8 Marzo postscriptum: SEBBEN CHE SIAMO DONNE

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 8 MARZO 2017

A partire da quello davvero acuto e stimolante di Sergio Martella, riporto qui sotto alcuni interventi sulla guerra di genere di cui le varie marce e manifestazioni delle donne, da quella contro Trump allo sciopero di oggi, sono espressione voluta, non tanto da chi vi partecipa, quanto da chi queste iniziative promuove, sponsorizza, finanzia. Rimpiangendo le eroiche suffragette di inizio secolo e inchinandoci davanti a compagne, come l’honduregna Berta Caceres, che, soprattutto nel Terzo Mondo, hanno sfidato colonialismo, imperialismo, capitalismo, tutti strutturalmente transgender, possiamo immaginare oggi alla testa di questi cortei, invisibile ma emblematica presenza, un bello squadrone a passo dell’oca: Hillary Clinton, Madeleine Albright, Golda Meir, Margaret Thatcher, Condoleezza Rice, Samantha Power, Victoria Nuland (“Fanculo Europa”), Suzanne Nossel (ex-direttore di Amnesty International), Angela Merkel, più qualche velina vernacolare, tipo Federica Mogherini, Roberta Pinotti, Maria Elena Boschi, Elsa Fornero, Marianna Madia e l’impareggiabile sgovernante della Camera, imparziale ghigliottinatrice renzista di oppositori, Laura Boldrini. Tutte oggi in prima fila nel denunciare come, in quanto donne, abbiano subito violenza ed emarginazione. Passati questi stivali con tacchi a spillo ci rimane il deserto. Di macerie, sangue, ossa, morte. Perlopiù di donne.

Di questa rappresentazione dello stato di cose presenti un esempio calzante lo fornisce l’edizione odierna del “manifesto”, storico house-organ del femminismo inteso come strumento per il superamento di qualsiasi conflittualità che non fosse quella tra maschi e femmine. Il numero dell’8 marzo lo esemplifica nella gerarchia delle notizie. Sei pagine alle donne in piazza in 40 paesi, nelle quali si incontrano titoli come “Libere tutte”, “Un nuovo popolo internazionale guidato dalle donne”, “I politici abbiano il coraggio di dirsi femministi” (Laura Boldrini), “Il femminismo, una chiave di volta globale”. Dove la donna in quanto tale, non quella più brava e giusta, diventa categoria politica indefettibile. Non dimenticando in quale contesto questo primato femminista il “manifesto” è chiamato a collocare, la prima pagina si apre e un paginone interno si dedica alla più recente delle operazioni Cia per distruggere la Siria, donne comprese: il rapporto di “Save the children” (2011: “Gheddafi riempie di Viagra i suoi soldati perché stuprino anche i bambini”. 2013: “Ah no, scusate, falsa informazione”) sulla malasorte dei bambini in Siria. Sulla base delle solite interviste anonime si sparano dati a cazzo sui milioni di bambini siriani morti, mutilati, traumatizzati, affamati, depressi, orfani, insonni, suicidi, privi di casa, scuola, salute.

Naturalmente il problema c’è, ma la grottesca esagerazione del dato e l’attribuzione della colpa, ossessivamente ripetuta, esclusivamente a bombe e bombardamenti , per definizione “di Assad”, insudicia la finta preoccupazione umanitaria. Esce allo scoperto lo scopo, avallato con entusiasmo dal “manifesto”: annientare ogni riferimento a chi questa tragedia ha causato, iniziato, condotto fino a oggi con la sua aggressione e i suoi subumani mercenari, occultare gli immani sforzi che il governo di Damasco compie e, con successo, per assicurare vita e fabbisogno sociale ovunque le sue eroiche truppe riescono a strappare pezzi di Siria al carnefice. E chi, per il “manifesto”, ha “ucciso l’infanzia dei bambini siriani”? Una roba astratta: “lo stress tossico”. Come quando si parla di spirito santo per l’inseminazione di Maria. Non li puoi mica catturare e processare, lo spirito santo e lo stress tossico. Aggressori genocidi come Obama e Hillary, magari sì. Ma di loro non si parla.


