Milano, assedio al consolato turco: razzi e bombe carta durante il corteo in difesa dei curdi

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milano curdi

(LaPresse) Blitz del corteo in favore del popolo curdo “Defend Rojava” contro il consolato turco di via Canova a Milano. Un vero e proprio assedio con fumogeni e bomber carta lanciate verso la sede consolare, difesa da transenne e da un importante dispiegamento di forze di polizia. Secondo i promotori della manifestazione, organizzata per protestare contro l’offensiva turca nel nord della Siria, sono circa diecimila le persone scese in piazza contro la Turchia di Erdogan.

SIRIA: CHI HA VINTO, CHI HA PERSO. CHI SONO I CURDI. —- MEDIORIENTE: YANKEE GO HOME

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MONDOCANE

VENERDÌ 25 OTTOBRE 2019

Cosa ne viene da Sochi

Del miscione che gli arnesi stampati e videoriprodotti del colonialismo 2.0 ci rifilano,  confondendo in obnubilante simmetria rivolte contro il Potere e sommosse gestite dal Potere, da Libano e Iraq a Ecuador, Cile e Bolivia, parleremo nel prossimo articolo. Prima, ci interessa evidenziare con grande soddisfazione la rabbia da rettili pestati sulla coda con cui i media reagiscono agli esiti della soluzione (positiva, ma parziale, s’intende) che Putin, con il concorso obtorto collo di Erdogan, ha saputo imporre al branco di sbranatori della Siria. Media tra i quali riconosciamo il ruolo da mosca cocchiera al giornaletto anticomunista “il manifesto”. La vocina vernacolare del Governo Parallelo Usa (obamian-clintoniani, Intelligence, Pentagono, Wall Street, lobby talmudista), si è distinta per accanimento a stigmatizzare come imperialismo russo la difesa vincente della (quasi) integrità territoriale e della stessa sopravvivenza della Siria, aggredita e maciullata, e il ridimensionamento drastico degli appetiti degli aggressori (Turchia, illuministi coronati del Golfo, esportatori di diritti umani americani e israeliani).

Il grande lamento degli amici degli amici

Per questo pifferaio di carta, che è riuscito a trascinare nel baratro la colonna sperduta dei bambinelli di sinistra, l’esito del vertice di Sochi è una catastrofe planetaria. Catastrofe, ovviamente, per chi si riprometteva, come l’augusta fondatrice Rossanda ai tempi della Libia, uno Stato libero, sovrano, prospero ed equo cancellato dalla faccia della terra per mano di sicari tagliagole, scatenatigli contro dal meglio delle pluto-mafio-psicopatocrazie occidentali.

La tragedia, come rappresentata da questo portavoce dell’unipolarismo mediatico nell’era delle Grande Finzione, si articola in questi punti:

–       Il fallimento del progetto, formulato esplicitamente da Parigi anni fa, di costituire in un terzo della Siria, zona di ricchezze petrolifere e agricole, un mini-Israele curdo, assimilabile, in quanto “democratico, libertario, inclusivo, femminista ed ecologista”, all’ “Unica Democrazia del Medio Oriente” e con esso in combutta per frantumare la Siria. Il fallimento del progetto è completato dalla riduzione degli invasori e pulitori etnici curdi del Rojava alla zona di loro origine di Qamishli, nell’estremo Nord-Est della Siria, unica zona in cui vi è una maggioranza curda.

–       La sostituzione delle forze armate Usa e Nato – abusive poiché mai invitate – con le rispettive basi nell’area più ricca di risorse della Siria, dal confine turco a Raqqa, nel cuore del paese, con l’Esercito Arabo Siriano, forza armate del governo legittimo, sostenuto da unità russe, legittimate dall’invito di Damasco.

–       La riduzione della “zona di sicurezza” turca su territorio siriano dai 440 x 32 km concordati con Washington, a soli 100 x 10 km, da Tell Abyad a Ras al-Ayn, pattugliati da unità congiunte turco-russe, con il resto del confine sotto controllo governativo siriano e pattuglie congiunte russo-siriane, a garanzia contro reviviscenze jihadiste (vedi mappa).

