Insulti ai No Tav, Esposito rischia di pagare danni per 134mila euro

http://www.corriere.it/cronache/15_novembre_05/insulti-no-tav-esposito-rischia-pagare-danni-134mila-euro-9439aa9a-83dc-11e5-83de-c978496643f2.shtml

DOPO IL CASO ERRI DE LUCA
 

Dopo l’assoluzione di Erri De Luca, ora il senatore Pd imputato per diffamazione ai danni di tre attivisti della Val di Susa per un commento sul suo sito

di Elisa Sola

Stefano Esposito (Ansa)Stefano Esposito (Ansa)

TORINO – Dopo l’assoluzione di Erri De Luca, accusato di aver istigato alla violenza gli attivisti No Tav, si apre un nuovo processo. E ancora una volta al centro delle polemiche ci sono alcune frasi relative al scontri in Val di Susa. Ma questa volta a finire sul banco degli imputati è Stefano Esposito, senatore del Pd nonché ex assessore ai Trasporti quando esisteva ancora la giunta Marino, accusato di aver definito sul suo sito Internet “eversivi” e “violenti” tre attivisti No Tav . Parole che a Esposito potrebbero costare 134mila euro . E’ infatti questa la somma dei risarcimenti che i legali delle tre parti civili hanno chiesto al giudice di Torino durante il processo che vede imputato il politico per diffamazione a mezzo stampa.

esposito
«Personaggio non continente»

Noto sostenitore della Torino-Lione e «personaggio non abituato a essere continente», come il suo stesso avvocato difensore Maurizio Basile ha detto in udienza, dopo una manifestazione No Tav sfociata in scontri Esposito aveva esternato la sua indignazione su www.stefanoesposito.net. L’otto dicembre 2011 scriveva: «Anche oggi il circo dei violenti e dei teppisti capitanati da Askatasuna (centro sociale torinese, ndr) si è radunata tra Giaglione e Chiomonte per fare l’unica cosa che conoscono…attaccare la polizia… spiace che anche oggi il loro sport preferito abbia causato feriti tra le forze dell’ordine …nessuna persona di buon senso può accettare che pochi teppisti facinorosi tengano in ostaggio un intera valle…». Esposito aveva poi citato quattro persone che avevano partecipato alla manifestazione, tra cui le tre parti lese al processo: Lele Rizzo e Dana Lauriola, due No Tav che militano in Askatasuna e un ex consigliere comunale valsusino, Luigi Casel. «Mi auguro che al più presto – aveva aggiunto – gli autoproclamati leader di questo pseudo movimento che hanno pianificato e diretto le azioni violente vengano perseguiti a norma di legge e che venga impedito loro di continuare in questa loro azione eversiva».

Diritto di critica

In udienza gli avvocati delle parti civili e la difesa del parlamentare hanno dato vita a una discussione sul “personaggio Esposito”. «E’ un rappresentante della nazione ma ha una concezione pericolosa del concetto di eversione e non ha alcun senso dei limiti del suo agire come membro delle istituzioni», ha dichiarato l’avvocato Emanuele D’Amico. Per la sua assistita, Dana Lauriola, il legale ha chiesto 13.836 euro. «A causa della diffamazione di Esposito – ha spiegato – la ragazza era stata richiamata dal suo superiore e aveva perso una promozione sul lavoro che era stata data poi un’altra». «La sua assoluzione sarebbe una patente per insultate chiunque», ha concluso. Gli avvocati degli attivisti hanno sottolineato che i loro assistiti non sono stati né indagati nè coinvolti per gli scontri dell’8 dicembre 2011 in Val di Susa e che Esposito non era presente. «Questo signore offende senza filtro – ha denunciato Stefano Bertone, legale di Lele Rizzo – è un diffamatore seriale. La gravità è che lui rappresenta le istituzioni. Si esprime in modo rozzo e offensivo, non è perché lui è senatore che può permettersi di violare la legge». Bertone ha chiesto centomila euro per Rizzo. L’avvocato Danilo Ghia, che difende Luigi Casel e che quantifica i danni in 20mila euro, ha esclamato in aula: «Sono esterrefatto perché queste affermazioni arrivano da un senatore della Repubblica che purtroppo rappresenta anche me, anche se io non lo voglio…e ha il coraggio di dirci che a quella manifestazione non c’era… alcuni soggetti forse dei massoni gli avranno detto qualcosa…eppure no, lui dice che nessuno gli ha detto nulla». Ma la difesa del senatore Pd non ci sta. Esternare le proprie idee anche in modo “colorito” rientra nell’esercizio del diritto di critica e di espressione, spiega il legale Maurizio Basile che insieme a Luca Cassiani fa parte del collegio di difesa di Esposito. Il politico ha deciso «fin da subito di presentarsi a processo senza avvalersi delle guarentigie costituzionali», ovvero senza immunità. «Fu un teste della Digos a citare i quattro No Tav come leader del movimento. Siccome il fatto non costituisce reato, chiediamo quindi l’assoluzione», è la linea della difesa. Il pm Nicoletta Quaglino aveva chiesto per l’imputato una condanna al pagamento di una multa di 1200 euro.

5 novembre 2015 (modifica il 5 novembre 2015 | 21:56)

CAPTAIN MERKEL AMERICA ET LADY LIBERTY HOLLANDE: LES KOLLABOS YANKEE

# LUCMICHEL. NET/ L’OLIGARCHIE COMPRADORE OUEST-EUROPEENNE OU LES KOLLABOS YANKEE

 Luc MICHEL/ /2015 11 06/

Dessin de Sputnik.com/

LM.NET - LM kollabos yankee (2015 11 06) FR

“L’impérialisme à une tête. Ce sont les USA et il faut la couper”

– Ernesto Che Guevara (1962).

En fait il a bien une tête. Mais deux poumons !

Depuis le 6 juin 1944, les USA occupent l’Europe occidentale et l’ont colonisée. Première et principale colonie des USA, l’UE est la clé et la condition de la superpuissance US (lire Thiriart 1964 ou Brzezinski 1991), l’UE est le second poumon des USA (l’addition de la première puissance économique mondiale, qui est l’UE et pas la Chine, et de la troisième, les USA). Et les armées de l’OTAN sont la chair à canon des USA, la nouvelle “infanterie sénégalaise” du Pentagone.

Parler d'”Occident” est un non sens, il y a le Bloc américano-atlantiste et ses colonies, capitales Washington et Wall-Street.

Ce que n’arrivent pas encore à comprendre certains analystes africains sur AFRIQUE MEDIA. Pourtant notre analyse a plus de 35 ans.

C’est par la libération de Bruxelles, Paris ou Berlin que s’achèvera la défaite des USA. Et avant cela nous libérerons l’Afrique…

Luc MICHEL

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TERRORISTA A CHI!

