Notre Dame de Landes – 17 novembre – Manifestazione per rioccupare le terre

Fonte: https://resiste.squat.net

tradotto da: https://zad.nadir.org/spip.php?article66

Manifestazione di
rioccupazione il 17 novembre 2012

Ecco, la data è stata fissata!!!

La manifestazione di rioccupazione sarà il 17
novembre!!!

Prossima assemblea per prepararla: martedì 30 ottobre alle 19:30 sulla B17

Vi invitiamo a far correre l’appello e il volantino il più largamente
possibile e il più rapidamente possibile, affinché ognuno si possa organizzare
per venire. Chiamiamo tutti i collettivi e le persone che sostengono questo
progetto ad iniziare a mobilitarsi e ad organizzarsi fin d’ora a questo
proposito.

E nell’attesa si cerca fin d’ora cuccine collettive, tendoni,
musicisti, batukade, capanne in kit, materiali, attrezzi, trattori… in vista
della rioccupazione.

Per i contatti: reclaimthezad@riseup.net

Occupanti della zad e collettivi solidali che non si arrenderanno.
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SABATO 17 NOVEMBRE

Appello per la manifestazione di rioccupazione, 17 novembre 2012, sulla
Zone a Défendre

Notre-Dame des Landes, di fronte agli sgomberi
Manifestazione di rioccupazione!

Per ricostruire – contro l’aeroporto!

Picconi, putrelle, assi, chiodi e attrezzi alla mano…

Appuntamento il 17 novembre nella mattinata.

Certe informazioni rimangono da definire: luogo dell’appuntamento,
direzione per accedere al campo la vigilia. Consultare regolarmente il sito web
della Zad: https://zad.nadir.org
e le sue traduzioni in italiano e spagnolo su https://resiste.squat.net/
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La lotta contro il progetto dell’aeroporto di Notre-Dame des Landes non ha
cessato di ampliarsi durante questi ultimi anni. Tra le altre iniziative, un
movimento d’occupazione si è esteso sulle costruzioni e i boschi minacciati. Un
anno fà, davanti alla minaccia crescente sulle diverse case, capanne e orti,
gli/le abitanti della ZAD e i collettivi solidali richiamavano ad una
manifestazione di riappropriamento in caso di sgombero.

Quando César sguazza…

Da martedì 16 ottobre, l’offensiva temuta è iniziata. I 1800 ettari della ZAD
sono stati invasi da 1200 poliziotti. Se la sono presa pian piano con le case e
capanne occupate che hanno distrutto e portato via minuziosamente pezzo per
pezzo fuori della zona, per non lasciare niente che possa servire agli/alle
occupanti. Gli/Le occupanti e tuttx quellx che gli hanno raggiunti sul posto
hanno resistito, barricato e rioccupato. Insieme abbiamo fatto di tutto per
ostacolare le macchine di distruzione e bloccare i movimenti dei poliziotti…
Siamo sempre sul posto!

La nostra determinazione è stata rinforzata da una grande ondata di
solidarietà dai quattro angoli dell’esagono e anche oltre: manifestazioni
quotidiane a Nantes e in diverse città, approvigionamento e sostegno materiale,
azione sulle rappresentazioni del PS, di Vinci e consorti, costruttori
dell’aeroporto e strittolatori delle nostre vite.

Se la maggior parte delle case fisiche è stato già sgomberato, come
anche qualche capanna, numerosi altri abitanti risiedono, dispersi nei boschi,
nei campi, sugli alberi. Nuove costruzioni sono già state fatte. Oltre agli e
alle occupanti, abitanti “legali” e contadinx sono sempre
minacciati di dover sparire dalla ZAD nei mesi a venire. Come dire che questo
tentativo di sgombero XXL è iniziato per durare nel tempo. I grossi furbi della
Prefettura hanno ufficialmente intitolato la loro operazione militare
“César”. Tocca a noi provare che la resistenza di fronte
all’aeroporto è effettivamente “irriducibile” e che loro alla fine
saranno sconfitti e ridicolizzati.

Non molliamo niente e siamo sempre lì!…

Al di là dell’appello a raggiungere la zona ed a proseguire le azioni
solidarie nelle settimane a venire, confermiamo oggi che una grande
manifestazione di riappropriamento averà luogo il sabato 17 novembre 2012, con
partenza da uno dei villaggi vicino alla ZAD.

