Trovate armi della NATO e della Turchia nei depositi abbandonati dall’ISIS

Armi-NATO-in-Siria-3Armi della NATO nei depositi dell’ISIS
I terroristi dell’ISIS (Daesh in arabo) in Siria combattono con le armi ricevute dalla Turchia e dalla NATO, questo lo dimostrano (fra l’altro) le armi confiscate a questa banda nel nord della Siria.
Nell’ambito delle grandi avanzate fatte dalle forze siriane e curde nella provincia Nord di Al-Raqqa, le Forze Democratiche della Siria (FDS), formazioni Curde, hanno potuto confiscare grandi quantità di armi dell’ISIS.
Secondo le immagini diffuse su questo sequestro, tutte le armi e le munizioni, confiscate nelle regioni attigue alla centrale idroelettrica della riferita città, risultano di fabbricazione turca e di proprietà della NATO.
Tra gli armamenti si evidenziano i missili anticarro M72 LAW, di uso abituale da parte dei terroristi dell’ISIS prodotti dalla ditta turca MKEK (sigla in turco del produttore).
Gli armamenti confiscati includono, tra gli altri, un mortaio da 120 mm. e la sua base, un Kalashnikov e quattro casse di proiettili, un lanciamissili multiplo Katyusha, due archi di mortaio e vari proiettili di mortaio, 100 componenti di mortaio e di obici , una rampa di mortaio da 82 mm., un sacco di proiettili BCK, due radio digitali Hytera, una cassa da 27 mm. DHSK, 20 cartucce da mortaio da 120 mm., 26 cartucce da mortaio da 60 mm. e un sacco di capsule da mortaio.
Armi della NATO trasportate dalla Turchia in Siria
Allo stesso modo, le forze curde hanno potuto sequestrare veicoli blindati di fabbricazione USA come Humvee, un veicolo militare Reo e un camion pick -up di marca Ford, tutti inviati dal territorio turco.
Con riferimento ad equipaggiamenti accessori, aggiungono le fonti, sono stati confiscati una videocamera di marca Sony, un notebook portatile , un telefono ed alcuni documenti della banda terrorista.
Tutto l’equipaggiamento, secondo le fonti locali, risulta di fabbricazione turca o made in USA, e tutto con sigle identificative della NATO che si presume sia arrivato nelle mani dei terroristi attraverso la Turchia.
Con il fine di rovesciare il Governo del presidente siriano, Bashar al-Assad, controllare i movimenti dei curdi vicino le sue frontiere, e sotto il pretesto di combattere contro il terrorismo, la Turchia ha fatto l’impossibile per ravvivare le fiamme del conflitto nel paese arabo.
 
Rispetto a questo, la Turchia ha favorito, tra le altre misure , l’invio in Siria di elementi armati, mercenari jihadisti, terroristi, come nello stesso tempo ha fornito a queste bande armamenti ed aiuti di vario genere.
 
Nota:  Questo sequestro di armi trovate nei magazzini dei terroristi è soltanto uno dei tanti effettuati dalle forze curde, dall’Esercito siriano e da Hezbollah, in cui vengono sempre ritrovate armi di fabbricazione USA e con codici identificativi della NATO. Non rappresenta quindi una novità ma una ulteriore conferma che i terroristi dell’ISIS, nonostante le dichiarazioni ufficiali dei Governi, ricevono rifornimenti ed appoggio dalle potenze (USA, Arabia Saudita e Turchia) interessate a rovesciare il Governo di Damasco e smembrare il paese.
D’altra parte ci sono le dichiarazioni di alcuni degli stessi esponenti dell’establishment USA che confermano di questo appoggio fatto dai servizi di intelligence USA o direttamente dall’Esercito turco.
Il doppio gioco sul conflitto in Siria da parte di Washington ed Ankara continua, al di fuori delle apparenze. I gruppi terroristi islamici sono stati utilizzati, con tutta evidenza, per destabilizzare la Siria e favorire gli interessi delle grandi potenze. Questo dovrebbe far aprire gli occhi a coloro che che hanno creduto a tutte le falsificazioni della propaganda occidentale su questo conflitto che dura da oltre sei anni.
Mag 04, 2017  Fonte: Hispan Tv Traduzione e nota : L. Lago

