Incendi Chernobyl: nube radioattiva avrebbe raggiunto anche il Mediterraneo e l’Italia

no tav, generale russo venaus, susa, chiomonte, torino-lione, chianocco, davi lucianohttps://www.meteolive.it/news/Notizie/78/incendi-chernobyl-nube-radioattiva-avrebbe-raggiunto-anche-il-mediterraneo-e-l-italia/85301/?fbclid=IwAR2O7dOatyyc2pVpn-JMSXSNaJwI1AwhszlvrjF5l6o8TJ1bRsCi2__EV_M

Notizie – 18 Aprile 2020, ore 06.49

Nei giorni scorsi vi abbiamo informato sull’emergenza incendi a Chernobyl, con le fiamme che avevano raggiunto all’inizio della settimana la zona circostante il deposito di Pidlisny, dove sono conservati i rifiuti più radioattivi dell`intera area della ex centrale nucleare. 

Secondo le ultime notizie, anche se i roghi risultano ormai domati, una vasta nube radioattiva si è sprigionata nella bassa atmosfera diffondendosi su una area piuttosto ampia.

Da una simulazione condotta in Francia dal`Institut de Radioprotection et Sûreté Nucléaire (IRSN), è emerso che le masse d`aria provenienti dalla zona degli incendi potrebbero aver raggiunto buona parte dell’Europa, compreso la Francia e l’Italia, a partire dal 7 aprile (gli incendi a Chernobyl sono divampati fra 6-7 Aprile).  Ciò è avvenuto anche grazie alle correnti prevalentemente nord-orientali in quota. 

Nel video pubblicato dall’IRSN si nota come la nube si diffonda verso sud, sud-ovest, raggiungendo (seppur attenuata) la nostra penisola. Il triangolo rosso rappresenta il punto di partenza, la posizione degli incendi in Ucraina. 

In base alla modellazione, in Francia è arrivata una nube con livelli di radioattività estremamente bassi, inferiori a 1 µBq / m 3 in cesio 137. In Italia invece i livelli di radioattività sarebbero maggiori, attestandosi fra 1 e 10 µBq / m 3, valori comunque ben inferiori rispetto a quelli dell’Ucraina e dei paesi vicini (colore arancione/rosso nella cartina). 

Come detto, si tratta comunque di una simulazione e non si hanno per ora dati certi. Gli esperti hanno dichiarato: “Sono in corso il campionamento di aerosol su filtri da dispositivi di grande volume della rete OPERA-AIR dell`IRSN (dispositivi per misurare minuscole tracce di radioattività), nonché le misurazioni associate. Queste misurazioni di tracce richiedono l`implementazione di mezzi molto precisi, i risultati non saranno disponibili fino alla prossima settimana” si legge nel comunicato ufficiale.”

L’Istituto ha inoltre rassicurato:
“L`impatto derivante dall`inalazione della radioattività trasportata dalle masse nell`aria che arrivano in Francia dovrebbe essere insignificante”.
Ben più preoccupante la situazione in Ucraina e nella capitale Kiev, dove la vicinanza degli incendi ha determinato un forte aumento dei livelli di inquinamento dell’aria.
Secondo quanto riportato da Reuters, gli incendi hanno fatto sì che l`aria di Kiev conquistasse un triste primato: negli ultimi giorni è risultata infatti la città più inquinata (o comunque fra le più inquinate) del mondo.

Le fiamme divampate nei pressi della centrale nucleare hanno spinto l`inquinamento di Kiev a livelli importanti, dando agli abitanti un altro motivo per rimanere al chiuso, oltre al coronavirus.

Autore : Redazione MeteoLive.it

Il Pertus di Colombano Romean, un’opera titanica che risale a quasi 500 anni fa

https://www.laboratoriovalsusa.it/blog/un-po-di-storia/il-pertus-di-colombano-romean-unopera-titanica-che-risale-quasi-500-anni-fa?fbclid=IwAR2IiR-cPM85NjXjk_Frh2PKuL2qmJWu9yX8ggNypRrSID49b8pQp6tZLGE

In piemontese, pertus vuol dire buco. Ma quello che è visibile sulla montagna di Chiomonte, conosciuto con il nome di Pertus di Colombano Romean, non è un semplice foro. È un’opera titanica, una testimonianza, di quasi 500 anni fa, di incredibile forza di volontà e di notevole ingegno.