Dopo questo primo round di sgomberi pensiamo ad un momento di
mobilitazione allargato, costruttivo e offensivo, condiviso dai diversi
componenti della lotta: occupanti, agricoltori, abitanti del posto e anche
associazioni e gruppi solidali… L’obiettivo sarà di ricostruire insieme un
luogo aperto di organizzazione sulle terre minacciate. Vogliamo fare di questo
luogo un incrocio per gli/le oppositori/trici, un punto di partenza per i/le
nuovx abitanti, un’antenna per organizzare la resistenza ai lavori futuri, sia
quelli dell’aeroporto sia quelli delle barricate stradali, prima tappa del
progetto previsto, inizio di gennaio. Possono militarizzare la zona, non
potranno inpedirci di installarci di nuovo.

## Ayrault, Vinci e consorti – il messaggio è
chiaro – Fuori dalle terre!

INFO SUPPLEMENTARI E PRATICHE

*      Questo appello alla rioccupazione è
stato lanciato dalla rete Reclaim The Fields e dagli/le
occupanti della ZAD che avevano occupato le terre incolte con più di un
migliaio di persone nel maggio 2012 per impiantare la cascina ortolana
“Le Sabot”. Invitiamo oggi tutti i gruppi che ci credono ad aiutare
quest’iniziativa ed a raggiungere l’organizzazione del 17 novembre.

*      Al di là della manifestazione, si
tratta di un’azione collettiva che guadagnerà in potenza con una presenza lunga
e attiva dai numeri importanti. Prevedere di essere sul posto durante il
week-end e più in lá, se possibile, per iniziare l’occupazione, continuare le
costruzioni, difenderle e fare fruttare le idee per il futuro.

*      Portare attrezzi e materiale diverso e
variegato, tute da lavoro, musica, creazioni strampalate, radio portatili,
torte da condividere e una determinazione senza precedenti.

*      Sarà possibile arrivare fino dalla
vigilia. Uno spazio di accampamento sarà annunciato nei giorni precedenti la
manifestazione.

*      Vista l’energia necessaria alla
resistenza agli sgomberi fino ad allora e l’affaticamento conseguente per
gli/le occupanti, la riuscita di questa manifestazione dipende in maniera
cruciale dall’implicazione dei collettivi e di individualità ovunque altrove.
Richiamiamo l’attenzione sull’organizzare delle riunioni pubbliche, scambio
d’informazioni e macchine in comune in ogni borgo in vista del 17 novembre.

*      Manifesti e volantini fotocopiabili
sono disponibili sul sito o in formato cartaceo su nantes (B17) o sulla ZAD
(Vache-rit). Ogni sostegno finanziario è benvenuto (assegno all’ordine di
“Vivre sans aéroport”, La Primaudière 44130 NDDL; oppure bonifico: 20041
01011 1162852D32 36)

Dato che la situazione cambia ogni giorno, controllare regolarmente le
info sul sito http://zad.nadir.org/ 
(traduzioni CAS e ITA su: https://resiste.squat.net/)

In vista del 17 novembre, si cercano travi, putrelle, materiale da
costruzione e da arrampicata, cucine collettive, tendoni, musicisti, batukadas,
capanne, attrezzi, trattori…

Per scambi, aiuti, proposte: reclaimthezad@riseup.net

PERCHE’ SI LOTTA? Sulla resistenza all’aeroporto e il
suo mondo.

A Notre-Dame des Landes, decisionari e cementificatori fiondano sul
nuovo aeroporto per soddisfare i loro sogni voraci di metropoli e di espansione
economica. E’ da quarant’anni che vogliono annientare sotto il cemento armato 2.000 ettari di terre
agricole e di abitanti a nord di Nantes, la ZAD, Zone d’Aménagement Différé diventata
Zone A Défendre.