La Russia ha distrutto 3000 autocisterne dei terroristi dall’inizio delle sue operazioni in Siria

L’Air Force russa ha distrutto oltre 3.000 autocisterne dei terroristi in Siria da quando ha iniziato le sue operazioni di lotta al terrorismo su richiesta del governo siriano
“Dall’inizio delle sue operazioni in Siria, la Forza aerea russa ha distrutto più di 3.000 camion cisterna e più di 200 impianti di raffinazione e di pompaggio di prodotti petroliferi,” ha dichiarato il vice direttore del Dipartimento Nuove sfide e minacce del Ministero degli Esteri russo, Dmitri Feoktistov.
In dichiarazioni rese alla stampa, Feoktistov ha spiegato che la distruzione della logistica dei terroristi, soprattutto nel settore energetico, è considerato un elemento chiave nella lotta al terrorismo.
D’altra parte, il funzionario russo ha criticato il rifiuto di Washington di sostenere la proposta di Mosca di imporre un embargo contro i membri del gruppo terroristico ISIS(Daesh, in arabo)La Russia 18 mesi fa ha sollevato agli Stati Uniti la necessità di imporre un blocco economico globale al gruppo terrorista
La Russia ha intrapreso la lotta terroristica in Siria dal settembre 2015  in seguito alla richiesta del governo del presidente siriano Bashar al-Assad.
 
Fonte: Hispantv   Notizia del: 04/05/2017

Tel Aviv: Il bombardamento nei pressi dell’aeroporto di Damasco fa parte della politica israeliana

Israel bombing Syria
È il secondo attacco aereo che Israele attua contro la Siria in poco più di un mese, sostenendo che sia necessario per la sua sicurezza, ma non è altro che l’ennesima aggressione contro un paese sovrano
Il bombardamento israeliano di ieri sera vicino all’aeroporto internazionale di Damasco fa parte della politica di Tel Aviv per impedire che le armi dell’Iran raggiungano alla Siria, ha dichiarato  che il Ministero dell’Intelligence di Israele, Israel Katz.
“L’attacco in Siria corrisponde completamente alla politica israeliana di per impedire il contrabbando di armi avanzate per l’organizzazione libanese Hezbollah dall’Iran attraverso la Siria”, ha spiegato Katz l’ennesimo atto di aggressione di Israele contro un paese in dispregio al diritto internazionale.
Inoltre, ha anche aggiunto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha dato l’ordine di agire ogni volta che “l’intelligence riceva notizie circa le intenzioni del trasferimento di armi avanzate a Hezbollah”.
Secondo le fonti citate da Reuters, Israele ha attaccato un deposito di armi e munizioni di Hezbollah.
 
Nel mese di marzo, le Forze di Difesa israeliane hanno lanciato attacchi aerei nei pressi di Damasco contro diverse postazioni militari siriane e un magazzino dell’esercito. Questo, e altri attacchi aerei in Siria erano state giustificate dal ministro della Difesa di Israele, Avigdor Lieberman, sostenendo che sono necessari per garantire la sicurezza del loro paese, che viene “prima di tutto”.
Fonte: Reuters – glz.co
 
Notizia del: 27/04/2017

L’Esercito siriano ha abbattuto un drone dell’ISIS che utilizzava una bomba della NATO

Terroristi-dellISISTerroristi dell’ISIS appoggiati dalla NATO
Il tipo di bomba seriale, utilizzata dall’ISIS per attaccare i civili nella zona di Abul Al Alaya, è stata identificata dall’Esercito siriano (NDF) come un proiettile GLV-HEF, di esclusivo utilizzo NATO, prodotto in Bulgaria.
Secondo l’NDF le forze siriane nell’area di Abul Al Alaya hanno abbattuto un drone utilizzato dall’ISIS per gli attacchi, mentre stava sorvolando le loro posizioni e bombardando i civili nella zona.
L’ISIS ha utilizzato queste bombe per colpire i civili nelle zone urbane di Homs e Deir Ezzor per diversi mesi, obbligando i militari siriani a monitorare constantemente i paesi e le città della nella Siria orientale.
Le forze governative siriane hanno difeso le popolazioni dall’ultimo assalto effettuato dai miliziani dei gruppi terroristi anche nella zona del sud est di Hama.
NATO-BombBombe prodotte per la NATO
Nota: Non è la prima volta che vengono scoperte armi di produzione esclusiva per la NATO in possesso dell’ISIS, questo è avvenuto quando l’Esercito siriano si è impadronito di alcuni depositi usati dal gruppo terroristico in varie zone del paese ed in questi depositi sono state trovate armi di fabbricazione USA destinate alla NATO.
 
