I nemici del popolo oggi non hanno la bandiera nera, ne rossa: ma il “colletto bianco”…

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Ecco come l’organo di stampa dell’attuale “Partito Democratico” diede la notizia della morte di un SANGUINARIO DITTATORE, che ha sulla coscienza almeno 20 milioni di morti. Un macellaio che non ha niente a che invidiare a Hitler in quanto a disumanità. Ai tempi dell’URSS i dissidenti finivano nei gulag; bastava che un vicino di casa denunciasse di “aver sentito tizio criticare il governo” per finire ai lavori forzati in condizioni non dissimili da quelle dei lager nazisti.

 Rimarrà alla storia il “non un passo indietro“, motto mitizzato dai figli di papà a cui piace fare i rivoluzionari con la maglietta di Che Guevara e la bottiglia in mano. “Non un passo indietro” i sovietici lo dicevano ai giovani militari che mandavano al massacro al fronte; uno davanti con il fucile, un altro dietro pronto a raccogliere il fucile quando moriva il “compagno”; e se osavi tornare indietro, ti sparavano loro.

 La storia la scrivono i vincitori: pertanto mentre i massacri nazisti sono stati enfatizzati, quelli sovietici sono stati nascosti; probabilmente conosciamo solo una minima parte delle angherie, dei crimini contro l’umanità, delle MOSTRUOSITA’ commesse sotto l’effige della “falce e martello”, simbolo di MORTE E SOFFERENZA non meno della svastica, alla quale qualcuno, incredibilmente, si ispira ancora oggi.

 Per esempio l’eccidio di Katyn, dove i russi sterminarono 22.000 polacchi, seppelliti in fosse comuni incolpando i nazisti: solo nel 1990 è venuta fuori la verità, i veri responsabili di questa brutta pagina di storia che non trova menzione in nessun libro di scuola, nessuno sembra volerla ricordare…

 Il 19 Ottobre scorso, ho partecipato alla manifestazione di Roma; doveva essere una manifestazione contro l’austerity, contro i poteri forti, contro i banchieri-eurocrati che ci stanno lasciando in mutande, anzi le mutande ce le hanno già tolte da un pezzo, ci stanno spellando vivi. In questo paese ci sono 4,1 milioni di persone che hanno problemi a garantirsi un piatto di minestra e se non sono molti, molti, molti di più, è perché milioni di persone sopravvivono grazie ai risparmi dei genitori, dei nonni, grazie alle ricchezze accumulate nel passato, alle quali oggi attingono per vivere. Ma nonostante tutto, la maggioranza dei cori che intonavano i numerosi manifestanti sventolanti bandiera rossa, erano rivolti al fascismo.

 Preciso che NON TUTTI i manifestanti erano come sopra descritto; erano presenti anche i Comitati per l’acqua pubblica, i No Tav, gli sfrattati e altri gruppi che non avevano ne la bandiera rossa, ne intonavano cori “antifascisti”, ma quest’ultima categoria era quella visibilmente più numerosa. Più che ad una manifestazione contro la crisi, sembrava di essere ad una festa, magari il 25 Aprile, comunque niente a che vedere con una protesta contro la crisi.

 In un contesto così, i massoni bilderberghini, trilateralisti, banchieri & mondialisti vari, possono dormire tra 2 guanciali… nessuno romperà loro le uova nel paniere.

 Forse sarebbe il caso di consegnare alla storia certe ideologie, che hanno prodotto solo danni all’umanità (ovviamente non mi riferisco solo all’estrema sinistra, ma anche all’estrema destrasuperando le divisioni e unendoci contro i VERI oppressori, che oggi non hanno ne la bandiera rossa, ne la bandiera nera: ma hanno il “colletto bianco”…

 Alessandro Raffa

http://www.nocensura.com/2013/10/i-nemici-del-popolo-oggi-non-hanno-la.html

COLTO CON LE MANI NEL SACCO-MANNI

Di comidad  del 31/10/2013 

Assurto ai fasti ed ai trionfi dei palcoscenici televisivi, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, si è candidato ufficialmente di fronte alla pubblica opinione a diventare il saccheggiatore del patrimonio immobiliare dello Stato italiano. Ma, come si vedrà, non solo di quello.

