornell University, tende ad estendersi anche a tre Stati limitrofi, vale a dire New Mexico, Colorado e Arkansas.
Lo studio della Keranen dimostra, inoltre, che all’aumento dei terremoti va sommata un’altra conseguenza diretta del fracking, ovvero il progressivo allargamento dell’area sismica, che può arrivare a molti km di distanza dagli impianti estrattivi a causa della diffusione a macchia d’olio delle acque reflue re-iniettate nel sottosuolo, le quali «creano una pressione che deve scaricarsi da qualche parte […] entrando talvolta in contato con le linee di faglia». L’analisi suggerisce, quindi, che anche le zone di faglia inattive possano essere indotte a muoversi dietro l’impulso delle attività connesse al fracking. Il che significa che l’intensità tutto sommato ridotta dei fenomeni sismici legati al fracking non implica l’inesistenza di un pericolo di grande portata, dal momento che i terremoti provocati dall’attività umana vanno a minare la stabilità di faglie con sciami di piccole scosse che, nel lungo periodo, possono indurre terremoti di grandi proporzioni.
E questo non vale solo per l’Oklahoma, sui cui impianti si è concentrata l’indagine della Keranen, ma per quasi tutte le aree perforate con queste nuove tecniche estrattive. L’agenzia federale Usa ha, infatti, verificato un forte aumento della sismicità in altre 21 aree geografiche  -concentrate soprattutto in Georgia e nello Stato di New York- dislocate esattamente nelle zone in cui sono stati impiegati i metodi previsti dal fracking.
 

BONDENO: 700 TERREMOTATI SENZA CASA, RENZI INVIA PROFUGHI!

5 agosto 2015
G4
«Ma quale problema profughi: a Bondeno c’è ancora un’emergenza terremoto, ma Alfano se n’è dimenticato!».
E’ la risposta di Fabio Bergamini, sindaco leghista di Bondeno, Ferrara, all’ennesimo prefetto milionario, tal Michele Tortora, che l’aveva “convocato” con altri sindaci perché si prendesse un’altra mandata di clandestini camuffati da profughi.
A Bondeno, duramente colpita dal terremoto del 2012, ci sono ancora 700 persone senza casa: «Per rispetto di queste persone – ha spiegato Bergamini nella sua lettera di risposta al prefetto di Ferrara – la giunta non intende spendersi per tutelare chi opera in regime di clandestinità».
 
Pertanto, «declino l’invito – scrive Bergamini – ribadendo la mia indisponibilità su ogni genere di collaborazione» per «soluzioni collegate al tema dei clandestini che giungono in Italia. Il nostro non è solo un segnale di dissenso, è una vera e propria protesta istituzionale, un gesto di disobbedienza civile nei confronti di uno Stato che se ne frega della propria gente e pensa solo agli immigrati. Il prefetto e Alfano sappiano che a Bondeno mai daremo alloggio a immigrati fino a che tutti i terremotati non avranno ottenuto la loro casa e quanto gli spetta e fino a che tutti i bondenesi in difficoltà non avranno risolto i loro problemi abitativi».

Haiti: A 5 anni dal terremoto la ricostruzione fraudolenta sotto occupazione militare

Nel 2014, quasi cinque anni dopo il devastante terremoto, numerose proteste di massa si sono svolte contro l’occupazione delle Nazioni Unite (MINUSTAH), per la partenza del presidente haitiano Michel Martelly e il primo ministro Laurent Lamothe. Quest’ultimo infine si è dimesso nel dicembre 2014. Questi eventi non hanno avuto nessuna menzione dai media mainstream. Perché?

Quando le proteste anti-governative si verificano in un paese che non è guidato da un alleato degli Stati Uniti, vi è un’ampia copertura. Gli attuali leader di Haiti sono “adatti” per i leader occidentali, in particolare per gli Stati Uniti, perché in realtà, sono loro che scelgono i leader del paese, non il popolo di Haiti.
Di Julie Lévesque
Mondialisation

Il 12 gennaio, c’è stato 5° anniversario del devastante terremoto, ma le principali questioni e problemi strutturali non sono, né saranno affrontati o, nella migliore delle ipotesi, saranno presentati in un modo che sostiene la nozione fuorviante del fardello dell’uomo bianco. “Haiti ha bisogno di aiuto”. “E’ davvero il caso? E di che tipo di aiuto stiamo parlando?