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 5 NOVEMBRE 2015 

 “Io so i nomi dei responabili delle stragi, del golpe,…  ma non ho le prove” (Pier Paolo Pasolini)
 
“Siamo tutti in pericolo. Non sappiamo chi sta pensando di ucciderci” (Pier Paolo Pasolini)
 
Che fortuna per i governanti che gli uomini non pensano”. (Adolf Hitler)
 
La verità è il nemico mortale della menzogna, e così per estensione, la verità è il nemico mortale dello Stato”. (Joseph Goebbels)
 
In apertura un plauso entusiasta ai manifestanti No Nato No Trident Juncture 15 di Sicilia e Sardegna, vere avanguardie della  lotta di popolo contro la guerra e i suoi strumenti che abusano del  nostro paese per sterminare popoli e devastare il territorio. A Trapani e a Marsala, a Cagliari e a Capo Teulada (dove si è riusciti a invadere il polígono e a interrompere l’esercitazione) si è espresso un movimiento che ha fatto fare un salto di qualità alla campagna No Guerra No Nato che ha già visto convegni e dimostrazioni in varie parti d’Italia. Evviva! Avanti così.
    Io so…. e ho pure le prove
Pasolini, sapeva, e come sapeva, ma diceva di non avere le prove. Noi sappiamo, sappiamo che è sorta la più grande operazione di terrorismo di Stato della storia umana. E le prove eccole qua. Di conseguenza  sappiamo anche benissimo chi sta pensando di ucciderci.
 
Il pazzo sanguinario del Bosforo e i suoi amichetti UE
La notizia dell giorno sarebbe il ricostituito sultanato di uno dei grandi vecchi psicopatici dello Stato Islamico (il Fratello Musulmano; gli altri essendo i crocifissori e scudisciatori del Golfo, il masskiller seriale di Washington e l’infanticida dello Stato di soli ebrei). Notizia che ha fatto esultare l’intero cucuzzaro sopra citato insieme ai suoi salivatori mediatici. La Nato festeggia una Turchia che ripete i fasti della Grecia dei colonelli (e poi del facilitatore Tsipras), ma senza imbarazzanti colonelli, almeno in vista. Al giubilo della Nato e dell’intera Fratellanza Musulmana, si sono aggiunte le vivissime felicitazioni al despota turco da parte di Hamas, specialista di piroette opportunistiche tra Siria, tradita, Iran, Qatar, Arabia saudita. Erdogan, dopo aver intimidito e minchionato il popolo a forza di stragi di Stato (stessa strategia di quella di Piazza Fontana e segg.), massacri di manifestanti, decimazione di curdi, carcere per magistrati e giornalisti non salivatori, si conferma Nato e si ricandida all’UE. E così trattiene nei suoi lager 2 milioni di rifugiati siriani, quelli che Merkel e Juncker non riescono a scaricare sui collisi-collusi subordinati Nato e UE dell’Est europeo. Ma sopratutto si conferma in piena sintonía con gli spiriti democratici dello Zeitgeist atlantico. Negli Stati postdemocratici dell’UE ci si lecca le labbra: finalmente la Turchia si fa degna di Europa. Un po’ meno a Washington, dove permane quella fastidiosa contraddizione tra una Turchia cara, perchè cobelligerante nello squartamento Isis-Nato del Medioriente, e una Turchia che non vuole che si cavi un Kurdistan staccato dalla Siria.
 Stella di Davide sullo Stato islamico
La notizia dell’epoca è invece quella del  colonello Yusi Oulen Shahak, codice militare Re34356578765az2311434, comandante della gloriosa brigata d’élite israeliana “Golani”, quella che mitragliava le colonne di palestinesi di Gaza in fuga, scriveva sulle pareti delle case distrutte “Uccidi l’arabo” e vi disegnava file di lapidi con su scritto “arabo”, tra una strisciata di escrementi e l’altra. Beh, d’epoca lo sarà per gli sguatteri mediatici del depistaggoio ontologico dalla realtà. Per noi è la notizia di tutti i giorni. Tra i sicofanti della Cupola, il guru della storia e dell’attualità invertite pro domo dominiPaolo Mieli (già mio compagno nella redazione de “La Classe”, primo giornaletto rivoluzionario del ’68, vicino a Potere Operaio) che, fattosi lisciare le setole sullo stomaco dal chierichietto Fabio Fazio, s’è visto impegnato allo spasimo a demolire complottisti, dietrologi e dietroscenisti. A partire dai dementi che non credono all’11 settembre nella versione degli autori.Dementi, tra gli altri, tutti quei 2.363 architetti e ingegneri statunitensi, tra i più autorevoli e affermati che, nel settembre scorso, hanno chiesto al Congresso una nuova indagine indipendente dal Governo e dalla política, visto che è stato dimostrato, oltre ogni facezia di aerei suicidi, che le Tre Torri sono cadute per demolizione controllata mediante esplosivi collocati all’interno (vedi in fondo).
 
Per gli Stati canaglia e i loro violinisti e trombettieri notizie così vanno sepolte nel silenzio e nell’oblio. Specie quelle epocali. Quelle che fanno crollare i castelli di carta di tutto un mondo di biscazzieri e illusionisti e, un po’ per volta, anche il loro tempo. Per coloro che mantengono sul naso gli occhiali,  grazie ai quali la linda faccia del político-padrone e dei suoi sbirri si rivela quella del mostro (ricordate “Essi vivono” del grande John Carpenter?), non si tratta che dell’ennesima conferma di come stanno le cose. Nella fattispecie di chi sta con chi in Medioriente. Secondo il bollettino militare del 28 ottobre, il colonello israeliano Shahak è stato catturato nell’area di Fallujah dalle forze governative e popolari irachene insieme a tutta un’unità di terroristi dell’Isis. Non c’è voluto molto perchè confessasse la presenza di altri ufficiali del Mossad e dell’esercito israeliano tra le forze del Califfo, fin dall’inizio dell’attacco all’Iraq  e dalla presa di Mosul nell’estate 2014.
 
Stupefacente? Stupefacente è solo il fatto che uno di questi supercommandos israeliani  sia stato così disaccorto da farsi prendere, rischiando di rivelare e sputtanare l’intera strategia congiunta Israele-Isis, anzi Israele-sauditi-turchi-Usa-Isis. Rischio, se non definitivamente evitato, per ora soffocato sotto coltri di silenzio da quel 99% di informatori che servono l’1% dei padroni, armieri e banchieri.Tanto per onorare la scienza e l’onestà dei Mieli, dei Fazio e di tutti quelli che si affannano  come loro nella fatica di Sisifo di esorcizzare il giornalismo d’inchiesta, ricordiamo che la rete di salvataggio sotto i temerari funamboli della dietrologia sull’11 settembre, è vasta e solida. Gli auspici neocon di una nuova Pearl Harbour, l’assicurazione incassata dal propietario delle Torri che si sapevano da demolire, le speculazioni nei giorni precedenti su titoli coinvolti, i fotogrammi delle continue esplosioni di piano in piano, il crollo della Torre 7 senza che fosse stata infilzata da un aereo, il giubilo degli agenti israeliani che filmavano l’evento, i presunti dirottatori incapaci di pilotare Boeing e poi ricomparsi in vita, per citare solo alcuni fatti a totale disintegrazione della versione ufficiale e, last but not least, la guerra infinita al mondo per cui l’attentato è stato il pretesto auspicato dai neocon.
 