ISIS Droni
Ad Aleppo, quando la città è stata liberata dalle forze governative, è stato ritrovato un bunker con alcuni ufficiali della NATO (fatti prigionieri) che dirigevano le operazioni dei gruppi terroristi arroccati nei quartieri est della città. Si è saputo che dalla  base in Turchia venivano inviate ai terroristi le coordinate, rilevate dai satelliti, per colpire gli obiettivi delle forze siriane.Vedi: South Front
Nessuna sorpresa quindi ma una ulteriore conferma della complicità della NATO con le operazioni dei gruppi terroristi in Siria per destabilizzare il paese e rovesciare il Governo di Damasco.
By Leith Fadel – 20/04/2017 Traduzione e nota: L.Lago Fonte: Al Masdar News

L’attacco alla Siria deciso da Trump segna la fine del “conflitto per procura” e si avvia al confronto diretto USA-Russia

Attacco-con-missiliAttacco USA contro la Siria
 
L’attacco ordinato da Trump in Siria, il dopo sei anni di guerra, rappresenta una svolta nel conflitto siriano che va oltre le apparenti conseguenze ipotizzate da vari osservatori.
Il cambio di scenario della guerra in Siria non viene dato dalla nuova fandonia o “false flag” precostruita dell’attacco chimico di Jan Cheijun, un episodio molto inattendibile, messo in dubbio dagli stessi servizi di intelligence USA  ma piuttosto dal successivo bombardamento dell’aeroporto di Al-Shayarat da parte della Marina da Guerra degli Stati Uniti, che si è esposta sul fronte di guerra senza pià sotterfugi, il che significa che le forze USA non si fanno più scudo dei loro intermediari ribelli o jihadisti.  (Vedi: Former CIA Officer: “The Intelligence Confirms The Russian Account On Syria”)
Una volta che gli USA hanno messo in chiaro le loro intenzioni, scoprendo il loro doppio gioco, tutti gli osservatori passano il testimone alla Russia: ci si chiede come ha incassato questa mossa, cosa non ha fatto e come potrà reagire. Dopo l’azzardata mossa di Trump, con l’improvviso attacco contro la base in Siria, la palla si trova adesso nel campo russo e la prima domanda da porsi è : per quale motivo i collaudati sistemi di difesa antiaerea non hanno distrutto i missili statunitensi.
Il giornalista francese Thierry Meyssan riferisce i commenti dei diplomatici arabi -algerini in particolare- secondo i quali lo stato Maggiore dell’Esercito statunitense aveva avvisato i russi in anticipo dell’attacco. Da quello conclude che il bombardamento era “concordato”, cosa che è molto pesante da affermare, e che inoltre non impedisce di riconoscere che Trump ha fatto un salto qualitativo che non aveva osato fare Obama.
Il bombardamento, aggiunge Meyssan, è stato irrilevante perchè l’aeroporto era vuoto ed in rovina e per il fatto che Trump continua comunque a prendere l’iniziativa cercando di cambiare la politica USA verso il Medio Oriente, riconquistando posizioni e cercando di sottrarre l’area mediorientale all’influenza russa. Vedi: Voltairenet.org
Alcune fonti russe vanno nella medesima direzione nel minimizzare i danni causati dal bombardamento. La stampa russa ha trasmesso i seguenti messaggi:
– La Siria è stata preavvisata dell’attacco ed ha ritirato i suoi aerei, le perdite sono state infime, “ha distrutto soltanto 9 aerei siriani in riparazione.
I sistemi di difesa antiaerea proteggono soltanto l’Esercito e l’aviazione russa, non le forze siriane;
Qualsiasi risposta avebbe presupposto una guerra nucleare con gli Stati Uniti.
In modo significativo, i portavoce del Pentagono hanno risposto alla prima delle questioni, che è realmente irrilevante, si sono dedicati a inviare foto alla stampa per dimostrare al mondo che i loro missili Tomahawk sono molto più efficaci di quello che dicono i russi. Il Daily Mail ha presentato tali foto, che giocano il ruolo del trofeo di guerra.
 