“Gli aiuti internazionali” sono solo uno strumento capitalistico imperiale progettato per mantenere il Sud prigioniero delle disastrose politiche neoliberiste del Nord, che ostacolano un vero sviluppo e per impedire la sovranità economica e politica del Sud.

Dove finiscono i soldi degli aiuti? Nelle stesse tasche di coloro che pretendono di donare. Haiti è probabilmente il miglior esempio della vera truffa degli aiuti internazionali.

Bush e Clinton: i salvatori

 

Come ogni buon neoliberista che sa di non dover sprecare una grave crisi, Bill Clinton, ha visto il terremoto del 2010 come una grande opportunità. Come fa notare Dady Chery:

[All’inizio dell’occupazione statunitense nel 1915] è stato imposto ad Haiti un trattato per la creazione della carica di Alto Commissario degli Stati Uniti a guidare il paese insieme al suo presidente “haitiano” selezionato […] Il controllo delle finanze del paese, dei lavori pubblici e servizi sanitari pubblici sono stati trasferiti ai democratici statunitensi del sud che avevano sostenuto la campagna di Wilson, allo stesso modo in cui oggi sono trasferiti all’USAID e alle organizzazioni non-governative (ONG). L’idea all’epoca era la stessa di oggi: l’intera economia di Haiti deve servire gli Stati Uniti e quasi tutti i dollari pagati come salari di Haiti dovrebbero tornare negli Stati Uniti.

Clinton ha visto nel terremoto del 2010 la possibilità di diventare il nuovo Alto Commissario statunitense di Haiti […]. Nei quattro mesi successivi al terremoto, ha formato la Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti ( CIRH ), un club esclusivo dove si deve “pagare per giocare”, cioè un gruppo di ricchi funzionari e uomini d’affari dei paesi della MINUSTAH e altrove, che hanno accettato di fornire truppe nazionali o soldi […] in cambio di un po’ di “azione” in Haiti. Dopo qualche pressione e un po’ di corruzione, il Parlamento haitiano è stato costretto a dichiarare uno stato di emergenza di 18 mesi, durante i quali Clinton e la sua banda del CIRH potevano gestire la ricostruzione a loro piacimento, senza essere perseguiti per la loro responsabilità. Un anno e mezzo più tardi, quando il Senato di Haiti ha rilevato che ben poco era stato fatto, ha accusato il CIRH di essere fraudolento e lo stato di emergenza non è stato rinnovato. (Dady Chery, Haiti: Time for Clinton and Co to Pack and Go, Nouvelles Junkie Post, 15 dicembre, 2014)

L’influenza nefasta di Bill Clinton nel paese non è nuova. Uno studio delle strategie di liberalizzazione economiche imposte ad Haiti dagli Stati Uniti negli anni ’80 e ’90 ha evidenziato che “il presidente Clinton e altri inquilini recenti della Casa Bianca hanno condannato [ndr] Haiti ad un futuro di povertà endemica attraverso una politica egoistica statunitense sull’esportazione del riso”.

L’Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), tra le altre organizzazioni, ha incoraggiato Haiti ad avviare l’esportazione di prodotti agricoli preparati e trasformati, sottolineando la necessità di importare cereali di base sul mercato internazionale [… ] Gli esperti americani hanno lavorato per smantellare l’economia rurale di Haiti, anche se i funzionari dell’USAID hanno riconosciuto che una tale mossa poteva aumentare la povertà e contribuire a un declino degli standard medi di reddito e di salute degli haitiani. Nel 2003, circa l’80% del riso consumato ad Haiti è stato importato dagli Stati Uniti”. (Leah Chavla, Bill Clinton’s Heavy Hand on Haiti’s Vulnerable Agricultural Economy: The American Rice Scandal,Council on Hemispheric Affairs, 13 aprile, 2010)

Il business dei soccorsi e degli aiuti internazionali nei disastri

Il terremoto di Haiti è stata un’opportunità di business e molte industrie hanno approfittato del disastro, estrazione, abbigliamento e turismo, solo per citarne alcune. Le donazioni hanno favorito le imprese dei paesi donatori più delle stesse di Haiti, diversi progetti hanno visto il superamento dei costi ed altre si sono rivelate inutili per la mancanza di infrastrutture critiche.

E’ un fatto ben noto e documentato nei circoli dei media indipendenti che l’aiuto internazionale è solo un business redditizio travestito carità. Circa l’80% dei fondi di aiuto internazionali dedicati ai paesi in via di sviluppo finisce nelle casse delle imprese e delle organizzazioni non governative (ONG) dei paesi donatori. Lontano da aiutare, questa dinamica crea una relazione di dipendenza ostacolando, o addirittura impedendo ai paesi “beneficiari” di sviluppare le stesse strutture che potrebbero liberarli da questo rapporto coloniale.

