12 OTTOBRE: LIBERIAMO L’ITALIA

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2019/10/roma-napoli-tra-stelle-e-bandiere.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 9 OTTOBRE 2019

Roma-Napoli: tra stelle e bandiere cadute

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (Dante Alighieri)

Il 12 ottobre a Roma manifestazione nazionale per la liberazione dell’Italia dalla colonizzazione UE, Nato e Usa. Manifestazione che io vorrei definire, con consapevole soddisfazione e alla faccia dei vendipatria, sovranista e populista, due aggettivi qualificativi  la cui radice sta in sovranità e popolo, concetti-principi fondanti della libertà e autodeterminazione di individui, comunità e popoli. E necessariamente detestati dall’establishment globalista perché percepiti, a ragione, agli antipodi del suo progetto di livellamento oligarchico mondiale. La manifestazione è la prima del suo genere e arriva tardi, se pensiamo alle spaventose manomissioni e devastazioni operate sul nostro territorio, sulla nostra storia, sulla nostra identità e, dunque sul futuro dei nostri figli (come su quelli dei popoli sradicati e poi schiavizzati dove conviene al capitale) dal progetto antinazionale, antidemocratico, antiumano, della globalizzazione capitalista travestita da progressismo. Ma, per fortuna, la mobilitazione arriva e io le auguro ogni successo e ne sono partecipe per l’auspicio e la determinazione che esprime nella sua parola d’ordine “Liberiamo l’Italia”: riaffermare sovranità popolare e nazionale, indipendenza, autodeterminazione, uguaglianza e socialismo.

Non sarò presente perché non mi trovo in sintonia con quella parte dell’organizzazione  che ho conosciuto a Roma e nel Lazio e che ritengo spuria, indistinta, con presenze che non corrispondono ai criteri per me essenziali nella lotta per gli obiettivi sopra elencati. Per semplificare: mi sta bene la nazione sovrana, ma non coloro che si fermano lì senza condizionarla a una precisa organizzazione della società in termini di rivoluzione sociale. Sono d’accordo con Fusaro, ma non con le sue frequentazioni di Casa Pound. Apprezzo il lavoro di Maurizio Blondet per smascherare l’inganno della “guerra al terrorismo”, ma dal suo cattolicesimo integralista e dal suo sostrato fascista mi dividono oceani di ripulsa dell’atroce pensiero unico cristiano, cattolico o altro, matrice di ogni infelicità e ingiustizia umana, e di rifiuto del gerarchismo totalitario, fascista o altro.

Kermesse 5 Stelle: vedi Napoli e muori?

Negli stessi giorni, ho preferito dare un’occhiata alla festa nazionale del Movimento 5 Stelle a Napoli, nel decimo anniversario della sua esistenza e nelle temperie, tra tragiche, grottesche e rivoltanti, della sua metempsicosi. Kermesse che ci presenta un MoVimento che ha subito una metamorfosi del tutto analoga a quella del romanzo di Kafka: da essere umano a scarafaggio, da uomo contrassegnato da nome e cognome, a insetto senza nome, identico a miliardi di altri nella categoria globale degli scarafaggi. Non credo che mi capiterà l’occasione per un’invettiva nei confronti del “capo politico”, responsabile primo di un’operazione che ha i tempi brevi e miopi della scaltrezza e smarrisce completamente i tempi lunghi e lungimiranti dell’intelligenza. Ma, dal momento che non sarebbe il primo incontro con lui, potrò forse formulare una domanda ad Alessandro Di Battista, sempre che presenzi, sortito dalla marginalità in cui certamente gli eventi, probabilmente il volere del “capo” e, magari, lui stesso, lo hanno relegato.

La domanda è semplice: “E ora cosa farai? L’Alessandro Di Battista, o lo scarafaggio anche tu? Ripieghi sul giornalismo e ci regali altri splendidi racconti sulla condizione di uomini e cose nel tempo della dittatura del capitale imperiale e della lotta e sofferenza dei dominati, come hai egregiamente saputo fare dall’America Latina? O fai appello al corpo sano del MoVimento che rifiuta la metamorfosi e si rifà alle ragioni per le quali milioni hanno rotto il sonno ipnotico indotto dai trasformatori di uomini in insetti, si sono incontrati, si sono organizzati (poco), e hanno sfondato la porta del Truman Show? Milioni che oggi rumoreggiano, si agitano, ma sono fermi al turbamento e che potrebbero avere da te, e da molti altri vicini a te, l’innesco, l’indirizzo, la via”.

Ben venga perciò la prima manifestazione nazionale per la lotta di liberazione anticoloniale dell’Italia. Ma ben venga anche la rottura dell’omertà, o la frantumazione di quel T.I.N.A. a 5 Stelle (“Non c’è alternativa”) che passivizza iscritti, elettori, sostenitori, “grillini” veri, rispetto ai taumaturghi fedifraghi, Di Maio e Grillo e i loro giannizzeri da poltrona. L’uno azzerato dall’opportunismo di corto respiro, l’altro dalla fregola del paradosso bizzarro che, a forza di “épater le bourgeois” con focarelli d’artificio verbale, finisce col normalizzare ogni cosa. Fatemi sognare e credere che il presente si salvi e salvi il futuro con l’incontro tra queste due realtà, prospettive, volontà. Tra chi, nel MoVimento, non si rassegna a vedersi ucciso da bambino, come implicito nel meretricio PD-Di Maio-Renzi, e chi ha capito che lo sfondamento del Truman Show sta nell’uscita dal reality UE, Euro, Nato e nel recupero di identità e sovranità. E della Storia.

Senza Storia non c’è storia

https://www.youtube.com/watch?v=ZJFF0f8geaE , canzone per Anita

Diceva Cicerone: “La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoriamaestra di vita, annunciatrice dei tempi antichi.” E’ dunque, la Storia, da cancellare per coloro che ci vorrebbero anonimi, acefali, amorali cartacce al vento. Come tanti ragazzi a cui si vorrebbe, in omaggio alla demagogia gretiana, dare il voto a 16 anni, ma che, in stragrande maggioranza, non sanno minimamente da dove vengono e, quindi, non dovrebbero turbarsi eccessivamente per non sapere dove sono e dove vanno, essendo dopati dal cellulare nel cui nulla affondano. E quindi sono proficuamente manipolabili. A scuola la Storia, la Geografia, la Storia dell’arte vanno esalando l’ultimo respiro. Per duemila anni non erano riusciti a far vincere la bibbia su Omero e, per mille, San Tommaso su Aristotele, ma oggi un liceale non sa chi era Garibaldi e perché Mameli scriveva fratelli d’Italia e come gli rispondeva Radetzky e cosa è successo tra Cimabue e Caravaggio. Ripete a manetta l’annuncio di apocalisse di Greta Thunberg e degli speculatori della Green New Economy, ma non conosce la differenza tra governo e parlamento. Che dunque voti.