Fratelli Musulmani e Fratelli Cristiani: un’unica posta
Parimenti, per mettere una pietra tombale sulle infinite balle che vorrebbero spianare la strada all’ininterrotta serie di aggressioni Nato-Israele-Golfo, basterebbe andare a scartabellare nei cestini delle notizie vere, buttate dai media, e tra quelle false, pompate in prima pagina. Fin da quando s’inventarono le sollevazioni popolari, pacifiche e democratiche, in Libia e Siria, le fosse comuni di Gheddafi che non erano che il cimitero di Tripoli, la polizia siriana disarmata che spara sui manifestanti, là dove i video ci mostravano cecchini al soldo dei servizi occidentali, poi evolutisi in Al Nusra e Isis (come a Maidan), fino a riavvolgere il filo del terrorismo atlantico e tornare alle armi di distruzione di massa di Saddam, impiegate per lanciare la disintegrazione del mondo arabo nel segno del caos creativo. Il criminale di guerra europeo  numero 1, Tony Blair, ha chiesto scusa alla sua opinione pubblica per essere stato “malinformato dai servizi” sulle ADM di Saddam. Capovolge la sequenza delle responsabilità. E non ha chiesto scusa a 2 milioni di iracheni trucidati e a una grande nazione cancellata. Per questi meriti acquisiti, l’UE  e l’ONU lo hanno mandato a far il “mediatore” in Palestina.
 La cattura del colonello israeliano non è l’unico episodio, sullo scacchiere mediorientale, che abbia denudato l’imperatore. Come lui sono stati annegati nel silenzio mediatico e politico le cliniche israeliane sul Golan che rimettevano in sesto jihadisti feriti, per poi rispedirli al fronte, omaggiati anche da carezze di Netaniahu. I campi di addestramento per terroristi allestiti da Israele nel sud della Siria, a Quneitra e Daraa. Le incursioni di bombardieri israeliani a difesa di Al Nusra in ritirata, o per colpire convogli di Hezbollah, o arsenali siriani. Zitti zitti anche, mentre si rilancia la propaganda israeliana sulla minaccia di olocausto ebraico da coltelli palestinesi, sulle decine di ragazzini sparati in fronte, con coltello in mano che nessun testimone oculare aveva visto prima che comparisse accanto al cadavere (“Falsi positivi”, li chiamano in Colombia). Senza neanche parlare delle acrobazie giustificatorie per un’entità statale, sorta e allargatasi illegittimamente, che ignora ogni dettato ONU e da 70 anni occupa e sevizia un popolo.
 
Mein Fuehrer!
C’era da depistare da una certa perplessità delle cancellerie occidentali di fronte al cumulo di atrocità di Israele e, in particolare, sull’imbarazzante mega-castroneria di Bibi che, per l’olocausto, ha esonerato Hitler e ha colpevolizzato il Mufti palestinese, in modo da catturare consenso al genocidio di arabi e palestinesi tutti (una roba che era una mezza verità, giacchè esiste la falcidie dei prigionieri nei campi, ma non esiste alcun documento che comprovi una decisione di Hitler, e una totale bugia circa il Mufti, che, con la sua terra sotto assedio, si è limitato a considerare “il nemico del mio nemico mio amico”). Allora si è ricorsi all’”eredità di Rabin, uomo di riconciliazione, giustizia e pace”. Figurati. Il furbacchione che con la truffa di Oslo ha paralizzato ogni prospettiva di liberazione per anni. Che ha ordinato ai suoi di “spezzare le ossa ai lanciatori di sassi” della prima Intifada. Che non ha mai concepito uno Stato palestinese e neppure i due Stati. Che si è dichiarato ammiratore di Kissinger, “migliore statista esistente” e di Sharon, lo sterminatore di Sabra e Shatila, “il più grande generale esistente”. Che era intimo dei dittatori argentini. Che, comandante nella guerra del 1973, si è trovato sulla coscienza migliaia di morti israeliani e arabi. Che, che, che…  A pensar male, mi viene in mente che, chissà, forse l’ultrà di ogni , nel bonificare Hitler, non abbia voluto fare l’occhiolino ai tanti rigurgiti nazisti  che tra Kiev e Via Bellerio promettono futuri all’israeliana.
 
Arrivano i russi? False Flag a gogò
Sono arrivati i russi e vincono e fanno vincere. Turbolenze e smarrimenti fanno inciampare la geopolítica occidentale. Le cancellerie si agitano, i media strepitano. C’è poi l’ennesimo boycottaggio di Israele, stavolta di 300 accademici britannici, da neutralizzare, magari con una storiaccia di coltelli. Quale migliore momento per approfittare della spasmodica attenzione generale  sull’arrivo dei russi nel megacasino mediorientale, sul potenziale scontro tra potenze, per togliersi la soddisfazione di un altro po’ di palestinesi divorati. E così, secondo il manuale Mossad, provocazioni ad Al Aqsa, breve intifada, coraggiosa, nobilissima come sempre, ma acefala e scoordinata, repressione con strage ed eliminazione per via carceraria.di qualche altro migliaio di palestinesi. L’Arabia Saudita e suoi satelliti ci mettono la firma.
 
Cosa grosse, professionalmente parlando. Ma zitta, come tutti, la prefica delle disgrazie israeliane, Furio Colombo, ebreo che se la tira e la tira anche a un Israele buona, giusta, liberale, superiore. Imaginifico quanto basta a oscurare le cose, raffigura un Israele cancellata non solo dai palestinesi, ma anche dai ricchi e ostili arabi che lo assediano. Zitti, tutta la lobby e suoi corifei, sul príncipe miliardario saudita Al Waleed bin Talal, consigliere di re Salman, che di fronte all’Intifada di Gerusalemme, si schiera con i fucilatori israeliani e dichiara: “Non stiamo con i palestinesiL’Arabia Saudita ha raggiunto la maturità política per costruire una durevole alleanza con la nazione ebraica. Forgeremo un patto di mutua difesa”.
 