Mentre la maggior parte delle persone che lavorano per organizzazioni umanitarie occidentali hanno buone intenzioni, la politica occidentale “umanitaria” verso paesi come Haiti sono deliberatamente progettate per mantenere la superiorità finanziaria del Nord sul Sud. Questo è stato dimostrato dagli effetti disastrosi del famigerato programma di “aggiustamento strutturale” del Fondo Monetario Internazionale, incentrato sulla privatizzazione massiccia e il libero scambio che hanno distrutto le economie locali, l’agricoltura e la sovranità alimentare dei paesi che ora si basano su “aiuti alimentari”. Questo è quello che è successo ad Haiti:

Mentre alcune agenzie statunitensi governative sostengono che i loro programmi sono progettati per ridurre la fame e promuovere la produzione agricola, altri programmi hanno costretto l’apertura del mercato di Haiti, creando milioni di nuovi consumatori per i prodotti agricoli statunitensi, come riso, pollame, carne di maiale e altri, mettendo in crisi la produzione agricola locale e trasformando le abitudini alimentari di Haiti.
Poiché circa il 50-60% della popolazione vive ancora nel settore agricolo, queste politiche hanno avuto effetti molto negativi sull’economia in generale. Ad esempio, uno studio di Christian Aid 2006 stima che 831.900 persone sono state direttamente colpite dalla caduta dei prezzi nel 1995, che un tempo proteggevano zucchero, riso e pollo haitiani.
Haiti importa ora almeno il 50% del suo cibo, soprattutto dagli Stati Uniti ed è diventato il secondo più grande importatore di riso statunitense del pianeta.  (HAITI: Aid or Trade? The Nefarious Effects of U.S. Policies, Ayiti Kale Je, 6 novembre 2013)

Le ONG occidentali sono uno strumento imperiale, scrive Ezili Danto:

Le ONG stanno attuando le politiche imperiali statunitensi in Haiti in cambio di “finanziamenti di beneficenza” – nel senso che riciclano il denaro dei contribuenti statunitensi e il denaro dei donatori e lo mettono nelle loro tasche. Le politiche imperiali degli Stati Uniti sono volte a distruggere la produzione e l’economia locale di Haiti espropriando le risorse naturali del paese creando un mercato più ampio per i loro monopoli sovvenzionati da Wall Street (Ezili Dantò,Haiti: US to Re-Write Haiti Constitution to Better Service the One Percent, Black Agenda Report, 2 luglio2013)

Secondo i dati del governo degli Stati Uniti, i cinque principali imprenditori che hanno ricevuto fondi relativi ad Haiti negli ultimi 5 anni sono, infatti, negli Stati Uniti:

  • 1. Chemonics International Inc., (società di sviluppo internazionale, USA): $ 118.961.374
  • 2. Development Alternatives Inc. (società di consulenza, USA): 67.703.366 $
  • 3. Cce / DFS Inc. (società di consulenza degli Stati Uniti): $ 20.551.722
  • 4. Tetra Tech Inc. (società di consulenza, ingegneri, ecc, Stati Uniti): 16.294.596 $
  • 5. Pathfinder International (ONG, Stati Uniti): $ 16.036.859

I primi cinque destinatari dei fondi federali per Haiti per lo stesso periodo sono stati:

  • 1. Ministero della Salute, Haiti: $ 137.751.752
  • Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Haiti (MINUSTAH): $ 117.111.216
  • 3. Ufficio di gestione delle urgenze, New York: 36.912.02 $
  • 4. Città di Miami: 35.270.000 $
  • 5. Miami- Dade Fire Rescue Department $ 34.070.000

Finanziamento dell’occupazione
 

Dopo il Ministero della Salute di Haiti, l’occupazione militare ha ricevuto i maggiori finanziamenti dagli Stati Uniti. Nel 2013, 117.111.216 di dollari sono stati stanziati dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nella cosiddetta Missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione ad Haiti (MINUSTAH), per “mantenere le attività di pace“.