Le foto pubblicate non sono concludenti circa le perdite causate, tra le altre cose perchè in queste si vedono i rifugi di calcestruzzo per proteggere gli aerei da questo tipo di attacchi aerei. In ogni caso  l’obiettivo dell’attacco non era quello di causare danni all’aviazione siriana; neppure alla Siria. Per trattare militarmente con la Siria il Pentagono utilizza i suoi mercenari jihadisti . Per trattare con la Russia c’è invece necessità di altro tipo di strumenti.
Come abbiamo già sostenuto, l’attacco all’aeroporto era diretto contro la Russia e trasmette un messaggio inequivocabile, che il Pentagono, inoltre non ha mai cercato di occultare. Tra le dichiarazioni ufficiali e quelle ufficiose, hanno manifestato che “senza l’appoggio esterno” la Siria non avrebbe potuto portare a termine l’attacco chimico di Jean Shejun. “Sospettiamo che i siriani abbiano ricevuto aiuto”, ha dichiarato un alto ufficiale.
Come si vede, a Washington non vanno per il sottile; non soltanto sostengono la “favola” dell’attacco chimico ma vogliono coinvolgere in questo i russi (“l’appoggio esterno”).
A prescindere dalle conseguenze interne che l’azione di Trump produce a Washington, con un indubbio rafforzamento della sua posizione di “comandante in capo”, si deduce che in Siria sono finiti i giochi con gli intermediari, con i delegati ed i facenti funzioni.
 
La guerra combattuta per procura si avvia a diventare adesso uno scontro diretto tra USA e Russia.
“Come minimo i russi non sono stati capaci di controllare l’attività ” dei loro alleati siriani, dicono a Washington. “Non possiamo dire adesso quale ruolo abbiano potuto svolgere i russi” nel lancio dell’attacco chimico di Jan Sheijun.
 
“Tuttavia se esiste una prova qualsiasi o una accusa credibile, trarremo da questa le conseguenze al massimo delle nostre possibilità”, aggiungono le fonti statunitensi.
Al potere imperiale USA si possono rimproverare molte cose, eccetto la mancanza di determinazione. Il continuo riferimento alle “prove sicure” manifestato dal Segretario di Stato, Rex Tillerson, rappresenta la barzelletta propagandistica buona per l’apparato mediatico atlantista. Nel momento in cui gli USA hanno necessità di “incastrare” i russi, appariranno come per miracolo le prove che al momento sono inconsistenti.
I russi sono ben consapevoli della sfida che si prospetta e Putin è un uomo che ragiona a mente fredda e si riserva la sua prossima mossa. Con molta probabilità i missili Tomahawk non sono stati intercettati perchè c’era ancora un protocollo di intesa con il Comando USA. Questo spiega perchè le fonti russe hanno minimizzato le perdite.
La prima mossa successiva dei russi è stata quella di annullare il protocollo di intesa: d’ora in avanti gli aerei della coalizione che entreranno nello spazio aereo siriano lo faranno a loro rischio e pericolo. Sarà questa volta la Russia di Putin a decidere quando e dove fare la prossima mossa ma, nel frattempo, i possibili “incidenti” sul campo fra gli aerei USA e le forze russe-siriane sono dietro l’angolo. Uno qualsiasi di questi incidenti può determinare lo scontro e l’inevitabile conflitto tra le due superpotenze. Sarà questo che vogliono i circoli neocons di Washington e il Presidente Trump ne sarà consapevole?
di  Luciano Lago  Apr 09, 2017

