La “Dottrina Obama” per l’Africa travolge il MALI

ottobre 28, 2012

mcc43
*Uomini di paglia per destabilizzare il Mali: Amadou Sanogo
*Le rivendicazioni popolari del Nord: MLNA e l’indipendenza dell’Azawad

*La “minaccia islamista” per giustificare interventi militari nel Nord Africa
*ONU, notaio di decisioni già prese: risoluzione 2071 per l’invio contingente militare nel Nord Mali (Azawad)
*
USA e Francia: conciliazione di interessi

Amadou Sanogo e la destabilizzazione del Mali

La tragedia del Mali inizia in marzo quando Amadou Sanogo, il capitano “ berretto verde” cresciuto alla scuola militare degli Stati Uniti,  guida il putsch contro il legittimo presidente Amadou Touré, proprio alla vigilia delle elezioni alle quali Touré non si sarebbe ripresentato. Sanogo, costretto a farsi da parte in giugno e a dissolvere il suo comitato per il raddrizzamento della democrazia (CNRDRE) dentro un organismo formalmente più istituzionale, ora cerca di tornare in scena rilasciando interviste ai  media francesi.
Definisce se stesso come “Charles De Gaulle del Mali” e fantastica di un esercito nazionale  “moralmente ricostruito”. A chi non segue, per quanto è possibile fare e comprendere, le vicende del Mali queste possono apparire semplici chiacchiere. Sono, invece, l’autocandidatura a uomo di fiducia di Hollande.
La Francia è il  deus ex machina della tessitura di iniziative destinate a porre il Mali nel progetto a lungo termine della militarizzazione dell’Africa. Lo  porta avanti gli Stati Uniti dai tempi della presidenza Bush, Obama lo ha incrementato coinvolgendo un maggior  numero di nazioni. Il più delle volte in sordina,  rumorosamente nei casi Libia Uganda Costa d’Avorio  e Mali, sempre con la Francia al suo fianco .

 

MLNA e indipendenza dell’Azawad

In febbraio, poche settimane prima del putsch (ved. I mali del MALI in tempo reale), il Movimento di liberazione dell’Azawad, MNLA, si era sollevato contro l’esercito nazionale e aveva rivendicato l’indipendenza della regione  richiedendo, inascoltato, il riconoscimento ONU del nuovo stato  (ved.TUAREG: vogliamo la Repubblica democratica e laica dell’Azawad ).
Minacciata l’integrità territoriale, esautorati dal putsch i vertici nazionali, sospesa la Costituzione, i paesi dell’Africa Occidentale legati dal patto economico denominato Ecowas, di cui anche il Mali fa parte, daranno il via a una serie  di vertici e conferenze che coinvolgeranno via via i soggetti maliani: la classe politica, la giunta golpista, il MLNA, fino alle milizie jihadiste di Ansar Dine e il Mujao improvvisamente comparse nell’Azawad ad avversare il progetto democratico e laico dell’indipendenza, agitando lo spauracchio di   uno stato islamico sull’intero territorio del  Mali.

 

La “minaccia islamista” funzionale
alla militarizzazione del Nord Africa

Queste dichiarazioni jihadiste fanno sì che i media, al traino dell’agenzia francese AFP, diano ampio risalto all’imminenza del “pericolo islamista”, sfruttando la crisi umanitaria  nella quale viene a trovarsi la popolazione. La recente notizia di “colonne di jihadisti” in arrivo nell’Azawad, per unirsi ai gruppi già presenti in vista dell’arrivo del contingente militare internazionale, ha alzato il livello di allarme.
I Tuareg del MNLA, gruppo che del territorio è la voce politica, sarebbero stati i primi ad avere concrete  ragioni di preoccupazione qualora la dimensione dei fatti riportati fosse reale. In mancanza di dichiarazioni ufficiali, i media allineati tessono intorno al movimento una rete di sospetti  raccolti fra i politici maliani ostili alla separazione dell’Azawad da Bamako. Più alta la percezione del pericolo che minaccia le popolazioni, al nord certamente provate dalla guerra fra le fazioni e dalle violenze jihadiste sui civili, più diventa credibile la necessità di un intervento internazionale e  auspicabile la sua realizzazione.

Settembre è stato il mese di un convulso iter di mosse diplomatiche pilotate dalla Francia.
Con i maliani del sud impazienti di vedere tornare l’Azawad sotto il governo centrale, l’1 settembre il presidente Dioncounda Traoré invia una richiesta di assistenza militare all’Ecowas, che immediatamente presenta all’Onu la richiesta di autorizzazione all’invio di truppe e interpella l’Unione Africana per ottenere collaborazione. Traorè compie ancora  un’altra mossa di rinforzo della precedente: scrive a Ban Ki-moon chiedendo un intervento militare internazionale nel nord del paese “per liberarlo dagli integralisti islamici legati ad Al-Qaeda che ne hanno preso il controllo”.
Chi dà notizia di questo passo formale? La Francia, per bocca del ministro degli Esteri Laurent Fabius.

 

L’ONU e la risoluzione 2071 per l’intervento militare

Il 12 ottobre il Consiglio di Sicurezza vota all’unanimità la risoluzione 2071 ( qui il documento UN)

Il testo messo ai voti era stato presentato,  non sorprende, dalla Francia.
Concede 45 giorni ancora agli sforzi dell’Ecowas per le mediazioni di pace, sulle quali veglia l’uomo della Francia: Blaise Campaorè (arrivato alla presidenza del Burkina Faso con il golpe che uccise Thomas Sankara).
In mancanza di risultati, l’Onu darà corso alla richiesta “del” Mali e deciderà l’invio di un contingente militare sotto controllo internazionale. Il testo sollecita altresì l’invio di istruttori per potenziare l’esercito nazionale. Missione, questa, nella quale eccellono gli Usa.
L’Ecowas, probabilmente altri stati dell’Unione africana, porteranno le loro truppe. François Hollande ha dichiarato che non avverrà invio di soldati francesi, sorvolando sull’accordo di collaborazione militare che nel 2003 è stato siglato fra  Ecowas e l’insieme di unità dell’esercito francese che vanno sotto il nome ufficiale di  Armée d’Afrique, e più comunemente Africom. La Francia detiene pertanto, formalmente o meno,  il comando del futuro contingente.

L’Azawad diventerà un terreno di guerra alle porte dell’Algeria, la nazione araba meno allineata e ossequiente a Washington, quella che più ha avversato finora i gruppi legati ad Al-Qaeda. Guerra ai confini di paesi deboli, dalle istituzioni corrotte e asservite a padroni occidentali, governi e multinazionali, con il prevedibile rischio che proprio i  membri di Ecowass ne vengano sconvolti (ved. nota in calce)

La risoluzione Onu invita i gruppi locali,  quindi il movimento MLNA, a dissociarsi dai terroristi dell’Al-Qaeda nel Maghreb, la famigerata Aqmi. Tuttavia Johnnie Carson, sottosegretario di stato americano  per l’Africa, dichiara “questi Tuareg non sono implicati nel terrorismo” e invita il governo del Mali e il MNLA ad aprire trattive. Il messaggio nascosto diretto al movimento è: abbandonate la rivendicazione dell’indipendenza, in cambio dell’autonomia amministrativa e dell’applicazione dei precedenti, finora disattesi,  accordi per lo sviluppo dell’Azawad.

USA e Francia, conciliazione di  interessi

A Parigi Carson ha partecipato alla conferenza in cui Stati Uniti e Francia hanno discusso “la minaccia islamista che plana sull’Africa Occidentale” e i piani per la sicurezza dell’intero Sahel. I due paesi che si contendeno il dominio politico economico della zona si sono accordati per non intralciarsi vicendevolmente. La Francia ha i propri interessi minerari da espandere e mettere in sicurezza, gli Usa  il proprio  progetto militare a lungo termine. Manlio Dinucci lo ha ben illustrato,  prendendo spunto dalla riorganizzazione dell’esercito libico da parte degli USA, nell’articolo su Il Manifesto che ho riprodotto in questo blog con il titolo Il Pentagono, la Libia e gli ascari

Volendo passare dal disegno globale a qualche dettaglio delle operazioni compiute in Africa da Obama, cito dall’esauriente articolo di The Nation dal titolo: La Dottrina di Obama

“L’anno scorso la guerra in Libia – un’operazione regionale con droni a corto raggio dalla base di Gibuti, Etiopia e Seychelles – una flotta di 30 navi nell’oceano Indiano a supporto delle operazioni regionali – molteplici operazioni militari e Cia contro i militanti in Somalia, con addestramento di agenti somali, prigioni segrete, raid e attacchi con elicotteri – massiccio afflusso di denaro per operazioni antiterrorismo in tutta l’Africa orientale – una possibile guerra vecchio stile segretamente condotta con mezzi aerei- decine di milioni di dollari in armi a mercenari locali – operazione mista di  intervento militare e cyber-intelligence per catturare Kony, il famoso capo dell’Esercito di Dio che opera in Uganda Sud Sudan Congo, nonché nella Repubblica Centro-africana (ultimamente diventata anch’essa sede di una base americana)   sono solo spiragli della strategia in rapida espansione di Washington in Africa.

L’Italia  era stata  trasformata con molta facilità già da gran tempo in una dipendenza militare americana. Lo si vede bene dall’immagine…

Basi US in Italia, link al post su Sigonella

nota – elenco paesi Ecowas

Benin  Burkina Faso   Capo Verde   Costa d’Avorio   Gambia   Ghana  Guinea  Guinea-Bissau  Liberia  Mali   Niger   Nigeria   Senegal   Sierra Leone   Togo

http://mcc43.wordpress.com/2012/10/28/la-dottrina-obama-per-lafrica-travolge-il-mali/

 

Mali. Hollande ribadisce il sostegno all’intervento armato

Al termine di un incontro con Ban Ki Moon, il presidente francese ha promesso appoggio logistico e finanziario al dispiegamento di una forza militare

F.D.

