Tav, vertice a Roma. Delrio: “La Francia conferma il suo impegno nel progetto”

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Tav, vertice a Roma. Delrio: "La Francia conferma il suo impegno nel progetto"

Il ministro dei trasporti Gtaziano Delrio 
 Il ministro dei Trasporti: “I lavori vanno avanti pur nel contesto di una revisione delle grandi opere da parte del governo francese”

28 luglio 2017

La ministra francese Elisabeth Borne “pur nel contesto di una revisione sulle grandi opere da parte del governo francese” ha affermato che “per la Torino Lione i lavori proseguono e sono confermati gli impegni internazionali. Dunque, soddisfazione per l’andamento dei lavori e impegno dei due Paesi”. Lo afferma il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che ha oggi incontrato a Roma la collega francese nella bilaterale Italia-Francia.

Borne, nei giorni scorsi, aveva gettato un’ombra sul progetto, annunciano una pausa di riflessione sul progetto.
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, – spiega il comunicato del Mit – e la Ministra incaricata dei Trasporti francese, Elisabeth Borne, hanno tenuto oggi a Roma il primo incontro bilaterale sui temi di comune interesse.  Tra gli argomenti affrontati:  il Pacchetto mobilità in ambito UE  ed i progetti bilaterali come il collegamento ferroviario Torino-Lione e  l’Autostrada Ferroviaria Alpina.

“Un incontro fruttuoso – dichiara il Ministro Delrio – in cui abbiamo registrato  convergenze sulle linee strategiche che come ministero stiamo perseguendo, quale la scelta di opere sobrie e utili, la revisione progettuale, favorire l’intermodalità e la interconnessione. Con la ministra, cui ho consegnato una copia delle nostre strategie “Connettere l’Italia”, abbiamo concordato di far lavorare insieme i nostri esperti. Ho apprezzato che, la ministra Borne, pur nel contesto di una revisione sulle grandi opere  da parte del Governo francese, abbia affermato che per la Torino Lione i lavori proseguono e sono confermati gli impegni internazionali. Dunque, soddisfazione per l’andamento dei lavori e impegno dei due Paesi”.

Per quanto riguarda i lavori dell’Autostrada Ferroviaria Alpina, continua il Ministro Delrio “tra i due Paesi c’è una buona collaborazione e sta proseguendo l’iter parlamentare per la ratifica dell’accordo.  E’ una buona notizia, per la politica comune dedicata al trasporto sostenibile, che il 1° agosto verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea l’avviso per il  bando di gara, predisposto dai due Paesi, per la concessione di 10 anni del servizio”. Il Ministro Delrio e la Ministra Borne si sono confrontati sul Pacchetto Mobilità

 proposto dalla Commissione Europea: “Entrambi i Paesi sono membri dell’Alleanza della Strada – continua il Ministro italiano – e  c’è condivisione nel sostegno alla concorrenza leale, così come al miglioramento della sicurezza stradale” commenta il Ministro italiano. Abbiamo da ultimo ribadito – conclude il Ministro Delrio – l’importanza dello sviluppo del programma Galileo al fine della più ampia fruizione del segnale satellitare europeo”.

Maersk chiede la corrente, chi pagherà?

http://www.ninin.liguria.it/2017/07/29/leggi-notizia/argomenti/news/articolo/maersk-chiede-la-corrente-chi-paghera.html

Autorità Portuale ha avviato le pratiche di richiesta di una linea elettrica per alimentare l’ecomostro Maersk. Facile dunque ipotizzare chi pagherà. Oggi è scientificamente provato che l’esposizione ai campi magnetici a bassa frequenza (50Hz, quella della rete europea) sono nocivi per la salute

Non pare preoccuparsene la ASL2, che esprime un generico nulla osta. La Provincia, dal canto suo, viste forse tutte le scartoffie, AUTORIZZA, menzionando ARPAL solo come “Allegato A”

Ed è proprio in questo allegato che troviamo quel minimo di senno sanitario. Arpal specifica infatti che al di sopra della cabina di trasformazione da alta / media tensione (anche questo non è chiaro a tutti gli entoni) la permanenza di esseri umani dev’essere limitata in quanto pericolosa per la loro salute.