Il fatto più stupefacente è che porti la firma di un solo uomo, appunto Colombano Romean, uno scalpellino originario di Chiomonte, nato alla Ramats ed in seguito emigrato a St.Gilles, nella diocesi francese di Nimes, per fare fortuna.

Posto a circa 2 mila metri di quota, proprio sotto i Quattro Denti di Chiomonte, il Pertus è un tunnel di 433 metri di lunghezza, largo circa un metro, per un’altezza di poco meno di due. Colombano aprì il varco da solo, utilizzando il suo scalpello. Un lavoro durato 7 anni, al ritmo di 20 centimetri al giorno, che gli fu commissionato il 14 ottobre 1526. Già nell’ottobre del 1504, i Comuni di Exilles e Chiomonte si erano accordati per lo scavo, ma ci vollero oltre 20 anni, tra discussioni e ricerca della persona idonea, affinchè si giungesse all’avvio dei lavori.

I denti di Chiomonte (versante sud)

I denti di Chiomonte (versante sud)

La galleria si rendeva necessaria per portare l’acqua del Rio Touilles dal versante nord della cresta dei Denti di Chiomonte al versante sud, e consentire così l’irrigazione dei terreni di Cels e Ramats. A questo scopo esisteva già un acquedotto sospeso in legno, che aveva però una una portata molto ridotta e necessitava di ingenti spese di manutenzione. Il suo apporto, inoltre era disponibile solo nei mesi estivi.

Colombano Romean accettò di portare a termine l’impresa. In cambio, i consorzisti gli avrebbero garantito, per ogni mese di lavoro, due emine di segale, del vino, attrezzi per lo scavo, un mantice e la necessaria fornitura di carbone. Per permettergli i lavori fu realizzato, all’imbocco della galleria un capanno con letto, madia, botte e lanterne per illuminazione, che divenne la sua nuova casa. Inoltre, il duro impegno di Colombano sarebbe stato riconosciuto con il compenso di 5 fiorini e 12 soldi per ogni tesa (m. 1,786) scavata nella roccia.

L’impresa fu ardua: nella galleria bisognava garantire aereazione, che, con tutta probabilità, veniva immessa tramite una canalizzazione in tela collegata ad un mantice. Il cane di Colombano ogni giorno percorreva il tratto dal villaggio della Ramats alla galleria per condurre il cibo al suo proprietario.

Ma quando l’opera fu conclusa, nel 1533, e venne il tempo di fare i conti, ecco la sorpresa: la morte dello scalpellino. Sul suo decesso esistono due versioni contrastanti: la prima dice che Colombano Romean, dopo tanta fatica, fu avvelenato per evitare il pagamento della somma pattuita. L’esborso era infatti considerevole: 1600 fiorini, pari a 320 scudi. Per avere un’idea dell’importo avere un’idea va considerato che all’epoca il bilancio del Comune di Chiomonte era di circa 500 scudi.

Un’altra versione dice che l’uomo morì di idropisia, provocata dal freddo e dall’umidità patiti durante lo scavo, aggravati da un’insana passione per il vino. Come andarono i fatti, non lo sappiamo.

Quello che è certo, è che ancora oggi il Pertus di Colombano Romean consente ai pendii di Cels e Ramats di godere di un buon apporto idrico.

Colombano Romean, la targa commemorativa

Chi fa visita alla galleria può ancora vedere su di essa i segni dello scalpello, i visi, le croci ed un giglio del Delfinato scolpiti al suo interno, insieme alle nicchie dove venivano appoggiate le lanterne per verificare che lo scavo stesse seguendo la giusta direzione. Consigliamo di effettuare questa esperienza nei mesi di minore portata idrica, tra agosto ed ottobre, muniti di stivali e torcia frontale. Per maggiori informazioni potete consultare questa escursione proposta dal Rifugio Levi Molinari).