Si sapeva benissimo da tempo, lo zoppo va con lo zoppo, ma così chiaramente non era mai stato ammesso.Il petrosultano del Qatar l’aveva preceduto con le sue visite a Tel Aviv. Questa Società per Azioni Criminali si avventa anche sullo Yemen martoriato da una delle più feroci e spietate aggressioni mai viste. Ci sono tutti, gli azionisti: sauditi e appendici del Golfo, dieci governi arabi, la logística, le armi e l’intelligence di Nato e Israele (di cui è stata segnalata la partecipazione nell’attacco a Mokha, ridente e pacioso villaggio sul Mar Rosso, dove mi ospitarono in una taverna dai giacigli di vimini, rialzati contro gli scorpioni, e dove, nell’acqua tiepida del mare, intorno ai polpacci briluccicante di luna,  pescioni ti giravano attorno ai polpacci e si cercava ristoro da giornate a 50°. Oggi cenere e sabbia).
 Che ne sarà della finta paranoia di Colombo? Continuerà a lacrimare su Israele assediata e minacciata di scomparsa, o riconoscerà che le teocrazie dell’una sponda e dell’altra, del terzo esercito nucleare del mondo e delle più vaste ricchezze di petrolio, non possono che lavorare d’intesa nel segno del comune capitalismo monoteista, totalitario, d’attacco, a partire dall’eterna miccia palestinese?. Ottima stampella del futuro “governo mondiale”.
SAS: romanzo criminale
 
Ricordate, nel 2003 a Basra, Iraq? Due delinquenti britannici delle famigerate SAS, i veri, storici squadroni della morte (Yemen, Nord Irlanda, India, Libia…). Furono arrestati dalla polizia irachena mentre, travestiti da arabi, su un mezzo zeppo di esplosivi diretto al mercato. “False Flag” che doveva agghiacciare il mondo con il terrorismo della Resistenza saddamista. Per non far scoprire l’operazione, che era una tra tante di una strategia classica del complesso atlantico-israeliano, alla 11/9, con un carro armato sfondarono la stazione di polizia e si ripresero i connazionali terroristi. Rassicurati dall’occultamento della stampa allora, ci rifanno. Lo rivela nientemeno che il londinese “Sunday Express”: SAS travestiti da combattenti Isis, bandiere nere del Califfo al vento, conducono una guerra segreta”. Che lavorino, insieme ai mercenari Isis, per il  massacro di Siria e Iraq, il quotidiano non lo dice. Ma lo dice il fatto, ufficialmente ammesso, che oltre 120 membri di questa forza d’èlite di Sua Maestà sono al momento impegnati nell’ “Operazione Shader” (chi getta ombre) contro obiettivi di Damasco.
 
A questi si aggiunge, insieme agli scagnozzi dei paesi clienti locali, la cinquantina di teste di cuoio Usa che Ashton Carter, Segretario alla Difesa, ha annunciato dovrannno assistere gli oppositori, “anche con azioni dirette” (alle quali, peraltro, la Camera dei Comuni ha negato la gamba britannica, políticamente significativa, richiesta da Cameron). Per “oppositori” si intendono i “ribelli moderati”, vale a dire Al Nusra e associati. L’annuncio di questa muscolosa iniziativa vorrebbe essere una risposta di Obama, nel marasma strategico in cui l’ha messo Mosca, alle sconsiderate invocazioni di guerra totale dei mentecatti repubblicani (Lindsay Graham, John McCain), finiti nel panico alla vista dei successi militari dei russi, stavolta davvero contro il Califfo. Ora, dopo quattro anni di atrocità uguali a quelle dell’Isis, – ne sono stato testimone diretto (vedi il docufilm “Armageddon sulla Via di Damasco”) – Al Nusra e bande islamiste associate sono state sbianchettate e diventate “quelli buoni”, accanto ai fantasmi dell’Esercito Libero Siriano, o, come lo chiamano, “Fronte dell’Opposizione”. 
 
Quinte di cartone  pretese esistere da Obama e da quella Coalizione Nazionale Siriana che, nei 5 Stelle di Istanbul, se ne sta da cinque anni a grattarsi le palle.
Una rana  gonfiata a bue dal solito, limpidissimo canale MI6 a Londra, il “Syrian Observatory for Human Rights”, fonte escslusiva di tutti i media. Quello delle bombe-barile di Assad, delle sue armi chimiche, e dei bombardamenti russi sugli ospedali (smentiti con prove satellitari e riprese aeree, ma serviti a offuscare quelli Usa e sauditi su ospedali in Afghanistan e Yemen). Mentre rigorosamente occultati restano i persistenti orrori dei “buoni” Al Nusra e soci Jaish al-Islam, qui visti mentre continuano ad attenersi a una collaudata pratica di diritti umani: l’ennesima testa tagliata, scherzosamente tra le gambe, prigionieri e civil in gabbie di ferro. Altro che “moderati”, vere sufragettes.
 Travestimento strappato, party rovinato.
Come risposta all’azione russa, che salvaguarda il diritto internazionale, avviene su richiesta del legittimo governo siriano (e ora anche iracheno), infligge i primi devastanti colpi all’armata mercenaria, consente la liberazione di territorio e centri abitati da chi l’aveva occupato e martirizzato, la Coalizione Occidentale ha saputo reagire in modo costruttivo. Ha fornito armi ai curdi di Kobane, ha smosso alcuni dei suoi 4.500 militari in Iraq, ha spedito altre teste di cuoio, ha esibito qualche incursione aerea contro lo “Stato islamico”. Questo per mantenere in piedi il cazzabubbolo dei “ribelli moderati”. Passando dalla finzione ai fatti, a Vienna hanno sbaragliato i tentativi di Iran e Russia di addivenire a una pacificazione fondata sul dialogo tra tutti gli attori, una fase di transizione, elezioni democratiche sotto controllo internazionale. Niente, prima sbarazzarsi dell’uomo che si sa sostenuto da un consenso quasi plebiscitario e proprio per questo. I consensi devono venie dai pochi e dagli eletti. Come vediamo anche nel nostro piccolo, non usa più far parlare il popolo. E’ l’era dell’élite mondialista e del suo germoglietto Renzi. La chiamano anche “fascismo, “nazismo”. Sono definizioni ormai insufficienti. E’ qualcosa di più e, per loro, di meglio.
 
“Putin, siamo capaci di tutto!”
Altra inequivocabile risposta, questa di sostanza: 224 russi ammazzati facendo esplodere in volo sul Sinai l’Airbus 312, di ritorno dal paradiso turístico di Sharm el Sheik. L’esplosione in volo, con spargimento di frammenti minuti su 40 chilometri, il lampo di calore registrato dai satelliti , la totale assenza di segnali da bordo, ricordano Enrico Mattei più che Ustica. Checchè facciano dire alla scatola nera. Dai tempi dell’aereo tedesco precipitato sui Pirenei, o la bufala di quello maltese in Ucraina, siamo abituati a sospettare. Per un po’, forti della rivendicazione Isis (chissà dove redatta), s’è cercato di far credere a un missile terra-aria.Tanto per far capire: “Occhio, Putin, non sappiamo solo mettere ordigni negli aerei, li sappiamo anche abbattere”. Vedi un po’ tu, se vuoi continuare a volare. Rivelatrice, la gallina che canta per prima: sono stati gli Usa a opinare per primi (ammettere?) che è stata una bomba collocata a bordo. Che Putin non avesse dubbi.:
 
