Giappone, in migliaia a manifestazione contro la base militare USA ad Okinawa

come fanno regolarmente i ns “antagonisti”

okinawa
19.06.2016
 
Circa 65mila giapponesi si sono radunati ad Okinawa per partecipare ad una manifestazione di protesta contro gli Stati Uniti, una delle più grandi negli ultimi 20 anni, riporta la “Reuters”.
 
“Le proteste segnano il punto più basso nei rapporti tra Stati Uniti e Giappone relativamente ad Okinawa e mettono a rischio i piani per trasferire la base in un’altra parte dell’isola,” — si legge nel testo dell’agenzia di stampa.
 
Secondo l’agenzia “Kyodo”, i dimostranti mostravano molti cartelli e striscioni con le scritte “Marines go home” (Marines andate via) e “La nostra rabbia ha raggiunto il limite.” Dopo il corteo, i manifestanti hanno firmato una petizione che chiede al governo centrale di scusarsi con gli abitanti dell’isola.
 
Secondo l’agenzia, l’ultima volta che i giapponesi hanno preso parte ad una manifestazione così numerosa risale a 20 anni fa, dopo che 3 soldati americani avevano rapito e stuprato una scolara giapponese di 12 anni.
 
Ad Okinawa risiedono 50mila americani, di cui 30mila nelle basi militari. Gli Stati Uniti hanno occupato l’isola fino al 1972 e al momento sotto il controllo delle forze armate statunitensi resta circa un quinto del territorio.

Il Sindaco di Agliana vieta la piazza al Comitato per il NO al referendum

ECCOLI i difensori del popolo e della democrazia…… Il M5S locale meglio che chiarisca, sarebbe rischioso paragonarlo a Sel e Pd (sulle cui “qualità” non ci sono dubbi)
 
sabato, 18, giugno, 2016
 
mangoni-giacomo
AGLIANA – Ad Agliana non ci saranno banchetti del comitato aglianese per la raccolta delle firme per il no al referendum costituzionale. Il sindaco di Agliana Giacomo Mangoni-  eletto nella lista che riuniva Pd, 5 Stelle e Sel – ha negato l’uso del suolo pubblico richiesto dal Comitato per il no. Motivazioni? Politiche.
 
Mangoni, infatti, ha spiegato che è “inopportuna la concessione di suolo pubblico per una iniziativa politica di parte tendenzialmente divisiva”, in una piazza dove si svolgono le manifestazioni del Giugno aglianese.
Un atto politico, perché il rilascio di questo tipo di autorizzazioni è – di norma – di competenza del comandante di Polizia municipale. La quale, aveva invece rilasciato l’autorizzazione per piazza Bellucci.
 
Il Comitato, ovviamente, non l’ha presa affatto bene. “Il sindaco – spiegano in un comunicato – è rappresentante di tutta la cittadinanza e garante, nei limiti delle sue competenze, dei diritti fondamentali di tutti, sia del significato di una raccolta firme per il referendum costituzionale”.
 

Il PD: da partito del popolo a club delle élite

pdelite
20/06/2016
La mutazione antropologica dell’elettorato di centrosinistra sembra essere giunta a maturazione. L’elettore dem è parte integrante del sistema neoliberale…
 
 
E’ interessante analizzare i dati dei ballottaggi per le elezioni comunali, che si sono tenuti nella giornata di ieri in alcune importanti città italiane, tra cui Torino. La mappa interattiva pubblicata da Sky riporta, per il capoluogo piemontese, un dato eloquente: la maggior parte dei voti appannaggio di Fassino, sindaco uscente targato PD, arriva dai quartieri più centrali della città, oltre che da quelli “di collina”, dove il reddito medio è più alto, mentre i voti che hanno trascinato Appendino (M5S) all’inatteso successo arrivano principalmente dai quartieri delle periferie (Lingotto, Barriera di Milano, Borgata Vittoria ecc.). Anche a Roma, almeno al primo turno, si è verificato questo schema: il voto al PD è arrivato sopratutto dai quartieri centrali, mentre nelle vaste periferie capitoline si è votato cinque stelle.
 
Non è un dato insolito: da alcuni anni ormai, appare evidente come il PD abbia nettamente perso terreno nei quartieri popolari, mentre resiste, e talvolta si consolida, nelle zone centrali delle città, perlomeno in quelle più grandi, dove lo stacco tra centro e periferia è tangibile. Appendino ha aumentato esponenzialmente i suoi voti rispetto al primo turno, segno che, specie nelle periferie, anche gli elettori di altri partiti hanno preferito la giovane candidata cinque stelle al navigato sindaco in carica.
 