Per la proprietà transitiva, dovrebbero essere considerati, dal felice connubio mediatico destro-sinistro, sviluppi da sostenere: il trasferimento in Iraq delle unità Usa costrette a lasciare la Siria, affrontate peraltro dall’inspiegabile insoddisfazione degli iracheni che, tramite governo, hanno chiesto ai nuovi ospiti di togliere il disturbo entro 30 giorni; la permanenza di una grande base Usa in Siria, ad Al Tanf, centro di raccolta e addestramento di mercenari Isis disoccupati; il presidio militare conservato da Trump intorno al petrolio siriano, così che non se ne approfitti il dittatore per ricostruire con i proventi il paese dagli stessi aggressori distrutto; la persistente occupazione della provincia di Idlib da parte di truppe turche e loro mercenari Al Qaida-Isis, per mantenere aperta la possibilità di una riconquista turca di Aleppo, indebitamente sottratta approfittando della caduta dell’impero ottomano; l’annessione israeliana di un altro pezzo di Golan, dal quale insegnare a siriani e Assad, a forza di missili, che il troppo di sovranità ed integrità nazionale stroppia.

La Siria recuperata

Il presidente Assad, pur dichiarando di approvare i risultati del vertice di Sochi, ha aggiunto che “la Turchia deve smettere di rubare terra siriana e che il governo siriano sosterrà ogni formazione che attuerà resistenza popolare contro l’aggressione turca”. Nel che si può individuare l’ennesima divergenza tra le istanze nazionali di Damasco e l’approccio compromissorio, o magari solo gradualista, di Mosca. Naturalmente Assad fa bene a ribadire l’irrinunciabilità dell’integralità territoriale siriana, confermata a parole anche da Mosca e Ankara, e a cautelarsi contro certe espressioni di realpolitik russa, anche alla luce dell’incredibile tolleranza dei russi vis a vis le incessanti incursioni aeree israeliane e il silenzio sull’annunciata annessione del resto del Golan occupato nel 1967. Ma il dato acquisito che i turchi si dovranno limitare a una fetta di Siria di soli 10 km di profondità e 100 km di lunghezza, oltre tutto controllata congiuntamente con i militari russi, e che il resto dell’agognato cuscinetto di 32 x 440 verrà invece reso alla sovranità siriana, a sua volta garantita da forze siriane e russe, è sicuramente un passo avanti.

… e da ricuperare

Rimane da vedere in che misura i russi saranno disposti a sostenere l’indispensabile offensiva siriana per recuperare anche l’area di Idlib, controllata da truppe turche in alleanza con la peggiore feccia jihadista e dalla quale, perduta Aleppo e relativa provincia, Al Qaida e Isis continuano a operare incursioni terroristiche contro la città liberata e in fase di rapida ricostruzione. Rimane anche da vedere se i quasi due milioni di profughi siriani nei campi turchi, selezionando tra rifugiati jihadisti e famiglie fuggite all’aggressione, verranno concentrati nella “fascia di sicurezza” turca, per costituire anche da lì una perenne minaccia, sia terroristica alla Siria, sia di ondate migratorie verso l’Europa, o se gli si darà modo di tornare alle proprie case, distribuendosi in tutto il paese. Incognite che vanno sorvegliate e poi risolte, ma che non negano l’evoluzione in direzione di giustizia e pace ottenute dal valore dei resistenti siriani e dall’abilità diplomatica di Putin.