E, infine, il colossal dell’esercitazione “Trident Juncture 15” in corso tra Sicilia, Sardegna, Spagna e Portogallo, la più grande dalla fine della guerra fredda, con obiettivi manifesti di intervento contro la Russia in Ucraina, Medioriente, Asia. Per ora a titolo di intimidazione. Hai visto mai che basti qualche attentato, o qualche esibizione muscolare, a sospendere le incursioni aeree e di intelligence russe, a fermare l’offensiva vincente dei patrioti, ad allungare il brodo con estenuanti e improduttivi vertici a Vienna o Ginevra, a far riprendere fiato ai ribelli moderati in pieno marasma, dispersi in fuga verso la Turchia e la Giordania, confortarli, intensificarne i rifornimenti.
 Hanno un palmares eccezionale in proposito. Solo che l’Isis, per quanto da anni impegnato, su mandato anche dell’ex-despota Morsi e dei Fratelli Musulmani, ad ammazzare egiziani e turisti nel Sinai, con missili che colpiscano a 10mila metri non ce li vede nessuno. Bomba a bordo era, di sicuro. Di sicuro c’è,.pure, l’avvertimento a Putin in relazione a quanto accade in Siria e Iraq e all’Egitto di Al Sisi per il suo flirt con Mosca, la sua approvazione dell’intervento russo e la sua sacrosanta guerra ai Fratelli musulmani, storica quinta colonna del colonialismo e speculare equivalente della teocrazia israeliana… 12 compagnie aeree hanno sospeso i voli sul Sinai: botta tremenda all’industria turística egiziana. Gli effetti ci portano al movente e all’autore. Il cui prodest mette in fila Israele (il più attrezzato per questo tipo di operazione), Usa, Turchia. I Fratelli Musulmani, Isis, satrapi del Golfo si limitano ad applaudire.
 
Questi, quando vanno in crisi sul campo di battaglia, militare o sociale, ricorrono al terrorismo.L’esercito iracheno e le forze popolari avanzano? Rosario di autobombe a Baghdad.  Così a Damasco. Quando c’ero io, l’esercito stava liberando la provincia di Homs. In simultanea si abbatterono sui civili della capitale autobombe, stragi da mortaio e missili israeliani. Succedeva anche da noi, dove si trattava di lotta di classe: Autunno caldo, studenti in rivolta = Piazza Fontana.
 
Padri e figli
Torniamo alla questione-chiave di quanto succede in Medioriente (e, per quello, anche nel mondo): chi sta davvero con chi. Amici, nemici, falsi amici, falsi nemici, ma anche un po’ amici. Sulle parti in commedia prove, documenti, video, testimonianze, come se piovesse. Un gioco delle parti che neanche i campioni per ogni stagione Tallyerand, o Fouché. Da un anno testimoni oculari, autorità locali, parlamento e ministri iracheni denunciano, foto e video alla mano, gli innumerevoli lanci della Coalizione arabo-turco-israeliana-Nato di armi e provviste all’Isis in tutte le province occupate dalle bande del Califfo. E il 28 ottobre aerei della Coalizione hanno addirittura  bombardato le forze governative a Ramadi, uccidendo 22 tra soldati e volontari iracheni. Armi di produzione Usa o israeliana continuano ad essere rinvenute nei luoghi abbandonati dall’Isis. Giorni fa, le forze irachene e popolari hanno sequestrato due velivoli, svedese e canadese, zeppi di armamenti, che l’ambasciatore Usa a Baghdad stava per spedire ai curdi, senza averne chiesto l’autorizzazione al governo. Anche i curdi siriani di Kobane verrebbero ora armati dagli Usa, mentre il cagnolino da salotto Pinotti fa abbaiare i suoi “istruttori” tra i Peshmerga (alla faccia di Erdogan, creare enclavi autonome curde, anche in terre non curde in Siria, che spacchino queste Nazioni. Porre i curdi siriani sotto controllo Usa, come quelli iracheni sono da sempre un protettorato Usa-israeliano).
 
Ad Aden, nello Yemen da un anno bombardato e affamato dai nostri alleati nel Golfo e in Occidente, l’Arabia saudita premia la sua legione straniera Isis, accorsa in massa dall’Iraq, affidandole il controllo del più strategico porto tra Africa e Asia. Nella capitale Sanaa, infrattati in presunte operazioni di pace ONU, i servizi di sicurezza Houthi hanno arrestato due statunitensi, uno Cia, l’altro della Marina, che stavano spiando per conto dell’armata Isis-Sauditi. In Iraq, vicino a Ramadi, le forze popolari irachene (Hezbollah) catturano un comandante Isis che confessa di ricevere supporto logístico e di intelligence dagli Usa. E come non fossero bastati a rischiarare la scena e il retroscena le colonne di pick-up Toyota nuovi di pacca sotto vessilli jihadisti, visti in Iraq e Siria, i 700 Tir fotografati a Raqqa, i camion pieni di miliziani Iris fotografati mentre attraversavano la frontiera turca verso la Siria, i commissariati di polizia turchi a Istanbul gestiti da Al Qaida.
 
Tutti obiettivi per eventuali interventi di chi si dice in guerra con i jihadisti, più facili di un tirasegno sui barattoli. Nei siti già occupati e ora liberati dagli iracheni ci si imbatte in montagne di nuovissime armi americane e israeliane, sopratutto missili anticarro Tow. Pensate, perfino Rainews, con uno scivolone, ha fatto raccontare a un inviato di avere trovato piastrine e passaporti di soldati turichi e sauditi, Nato, in una base Isis, a Qamishili, 80 km dal confine turco. E, a fine ottobre, mentre l’Isis e Nusra si preparavano ad attaccare le linee di comunicazione siriane per Latakia, poi in effetti interrotte, ma riconquistate dal governo, le “incursioni” della Coalizione  contro i jihadisti sono calate da 4, il 20 del mese, a 0 il 29.
 Molti di voi che frequentate questo blog troverete che tutto questo è risaputo e scontato. Da tempo vi siete chiesti ma chi pensano di prendere per il culo. Che da quando si sono inventati Al Qaida contro i sovietici nell’ Afghanistan laico e socialista, per le Torri Gemelle, per altre nefandezze terroristiche ai fini di guerra infinita, da quando hanno lanciato i Fratelli musulmani, e relative malformazioni jihadiste, Al Nusra, “faccia umana del terrorismo”, e l’Isis, faccia subumana, in Egitto, Libia, Siria, Iraq, ogni dubbio sui padrini del terrorismo islamista si è dissolto. Sì, per noi quattro gatti che studiamo la storia, siamo dietrologhi e calcoliamo le convenienze. Non per il restante 90% della gente. Ma capitasse anche un solo boccalone tra queste righe, il seme rigoglioso del dubbio sarebbe caduto. Fosse vero che la Nato è la madre di tutti i terrorismi.
 
E l’Italia ne è un tentacolino. Ecco perchè non dovrebbe stupire quanto denuncia “Il Fatto Quotidiano”: “Bombe all’aeroporto civile di Cagliari. Un carico ad alto rischio, eseguito in una piazzola accanto agli aerei low cost,sotto gli occhi dei passeggeri. Giovedì mattina, mentre i viaggiatori rimanevano senza bottiglie d’acqua e tagliaunghie per ragioni di sicurezza, centinaia di missili costruiti nell’isola venivano stipati su un cargo in partenza per l’Arabia Saudita”. Stato Canaglia che, oltre a decapitare dissidenti e lapidare donne e bombardare da gennaio lo Yemen, è la fonte prima del jihadismo in Africa e Medioriente, come già nei Balcani. E in Libia, mentre i nostri amici golpisti, Fratelli Musulmani, impazzano, anche con i nipotini Isis, curandosi dei barconi da spedire in Italia, inviandoci avvertimenti come la devastazione del cimitero italiano, o profughi come cavallette, e mandando al diavolo il mediatore ONU, Leon, e i suoi tentativi di arrivare a un accordo nazionale, noi spediamo navi da guerra nelle acque territoriali libiche per minacciare il governo eletto, legittimo, laico, di Tobruk. Che non si azzardi a condurre con gli egiziani un’operazione militare per spazzare via jihadisti e fratelli maggiori. L’unica soluzione realística per quella unità nazionale líbica che da noi e in Occidente è vista come peperoncino negli occhi.
 