Ma fin dall’inizio di questo progetto, le resistenze si organizzano.
Questa lotta è un incrocio di poste in gioco sulle quali unirsi e pensare delle
strategie comuni. Attraverso la quale combattiamo l’alimentazione sotto
pressione, la società industriale e il suo riscaldamento climatico, le
politiche di sviluppo economico e di controllo del territorio, le metropoli e
la normalizzazione delle forme di vita, la privatizzazione del bene comune, il
mito della crescita e l’illusione della participazione democratica…

Oggi come ieri, gli oppositori, lontano dall’abbassare le braccia,
continuano la lotta: manifestazioni, ricorsi giuridici, legami tra le lotte,
scioperi della fame, diffusione di giornali, pedaggi gratuiti, opposizione al
foraggio, sabotaggi, disturbi degli studi d’impatto di Biotope e perforazioni
archeologiche, occupazioni di uffici e cantieri, etc…

Nel grande rimpianto dello Stato e di Vinci che ricomprano e
distruggono per svuotare la ZAD,
la vita e l’attività si sono intensificati e diversificati da più di tre anni.
Numerose case lasciate all’abbandono sono state riabilitate e occupate, capanne
sono state costruite sul suolo e sugli alberi, collettivi occupano le terre per
fare gli orti. Spazi di riunione, panetterie, biblioteche, alloggi sono stati
aperti per tutti e tutte. Più di un centinaio di persone occupava in modo
permanente la ZAD,
sostenuto da numerose altre della zona o di altrove che si incontravano e si
organizzavano. Questa presenza sul terreno permetteva reazioni rapide di fronte
ai procedimenti intrapresi da Vinci in vista dei lavori. E’ questo vivaio
creativo e indomabile che cercano oggi di sradicare al fine di potere iniziare
i lavori.

Conserviamo in memoria le vittorie passate conto i megaprogetti, dal
nucleare al militare. Come a Carnet, a Plogoff o a Larzac, sappiamo che
quest’aeroporto può ancora essere fermato. Guardiamo dall’altra parte delle
Alpi dove l’opposizione alla costruzione della Linea a Grande Velocità Lione-Torino
mobilita tutta una valle, dove decine di migliaia di persone impediscono i
lavori. Anche qui ogni tentativo di cementificazione delle terre costerà loro
caro.

PER INFORMAZIONI, QUA SOTTO I DIVERSI TESTI PUBBLICATI
PRIMA DEGLI SGOMBERI PER CHIAMARE ALLA MANIFESTAZIONE DI RIOCCUPAZIONE.

Documenti
allegati

Volantino di appello alla manifestazione di rioccupazione
(PDF – 8.2 Mb)

Cartellone di richiamo alla manifestazione di rioccupazione
(PDF – 5.4 Mb)

Spot
d’appello alla manifestazione di rioccupazione (corto)

(MP3 – 2.1 Mb) (lungo)
(MP3 – 3.9 Mb)

Lettura audio
dell’inizio della chiamata
(MP3 –
9.4 Mb)

-- 
http://resiste.squat.net/
resiste @ squat . net

INGIUSTIZIA E’ FATTA! PRESIDIO PER FABIANO merc. 31 dalle 11 p.zza Castello

ISOLARE I VIOLENTI? NOI CI PROVIAMO! Ma loro hanno caschi, scudi, manganelli, idranti, lacrimogeni, bastoni, pietre e la COMPLICITA’ di alcuni GIORNALISTI!

 PRESIDIO P.zza Castello di fronte a Prefettura, 31 ottobre dalle ore 11:00

LA PROCURA DI TORINO CHIEDE L’ARCHIVIAZIONE PER LE TORTURE COMMESSE SU FABIANO “DA PERSONE IGNOTE” il 3 LUGLIO 2012.

 La storia di Fabiano inizia il 3 lugio 2011, alla manifestazione NO TAV intorno alle reti del cantiere di Chiomonte. La “colpa” di Fabiano fu quella di trovarsi nel luogo e nel momento sbagliati, non essendoci, infatti, elementi che dimostrino in lui alcuna“condotta delittuosa nelle dinamiche di attacco”. 