Nella perfomance televisiva del saccheggiatore Saccomanni, ha suscitato particolare scalpore l’ipotesi di privatizzare, oltre che l’ENI, anche la RAI. La perdita della RAI non sarebbe certo paragonabile a quella dell’ENI, che è detentrice di uno storico patrimonio finanziario e tecnologico. L’attuale RAI invece non è più nemmeno una vera azienda produttrice, ma piuttosto un ente appaltatore, e l’unica sua produzione riguarderebbe la cosiddetta “informazione”, anche questa in effetti appaltata, o delegata, alle agenzie di propaganda della NATO e della UE. L’aspetto interessante della RAI agli occhi delle lobby delle privatizzazioni, riguarda ben altro, e cioè il suo patrimonio immobiliare, tutt’altro che trascurabile. L’ente radiotelevisivo “pubblico” possiede infatti molti edifici e terreni, dislocati praticamente in ogni regione italiana.

Saccomanni proviene dalla Banca d’Italia, ma ha lavorato per cinque anni nel Fondo Monetario Internazionale, cioè l’associazione a delinquere di stampo colonialistico alla cui ombra oggi si svolge la collaborazione tra il super-imperialismo anglosassone ed il sub-imperialismo tedesco ai danni dei Paesi del Sud-Europa. Il “Wall Street Journal” recentemente ha segnalato il rinnovato interesse delle multinazionali statunitensi e tedesche per il patrimonio immobiliare italiano; e se il loro lobbista Saccomanni farà quanto ha promesso, questo patrimonio non solo si renderà disponibile a condizioni di favore, ma potrà essere usato anche per operazioni finanziarie.

Nell’epoca del denaro elettronico è infatti cresciuta a dismisura l’attrazione delle multinazionali finanziarie per i beni immobili, sui quali costruire anche contorte operazioni speculative come le “securitization”, ribattezzate in italiano con un nome ancora più falsamente rassicurante: cartolarizzazioni. Non a caso, per attuare i suoi piani, il ministro Saccomanni ha appena generato una nuova creatura, la INVIMIT (Investimenti Immobiliari Italiani), una società per azioni inquadrata giuridicamente come una SGR, cioè una Società di Gestione del Risparmio; quindi un organismo che unisce all’aspetto immobiliare anche quello finanziario, con la possibilità di emettere titoli. L’INVIMIT dovrebbe appunto occuparsi della dismissione del patrimonio pubblico italiano.

Con tipica impudenza lobbistica, l’operazione fraudolenta di dismissione del patrimonio pubblico viene spacciata da Saccomanni come un favore al contribuente italiano, cioè un modo per alleggerire il debito pubblico ed il deficit di bilancio senza ricorrere ad un’ulteriore pressione fiscale. Il segretario della CISL, Raffaele Bonanni, che si è opposto alla vendita delle quote possedute dal Tesoro in ENI, Finmeccanica e Poste, poi ha concesso il suo avallo a Saccomanni per la vendita del patrimonio immobiliare dello Stato, come se si trattasse di un peso morto. In realtà i patrimoni immobiliari sono ricchezza reale (“real estate”, dicono gli anglofoni), e non si comprende perché non possano essere messi in attivo di bilancio. Inoltre, se si fosse trattato semplicemente di vendere i beni pubblici, non sarebbe stato necessario creare un organismo come l’INVIMIT, che non è solo immobiliare, ma soprattutto finanziario. Le privatizzazioni dei beni immobili non solo non rendono nulla allo Stato, ma costano, ed anche molto. L’INVIMIT non dovrà semplicemente privatizzare, ma anche finanziare la privatizzazione, poiché, da che mondo è mondo, ogni privato che si rispetti non tira mai fuori un soldo di suo. Uno dei temi preferiti della “opposizione” di bandiera è la giustizia fiscale, ma la prima e più semplice tassa sulla ricchezza consisterebbe nel non privatizzare.

Per finanziare le privatizzazioni, l’INVIMIT ha quindi bisogno di denaro fresco, e Saccomanni ha pensato bene di trovarlo in un ente come l’INAIL, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Poi si dice che gli infortuni sul lavoro sono una disgrazia. Certamente non lo sono per Saccomanni, che ha saputo come farli fruttare. L’INAIL dovrà infatti“investire” nell’INVIMIT quasi due miliardi entro i prossimi quattro anni. Sia sul piano economico che etico sarebbe molto difficile spiegare come mai i fondi dell’assicurazione infortunistica siano messi a rischio per speculazioni finanziarie a vantaggio di gruppi privati; infatti non è stato spiegato, ma è stato fatto e basta, tanto si tratta di notizie che rimangono nelle pagine interne dell’informazione ufficiale.