Campione mondiale di scacchi
Da una parte un diplomatico sopraffino, uno stratega militare che si muove poco, ma quando lo fa, in difesa sua e di altri, spariglia l’intero assetto geopolítico pianificato dai guerrafondai. In migliaia di incursioni ha non solo sconquassato lo Stato Islamico, favorito l’avanzata di iracheni, siriani, iraniani e Hezbollah fino ad Aleppo e Idlib. Ha anche disfatto, smascherando e inceppando l’intero meccanismo, la geopolítica occidentale e turco-saudita per il Grande Medioriente. Scacco al re. Quel bombardicchiare della Coalizione qua e là, soprattutto posizioni e infrastrutture dei paesi aggrediti, e i suoi padrinaggio e connivenza con la più mostruosa accozzaglia di psicopatici assassini e torturatori dai tempi dei crociati e di Gengis Khan. Volete una notarella umoristica? Lo stenterello toscano ammattito in Napoleone ha minacciato Putin: “O stoppa i bombardamenti contro  l’opposizione, o saremo costretti come Nato a prendere seri provvedimenti. Putin ha  tremato di paura. E ha risposto: “Renzi torni a fare il capo-scout invece di fare il soldatino della Nato”.
 
Un saluto ad Abdelmajid Touil, il ragazzo che il regime tunisino, omaggiato dal Nobel per la Pace a quattro organizzazioni che con la prima vera rivoluzione c’entravano poco, voleva impiccare per non aver partecipato alla strage del museo del Bardo a Tunisi. Abdel, era provato fin dalle prime ore, non c’entrava niente. Stava in Italia da prima e c’è rimasto dopo. Ha firmato il registro della sua scuola nel giorno dell’attentato e i suoi insegnanti lo hanno confermato. La sua famiglia è qui da anni. Ciononostante, animati da salvinismo acuto, dopo sei mesi di detenzione, ingiusta fin dal primo giorno, le autorità lo hanno sbattuto in un CIE. Finalmente l’hanno mandato a casa, ma senza togliergli la spada di Damocle dell’espulsione decretata dal questore di Milano. Malagiustizia dei tempi di Renzi, pari a quella di Omar Hashi, il giovane somalo che da 15 anni langue, innocente a ogni evidenza fin dal primo giorno, in carcere per essre stato accusato dell’uccisione di Ilaria Alpi da un fiduciario dei generali da coprire, che solo a febbraio ha ritrattato. Ora Omar, maltrattato nel CIE, è per il momento libero. Ma ha perso il senno. Se lo sono presi giudici e questurini.
 
Occhio al rettile ferito
Contaminata e poi uccisa la cultura, invertito il rapporto tra menzogna e verità, spossata la forza proletaria, popolare, intellettuale, costruito un sistema mondiale totalitario rastremato al vertice e frantumato alla base, instaurato il tempo del gangsterstato di polizia, ora locale, poi mondiale, e la guerra, motore del profitto e strumento malthusiano di selezione, il rettile ha ancora grandi risorse di potere e di potenza. E’ in difficoltà sul piano interno, economie allo sbando, tensioni crescenti, isolato a livello mondiale con il suo 16% di umanità detta “Comunità internazionale” e, di fronte, nuove forze più fresche, numerose, consapevoli, determinate. E un campione di scacchi. Ora sta in surplace in Medioriente, mentre altri prendono l’iniziativa. E’ in difficoltà come non mai dopo il 1989. Si aspettano colpi di coda. Sono capaci di tutto. E sono pazzi.
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Architetti & Ingegneri sconvolgono gli USA: “Le tre Torri distrutte da cariche esplosive”

PANAFRICOM/ 2016 L’ANNEE DE TOUS LES DANGERS POUR MALABO. QUI VEUT DESTABILISER LA GUINEE EQUATORIALE ? (PARTIE 2)

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Avec EODE-TV/ 2015 11 05/

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

PANAF - QUI GE 2 - complot 2016 (2015 11 05)  FR (1)

Parmi les cibles principales des puissances occidentales, le « noyau dur » du « nouveau Panafricanisme » : Idriss Deby Itno au Tchad et surtout le président équato-guinéen Obiang Gnuema Mbassogo. A la tête de ce que les experts qualifient « d’eldorado pétro-gazier », celui-ci est le modèle de la réussite du « soft power » géopolitique en Afrique. Influence culturelle et scientifique (notamment avec un  prix « Unesco-Guinée équatoriale en recherche scientifique »), modèle économique alternatif d’émergence, soutien aux médias panafricains, participation à la Francophonie et à son équivalent lusitophone. Horosco referens, le président équato-guinéen rend hommage « au regretté Colonel Kadhafi », à son œuvre et à sa vision de l’Afrique unie et du Panafricanisme.

 Contre le président équato-guinéen, des réseaux bien organisés aux USA et en France : ceux de la Galaxie Soros et de la NED, « la vitrine légale de la CIA », les spécialistes des « révolutions de couleur. Et ceux de la Françafrique, cette « fabrique des barbouzes ». Leur instrument : des Ong et autres associations fantoches. Et les groupuscules de la soi-disant « opposition équato-guinéenne en exil ».

 PANAF - QUI GE 2 - complot 2016 (2015 11 05)  FR (2)

LA REORGANISATION DELA CORED

 Au premier plan, la CORED, qui s’est réorganisée depuis quelques mois, visiblement avec l’aide du gouvernement français :

– Arrivée de Severo Moto (l’ex-chef de la propagande du dictateur fou Macias, au pouvoir de 1968 à 1979 à Malabo), putschiste invétéré (cinq tentaives déjà), qui se profile en leader ;

– Alliance avec le CDPS, un député au Parlement de Malabo, l’enfant-chéri des médias occidentaux (qui s’est également rapprochée de Severo Moto) et des groupuscules

comme le FDR ou le MAIB (indépendantistes de l’île de Bioko.

 La CORED, visiblement dirigée par de nouveaux mentors influents, a été dotée d’une surface politique élargie artificiellement :

– rencontre avec le premier ministre français Vals et le ministre des affaires étrangères Fabius, lors de l’invitation de la CORED et du CDPS au dernier congrès du PS français à Poitiers ;

– Tournée politique de Severo Moto et de la CORED à Bruxelles et Berlin, rencontre au Parlement européen (via le Groupe des VERTS), contacts aux affaires étrangères belge et allemande ;

– Création d’une ONG de Droit français, l’Asociation des Equato-Guinéens en France » (AEGF) sise Bld Haussmann à Paris ;

– Création de « CORED TV » (qui en fait est un site internet et produit des clips de propagande).