Se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, il presidente francese François Hollande ha ribadito ieri che la Francia è pronta a sostenere l’intervento armato nel nord del Mali, occupato dai ribelli islamici di Ansar al Dine e Mujao. Al termine di un faccia a faccia con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, Hollande ha spiegato che presenterà “il prima possibile” una bozza di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu per autorizzare il dispiegamento della forza militare della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao-Ecowas) nelle regioni settentrionali. “Ci sarà un calendario da rispettare” ha aggiunto nel corso di una conferenza stampa congiunta con Ban Ki Moon, senza precisare quale ma riconoscendo che ci sono alcune difficoltà, tra cui la “composizione”, il “finanziamento” e il tipo di “armamento”, nel mettere in piedi la missione. “Spetta agli africani organizzarsi per garantire che possa essere formata con rapidità ed efficacia” ha continuato Hollande, confermando che la Francia fornirà “sostegno logistico, politico e finanziario”. L’obiettivo, ha sottolineato il capo dell’Eliseo, è “sradicare il terrorismo”. Il presidente francese si è inoltre detto favorevole alla decisione di Ban Ki Moon di nominare l’ex premier italiano Romano Prodi rappresentante speciale dell’Onu per il Sahel: “Il nome proposto mi sembra buono”. A sua volta il segretario generale delle Nazioni Unite ha detto di condividere la “preoccupazione” della Francia per la crescente influenza dei gruppi islamici nel Sahel. Nel corso della conferenza congiunta, Ban Ki Moon ha inoltre chiesto la liberazione “immediata” degli ostaggi francesi trattenuti da Al Qaida nel Maghreb islamico.
Sull’intervento armato nel nord del Mali, si è espresso anche il rappresentante del segretario generale dell’Onu, Saïd Djinnit, che si trova a Dakar, in Senegal, per una riunione dei capi della missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Costa Avorio, Liberia, Guinea-Bissau e Sierra Leone. Secondo il rappresentante Onu, “l’intervento in Mali si farà in funzione dell’esito del dialogo” tra il governo maliano e i gruppi islamici che occupano le regioni settentrionali. “Più ci si muove verso il dialogo, meno terreno c’è per un intervento militare”, ha detto Djinnit, annunciando una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza per il 19 ottobre.
Apertura al “dialogo” che è stato ribadita anche dal ministro degli Affari maghrebini e africani, Abdelkader Messahel, che lunedì ha iniziato un tour nei Paesi del Sahel. “Negoziare sì, ma non con tutti”, ha precisato Messahel da Bamako, dove si è incontrato con il presidente ad interim Dioncounda Traoré e il primo ministro Cheick Modibo Diarra : “Il dialogo è possibile con chi si è allontanato dalla criminalità organizzata”, “dal terrorismo” e dalle “rivendicazioni secessionistiche”, ma “non ci sarà nessuna trattativa con i terroristi”. L’Algeria, ha continuato il ministro algerino, è impegnata nella “lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato transnazionale”, smentendo le voci circolate nei giorni scorsi secondo cui Algeri avrebbe avviato colloqui sottobanco con il gruppo islamico di Ansar al Dine.
Intanto, il Movimento per la liberazione dell’Azawad (Mnla) che lunedì ha annunciato, dopo i colloqui con il presidente burkinabé, Blaise Compaoré, la rinuncia all’indipendenza dell’Azawad, è tornato sull’argomento, chiarendo la posizione. “Non abbiamo mai detto di rinunciare all’indipendenza e tutto ciò che riguarda questo aspetto sarà discusso con il governo maliano, quando siederemo insieme al tavolo dei negoziati” ha spiegato Moussa Ag Assarid, esponente del Mnla. Negoziati che secondo Ag Assarid verranno avviati “molto presto”. Fino a qualche mese fa, i ribelli tuareg non volevano trattare con il governo “corrotto” di Bamako. Ora la situazione si è capovolta. Cacciati dal nord dai gruppi islamici, si ritrovano a dover rinunciare all’indipendenza, puntando piuttosto sull’autodeterminazione dell’Azawad, per non uscire definitivamente fuori dai giochi.
 


10 Ottobre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17193

I partiti hanno perso e danno i numeri.

I PARTITI HANNO PERSO E DANNO I NUMERI. MA GIÀ PENSANO DI ADERIRE A QUALUNQUE COSA, PUR DI RESTARE IN SELLA. di Antonio de Martini

Se si sommano i numeri dei cittadini che non sono andati a votare e quelli che hanno votato per la lista di Beppe Grillo, arriviamo al 70% degli aventi diritto al voto che rifiutano l’offerta politica della democrazia italiana.
Tutte le prefiche dei media continuano a dire che il simpatico e ilare vincitore della riffa presidenziale ha ottenuto il 31% dei voti.
Falso: ha ottenuto il 31% del 47% ( il 13% quindi della base elettorale) .

Il PD – che i sondaggi a livello nazionale danno ancora attorno al 28% – sono arrivati al13% del 47% ( facciamo il 7%?). forse prenderanno di più – per fare media – nella zona di Penati da Milano.

Sommando i due tronconi del centro destra ( 25+15%) e tenendo sempre a mente che si tratta del 40 del 47 ( facciamo il17%?) avremo i numeri reali.
Si rifaranno certo nel frusinate di Tajani e Fiorito.
Il partito di maggioranza assoluta è quindi quello di chi non va a votare: il 53% del 100% .
Inquadrati i numeri nel giusto contesto, passiamo in breve a esaminare le accuse e le “parate” che verranno.

Credo sia ovvio che le bande criminali siano andate a votare: è a loro che serve l’assessore per ottenere gli appalti con cui lucrano su tutto il ciclo economico.
Chi si astiene dal voto – lo dicono tutti- non partecipa all’attività amministrativa, erroneamente scambiata per politica. Un vecchio motto argentino diceva ” gubernar no es asfaltar” .
E i mafiosi vogliono asfaltare. Sono gli italiani esasperati dalla disonesta inefficienza che sono rimasti a casa soffocati dalla rabbia.

Governare non consiste nemmeno nello spremere quattrini ai cittadini appartenenti al ceto popolare, bensì oggi vuol dire DOMARE la finanza e le banche. I reati che compiono non li vede solo chi non vuole vederli.
Governare vuol dire accelerare la velocità di circolazione del denaro, non rallentarla pr aiutare poliziotti incapaci, quando non collusi.

Qualunquismo: falso anche questo. Se c’è un ragionamento politico e istituzionale dietro le scelte legate al momento elettorale, è proprio la difficile scelta di togliere legittimità democratica ad attività amministrative che ormai fanno concorrenza alla criminalità invece di contrastarla.

Il fatto che la Sicilia serva da esempio, ci aiuterà invece a vedere come reagiranno i boiardi di regime.
Stanno intanto pompando il fenomeno Grillo nella speranza che gli arrabbiati, vedendosi rappresentati in TV, intervistati, si plachino , si calmino.
Ricorderete il motto spiritoso di Andreotti dei ” voti in libera uscita” restate sordi al suono della ritirata. Non possono fare nulla se non spargere panico indeterminato.

Da domani poi cominceranno a dichiararsi favorevoli al cambiamento ( non specificato) e vittime di una situazione di stallo che individualmente non potevano contrastare, ma “ADESSO, che c’è la congiura del cambiamento” ( parole autentiche del Presidente della CNA – Confederazione Nazionale Artigianato – a Venezia, oggi, in un pubblico discorso) sono pronti a gestire anche questa fase, da bravi membri di un ceto politico inamovibile.
Di andar via e passare la mano, neanche a parlarne.

Come i DC mischiandosi alle nuove formazioni nate dalla protesta hanno sistematicamente corrotto il tentativo di rinnovamento del 1992/3, spargendo la corruzione e trasmettendo i canali illegali di finanziamento a chiunque dei nuovi arrivati mostrasse interesse ( e tutti l’hanno mostrato!) adesso toccherà alla sinistra siciliana mandar tutto a carte quarantotto.
Si dichiareranno favorevoli al cambiamento a patto che siano loro a gestirlo.
Sarà faticoso mimare le riforme, ma sempre meglio che andare a lavorare.

Ricordo una storiella di origine FAO ( Food and Agriculture Organization) . In occasione del cinquantenario si crearono due borse di studio per ricerche sulla conservazione di una specie minacciata: gli elefanti.
Vinsero due importanti ricerche: ” cento ricette per cucinare la carne di elefante” e ” l’elefante nella Resistenza” .
Aveva ragione Longanesi, sulla bandiera degli italiani sta scritto ” tengo famiglia” e i siciliani, italianissimi sono!

http://corrieredellacollera.com/2012/10/29/i-partiti-hanno-perso-e-danno-i-numeri-ma-gia-pensano-di-aderire-a-qualunque-cosa-pur-di-restare-in-sella-di-antonio-de-martini/

Ucraina, la rinascita di Piotr Simonenko

Ucraina, la rinascita di Piotr Simonenko

La Commissione Elettorale Centrale della Repubblica dell’Ucraina sta fornendo i primi risultati delle elezioni svoltesi ieri, domenica 28 ottobre, nell’ex repubblica sovietica dell’Europa Orientale, con il 25% delle schede già scrutinate. Stando ai primi verdetti, il Partito delle Regioni del presidente filo-russo Viktor Yanukovich sarebbe riconfermato con il 37%, al quale seguirebbe un risultato sorprendente – ma che non deve certo stupire – ottenuto dal Partito Comunista Ucraino di Piotr Simonenko che, dopo anni di dura crisi, si starebbe confermando al secondo posto con il 15% dei consensi. E’ una vera e propria rinascita quella dei comunisti ucraini, che tornano alla doppia cifra a distanza di dieci anni, quando alle elezioni parlamentari del 2002 ottennero il 19,98%.
A causa di contrasti interni e del pesante clima russofobico e anticomunista scatenato dalla rivoluzione arancione del 2004, il Partito Comunista Ucraino ha vissuto momenti difficilissimi ed è stato persino sul punto di sciogliersi a causa dello scarsissimo seguito conseguito nel 2006, quando raccolse appena il 3,6%. Se questi risultati fossero confermati, perciò, Piotr Simonenko potrebbe tornare a Kiev da trionfatore. Il programma che pare aver decisamente convinto della sua validità il popolo ucraino, è fatto di punti concreti e molto attuali per le sorti del Paese slavo: nazionalizzazione delle aziende strategiche, lotta senza quartiere alla corruzione e agli oligarchi, redistribuzione delle terre agli agricoltori in un generale rilancio del primario, ripristino della lingua russa come seconda lingua ufficiale, chiusura di ogni partenariato per il dialogo con la Nato e con l’Unione Europea, adesione dell’Ucraina all’Unione Doganale formata da Russia, Bielorussia e Kazakistan, reintroduzione della pena di morte per i reati di estrema gravità.
Appare scontato l’appoggio che il suo gruppo parlamentare fornirà al partito di governo, componendo così una solida maggioranza di orientamento filo-russo che, da oggi, potrà anche imprimere una decisa svolta politica che riporti al centro del dibattito parlamentare le politiche sociali e del lavoro, in un Paese che vive da alcuni anni una pesantissima crisi e un continuo clima di destabilizzazione politica provocato dalle immancabili ingerenze occidentali (come dimostra il caso di Yulia Tymoshenko o il crescente clima russofobico scatenato dagli ultranazionalisti).

http://www.statopotenza.eu/4849/ucraina-la-rinascita-di-piotr-simonenko

 

Notre Dame de Landes – 17 novembre – Manifestazione per rioccupare le terre

Fonte: https://resiste.squat.net

tradotto da: https://zad.nadir.org/spip.php?article66

Manifestazione di
rioccupazione il 17 novembre 2012

Ecco, la data è stata fissata!!!

La manifestazione di rioccupazione sarà il 17
novembre!!!

Prossima assemblea per prepararla: martedì 30 ottobre alle 19:30 sulla B17

Vi invitiamo a far correre l’appello e il volantino il più largamente
possibile e il più rapidamente possibile, affinché ognuno si possa organizzare
per venire. Chiamiamo tutti i collettivi e le persone che sostengono questo
progetto ad iniziare a mobilitarsi e ad organizzarsi fin d’ora a questo
proposito.

E nell’attesa si cerca fin d’ora cuccine collettive, tendoni,
musicisti, batukade, capanne in kit, materiali, attrezzi, trattori… in vista
della rioccupazione.

Per i contatti: reclaimthezad@riseup.net

Occupanti della zad e collettivi solidali che non si arrenderanno.
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SABATO 17 NOVEMBRE

Appello per la manifestazione di rioccupazione, 17 novembre 2012, sulla
Zone a Défendre

Notre-Dame des Landes, di fronte agli sgomberi
Manifestazione di rioccupazione!

Per ricostruire – contro l’aeroporto!

Picconi, putrelle, assi, chiodi e attrezzi alla mano…

Appuntamento il 17 novembre nella mattinata.