La sua innocenza, tuttavia, non fu sufficiente ad evitare la brutalità degli agenti che lo fermarono: fu percosso ripetutamente, da più di 10 agenti a volto coperto, durante la carica e, secondo il suo racconto, anche quando fu poi portato all’interno dell’area del museo utilizzata come “centrale” per le forze dell’ordine. Scrive Fabiano: “Io se chiudo gli occhi e ripenso a quella giornata, sento ancora le botte in testa e il sapore di sangue che dal naso scende giù fino alla gola, vedo ancora i volti dei poliziotti coperti da caschi e bandane, che si avvicinano alla barella e mi bisbigliano “ti ammazziamo” ad un palmo dall’orecchio, mi vengono ancora i conati di vomito al pensiero delle scatarrate e degli sputi, che si mescolavano col sangue sul mio viso, sento ancora le ossa che si spezzano mentre sono rannicchiato a terra, ricordo bene anche il momento in cui ho pensato “cazzo mi stanno ammazzando davvero”.
Nella richiesta di archiviazione la Procura di Torino legittima l’uso palesemente eccessivo e sproporzionato di tale violenza “tenendo in considerazione la situazione di generale tumulto conseguente alla manifestazione ed ai reiterati tentativi dei manifestanti di accedere all’area del cantiere”. Tutto legittimo, dunque, tutto legale. Vietato avvicinarsi, pena la tortura, una condanna con esecuzione immediata.
La Procura nega, inoltre, che gli abusi siano stati perpetrati anche dopo che Fabiano, disteso su una barella, è stato tenuto per oltre 3 ore nell’area recintata, dopo aver ricevuto le cure del personale medico. A confermare questa versione la Procura allega tre testimonianze di quelli che sembrano essere gli unici giornalisti della carta stampata presenti in quell’area: Massimo Numa e Roberto Travan (La Stampa), Bartolomeo Ponte (Repubblica).
E poi il gran finale, la citazione dell’articolo a firma Sarah Martinenghi pubblicato su Repubblica il 4 luglio dove in un virgolettato si riporterebbero le improbabili dichiarazioni di Fabiano: “Ma non mi hanno picchiato, sono stati i miei a ridurmi cosi’ – sono caduto e gli altri mi sono passati sopra, mi hanno calpestato”.
L’avvocato di Fabiano ha annunciato opposizione a questa chiusura indagini ed ogni cittadino che abbia a cuore un’idea di giustizia sempre più lontana da questo sistema ha il diritto di essere informato e di informare su questa NEGAZIONE resa ancora più EVIDENTE a seguito della presentazione da parte del Movimento NO TAV del dossier HUNTER che mostra, con fotografie inequivocabili, quanto i soggetti arrestati nel corso del 3 luglio siano stati ripetutamente percosi (con manganelli, bastone, spranghe e calci) proprio all’interno di quell’area nella quale troppi testimoni dichiarano non essere accaduto “nulla”.
Le TORTURE non si archiviano! VERITA’ E GIUSTIZIA PER FABIANO! 

 Questo evento è da realizzare insieme a chi, oltre ad esprimere a parole la solidarietà verso Fabiano, vuole fare di più, non tanto sperando di influenzare (cosa impossibile) l’INGIUSTA procura diTorino, quanto perché la gente sappia che in questo paese non c’è alcun organo deputato alla GIUSTIZIA, ma semplicemente al CONTROLLO ed alla REPRESSIONE, anche utilizzando laTORTURA, reato che, come sapete, non è riconosciuto dalle nostre leggi ma è praticato costantemente e senza alcuna conseguenza da chi quella legge sostiene di “difenderla”. Noi lo faremo a Torino il 31 ottobre, sentitevi liberi di replicarlo OVUNQUE, preferibilmente di fronte alle PREFETTURE o in luoghi CENTRALI dove possiate contattarepiù gente possibile!


_______________________________________________ Notavtorinocintura mailing list Notavtorinocintura@autistici.org https://www.autistici.org/mailman/listinfo/notavtorinocintura

IL DOMINIO DELLE MULTINAZIONALI


La globalizzazione ha reso i gruppi multinazionali i Signori del mondo. Fanno pressione sui governi, traggono profitti dallo sfruttamento, dalla violazione dei diritti umani e dalla distruzione dell’ambiente e inoltre mettono a repentaglio la democrazia. Se vogliamo comprendere per quale motivo le ricchezze del mondo siano distribuite in maniera così poco equa dobbiamo interessarci di economia teorica.