Nell’INAIL c’è ancora parecchio da saccheggiare, poiché non è solo una cassaforte finanziaria, ma anche una cassaforte immobiliare. Nonostante le vendite degli anni passati, l’ente assicurativo antinfortunistico possiede ancora un patrimonio immobiliare piuttosto ricco e variegato, che va dagli edifici storici di valore artistico e architettonico, sino agli uffici ed agli appartamenti.

http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=578

Governo rende permanente comitato privatizzazioni

martedì 29 ottobre 2013

ROMA, 29 ottobre (Reuters) – Il Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni diventa permanente.

Lo prevede, secondo quanto confermano fonti governative, il decreto legge che il Consiglio dei ministri ha approvato oggi.

Il governo si è impegnato a definire entro fine anno un complessivo programma di dismissioni del patrimonio pubblico, dal quale il Tesoro si aspetta proventi per mezzo punto di Pil all’anno.

Il governo avrebbe dovuto sopprimere il comitato in base alla manovra correttiva di metà 2008. Il rilancio delle dismissioni ha però indotto il Tesoro a cambiare idea.

L’organo collegiale è composto dal direttore generale di Via XX Settembre, Vincenzo La Via, e da altri quattro altri membri nominati con decreto di natura non regolamentare del ministro dell’Economia.

Nel decreto dovrebbero confluire anche le garanzie bilaterali sui derivati stipulati dal ministero dell’Economia.
http://it.reuters.com/article/italianNews/idITL5N0IJ25R20131029

Il suicidio di Giancarlo, operaio disoccupato in un Paese sottosviluppato

è solo un altro disoccupato che si suicida. Non è degno di nota per la stampa politically correct che discrimina anche nei suicidi

martedì 29 ottobre 2013, 10:22

E’ sempre più drammatico il problema della mancanza di lavoro in un paese incivile e sottosviluppato come L’Italia che non prevede per milioni e milioni di cittadini nessuna tutela in caso di disoccupazione, a differenza di quello che avviene con il reddito minimo garantito in quasi tutti gli altri paesi europei.
A togliersi la vita è questa volta Giancarlo Persia, 47 anni di Capistrello, operaio edile. Erano mesi che non trovava lavoro, a causa della pesante crisi che colpisce il settore edile nella Valle Roveto.
Aveva goduto dell’assistenza sociale del Comune, briciole che servono solo a lavare la coscienza di una classe politica impotente, non certo a Giancarlo per poter mantenere la sua famiglia.
E a quaranttasette anni, nonstante l’esperienza e la qualita professionale da tutti riconosciuta, Giancarlo si è trovato fuori dai giochi, troppo vecchio per essere assunto, visto che i pochi incentivi per le assunzioni sono riservate ai giovani.

Da qui una pesante crisi depressiva e il drammatico epilogo in un momento di estremo sconforto. Il funerale è previsto oggi alle 15 nella chiesa di Sant’Antonio a Capistrello.
Giancarlo lascia la moglie Anna e le due figlie di 19 e 17 anni.
Commenta amareggiato il sindaco Antonino Lusi: ”E’ un dramma per chi come noi è in prima fila e sa di non poter fare nulla. Il problema della carenza del lavoro peggiora sempre più, soprattutto nei paesi dove la struttura economica è molta fragile”.
E’ importante ricordare a tal proposito che in Italia, dal 2012 ad oggi ci sono stati 165 suicidi per motivi economici, e nel primo semestre del 2013 il trend è in aumento. Sono infatti già 29 i suicidi tra i senza lavoro nei primi sei mesi del 2013 contro i 18 registrati nello stesso periodo lo scorso anno.
E purtroppo il numero dei suicidi non è destinato a diminuire perchè le persone senza lavoro hanno intanto superato in Italia quota 6 milioni.
La forza lavoro potenziale è all’11,4%, più di tre volte la media europea, del 3,6%.
Il  lavoro resta un sogno per sempre più persone soprattutto al Sud e tra i giovani: su 3.075.000 disoccupati «ufficiali», ovvero chi sta cercando attivamente un’occupazione ma non la trova, quasi la metà vivono nel Meridione, oltre la metà sono giovani tra i 15 e 34 anni.
E ancora: Il 10 per cento delle famiglie italiane, dati Istat-Coldiretti, non arriva a fine mese, mentre il 45 per cento non risparmia perche’ riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi.  E il 37 per cento degli italiani e’ stato costretto a chiedere aiuto economico per arrivare alla fine del mese ai genitori, il 14 per cento a parenti e il 4 per cento addirittura ai figli.
Solo il 14 per cento si e’ rivolto a finanziarie o banche mentre l’8 per cento agli amici. Una situazione di fragilita’ nazionale che si riflette necessariamente sui consumi e che quindi non puo’ contribuire alla ripresa del sistema produttivo del Paese
Effetti collaterali dell’economicidio che le ottuse politiche liberiste imposte dai Banchieri di Bruxelles ed eseguite con solerzia dai governi delle larghe e supine intese.
http://www.abruzzo24ore.tv/news/Il-suicidio-di-Giancarlo-operaio-disoccupato-in-un-Paese-sottosviluppato/128579.htm