Per dire che, se si vuole liberare l’Italia, bisogna anche sapere che cosa si sta liberando e da cosa e chi ce l’ha insegnato dai tempi dei tempi. Banalmente: senza radici niente tronco e niente fioritura. Se togli una creatura vivente dal suo contesto, storia, comunità, ambiente, che sia lupo, cammello, rondine, o essere umano, ne fai un apolide perenne. Ne hai reso vane le zanne, la gobba, le ali. Fatelo sapere ai naives che si sono fatti abbindolare dalle Ong della tratta. E ciò per cui si è combattuto per secoli, scrivendo, dipingendo, scolpendo, costruendo, difendendo, versando lacrime e sangue, ciò che già Raffaello, esigendo dai papi devastatori la custodia dei suoi beni storici e naturali, chiamava “Italia”, che spiega perchè ora tocca a noi e come farlo. Altrimenti sembriamo solo dei bambini che invocano la giostra. La canzone di cui vi ho scritto il link onora una donna che ci ha insegnato quello e anche come si conquista la parità di genere.

Qualcuno, forse, si aspettava da me qualche commento sul trapasso di Conte, vero uomo per tutte le stagioni, come Agostino Depetris, funambolo tra destra e sinistra, e sulla bilderberghizzazione dell’ometto svelto di Pomigliano d’Arco. Ma confesso che per ora non me la sento, al solo pensiero di quanto ora dopo ora, giorno dopo giorno, quelli di Di Maio vanno rovesciando nel contrario dell’assunto originale, mi esplode l’orticaria. Su ogni atto compiuto, o da compiere, fanno svettare la demagogia come fosse il vessillo di Napoleone ad Austerlitz. Il taglio di 345 parlamentari come fosse la presa della Bastiglia e non l’ulteriore oligarchizzazione delle istituzioni. L’eliminazione del contante, che confonde la maggioranza anziana della popolazione, ma fa prosperare le banche e la sorveglianza sui dominati, come fosse il trionfo sul criminale evasore. Che sarebbe l’idraulico dei 20 euro e mica i signori Caltagirone (Cementir), Agnelli-Elkann (Fiati, ora FCA), o Berlusconi (Mediaset), che spostano la sede e il pagamento delle tasse (quasi niente) in Olanda e, insieme a delocalizzatori e precarizzatori vari, sottraggono al paese ogni anno sui 18 miliardi, un punto di PIL. Cosa che, avendo ognuno di questi signorotti a disposizione un potente mezzo di comunicazione, al volgo non risulta.

Pochi, ma eunuchi

Con meno commensali a tavola, dice il miniquisling giallo, si fa prima e si spende meno. E i media di cui sopra non vi diranno che, come mi hanno spiegato Sandra e Mario, più perspicaci di me che un po’, al taglio, ci avevo creduto, se calano i rappresentanti rispetto a quanti li eleggono, e non calano le lobby, la scelta dell’elettore si riduce e il potere delle lobby (mafia, palazzinari, massoni, Nato, Monsanto, Soros, UE, clero…. ) cresce. La meta è fare di quello europeo il modello di tutti i parlamenti: un’assemblea di eunuchi, tutti chiacchiere e distintivo, nell’harem dove altri si divertono.

Del resto, a sentire parlare il povero Bonafede di “carcere ai grandi evasori”, il ministro giallo-nero dell’economia, Gualtieri, ha avuto la reazione di Ercole davanti all’Idra. La stessa manifestata dai caritatevoli, umanissimi giudici della Corte Europea dei Diritti Umani, quando hanno deciso che ai boss mafiosi, seppure mai pentiti e mai parlanti, per quanto stragisti e incistati in politica ed economia, vanno concesso i permessi, le libertà provvisorie, i domiciliari e ogni altro strumento che possa permetterne il “recupero morale e la riabilitazione!”. Altro modo per dire: l’operatività. Come farebbero gli Stati capitalisti senza la mafia?

Del resto, avete visto che maggioranza intruppata appresso a quei provvedimenti che, come il, peraltro benemerito, reddito di cittadinanza che aveva “sconfitto la povertà”, inaugurano l’era delle riforme costituzionali (ancora!) ? Il taglio dei propri zebedei l’ha votato tutto l’arco anticostituzionale. Dalla destra sorosiana dei naviganti per grazia Ong, alla destra delle mezze misure di Articolo 1, alla destra papalina e grandoperista del PD, alla destra dalle mani leste renziana, alla destra mafiosona di sappiamo chi, alla destra alla Bava Beccaris di FdI. Stranamente, ma per pura fregola di dare visibilità all’atomo (peraltro di uranio sorosiano anch’esso), ha votato contro l’ultradestra di +Europa.

Bravi e pravi, a seconda

Nel frattempo il mondo va avanti. A forti scossoni. Il manuale di un monaco cistercense scismatico del ‘200, ritrovato nel baule del trisavolo in soffitta, mi indica un criterio semplice semplice per capire chi bravo e chi è pravo nelle contese. Dice che, se i papi o imperatorti plaudono, si tratta di pravi, se deprecano, lamentano, o minimizzano e occultano, abbiamo a che fare con i bravi. E allora ecco un viatico per guardare, senza occhiali mediatici, agli eventi in corso.

Ecuador: un popolo di lavoratori, donne, studenti, indigeni, in rivolta contro un presidente fellone, Lenin(!) Moreno, che s’è venduto il paese (e Assange) agli Usa e all’FMI in cambio di prestiti miliardari e misure che radono al suolo ogni prospettiva di benessere dei tanti. Hanno occupato il parlamento e proclamato “L’Assemblea del Popolo”, il governo è scappato dalla capitale Quito a Guayaquil, seconda città del paese e feudo dei signorotti suoi complici. Era già successo ed è andata bene: presidente Rafael Correa, uno dell’A.L.B.A. bolivariana. Il suo vice, questo Moreno, aveva finto di assecondare l’emancipazione del paese e del suo popolo, di liberarlo dalle manomissioni e devastazioni delle multinazionali del petrolio. Una volta eletto, ha gettato la maschera.  Un auto-regime change.

Quito, Ecuador

http://www.resumenlatinoamericano.org/2019/10/08/ecuador-todas-las-imagenes-de-la-lucha-popular-en-quito-la-policia-de-moreno-tiro-a-matar/

Accadimenti analoghi nella martoriata, da terremoti, dall’ONU e dai Clinton, Haiti, contro un altro presidente ladro e venduto, Moise, installato da Washington. In Grecia, nuove massicce manifestazioni contro il governo che, d’accordo con Tsipras (del quale ancora formicolano alcuni detriti in Italia), ha concesso agli Usa tre nuove basi militari, tra le quali una sul Mar Nero, chiaramente puntata contro la Russia. L’inversione della tradizionale politica estera filorussa e filopalestinese della Grecia era già stata anticipata dagli accordi tra Tsipras e Netaniahu per la completa messa a disposizione del paese alle forze armate israeliane. Per essersi calata ogni indumento davanti a UE e Nato e aver ridotto così la sua gente allo stato naturale della povertà, la Grecia oltre alle basi Usa, che ne fanno obiettivo di guerra, ha anche il privilegio di ospitare più profughi di ogni altro paese europeo. In compenso guai se non sta ai memorandum e al fiscal compact.