Come non se ne parla nel modestissimo colonnino che il “quotidiano comunista” dedica alla bomba mondiale del giorno, al più grosso scandalo politico della congiuntura, sul quale tutti, perfino i media più atlantico-talmudisti della marca italiota aprono con spazi ed enfasi da evento epocale. Eppure è di stretta pertinenza dei dioscuri del “manifesto”, Barack e Hillary, la CIA. Tanto che oggi, in nome e per mandato loro, si avventa sul successore cercando nei modi più sporchi di farlo fuori. Prima Trump scopre che, commettendo una fellonia da alto tradimento, Obama lo ha fatto spiare in casa durante la campagna elettorale. Poi, altro che la ridicola bufala degli hacker di Putin, l’impareggiabile Julian Assange, terzo in una serie di eroi-martiri della verità, dopo Chelsea Manning e Edward Snowden, annega per sempre il maggior serialkiller della lista dei presidenti Usa e la sua immeritata fama, sotto un oceano di crimini contro l’umanità ordinati alla CIA e agli altri servizi segreti, anche esteri, perpetrati con la distruzione tecnologica di ogni identità, libertà, riservatezza di milioni di persone. Schermi e attrezzi elettronici che ti ascoltano, guardano, registrano, seguono, perseguitano, violano. Sapere tutto di tutti per la sorveglianza, il controllo, il ricatto, il dominio totali. Lo dobbiamo a Obama e a chi gli ha fornito gli strumenti: gli scienziati pazzi, ma lucidi, di Silicon Valley da cui, poco fa, l’App Renzi è andato a farsi risettare.

Tutto questo è demagogia, lo riconosco, e dice poco sul tema, nel quale primeggia, al di là delle fregole di potere di un movimento delle donne che pratica l’androfobia per gli stessi nobili fini per cui i famelici di guerre si sfondano di russofobia, la condizione storica della donna. Quella che arriva da noi ridotta in condizioni effettivamente pietose se riportata all’evo del primato matriarcale pre-ellenico. Età in cui le donne, scoperta l’agricoltura e sottratta l’alimentazione ai barbuti cacciatori, avevano inventato la Grande Dea, monopolizzato il potere e se azzardavi una corteo maschilista, finivi , sgozzato dalla regina, a spargere seme e sangue sui solchi da fertilizzare. Ne rimase qualche eco nel mito delle Amazzoni. Ma da Zeus in poi la condizione si fece iniqua, altamente discriminatoria sul piano economico e politico, non necessariamente su quello umano o famigliare, dove la custode del focolare e dei procreati conservava il mestolo del comando. Per uscirne c’è voluta una lotta di donne che, per intelligenza, coraggio e sincerità, stanno alle marciatrici di oggi come una parmigiana sta a un hamburger di McDonald’s. Ma chi se le ricorda le suffragette?

La spiegazione è stata vista, da un femminismo che si confronta col maschilismo in termini speculari, in un patriarcato che, scisso da condizioni economiche, ambientali e dai rapporti di produzione, trae la sua origine unicamente dalla natura violenta e prevaricatrice del maschio. Violenza che, considerando l’esiguità di muscoli e struttura ossea, non farebbe parte di un’identità femminile, interamente dedita alla vita, alla cura, agli affetti . Si annebbia l’idea che la persona, donna o uomo che sia, possa essere brava o stronza, violenta o nonviolenta, indipendentemente dal genere. E se eccezioni negative appaiono tra le donne, è solo perché in loro si è verificato un processo di mascolinizzazione. Concetto privo di base scientifica e clamorosamente smentito dall’osservazione della realtà, ma utilissimo ai processi gemelli di vittimizzazione delle une e colpevolizzazione degli altri. Processi, come Israele esemplifica meglio di qualunque altro fenomeno, utili al perseguimento del dominio.