Caso diverso quello di Milano, dove il voto si è distributo piuttosto equamente tra centro e periferie tra centrodestra e centrosinistra; ma Milano è, assieme a Napoli, la città dove il M5S ha incontrato le maggiori difficoltà, non riuscendo a sfondare rispetto ai partiti tradizionali, anche a cause di proprie contraddizioni e problematiche interne.
 
Lo schema “politico-urbanistico” che si sta creando, almeno nei grandi centri, è significativo abbastanza da non poter essere trascurato. Il voto popolare non è più intercettato dalla sinistra: esso viene intercettato da movimenti “di protesta”, percepiti come “anti-sistema” dalla popolazione, in particolare il M5S e la Lega Nord (nel settentrione), che vengono scelti dall’elettorato in base alla propria sensibilità politica di fondo. Il centrodestra berlusconiano tiene localmente (da notare, restando in ambito Nord-Ovest, la vittoria della destra a Savona dopo diciott’anni di governo piddino), ma nel complesso a livello nazionale perde terreno. E comunque vince, come a Savona, solo quando ottiene l’appoggio delle destre “popolari”, come appunto la Lega, secondo lo schema di alleanze promosso dal governatore della Liguria Giovanni Toti.
 
La mutazione antropologica dell’elettorato di centrosinistra sembra essere giunta a maturazione, dopo un periodo di lungo travaglio interiore. L’elettore dem è parte integrante del sistema neoliberale, ha plasmato la sua coscienza politica, economica e sociale all’università, vive in centro, in genere lavora come dipendente, ma è anche ben presente nelle professioni e nel mondo imprenditoriale. Si comporta spesso con disprezzo nei confronti del sentimento popolare, chiamato con sufficienza “gentista”, che nella sua ampia disorganizzazione ideologica trasuda però di rigurgiti antisistema anche molto decisi.
 
L’elettore dem è invece sostanzialmente conservatore: essendo un ingranaggio della macchina neoliberale dominante, non ha alcun interesse a una trasformazione sostanziale dello status quo, ma al massimo a una sua timida riforma. In questo è perfettamente rappresentato da Matteo Renzi, del quale appoggia in toto le riforme, vuoi per interesse diretto (si pensi ai tanti imprenditori renziani che hanno caldeggiato il Job Act), o per effettiva immedesimazione ideologica. E’ impressionante la spaccatura di pensiero e di ideali che divide l’elettorato dem “moderno” da quello, più anziano, che ancora sostiene il PD dopo aver a suo tempo sostenuto il PCI e i DS: ossia, chi animava le feste dell’Unità, le case del popolo, i piccoli circoli ARCI e faceva attivismo in piazza “per il partito”. Oggi quell’Italia è, in larga misura, scomparsa per sempre: le periferie metropolitane odierne hanno pochi centri di ritrovo, sono “non luoghi” urbanistici pieni di “terre di nessuno” dove imperversa la microcriminalità. Il sottoproletariato urbano, come lo chiamerebbe Marx, popola zone anonime, tutte uguali, palazzoni anni ’60 privi di un’anima, dividendosi tra lavoretti saltuari, precariato (quando va bene), e le slot machines nelle tabaccherie.
 
Si tratta di un contesto pressoché ignorato dai vertici del PD, che puntano, come si è visto, a un’altra categoria sociale, più allettante sul piano del ritorno politico:quella che in America verrebbe chiamata dei “liberal”, la borghesia medio-alta di formazione culturale liberale e progressista, molto attiva sui social e capace di influenzare l’opinione pubblica corrente. Ma è nei contesti urbani di periferia che nasce, e cresce, anche in maniera confusa e incerta, la resistenza al sistema dominante: è nei viali e negli stradoni anonimi e semi-abbandonati che i cittadini più sensibili si attivano per cambiare rotta, talvolta con forme di militanza concreta (si pensi all’ormai lunga esperienza dei MeetUp grillini), e ancora più spesso esprimendosi nel modo più semplice e diretto, attraverso il voto.
 
Gli effetti di questa divisione interna nelle città si vedono oggi, con la profonda spaccatura che si è palesata nell’elettorato “centrale” e “periferico” di due città estremamente importanti per il sistema-Italia, come Roma e Torino.

“I GOVERNI NON DEVONO ASCOLTARE GLI ELETTORI”: IL DELIRIO DI ONNIPOTENZA DI JUNCKER (MA VA LA!)