Brevi cenni sull’universo

Israele e curdi

Dall’altra parte, tra bravi e pravi, ecco l’angoscioso tumulto anti-Trump dei curdi di Siria, abbandonati da colui del quale si erano fatti mercenari per strappare, con la scusa dell’Isis (sgominato dalle bombe Usa, più che dai combattenti curdi), vasti territori alla Siria abitati da arabi. I meriti per la sconfitta dell’Isis, attribuiti dai fautori della frantumazione della Siria ai combattenti curdi, sono piuttosto delle bombe a tappeto Usa, tese più a distruggere la Siria che a eliminare i jihadisti, ma soprattutto sono al 90% delle forze di Assad. Minacciati dai turchi di Erdogan e non più protetti più dagli ufficiali pagatori e armieri americani, i curdi gridano al tradimento e finiscono addirittura a chiedere soccorso al governo di Damasco, dopo averne cacciato di casa i cittadini nelle zone occupate abusivamente, con una pulizia etnica applaudita da sauditi e israeliani. Al netto dei curdi onesti, di cui non si ha notizia, ma che sicuramente esistono, questi fottitori fottuti, celebrati dai conniventi come femministi, democratici, ecologisti, federalisti e dunque santi, sono quanto di peggio è stato fatto scaturire in Medioriente dall’interessamento occidentale.

Comunque, tutta l’operazione ha per obiettivo quello di garantire a Erdogan il famigerato cuscinetto di 30 km all’interno della Siria, dal quale avere mano libera soprattutto per rilanciare, quando del caso, i suoi miliziani Isis e Al Qaida contro la Siria. Infatti il ritiro Usa si limita per ora ai pochi militari presenti in quella striscia, e lo sbattimento di sciabole di Erdogan cesserà una volta guadagnato il controllo di questa “zona di sicurezza”. Gli “aita aita!” dei valorosi curdi non sono che fuffa. La strategia dei triplici squartatori della Siria, Usa, turchi e curdi, con a fianco Israele, Nato e petromonarchi, non ne subirà riflessi negativi. Si tratta soltanto di dividersi le porzioni, a seconda dei rapporti di forza.

 Iraq: Unità di Mobilitazione Popolare

In Iraq, sollevazione contro il governo nel Sud del paese, dopo che il premier Abdel Mahdi aveva denunciato Israele per i bombardamenti effettuati in giorni recenti e le Unità di Mobilitazione Popolare, decisive nella sconfitta dell’Isis e nella liberazione di Mosul, avevano chiesto la fine dell’occupazione Usa e si erano schierati in appoggio alle forze governative siriane. Sostanzialmente la grande vendetta Usa-Nato, tramite insurrezione colorata, per la sconfitta inflitta agli ascari Isis, quasi simultanea anche in Sudan e Algeria, finalizzata a regime change che riordinino la regione del petrolio. Di quel petrolio che, con Greta, si giura di voler abolire.

Regime change a Washington

Così anche per quanto concerne gli sconquassi a Washington. Lì un autentico golpe dello Stato Profondo Usa, guidato dall’Intelligence, con cui i Democratici nostalgici della Gorgone Hillary, dopo il gigantesco flop del Russiagate, e ora l’altrettanto fasullo Ucrainagate, stanno facendo pagare all’uomo dalla cotenna arancione i suoi tentativi di abboccarsi con russi e nordcoreani e i suoi reiterati tentativi di ritirare truppe Usa qua e là. Non per nulla Stefano Feltri, del Fatto Quotidiano e di Bilderberg, avalla una congiura di Trump contro Biden, candidato democratico alla presidenza, già di suo parecchio rincoglionito, per occultare lo scandalo vero.

Quello grazie al quale, dopochè i Democratici di Obama e Hillary Clinton avevano allestito il colpo di Stato a Maidan, con relative vittime, e le multinazionali Usa avevano saccheggiato il paese come la Russia sotto Eltsin, il sodale Biden aveva piazzato il figlio Hunter nel CDA dell’ucraina Burisma Holdings, malfamatissima società del gas. Hunter, non sapendo una cippa di gas,non appariva mai, ma prendeva 50.000 dollari al mese. Per cui fu indagato, insieme a tutta la direzione, da un temerario procuratore, Victor Shokin. Che fece allora papà Biden? Minacciò di non far arrivare a Kiev i miliardi di aiuti stanziati se il presidente, Poroshenko, non avesse cacciato Shokin e posto fine alla seccatura.

Ve l’hanno raccontato questo i giornali e gli schermi? Non ve l’hanno raccontato, ma vi hanno sbaragliato i neuroni con la fola che Conte e Trump hanno collaborato a fare del male a Biden. Semplicemente  perché un ministro statunitense è venuto qui per accertarsi di quali mene fossero complici i servizi italiani. Roba che, dal 1945, non c’è governo Usa che non l’abbia fatta.  Perché se è vero che peggio di Trump ci sono solo gli anti-Trump, e peggio di Salvini ci sono solo gli anti-Salvini, peggio dei nostri editori e redattori non c’è proprio niente.

Piccoli, miseri cenni dell’universo. Valutate voi. Basta che i vostri voti, per essere giusti, siano il contrario di quelli dei media.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:41

Il traffico di rifiuti è meglio della droga: 690 roghi in 3 anni. Ecco perché

https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/inceneritori-termovalorizzatori-roghi-incendi-traffico-rifiuti-meglio-droga-690-roghi-3-anni-ecco-perche/1539f45c-e846-11e9-959d-8634d2ae544d-va.shtml

Da pochi giorni si sono spente le ceneri dell’ultimo deposito di rifiuti andato a fuoco. Quello di Codogno, in provincia di Lodi, è il rogo di rifiuti numero 690 negli ultimi tre anni. L’emergenza è nazionale, e l’imperativo del governo è prevenire nuovi incendi. Si pongono però tre domande:

1) per evitare incendi occorre impedire lo stoccaggio nei capannoni e discariche abusive?

2) dove porti i rifiuti non riciclabili?

3) i danni prodotti dai roghi chi li paga?

Chi paga i danni?

Il 14 ottobre dell’anno scorso prese fuoco un deposito alla periferia di Milano, e la puzza si sentì fino a piazza Duomo. La «terra dei fuochi» si era definitivamente estesa anche al Nord, con discariche e depositi ricolmi di scorie distrutti da autocombustione o incendi dolosi. La legge prevede che a far fronte alle spese di bonifica sia il proprietario dell’immobile. Ma se non lo fa, interviene la pubblica amministrazione, con i fondi di una fideiussione bancaria. Negli ultimi anni sono state queste garanzie obbligatorie a mitigare i danni. Anche nel caso milanese, la titolare dell’impianto di via Chiasserini aveva presentato una garanzia finanziaria di un milione di euro, ma poco prima del rogo era subentrata un’altra società, che non avendo presentato la fideiussione non aveva titolo ad operare. Quando la Città Metropolitana ha escusso la polizza, è arrivato il ricorso davanti al Tribunale Civile di Milano, che ha bloccato tutto. Ma la bonifica non può attendere i tempi dei tribunali, e per il momento deve pensarci la Città metropolitana di Milano che ha dato inizio ai lavori stanziando 2 milioni di euro.