Certe informazioni rimangono da definire: luogo dell’appuntamento,
direzione per accedere al campo la vigilia. Consultare regolarmente il sito web
della Zad: https://zad.nadir.org
e le sue traduzioni in italiano e spagnolo su https://resiste.squat.net/
———————————————————————————————————————
La lotta contro il progetto dell’aeroporto di Notre-Dame des Landes non ha
cessato di ampliarsi durante questi ultimi anni. Tra le altre iniziative, un
movimento d’occupazione si è esteso sulle costruzioni e i boschi minacciati. Un
anno fà, davanti alla minaccia crescente sulle diverse case, capanne e orti,
gli/le abitanti della ZAD e i collettivi solidali richiamavano ad una
manifestazione di riappropriamento in caso di sgombero.

Quando César sguazza…

Da martedì 16 ottobre, l’offensiva temuta è iniziata. I 1800 ettari della ZAD
sono stati invasi da 1200 poliziotti. Se la sono presa pian piano con le case e
capanne occupate che hanno distrutto e portato via minuziosamente pezzo per
pezzo fuori della zona, per non lasciare niente che possa servire agli/alle
occupanti. Gli/Le occupanti e tuttx quellx che gli hanno raggiunti sul posto
hanno resistito, barricato e rioccupato. Insieme abbiamo fatto di tutto per
ostacolare le macchine di distruzione e bloccare i movimenti dei poliziotti…
Siamo sempre sul posto!

La nostra determinazione è stata rinforzata da una grande ondata di
solidarietà dai quattro angoli dell’esagono e anche oltre: manifestazioni
quotidiane a Nantes e in diverse città, approvigionamento e sostegno materiale,
azione sulle rappresentazioni del PS, di Vinci e consorti, costruttori
dell’aeroporto e strittolatori delle nostre vite.

Se la maggior parte delle case fisiche è stato già sgomberato, come
anche qualche capanna, numerosi altri abitanti risiedono, dispersi nei boschi,
nei campi, sugli alberi. Nuove costruzioni sono già state fatte. Oltre agli e
alle occupanti, abitanti “legali” e contadinx sono sempre
minacciati di dover sparire dalla ZAD nei mesi a venire. Come dire che questo
tentativo di sgombero XXL è iniziato per durare nel tempo. I grossi furbi della
Prefettura hanno ufficialmente intitolato la loro operazione militare
“César”. Tocca a noi provare che la resistenza di fronte
all’aeroporto è effettivamente “irriducibile” e che loro alla fine
saranno sconfitti e ridicolizzati.

Non molliamo niente e siamo sempre lì!…

Al di là dell’appello a raggiungere la zona ed a proseguire le azioni
solidarie nelle settimane a venire, confermiamo oggi che una grande
manifestazione di riappropriamento averà luogo il sabato 17 novembre 2012, con
partenza da uno dei villaggi vicino alla ZAD.

Dopo questo primo round di sgomberi pensiamo ad un momento di
mobilitazione allargato, costruttivo e offensivo, condiviso dai diversi
componenti della lotta: occupanti, agricoltori, abitanti del posto e anche
associazioni e gruppi solidali… L’obiettivo sarà di ricostruire insieme un
luogo aperto di organizzazione sulle terre minacciate. Vogliamo fare di questo
luogo un incrocio per gli/le oppositori/trici, un punto di partenza per i/le
nuovx abitanti, un’antenna per organizzare la resistenza ai lavori futuri, sia
quelli dell’aeroporto sia quelli delle barricate stradali, prima tappa del
progetto previsto, inizio di gennaio. Possono militarizzare la zona, non
potranno inpedirci di installarci di nuovo.

## Ayrault, Vinci e consorti – il messaggio è
chiaro – Fuori dalle terre!

INFO SUPPLEMENTARI E PRATICHE

*      Questo appello alla rioccupazione è
stato lanciato dalla rete Reclaim The Fields e dagli/le
occupanti della ZAD che avevano occupato le terre incolte con più di un
migliaio di persone nel maggio 2012 per impiantare la cascina ortolana
“Le Sabot”. Invitiamo oggi tutti i gruppi che ci credono ad aiutare
quest’iniziativa ed a raggiungere l’organizzazione del 17 novembre.

*      Al di là della manifestazione, si
tratta di un’azione collettiva che guadagnerà in potenza con una presenza lunga
e attiva dai numeri importanti. Prevedere di essere sul posto durante il
week-end e più in lá, se possibile, per iniziare l’occupazione, continuare le
costruzioni, difenderle e fare fruttare le idee per il futuro.

*      Portare attrezzi e materiale diverso e
variegato, tute da lavoro, musica, creazioni strampalate, radio portatili,
torte da condividere e una determinazione senza precedenti.

*      Sarà possibile arrivare fino dalla
vigilia. Uno spazio di accampamento sarà annunciato nei giorni precedenti la
manifestazione.

*      Vista l’energia necessaria alla
resistenza agli sgomberi fino ad allora e l’affaticamento conseguente per
gli/le occupanti, la riuscita di questa manifestazione dipende in maniera
cruciale dall’implicazione dei collettivi e di individualità ovunque altrove.
Richiamiamo l’attenzione sull’organizzare delle riunioni pubbliche, scambio
d’informazioni e macchine in comune in ogni borgo in vista del 17 novembre.

*      Manifesti e volantini fotocopiabili
sono disponibili sul sito o in formato cartaceo su nantes (B17) o sulla ZAD
(Vache-rit). Ogni sostegno finanziario è benvenuto (assegno all’ordine di
“Vivre sans aéroport”, La Primaudière 44130 NDDL; oppure bonifico: 20041
01011 1162852D32 36)

Dato che la situazione cambia ogni giorno, controllare regolarmente le
info sul sito http://zad.nadir.org/ 
(traduzioni CAS e ITA su: https://resiste.squat.net/)

In vista del 17 novembre, si cercano travi, putrelle, materiale da
costruzione e da arrampicata, cucine collettive, tendoni, musicisti, batukadas,
capanne, attrezzi, trattori…

Per scambi, aiuti, proposte: reclaimthezad@riseup.net

PERCHE’ SI LOTTA? Sulla resistenza all’aeroporto e il
suo mondo.

A Notre-Dame des Landes, decisionari e cementificatori fiondano sul
nuovo aeroporto per soddisfare i loro sogni voraci di metropoli e di espansione
economica. E’ da quarant’anni che vogliono annientare sotto il cemento armato 2.000 ettari di terre
agricole e di abitanti a nord di Nantes, la ZAD, Zone d’Aménagement Différé diventata
Zone A Défendre.

Ma fin dall’inizio di questo progetto, le resistenze si organizzano.
Questa lotta è un incrocio di poste in gioco sulle quali unirsi e pensare delle
strategie comuni. Attraverso la quale combattiamo l’alimentazione sotto
pressione, la società industriale e il suo riscaldamento climatico, le
politiche di sviluppo economico e di controllo del territorio, le metropoli e
la normalizzazione delle forme di vita, la privatizzazione del bene comune, il
mito della crescita e l’illusione della participazione democratica…

Oggi come ieri, gli oppositori, lontano dall’abbassare le braccia,
continuano la lotta: manifestazioni, ricorsi giuridici, legami tra le lotte,
scioperi della fame, diffusione di giornali, pedaggi gratuiti, opposizione al
foraggio, sabotaggi, disturbi degli studi d’impatto di Biotope e perforazioni
archeologiche, occupazioni di uffici e cantieri, etc…

Nel grande rimpianto dello Stato e di Vinci che ricomprano e
distruggono per svuotare la ZAD,
la vita e l’attività si sono intensificati e diversificati da più di tre anni.
Numerose case lasciate all’abbandono sono state riabilitate e occupate, capanne
sono state costruite sul suolo e sugli alberi, collettivi occupano le terre per
fare gli orti. Spazi di riunione, panetterie, biblioteche, alloggi sono stati
aperti per tutti e tutte. Più di un centinaio di persone occupava in modo
permanente la ZAD,
sostenuto da numerose altre della zona o di altrove che si incontravano e si
organizzavano. Questa presenza sul terreno permetteva reazioni rapide di fronte
ai procedimenti intrapresi da Vinci in vista dei lavori. E’ questo vivaio
creativo e indomabile che cercano oggi di sradicare al fine di potere iniziare
i lavori.

Conserviamo in memoria le vittorie passate conto i megaprogetti, dal
nucleare al militare. Come a Carnet, a Plogoff o a Larzac, sappiamo che
quest’aeroporto può ancora essere fermato. Guardiamo dall’altra parte delle
Alpi dove l’opposizione alla costruzione della Linea a Grande Velocità Lione-Torino
mobilita tutta una valle, dove decine di migliaia di persone impediscono i
lavori. Anche qui ogni tentativo di cementificazione delle terre costerà loro
caro.

PER INFORMAZIONI, QUA SOTTO I DIVERSI TESTI PUBBLICATI
PRIMA DEGLI SGOMBERI PER CHIAMARE ALLA MANIFESTAZIONE DI RIOCCUPAZIONE.

Documenti
allegati

Volantino di appello alla manifestazione di rioccupazione
(PDF – 8.2 Mb)

Cartellone di richiamo alla manifestazione di rioccupazione
(PDF – 5.4 Mb)

Spot
d’appello alla manifestazione di rioccupazione (corto)

(MP3 – 2.1 Mb) (lungo)
(MP3 – 3.9 Mb)

Lettura audio
dell’inizio della chiamata
(MP3 –
9.4 Mb)

-- 
http://resiste.squat.net/
resiste @ squat . net

INGIUSTIZIA E’ FATTA! PRESIDIO PER FABIANO merc. 31 dalle 11 p.zza Castello

ISOLARE I VIOLENTI? NOI CI PROVIAMO! Ma loro hanno caschi, scudi, manganelli, idranti, lacrimogeni, bastoni, pietre e la COMPLICITA’ di alcuni GIORNALISTI!

 PRESIDIO P.zza Castello di fronte a Prefettura, 31 ottobre dalle ore 11:00

LA PROCURA DI TORINO CHIEDE L’ARCHIVIAZIONE PER LE TORTURE COMMESSE SU FABIANO “DA PERSONE IGNOTE” il 3 LUGLIO 2012.

 La storia di Fabiano inizia il 3 lugio 2011, alla manifestazione NO TAV intorno alle reti del cantiere di Chiomonte. La “colpa” di Fabiano fu quella di trovarsi nel luogo e nel momento sbagliati, non essendoci, infatti, elementi che dimostrino in lui alcuna“condotta delittuosa nelle dinamiche di attacco”. 