Al fondo della galleria, una targa posta dal CAI e dai comuni interessati celebra l’opera di Colombano, mentre una data incisa sul cemento ricorda i lavori di manutenzione straordinaria portati a termine sul tratto meridionale del tunnel nel 1931 (un getto di calcestruzzo con volta a botte armata mediante centine lignee).

Il Pertus di Colombano Romean in una cartolina d'epoca

Il Pertus di Colombano Romean in una cartolina d’epoca

Concludiamo con una notazione letteraria: nel 2000 lo scrittore torinese Alessandro Perissinotto ha pubblicato La canzone di Colombano, un bel romanzo storico che ricostruisce questa vicenda (Sellerio editore). A noi è piaciuto molto.

Piemonte, arriva l’obbligo di mascherine per tutti “Ne serviranno 80 milioni ogni mese”

La Regione ha annunciato che sarà garantita la consegna gratuita di un kit per ogni famiglia

Anche per la nostra regione, come per la Lombardia, scatta l’obbligo di mascherine per tutti.  Dal 4 maggio, e per il proseguimento della Fase 2, in Piemonte il divieto è di uscire di casa senza protezioni sul viso.
Un obbligo che sarà subordinato, ovviamente, alla distribuzione di mascherine all’intera popolazione regionale.

A partire dai prossimi giorni, come annunciato ieri, mercoledì 15 Aprile, saranno consegnate ai Piemontesi 5 milioni di mascherine per una spesa complessiva di 6 milioni di euro, coperta grazie alle donazioni arrivate nelle ultime settimane.

E mentre continua a non sopirsi la polemica per il caro prezzo delle mascherine (spesso introvabili) la Regione ha annunciato che sarà garantita la consegna gratuita di un kit per ogni famiglia.
Nel piano della Regione, l’obbligo di indossare la mascherina in strada scatterà a partire dal 4 maggio, giorno in cui, secondo l’ultimo decreto del governo, dovrebbe iniziare la riapertura di alcune aziende, accompagnata dall’allentamento delle vigenti misure di contenimento.

Secondo le stime del Politecnico, solo per il mondo produttivo, in Piemonte, serviranno oltre 80 milioni di mascherine al mese per operai e lavoratori.
Così hanno  piegato il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’assessore alla Protezione civile Marco Gabusi e l’assessore alla Sanità Luigi Icardi:
“Ad aggiudicarsi la gara realizzata attraverso Scr sono state tre aziende del Piemonte. Insieme a Poste italiane e alle associazioni che rappresentano gli enti locali stiamo definendo le modalità migliori per organizzare la distribuzione alle famiglie su tutto il territorio. Ringraziamo tutti i capigruppo del Consiglio regionale per la sensibilità dimostrata e la generosità di chi ci ha permesso con le proprie donazioni di coprire la spesa. Prima di rendere le mascherine obbligatorie era, infatti, fondamentale poterle garantire a tutti, ancor più in vista della fase di ripartenza”

BASTA CON IL CAPITALISMO PARACULO

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/basta-capitalismo-paraculo-grandi-famiglie-capitalismo-233559.htm?fbclid=IwAR0m3loUrsnb30bPVlOlHjwkwA4JinRv-BgJp6L9L2-it9IZ8Jqcj3oTZ6M

dago

16 APR 2020 11:44

BASTA CON IL CAPITALISMO PARACULO: LE GRANDI FAMIGLIE DEL CAPITALISMO ITALIANO RIPORTINO IN PATRIA I SOLDI CHE HANNO SISTEMATO NEI PARADISI FISCALI – ANCHE L’AD DI INTESA, CARLO MESSINA, LE HA PUNGOLATE SFIDANDOLE A FAR RIENTRARE LE RICCHEZZE ALL’ESTERO – DAGLI AGNELLI AI ROCCA, DAI FERRERO AI PERFETTI FINO ALLA FAMIGLIA GARAVOGLIA: LA LISTA DEI FLUSSI DI DENARO…