I responsabili irreperibili o falliti

La bonifica di roghi e rifiuti abbandonati sta diventando un corposo capitolo di spesa. Solo la Regione Lombardia negli ultimi anni ha sborsato 12,4 milioni per quattro siti dei quali non è stato possibile risalire al responsabile della contaminazione. Altri 13,5 milioni sono andati a coprire le spese di bonifica di 13 depositi pericolosi per la comunità: in questi casi i responsabili sono falliti o irreperibili, e sarà necessario affrontare un processo per il risarcimento delle spese. Secondo l’ Ispra, ogni tonnellata di rifiuti data alle fiamme produce 1,8 tonnellate di anidride carbonica. Il rogo di via Chiasserini ne ha bruciate oltre 5.000 tonnellate. Quasi tutti questi impianti contenevano scarto non riciclabile del trattamento dei rifiuti, definito in gergo «sovvallo». Nel 2017 ne sono state prodotte 37,6 milioni di tonnellate. I volumi aumentano sempre di più così come i prezzi di conferimento all’inceneritore. Secondo Borsino dei rifiuti, società di servizi specializzata, ogni tonnellata smaltita costa in media 160 euro, con picchi di 240. Cinque anni fa il costo non superava gli 80 euro.

È più conveniente trafficare in rifiuti che in droga

La filiera illegale nata nelle pieghe di quest’emergenza è descritta negli atti dell’inchiesta condotta dalla pm Donata Costa sul rogo milanese del 14 ottobre, il cui processo è alle battute finali: «I produttori di rifiuti li conferiscono ad aziende formalmente munite di autorizzazioni ma in realtà operanti in un regime di illegalità». In questa fase entrano in gioco i broker specializzati in capannoni industriali dismessi che, come annotano gli investigatori, «vengono stipati di rifiuti senza alcuna precauzione per l’incolumità pubblica». Secondo la legge se lo spacciatore di droga rischia non meno di 10 anni di carcere, per il trafficante di rifiuti la pena prevede da uno a sei anni. Per il gestore della discarica non autorizzata di via Chiasserini, accusato anche di calunnia, il pm non ha potuto chiederne più di 6 anni e 8 mesi. In sei mesi aveva fatturato 1,4 milioni di euro. Per gli altri imputati, accusati di aver trasportato illegalmente dalla Campania migliaia di tonnellate di scorie plastiche, le pene richieste si aggirano tra i 3 e i 4 anni.

La miniera dei capannoni dismessi

I capannoni industriali dismessi sono le praterie su cui scorrazzano i trafficanti. In Veneto sono quasi 11mila, e il Veneto importa oltre 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno da altre regioni. La Lombardia 11,7. Insieme all’Emilia Romagna, attraggono il maggior numero di scorie prodotte in Italia, poiché qui si concentra il maggior numero di impianti di smaltimento, e di capannoni, dove abbondano roghi e abbandoni di enormi cumuli di rifiuti. Nel solo nord Italia, il Noe dei Carabinieri ne ha scoperti 34 in sei mesi. Quasi tutti erano stipati di materiale plastico. Il solito sovvallo. Un tipo di rifiuti non riutilizzabile, e che secondo le aziende di rigenerazione costituisce il 30% del totale.

La paura degli inceneritori

L’unica possibile destinazione finale per questa tipologia di scorie è l’inceneritore, o il termovalorizzatore, che bruciando i rifiuti produce anche energia: Brescia alimenta così l’80% del riscaldamento di tutta la città. In Italia ne sono attivi complessivamente 40, contro i 96 della Germania e i 126 della Francia. Nel nostro Paese i timori legati alle emissioni ne ritardano la diffusione. Ma anche le paure andrebbero aggiornate ai nuovi traguardi della tecnologia. Sul tetto del nuovissimo inceneritore di Copenaghen, si potrà sciare: è alto 85 metri, con emissioni molto al di sotto dei limiti di legge.

A Bolzano emissioni quasi a zero

Sulle emissioni in Italia abbiamo fatto di meglio con l’impianto di Bolzano, controllato al 100% da una società pubblica, la Eco-center. Utilizza una delle tecnologie più all’avanguardia nel mondo, e l’obiettivo è la copertura dei costi e gli eventuali utili interamente reinvestiti nel sistema. Produce energia elettrica e termica che viene immessa nella rete di teleriscaldamento, ed è in grado di riscaldare 10 mila alloggi e illuminarne 20 mila. Dal camino dell’impianto di Bolzano escono emissioni di gas, idrocarburi e metalli molto al di sotto dei limiti europei. La media dei valori delle polveri sottili totali sono di 0,05 milligrammi per metrocubo, a fronte di un limite europeo di 10. Ugualmente per la diossina: 0,00003 nanogrammi nel 2018, meglio dell’inarrivabile impianto di Copenaghen, che si ferma a 0,002. Il limite europeo è di 0,1.

 
EMISSIONI IMPIANTO DI BOLZANO+
 
I roghi: diossine fino a 100 volte i limiti

Nei giorni successivi al rogo di via Chiasserini nell’aria si è diffusa una quantità di diossina fino a 100 volte il limite europeo, con un picco 22 volte superiore il valore guida fissato dall’Oms (0,3). «Andrebbe verificato l’impatto epidemiologico di una simile catastrofe», dichiara Alberto Zolezzi, medico e deputato M5S. «Oltre ai problemi respiratori, a lunga scadenza ci potrebbe essere un picco di malformazioni congenite». Quindi in attesa che si differenzi di più e meglio, e prima che l’economia circolare diventi una realtà, che si fa? È meglio che i territori sprovvisti adottino qualche impianto modello Bolzano, oppure dobbiamo continuare ad intossicarci di roghi, discariche abusive e camion che vanno su e già per l’Italia? Con buona pace per i trafficanti visto che a nessuno viene in mente di aumentare le pene.

Frigo e tv non più usa & getta: l’Europa riduce l’obsolescenza

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/10/07/frigo-e-tv-non-piu-usa-getta-leuropa-riduce-lobsolescenza/5500740/

Frigo e tv non più usa & getta: l’Europa riduce l’obsolescenza

Dal 2021 maggiori garanzie sugli interventi in caso di guasto e sulla durata degli apparecchi

Come per il conteggio degli anni dei cani, anche gli elettrodomestici e i dispositivi elettronici hanno un loro calcolo particolare, tutto a svantaggio dei consumatori. Le aziende creano smartphone, stampanti, lavatrici, frigoriferi e in generale tutti i prodotti tecnologici pianificandone l’obsolescenza, ovvero la perdita di valore nel mercato sfruttando le carenze di alcuni componenti per ridurre nel tempo le prestazioni dei prodotti e indurre così i clienti ad acquistarne nuove versioni.

Un meccanismo che non è più una sorta di leggenda da quando lo scorso ottobre l’Antitrust ha multato Apple e Samsung, rispettive per 10 e 5 milioni di euro, “per aver realizzato pratiche commerciali scorrette in relazione al rilascio di alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi”.

Così c’è poco da stupirsi se anche la lavatrice, il frigo o il forno si rompono sempre qualche mese dopo la scadenza della garanzia, per scoprire quando si chiama il centro assistenza-clienti che il pezzo di ricambio non c’è, non si sa quando arriverà e, dopo settimane di attesa, essere costretti a comprare un elettrodomestico nuovo, perché aggiustare il vecchio costerebbe di più.