è del 6 maggio, ma tanto per ricordare cosa è la UE DEI POPOLI…….(UNA BUGIA PER ALLOCCHI O COLLUSI)
 
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06/05/2016
 
I capi di governo degli Stati dell’Unione Europea non dovrebbero “ascoltare così tanto gli elettori“. Parola di Jean-Claude Juncker. Le improvvide dichiarazioni del presidente della Commissione Europea sono arrivate ieri da Roma, dove il numero uno dell’esecutivo dell’Unione si è recato per presenziare al conferimento del Premio Carlomagno a Papa Francesco. Nella splendida cornice dei Musei Capitolini Juncker ha voluto strigliare quei politici definiti “europei a tempo determinato”, pronti a rivolgersi a Bruxelles solo nel momento di incassare, e mai quando è l’ora di dare.
 
Troppo spesso i governanti del Vecchio Continente, ha spiegato l’ex primo ministro del Lussemburgo, guardano solamente ai sondaggi e promuovono misure destinate perlopiù a soddisfare le richieste immediate dell’opinione pubblica interna. “Chi ascolta l’opinione pubblica interna – ha spiegato Juncker – non può promuovere la costruzione di un sentimento comune europeo, può non sentire la necessità di mettere in comune gli sforzi. Abbiamo troppi europei part-time.”
 
Il Presidente della Commissione ha poi ricordato gli anni felici in cui veniva approvato il trattato di Maastricht: “Era un periodo stimolante, stavamo lavorando passo passo per convergere verso una moneta unica: c’era un sentimento condiviso da ministri degli Esteri e primi ministri, ci sentivamo addosso la responsabilità di fare la storia. Ecco, ora tutto questo è finito.” Se c’è però anche una minima possibilità di riportare in auge quel sentimento, non è di certo trascurando di monitorare con costanza il polso dell’opinione pubblica. Gli elettori cercano a gran voce di farsi sentire: spiace che Juncker sembra volerli ascoltare solo nei momenti di consenso.
 

Israel: Prison for Marriage with Non-Jews

June 12, 2016 by TNO Staff—
 
Israeli marriage law makes it a two-year prison offence for any Jew marrying outside of the rabbinical authorities in that country, it has emerged after a failed attempt to overturn the rabbinate’s authority in the Israeli parliament.
 
While it has long been known that the Jews forbid marriage between non-Jews and Jews in Israel, the existence of the prison term as punishment for breaking this law has effectively been kept under wraps until now.
 
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The Israeli parliament, the Knesset, which passed a law making prison mandatory for the crime of a non-Jew marrying a Jew in Israel.
 
The existence of the prison term punishment was revealed after the Israeli parliament voted down an amendment to Israel’s marriage laws this past week, according to an article in the Times of Israel.
 
According to that paper, the proposed law amendment sought to decriminalize marriages performed outside the auspices of the Israeli chief rabbinate, was defeated in a 32–25 vote in the Knesset.
 
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All marriages in Israel are, in terms of the Jewish state’s constitution, under the control of the rabbinate, which only performs unions under Jewish law.
 
This has the practical effect of making it impossible for anyone but a Jew to marry another Jew in Israel.
 
However, the defeat of the amendment pushed the Jewish lawmakers who proposed it, into making the prison sentence punishment aspect of the law public.
 
Critically, the Jewish lawmakers who tried to amend the existing law were not seeking to repudiate the ban on Jews marrying non-Jews. Instead, all they were seeking to do was to amend the rules under which rabbis carried out marriages.
 
 
In other words, the amendment was not aimed at allowing Jews to marry non-Jews. One Knesset member, Yesh Atid MK Aliza Lavie, who proposed the amendment, explained it this way to the Times of Israel: “[The amendment] opens a door so that tomorrow the state can jail anyone who won’t go to the mikveh [ritual bath], or who won’t have their sons undergo a brit milah [circumcision].”
 
Lavie’s proposed law would maintain the criminal aspect of weddings performed without registering the marriage. However, instead of a jail term, the couples—and those who perform their weddings—would face a fine, the Times of Israel added.
 
In conversation with that newspaper, Lavie said that ahead of her new attempt to pass the proposal Wednesday she asked former Religious Affairs deputy minister Eli Ben-Dahan for an appropriate amount for a fine. According to Lavie, he named NIS 500,000 (about $130,000).
 
The Times of Israel went on to reveal that the prohibition on marriages performed outside of the rabbinate stems from Ottoman law, but that the criminalization of the act was only introduced two years ago as a last-minute addition to the Tzohar Law.
 
This “Tzohar Law,” which came into effect in January 2014, allows Jews to choose in which town’s rabbinate to register for marriage, mainly as a means of avoiding potential waiting times in their home towns.
 