Io sono uno che ha maltrattato alcune donne. Ma io sono anche uno, dei tanti, che da alcune donne, con ruolo particolarmente vigoroso della mamma che mi ha riempito di botte e cultura, è stato maltrattato. Loro portano le ferite che gli ho inflitto. Io porto i traumi venutimi da loro. Non è difficile individuare se sia venuto prima l’uovo o la gallina. Ma la catena ancora non si è rotta e la guerra che continua, continua a distoglierci dalle guerre che si dovrebbero combattere insieme. Succede agli arabi quando siano sciti e sunniti e agli uni è fatto credere di essere più giusti degli altri. Forse però un equilibrio si stabilirebbe, se il colto e l’inclita, infrangendo il muro del frastuono delle femministe anti-maschio (e mai anti-Nato e, dunque, anti-fine del mondo per grazia capitalista), facessero mente locale alla mamma, che è sempre la mamma, di cui ce ne una sola e tutte le altre sono puttane, che a forza di unicità, dimensione divina, ricatto affettivo, il maschio se lo ricaccia metaforicamente nell’utero, diventandone inizio e fine. Di androfaghe non è la sola.Un po’ come pretende la Chiesa, che non per nulla si dice madre.


Ciò che non mi torna è che, a fronte di un gigantesco apparato di mobilitazione femminile contro l’altro genere, la piattaforma della manifestazione pervicacemente ignora ciò che i due generi uniti in operativa simbiosi, tipo Hillary-Barack, Condoleezza-Bush, Pinotti-Renzi, combinano, specificamente alle donne, con le bombe sui loro padri, figli, mariti, case, campi, con gli stupri delle soldataglie proprie o surrogate, con lo sradicamento e la dispersione nel vento a forza di ordigni economici e climatici, con lo stritolamento sociale che impone doppi e tripli lavori casa-fuori casa, con figli/e che non trovano né asili, né scuole sostenibili, né lavoro. Esempio di mia fresca esperienza: Eritrea sotto sanzioni Onu-Usa-UE volute specificamente dalla donna Clinton che allora era segretaria di Stato del solito Obama. Sanzioni come sempre in prima linea contro le donne, architrave di ogni società, specialmente quando condizioni di penuria le caricano di oneri superiori. Una donna che nell’ultima contesa elettorale le femministe (e il “manifesto”) invitavano a votare. Una donna che si avventava su donne che avevano combattuto per la liberazione e, in simultanea, avevano potuto emanciparsi agli occhi di se stesse, prima ancora che agli occhi dei maschi. Donne che non si sono scordate di se stesse e del loro specifico genetico e storico, ma che frequentano, accanto al Kalachnikov, lo stetoscopio, la benda, l’ago e la sutura, il mestolo e il fuoco, la cattedra e i banchi.

Domanda finale: ma una marcetta, un piccolo presidio, uno sciopericchio, una raccoltina di firme, contro quelli che vi hanno fregato, più di qualsiasi maschilista sciovinista paternalista patriarcale, nei secoli dei secoli, contro i preti mai?

A seguire gli altri interventi.

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Sergio Martella ha aggiunto 3 nuove foto — con Fulvio Grimaldi e altre 27 persone.

“SCIOPERO DELL’8 MARZO”

UN GRANDE MOVIMENTO REAZIONARIO COSTRUITO PER LE DONNE (che ci stanno) E PER FOMENTARE L’ODIO DI GENERE.
Le sole motivazioni sono il conflitto tra i sessi e lo spostamento delle reali tematiche di lotta e di diritti di emancipazione sociale su posizioni reazionarie e sessiste.
Non si parla di diritto all’aborto assistito, di diritto e tutela sul lavoro, di maternità consapevole e protetta, di potenziamento dei servizi pubblici, di diritto alla salute, scuola e asili nido. Nulla di tutto questo .

La violenza è l’unico slogan che cancella la pianificazione oppressiva del potere come causa comune del disagio e dell’illegalità diffusa ed offre all’ignoranza acefala di chi ci vuole credere un unico capro espiatorio: il maschio in quanto tale.

Tutto è riscritto solo e soltanto al femminile come se oppressione e sfruttamento fossero temi da subordinare ad un discorso sessista e criminale che accusa il “maschio” come causa di violenza. Non esiste la violenza delle donne contro le donne, contro gli uomini e contro i figli? Siamo proprio sicuro che non esista?