Una pratica che entro i prossimi due anni verrà messa al bando grazie alle nuove regole elaborate dalla Commissione europea che, in tema di sostenibilità ambientale degli elettrodomestici e dell’elettronica di casa, ha previsto che a partire dal 2021 i produttori di televisori, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie e prodotti per l’illuminazione saranno obbligate a mantenerne in commercio tutte le parti di ricambio necessarie dai 7 ai 10 anni dal momento della messa in vendita, a seconda della tipologia di componente in questione.

I pezzi inoltre non dovranno solamente restare in produzione, ma anche rimanere a disposizione del canale di assistenza, che dovrà garantirne la disponibilità su richiesta entro 15 giorni lavorativi. Inoltre, il processo di riparazione da parte di aziende terze non dovrà neanche essere ostacolato in nessun modo: i produttori saranno costretti a progettare i propri elettrodomestici in modo che siano riparabili con strumenti comunemente diffusi e non con attrezzatura specifica, e a fornire pezzi e documentazione per la sostituzione ai tecnici professionisti che li richiedono, anche se questi non fanno parte della rete di distribuzione e assistenza dell’azienda produttrice. Ma secondo Il Salvagente,vanno comunque ancora chiariti alcuni passaggi importanti della direttiva. “Le parti di ricambio, per esempio, saranno rese disponibili solo a riparatori professionisti. Questo significa che – spiega la rivista mensile – la riparazione per ora resterà nelle mani delle grandi azienda, e rischia di limitare fortemente lo scopo e la disponibilità dei centri di riparazioni, dal momento che solo un numero ristretto di persone avrà accesso a queste parti di ricambio e ad eventuali manuali”.

A guadagnarci, spiega intanto l’Ue, saranno il portafogli e il pianeta.

Stando alle stime fornite, grazie alle misure varate e alle nuove etichette energetiche previste per il 2021 i consumatori risparmieranno 150 euro ogni anno e si consumerà meno energia che corrisponde al fabbisogno della Danimarca entro il 2030 alleggerendo il mondo di una buona dose di rifiuti ingombranti, pari a 46 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in meno ogni anno.

Per la gioia del movimento studentesco Fridays for Future guidato da Greta Thunberg.

Molto, però, resta da fare. Secondo uno studio commissionato dall’European Environmental Bureau, se si allungasse anche di un solo anno la vita degli smarphone (esclusi dalle regole), si otterrebbe in Europa una riduzione delle emissioni pari a 4 milioni di tonnellate di C02 annuali, corrispondenti, tanto per farsi un’idea, a circa 2 milioni di auto in meno sulle strade.

Mentre oggi, in media, laptop e smartphone durano fra i 3 e 4 anni, le lavatrici 11 anni, l’aspirapolvere 4 anni.

Tanto che l’ammontare di rifiuti di questi elettrodomestici varia tra le 10 e 12 tonnellate.

Solo l’intero ciclo di vita degli smartphone europei è responsabile di 14 milioni di tonnellate di emissioni CO2 ogni anno.

Sicuramente numeri importanti nell’ottica del Green new deal, capace di fermare la crisi climatica e rilanciare l’economia, al centro dell’agenda della nuova Commissione europea e degli impegni del governo Conte 2.

UNION EUROPEENNE : LA COMMISSAIRE EUROPEENNE SYLVIE GOULARD (MACRONISTE) … EX EMPLOYEE D’UN THINK TANK AMERICAIN, EST ACCEPTEE PAR LE PARLEMENT DIT ‘EUROPEEN’ !

# LE SCANDALE DU JOUR/

« Elle a été payée par quelqu’un qui a fait fortune grâce aux fonds vautours. Elle était aux mains du lobby de la finance et des banques » – un proche de Bayrou (Modem).

Luc MICHEL/ 2019 10 03/

Avec AFP – FranceInfo – Le Point – Marianne/

SCANDALE 012 - LM bxl goulard berggruen 2 (2019 10 03)

On attendait que l’ex ministre macroniste Sylvie Goulard serait racalée par le parlement dit « européen ».

Le Point (Paris) annonçait que Sylvie Goulard, « et avec elle la France », passerait «  un très mauvais moment au Parlement européen. Alors qu’elle a été recalée au premier tour après son audition du 2 octobre, jugée « terne » et insatisfaisante par tous les groupes politiques, sauf le sien, les Renew, les questions écrites qui lui sont adressées, pour un second examen de sa candidature, ne sont pas câlines… » … Une grande comédie politico-médiatique –scandale dans le scandale – où Goulard sera acceptée par les parlementaires de Bruxelles-Strasbourg !

UN COMMISSAIRE EUROPEEN AU PASSE ET A L’ETHIQUE DOUTEUSE

Sur le plan éthique, l’ancienne ministre des Armées avait déjà pourtant « beaucoup été secouée pendant l’audition ». « Les coordonnateurs en remettent une couche. Ils lui demandent si sa mise en examen éventuelle dans l’affaire des emplois fictifs présumés du MoDem aboutirait, oui ou non, à sa démission de la Commission. Sa réponse au cours de l’audience ne leur a pas paru « claire ». Sylvie Goulard a répondu, le 2 octobre, qu’elle démissionnerait, évidemment, si elle était condamnée. On n’en est pas là. Après deux ans d’une enquête lente qui s’est brusquement accélérée le jour où elle devait rejoindre Ursula von der Leyen à Bruxelles – un hasard ?… –, Sylvie Goulard n’a pas été mise en examen. La procédure se poursuit. Et les coordonnateurs se demandent si elle ne craint pas qu’une telle épée de Damoclès puisse affaiblir son action au sein de la Commission ».

LE THINK TANK DE NICOLAS BERGGRUEN AU CŒUR DES QUESTIONS

Au cours de son audition, l’ex-ministre française a également été interrogée sur sa participation rémunérée au think tank du milliardaire américain Nicolas Berggruen. « L’un des eurodéputés lui avait demandé si elle avait communiqué, dans ce cadre, des éléments confidentiels auxquels son mandat de député européen lui avait donné accès. Sylvie Goulard avait répondu que le Parlement européen n’est pas un endroit où circulent les secrets (sic) et que son mandat de député, de nature non exécutive, ne lui donnait pas accès à des informations confidentielles (resic). Elle n’aurait d’ailleurs, disait-elle, pas participé à un think tank si elle avait exercé un mandat exécutif  ».

Mais les coordonnateurs contredisent Sylvie Goulard sur ce point : « Vous avez été la rapporteuse d’importants dossiers, vous avez participé à des trilogues et des négociations, vous avez été coordinatrice de votre groupe et vous avez très probablement été exposées à des informations privilégiées et confidentielles. N’étiez-vous pas au courant des restrictions ? Avez-vous partagé ce type d’informations avec des parties prenantes extérieures, y compris des agents étrangers, des lobbys avec lesquels vous aviez des liens contractuels ? »

C’est l’implication économique et politique de Nicolas Berggruen en Europe qui est soulevée par rapport au portefeuille dont hériterait la candidate française. La question avait déjà été abordée par un eurodéputé lors de l’audition. Le soutien que lui a apporté Nicolas Berggruen n’est-il pas de nature à parasiter l’action de la commissaire française ?