I magazzinieri e gli archivisti, il cui lavoro è previsto proprio in coppa al trasformatore, non potranno ivi permanere per più di 4 ore al giorno, come limite di esposizione al campo elettromagnetico e sempre che questo limite salvaguardi la loro salute.

Qualcuno glielo avrà detto? Qualcuno glielo dirà?

Maersk: inizia l’erosione delle spiagge di Savona

http://www.ninin.liguria.it/2017/07/29/leggi-notizia/argomenti/ambiente/articolo/maersk-inizia-lerosione-delle-spiagge-di-savona.html

Ci siamo: a Vado, come documenta la foto del Secolo XIX, sta nascendo una nuova spiaggia, in un punto dove non c’è mai stato un granello di sabbia. Da dove arriverà quella sabbia? Dedicato a quelli che “viva la piattaforma e l’erosione non esiste”

L’orrido ecomostro Maersk non è neppure ancora concluso, ed ecco che già vicino alla foce del torrente Segno improvvisamente (e improvvidamente) appare una striscia di sabbia di alcuni metri. Signori, l’interramento è servito, e la spiaggia di Savona sta già iniziando a prestare la sua sabbia a Vado Ligure, che naturalmente con un panorama di container sarà la meta turistica più gettonata degli anni ’20 di questo secolo, sempre che la finiscano.

Peccato che si tratti di un prestito infruttifero: la spiaggia che verrà perduta alle Fornaci e a Zinola non verrà restituita ai savonesi.

Finalmente il sospetto coglie anche i gestori degli stabilimenti balneari di Savona, ma purtroppo è un po’ tardi.

C’è chi tenta di calmare gli animi sostenendo che la sabbia sia stata portata vicino alla foce del Segno da una “mareggiata atipica”.

Sarebbe bello poterci credere.

La TAV, la pausa, la Francia

http://www.ninin.liguria.it/2017/07/29/leggi-notizia/argomenti/mezza-politica-1/articolo/la-tav-la-pausa-la-francia.html

 

Cronaca del solito arrogante abbaglio dei governi italiani di centro sinistra, centro destra, tecnici, larghe e piccole intese. Ancora notizie dalla Francia: “pausa” per la TAV. Giustamente il movimento appare prudente ma è il caso di cominciare a chiedersi chi pagherà e chi risarcirà il popolo della Valle Susa degli enormi danni materiali e morali subiti nel corso di questi anni con la militarizzazione del territorio e la criminalizzazione di chi ha tenacemente resistito (di Franco Astengo)

Da Presidio Europa. Net: La Francia venerdì 28 luglio 2017 consegna all’Italia la “Dichiarazione di pausa”. Il Movimento No TAV, che da 28 anni chiede l’abbandono del progetto, prende pacatamente nota e prosegue nell’opposizione. I fondi nazionali ed europei dovranno ora essere indirizzati verso politiche alternative di mobilità

Venerdì 28 luglio Elisabeth Borne, la ministra dei trasporti francese comunicherà a Roma al suo omologo italiano Graziano Delrio, la decisione del Presidente Emmanuel Macron di “mettere in pausa” ilprogetto Torino-Lione.

Per dovere di cronaca ricordiamo che il 19 luglio 2017 la ministra dei trasporti Elisabeth Borne ha affermato che la Torino-Lione entra in una pausa, esattamente il contrario di quello che le attribuisce di aver detto il ministro Delrio.

Gli antefatti La decisione del nuovo inquilino dell’Eliseo era attesa, da anni l’Alta Amministrazione francese aveva enunciato con forza l’insostenibilità economica, sociale ed ecologica della Torino-Lione.

Emmanuel Macron, già durante la campagna elettorale aveva manifestato il proposito di intervenire per porre fine all’abisso del debito ferroviario francese come indicato in dettaglio nel programma del suo partito: «Restituiremo al Parlamento il potere di decidere una politica realista di sviluppo delle infrastrutture. Presenteremo una legge che orienterà le infrastrutture, considerando la necessità di rinnovare l’esistente, fin dall’inizio del mandato, per selezionare i progetti da realizzare e assicurarsi che saranno finanziati, senza che tali decisioni siano a detrimento dell’esistente. »

Cosa contiene la “Dichiarazione di pausa Conoscendo a fondo il progetto Torino-Lione e le dinamiche politiche francesi, siamo in grado di anticipare cosa preciserà a Delrio la ministra Elisabeth Born che conosce perfettamente i dossier ferroviari ed è in grado di tracciare prospettive.