Dall’industrializzazione dell’Europa nel Settecento, l’economia di mercato capitalista è il sistema economico dominante. Beni e servizi sono trattati secondo domanda ed offerta. Chiunque abbia denaro può acquistare beni e pagare qualcuno che lavori per lui e ne produca. Poiché la merce può essere rivenduta si crea un circolo: si forma un capitale che, a sua volta, permette di produrre beni e servizi. I sostenitori del capitalismo e dell’economia di mercato lo considerano un sistema relativamente equo. In fin dei conti ognuno si riserva la facoltà di vendere qualcosa e, in questo modo, di accrescere il proprio patrimonio. All’inizio della sua carriera Bill Gates aveva un’idea fantastica, ma quasi nessun capitale. Fondò la ditta Microsoft che crebbe sempre di più, poiché molti vollero acquistare il sistema operativo per computer Windows da lui sviluppato. Oggi Bill Gates è il terzo uomo più ricco del mondo, con migliaia di dipendenti. La maggioranza delle persone ha meno fortuna. Non hanno un’idea di successo paragonabile a quella di Bill Gates o vivono in condizioni tali da rendere impossibile una simile carriera. Coloro che nascono ricchi hanno buone probabilità nella vita di accrescere il proprio patrimonio. Al contrario, per coloro che sono nati poveri e non hanno avuto accesso a una buona istruzione, per coloro che forse hanno avuto di rado o addirittura non hanno mai avuto abbastanza da mangiare né cure mediche di base, per loro è inutile cercare di rifuggire la miseria senza aiuti esterni. Alla fine del XIX secolo molti teorici cominciarono a criticare il capitalismo per le sue ingiustizie. Il più conosciuto fra tutti fu Karl Marx, che mise per iscritto la sua critica in libri come “Il Capitale” o “Il Manifesto del partito comunista” , scritto con Friedrich Engels. Marx ed Engels perseguivano una società senza classi, nella quale tutti i beni fossero ripartiti equamente. A quei tempi erano soprattutto i numerosi operai a sentirsi sottomessi dalla classe regnante dei ricchi e a rivoltarsi contro di loro. Questa fu la base della rivolta comunista nel XX secolo, in testa a tutti la Russia. Le rivoluzioni crearono un gran numero di Stati socialisti. Il socialismo era ritenuto uno stadio preliminare del comunismo, che rappresentava l’ideale di una società priva di classi, quindi una società priva di proprietà privata e di differenze sociali.

Eppure la realtà in questi Stati, e prima fra tutti nell’Unione Sovietica, fu tutt’altro che equa. Dopo la rivoluzione conquistarono il potere politici corrotti che sottomisero i loro popoli e li tennero sotto sorveglianza. La storia del socialismo reale delle repubbliche sovietiche e degli Stati loro alleati è per questo motivo la storia di gravi violazioni di diritti umani, che hanno luogo ancora oggi in Paesi come la Cina e la Corea del Nord. Con la caduta del muro di Berlino e il crollo del socialismo reale nel 1989, l’economia di mercato capitalistica si impose come sistema mondiale. Allo stesso tempo, negli ultimi due decenni del secolo scorso iniziò una nuova era. Il progresso tecnico con i computer, le nuove tecnologie di comunicazione come internet, i mezzi di trasporto più veloci e meno costosi, ma anche l’abolizione di regolamentazioni politiche nel commercio mondiale; per esempio i dazi, portarono a un’enorme accelerazione di intrecci internazionali, soprattutto in ambito economico. Questo è il processo che va sotto il nome di Globalizzazione. Il termine Globalizzazione descrive il crescente collegamento mondiale in tutti i campi; in economia, in politica, nella cultura e nella comunicazione. Di per sé è qualcosa di positivo: io ho amici e amiche in Brasile, in Congo, Australia con i quali posso chattare, scambiare e-mail e parlare tramite computer in lingue diverse e pressoché gratis. Scarico i file più nuovi di musica di gruppi e dj internazionali e guardo video provenienti da tutto il mondo su YouTube. Inoltre mi godo il caffè di commercio equo e solidale della Bolivia, cioccolato del Ghana e banane del Costa Rica. E ogni tanto salgo su un aereo per andare a visitare regioni lontane, nonostante sappia che non è un bene dal punto di vista ecologico e che solo pochi possono permetterselo.