Au cours de son audition, Sylvie Goulard a insisté sur le caractère philanthropique (resic) et proeuropéen de l’Institut Berggruen, en rappelant l’histoire de cette famille victime du nazisme et attachée par ailleurs à la France pour ce qui est de Nicolas Berggruen (il y a grandi). Mais les coordonnateurs insistent sur l’homme d’affaires et demandent à Sylvie Goulard si ses assistants parlementaires ont pu rendre des services à l’Institut Berggruen et, si oui, de quelle nature ?

LE FINANCEMENT DE LA CAMPAGNE DE MACRON EN QUESTION

Sylvie Goulard se voit également demander le détail des activités qu’elle a exercées pour le compte de l’Institut Berggruen entre 2013 et 2015 dans son rôle de « conseillère spéciale ». Plus délicate encore est la question suivante : « la famille Berggruen a-t-elle financé la campagne électorale du candidat Macron ? Nicolas Berggruen n’ayant pas caché son soutien. Les coordonnateurs l’interrogent : a-t-elle mis en relation les Berggruen en vue de financer la campagne électorale du président français ? »

LES VRAIES QUESTION QUE POSE L’INSTITUT BERGGRUEN

BATI SUR LA SPECULATION AVEC LES « FONDS VAUTOURS »

Le poste de « conseillère spéciale » que Mme Goulard a occupé entre 2013 et 2016 auprès de l’Institut Berggruen « irrite davantage certains députés, très chatouilleux sur les questions d’éthique ». Quand bien même cette affaire, contrairement à celle des emplois fictifs, n’a donné lieu à aucune procédure judiciaire. Selon les informations publiées par Marianne, l’eurodéputée a en effet travaillé près de trois ans pour un think tank américain (et pas « européen » !), l’institut Berggruen, pour plus de 10 000 euros par mois, tout en exerçant ses fonctions électives.

« Elle a été payée par quelqu’un qui a fait fortune grâce aux fonds vautours. Elle était aux mains du lobby de la finance et des banques », s’emporte un proche de Bayrou (ex complice de Goulard dans le Dossier des emplois fictifs du Modem). Mais ne l’est-elle plus ? « Alors que le président du MoDem fait tout pour éviter que son étoile palisse en macronie, les observateurs s’interrogent sur l’impact de cette affaire sur Sylvie Goulard, entendue par la police mardi au pire moment », commente le Point.

* VOIR AUSSI :

Mais qui est Sylvie Goulard ? (Le Point)

sur https://www.lepoint.fr/video/mais-qui-est-sylvie-goulard-17-05-2017-2128007_738.php

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IMPOSTURE VERTE : COMMENT GRETA THUNBERG – MANIPULÉE PAR LES OBAMA, GATES, SORÔS ET CIE – TRAHIT ET RECUPÈRE LA COLÈRE DE LA JEUNESSE AU SERVICE DU ‘GREEN BASHING’ !?

# LUCMICHEL. NET/ ECOLOGIE RADICALE/

“Vous m’avez dérobé les rêves de mon enfance avec vos paroles sans sens”

– Greta Thunberg.

LM.NET - ECOLO greta sorös'doll (2019 10 03) FR

Une terreur médiatique veut empêcher toute critique de Greta Thunberg. Et elle été choisie pour se faire. Voir le lynchage médiatique de Michel Onfray qui sonnait pourtant simplement le rappel du bon sens. Après la récupération des Grünen et des Verts, pacifistes, anti-OTAN et anti-système dans les Années ‘80, devenus les « verts-Kaki » !

Pourtant des voix commencent à s’élever. Ici un médecin belge dans Le Vif-L’Express …

# REVUE DE PRESSE :

« GRETA THUNBERG AFFAIBLIT LA CAUSE CLIMATIQUE »

(NICOLAS DE PAPE, SENIOR WRITER AU JOURNAL DU MÉDECIN)

Extrait 1 : « L’attitude pour le moins lunatique et les propos incendiaires de l’égérie climatique Greta Thunberg à l’ONU risquent de décrédibiliser la cause du réchauffement climatique. Voir un aréopage d’officiels et de dirigeants planétaires applaudir une jeune femme de 16 ans sans aucune compétence instille le doute sur une cause qui mérite certainement mieux (…)

Les pontes de l’ONU sont-ils atteints de jeunisme ? Le “Machin”, comme l’appelait Charles de Gaulle, a fait fort lundi en invitant la nouvelle Jeanne d’Arc du climat, l’adolescente suédoise Greta Thunberg au rang de chef d’Etat ou de chef religieux.

De tout autre invité, ses propos menaçants à l’encontre des dirigeants de la planète auraient fait scandale. Pas venant de cette figure désormais mystique du Climat. Alors que l’instrumentalisation de cette post-adolescente par son entourage ne semble plus faire de doute, il est spécieux que l’Assemblée générale de l’ONU se voue à une jeune personne sans aucune compétence pour le sujet qui l’occupe, ni en sciences, ni en climatologie, ni en géopolitique.

Arrivée en bateau à voile à New York par souci d’éviter la moindre molécule de gaz à effet de serre (Ndla : mais l’équipage de retour est lui arrivé en avion !), elle fait penser à ces jeunes vierges brandies par les sociétés tribales pour apaiser le courroux du Dieu de la pluie. »

TOUT CELA DÉCRÉDIBILISE PLUS QU’AUTRE CHOSE LE COMBAT SANS DOUTE SINCÈRE CONTRE LE RÉCHAUFFEMENT CLIMATIQUE ANTHROPIQUE.

Extrait 2 : « Pour les tenants de cette thèse, il conviendrait d’ailleurs d’éviter certains écueils comme :

Utiliser des concepts peu crédibles tel le “jour de dépassement” au-delà duquel, soi-disant, les ressources de la planète seraient épuisées. Tout le monde constatera qu’après cette date fatidique, la vie continue.

Adhérer à des théories fumeuses sans aucune contradiction, par exemple l’idée que notre cerveau ne serait pas par essence “écologiste”. Une thèse développée notamment par le neuroscientifique Sébastien Bohler et encensée par Nicolas Hulot (“Pourquoi notre cerveau nous pousse à détruire la planète et comment l’en empêcher”, Robert Laffont, 2019). Car le cerveau humain est surtout le seul dans le règne animal à pouvoir se poser des questions existentielles.

Jouer sur les peurs. Le collapsisme fait vendre. En quelques années, la montée des océans est ainsi passée de 50 cm à 7 m à des horizons flexibles qui varient de 2050 à 2100. La terreur est mauvaise conseillère. Ce sentiment rend le public inerte et résigné. Que faire face à la fin du monde proche ? Profiter pleinement des dernières années, vivre sans limite, voyager sans contrainte… Après nous les mouches…

Censurer les climato-sceptiques. Traités un temps de criminels climatiques ou de négationnistes, les scientifiques qui n’adhèrent pas aux thèses du GIEC sont des milliers dans le monde à échanger des modèles mathématiques différents. Au nom de la liberté d’expression et parce que le débat est le fondement de la démocratie, ils ont le droit de se faire entendre. Les inviter sur les plateaux de télévision a une autre vertu : ne pas faire du réchauffement d’origine humaine un dogme voire une religion. Paradoxalement, la thèse peut s’en trouver même renforcée. Car les Immaculées Conceptions sont fragiles.