La sua sarà la “visita di cortesia” annunciata il 19 luglio all’Assemblea Nazionale francese e avrà lo scopo di illustrare nel dettaglio al Governo italiano la visione di Emmanuel Macron sui trasporti: priorità al trasporto dei pendolari e al finanziamento del rinnovamento e della manutenzione delle infrastrutture esistenti – fluviali, portuarie, stradali o ferroviarie – che sono state troppo poco curate negli ultimi anni a favore delle grandi opere.

L’orientamento presidenziale L’orientamento del presidente Macron sarà esaminato all’interno delle Assise della Mobilità, evento all’interno del quale si dovranno «identificare le attese all’orizzonte 2030» e«fare emergere nuove soluzioni». Cittadini, associazioni, ONG, imprese e amministratori locali saranno ascoltati nel mese di settembre, l’iniziativa sarà pilotata da un gruppo di lavoro con la partecipazione di parlamentari. Parallelamente saranno portate avanti «delle audizioni tecniche dei rappresentanti delle reti stradali, ferroviari e fluviali». I primi orientamenti delle Assise saranno quindi presentati alle autorità che organizzano i trasporti.

Il processo si concluderà entro dicembre 2017 e la legge d’orientamento, annunciata da Macron il 1° luglio, sarà presentata al Parlamento nel primo semestre 2018. La ministra Borne ha inoltre precisato che nella legge sarà fissata «una visione delle infrastrutture a medio termine e una programmazione, anno per anno, dei progetti e dei finanziamenti dello Stato su un periodo di cinque anni». Inoltre un comitato d’orientamento assicurerà il seguito affinché le buone idee scaturite dalle Assise non si perdano strada facendo.

Notiamo che l’elenco dei soggetti che discuteranno nelle Assise della “pausa” non comprende alcun rappresentante dell’Italia e dell’Unione Europea, partner del progetto transfrontaliero della Torino-Lione. Questo afferma l’autonomia di decisione che la Francia vuole avere nei confronti dei terzi con i quali ha già sottoscritto degli accordi che potrebbero essere denunciati.

La posizione del Movimento No TAV Il Movimento No TAV lotta da 28 anni per l’abbandono del progetto e in questa circostanza prende pacatamente nota della riflessione del governo francese e non si accontenta dell’annuncio di una decisione presa dall’alto in Francia “sperando” che sia l’attesa soluzione di una lotta presto trentennale.

Ma ha una responsabilità: da un lato fornire pubblicamente tutti gli elementi per la comprensione di questa svolta (i media e la politica sono confusi e tendono a nascondere e deformare), dall’altro lato produrre e diffondere idee per dare forza anche in Italia a questa prospettiva. I fondi nazionali ed europei dovranno ora essere indirizzati verso politiche alternative di mobilità.

La decisione della pausa è l’inevitabile conseguenza della disastrosa realtà economica e sociale del trasporto ferroviario in Francia che la stessa ministra Borne ha riconosciuto: il debito di SNCF è di 50 miliardi di euro e aumenta di 3 miliardi all’anno; le linee ad Alta Velocità sono per il 70% deficitarie e utilizzate solo dal’2% dei viaggiatori 5300 km di rete ordinaria hanno subito rallentamenti nella velocità di esercizio per ragioni di sicurezza a causa della scarsa manutenzione.

L’esperienza del Movimento No TAV, che da quasi trent’anni approfondisce il progetto, ne fa il riferimento privilegiato ad ogni livello, tecnico, economico e politico. Il Movimento No TAV ha l’autorevolezza che è indispensabile nelle relazioni con le istituzioni locali, nazionali ed europee. I ministri Borne e Delrio non potranno il 28 luglio evitare di tenerne conto nella riunione, a pena di impostare l’incontro su argomenti incoerenti con l’obiettivo della pausa: riflettere sull’utilità della Torino-Lione.