 Certains journalistes africains parlent à Paris d’un budget de DOUZE millions d’Euros (qui seraient puisés dans les fonds spéciaux du premier ministre Vals (et sans contrôle donc du parlement ou de la Cour des Comptes), pour démarrer ! On parle aussi de certains cercles du Groupe TOTAL …

PANAF - QUI GE 2 - complot 2016 (2015 11 05)  FR (3)

LES PARRAINS OFFICIELS DE LA CORED

La CORED est parrainée par le GROUPE DE VERTS au Parlement Européen, les VERTS

français spécialement. Jadis pacifistes et opposés à l’OTAN, les écologistes sont devenus une des formations les plus atlantistes en Europe, des « verts-kakis » (1).

Mais on retrouve aussi derrière la CORED, le PARTI DE GAUCHE de Jean-Luc Mélenchon, constituant du FRONT DE GAUCHE, extrême-gauche issue du PS français (2).

De grands médias ont été approchés et leur donneront accès, quand il le faudra (médias d’état

belges, français, allemand, TV5, BFMTV, etc). Pour l’instant le canal d’expression reste le Site de l’Association France-Guinée Equatoriale (très proche du Quai d’Orsay).

LA DESTABILISATION POUR LES ELECTIONS GENERALES DE 2016 EN GUINEE EQUATORIALE

2016 sera pour Malabo l’année de tous les dangers : présidentielle (le président Obiang Gnema Mbassogo va annoncer dans quelques jours au congrès du PDGE, le parti au pouvoir, à Bata sa candidature), législatives, municipales …

La déstabilisation sera évidemment au rendez-vous !

* Tout d’abord est prévu l’Axe Politique-Médias :

c’est le rôle de la CORED, alliée au CDPS (qui servira de cheval de Troie en Guinée Equatoriale même) et au PPGE de Severo Moto (celui-ci étant l’homme tout approprié pour une action directe). La CORED, mais surtout les réseaux qui l’instrumentalisent, agiront simultanément à Paris, Madrid (pour la  propagande en espagnol), Berlin et Bruxelles (Parlement européen et institutions européennes).

* Ensuite est prévu l’Axe Troubles et agitation de la jeunesse eu Guinée Equatoriale même :

Ce sera le réseau que la NED a pris en mains dès 2014 aux USA. C’est la NED et son allié,

les Réseaux Soros, qui organisent depuis 2014 les troubles au Burkina, Sénégal, Tchad, Gabon, RDC, etc (groupes activistes Balais Citoyen, Dégage, etc). La NED a des contacts avec la CORED et le CDPS. Des ONG sont aussi présentes.

Je pense que les troubles le dernier jour de la CAN ont été un TEST pour voir la réaction des autorités de Malabo, les moyens, la façon de réagir. Derrière évidemment on peut craindre pire …

* Un Axe Diplomatie est prévu dans le complot :

ingérence des Ambassades, utilisation des Centres français et espagnols, des centres culturels par les groupuscules de jeunes.

MAIS SURTOUT on va tenter d’imposer à Malabo une Mission de Monitoring à chaque

élection, via le Parlement Européen, l’UE, le soi-disant « Groupe d’amitié France-Guinée Equatoriale » de l’Assemblée nationale française. C’est une des demandes de la CORED et de sa « Déclaration de Paris », qui y demande la présence d’observateurs internationaux aux élections (3).

C’est le piège. Ces gens entendent venir délégitimiser les élections. Nous les avons vu trop souvent à l’oeuvre, en Russie en 2011 et 2012 notamment …

Luc MICHEL / PANAFRICOM

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

Photos : La CORED au siège de la NED à Washington (juin 2014). La CORED au Parlement européen (juillet 2015). La CORED et le CDPS au congrès 2015 du PS français avec Fabius.

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(1) Voir :

http://www.france-guineeequatoriale.org/paris-europe-ecologie-les-verts-sengage-aux-cotesde-la-cored/

http://www.france-guineeequatoriale.org/bordeaux-raimundo-ela-nsang-aux-journees-detedeurope-ecologie-les-verts/

http://coredge.org/soutien-eelv-a-la-campagne-de-la-cored/

 (2) Voir : https://www.lepartidegauche.fr/communique/guinee-equatoriale-la-fete-est-finie-31608

(3) http://www.cored.tv/Exporter3.htm

Tribunale dei Popoli. L’impatto del primo giorno con la Valsusa occupata

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VALSUSA NOTIZIE

Voci dalla Val Susa

Ha preso il via ieri l’importante iniziativa del Controsservatorio Valsusa con una visita all’area del cantiere tra mille ostacoli. Oggi sotto esame le altre grandi opere italiane.

Inserito il 6 novembre 2015

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di Gabriella Tittonel

Si è chiusa alle diciannove, alla Fabbrica delle “E” di Torino la prima delle quattro giornate promosse dal Controsservatorio Valsusa che vedono impegnato il Tribunale Permanente dei Popoli, organo che indaga sulle violazioni di diritti fondamentali a carico di cittadini e comunità, un tribunale di opinione, che esprimerà  domenica, dopo aver ascoltato le testimonianze  dei valsusini e di altre realtà, la propria sentenza sulla situazione che in  valle è determinata dalla presenza della grande opera del tav.

Con attenzione e coinvolgimento i componenti del tribunale hanno iniziato la loro visita in valle nel pomeriggio di mercoledi, con una visita alla Maddalena di Chiomonte, dove in prima persona hanno capito cosa veramente significa dover fare quotidianamente i conti con una valle militarizzata, con consegna documenti, barriere, muri, che delimitano terreni, strade e da anni hanno visto chiuso il museo archeologico, la necropoli. Con sgomento e con tanti nuovi interrogativi hanno così iniziato l’ascolto delle numerose  testimonianze dalla Valsusa, che si sono susseguite oggi, tutte circostanziate ed esaurienti e che hanno permesso di acquisire uno sguardo a trecentosessanta gradi su una situazione estremamente complessa.

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Foto: I giudici del Tribunale dei Popoli a Chiomonte

Abuso della forza e del diritto, militarizzazione: questi gli aspetti che fanno oggi riflettere maggiormente i componenti del Tribunale e che certamente oggi verranno riproposti, ascoltando le testimonianze di altre realtà (passante ferroviario di Firenze, Mose di Venezia, Muos, linee ferroviarie in Europa, la stazione Stuttgart 21 in Germania, la  miniera d’oro di Rosia Montana, l’aeroporto di Notre Dame de Landes, ma anche la situazione dell’America Latina).

Tutte situazioni che non possono non suscitare ulteriori domande sul senso della democrazia, sempre più spesso sospesa. (G.T. 6.11.2015)

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Foto: La testimonianza del prof. Tartaglia (Politecnico di Torino) al Tribunale dei Popoli

Torino-Lione: lo scandalo annunciato

In Francia è andato in onda un docuementario che riporta l’assurdità della linea Tav Torino-Lione.

di Claudio Giorno.