Dissocier le débat climatique du débat énergétique. L’énergie, c’est le pouvoir. A l’heure où l’Asie fait montre de besoins en énergie colossaux pour alimenter sa révolution industrielle et digitale, l’Europe ne peut montrer, seule, l’exemple de la frugalité. Elle accélérerait son déclassement économique. Pendant que la Chine planifie la construction de nouvelles centrales nucléaires, la France et la Belgique semblent abandonner une filière qui promettait notamment d’assurer une transition énergétique intelligente en attendant mieux.

Laisser entendre à la population, comme on a pu le lire récemment (Vincent De Coorebyter dans Le Soir, ou Cédric Chevalier dans La Libre), que la démocratie est incapable de gérer le réchauffement en faisant mine d’espérer une insurrection écologiste violente. Cela revient à embrasser une forme d’écologisme totalitaire dénoncé à juste titre par certains.

Le réchauffement climatique est un sujet sérieux qui mérite une approche sereine et non-fataliste. C’est le devoir des médias et des intellectuels. »

* Lire sur Le Vif :

(attention Média de l’OTAN ! Lire avec esprit critique …)

https://www.levif.be/actualite/environnement/greta-thunberg-affaiblit-la-cause-climatique/article-opinion-1194889.html

Luc MICHEL / Люк МИШЕЛЬ /

 * Ma position pour l’Ecologie radicale (Deep Ecology) :

Lire sur LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

LA NATURE A DES DROITS … L’ÉCOLOGIE RADICALE ET MOI !

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LA CHINE POPULAIRE FETE SON 70e ANNIVERSAIRE, SOUS ATTAQUE OCCIDENTALE A HONG-KONG

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 10 02/

 “Rien ne peut ébranler les fondations de notre grande nation. Rien ne peut empêcher la nation et le peuple chinois d’aller de l’avant (…) L’unité, c’est le fer et l’acier. L’unité est source de force”

– Xi Jinping.
LM.GEOPOL - Chine 70e anniversaire (2019 10 02) FR

A Pékin, les soldats, accompagnés de centaines de chars, missiles et avions de combat, ont défilé devant les plus hauts dirigeants du pays rassemblés au balcon de la porte Tiananmen, l’endroit où Mao Tsé-toung proclama la République populaire le 1er octobre 1949. “Rien ne peut ébranler les fondations de notre grande nation. Rien ne peut empêcher la nation et le peuple chinois d’aller de l’avant”, a lancé Xi Jinping. Des milliers de participants rassemblés sur l’immense place Tiananmen ont agité une mer de fanions rouges face au président chinois, qui venait de passer les troupes en revue, avant le départ du défilé, le plus grand jamais organisé par la Chine, selon le quotidien Global Times.

* Voir sur LUC-MICHEL-TV le défilé place Tiananmen :

sur https://vimeo.com/363620547

Le meilleur de la technologie militaire chinoise a été présenté, notamment le missile nucléaire intercontinental DF-41, qui a défilé pour la première fois. Cet engin, d’une portée supposée de 14.000 km, pourrait atteindre tout le territoire américain. L’événement vise à faire vibrer la fibre patriotique en célébrant les avancées économiques et sociales de la République populaire au cours des dernières décennies.

L’HERITAGE DE MAO

Xi Jinping, qui a encore renforcé l’autorité du Parti communiste chinois (PCC) depuis son arrivée au pouvoir fin 2012, est souvent considéré comme le plus puissant dirigeant chinois depuis le règne de Mao Tsé-toung (1949-1976). Contrairement à Moscou, Pékin n’a pas capitulé idéologiquement (Même si la Russie de Poutine célèbre Staline, le « tsar rouge »). Le pouvoir glorifie le rôle de Mao dans la fondation du régime, tout en gommant ses aspects dramatiques.

Le défilé militaire a été suivi d’une grande parade rassemblant quelque 100.000 figurants enthousiastes autour de 70 chars de carnaval. Dans la soirée, un grandiose spectacle artistique a enflammé la place Tiananmen et de puissants feux d’artifice ont été tirés dans le ciel nocturne, sous l’oeil de Xi Jinping et de nombreux dirigeants. Quelque 10.000 figurants et artistes ont dansé ou agité des écrans pliables formant différentes figures comme une Grande muraille ou un drapeau national, le tout accompagné d’un orchestre symphonique et de chansons patriotiques.

« CHINE : POUR SES 70 ANS, LA REPUBLIQUE POPULAIRE MONTRE LES DENTS » (AFP)

La Chine s’est livrée ce mardi à une démonstration de force avec un défilé militaire record à l’occasion du 70e anniversaire du régime communiste. « Missiles destructeurs, bombardiers, drones ultrarapides ou furtifs » (dixit l’AFP) : la Chine a dévoilé mardi, pour ses 70 ans « de nouveaux armements visant à combler son retard technologique sur les États-Unis. Le défilé militaire de ce 1er octobre a illustré la modernisation de l’armée voulue par le président Xi Jinping, qui veut lui faire atteindre un niveau « de classe mondiale » d’ici à 2049 – pour le centenaire de la République populaire ».

« Les nouvelles armes nucléaires présentées témoignent de progrès considérables », déclare à l’Agence France-Presse Adam Ni, spécialiste de l’armée chinoise à l’université Macquarie de Sydney. « Elles sont de plus en plus mobiles, résistantes, fiables, précises et de haute technologie », souligne M. Ni, selon qui « la dissuasion nucléaire de la Chine gagne en crédibilité face aux États-Unis ».

Les deux pays sont à couteaux tirés en mer de Chine méridionale, où ils rivalisent d’influence, et sont engagés depuis 2018 dans une guerre commerciale à l’issue incertaine. Dans ce contexte, « Pékin a sorti le grand jeu en présentant pour la première fois la crème de la crème de ses missiles balistiques intercontinentaux » : l’immense DF-41 (« Vent d’Est-41 »). D’une grande portée (14 000 km), qui aurait le potentiel de toucher tout point des États-Unis, il peut être chargé de plusieurs têtes nucléaires (de trois à dix, selon les observateurs). Atout du DF-41 : malgré sa vingtaine de mètres, il est mobile et peut se cacher n’importe où dans le pays, contrairement à la précédente génération de missiles balistiques nucléaires qui devaient être tirés depuis des silos fixes.

La Chine a également présenté mardi « une nouvelle version de son bombardier stratégique, le H6-N, réputé capable d’emporter des armes atomiques plus loin du territoire chinois que précédemment ». Autre point d’orgue du défilé : « le missile balistique mer-sol JL-2 (« Vague géante-2 »). Chargé dans des sous-marins, il pourrait toucher l’Alaska et l’ouest des États-Unis ».