La posizione dell’Italia La missione del nuovo MIT – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si riassume, per volontà del ministro Delrio in questa frase: L’Italia non ha bisogno di grandi o piccole opere, ha bisogno di opere utili alla comunità” da lui pronunciata martedì 21 aprile 2015 alla Commissione Ambiente. Salvo il grave fatto che Delrio non ha mai realizzato una apertura verso le comunità.

Con il comunicato del 25 luglio Delrio, con mancanza di tatto verso la ministra francese, le ha attribuito parole mai pronunciate, mentre quello che la ministra Borne ha detto il 19 luglio sono facilmente comprensibili: “La pausa riguarderà anche il tunnel della Torino-Lione”.

Delrio ha oggi l’occasione di rimettersi all’ascolto dell’opposizione al TAV, riesaminando nei dettagli -come farà la Francia- l’utilità della Torino-Lione per la comunità.

In realtà l’utilità della Torino-Lione, progetto obsoleto immaginato nel secolo scorso, vista la situazione economica del XXI secolo, è evaporata secondo il giudizio ormai generale: la linea esistente, totalmente ristrutturata da Italia e Francia, è utilizzata solo al 15% della sua capacità!

Rimangono “utili” solo gli interessi economici (e non trasportistici) delle imprese che la devono realizzare, della politica che vuole decidere senza ascoltare i cittadini, e della criminalità organizzata che influenza e si impadronisce delle Grandi Opere.

In questo senso sollecitiamo il ministro Delrio a schierarsi con la ministra Borne per mettere in campo un’analoga pausa di riflessione sulla Torino-Lione in Italia senza valutare la decisione del partner francese come un disturbo degli interessi italiani alla pari delle recenti decisioni della Francia che hanno e stanno interessando l’Italia nei settori finanziari ed industriali e di politica estera.

L’abbandono della Torino-Lione darebbe all’Italia molti vantaggi economici e ambientali tra i quali quello di non finanziare – come previsto dagli iniqui accordi – buona parte della tratta francese dell’opera.

In questa fase è utile ricordare che l’Italia ha voluto la Torino-Lione fin dal 1988, mentre la Francia ha iniziato a dimostrato interesse solo quando l’Italia, per “conquistare il progetto”, ha offerto alla nazione transalpina di pagarlo per due terzi.

Questa offerta alla Francia è stata una vera e propria cessione di sovranità dell’Italia a favore della Francia, una realtà che i Governi italiani che si sono succeduti hanno sempre nascosto ai cittadini.

L’iniqua ripartizione dei costi del progetto Torino-Lione L’Accordo di Roma del 2012 ha fissato la ripartizione dei costi del progetto Torino-Lione che, al netto del contributo del 40% dell’Europa, attribuisce all’Italia il 58% dei costi e alla Francia il 42%

Ma, dato che il Tunnel di 57,2 km sotto le Alpi giace per soli 12,2 chilometri in territorio italiano, il costo al chilometro per l’Italia sarà di 245 milioni di euro, cinque volte quello francese di 48 milioni di euro. Ciò nonostante la Francia, ben conscia di dover pagare una fattura molto inferiore a quella italiana per entrare in possesso dei suoi 45 chilometri di galleria, non dà peso a questo regalo dell’Italia e conferma -con la pausa- il suo dubbio sull’utilità dell’opera transfrontaliera.

Di fronte a questa decisione il Governo italiano dovrebbe solo ringraziare la Francia per la pausa e contribuire alla decisione di chiudere i cantieri.

La posizione dell’Europa L’Unione Europea non farà pagare alcuna penale per la rinuncia al progetto, tra l’altro non un metro di tunnel è stato scavato. Sarà sufficiente che i beneficiari richiedano la sospensione del finanziamento come indicato nel Grant Agreement.

I lavori e gli studi geognostici fin qui realizzati dalla Francia e dall’Italia potranno essere utilizzati nei prossimi secoli se i futuri governi rivedono la loro decisione per costruire un nuovo tunnel ferroviario.

Francia e Italia dovrebbero rinegoziare con l’Europa delle alternative Allo scopo di non perdere importanti finanziamenti europei per la Torino-Lione, Italia e Francia dovrebbero rinegoziare con la Commissione Europea i fondi accordati alla Torino-Lione e chiedere -nell’ambito della procedura di Mid-Term Evaluation che sarà esaminata a fine anno dal Parlamento europeo- di dirottarli verso progetti alternativi.