La sua innocenza, tuttavia, non fu sufficiente ad evitare la brutalità degli agenti che lo fermarono: fu percosso ripetutamente, da più di 10 agenti a volto coperto, durante la carica e, secondo il suo racconto, anche quando fu poi portato all’interno dell’area del museo utilizzata come “centrale” per le forze dell’ordine. Scrive Fabiano: “Io se chiudo gli occhi e ripenso a quella giornata, sento ancora le botte in testa e il sapore di sangue che dal naso scende giù fino alla gola, vedo ancora i volti dei poliziotti coperti da caschi e bandane, che si avvicinano alla barella e mi bisbigliano “ti ammazziamo” ad un palmo dall’orecchio, mi vengono ancora i conati di vomito al pensiero delle scatarrate e degli sputi, che si mescolavano col sangue sul mio viso, sento ancora le ossa che si spezzano mentre sono rannicchiato a terra, ricordo bene anche il momento in cui ho pensato “cazzo mi stanno ammazzando davvero”.
Nella richiesta di archiviazione la Procura di Torino legittima l’uso palesemente eccessivo e sproporzionato di tale violenza “tenendo in considerazione la situazione di generale tumulto conseguente alla manifestazione ed ai reiterati tentativi dei manifestanti di accedere all’area del cantiere”. Tutto legittimo, dunque, tutto legale. Vietato avvicinarsi, pena la tortura, una condanna con esecuzione immediata.
La Procura nega, inoltre, che gli abusi siano stati perpetrati anche dopo che Fabiano, disteso su una barella, è stato tenuto per oltre 3 ore nell’area recintata, dopo aver ricevuto le cure del personale medico. A confermare questa versione la Procura allega tre testimonianze di quelli che sembrano essere gli unici giornalisti della carta stampata presenti in quell’area: Massimo Numa e Roberto Travan (La Stampa), Bartolomeo Ponte (Repubblica).
E poi il gran finale, la citazione dell’articolo a firma Sarah Martinenghi pubblicato su Repubblica il 4 luglio dove in un virgolettato si riporterebbero le improbabili dichiarazioni di Fabiano: “Ma non mi hanno picchiato, sono stati i miei a ridurmi cosi’ – sono caduto e gli altri mi sono passati sopra, mi hanno calpestato”.
L’avvocato di Fabiano ha annunciato opposizione a questa chiusura indagini ed ogni cittadino che abbia a cuore un’idea di giustizia sempre più lontana da questo sistema ha il diritto di essere informato e di informare su questa NEGAZIONE resa ancora più EVIDENTE a seguito della presentazione da parte del Movimento NO TAV del dossier HUNTER che mostra, con fotografie inequivocabili, quanto i soggetti arrestati nel corso del 3 luglio siano stati ripetutamente percosi (con manganelli, bastone, spranghe e calci) proprio all’interno di quell’area nella quale troppi testimoni dichiarano non essere accaduto “nulla”.
Le TORTURE non si archiviano! VERITA’ E GIUSTIZIA PER FABIANO! 

 Questo evento è da realizzare insieme a chi, oltre ad esprimere a parole la solidarietà verso Fabiano, vuole fare di più, non tanto sperando di influenzare (cosa impossibile) l’INGIUSTA procura diTorino, quanto perché la gente sappia che in questo paese non c’è alcun organo deputato alla GIUSTIZIA, ma semplicemente al CONTROLLO ed alla REPRESSIONE, anche utilizzando laTORTURA, reato che, come sapete, non è riconosciuto dalle nostre leggi ma è praticato costantemente e senza alcuna conseguenza da chi quella legge sostiene di “difenderla”. Noi lo faremo a Torino il 31 ottobre, sentitevi liberi di replicarlo OVUNQUE, preferibilmente di fronte alle PREFETTURE o in luoghi CENTRALI dove possiate contattarepiù gente possibile!


_______________________________________________ Notavtorinocintura mailing list Notavtorinocintura@autistici.org https://www.autistici.org/mailman/listinfo/notavtorinocintura

IL DOMINIO DELLE MULTINAZIONALI


La globalizzazione ha reso i gruppi multinazionali i Signori del mondo. Fanno pressione sui governi, traggono profitti dallo sfruttamento, dalla violazione dei diritti umani e dalla distruzione dell’ambiente e inoltre mettono a repentaglio la democrazia. Se vogliamo comprendere per quale motivo le ricchezze del mondo siano distribuite in maniera così poco equa dobbiamo interessarci di economia teorica.

Dall’industrializzazione dell’Europa nel Settecento, l’economia di mercato capitalista è il sistema economico dominante. Beni e servizi sono trattati secondo domanda ed offerta. Chiunque abbia denaro può acquistare beni e pagare qualcuno che lavori per lui e ne produca. Poiché la merce può essere rivenduta si crea un circolo: si forma un capitale che, a sua volta, permette di produrre beni e servizi. I sostenitori del capitalismo e dell’economia di mercato lo considerano un sistema relativamente equo. In fin dei conti ognuno si riserva la facoltà di vendere qualcosa e, in questo modo, di accrescere il proprio patrimonio. All’inizio della sua carriera Bill Gates aveva un’idea fantastica, ma quasi nessun capitale. Fondò la ditta Microsoft che crebbe sempre di più, poiché molti vollero acquistare il sistema operativo per computer Windows da lui sviluppato. Oggi Bill Gates è il terzo uomo più ricco del mondo, con migliaia di dipendenti. La maggioranza delle persone ha meno fortuna. Non hanno un’idea di successo paragonabile a quella di Bill Gates o vivono in condizioni tali da rendere impossibile una simile carriera. Coloro che nascono ricchi hanno buone probabilità nella vita di accrescere il proprio patrimonio. Al contrario, per coloro che sono nati poveri e non hanno avuto accesso a una buona istruzione, per coloro che forse hanno avuto di rado o addirittura non hanno mai avuto abbastanza da mangiare né cure mediche di base, per loro è inutile cercare di rifuggire la miseria senza aiuti esterni. Alla fine del XIX secolo molti teorici cominciarono a criticare il capitalismo per le sue ingiustizie. Il più conosciuto fra tutti fu Karl Marx, che mise per iscritto la sua critica in libri come “Il Capitale” o “Il Manifesto del partito comunista” , scritto con Friedrich Engels. Marx ed Engels perseguivano una società senza classi, nella quale tutti i beni fossero ripartiti equamente. A quei tempi erano soprattutto i numerosi operai a sentirsi sottomessi dalla classe regnante dei ricchi e a rivoltarsi contro di loro. Questa fu la base della rivolta comunista nel XX secolo, in testa a tutti la Russia. Le rivoluzioni crearono un gran numero di Stati socialisti. Il socialismo era ritenuto uno stadio preliminare del comunismo, che rappresentava l’ideale di una società priva di classi, quindi una società priva di proprietà privata e di differenze sociali.

Eppure la realtà in questi Stati, e prima fra tutti nell’Unione Sovietica, fu tutt’altro che equa. Dopo la rivoluzione conquistarono il potere politici corrotti che sottomisero i loro popoli e li tennero sotto sorveglianza. La storia del socialismo reale delle repubbliche sovietiche e degli Stati loro alleati è per questo motivo la storia di gravi violazioni di diritti umani, che hanno luogo ancora oggi in Paesi come la Cina e la Corea del Nord. Con la caduta del muro di Berlino e il crollo del socialismo reale nel 1989, l’economia di mercato capitalistica si impose come sistema mondiale. Allo stesso tempo, negli ultimi due decenni del secolo scorso iniziò una nuova era. Il progresso tecnico con i computer, le nuove tecnologie di comunicazione come internet, i mezzi di trasporto più veloci e meno costosi, ma anche l’abolizione di regolamentazioni politiche nel commercio mondiale; per esempio i dazi, portarono a un’enorme accelerazione di intrecci internazionali, soprattutto in ambito economico. Questo è il processo che va sotto il nome di Globalizzazione. Il termine Globalizzazione descrive il crescente collegamento mondiale in tutti i campi; in economia, in politica, nella cultura e nella comunicazione. Di per sé è qualcosa di positivo: io ho amici e amiche in Brasile, in Congo, Australia con i quali posso chattare, scambiare e-mail e parlare tramite computer in lingue diverse e pressoché gratis. Scarico i file più nuovi di musica di gruppi e dj internazionali e guardo video provenienti da tutto il mondo su YouTube. Inoltre mi godo il caffè di commercio equo e solidale della Bolivia, cioccolato del Ghana e banane del Costa Rica. E ogni tanto salgo su un aereo per andare a visitare regioni lontane, nonostante sappia che non è un bene dal punto di vista ecologico e che solo pochi possono permetterselo.

Internet ha reso il mondo un “villaggio globale”, nel quale persone di continenti diversi possono incontrarsi per fare due chiacchiere virtuali. La nostra quotidianità invece somiglia più ad un supermercato globale: i nostri pomodori vengono raccolti in Olanda e lavati in Marocco, i nostri jeans vengono cuciti in Cina con cotone indiano e commercializzati da un’azienda americana, i nostri cellulari vengono disegnati in Finlandia, assemblati a Taiwan a partire da singoli componenti le cui materie prime provengono dal Congo e sono state processate in Germania. Ci sono siti tipo www.getfriday.com dove manager impegnatissimi hanno addirittura la possibilità di prenotare una segretaria che dall’India fissi per loro un appuntamento dal dentista a New York, ormai costa meno che pagare una segretaria americana. Il problema della globalizzazione è che, come il capitalismo, rappresenta un vantaggio soprattutto per coloro che sono già relativamente ricchi. Un piccolo contadino per esempio può vendere i suoi prodotti solo su mercati locali. Lui e la sua famiglia dipendono per la loro sopravvivenza dai prezzi che riescono a ottenere. Per un gruppo agrario multinazionale invece il mondo intero è un unico mercato: le materie prime possono essere acquistate dove sono attualmente meno costose, successivamente vengono processate a basso costo e infine vendute ovunque. Le spese del trasporto non hanno grande rilevanza, poiché le multinazionali hanno messo i governi sotto pressione e ottenuto il loro sostegno sotto forma di grosse sovvenzioni. Si sono anche preoccupate di non dover pagare troppe tasse e di non essere ostacolate da leggi eccessivamente severe.

La multinazionale è definita come la fusione di più imprese in un’unità economica. La globalizzazione ha fortemente promosso la costituzione di multinazionali attraverso la facilitazione dello scambio internazionale di merci, capitale e servizi. Oggi quasi tutte queste aziende traggono profitti dalla produzione nei cosiddetti Paesi a basso costo del lavoro, quindi in Paesi poveri, nei quali gli stipendi sono molto bassi. La produzione ha luogo in quei Paesi. La merce viene venduta in tutto il mondo con ampi margini di guadagno. Quando fino circa agli anni Ottanta del secolo scorso l’Adidas fabbricava scarpe a Herzogenaurach in Baviera doveva rispettare gli standard sociali ed ecologici tedeschi. Tramite la globalizzazione Adidas guadagna oggi nettamente più di allora. Le scarpe da ginnastica ora vengono cucite da operaie in Cina o in Indonesia per circa 40 centesimi il paio. Il prezzo di vendita in Germania però è attorno ai 100 euro. Il trasporto dall’altra parte del mondo ovviamente non è molto ecologico, e mentre le persone nei Paesi più poveri fabbricano i nostri prodotti di consumo per stipendi minimi, nei Paesi industrializzati vanno persi migliaia di posti di lavoro. Le multinazionali, invece, attraverso la globalizzazione sono diventate ricche e potenti.

Tra il 1980 e il 2004 il numero totale delle imprese multinazionali è aumentato da 17.000 ad oltre 70.000. Le 500 maggiori aziende del mondo controllano oggi circa il 70% del mercato globale. Il loro fatturato nel 1994 equivaleva al 25% del prodotto interno lordo del mondo; nel 2005 ammontava già a più del 33%. Eppure queste imprese danno lavoro solo allo 0,05% della popolazione mondiale, quindi nessuno può sostenere che abbiano creato posti di lavoro. In effetti per colpa loro sono stati annientati numerosi posti in piccole e medie imprese e nell’agricoltura. Se si accosta il Pil dei Paesi più ricchi al fatturato delle principali multinazionali ci accorgiamo che tra le cento maggiori potenze economiche troviamo tanti Stati quante aziende. I dati infatti lo confermano. Molte multinazionali sono economicamente più forti di interi paesi. La catena americana di supermercati Wal-Mart e il gruppo petrolifero ExxonMobil (conosciuto per i distributori di benzina Esso e Mobil) hanno già superato Austria e Polonia. I discendenti del fondatore di Wal-Mart, Sam Walton; possiedono 82 miliardi di dollari e sono tra le famiglie più ricche e potenti del mondo. Ma concretamente che aspetto ha il potere delle multinazionali?