La MINUSTAH è stata fondata il 1° giugno 2004, dopo un colpo di stato guidato da Stati Uniti, Francia e Canada che ha destituito il presidente democraticamente eletto Jean-Bertrand Aristide, sotto la bandiera del Fanmi Lavalas il partito politico più popolare nel paese. Dopo aver dominato il voto nelle due elezioni in cui aveva partecipato, il partito Fanmi Lavalas è stato vietato dalle elezioni del 2010, “vinte” dal candidato favorito degli Stati Uniti, Michel Martelly. Dady Chery dice:

“Clinton e i suoi compari cominciarono a cercare un altro modo per continuare la loro stretta mortale economica del paese e questo attraverso un presidente haitiano adeguato, che, in particolare, sarebbe stato  popolare tra i giovani, ma che mancava il patriottismo. Hanno trovato il loro uomo nel volgare musicista Michel Martelly. La sua elezione è diventata una mera formalità, dopo che una commissione elettorale aveva escluso la partecipazione del partito Fanmi Lavalas, che aveva attirato l’80% degli elettori. Gli osservatori del Caricom e dell’Organizzazione degli Stati americani (OAS) hanno legittimato i risultati nonostante le numerose irregolarità e le schede di solo (circa) il 20% dell’elettorato. Queste sono le condizioni delle (s)elezioni che hanno fatto di Michel Martelly il presidente di Haiti”. (Chery, op. Cit.)

Il mandato della MINUSTAH è stato esteso il 15 ottobre 2014. Dovrebbe essere chiamata forza di occupazione in modo da riflettere la sua vera natura. Fin dall’inizio le sue operazioni di “peacekeeping” (mantenimento della pace) includevano la repressione politica dei sostenitori di Fanmi Lavalas. Recentemente hanno sparato proiettili veri contro i manifestanti:

Durante questi dieci anni, il MINUSTAH ha raggiunto un record orribile di violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni extragiudiziali, un’epidemia di violenza sessuale contro uomini, donne e bambini di Haiti, la repressione delle manifestazioni politiche pacifiche, oltre a scatenare il colera attraverso una negligenza criminale che ha causato la morte di oltre 9.000 persone e infettato quasi un milione. (Dr Ajamu Nangwaya et Kevin Edmonds, On October 15, the United Nations Will Fail Haiti Once Again, Global Research, 14 ottobre 2014)

La polizia haitiana è stata anche addestrata dalla società militare privata di sicurezza statunitense (EPMS) DynCorp.

In aprile 2013, la DynCorp ha ricevuto un contratto di 48,6 milioni dollari dal US State Department’s Bureau of International Narcotics and Law Enforcement Affairs, per un periodo di base di un anno con tre opzioni di un anno per l’inserimento dei propri allievi nella forza di polizia delle Nazioni Unite ad Haiti. (Dady Chery,  Tontons Macoutes Reconstitution d’Haïti et de leur fusion avec la MINUSTAH , Haïti Chery 24 dicembre 2014)

Donazioni umanitarie per costruire alberghi di lusso e nuove baraccopoli 

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), 80.000 persone vivevano ancora nei campi, nel dicembre 2014, una diminuzione del 92% dall’inizio della crisi quando 1,5 milioni di persone erano senza casa. Ma l’organizzazione non dice dove sono andati coloro che hanno lasciato i campi.

Un anno fa, Haiti Grass Roots Watch ha scritto che 200.000 vittime del terremoto avevano lasciato i campi di fortuna per le “tre nuove baraccopoli note come Canaan, Onaville e Gerusalemme”. E i progetti di edilizia abitativa pagati da generose donazioni?

Chi vive in queste case? Chi controlla i progetti? I residenti possono permettersi l’affitto o il mutuo? E sono vere vittime del terremoto? […]

In totale, i progetti hanno permesso di costruire fino a 3588 case o appartamenti per un costo complessivo di circa 88 milioni di dollari, secondo i dati del governo. (Va notato, tuttavia, che i donatori internazionali e le agenzie umanitarie private hanno speso più di cinque volte tale importo – circa 500 milioni di dollari – per dei “rifugi temporanei”, chiamati “T-Shelters” […]

Il 21 luglio 2011, il presidente Martelly, l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e il primo ministro Jean Max Bellerive hanno inaugurato l’Expo Habitat: una mostra di circa 60 modelli di case a Zoranje […]

Tutti sono d’accordo che l’Expo è stato un fallimento. Poche persone l’hanno visitato e ancora meno persone hanno scelto un modello per il loro progetto di ricostruzione. Molti modelli presentati erano molto costosi rispetto agli standard di Haiti. (Questionnements sur les projets de logements de la reconstruction, Ayiti Kale Je, 8 janvier, 2013)