Immaginiamo progetti per accrescere e migliorare la mobilità pubblica e privata della stragrande maggioranza dei cittadini, dai treni locali al trasporto nelle città, dal trasporto collettivo a quello individuale, fino al trasporto delle merci. Dovranno essere idee alternative in sintonia con l’esigenza di ridurre le emissioni e i consumi energetici.

Tra l’altro il finanziamento europeo concesso a Francia e Italia nel dicembre 2015[ potrà essere utilizzato solo entro la fine del 2019: è quasi certo che a quella data TELT non avrà terminato i lavori finanziati dal Grant Agreement, visto che il cantiere de La Maddalena ha terminato lo scavo geognostico e quello francese va a rilento. Come conseguenza la Commissione europea probabilmente taglierà nel 2018 parte dei fondi alla Torino-Lione come già deciso nel 2013 secondo il principio “use it or lose it” (usalo o perdilo

TELT dovrebbe ascoltare il Presidente Macron È inoltre sorprendente come la società TELT abbia potuto lanciare in questi mesi una campagna europea per la promozione di appalti per la Torino-Lione fino al 2019 per  5,5 miliardi di euro, come confermato da Il Sole 24 Ore quando il principale partner–la Commissione europea- ha deciso di finanziare i lavori per la Torino-Lione fino al 2019 per soli 1,91 miliardi attraverso un contributo di 813,78 milioni di euro (sono principalmente attività di preparazione allo scavo, e non lo scavo definitivo del tunnel[sta iniziativa di TELT, la ministra Elisabeth Borne si è espressa chiaramente il 19 luglio 2017 affermando alla Commissione Sviluppo Sostenibile dell’Assemblea Nazionale: “Se ci sono dei problemi sul funzionamento e la regolarità delle procedure (di TELT N.d.R.), la giustizia dovrà occuparsene”   Nella attuale congiuntura, in attesa della decisione che sarà presa nel 2018 dal Parlamento francese, la società di diritto francese TELT dovrebbe fermare ogni attività legata ai bandi di gara per lavori in Francia e in Italia. Questo perché ogni attività di TELT, indipendentemente dal paese nel quale è svolta, è finanziata sia dalla Francia che dall’Italia.

 Franco Astengo/presidioeruopa.net

Uno sbattito d’ali di farfalla contro il cantiere TAV a Chiomonte

http://www.tgvallesusa.it/2017/07/uno-sbattito-dali-di-farfalla-contro-il-cantiere-tav-a-chiomonte/

TG Valle Susa

La lotta al TAV si colora delle ali di una farfalla. La scoperta della presenza del lepidottero Zerinzia in Val Clarea, tutelata a livello europeo, offre un nuovo motivo di lotta verso il cantiere di Chiomonte.

 di Redazione.

Una farfalla vola tra le migliaia di persone che si stanno radunando in questi giorni al Festival dell’Alta Felicità (NO ) a Venaus, in questi giorni. Un buon auspicio, per la lotta della Valle No  che combatte le Grandi Opere Inutili e Dannose, per l’economia del paese, per la salute dei cittadini, e per l’ambiente.

Lei si chiama , nota con il nome scientifico di Zerynthia polyxena Geyer. Il lepidottero diventa adulto nei mesi di aprile e maggio. Caratteristica di questa farfalla è di essere una specie protetta inserita nell’Allegato IV della Direttiva Europea “Habitat” e nell’Appendice II della Convenzione di Berna. E’ quindi ritenuta, secondo le normative, una delle “specie animali vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa” da parte degli Stati membri, spiegano gli amici di .info. 

La nostra farfalla è legata a luoghi dove siano presenti alcune piante del genere Aristolochia, nutrici dei suoi bruchi, che crescono abbondanti soltanto in condizioni particolari e difficili da interpretare. La sua distribuzione a livello europeo è da considerarsi frammentata, a causa della distruzione di praterie e radure e dalla perdita delle piante ospiti, che causa drammatiche estinzioni a livello locale.