Confrontiamo il quadro di oggi, con quello che si presentava in Medioriente solo un anno fa. Gli Usa non solo hanno dovuto restituire alla Siria una vasta fetta del proprio territorio, l’espansionismo neo-ottomano di Erdogan ha subito una robusta battuta d’arresto, la Siria sta rientrando gradualmente nei propri confini. E’ in stagnazione quella che avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni di un Netaniahu – oggi detronizzato e a rischio di galera per una sfilza incredibile di reati – e dei suoi complici obamian-clintonian-neocon, l’eliminazione del principale alleato dell’Iran e l’assalto a quest’ultimo. Dopo quasi 5 anni dall’attacco di Arabia Saudita ed Emirati, orchestrato da Pentagono e Cia, e 9 anni dall’inizio dell’insurrezione popolare yemenita, gli Huthi a dispetto di blocco totale, colera, fame, distruzione di una delle meraviglie storiche e ambientali del mondo, controllano la maggior parte del paese. Vedono i due paesi aggressori azzannarsi tra loro. Con la distruzione della metà della capacità produttiva dell’Arabia Saudita, hanno inflitto al massimo alleato degli Usa nella regione un colpo, se non mortale, probabilmente decisivo per l’esito del conflitto, ma anche per la strategia reazionaria e imperialista di lunga lena.

L’esito finale del grande rimescolamento mediorientale non è certo la vittoria definitiva della Siria, che da molte sognanti parti si sente proclamare. E’di sicuro una formidabile affermazione della giustizia che il piano iniziale della cancellazione della Siria sovrana e unita sia fallito, per merito in prima linea del popolo siriano e della sua dirigenza. Ma la questione dell’egemonia nella regione non è di certo risolta e la Turchia di Erdogan non è minimamente disposta ad abbandonarla. In prospettiva, lo scontro tra Turchia e Siria rimane inevitabile, che è anche lo scontro tra l’integralismo da Fratelli musulmani e laicità. Saprà la Russia, con i suoi piedi in tante staffe (Siria, Turchia, Iran, Saudia) contenere l’urto o, in alternativa, volgerlo a vantaggio di un equilibrio non islamista e non reazionario della regione? E i neocon obamian-clintoniani, con il loro retroterra di Intelligence e Pentagono, si rassegneranno all’uscita di scena? O costringeranno, con nuovi ricatti e nuove bufale alla Russiagate, il volatile Trump a rimangiarsi le tentazioni isolazionistiche?

Dagli amici dovrei guardarmi io

Meritano un paragrafo finale i cocchi del nostro sistema mediatico unipolare. La questione curda, nel suo profilo storico è manipolata e in quello attuale rovesciata nel suo contrario. Diversamente dalle realtà anticolonialiste africane, arabe e persiane, o di quelle latinoamericane da Bolivar a Guevara-Castro a Chavez, i curdi non hanno mai saputo elaborare un progetto di società autenticamente unitario, inclusivo, plurietnico ed emancipatorio, che superasse la loro struttura feudale, clanista, regressiva, rigidamente patriarcale. Alle origini della loro mancata realizzazione di uno Stato unitario, non sta tanto la mancata implementazione del trattato di Sèvres del 1920, quanto la separatezza tribale e culturale tra i segmenti divisi tra i quattro paesi ospitanti, Turchia, Iraq, Iran e Siria, e, al loro interno, una costante di arcaiche faide interfamigliari e intertribali. Con la conseguente assenza di un teoricamente solido movimento unitario irridentista.

zona curda originaria in Siria e zona occupata dai curdi

In tutto questo, i curdi sono, insieme ai guerrafondai nel regime Usa (che ora ripuntano all’Iraq), i sicuri perdenti. Non è chiaro se l’ipotesi del loro inserimento nelle forze armate siriane, per la comune difesa contro terroristi e invasori, sopravviverà all’accordo russo-turco per il loro disarmo totale e per il rientro nel territorio storicamente da loro abitato, a Qamishli. Certa è invece la scomparsa dallo scenario mediorientale di una riedizione curda in Siria di quanto inflitto alla Palestina nel 1948 e seguenti. Ai dirigenti dell’YPD-YPG, in effetti del PKK, rimane da riflettere sulla saggezza di un’alleanza con i nemici dei popoli liberi al fine di acquisire vasti territori, che non gli spettano, a forza di violente pulizie etniche. Riflettere anche sulla convenienza di aver ripetuto in Siria, magari su scala minore, quanto gli viene addebitato dagli armeni quando, al tempo di quel genocidio turco, si rivelarono tra i massacratori più feroci. Oppure sulla scelta, sempre praticata, di ricorrere per raggiungere i propri obiettivi, contro uno Stato unitario, a complicità subalterne con padrini interessati solo allo sfruttamento di mercenari per scopi coloniali e imperialisti.