Mentre centinaia di migliaia di persone vivono ancora in campi di fortuna, grandi somme di donazioni sono state spese per la costruzione di alberghi di lusso. Come abbiamo riferito nel 2013:

Oggi, così come 300.000 haitiani vivono ancora nei campi, così “un nuovo hotel Marriott sorge dalle macerie di Haiti e ha ricevuto un notevole sostegno finanziario per 26,5 milioni dalla International Financial Corporation (IFC) membro del Gruppo della Banca mondiale […]
L’IFC fa parte del Gruppo della Banca Mondiale. La Banca Mondiale è stata bersaglio di critiche per iniziative quali il Projet national de développement communautaire participatif (PRODEP). In seguito a un’indagine durata otto mesi, Haiti Grassroots Watch ha rilevato che PRODEP “ha contribuito a minare uno stato già debole, ha danneggiato il “tessuto sociale di Haiti”, ha attuato quello che potrebbe essere definito un “ingegneria politica e sociale”, sollevato questioni di sprechi e corruzione […] ha contribuito a rafforzare lo status di” Repubblica delle ONG” di Haiti […] ha danneggiato i sistemi di solidarietà tradizionali e, in alcuni casi, aumentato il potere delle élite locali. (Julie Lévesque, Haiti “Reconstruction”: Luxury Hotels, Sweat Shops and Deregulation for the Foreign Corporate Elite, Global Research, 16 Agosto 2013).

E nel 2012:

Nell’ambito della “ricostruzione” del Paese, La Clinton-Bush Haiti Fund recentemente ha investito 2 milioni di dollari al Royal Oasis Hotel, un resort di lusso costruito in un’area metropolitana colpita da povertà e “piena di campi di sfollati abitati da centinaia di migliaia di persone”. (Julie Lévesque, HAITI: Les dons aux victimes du séisme investis dans un hôtel cinq étoiles, Mondialisation.ca, 10 luglio 2012)

L’hotel a 5 stelle. Reale Oasis
Nel 2013 è stato riferito che “gli haitiani guadagnano meno oggi che sotto la dittatura Duvalier” A meno che non ci sono stati cambiamenti nel corso dell’anno passato, gli haitiani che lavorano nel grande parco industriale Caracol, aperto nel marzo 2013, finiscono la loro giornata di lavoro con un magro 1,36 dollari dopo aver pagato per i loro pasti e trasporti. Se lo sfruttamento non fosse abbastanza, la costruzione della gigantesca azienda tessile sfruttatrice della manodopera ha sbattuto fuori i coltivatori da uno dei granai di Haiti mentre il paese ha bisogno di cibo.

[Haiti Grassroots Watch] ha anche appreso che la maggior parte degli agricoltori cacciati dai loro appezzamenti per far posto al parco industriale sono ancora senza terra.

“Prima, Caracol era il granaio del Dipartimento del Nord”, ha detto Breus Wilcien, uno dei contadini sfrattati della zona di 250 ettari. “Attualmente c’è una carenza di alcuni prodotti nei mercati locali. Siamo piantati lì nella miseria”.  (The Caracol Industrial Park: Worth the risk? Ayiti Kale Je, 7 marzo 2013)

L’inquilino principale Caracol è produttore di abbigliamento coreano Sae-A, importante fornitore di distributori come Wal-Mart, e dei brand Ralph Lauren, Donna Karen New York, Gap, Zara, Old Navy, H & M e altri.

Gli haitiani sono stati ancora una volta traditi dalla comunità internazionale:

Nel 2015, gli haitiani si trovano a lottare con le unghie e con i denti, nel cuore di nuovi movimenti politici per creare il progetto di costruzione nazionale promesso dai principali governi e le organizzazioni umanitarie che lo hanno crudelmente tradito […]

Le promesse di aiuti umanitari del valore di miliardi di dollari che dovevano raggiungere le masse si sono dimostrati in gran parte illusori.

Nei mesi successivi al terremoto, uno dei punti chiave era che la governance democratica e la sovranità nazionale, sono strumenti essenziali per la costruzione di Haiti su basi nuove e progressiste. Oggi, la mancanza di democrazia e di sovranità sono l’epicentro della tempesta politica che sta scuotendo il paese.  (Travis Ross et Roger Annis,  La reconstruction d’Haïti est promise Unfulfilled que les Haïtiens Défi régime autoritaire , Haïti Liberté, 7 janvier, 2015)

Traduzione per TLAXCALA di Alba Canelli

http://vocidallastrada.blogspot.it/2015/02/haiti-5-anni-dal-terremoto-la.html