Fabio Pavesi per https://www.affaritaliani.it/

Carlo MessinaCARLO MESSINA

Chiamatelo Cura-Italia, Salva-Italia o come volete. Mentre tutti si affannano a cercare di reperire risorse pubbliche e private per fronteggiare il feroce contraccolpo economico della pandemia del Secolo, c’è qualche convitato di pietra che andrebbe scosso. E che da anni più che rinvenire risorse per il Paese è più che propenso a svuotarle, portandole oltreconfine. La stoccata l’ha lanciata nei giorni scorsi Carlo Messina, l’amministratore delegato della più grande banca italiana che tra le altre cose ha rammentato che ci sono grandi famiglie imprenditoriali italiane abituate a trasferire capitali e ricchezze all’estero.

john elkann 1JOHN ELKANN 1

E che oggi potrebbero essere manna se rimpatriate e reimpiegate nell’economia del nostro Paese. Un “torni a bordo Schettino” che non dovrebbe cadere nel vuoto. Già ma chi sono queste grandi famiglie che da tempo traslocano capitale e dividendi nei paradisi fiscali oltre frontiera? L’elenco include i bei nomi dell’imprenditoria: dagli Agnelli, ai Rocca, ai Ferrero alla famiglia Perfetti,  alla famiglia Garavaglia (Campari) che da poco ha deciso di trasferire le sede legale in Olanda insieme alla Mediaset post-riassetto con la controllata spagnola e post-acquisizione Prosiebensat.

Quel che pochi sanno sono i flussi impressionanti di risorse trasmigrate fuori confine negli ultimi anni. Affaritaliani.it ha provato a documentarlo per i gruppi più significativi con l’ausilio degli analisti dell’Area studi di Mediobanca. Ecco i risultati.

gianfelice rocca 1GIANFELICE ROCCA 1

LA LUNGA CATENA SOCIETARIA DEL GRUPPO TENARIS DEI ROCCA

Tra i più attivi a trasferire risorse all’estero ecco la Tenaris della famiglia Rocca. Un impero che spazia in tutto il globo e che ha al suo vertice la Tenaris Sa domiciliata in Lussemburgo. Ebbene la Tenaris investment sarl anche’essa nel granducato ha cumulato dividendi dalle partecipate del colosso mondiale per la bellezza di 3 miliardi di euro nel periodo dal 2014 al 2018. L’ultimo dividendo incassato del 2018 vale da solo 743 milioni di euro.

Soldi incassati lì che poi in parte finiscono per risalire lungo un’impressionante catena societaria. Tenaris Investment sarl è posseduta al 100% da Tenaris Sa. A sua volta, Tenaris sa è partecipata da Techint holding luxembourg. A sua volta partecipata dalla San Faustin che ha sede legale a Curacao nei Caraibi per approdare infine, in cima alla fantasiosa catena, alla Rocca&Partners che ha sede in Olanda. Come si vede una sorta di giro del mondo di buona parte dei quattrini prodotti dal colosso nella produzione di tubi per l’industria petrolifera che escono dal nostro Paese per non tornarci.

Tenaris è una macchina da guerra come profittabilità. Nel 2019 Tenaris quotata su tre mercati tra cui Piazza Affari ha registrato un giro d’affari di 7,3 miliardi di dollari, producendo utili netti per 742 milioni di dollari. Oltre la metà dei profitti netti finisce abitualmente in dividendi distribuiti lungo la catena societaria dei Rocca, stabilmente collocata fuori dai confini domestici.

giovanni ferrero 4GIOVANNI FERRERO 4

L’IMPERO DELLA NUTELLA DELLA FAMIGLIA FERRERO

Altro grande protagonista del trasloco estero di parte consistente degli utili è la casa della Nutella. La Ferrero che fattura globalmente a livello consolidato oltre 11 miliardi di euro all’anno, ha la sua testa domiciliata in Lussemburgo sotto l’egida di Ferrero International Sa. Ebbene solo nel 2019 la capogruppo lussemburghese della famiglia di Alba ha incassato 1,11 miliardi di euro di dividendi. Il livello più alto di sempre. E dal 2014 al 2019 Ferrero International Sa ha portato nei suoi forzieri esteri la bellezza di 4,4 miliardi di euro di flussi cedolari. Una manna per la famiglia proprietaria della Nutella.