Esercito siriano apre il fuoco contro un aereo USA di ricognizione su nord est della Siria

Contraerea-siriana-2Unità siriane
 
L’Esercito siriano ha confermato l’attacco contro un aereo di ricognizione USA che sorvolava le sue posizioni nel Nord-est della Siria, come ha riferito oggi una fonte militare ad Al-Masdar.
Secondo le informazioni ricevure l’aereo stava sorvolando la base del 54° Reggimento dell’Esercito siriano ad Al-Qamishli, quando il personale dell’istallazione ha aperto il fuoco contro l’aereo.
L’aereo USA si è immediatamente allontanato dalla base dopo essere stato attaccato dal fuoco della contraerea dell’Esercito siriano.
Trattasi del primo “incidente” avvenuto dopo l’atacco efffettuato dalle forze USA contro la base aerea siriana e dopo che la Russia ha annullato tute le procedure cautelative che consentivano agli aerei USA di entrare nello spazio aereo della Siria.
Fonte: Al -Masdar Apr 08, 2017

Che cosa accadrebbe se Washington rinunciasse al jihad?

ISIS-Jihad-Terror-Training-CampLa volontà del presidente Trump di combattere Daesh e porre fine al terrorismo internazionale è estremamente difficile da attuare. Infatti, danneggia gli Stati che l’hanno organizzato e comporta un riorientamento della politica internazionale. Il nuovo presidente statunitense non sembra in grado di dare ordini di passare all’attacco alle sue truppe fino a quando non avrà trovato e sigillato delle nuove alleanze.

DAMASCO (Siria) – L’opposizione che incontra il presidente Donald Trump è così forte che il piano di lotta contro Daesh, che sarà presentato il 22 marzo al vertice della Coalizione a Washington, non è ancora pronto. La sua linea politica è ancora sfocata. Solo l’obiettivo dell’eradicazione del jihadismo è stato messo agli atti, ma nessuna delle sue implicazioni è stata risolta.
Il generale Joseph Votel, capo del CentCom, non ha ancora presentato le opzioni sul campo. Dovrebbe farlo solo ai primi di aprile.
 
Sul terreno, si è quindi limitati alla condivisione delle informazioni tra gli statunitensi da un lato, i russi e gli iraniani dall’altro. Per mantenere le cose come sono, le tre potenze hanno convenuto di prevenire uno scontro tra turchi e curdi. E dei bombardamenti intensi sono condotti contro al-Qa’ida in Yemen e contro Daesh in Iraq. Ma nulla di decisivo. L’attesa è d’obbligo.
In nome e per conto di Londra e Washington, l’arma del terrorismo internazionale è gestita dalla Lega islamica mondiale fin dal 1962. Essa comprende sia la Confraternita dei Fratelli Musulmani (composta da arabi) sia l’Ordine della Naqshbandiyya (composto principalmente da turco-mongoli e caucasici).
Fino alla guerra dello Yemen, il bilancio militare della Lega era più importante di quello dell’esercito saudita, di modo che la Lega risulta essere il primo esercito privato del mondo, distaccando di gran lunga persino Academi/Blackwater.
Benché si tratti solo di un esercito di terra, è tanto più efficace in quanto la sua logistica dipende direttamente dal Pentagono e dispone di numerosi combattenti suicidi.
Questa è la Lega – vale a dire i Saud – che fornì a Londra e Washington il personale che organizzò la seconda “Grande Rivolta Araba” nel 2011, sul modello di quella del 1916, ma sotto il nome di “Primavera araba”. In entrambi i casi, si è trattato di fare affidamento sui wahhabiti per ridefinire i confini regionali a beneficio degli anglosassoni.
Non si tratta quindi semplicemente di abbandonare l’arma del terrorismo, ma anche:
– Di rompere l’alleanza tra Londra e Washington per il controllo del Medio Oriente allargato;
– privare l’Arabia Saudita e la Turchia dell’arma che sviluppano per conto di Londra e Washington da mezzo secolo in qua;
– determinare il futuro del Sudan, della Tunisia e della Libia.
Inoltre, occorre anche trovare un accordo con la Germania e la Francia che hanno ospitato i dirigenti della Fratellanza dal 1978 e hanno finanziato il jihad.
Già ora, vediamo che il Regno Unito non ci sente da quest’orecchio.
Si scopre che è stato il GCHQ (servizio di intercettazione satellitare britannico) ad aver sottoposto la Trump Tower a intercettazioni durante la campagna elettorale e il periodo di transizione. Mentre, secondo l’agenzia giordana Petra, l’Arabia Saudita ha finanziato segretamente un terzo della campagna elettorale di Hillary Clinton contro Donald Trump.
Questo è il motivo per cui il presidente Trump sembra cercare nuovi alleati per permettergli di imporre un tale cambiamento.
Sta ora organizzando un incontro con il presidente Xi Jinping, durante il quale potrebbe pianificare l’adesione del suo paese alla Banca per gli investimenti cinese. Metterebbe allora i suoi alleati davanti a un fatto compiuto: se gli Stati Uniti partecipassero alla costruzione delle Via della Seta, diventerebbe impossibile nel Regno Unito, in Arabia Saudita e in Turchia, in Germania e in Francia, continuare il jihad in Iraq, in Siria e in Ucraina.
Fonte: Al-Watan (Siria)  di Thierry Meyssan – 20/03/2017  Fonte: Megachip