La maggior parte delle imprese multinazionali ha sede nei Paesi ricchi industrializzati; primi fra tutti gli Stati Uniti, i Paesi dell’Unione Europea e il Giappone. In politica sono enormemente influenti, nonostante tutti gli Stati nominati siano delle democrazie, nelle quali il potere dovrebbe appartenere al popolo e non alle grosse aziende.

Davide Caluppi – Agenzia Stampa Italia

Fonte: www.attac.it

www.sourcewatch.org  – Tratto da: agenziastampaitalia   

Inspiegabile spiaggiamento di balene nell’Oceano Indiano!

29 ottobre 2012 – Piu’ di 40 balene sono state rinvenute senza vita dal dipartimento per la salvaguardia della fauna marina su una spiaggia di North Andamans nel golfo del Bengala lo scorso 25 ottobre.

Scienziati stanno ancora tentando di capire il perche’,<<spiaggiamenti di singoli esemplari sono avvenuti in passato in questa regione,ma e’ la prima volta che un cosi’ vasto numero di esemplari sono stati rinvenuti morti>>ha detto Samir Acharya, presidente del dipartimento.

 

Le 41 balene pilota spiaggiate sono state trovate vicino ad Elizabeth Bay,sulla costa occidentale di Andaman Island,da un gruppo di pescatori locali che hanno immediatamente lanciato l’allarme informando gli organi predisposti.Le balene erano grandi dai 4-6 metri e pesavano almeno 4 tonnellate l’una.seppellite in una fosse scavate sulla spiaggia.Non sono state rinvenute sugli esemplari segni di malattia,solitamente questi esemplari si spostano in gruppi,e durante questo periodo migrano dalle acque fredde dell’Antartide per andare a riprodursi in acque piu’ calde durante questa stagione.

 

Sempre piu’ spesso negli ultimi anni stanno avvenendo spiaggiamenti di massa di cetacei.Non è chiaro perchè questo avvenga e si ritiene che il loro sistema di navigazione sonar si inceppi in acqua bassa causando confusione. In altri casi, quando una balena malata o ferita si dirige a riva e si arena, il resto del branco la segue.Ci sono prove in base alle quali i sonar ed altre fonti di emissione di onde elettromagnetiche provocherebbero gli spiaggiamenti: in alcuni casi, infatti, le balene si sono arenate subito dopo che un sonar militare era stato utilizzato nella zona,altre ipotesi invece collegano il fenomeno ai cambiamenti del campo magnetico terrestre in determinate aree del pianeta che disorienterebbe i globicefali mandando in tilt il loro sistema di navigazione.

Perché l’America possa vivere, l’Europa deve morire

 

Russell Means, di nome Oyate Wacinyapin (Colui che Lavora per il Popolo) in lingua  lakȟótiyapi (idioma Lakota), “l’Indiano d’America più famoso dai tempi di Toro Seduto e Cavallo Pazzo” secondo il L.A. Times, è morto lunedì 22 ottobre, all’età di 72 anni.

Si è battuto a lungo per rivendicare i diritti naturali degli Indiani USamericani, da Alcatraz (1969) a Wounded Knee (1973), a The Longest Walk (1978) fino alla Repubblica di Lakotah, che ha proclamato nel 2007.

Questo è il suo più famoso discorso, pronunciato nel luglio 1980, davanti a migliaia di persone da ogni parte del mondo radunate in occasione del “Black Hills International Survival Gathering”, il Raduno internazionale per la salvaguardia delle Colline nere (Black Hills) nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota.

L’unica possibile apertura di una dichiarazione come questa è che detesto la scrittura. Il processo in sé incarna il concetto europeo di “pensiero legittimo”: ciò che è scritto ha un’importanza che è negata al parlato. La mia cultura, la cultura Lakota, ha una tradizione orale, quindi di solito mi rifiuto di scrivere. Questo è uno dei modi in cui il mondo bianco distrugge le culture dei popoli non europei, attraverso l’imposizione di un’astrazione sul rapporto parlato di un popolo.

 

Black Hills, 1874. La spedizione del 7oCavalleria dell’esercito USA sotto il comando del tenente colonnello George A. Custer

Quindi, quello che leggerete qui non è quello che ho scritto. È quello che ho detto e che qualcun altro ha scritto. Ho permesso questo perché sembra che l’unico modo per comunicare con il mondo bianco sia attraverso le foglie secche, morte, di un libro.

 

Non mi importa se le mie parole arrivano ai bianchi o meno. Loro hanno già dimostrato con la loro storia che non sono in grado di sentire, non possono vedere, ma possono solo leggere (ovviamente, ci sono delle eccezioni, ma le eccezioni confermano solo la regola).

Sono più preoccupato di farmi sentire dalla gente indiana americana, studenti e altri, che hanno cominciato a farsi assorbire dal mondo bianco attraverso le università e altre istituzioni. Ma anche in questo caso si tratta di una sorta di preoccupazione solo marginale.

È assolutamente possibile crescere con un aspetto esteriore rosso e una mente bianca, e se questo è il frutto di una scelta individuale di una persona, così sia, ed io non sono di alcuna utilità per costoro. Questo fa parte del processo di genocidio culturale condotto oggi dagli Europei contro i popoli indiani d’America. La mia preoccupazione è rivolta agli Indiani americani che scelgono di resistere a questo genocidio, ma che possono essere disorientati su come procedere.

 

(Notate che io sto usando il termine “Indiano americano”, piuttosto che “nativo americano” o “popolo nativo indigeno” o “Amerindi”, quando faccio riferimento alla mia gente. C’è stata qualche polemica in merito a tali termini, e francamente, a questo punto, trovo le polemiche assurde.

In primo luogo, sembra che “Indiano americano” sia da respingere in quanto di origine europea, il che è vero. Ma tutti i termini di cui sopra sono di origine europea; l’unico modo non europeo è quello di parlare di “Lakota”, o, più precisamente, di “Oglala”, “Bruleě”, ecc. – e di “Dine”, “Miccosukee”, e di quello che resta corretto di diverse centinaia di nomi tribali.

Per di più, vi è una qualche confusione sulla parola “Indiano”, un termine malinteso che in qualche modo richiama alla mente il paese India. Quando Colombo è sbarcato sulla spiaggia dei Caraibi, egli non era alla ricerca di un paese chiamato India. Nel 1492 gli Europei chiamavano quel paese Hindustan. Basta cercare sulle vecchie mappe. Colombo interpellò il popolo tribale che gli si fece incontro con “Indio”, usando un termine italiano che significa “in Dio”.)

 

Ci vuole un forte impegno da parte di ogni Indiano americano per non diventare europeizzato. Il punto di forza di questo tentativo può poggiare solo sugli usi tradizionali, sui valori tradizionali che i nostri anziani conservano. Le relazioni devono fondarsi sul cerchio, sulle quattro direzioni, non possono fondarsi sulle pagine di un libro o di un migliaio di libri.

 

Nessun Europeo può mai insegnare a un Lakota di essere Lakota, ad un Hopi di essere Hopi. Un master in “Studi indiani” o in “cultura indiana” o in qualsiasi altra cosa non può tramutare una persona in un essere umano o fornire le conoscenze nei modi tradizionali. Può solo trasformarvi in un estraneo al nostro mondo, al nostro modo di pensare, in un estraneo che ha assunto la mentalità europea.

 

“Le Black Hills (Colline Nere) non sono in vendita” Installazione murale (6×24 metri) all’incrocio fra Melmose e Fairfax a Los Angeles Ovest di Aaron Huey e Shepard Fairey, novembre 2011

Qui, io vorrei fare chiarezza al riguardo, perché può sembrare esista in me una certa confusione. Quando io parlo di Europei o di mentalmente Europei, non metto in atto distinzioni che possono risultare sbagliate.

Non sto affermando che da un lato ci sono i sottoprodotti di un qualche migliaio di anni di genocidi, di azioni reazionarie, di uno sviluppo intellettuale europeo malsano, e da un’altra parte esiste un qualche nuovo sviluppo intellettuale rivoluzionario positivo. Mi riferisco in questo caso alle cosiddette teorie del marxismo e anarchismo e “sinistrismo” in generale.

Non credo che queste teorie possano essere separate dal resto della tradizione intellettuale europea. Si tratta in verità solo della stessa vecchia canzone.

Il processo ha avuto il suo inizio molto prima.

Newton, per esempio, “ha rivoluzionato” la fisica e le scienze naturali riducendo l’universo fisico ad una equazione lineare matematica. Cartesio ha fatto la stessa cosa con la cultura. John Locke lo ha fatto con la politica, e Adam Smith con l’economia. Ognuno di questi “pensatori” ha preso un pezzo della spiritualità dell’esistenza umana e lo ha trasformato in un codice, in un’astrazione. Hanno ripreso dal punto in cui il Cristianesimo era finito; hanno “secolarizzato” la religione cristiana, come gli “studiosi” amano dire, – e così facendo hanno reso l’Europa più capace e pronta ad agire tramite una cultura espansionista.

 

Ognuna di queste rivoluzioni intellettuali è servita ad astrarre ancor di più la mentalità europea, a rimuovere dall’universo la sua meravigliosa complessità e spiritualità,  e a sostituirla con una sequenza logica: uno, due, tre, Risposta! Questo è ciò che nel pensiero europeo si è arrivati a definire “efficienza”.   Tutto ciò che è meccanicistico è perfetto, e tutto ciò che al momento sembra funzionare, vale a dire che dimostra che quel modello meccanico è proprio giusto, – è da considerarsi corretto, anche quando è chiaramente menzognero.

È per questo che “la verità” cambia così in fretta nel pensare europeo; le risposte che risultano da questo processo sono solo tappabuchi, solo temporanee, e devono poter essere continuamente scartate in favore di nuovi tappabuchi, che supportano altri modelli meccanici e conservano questi modelli in vita.

Hegel e Marx erano eredi del pensiero di Newton, Cartesio, Locke e Smith.

Hegel ha portato a termine il processo di secolarizzazione della teologia, e secondo le sue proposizioni ha secolarizzato il pensiero religioso mediante il quale l’Europa interpretava l’universo. Poi Marx ha impostato la filosofia di Hegel in termini di “materialismo”, vale a dire che Marx ha despiritualizzato del tutto l’opera di Hegel. Sempre secondo la visione di Marx .E questo ora è visto come il potenziale futuro rivoluzionario dell’Europa.

Gli Europei possono considerare questo come rivoluzionario, ma gli Indiani americani vedono tutto ciò semplicemente come il vecchio conflitto europeo, ancora più accentuato, tra l’essere e l’avere profitto. Le radici intellettuali di questa nuova formula marxista di imperialismo europeo collegano Marx e i suoi seguaci alla tradizione di Newton, Hegel, e di tutti gli altri.

 

 

Territorio Indiano. Gli Indiani danno il benvenuto in territorio indiano. Alcatraz, settembre 1969

Essere è una proposizione spirituale. Avere profitto è un atto materiale.

Tradizionalmente, gli Indiani americani hanno sempre cercato di essere le persone migliori che potevano. Parte di questo processo spirituale era, ed è, quello di distribuire la ricchezza, di rinunciare alle ricchezze per non avere profitti. Tra il popolo della tradizione il profitto materiale è un indicatore di una situazione ingannevole, mentre per gli Europei è “la prova che il sistema funziona”.