Proprio la Val Clarea, dove è in progetto l’allargamento del devastante cantiere per la linea Tav , è l’habitat riproduttivo per questa specie di lepidottero. Ne hanno dato notizia il movimento  durante una conferenza stampa a margine del festival. La domanda che tutti si pongono è come mai questa “scoperta” non sia stata fatta da TELT dopo i numerosi studi sull‘impatto ambientale. Non avrebbe dovuto essere difficile individuarla dal momento che la zona occupata dal cantiere è ricca della pianta di cui la farfalla si nutre.

Alla conferenza stampa hanno partecipato (vedi foto da sx verso dx) Luca Anselmo (naturalista), Luca Giunti (naturalista, guardia parco), Daniel Ibanez (comitato No Tav Lyon-Turin Francia), Paolo Prieri (comitato Presidio Europa), Nilo Durbiano (sindaco di Venaus), Sandro Plano(sindaco di  e presidente Unione Montana), Alberto Perino (leader No Tav).

Luca Giunti ha dichiarato:

«Oltre ad essere degli attivisti, siamo degli scienziati. In questi mesi abbiamo verificato la presenza della Zerinzia in Val Clarea, ne abbiamo segnalato la presenza all’Università di Torino, che ne ha raccolto vari esemplari. La Val Clarea è piena di orchidee selvatiche e delle piante di aristolochia, che sono essenziali allo sviluppo di queste farfalle. E siccome la nuova variante di progetto intende spianare tutta quell’area per allargare il cantiere, ci batteremo per fermare questo studio progettuale». 

Ora la lotta contro il Tav e i progetti dei cantieri si colora di un’altra preoccupazione per la salute ambientale della Val Susa. Cosa accadrà lo vedremo nelle prossime settimane, di sicuro i No Tav sono pronti a dare battaglia come sempre.

UNA FARFALLA POTREBBE BLOCCARE IL CANTIERE DELLA TORINO-LIONE

Passa dalla difesa della Zerynthia polyxena il nuovo fronte del movimento No-Tav contro gli scavi. E intanto è in svolgimento il festival “Ad alta velocità”
Pubblicato il 28/07/2017
FRANCESCO FALCONE
CHIOMONTE (TO)

Passa dalla difesa di una farfalla, la Zerynthia polyxena, protetta da una direttiva europea, il nuovo fronte di lotta del movimento No-Tav contro il cantiere della Torino-Lione di Chiomonte. Ad annunciarlo è proprio il movimento, che stamattina, venerdì 28 luglio, dalla sala del polivalente di Venaus, in questi giorni al centro dell’area eventi del secondo Festival ad Alta Felicità, lancia la campagna a difesa della Zerinzia con l’obiettivo di dare una spallata al progetto di ampliamento della zona di scavo

«SIAMO ANCHE SCIENZIATI»  

«Oltre ad essere degli attivisti, siamo degli scienziati – spiega Luca Giunti, naturalista ed esponente della commissione tecnica dell’Unione dei comuni valsusini -. In questi mesi abbiamo verificato la presenza della Zerinzia in Val Clarea, ne abbiamo segnalato la presenza all’Università di Torino, che ne ha raccolto vari esemplari. La Val Clarea è piena di orchidee selvatiche e delle piante di aristolochia, che sono essenziali allo sviluppo di queste farfalle. E siccome la nuova variante di progetto intende spianare tutta quell’area per allargare il cantiere, ci batteremo per fermare questo studio progettuale». 

Secondo ambientalisti e movimento No-Tav, il nuovo progetto presentato nelle settimane scorse non avrebbe censito e documentato l’esistenza della rara farfalla. Una mancanza grave, secondo gli oppositori all’opera, perché la presenza in Clarea della Zerinzia richiede una valutazione d’impatto ambientale più restrittiva per l’ampliamento del cantiere. 

IL FESTIVAL «AD ALTA VELOCITA’»  

In queste ore al Festival ad Alta Felicità accompagnato dai sindaci di Susa, Sandro Plano, e Venaus, Nilo Durbiano, il portavoce del comitato francese contro la Torino-Lione, Daniel Ibanez, mette in dubbio le recenti dichiarazioni del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, sulla richiesta di una pausa nell’avanzamento dell’opera fatta dal governo francese nei giorni scorsi. Ibanez sostiene che l’omologo francese di Delrio, in un’audizione in Senato, abbia «parlato proprio del tunnel di 57 chilometri tra Italia e Francia nel proporre di rimettere in discussione opere costose che possono mettere in difficoltà finanziarie la Francia». Delrio aveva invece parlato di ripensamenti, da parte francese, sulle tratte nazionali, e non su quella internazionale della linea, finanziata in parte dall’Europa.  