RAPPORTO. Washington non ha dichiarato migliaia di attacchi aerei condotti in Siria, Iraq e Afghanistan

grazie premio Nobel per la pace Obama.  YES HE COULD, YES HE DID

Secondo l’ultima indagine condotta da Military Times, l’amministrazione Obama ha dimenticato di includere nella sua relazione sulla lotta contro il terrorismo qualche migliaio di scioperi contro la Siria, l’Iraq e l’Afghanistan.
L’esercito americano avrebbe omesso migliaia di attacchi aerei mortali condotti per diversi anni in Iraq, la Siria e l’Afghanistan, ha rivelato un’inchiesta della rivista Military Times. L’enorme divario di dati solleva seri dubbi circa la trasparenza dei progressi riportati contro lo Stato islamico, al-Qaeda e i Talibani, e mette in discussione l’accuratezza delle altre comunicazioni del Dipartimento della Difesa che documentano tutto, dai costi delle operazioni al conteggio delle vittime.
Per il 2014,  l’amministrazione Obama avrebbe dichiarato un numero di attacchi aerei di molto inferiore a quelli dichiarati dalle forze aeree (di 6000).
Nel 2016, la US Air Force ha dichiarato che la coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti aveva condotto almeno 23.740 attacchi durante lo scorso anno, mentre il Pentagono parla di “soli” 17.861.
Nel solo 2016, gli aerei da combattimento degli Stati Uniti hanno condotto almeno 456 attacchi aerei in Afghanistan che non sono stati registrati come parte di un database open-source gestito dalla US Air Force, informazioni invocate dal Congresso, alleati americani, gli analisti militari, ricercatori accademici, i media e gruppi di controllo indipendenti per valutare il costo e il tributo di vite umane di ogni guerra.
Ancora più allarmante, scrive la Rivista, è la prospettiva che questi dati siano stati incompleti sin dall’inizio della guerra al terrorismo nel mese di ottobre 2001. Se questo è il caso, verrebbe fondamentalmente minata la fiducia in gran parte di ciò che il Pentagono ha rivelato circa la sua prosecuzione di queste guerre, inducendo i critici a sostenere che l’Esercito ha volontariamente cercato di indurre in errore il pubblico americano, e mettendo in dubbio la competenza con la quale si sta eseguendo la raccolta e la pubblicazione di questi dati. Altri dati includono perdite in combattimento di vite americani, spese del contribuente e il progresso complessivo nel degradare le capacità del nemico.
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Notizia del: 06/02/2017