Chiaramente, nella questione siamo in presenza di due punti di vista completamente opposti, e il marxismo è veramente molto lontano, sul versante opposto, dal punto di vista degli Indiani d’America. Ma esaminiamo una conseguenza importante di tutto ciò; questo non è un puro e semplice dibattito intellettuale. La tradizione materialista europea di despiritualizzazione dell’universo è molto simile al processo mentale che tende a disumanizzare un’altra persona. E chi sembra il più esperto a disumanizzare altre persone? E perché? I soldati che hanno partecipato a tanti combattimenti imparano a fare questo al nemico prima di tornare a combattere. Gli assassini lo fanno prima di andare a commettere omicidio. Le guardie naziste SS hanno fatto questo ai detenuti dei campi di concentramento. I poliziotti lo fanno. I dirigenti delle grandi imprese lo fanno ai lavoratori che inviano nelle miniere di uranio e nelle acciaierie. I politici lo fanno a tutti in bella vista. E ciò che il processo ha in comune per ogni gruppo è che la disumanizzazione rende a tutti il diritto di uccidere e in altro modo di distruggere altre persone. Uno dei comandamenti cristiani afferma, “Non uccidere!”, almeno non esseri umani, e così il trucco consiste nel convertire mentalmente le vittime in non-umani. Poi si può esaltare addirittura come una virtù la violazione del vostro comandamento! In termini di despiritualizzazione dell’universo, il processo mentale funziona in modo che diventi virtuoso distruggere il pianeta.

 

Termini come progresso e sviluppo sono utilizzati come parole di copertura, il modo con cui i termini vittoria e libertà vengono utilizzati serve per giustificare la macelleria nel processo di disumanizzazione. Ad esempio, uno speculatore immobiliare può appellarsi allo “sviluppo” di un pezzo di terra con l’apertura di una cava di ghiaia, sviluppo che in questo caso significa distruzione totale, permanente, con la rimozione della terra stessa. Ma per la logica europea si acquisiscono alcune tonnellate di ghiaia con le quali più suolo può essere “sviluppato” attraverso la costruzione di sottofondi stradali. In ultima analisi, l’intero universo è aperto – secondo il punto di vista europeo – a questo tipo di follia.

Forse, più importante resta il fatto che gli Europei non provano alcun senso di perdita in tutto questo. Dopo tutto, i loro filosofi hanno despiritualizzato la realtà, quindi non si ottiene alcuna soddisfazione (per loro) nel modo semplice di osservare la meraviglia di una montagna o di un lago o di un popolo nel loro essere. No, la soddisfazione è misurata in termini di guadagno materiale! Così la montagna diventa ghiaia, e il lago diventa liquido di raffreddamento per uno stabilimento, e le persone vengono raccolte per essere sottoposte a programmi di elaborazione in fabbriche di indottrinamento coercitivo, che gli Europei amano chiamare “scuole”.

 

Ma ogni nuovo frammento di quel “progresso” alza la posta in gioco nel mondo reale. Prendiamo ad esempio il carburante per la macchina industriale. Poco più di due secoli fa, quasi tutti utilizzavano legno, un prodotto naturale rinnovabile, come combustibile per le esigenze molto umane della cottura del cibo e di stare al caldo.

Poi è arrivata la Rivoluzione Industriale e il carbone è diventato il combustibile dominante, dato che per l’Europa la produzione era diventata l’imperativo sociale. L’inquinamento ha cominciato a diventare un problema nelle città, e la terra è stata squarciata per fornire carbone, mentre il legno era sempre stato semplicemente raccolto senza grandi spese per l’ambiente. In seguito, il petrolio è diventato il carburante principale, quando la tecnologia di produzione veniva perfezionata attraverso una serie di “rivoluzioni” scientifiche. L’inquinamento è aumentato drammaticamente, e nessuno sa ancora quali saranno davvero i costi ambientali del pompaggio di tutto questo petrolio dalla terra nel lungo periodo.

 

Ora siamo in presenza di una “crisi energetica”, e l’uranio sta diventando il combustibile dominante. Da una parte, i capitalisti fanno assegnamento sullo sviluppo dell’uranio come combustibile in rapporto alla potenzialità di ottenere buon profitto. Questa è la loro etica, e magari questo gli farà guadagnare anche un po’ di tempo. I marxisti, d’altro canto, fanno assegnamento sullo sviluppo dell’uranio come combustibile il più rapidamente possibile, semplicemente perché è il carburante disponibile che rende più “efficiente” la produzione. Questa è la loro etica, e non riesco a vedere quale sia il punto di vista preferibile. Come ho già detto, il marxismo si colloca proprio nel bel mezzo della tradizione europea. È la stessa vecchia canzone.

Esiste una regola empirica che può essere applicata in questo caso. Non si può giudicare la vera natura di una dottrina rivoluzionaria europea sulla base delle modifiche che intende apportare in Europa all’interno della società e delle strutture di potere. Possiamo solo giudicarla dagli effetti che avrà sui popoli non europei.

Questo perché tutte le rivoluzioni della storia europea sono servite a rafforzare le tendenze e le capacità dell’Europa ad esportare la distruzione di altri popoli, di altre culture e dell’ambiente stesso. Sfido chiunque a ricordare un esempio in cui questo non si sia verificato.

 

 

L’“assedio” di Wounded Knee, South Dakota (1973). Jim Hubbard 

Così ora a noi, popolo degli Indiani d’America, viene chiesto di credere che una “nuova” dottrina rivoluzionaria europea, come il marxismo, possa annullare gli effetti negativi della storia europea esercitati su di noi. I rapporti di potere in Europa sono in una fase di trasformazione, ancora una volta, e questo dovrebbe rendere le cose migliori per tutti noi. Ma questo, che cosa significa realmente? In questo momento, oggi, noi che viviamo nella riserva di Pine Ridge stiamo vivendo in quella che la società dei bianchi ha designato come una “Zona Nazionale di Sacrificio”. Questo significa che nell’area sono presenti importanti giacimenti di uranio, e la cultura bianca (non noi) ha bisogno di questo uranio come materiale per la produzione di energia.

Il modo più economico e più efficiente per l’industria di estrarre e trattare questo uranio è di scaricare i sottoprodotti della lavorazione proprio qui, nei siti di scavo. Proprio qui dove viviamo. Queste scorie sono radioattive e renderanno l’intera regione inabitabile, per sempre.

Questo è considerato dall’industria, e dalla società bianca che ha creato questo settore industriale, un prezzo “sostenibile” per finanziare lo sviluppo delle risorse energetiche.

 

In corso d’opera, come parte del processo industriale, hanno anche in programma di drenare la falda freatica che sta sotto questa parte del Sud Dakota, e così la regione diventerà doppiamente inabitabile.

La stessa sorte stanno subendo le terre dei Navajo e degli Hopi, le terra dei Cheyenne del Nord e dei Crow, e altrove. Il trenta per cento del carbone nell’ovest degli Stati Uniti  e la metà dei giacimenti di uranio sono stati trovati sotto le terre delle riserve, quindi non è proprio il caso di definire questo un problema minore.

1978: La Lunga Marcia

Noi stiamo resistendo ad essere consegnati in una “Zona Nazionale di Sacrificio”. Noi stiamo resistendo ad essere trasformati in un popolo nazionale da sacrificare. Per noi, i costi di questo processo industriale sono inaccettabili. È genocidio, né più né meno, scavare uranio qui e drenare l’acqua della falda. Ora, supponiamo che nella nostra resistenza allo sterminio si cominci a cercare alleati (che noi abbiamo). Supponiamo, inoltre, di essere disposti a prendere in parola il marxismo rivoluzionario: che intende niente meno di rovesciare completamente l’ordine capitalista europeo, che ha presentato tanta minaccia alla nostra stessa esistenza. Questa potrebbe sembrare al popolo degli Indiani d’America una naturale alleanza. Dopo tutto, come dicono i marxisti, sono i capitalisti che ci hanno imposto un sacrificio nazionale. Questo è vero assolutamente.

Ma, come ho cercato di sottolineare, questa “verità” è molto ingannevole.

 

Il marxismo rivoluzionario è impegnato a perpetuare e a perfezionare ancor di più quel processo industriale, che però sta distruggendo tutti noi. Il marxismo offre solo di “ridistribuire” i profitti – il denaro, insomma – di questa industrializzazione ad una parte più larga della popolazione. Propone di prendere la ricchezza dai capitalisti e distribuirla in giro: ma per fare ciò, il marxismo deve conservare il sistema industriale. Ancora una volta, i rapporti di potere all’interno della società europea potranno essere modificati, ma ancora una volta gli effetti sui popoli degli Indiani d’America e sui non-Europei in altre parti del mondo rimarranno gli stessi.

Avverrà come quando il potere è stato ridistribuito dalla Chiesa al business privato durante la cosiddetta rivoluzione borghese. La società europea al suo interno è cambiata un po’, almeno superficialmente, ma i suoi comportamenti verso i non-Europei hanno continuato come prima. A conferma, si può ben vedere ciò che la Rivoluzione americana del 1776 ha fatto per gli Indiani americani. È la stessa vecchia canzone.

 

Il marxismo rivoluzionario, come la società industriale in altre forme, cerca di “razionalizzare” (di organizzare nel lavoro e nella produzione) tutte le persone in relazione all’industria e alla massima produzione industriale. Si tratta di una dottrina materialista che disprezza la tradizione spirituale degli Indiani d’America, le nostre culture, i nostri modi di vita.

Marx stesso ci definiva “pre-capitalisti” e “primitivi”.

Pre-capitalista significa semplicemente che, a suo avviso, avremmo più tardi scoperto il capitalismo e saremmo diventati capitalisti: siamo sempre stati economicamente ritardati, in termini marxisti. L’unico modo in cui gli Indiani americani potrebbero partecipare ad un rivoluzione marxista sarebbe quello di aderire al sistema industriale, di diventare operai in fabbrica, o “proletari”, secondo la definizione di Marx. Questo teorico è stato molto chiaro sul fatto che la sua rivoluzione potrebbe verificarsi solo attraverso la lotta del proletariato, che l’esistenza di un massiccio sistema industriale è il presupposto di una società marxista dagli esiti favorevoli.

 

Io penso che siamo in presenza di un problema di linguaggio. Cristiani, capitalisti, marxisti. Tutti costoro sono stati rivoluzionari nelle loro concezioni, ma nessuna di queste realmente significa “rivoluzione”. Quello che significa realmente è solo “continuazione”. Fanno quello che fanno in modo tale che la cultura europea possa perpetuarsi e svilupparsi secondo le loro esigenze.

Allora, per il fatto di unire davvero le nostre forze con il marxismo, noi Indiani d’America avremmo dovuto accettare il sacrificio nazionale della nostra terra natia, avremmo dovuto commettere il nostro suicidio culturale e diventare industrializzati ed europeizzati.

A questo punto, è necessario che io mi fermi e mi interroghi se non sia stato troppo duro.

Il marxismo ha una sua storia. Questa storia avvalora le mie considerazioni?

Analizzando il processo di industrializzazione in Unione Sovietica dal 1920, vedo che questi marxisti hanno fatto quello che la rivoluzione industriale inglese ha impiegato 300 anni per fare: solo che i marxisti lo hanno fatto in 60 anni.