Ho frequentato per decenni i paesi nei quali è divisa l’etnia curda ed ho esperienza diretta di quanto scrivo. In particolare per ciò che concerne il carattere retrogrado della struttura sociale che, di conseguenza, si è sempre appoggiata, per la realizzazione degli interessi dei propri capiclan, più che del popolo nel suo insieme, a forze esterne parimenti reazionarie, ma perdipiù colonialiste e imperialiste. Come gli Usa e la Cia, con in Iraq il capoclan Mustafà Barzani e poi suoi figlio Massud, entrambi strumenti Cia per la destabilizzazione dell’Iraq. O come con Israele, principale alleato e massimo proprietario immobiliare nel Kurdistan iracheno, affidato a feudatari narcotrafficanti, come i Barzani o i Talabani, in perenne conflitto tra di loro. Il vittimismo curdo è sempre stato lo strumento propagandistico occidentale, di sinistra come di destra, per perseguire obiettivi di revanchismo coloniale.

Il tanto propagandato e osannato progressismo curdo sotto tutela Usa-Nato in Siria, basilarmente diffondendo immagini di ragazze in mimetica e racconti di foreign fighters in Siria, tesi a occultare l’operazione di occupazione e smembramento della Siria araba e multietnica, ha la stessa valenza del “sovranismo” di un Salvini, tanto patriota da voler staccare dall’Italia le regioni più prospere per porle a disposizione della centralità imperiale franco-tedesca.

Tutto questo non è andato a discapito solo degli Stati multietnici e multiconfessionali, laici e sovrani, usciti vittoriosi e uniti dalla lotta anticolonialista, ma anche delle stesse popolazioni curde, finite sistematicamente soggette a ceti dirigenti corrotti e opportunisti e a protettori stranieri, al dunque meri utilizzatori finali del sangue, delle speranze e degli interessi di quelle comunità. Il bel risultato è stato, nella contingenza specifica, l’avallo dell’aggressione occidentale, israeliana, turca e del Golfo a uno degli Stati più emancipati della regione, l’ennesimo fallimento dell’aspirazione all’entità nazionale monoetnica, l’utilizzo per un’ignobile pulizia etnica in territori abusivamente occupati, reminiscente di quella sugli armeni, l’abbandono del protettore imperiale e il rientro nel proprio territorio originale.

Sia chiaro, quando qui si parla di “curdi”, ci si riferisce a chi, nelle varie fasi, ne ha assunto la direzione, affidandosi sistematicamente al peggio del peggio del quadro geopolitico, per realizzare i propri interessi di ceto dominante. Al popolo curdo spetta al massimo la “colpa” di essersi fatto rendere alibi per le mire razziste, colonialiste e imperialiste dell’Occidente. Ma chi siamo noi per lanciare la prima pietra?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 16:08

FLASH VIDEO/ LES 4 VICTOIRES DE BACHAR EL ASSAD (AGRESSION TURQUE CONTRE L’ETAT SYRIEN III)

# LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Flash Vidéo Géopolitique/ Geopolitical Flash Video/

2019 10 24/
VIDEO.FLASH.GEOPOL syrie invasion turque III assad - (2019 10 24) FR

* Thématique :

#PRESSTV #LUCMICHELPCN

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#SYKESPICOT #KURDISTAN #RUJOWA #GRANDMOYENORIENT

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LE FLASH VIDEO DU JOUR …

LE GEOPOLITICIEN LUC MICHEL DANS LE DEBAT DE PRESS TV CE 24 OCTOBRE 2019

* Voir LE DEBAT de ce 24 octobre 2019 :

« Le signal d’Assad à Ankara et à Moscou »

https://www.presstv.com/DetailFr/2019/10/23/609383/Idlib-Assad-accuse-Erdogan-de-projets-expansionnistes

+ la video sur https://youtu.be/72Ck8-ffy3Y

LA PRESENTATION DU DEBAT

* La présentation de PRESS TV (Iran) :

« Idlib: l’offensive de Damas, imminente?