LA GALASSIA EXOR DELLA FAMIGLIA AGNELLI

Perfetti Van del MellePERFETTI VAN DEL MELLE

E che dire degli Agnelli? Da anni trasmigrati in Olanda con le varie Fca, Cnh e la cassaforte Exor. Ebbene le partecipate della galassia Exor, da Fca a Cnh, a Ferrari e via dicendo hanno distribuito a Exor in Olanda, solo nel 2019, 999 milioni di euro. E tra il 2017 e il 2018 gli incassi ad Amsterdam delle controllate di Exor sono stati di oltre 1 miliardo. Poi parte di questa ricchezza viene a sua volta distribuita alla Giovanni Agnelli Bv, anch’essa olandese che possiede il 53% di Exor ed è la cassaforte della grande famiglia torinese.

STM

Altra società che ha sede legale nei paesi bassi è Stm. Il produttore di micro-chip ha incassato fuori confine 930 milioni di euro di dividendi nell’arco di tempo dal 2014 al 2019.

luca garavoglia campariLUCA GARAVOGLIA CAMPARI

I CHEWING GUM E LE CARAMELLE DELLA FAMIGLIA PERFETTI

La Perfetti Van del Melle è la famiglia della gomma del ponte. I produttori di caramelle e gomme hanno da sempre la sede in Olanda. Lì sono arrivate risorse sotto forma di dividendi per oltre 300 milioni di euro solo tra il 2014 e il 2017. In questo momento così drammatico per le sorti dell’economia prostrata dal Coronavirus, forse una moratoria nel copioso flusso di ricchezza che prende la strada oltre le Alpi, aiuterebbe. Non si può imporre per legge ovviamente. Sta alla sensibilità dei “capitani coraggiosi” delle dinastie imprenditoriali. Chissà.

 

Coronavirus. Dietro il disastro in Piemonte anche una vecchia conoscenza dei notav: il PM Rinaudo

https://www.notav.info/senza-categoria/coronavirus-dietro-il-disastro-in-piemonte-anche-una-vecchia-conoscenza-dei-notav-il-pm-rinaudo/?fbclid=IwAR0Uvak6mDN5cm53L0c86kbKziwOYDkNYyV0EacywpmZv0Q4LkK9Rl1UiOg#.XpRNTisH9i0.facebook

Newsposttop — 13 Aprile 2020 at 08:48

In Piemonte, dopo qualche settimana di contagi relativamente più bassi rispetto alle aree del nord-est, l’epidemia sta esplodendo e seguirà probabilmente molto da vicino la curva di contagio della Lombardia. Venerdi, per la prima volta, il numero di decessi registrati in 24 ore ha segnato cifra doppia, arrivando a 104, senza che nei giorni successivi si vedesse un significativo miglioramento. Le terapie intensive sono tutt’ora sotto forte pressione e come altrove, ma più che altrove, il numero di malati effettivi resta ignoto visto che siamo la regione che ha eseguito meno test tra quelle del nord. D’altronde non poteva essere altrimenti. Il ceto politico sabaudo, tutto impegnato negli ultimi anni parlare di tav e del futuro radioso che ci aspetterebbe in fondo al tunnel, ha in realtà passato la maggior parte del suo tempo a spolpare la sanità piemontese a colpi di spending review e “razionalizzazioni”. L’eredità lasciata da questi signori la stiamo pagando carissima. Negli ultimi 10 anni sono stati tagliati 515 medici ospedalieri e 1.560 posti letto, facendo del Piemonte una delle regioni col numero di posti in terapia intensiva tra i più bassi delle regioni del nord (7.3 posti letto per 100.000 abitanti contro gli 8.9 della Lombardia, i 10 del Veneto, i 12 della Liguria e 10 dell’Emilia Romagna). A inizio epidemia c’erano solo due laboratori capaci di analizzare i tamponi diagnostici del covid19.