In a 2013 global freedom of marriage project, Hiddush ranked Israel on a par with Iran, Pakistan, Afghanistan, Saudi Arabia, and the rest of the fundamentalist Islamic states, in terms of its marriage laws, which have always forbidden marriages between Jews and non-Jews.
 
 
The hypocrisy is clear: Jews and Jewish pressure groups are the first to scream “anti-Semitism” at any suggestion that any other group might have the right to protect its identity, but they all fanatically support Israel, which has laws making it a criminal and prison offence for a Gentile to even marry a Jew.
 

Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente” – Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa !

ma no, è un kompagno, sta sicuramente lottando per i poveri i deboli i lavoratori i pensionati, e gli ultimi in genere come le sinistre..
 
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Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente” – Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa !    Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri, accompagnato da un piano per la loro inclusione sociale. E’ la soluzione proposta dal ministro del Lavoro,
 
Giuliano Poletti, illustrata ieri in una intervista a Repubblica. La scorsa settimana, infatti, il governo ha approvato il disegno di legge delega ed entro sei mesi dal via libera del Parlamento arriveranno anche i decreti attuativi.
 
“E’ un cambiamento radicale – ha detto Poletti – perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. E’ una riforma che vale almeno quanto il Jobs act. Chi riceverà l’assegno avrà alcuni obblighi, come mandare i figli a scuola o accettare un’occupazione”.  La riforma dovrebbe partire dal 2017, ma già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L’obiettivo del governo è di fare crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari, fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta. Insomma, per un problema sociale urgente si procede per step e non con misure straordinarie. Ma aldilà di questo, c’è una domanda che vorremmo porre al sig. Ministro Poletti: lei riuscirebbe a viverci con 320 euro al mese?  Insomma ci sta prendendo per il culo?
 

Boati in Romania

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5 giugno 2016: sono stati uditi assordanti boati in Romania. Per quanto ci consta, queste deflagrazioni non erano mai state segnalate nel paese dell’est europeo: lo conferma anche il fatto che le autorità rumene non si sono ancora inventata la solita frottola per “spiegare” l’evento e tranquillizzare la popolazione, ossia il fragore dovuto ad un aviogetto che ha superato la barriera del suono. Ribadiamo che l’ipotesi più accreditata circa l’origine dei “tuoni” chiama in causa l’impiego di sistemi laser che reagiscono con il carbonato di calcio diffuso in atmosfera in concomitanza con operazioni igroscopiche.
 
Di seguito la cronaca.
 
Molti cittadini hanno avvertito uno strano boato che ha fatto tremare le finestre, alcune delle quali sono andate in frantumi. Il fenomeno si è ripetuto nell’arco di quindici minuti. I clangori, che sembravano venire dal cielo, hanno spaventato molte persone.
 
Un giovane residente di Nicolina ha riferito: “Ero intento a studiare, quando ho sentito il suono rintronante. E’ stato come se fosse caduto un gigantesco foglio di metallo”. I testimoni dicono che i rombi sono stati uditi in un raggio di 50 – 75 km (da 31 a 46 miglia) intorno a Iasi. […] Un nostro lettore di Iasi ha testimoniato: “Sono state come due gigantesche ondate sonore. Nell’appartamento alcuni vetri si sono infranti ed il mobilio ha tremato, quasi fosse stato un terremoto. Il secondo schianto è durato più del primo, anche è stato meno forte. Dopo il botto, le luci di casa ed il televisore si sono spenti per tornare a funzionare pochi secondi dopo”. […]
 
Secondo Marius Bodea, direttore dell’aeroporto di Iasi, è stata in effetti rilevata una detonazione, ma nella zona non si trovavano aerei in grado di produrre questo rumore. L’unico velivolo militare che ha sorvolato l’aeroporto non era supersonico. I responsabili della Quindicesima Brigata Meccanizzata della Romania hanno comunicato che non era in corso alcuna esercitazione militare.
 
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ROMA HA 12 MILIARDI DI DEBITI, TORINO 3 MILIARDI: ECCO L’EREDITA’ DEL PASSATO.

quelli che “sanno governare” che pontificano contro le nuove arrivate pentastellate.
 
20 giugno
Sono le casse del Campidoglio e il debito ‘monstre’ di 12 miliardi di euro da onorare con 500 milioni l’anno il problema più grande sulla programmazione del lavoro di Virginia Raggi. Il neo sindaco di Roma si troverà ora a progettare il futuro immediato della capitale con un bilancio di previsione approvato dal Commissario Tronca e con una manovra di assestamento da cominciare a studiare. L’unica consolazione è che anche se i margini di manovra sono finanziariamente stretti, i tempi (scadranno il 30 novembre) sono discretamente lunghi. A Torino il debito sfiora di 3 miliardi di euro mentre a Napoli c’è un problema di riscossione. C’è poi la partita relativa alla gestione delle spese di giustizia. Mancano ai Comuni circa 600 milioni di euro.