« Cet étalage d’armes atomiques n’est pas le signe d’un changement de stratégie nucléaire de la Chine », assure à l’Agence France-Presse Cui Yiliang, analyste et rédacteur en chef du magazine chinois Xiandai Jianchuan, spécialisé dans les armements. « Elle continuera à entretenir un petit mais performant arsenal nucléaire. Le but, c’est d’assurer une dissuasion nucléaire et une riposte crédible en cas d’attaque de la part d’un pays tiers. »

Du côté des armes conventionnelles (non atomiques), « la Chine a dévoilé un nouveau missile de croisière supersonique, nommé DF-100 et capable de neutraliser des porte-avions ». Mais l’autre « star » du défilé a été le missile DF-17, lequel peut, une fois l’altitude voulue atteinte, relâcher un « planeur hypersonique ». « En clair : une arme en forme de nez d’avion de chasse, taillée en flèche, capable d’évoluer à environ 7 000 km/h. Sa capacité de rebondir sur les couches de l’atmosphère fait que sa trajectoire est beaucoup moins prévisible que celle des missiles balistiques. Il serait ainsi bien plus difficile à intercepter. Le service de recherche du Congrès américain s’inquiétait d’ailleurs dans un rapport publié mi-septembre que l’Amérique soit à la traîne de la Chine sur ces planeurs hypersoniques ».

« L’ARMEE CHINOISE « COMBLE L’ECART AVEC LES ÉTATS-UNIS ET ERODE LES AVANTAGES MILITAIRES DE WASHINGTON EN ASIE »

Avec toutes ces nouvelles armes conventionnelles, l’armée chinoise « comble l’écart avec les États-Unis et érode les avantages militaires de Washington en Asie, juge Adam Ni. La Chine peut ainsi mieux dissuader les États-Unis d’intervenir à Taïwan ou en mer de Chine méridionale. » L’armée chinoise a également présenté deux drones. Le WZ-8 (« Reconnaissance-8 ») à la vitesse supersonique (près de 4 000 kmh), « qui pourrait permettre de collecter des informations sur les porte-avions avant un tir de missile balistique antinavire. Et le GJ-11 (« Attaque-11 »), un grand drone furtif en forme d’aile delta, censé pouvoir embarquer des missiles ou pister des navires étrangers ».

« L’industrie chinoise de la défense a fait d’incontestables progrès. Mais il reste du chemin à parcourir à la Chine avant de devenir une puissance technologique militaire égale aux États-Unis », note James Char, expert de l’armée chinoise à l’université de technologie de Nanyang, à Singapour.

REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE (1) :

A HONG-KONG LES USA EN ACTION …

En 2017, déjà, j’avais attiré l’attention sur le préparation d’une nouvelle phase de la révolution de couleur à Hong-Kong, dite « révolution des parapluies » et dont la première vague au eu lien en 2015.

* Voir sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY/

REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE (I) :

APRES LE TEST DE HONG-KONG, VERS UNE ‘REVOLUTION DE COULEUR’ EN CHINE CONTINENTALE ?

sur http://www.lucmichel.net/2017/10/01/luc-michels-geopolitical-daily-revolution-de-couleur-en-chine-i-apres-le-test-de-hong-kong-vers-une-revolution-de-couleur-en-chine-continentale/

* Et voir REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE (II) :

HONG-KONG, SUITE ET PAS FIN !

sur http://www.lucmichel.net/2017/10/04/luc-michels-geopolitical-daily-revolution-de-couleur-en-chine-ii-hong-kong-suite-et-pas-fin/

En 2015, j’avais dans mon émission LE GRAND JEU GEOPOLITIQUE, j’avais analysé la version chinoise des « révolutions de couleur » avec « Occupy Honk-Kong » et la soi-disant « révolution des parapluies ». Une déstabilisation qui visait Pékin et fait la Une de l’actualité depuis septembre 2014.

* Voir sur EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/

LE GRAND JEU (Saison I – 5). OCCUPY HONG-KONG.

REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE

sur https://vimeo.com/114919746

REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE (2) :

A HONG-KONG LES USA ET LE NEOCOLON BRITANNIQUE GACHENT LA FETE

La violence à Hong Kong a fait de l’ombre ce mardi sur les colossales célébrations du 70e anniversaire du Parti communiste chinois, un manifestant ayant été pour la première fois blessé par un tir à balle réelle de la police dans l’ancienne colonie britannique. Ce policier résistant à un lynchage en règle des hooligans de Sorös. Alors que 15.000 soldats avaient défilé au pas de l’oie au coeur de Pékin, à 2.000 km au sud, des manifestants pro-amléricain et nullement « pro-démocratie » comme l’écrivent les médias de l’OTAN) ont défié à nouveau la police hongkongaise pour dénoncer « l’emprise jugée croissante de la Chine continentale sur le territoire autonome » (dixit Le Point, Paris). Des dizaines de milliers de protestataires sont descendus dans les rues ce mardi, également férié dans l’ex-colonie britannique rendue à la Chine en 1997. Des actions qui ont donné lieu aux pires violences à Hong Kong depuis le début de la mobilisation. Comme partout ailleurs, les soi-disant manifestants pacfistes des révolutions de couleur, « disciples de Gandhi et Gene Sharp » (nous disent les barbouzes de Wikipedia), débouchent sur le violence des hooligans.

Dans l’île de Hong Kong, des manifestants ont marché vers le bureau de représentation du gouvernement central, régulièrement la cible de la contestation. Ils ont jeté des oeufs sur un portrait du président chinois Xi Jinping et arraché de grandes affiches célébrant l’anniversaire du régime communiste, avant de les piétiner. “Trois mois plus tard, nos cinq revendications ne sont toujours pas satisfaites. Nous devons poursuivre notre combat”, a déclaré à l’AFP un manifestant portant un masque. La ville a été le théâtre de longs affrontements. Des policiers et des journalistes ont été blessés par des projections de liquide corrosif par des manifestants. Et des barricades ont brûlé dans plusieurs quartiers.

« L’UNITE, C’EST LE FER ET L’ACIER. L’UNITE EST SOURCE DE FORCE » (XI JINPING)

Les contestataires entendaient profiter des célébrations du 70e anniversaire de la République populaire pour crier encore plus fort leur ressentiment à l’encontre de Pékin, dénoncer le recul des libertés et la violation, selon eux, du principe “Un pays, deux systèmes” qui avait présidé à la rétrocession de 1997. S’exprimant lundi soir, Xi Jinping s’est engagé à poursuivre l’application de ce principe, tout en défendant l’unité nationale.

“L’unité, c’est le fer et l’acier. L’unité est source de force”, a-t-il lancé, alors que son gouvernement a laissé planer ces derniers mois le spectre d’une intervention pour rétablir l’ordre. L’Union européenne a appelé mardi à la “désescalade” (sic). On aurait aimer l’entendre en France pour la répression sauvage des Gilets Jaunes par le Régime Macron. Londres a dénoncé l’usage “disproportionné” de balles réelles par la police et appelé les deux parties à la “retenue”. Ce régime britannique qui a mené une longue guerre coloniale en Ulster, au coeur même de l’UE …

(Sources : CCTV – Xi Huan – Le point – AFP – EODE-TV – Afrique Media – EODE Think Tank)

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire –

Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme

(Vu de Moscou et Malabo) :

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