Le président syrien s’est déplacé, triomphalement, dans la province d’Idlib pour rendre visite aux forces de l’armée syrienne qui mènent, depuis quelque temps, une lutte acharnée contre les groupes terroristes soutenus entre autres par la Turquie.nC’est, certes, un autre échec pour le président turc, dont l’opération « Source de paix » lancée dans le nord-est de la Syrie a entaché l’image de la Turquie. Les images diffusées sur la toile dévoilent les crimes commis par les militaires turcs à l’encontre des Kurdes. Et qui plus est, Erdogan doit bientôt répondre à Sotchi de son intervention illégitime en Syrie.

L’agence de presse syrienne SANA a annoncé que le président syrien a rendu visite aux forces de l’armée syrienne, sur les lignes de front avec les groupes terroristes dans le sud d’Idlib. Le bureau de la présidence syrienne a affirmé, mardi 22 octobre, que le président Bachar Assad, accompagné de plusieurs commandants de l’armée, s’est rendu dans la ville de Hobait, un des premiers fronts du sud d’Idlib.

Sur place, le président syrien a durci le ton contre son homologue turc Recep Tayyip Erdogan qu’il a qualifié de « voleur » : « Erdogan est un voleur. Il a volé, hier, des usines, du blé et du pétrole de la Syrie. Il est aujourd’hui en train de voler le territoire syrien. Il est vrai que toutes les régions de la Syrie ont la même importance, mais nous agissons conformément aux priorités et aux conditions militaires qui s’imposent. »

André Chamy, juriste international, et Luc Michel, géopoliticien, s’expriment sur le sujet.

QU’A DIT LUC MICHEL ?

* « Nous avons connu beaucoup de défaites depuis quinze ans. Ici ne cachons pas notre victoire et notre joie !

Nous assistons à quatre défaites majeures :

1- Celle de Erdogan, de sa duplicité levantine, de son rêve néo-ottoman, qui devait commencer par le démembrement de la Syrie. Erdogan a sauvé la Face à Sotchi mais il a du manger son turban.

2- Celle des USA et de leur projet géopolitique dit du « Grand Moyen Orient », inspiré des plans du Likoud dans les Années ’90 (likudniks et neocons ont toujours été proches), qui visaitv a la fragmentation des états orientaux, à commencer par ce « kurdistan » que assad vient de mettre au pas syrien.

3- Celle des occidentaux dans la seconde plase du soi-disant « printemps arabe » (sic). La première phase avait vu la destruction de la Jamahiriya de Kadhafi (et ses séquelles au Mali et en Centrafrique). Le seconde phase se termine par une victoire sans appel de la Syrie ba’athiste des assads.

4- Enfin celle du néocolonialisme français, inspirateur dès 1918 du rêve du « Kurdistan » visant à démembrer les états syrien, turc, iranien et irakien. Grand soutien, avec Tel-Aviv, de ce « rujowa ». Les accords coloniaux de Sykes-Picot en 1916 (1) sont enfin échec et mat ! »

NOTES :

(1) Les accords Sykes-Picot, typiquement impérialistes ou colonialistes, sont des accords secrets signés le 16 mai 1916, après négociations entre novembre 1915 et mars 1916, entre la France et le Royaume-Uni (avec l’aval de l’Empire russe et du royaume d’Italie), prévoyant le partage du Proche-Orient à la fin de la guerre (espace compris entre la mer Noire, la mer Méditerranée, la mer Rouge, l’océan Indien et la mer Caspienne) en plusieurs zones d’influence au profit de ces puissances, ce qui revenait à dépecer l’Empire ottoman. Ces accords secrets n’ont été finalement révélés au grand public que le 23 novembre 1917 dans un article des Izvestia et de la Pravda et le 26 novembre 1917 puis repris dans un article du Manchester Guardian.