Internet ha reso il mondo un “villaggio globale”, nel quale persone di continenti diversi possono incontrarsi per fare due chiacchiere virtuali. La nostra quotidianità invece somiglia più ad un supermercato globale: i nostri pomodori vengono raccolti in Olanda e lavati in Marocco, i nostri jeans vengono cuciti in Cina con cotone indiano e commercializzati da un’azienda americana, i nostri cellulari vengono disegnati in Finlandia, assemblati a Taiwan a partire da singoli componenti le cui materie prime provengono dal Congo e sono state processate in Germania. Ci sono siti tipo www.getfriday.com dove manager impegnatissimi hanno addirittura la possibilità di prenotare una segretaria che dall’India fissi per loro un appuntamento dal dentista a New York, ormai costa meno che pagare una segretaria americana. Il problema della globalizzazione è che, come il capitalismo, rappresenta un vantaggio soprattutto per coloro che sono già relativamente ricchi. Un piccolo contadino per esempio può vendere i suoi prodotti solo su mercati locali. Lui e la sua famiglia dipendono per la loro sopravvivenza dai prezzi che riescono a ottenere. Per un gruppo agrario multinazionale invece il mondo intero è un unico mercato: le materie prime possono essere acquistate dove sono attualmente meno costose, successivamente vengono processate a basso costo e infine vendute ovunque. Le spese del trasporto non hanno grande rilevanza, poiché le multinazionali hanno messo i governi sotto pressione e ottenuto il loro sostegno sotto forma di grosse sovvenzioni. Si sono anche preoccupate di non dover pagare troppe tasse e di non essere ostacolate da leggi eccessivamente severe.

La multinazionale è definita come la fusione di più imprese in un’unità economica. La globalizzazione ha fortemente promosso la costituzione di multinazionali attraverso la facilitazione dello scambio internazionale di merci, capitale e servizi. Oggi quasi tutte queste aziende traggono profitti dalla produzione nei cosiddetti Paesi a basso costo del lavoro, quindi in Paesi poveri, nei quali gli stipendi sono molto bassi. La produzione ha luogo in quei Paesi. La merce viene venduta in tutto il mondo con ampi margini di guadagno. Quando fino circa agli anni Ottanta del secolo scorso l’Adidas fabbricava scarpe a Herzogenaurach in Baviera doveva rispettare gli standard sociali ed ecologici tedeschi. Tramite la globalizzazione Adidas guadagna oggi nettamente più di allora. Le scarpe da ginnastica ora vengono cucite da operaie in Cina o in Indonesia per circa 40 centesimi il paio. Il prezzo di vendita in Germania però è attorno ai 100 euro. Il trasporto dall’altra parte del mondo ovviamente non è molto ecologico, e mentre le persone nei Paesi più poveri fabbricano i nostri prodotti di consumo per stipendi minimi, nei Paesi industrializzati vanno persi migliaia di posti di lavoro. Le multinazionali, invece, attraverso la globalizzazione sono diventate ricche e potenti.

Tra il 1980 e il 2004 il numero totale delle imprese multinazionali è aumentato da 17.000 ad oltre 70.000. Le 500 maggiori aziende del mondo controllano oggi circa il 70% del mercato globale. Il loro fatturato nel 1994 equivaleva al 25% del prodotto interno lordo del mondo; nel 2005 ammontava già a più del 33%. Eppure queste imprese danno lavoro solo allo 0,05% della popolazione mondiale, quindi nessuno può sostenere che abbiano creato posti di lavoro. In effetti per colpa loro sono stati annientati numerosi posti in piccole e medie imprese e nell’agricoltura. Se si accosta il Pil dei Paesi più ricchi al fatturato delle principali multinazionali ci accorgiamo che tra le cento maggiori potenze economiche troviamo tanti Stati quante aziende. I dati infatti lo confermano. Molte multinazionali sono economicamente più forti di interi paesi. La catena americana di supermercati Wal-Mart e il gruppo petrolifero ExxonMobil (conosciuto per i distributori di benzina Esso e Mobil) hanno già superato Austria e Polonia. I discendenti del fondatore di Wal-Mart, Sam Walton; possiedono 82 miliardi di dollari e sono tra le famiglie più ricche e potenti del mondo. Ma concretamente che aspetto ha il potere delle multinazionali?

La maggior parte delle imprese multinazionali ha sede nei Paesi ricchi industrializzati; primi fra tutti gli Stati Uniti, i Paesi dell’Unione Europea e il Giappone. In politica sono enormemente influenti, nonostante tutti gli Stati nominati siano delle democrazie, nelle quali il potere dovrebbe appartenere al popolo e non alle grosse aziende.

Davide Caluppi – Agenzia Stampa Italia

Fonte: www.attac.it

www.sourcewatch.org  – Tratto da: agenziastampaitalia