-Lione : indagine su una galleria da 26 miliardi

Oggi 4 novembre 2015 ore 23.25 la trasmissione “Prove convincenti” di France3 manda in onda il documentario
“Torino-Lione: inchiesta su una galleria da 26 miliardi”, di Ghislaine Buffard, Presenta: Patricia Loison

https://t.co/nUyQbUPv0L

“In modo equilibrato, dando voce ai “pro” e ai “contro”, Ghislaine Buffard mette in evidenza con metodo le carenze e le irregolarità del cantiere. Passa al setaccio le affermazioni dei promotori e dei difensori. Un’esperienza concreta, condotta con il cronometro in mano su un treno, dimostra che l’argomento di un risparmio di tempo di tre ore tra Parigi e Milano non è realistico. “Si tratta di una presentazione positiva”, “si semplifica un po’”, ammette il patron francese della Lione-Torino, con un sorriso forzato. L’argomento ecologico è rapidamente spazzato via, mentre sono esposti gli interessi politici e l’azione di lobby che sostengono il progetto, i possibili conflitti di interesse e gli scandali che costellano il dossier italiano … “

http://www.francetvinfo.fr/…/video-pieces-a-conviction-le-l…

Un risparmio di tempo di 1 ora e 25 minuti tra Parigi e Milano, questa la conclusione alla quale è giunta Ghislaine Buffard per “Prove convincenti”. Molto lontano dalla promessa dei promotori del titanico progetto di galleria.
Di fronte a questi nuovi dati la reazione di Hubert du Mesnil, presidente di TELT, struttura franco-italiana responsabile dei lavori di realizzazione e della gestione della futura linea ferroviaria : “Non siamo al minuto. Quando lei dice di fare Parigi-Lione in due ore, non sono mai due ore. E’ un ordine di grandezza”

Sinopsi della trasmissione
Mercoledì 4 Novembre alle 23:25 (durata 60’) su France 3
Torino-Lione: inchiesta su un  da 26 miliardi
Il progetto Torino-Lione, una galleria di 57 km scavata sotto la montagna per attraversare le Alpi con il treno, dovrebbe essere il cantiere più grande d’Europa, con un costo totale tra i 26 ei 30 miliardi di euro. Se i suoi sostenitori vantano un risparmio di tempo di tre ore sul collegamento ferroviario tra Parigi a Milano, la costruzione di questa galleria è controversa e scatena le passioni in Italia. L’interesse pubblico di una tale opera è davvero indiscutibile? Un’altra domanda importante si pone per il finanziamento di questo gigantesco progetto. L’indagine mette in evidenza che l’azione di lobby del settore delle costruzioni e di alcuni eletti locali è immenso, a volte in violazione delle regole e della legge.
La critica TV di Télérama del 31/10/2015
Torino-Lione: autopsia di uno scandalo annunciato
Quest’indagine rigorosa e documentata mette in dubbio la legittimità i del grande collegamento ferroviario tra Torino e Lione, la cui inaugurazione è prevista per il 2030. Sono 57 i chilometri della galleria scavata tra Saint-Jean-de-Maurienne e la Val di Susa, Italia, ai quali vanno aggiunti i 140 km di ferrovia tra Lione e Saint-Jean-de-Maurienne. Il costo di questo gigantesco progetto è stimato tra i 26 ei 30 miliardi di euro, la fattura è condivisa tra la , l’Italia e l’Europa. Nel 2012, un rapporto della Corte dei conti francese ha segnalato l’aumento esponenziale dei costi di progetto e l’assenza di un piano di finanziamento. Con un tale importo “potremmo costruire 300 ospedali, 1.200 scuole, oppure 2000 case di riposo”, osserva la giornalista …

(C.G. 04.11.15)

Pièces à conviction. Lyon-Turin : enquête sur un tunnel à 26 milliards

http://www.francetvinfo.fr/replay-magazine/france-3/pieces-a-conviction/pieces-a-conviction-du-mercredi-4-novembre-2015_1149121.html
A REVOIRPrésenté parPatricia LoisonDiffusé le 04/11/2015 

C’est une zone ultra-surveillée aux pieds des Alpes. Pour “Pièces à conviction”, Ghislaine Buffard a réussi à se rendre, après plusieurs passages à des check-points aux allures militaires, dans cet endroit hyper-sécurisé : le chantier du gigantesque tunnel Lyon-Turin. Grâce à 57 kilomètres de voies creusées sous le massif alpin pour les trains, le tunnel doit relier la France à l’Italie à grande vitesse. Une centaine de soldats sont déployés sur le site 24 heures sur 24 depuis que des opposants ont voulu investir l’endroit.

En Italie, les opposants ont déclaré la guerre au chantier. Côté français, le consensus a prévalu pendant longtemps. Mais voilà, son coût estimé entre 26 et 30 milliards d’euros commence à faire polémique. Personne ne sait aujourd’hui où trouver les milliards du Lyon-Turin. Pourtant, même sans financement, les travaux ont déjà commencé.

Combien la France va-t-elle payer pour ce projet faramineux ?

La France, l’Italie et l’Union européenne vont se partager l’addition du tunnel : 40% pour l’Europe, 35% pour l’Italie et 25% pour la France. Pourquoi un tel investissement ? Pour les défenseurs du projet, le gain de temps est un des arguments prioritaires. Hubert du Mesnil, le grand patron du projet, parle d’un “temps de parcours Paris-Milan de 4 heures au lieu des 7 heures actuelles”. Un argument balayé d’un revers de la main par les opposants au tunnel.

L’argument environnemental

Chaque année, 2,5 millions de poids lourds empruntent les routes entre la France et l’Italie. Pollution, nuisances sonores, accidents : une liaison ferroviaire entre Lyon et Turin pourrait les éviter. Celle-ci existe déjà pour les camions grâce au ferroutage créé en 2003 au tunnel du Fréjus, creusé sous le Mont-Cenis. Mais il tourne au ralenti : il n’engrange qu’un seul pour cent du trafic. Alors, pourquoi construire un deuxième tunnel ?

La Cour des comptes pointe le dérapage des coûts

En 2002, le projet de tunnel était chiffré à 12 milliards d’euros, puis l’addition est montée à 20, et 24, pour finalement dépasser les 26 milliards en 2012, et la facture pourrait encore s’alourdir, selon un rapport de la Cour des comptes. La note risque d’être salée. Trente ans après son lancement, on ne sait toujours pas comment financer ce projet pharaonique, résultat du lobbying de grands groupes du BTP et de certains élus locaux, parfois au mépris de la loi. L’inauguration du tunnel est prévue en 2030. Ce projet va-t-il nous mener droit dans le mur ? L’intérêt public d’un tel ouvrage est-il incontestable ?

La rédaction de “Pièces à conviction” vous invite à commenter l’émission sur sa page Facebook ou sur Twitter avec le hashtag #PacFTV.