Les accords Sykes-Picot ont pris de l’importance sous la forme d’une légende noire attribuant certains événements supposés aux Alliés pendant la Première Guerre mondiale, nourrissant plus tard les prétentions nationalistes arabes et islamistes.

Mark Sykes, et François Georges-Picot, l’accord dit Sykes-Picot est conclu entre la France et le Royaume-Uni à Downing Street entre Paul Cambon, ambassadeur de France à Londres, et Sir Edward Grey, secrétaire d’État au Foreign Office. Il prévoit à terme un découpage du Proche-Orient, c’est-à-dire l’espace compris entre la mer Noire, la mer Méditerranée, la mer Rouge, l’océan Indien et la mer Caspienne, alors partie intégrante de l’Empire ottoman. L’Empire russe participe aux délibérations et donne son accord, comme l’Italie, aux termes du traité secret. Le Proche-Orient est découpé, malgré les promesses d’indépendance faites aux Arabes, en cinq …

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

(Flash Vidéo Géopolitique/

Complément aux analyses quotidiennes de Luc Michel)

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

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* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

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EDITION SPECIALE DU « GRAND JEU GEOPOLITIQUE » (SAISON III – 1 ) : SOMMET RUSSIE-AFRIQUE DE SOTCHI (PARTIE I). ICI ET MAINTENANT

* AFRIQUE-MEDIA-BRUXELLES & EODE-TV/

sur https://vimeo.com/367945034
EODE-TV - GRD JEU sotchi ru-afrique SIII-1 (2019 10 23) FR

Avec le géopoliticien Luc MICHEL

Et Fabrice BEAUR (adm de EODE-ROSSIYA)

Présenté par le journaliste iranien Amir FATI

Thématique de la Partie I :
1) Luc Michel : Ces 22 et 24 octobre 2019 se tient à Sotchi en Russie, le 1er Sommet Russie-Afrique, quels en sont les enjeux ?
2) Luc Michel : Est-ce que le soi-disant « printemps africain » et la volonté des USA de chasser les chinois d’Afrique a-t-elle eu un effet sur le grand retour de Moscou sur le continent noir ?
3) Luc Michel : Quelle a été la stratégie du président russe Vladimir Poutine pour organiser ce « come back » russe en Afrique un quart de siècle après le départ des soviétiques ?
4) Luc Michel : On parle beaucoup de ces fameuses « firmes de sécurité » russes en Afrique. Pouvez-vous nous en dire plus.
5) Luc Michel : La Centrafrique du président Touadera est considérée comme le pivot géopolitique du retour russe vers l’Afrique, que veut on dire par là ?
6) Fabrice Beaur (en duplex depuis Sotchi) : Comment la Russie, depuis Sotchi ou Moscou, voit-elle le dossier Russie-Afrique ?
7) Luc Michel : Le retour de Moscou a été préparé par un intense travail de lobbyisme, pouvez-vous nous en dire plus.

VOICI LA SAISON III DU « GRAND JEU »

Bienvenue pour cette nouvelle Série de notre émission LE GRAND JEU. AU CŒUR DE LA GEOPOLITIQUE MONDIALE, produites avec Luc MICHEL, géopoliticien et administrateur  d’AFRIQUE-MEDIA-BRUXELLES et patron d’EODE-TV, qui apporte son expertise à l’émission. Et nous dévoile le dessous des cartes de la géopolitique mondiale et des idéologies qui mènent le monde. Avec sa vision transnationale ouverte sur les dimensions continentales, Luc MICHEL nous donne les clés des géopolitiques rivales vues de Moscou, Washington, Bruxelles ou encore ici de Pékin …

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