Questo approccio e fascista e razzista. La violenza non ha genere ma genera dalla maleducazione familiare, dall’ingiustizia, dall’educazione religiosa e da tanta tanta ignoranza come questa messa in campo a livello di massa.

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Sergio Martella. Infatti ma il grave è che la campagna mediatica è orchestrata al pari di altre tematiche obbligate e dirette (bullismo, gender, meningite, terrorismo mediatico e finanziario…). Fa appello ad istanze falsamente progressiste in realtà reazionarie ed evita appunto di focalizzare il saccheggio di servizi, dignità e diritti sociali.

Sergio Martella
Fulvio Grimaldi vero è che la violenza della donna sul mondo maschile sui figli è proporzionale al potere affettivo del suo ruolo ma è anche proporzionale alla sua alienazione e alla oggettiva sofferenza di una fisiologia in continua contiguità con il dolore e con il sangue. I misteri eleusini del dionisiaco erano sanguinari come tutti i riti matriarcali, proprio per la natura proiettiva della percezione esistenziale e fisiologia della sua condizione connessa a doglie, dolori mestruali, parto, menopausa, setticemia e sessualità violenta. Oggi è molto diverso, il corpo della donna ha ben maggiori tutele. Molto però resta da fare. Soprattutto nella mancanza di rispetto che ancora la madre ha per la figlia vissuta come concorrente. L’ ambivalenza in questo campo è deleteria, genera ancora troppo conflitto e mancanza di autostima nelle giovani donne. Lo scarico sul maschile e contro il maschio ne è la conseguenza. Infine bisogna precisare che non esiste un “patriarcato” come alternativa al matriarcato: siamo mammiferi, non “babbiferi”. L’alternativa alla violenza del matriarcato non è un inesistente patriarcato (oggi meno che mai!9 ma la civiltà sociale, la Polis! I rapporti sociali che sopravanzano quelli del privato egoistico famigliare. In questi Bacofen, Neumann ed altri autori sono concordi.

Fabrizio Marchi Sergio Martella ovviamente…l’altra faccia della tragedia, dal mio punto di vista, è che tutta la sinistra, anche quella comunista, abbia aderito e aderisca pedissequamente a questa campagna di criminalizzazione sessta, sia pur camuffata di “progressista e di sinistra”. Una forma di cecità che ormai da tempo non esito a definire patologica…figlia di un dogmatismo e di un’ottusità purtroppo duri a morire…

Fabrizio Marchi Artemisia Mazzotta appunto, c’è una sorta di celebrazione del femminile in corso da molto tempo che avviene contestualmente ad un atteggiamento di passiva e supina accettazione da parte dei maschi, ormai per lo più psicologicamente spappolati dopo decenni di colpevolizzazione. E’ ovvio poi che la capacità del femminismo di occupare la psiche dei maschi è dovuta ad una fragilità intrinseca di questi ultimi dovuta al condizionamento materno. Ma ovviamente su questo cala il sipario perchè se si dovesse ammettere che in realtà le donne e soprattutto le madri esercitano un potere enorme sui figli e sulle figlie il femminismo si squaglierebbe come neve al sole…

Monica Lisi

Essendo donna trovo assurdo che nella giornata internazionale della Donna non vengano trattati i temi per noi più importanti. Il diritto all’aborto, politiche che ci tutelino come madri nei luoghi di

La violenza non è mai di genere,ma è un sintomo di problematiche profonde e affonda le radici nella famiglia e nella società. Penso che una lotta tra i sessi e il concetto di violenza di genere non fanno altro che dividerci e questa divisione giochi a favore del potere politico ed economico. C’è bisogno di un nuovo femminismo che a differenza del vecchio femminismo che insieme alle giuste lotte che hanno portato all’ottenimento di tanti diritti ( che oggi ci stanno togliendo), non faccia l’errore nel vedere anche nel genere maschile la fonte del proprio malessere. Dovremmo vederci, uomini e donne, incontrarci per dibattiti e riflessioni su questi e altri temi. Metto a disposizione la sede della mia associazione ( Viva.Io) se necessario

 
8 Marzo postscriptum: SEBBEN CHE SIAMO DONNEultima modifica: 2017-03-15T15:24:00+01:00da davi-luciano
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