Vedo che il territorio dell’URSS, che conteneva un certo numero di popolazioni autoctone, è stato usato per far posto alle fabbriche e le popolazioni sono state sacrificate. I Sovietici si riferiscono a questo come alla “Questione Nazionale”, la questione se i popoli tribali avessero il diritto di esistere come popoli: e hanno deciso che le popolazioni tribali erano un sacrificio accettabile alle esigenze industriali. Guardo alla Cina e vedo la stessa cosa. Guardo al Vietnam e vedo che i marxisti, per imporre un loro sistema industriale, sradicano gli indigeni tribali della montagna.

 

 

Russell Means, Ritratto, opera di Bob Coronato, 2010. olio su tela, 36 5/8 x 74 ¼. “Una bandiera capovolta è un segnale internazionale di soccorso…ora noi, le nazioni indiane, siamo in difficoltà. Io indosserò questa bandiera sottosopra fino a quando il mio popolo sarà in pericolo!” R. Means

Ho sentito un autorevole scienziato sovietico affermare che quando l’uranio andrà ad esaurimento, solo allora si troveranno delle alternative.

Vedo che i Vietnamiti si sono impossessati di un impianto nucleare abbandonato dai militari degli Stati Uniti. Lo hanno smantellato e distrutto? No, lo stanno utilizzando. Vedo la Cina esplodere bombe nucleari, sviluppare reattori ad uranio e preparare un programma spaziale per andare a colonizzare e sfruttare i pianeti, allo stesso modo con cui gli Europei hanno colonizzato e sfruttato questo emisfero. È la stessa vecchia canzone. Ma questa volta forse con un ritmo più veloce.

La dichiarazione dello scienziato sovietico è molto interessante. Lui conosce quali saranno le fonti di energia alternativa? No, ha semplicemente fede. La scienza troverà il modo!

Sento marxisti rivoluzionari dichiarare che la distruzione dell’ambiente, l’inquinamento e le radiazioni saranno completamente sotto controllo. E li vedo comportarsi male, non secondo le loro dichiarazioni. Loro conoscono come queste cose verranno controllate? No, semplicemente hanno fede! La scienza troverà il modo. L’industrializzazione è meravigliosa e necessaria.

Come fanno a sapere questo? Fede! La scienza troverà il modo.

 

In Europa, la fede di questo tipo si è sempre connotata come “religione”. La scienza è diventata la nuova religione europea, sia per i capitalisti che per i marxisti; costoro sono intimamente vincolati, sono parte integrante della stessa cultura. Quindi, sia in teoria che in pratica, il marxismo esige che i popoli non europei rinuncino ai loro valori, alle loro tradizioni, alla loro esistenza culturale, completamente. In una società marxista, dovremo diventare tutti tossicodipendenti della scienza dell’industrializzazione. 

 

Non credo che il capitalismo in sé sia davvero il solo responsabile della situazione per cui gli Indiani americani sono stati destinati ad un sacrificio nazionale. No, è la tradizione europea, la cultura europea ad essere la diretta responsabile. Il marxismo è solo l’ultima continuazione di questa tradizione, non una soluzione. Allearsi con il marxismo è come allearsi con le forze stesse che definiscono noi come un costo accettabile e sostenibile.

Esiste un’altra via. La via è quella della tradizione Lakota, e le modalità sono quelle degli altri popoli indiani d’America. Questo modo prevede che gli esseri umani non hanno il diritto di degradare la Madre Terra, che ci sono forze al di là di qualsiasi cosa il pensiero europeo abbia concepito, che gli esseri umani devono entrare in relazioni di armonia con tutto e questi rapporti conservati alla fine elimineranno le disarmonie.

La veemenza squilibrata esercitata da esseri umani su esseri umani, l’arroganza degli Europei nell’agire come se fossero al di là della natura di tutte le cose intimamente connesse fra di loro, possono solo tradursi in una disarmonia totale, e un riassestamento che ridimensioni l’arroganza degli esseri umani fornisce loro il sapore di quella realtà che sta fuori della loro portata o del loro controllo, e ripristina l’armonia.

Non vi è alcuna necessità di una teoria rivoluzionaria per ottenere questo risultato; tutto ciò oltrepassa il controllo umano. I popoli legati alla natura lo sanno e non hanno bisogno di tante teorie. La teoria è un astratto, la nostra conoscenza è la realtà.

Distillata da questi termini di fondo, la fede europea, – compresa la nuova fede nella scienza – equivale alla credenza che l’uomo sia Dio. L’Europa ha sempre cercato un Messia, sia che si tratti dell’uomo Gesù Cristo o dell’uomo Karl Marx o dell’uomo Albert Einstein. Gli Indiani d’America sanno che questo è del tutto assurdo.

 

Gli esseri umani sono la più debole delle creature, così debole che le altre creature sono disposte a fornirci la loro carne perché noi possiamo vivere. Gli esseri umani sono in grado di sopravvivere solo attraverso l’esercizio della razionalità, dal momento che non posseggono le capacità delle altre creature di procurarsi il cibo attraverso l’uso di zanne e artigli.

Ma la razionalità è una maledizione, dal momento che può indurre l’uomo a dimenticare l’ordine naturale delle cose, in un modo che le altre creature non fanno. Un lupo non dimentica mai il suo posto nell’ordine naturale. Gli Indiani d’America a volte lo possono fare. Gli Europei lo fanno quasi sempre.

 

Noi porgiamo i nostri ringraziamenti ai cervi, nostri affini, per averci concesso di mangiare la loro carne; gli Europei semplicemente prendono la carne come fatto di diritto e considerano il cervo un essere inferiore. Dopo tutto, gli Europei considerano se stessi divini nel loro razionalismo e nel loro sapere. Dio è l’Essere Supremo, quindi tutto il resto deve essere inferiore.

Tutta la tradizione europea, marxismo incluso, ha cospirato per sfidare l’ordine naturale di tutte le cose. La Madre Terra è stata abusata, le forze della natura sono state abusate, e questo non può andare avanti all’infinito. Nessuna teoria può alterare questo semplice fatto. La Madre Terra reagirà, tutto l’ambiente si ritorcerà contro, e gli abusatori saranno eliminati. Tutto si chiude nel cerchio, si torna di nuovo al punto di partenza. Questa è la rivoluzione! E questa è la profezia del mio popolo, del popolo Hopi e degli altri popoli giusti.

 

Per secoli, gli Indiani d’America hanno cercato di spiegare questo agli Europei. Ma, come ho detto in precedenza, gli Europei si sono dimostrati incapaci di sentire.

L’ordine naturale trionferà, e i suoi trasgressori si estingueranno; infatti i cervi muoiono quando offendono l’armonia sovrapopolando una data regione. È solo una questione di tempo, ma ciò che gli Europei definiscono “una catastrofe di proporzioni globali” si verificherà.

Sopravvivere, questo è l’obiettivo di tutti gli esseri naturali. Una parte della nostra sopravvivenza è dovuta al resistere. Noi non resistiamo per rovesciare un governo o per assumere il potere politico, ma perché, per sopravvivere, è naturale resistere allo sterminio. Non vogliamo il potere sulle istituzioni bianchi, noi vogliamo la scomparsa delle istituzioni bianche. Questa è la nostra rivoluzione!

Gli Indiani d’America sono ancora in contatto con queste realtà – le profezie, le tradizioni dei nostri antenati. Noi impariamo dagli anziani, dalla natura, dalle forze della natura. E quando la catastrofe avrà termine, noi popoli indiani d’America saremo ancora qui ad abitare l’emisfero.

Non mi importa che sia rimasta solo una manciata di indios a vivere nelle Ande. Il popolo indiano d’America sopravviverà: l’armonia verrà ristabilita. Questa è la rivoluzione!

 

A questo punto, forse dovrei essere molto più chiaro su un’altra questione, che comunque dovrebbe essere già chiara come risultato di ciò che ho detto. Ma in questi giorni si genera facilmente della confusione, quindi voglio insistere su questo punto.

Quando uso il termine “europeo”, non mi riferisco a un colore della pelle o ad una particolare struttura genetica. Quello a cui faccio riferimento è una mentalità, una visione del mondo come prodotto dello sviluppo della “cultura europea”. Le persone non sono geneticamente codificate per ritenere in sé, innata, questa prospettiva: sono state acculturate ad assumerla.

Lo stesso vale per gli Indiani americani o per i membri di qualsiasi altra cultura. È possibile per un Indiano d’America condividere i valori europei, una visione del mondo europeo.

Abbiamo un termine per queste persone; noi le definiamo “mele” – rosse sulla parte esterna (genetica) e bianche allo loro interno (i valori). Altri gruppi hanno termini simili: i Neri hanno i loro “oreos”; [N.d.tr.: Il biscotto Oreo fu ideato e prodotto dalla ditta Nabisco, una società americana produttrice di biscotti, nel febbraio 1912; il dolce è formato da due biscotti circolari a base di cioccolato con uno strato interno di crema al latte: quindi neri all’esterno, bianchi all’interno!]; gli Ispanici hanno le “coconuts”, le noci di cocco, e così via. E, come ho detto prima, esistono eccezioni al “modello bianco”: persone che sono bianche all’esterno, ma non bianche all’interno. Non sono sicuro di quale termine dovrebbe essere applicato a costoro, se non quello di “esseri umani”.

 

Quella che sto esponendo qui non è una proposizione razziale, ma una proposta culturale. Coloro che in ultima analisi sostengono e difendono i paradigmi della cultura europea e del suo industrialismo sono i miei nemici. Coloro che resistono a questo, coloro che lottano contro, sono i miei alleati, gli alleati del popolo indiano d’America. E non me ne importa un accidente di quello che il loro colore della pelle sembra rappresentare. Caucasica è il termine bianco per la razza bianca: invece, Europea è la prospettiva alla quale mi oppongo.

I Vietnamiti comunisti non sono esattamente di quelli che si potrebbero considerare geneticamente Caucasici, ma ora agiscono secondo la mentalità tipica degli Europei. Lo stesso vale per i Cinesi comunisti, per i Giapponesi capitalisti o per i Bantu cattolici o per Peter “McDollar” giù alla riserva Navajo o per Dickie Wilson qui a Pine Ridge. Qui non si tratta di questioni di razzismo, ma solo di un riconoscimento di una mentalità e di uno spirito che costituiscono una cultura.

 

In termini marxisti credo di essere un “nazionalista per cultura”. Prima di tutto, io lavoro con il mio popolo, il popolo di tradizioni Lakota, perché ha una visione comune del mondo e condivide una lotta diretta. Al di là di questo, io lavoro con gli altri popoli in possesso delle tradizioni degli Indiani d’America, sempre in affinità di una certa comunanza di visione del mondo e delle stesse forme di lotta. Peraltro, io collaboro con tutti coloro che hanno sperimentato l’oppressione coloniale dell’Europa e che resistono al suo totalitarismo culturale e industriale. Ovviamente, questi includono anche i Caucasici genetici che lottano per resistere alle condizioni dominanti della cultura europea. Mi vengono subito in mente gli Irlandesi e i Baschi, ma ce ne sono molti altri.

 

Io lavoro principalmente con la mia gente, con la mia comunità. Altre persone che hanno assunto punti di vista non europei dovrebbero fare lo stesso. Credo nella parola d’ordine, “Abbi fiducia nella visione dei tuoi fratelli”, anche se mi piacerebbe aggiungere nella frase le “sorelle”. Ho fiducia nella prospettiva che si fonda sui concetti di comunità e cultura manifestata dai popoli di qualsiasi razza, che naturalmente resistono all’industrializzazione e all’estinzione dell’uomo. Chiaramente, i bianchi nella loro individualità possano condividere questo solo quando hanno raggiunto la consapevolezza che la continuazione degli imperativi industriali dell’Europa non sono una prospettiva, ma il suicidio della specie.