Mosul e Aleppo, attenti alla propaganda

Ci avete fatto caso? Ora che potrebbero parlare liberamente, raccontare a tutti i giornali e alle Tv che cos’hanno visto e subito ad Aleppo, sono spariti tutti. Clown, pediatri, ragazze disposte a suicidarsi piuttosto che vivere sotto Assad, elmetti di ogni colore, attivisti fino a qualche giorno fa impegnati a rifornire le Ong di notizie terribili, mamme disperate. Solo la bambina che twittava sotto le bombe è rispuntata per recarsi in Turchia a prendere un premio da Recep Erdogan (lui sì, un modello di umanità). E ha potuto farlo proprio perché ribelli e jihadisti hanno infine sgombrato i quartieri di Aleppo Est.mosul-propaganda
“Così va spesso il mondo” scriveva Alessandro Manzoni a proposito di quella che, nei Promessi Sposi, viene definita “la notte degli imbrogli e dei sotterfugi”. Però la lezione di Aleppo va tenuta ben presente perché sulla devastata città della Siria si è giocata una partita di propaganda che va ben oltre la già drammatica situazione particolare.
Nei quartieri per anni occupati da ribelli e jihadisti stanno saltando fuori le solite fosse comuni piene di corpi di civili, torturati prima di essere ammazzati. Dico le “solite” perché il rito atroce si è ripetuto ovunque l’Isis abbia dovuto cedere terreno. Nell’estate scorsa l’Associated Press, studiando immagini satellitari e confrontandole con testimonianze raccolte sul campo, è riuscita a localizzare 72 fosse comuni in zone appena abbandonate dall’Isis.
In quelle buche (alcune scavate nei giardini pubblici e nei campi da calcio delle città) erano stati scaraventati tra 5 mila e 15 mila corpi. Al confronto, i civili morti ad Aleppo sotto le bombe russe e siriane sono un’inezia.
Questa osservazione va fatta non per cinismo ma, al contrario, per spirito umanitario. Le persone innocenti chiuse in quelle fosse sono cadute per mano dei jihadisti dell’Isis ma anche a causa del fatto che la guerra mossa contro l’Isis in Iraq dalla coalizione guidata da Usa e Arabia Saudita è andata al rallentatore. Anzi: è stata una guerra finta, di soli bombardamenti che misteriosamente colpivano soprattutto il deserto. Nell’evidente speranza che, intanto, l’Isis desse il colpo decisivo ad Assad. Mentre tutti, in Medio Oriente, supplicavano la coalizione di intervenire con maggiore decisione e mettendo, come si dice, “gli stivali sul terreno”.
 
Tutto quel traccheggiare, ovviamente, si è scaricato sulla popolazione civile. Ed ecco le fosse comuni. Piene di morti che sono figli di nessuno, per i quali nessuno si prende la responsabilità, nonostante che siano stati vittime anche di una precisa scelta strategica.
Siriani e russi hanno fatto il contrario. Con i raid e le incursioni hanno certamente provocato vittime tra i civili. Ma hanno accorciato la guerra e, così facendo, hanno anche risparmiato molte vite.
Per capirlo, senza farsi intortare da clown e pediatri, basta osservare quanto accade a Mosul. A due mesi dall’inizio dell’offensiva per liberare la città, le operazioni militari sono ferme e l’Isis è così poco preoccupato da aver distaccato dal fronte iracheno qualche migliaio di miliziani per mandarli a riconquistare Palmira, in Siria. Questo accade perché anche a Mosul l’alternativa è sempre quella. O attacchi e risolvi in fretta il problema, e così facendo provochi vittime tra i civili come sempre succede in situazioni analoghe (vedi per esempio Gaza, o Fallujah in Iraq nel 2004, o Grozny in Cecenia nel 1994-1995); oppure esiti, e così facendo lasci che i civili restino ancor più a lungo in balia dell’Isis, con le conseguenze ben note.
I generali americani e il Governo iracheno lo sanno bene. A Mosul hanno fatto la scelta politica di bloccare l’avanzata e abbandonare i civili al loro destino. È una scelta legittima ma non più nobile o meno cruenta di quella opposta di accelerare le operazioni, com’è stato fatto ad Aleppo. Quando anche a Mosul salteranno fuori le fosse comuni lo capiremo meglio. A dispetto di clown, pediatri, aspiranti suicide e bambine con la mania di twitter.
di Fulvio Scaglione – 03/01/2017