Le truppe di colore francesi liberarono l’Elba ma infierirono sulle donne del luogo

se i liberatori stuprarono, dobbiamo dire grazie per il gentile ricordo (magari erano donne che andavano punite). Uno stupro “politically correct”

ItaliaOggi Numero 258  pag. 9 del 31/10/2013
Le truppe di colore francesi liberarono l’Elba ma infierirono sulle donne del luogo
Gli stupratori stiano pure a casa
La gente del luogo si oppone al loro festeggiamento
di Goffredo Pistelli 

La Ciociara elbana brucia ancora. Il ricordo delle violenze commesse dalle truppe coloniali francesi durante la Liberazione, identiche a quelle del basso Lazio che ispirarono il famoso libro di Alberto Moravia e il film di De Sica con Sofia Loren, è bruscamente riaffiorato a Campo dell’Elba (Li), uno degli otto comuni dell’Isola. Una manifestazione che, sabato 2 novembre, celebrazione dei defunti, avrebbe dovuto ricordare il sacrificio di circa 200 senegalesi morti nello sbarco del giugno del 1944, ha suscitato con un’ondata di polemiche, al punto che il sindaco Vanno Segnini, a capo di una giunta di centrosinistra che ha l’appoggio esterno del Pdl, ha dovuto rinviare a data da destinare.

A protestare consiglieri pdl, come l’ex-An Giuseppe Foresi ma poi, come ha ricordato ieri il Corriere Fiorentino, anche il Pd di Campo s’è schierato per il no all’evento. Quella della passaggio del fronte è infatti, per l’Elba, una memoria dura e difficile perché le truppe francesi, costituite da goumiers marocchini e da tirailleurs del Senagal, che realizzarono l’operazione Brassard sconfiggendo i tedeschi, si abbandonarono, nei giorni successivi, a violenze di ogni genere. Foresi ha citato un rapporto del Comando generale dei Carabinieri, datato 21 settembre ’44. Si tratta di un rapporto riservato che l’allora comandante generale dell’Arma, Taddeo Orlando, inviava ai ministri degli Interni e degli esteri. Tre pagine dettagliate aventi come oggetto «violenze delle truppe coloniali francesi in danno della popolazione civile». L’elenco è agghiacciante: alla voce «violenze commesse su donne, ragazze e bambini», l’ufficiale annota un numero tragico, 191, mentre oltre 30 sarebbero state quelle tentate, di cui una ai danni di un bambino.

Numerose poi le uccisioni di civili elbani che resistevano ai saccheggi e ai furti di bestiame o semplicemente cercavano di sottrarre moglie e figlie agli stupri dei liberatori: per il generale Orlando si registrarono ben nove casi simili. Con ufficiali e sottoufficiali francesi, scriveva il generale, «molti dei quali còrsi», che alle rimostranze rispondevano che si guerra si trattava, che gli africani «erano dei selvaggi» e che comunque gli Italiani in Corsica si erano comportati peggio. Il sindaco di Campo, dopo una prima resistenza in cui ha invitato a guardare il futuro, ha preferito annullare, suscitando lo sconcerto della scrittrice Francesca Caminoli che era stata un po’ il motore dell’evento, avendo pubblicato recentemente per Jaca Book, La guerra di Boubacar, romanzo che ripercorre la storia di un senegalese sbarcato all’Elba nel giugno di 69 anni fa, fra i 17mila della divisone di fanteria francese e sopravvissuto alla strage dei suoi camarades sulla spiaggia minata. «È una vergogna», ha detto, «si getta fango su questi soldati». Sconcertati i vertici della comunità senegalese di Firenze, che avevano pagato trasporti e alberghi a una quarantina di connazionali per partecipare alla celebrazione. La manifestazione si collegava infatti a quella che si terrà il 1 novembre per ricordare l’uccisione di 2 senegalesi, a opera di un esaltato della destra estrema nel dicembre di 2 anni fa. «Sappiamo che cinque, sei, sette senegalesi si macchiarono di violenze orribili», ha detto uno dei capi della comunità Baye Diouf, «ma volevamo andare in pace a ricostruire una memoria comune: perché noi siamo italiani e abbiamo contribuito a fare la storia dell’Italia. Il problema è che noi siamo neri se arriva un tedesco all’Elba gli spalancano le porte. Invece a noi no».
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