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20 giugno – VIENNA – E’ iniziato davanti alla Corte costituzionale di Vienna il dibattimento sulla validita’ delle elezioni presidenziali austriache. L’Fpoe, il cui candidato Norbert Hofer era stato battuto dal verde Alexander van der Bellen per 31.000 preferenze, ha impugnato l’esito, denunciando irregolarità nello spoglio dei voti postali. Fino a giovedì verranno ascoltati come testimoni circa 90 direttori di collegi elettorali. La Corte costituzionale ha tempo fino al 7 luglio per la decisione. Il Fpoe ha presentato un corposo dossier di denuncia di voti falsi, cancellati, addirittura calcolati più volte nel medesimo collegio, con abnormità del tipo: 400% di votanti.

Francia, si fa strada petizione per fermare società senza contanti

20 giugno 2016, di Daniele Chicca
 
NEW YORK (WSI) – Nelle società scandinave un mondo senza contanti è diventato quasi una realtà e in paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, dove le transazioni finanziarie elettroniche rappresentano una fetta dominante delle operazioni di denaro, non sembra una distopia così lontana come può sembrare in Svizzera, Germania o Italia, dove le operazioni in contanti sono ancora molto comuni.
 
Dev’essere per questo che la società civile francese si sta muovendo per cercare di impedire lo scenario futuristico di una società senza più contanti in circolazione, in cui il denaro è presumibilmente al sicuro nelle casseforti delle banche ma anche tracciato in toto. Con una misura del genere, l’abolizione del cash, i cittadini perderebbero la libertà di scegliere come disporre del proprio denaro e dei propri risparmi.
 
Verrebbe a mancare anche un diritto fondamentale: quello della proprietà di quello che è stato legittimamente comprato e che viene materializzato con la moneta sotto forma di banconota. La guerra contro i contanti è una lotta contro l’indipendenza finanziaria degli individui.
 
Una petizione online rivolta al primo ministro Manuel Valls, in cui viene lanciato un appello al governo dell’Eliseo contro l’istituzione di una società senza contanti auspicata dai banchieri, sta gradualmente prendendo il largo in Francia. Per ora 17.620 firme sono state raccolte. Nel documento si avvisa contro una pericolosa tendenza: “misure legislative e regolamentari minacciano di escludere per sempre le monete e le banconote dalle nostre vite”.
 
Tra queste misure vengono citati i limiti ai contanti imposti di recente dal governo con la scusa di combattere contro le attività mafiose e di riciclaggio di denaro sporco, i limiti imposti ai prelievi e ai depositi di cash, le restrizioni sui sistemi di pagamento accettati dai commercianti e le norme che tendono a rendere obbligatorio il pagamento con carta di credito o bancomat.
 
Chi ha viaggiato in Francia si sarà reso conto che con una carta di credito è possibile ordinare un caffè al bar o pagare un pacchetto di sigarette dal tabaccaio. In Danimarca le autorità hanno già detto di voler eliminare i contanti e anche in Svezia la liquidità potrebbe diventare presto un ricordo sbiadito. Nel Regno Unito e in Francia le operazioni digitali rappresentano ormai più della metà delle transazioni finanziarie.
 
Negli ultimi mesi diverse banche, come Credit Suisse, si sono esposte, facendo capire di voler arrivare un giorno non molto lontano a una società senza contanti. Non passa un giorno senza che un think tank o un economista non citi i vantaggi di un simile scenario. Sarebbe una situazione ideale per i banchieri centrali, che potrebbero imporre tassi negativi a loro piacimento senza doversi preoccupare dei risparmi dei cittadini e per le banche stesse che non rischierebbero di incorrere in corse agli sportelli della loro clientela.
 
Una delle ragioni dietro al successo dei pagamenti con carte di credito o monete digitali è la facilità di pagamento e la possibilità di mettersi al riparo da eventuali furti. Secondo il “World Payments Report 2014″ di Cap Gemini, citato dalla banca svizzera, “la crescita annuale delle operazioni globali senza ricorso ai contanti è aumentata del 7,7%. Le nuove tecnologie di pagamento, come i portafogli digitali, le criptovalute e i pagamenti peer-to-peer hanno raggiunto il punto critico e presto cresceranno rapidamente”.
 
contanti
Verso una società senza contanti? Le transazioni finanziarie elettroniche nel mondo