 

 

 

Il bianco è uno dei colori sacri del popolo Lakota, come il rosso, il giallo, e il nero. Le quattro direzioni. Le quattro stagioni. I quattro periodi del vivere e dell’invecchiare. Le quattro razze dell’umanità. Provate a mescolare fra loro il rosso, il giallo, il bianco e il nero e otterrete il bruno, il colore della quinta razza. Questo è l’ordine naturale delle cose!

Ne consegue per me che sia naturale operare con tutte le razze, ognuna con la sua particolare espressione, con la sua specifica identità e con il proprio messaggio.

Tuttavia, esiste un particolare comportamento fra la maggior parte dei Caucasici. Appena divento critico nei confronti dell’Europa e del suo impatto sulle altre culture, i Caucasici si pongono sulla difensiva. Cominciano a difendere se stessi. Ma io non li sto attaccando personalmente, sto attaccando l’Europa. Nel personalizzare le mie osservazioni critiche sull’Europa, stanno personalizzando la cultura europea, identificando se medesimi con questa cultura. In ultima analisi, difendendo se stessi in questo contesto, stanno difendendo la cultura di morte europea.

Si tratta di un equivoco che deve essere superato, e deve essere superato in fretta. Nessuno di noi ha energia da perdere in tali conflitti senza senso.

 

I Caucasici devono offrire all’umanità una visione ben più positiva che la cultura europea. Io penso questo. Ma per raggiungere questa visione è necessario per i Caucasici, insieme al resto dell’umanità, staccarsi dalla cultura europea per esaminare con spirito critico l’Europa per quello che è e per quello che fa. Aggrapparsi al capitalismo e al marxismo e a tutti gli altri “ismi” significa semplicemente rimanere all’interno della cultura europea. Non si può evitare questo fatto fondamentale. E come tutti i fatti, questa opzione prevede una scelta. Capire che questa scelta si basa sulla cultura, e non sulla razza. Capire che scegliere la cultura europea e industrialista è come scegliere di essere il mio nemico. E capire che questa scelta è la vostra, non la mia.

 

Oglala Spiritual Leader Whip Carrier, di Stuart Brings Plenty (Oglala). Galleria del Risorgimento Indiano 

Questo mi riporta ad affrontare la questione degli Indiani americani che sono alla deriva attraverso le università, le baraccopoli delle città, e le altre istituzioni europee.

Se voi siete lì per imparare a come resistere all’oppressore in conformità con i vostri modi di vivere vincolati alle tradizioni, così sia. Non so come si riesca a combinare le due cose, ma forse otterrete del successo. Ma mantenete il vostro modo di sentire ben vincolato alla realtà.

Attenzione nell’arrivare a credere che il mondo dei bianchi possa offrire ora soluzioni ai problemi a cui quel mondo ci ha posto di fronte. Attenzione, anche, nel consentire che le parole dei popoli nativi vengano distorte a vantaggio dei nostri nemici. L’Europa ha inventato la pratica di distorcere le parole e di “capovolgere le frittate”. Basta solo gettare uno sguardo sui trattati tra i popoli indiani d’America e i vari governi europei per rendersi conto di quanto ciò sia vero.

Ricava la tua forza da ciò che tu sei!

Una cultura che confonde regolarmente la rivoluzione con la continuazione, che confonde la scienza e la religione, che confonde la rivolta con la resistenza al cambiamento, non ha nulla di utile da insegnare e nulla da offrire come stile di vita. Da tanto tempo, gli Europei hanno perduto ogni contatto con la realtà, se mai siano stati in contatto con essa. Dispiacetevi per loro se ne sentite la necessità, ma sentitevi a vostro agio con quelli che vi riconoscono come Indiani d’America.

 

Allora, penso che, per concludere, vorrei chiarire che l’ultima cosa in cima ai miei pensieri è quella

di guidare qualcuno verso il marxismo. Il marxismo è estraneo alla mia cultura, come lo sono il capitalismo e il cristianesimo. In effetti, posso affermare di non credere di stare cercando di portare qualcuno verso qualcosa. In un certo senso, ho cercato di essere un “leader”, nel senso di come i media bianchi sono soliti usare questo termine, quando l’American Indian Movement era un’organizzazione giovane.

Questo è avvenuto come risultato di una confusione che non ho più da tanto tempo. Non si può essere tutto per tutti. Non intendo essere strumentalizzato per tale posizione dai miei nemici, io non sono un leader. Sono un patriota Oglala Lakota. Questo è tutto quello che desidero e di cui ho bisogno di essere. E mi sento proprio bene con colui che io sono.

 Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.motherjones.com/print/202056
Data dell’articolo originale: 22/10/2012
URL dell’articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8464

La Casta ramificata

Massimo Gramellini
 

Nel quadro delle iniziative volte a ridurre i costi della politica – la famosa «spending review» del governo Mounts – merita di essere segnalata la ricetta di due note località sciistiche della Val di Susa, Bardonecchia e Sauze d’Oulx. Divise per decenni da una rivalità non più compatibile con lo strazio dei bilanci, hanno deciso di fondersi fisicamente nella persona della signora Rita Bobba. Costei risulta essere al tempo stesso la moglie del sindaco di Bardonecchia e l’assistente del sindaco di Sauze d’Oulx. Questo tipico esemplare di donna alfa partecipa ai convegni nella duplice veste di moglie e assistente, prendendo spesso la parola al posto di entrambi i maschi (li immagino intenti a giocare a briscola in salotto, i doposci appoggiati sul tavolo). Ma di lei i maligni sanno sottolineare soltanto la ramificazione degli interessi e il tacco dodici indossato anche sul ghiaccio: una straordinaria dimostrazione di equilibrio, qualità utilissima in politica.  

Purtroppo ieri i carabinieri sono stati costretti a stroncare il primo vero esperimento di semplificazione degli enti locali. La soffiata di alcuni dipendenti del comune, ingelositi dai progressi della ramificazione, ha reso necessario introdurre negli uffici una microcamera che ha restituito agli investigatori le immagini del sindaco di Sauze d’Oulx mentre timbra il cartellino della sua assistente e le firma attestati fasulli di presenza: truffa aggravata e falso di pubblico ufficiale. Quisquilie, eppure gli alfieri della conservazione vi si sono aggrappati per procedere all’arresto del timbratore e della sua protetta. A piede libero resta solo il marito. Ma senza Rita che vita è?  

TUO FIGLIO E’ MALATO DI MENTE? DI MARTHA ROSENBERG

counterpunch.org

“Sì”, Secondo i Medici Finanziati da Big Pharma

Come ha fatto Big Pharma a sottoporre così tanti bambini all’uso di costosi cocktail di medicinali per “malattie mentali”? Medicinali che potrebbero anche essere inutili?

Big Pharma ha speso milioni in campagne informative che dicono a genitori, maestri e clinici di curare i bambini al primo segno di problemi. Sa che se i genitori curano i loro figli fin da piccoli non sapranno mai ne se i bambini abbiano effettivamente avuto bisogno della terapia, ne se i problemi residui siano dovuti alla “malattia mentale” o agli effetti collaterali del medicinale. Inoltre i figli probabilmente saranno clienti per tutta la vita perché i genitori avranno paura di sospendere il trattamento.

Non stupisce quindi il fatto che l’industria farmaceutica, nelle sue campagne informative, dica ai genitori di non aspettare che gli “eccessi di energia” e gli “sbalzi d’umore” passino da soli. E così…entrano i soldi!!
Una campagna “prescrivi presto” per l’antipsicotico atipico Risperdal (antipsicotici atipici sono antipsicotici di seconda generazione usati per trattare schizofrenia, mania e disturbo bipolare), usa un macabro portafoglio abbandonato, un orsacchiotto e delle chiavi su un’arida strada per “riposizionare un medicinale che si stava usando troppo tardi per poter ottenere i massimi benefici”, dice l’agenzia pubblicitaria Torre Lazur McCann. Operatori di marketing per il Seroquel, un antipsicotico concorrente, avevano persino considerato di creare personaggi di Winnie-the-Pooh come Tigro (la tigre) bipolare e Ih-Oh (l’asinello) depresso per vendere il Seroquel, secondo relazioni pubblicate a una riunione per le vendite di AstraZeneca (compagnia Biofarmaceutica produttrice del Seroquel). Genitori dicono di aver visto giocattoli adornati con il logo del Seroquel.

Solo un bambino su diecimila soffre di schizofrenia infantile, secondo alcuni uno su trentamila, ma ciò non ferma Gabriele Masi, direttore generale della fondazione Stella Maris, istituto per la Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’università di Pisa, a definirla come un problema di salute pubblica. In un articolo intitolato “Children with Schizophrenia: Clinical Picture and Pharmacological Treatment” [Bambini Affetti da Schizofrenia: Quadro Clinico e Trattamento Farmacologico] pubblicato nel giornale CNS Drugs, Masi dice, “La consapevolezza della schizofrenia avviata in giovane età sta rapidamente crescendo, visto che ora è ottenibile una definizione più precisa del quadro clinico, dei primissimi segni, dell’esito e dei metodi di trattamento”.

Sintomi della schizofrenia infantile includono “deficit sociali” e “illusioni…relative a temi d’infanzia”, scrive Masi. Quale bambino non ha “deficit sociali”? Le illusioni includono amici immaginari? Masi rimprovera “l’esitazione da parte dei medici nel fare una diagnosi di schizofrenia”, invece di prescrive subito i medicinali. Masi ha ricevuto fondi per la sua ricerca da Eli Lilly, che ha fatto da consigliere per la Shire Pharmaceutics ed ha fatto parte dell’ufficio relazioni di Sanofi Aventis, AstraZeneca, Gsk e Janssen, tutte compagnie farmaceutiche che producono molti dei principali medicinali per bambini, secondo l’American Academy of Child & Adolescent Psychiatry.

Vien voglia di ridicolizzare medici finanziati dall’industria farmaceutica, che riescono a trovare malattie mentali e persino ricadute e “resistenze al trattamento” in persone che sono in questo mondo da appena quaranta mesi. Ma c’è poco da ridere nel diagnosticare malattie psichiatriche a bambini di tre anni. Rebecca Riley (4 anni) di Hull, Massachusetts e Destiny Hager (3 anni) di Council Grove, Kansas, sono morte nel 2006 per colpa di medicinali psichiatrici tra cui Geodon e Seroquel per trattare i loro “disordini bipolari”. E nel 2009, Gabriel Myers (7 anni) di Broward County, Florida, un bambino in affidamento allo stato, si è appeso mentre era sotto trattamento di Symbyax, una pillola che combina Zyprexa e Prozac. Se non era per la campagna “prescrivi presto” portata avanti da Big Pharma, questi bambini, e altri, potrebbero essere ancora vivi. FINE

Martha Rosemberg è un investigative health reporter (giornalista che investiga su problemi salutari). E’ l’autrice di Born With A Junk Food Deficiency: How Flaks, Quacks and Hacks Pimp the Public Health ed. Prometheus Books

Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2012/10/03/is-your-child-mentally-ill/
3.10.2012

Traduzione di PEREA per www.comedonchisciotte.org
http://eliotroporosa.blogspot.it/2012/10/tuo-figlio-e-malato-di-mente.html#more