Per gestire questa situazione, che si presentava già catastrofica a inizio dell’epidemia, nella nostra regione è stata attivata un’Unità di crisi sulla falsariga di quanto fatto a livello nazionale. Un organismo che si trova oggi al centro di violentissime critiche da parte dell’Anaao, il solitamente molto pacato sindacato dei medici, che ha denunciato la scarsissima capacità del sistema sanitario regionale a intercettare i malati, la mancanza di tempestività e coordinamento degli interventi nonché la cronica incapacità della regione a fornire dispositivi di protezione individuale agli operatori sanitari e socio-sanitari. Inoltre, per i dottori piemontesi, la comunicazione giornaliera della situazione sanitaria regionale da parte dell’unità di crisi è opaca. In un primo comunicato, diffuso giovedi assieme al sindacato infermieri, hanno parlato un “gioco delle tre carte inqualificabile” portato avanti a favor di telecamere  “per nascondere incompetenze e lentezze”. In una seconda durissima nota, diffusa sabato, i medici si sono scagliati ancora una volta contro l’arroganza di quelli che si trovano a “dirigere da dietro una scrivania” l’emergenza corona virus in Piemonte, qualificati di generali che, dalle comode retrovie, hanno mandato il personale ospedaliero in prima linea allo sbaraglio

Grande è stata la nostra sorpresa nello scoprire che dietro una di queste scrivanie della sciagurata Unità di crisi della regione Piemonte c’è una vecchia conoscenza del movimento notav: il PM Rinaudo. Un losco personaggio dalle imbarazzanti amicizie di cui abbiamo già lungamente reso conto, noto per aver fatto parte del pool anti-valsusa che ha contribuito negli anni a infliggere centinaia di anni di carcere a decine di notav. Proprio al magistrato anti-notav è toccato il compito di difendere, in una grottesca conferenza stampa tenuta venerdi scorso, la folle decisione presa dal consiglio regionale di trasferire i pazienti di covid19 nelle RSA. All’inizio della diffusione dell’epidemia, avendo letteralmente smantellato la rete sanitaria territoriale e l’assistenza domiciliare a forza di tagli, la Regione ha dovuto ripiegare su un approccio esclusivamente ospedaliero che ha moltiplicato i contagi. Accortisi del disastro e con gli ospedali che iniziavano a saturare, a metà marzo è stata presa la decisione di far ritornare i malati più fragili, gli anziani, nelle case di riposo. Grazie a questa brillante mossa, che la giunta Cirio ha poi inizialmente cercato goffamente di nascondere, abbiamo anche in Piemonte tanti casi Trivulzio. Il numero di morti nelle case di riposo è arrivato ad almeno 450 le RSA di sono letteralmente “trasformate in obitori” come ha di nuovo denunciato il sindacato dei medici.

Insomma, invece di avere dei virologi attenti e con risorse adeguate, capaci di stilare protocolli rapidi ed efficaci, abbiamo una banda di dilettanti allo sbaraglio tra cui spicca un miracolato che ha fatto carriera sulle spalle dei notav. Un “sistema Piemonte” compatto nel suo criminale pressapochismo, drogato di marketing confindustriale da due soldi, zeppo di baroni universitari e professionisti con le conoscenze giuste che sta facendo danni incalcolabili nella nostra regione, causando morti che potevano probabilmente essere evitate con un approccio più attento e circostanziato. Speriamo se ne ricordino tutti i piemontesi, a emergenza finita. Bisognerà pur fare i conti, presto o tardi, con chi ci ha portato nel disastro in cui ci troviamo oggi.