Il Festival ad Alta Felicità è intanto in pieno svolgimento: «Siamo partiti ieri con presenze entusiasmanti», riassume Alberto Perino, del Comitato No-Tav, che stima in almeno 7 mila spettatori le presenze alla serata di apertura: «Un ottimo esordio, per un giovedì sera». 

GLI ARTISTI PRESENTI  

Perino ammette che la grande affluenza potrebbe mettere a dura prova il movimento: «Viste le premesse, credo che saremo messi a dura prova, ma abbiamo dalla nostra l’esperienza maturata lo scorso anno. E il clima tra i partecipanti è positivo: ieri pomeriggio, quando le navette gratuite dalla stazione di Susa sono state prese d’assalto, c’è chi ha aspettato anche un’ora, in fila, ma nessuno si è perso d’animo». 

Il palco principale ha visto diversi artisti per la serata d’esordio. Tra i primi ad esibirsi Lo Stato Sociale, Brunori Sas e Tre Allegri Ragazzi Morti. Oggi sono attesi, tra gli altri, Omar Pedrini, BandaBardò ed Eugenio Bennato. Per loro, in cucina, anche chef Rubio, che preparerà pietanze ad hoc per il pubblico del festival. Domani si esibiranno artisti del calibro di Africa Unite, Radici nel Cemento e Mara Redeghieri. Domenica, Mau Mau, Roy Paci e Aretuska, Fratelli di Soledad. Sono decine gli altri artisti in scaletta nelle quattro aree eventi che prevedono anche presentazioni letterarie e dibattiti. Per quattro giorni in programma anche escursioni sul territorio: in primis, al cantiere della Maddalena di Chiomonte.  

Ancora Festival, ancora Alta Felicità! Secondo giorno

post — 29 luglio 2017 at 02:02

Si sta concludendo il secondo giorno del Festival dell’Alta Felicità, una giornata fitta di iniziative, performance e momenti di socialità e divertimento che hanno visto popolare l’area di Venaus di migliaia di persone.

Centinaia di volontari si sono attivati prestissimo, alle 6,30 del mattino già si preparavano i panini per oltre 200 persone che sono partite, accompagnate da valsusini, a visitare la Clarea ed a vedere con i propri occhi l’arrogante devastazione provocata dal cantiere.

Tra di loro, anche chef Rubio che nel pomeriggio si è fatto intervistare pubblicamente nelle cucine che in questi giorni l’hanno visto lavorare incessantemente insieme a tutta la ciurma della cucina.

Sempre al mattino si è svolta la conferenza stampa convocata dal Movimento per fare il punto della situazione alla luce delle posizioni critiche della Francia nei confronti della Torino Lione e per lanciare la campagna in difesa della farfalla Zerinzia della Val Clarea, protetta da direttive europee ed oggi a rischio a causa dei lavori del cantiere.

Durante la giornata si sono altresì alternati momenti di dibattito con presente tra gli altri Luca Mercalli, alla presentazione di libri di autori della valle.

Non è mancata infine tanta buona musica: Omar Pedrini, Bandabardò, Eugenio Bennato, Mama Marjas, Jovine, Kutso, Fabrizio Consoli, Orchestra i “Cormorani”, Inna Cantina Sound, Freak Out Band, Belli Fulminati nel Bosco, Banda Popolare dell’Emilia Rossa, Alberkant, La Cura Giusta e molti altri…

Non sappiamo quale sia il segreto dell’alchimia che in questi giorni viviamo in valle, sta di fatto che continuiamo a sperimentare un’incredibile serenità e il piacere di stare insieme, condividere esperienze e immaginarci un futuro diverso.

Anche questo è il movimento No Tav!

MACRON, HAFTAR E I GOVERNICOLI ITALIOTI – L’ASSASSINO? PER “MANIFESTO” E NEOCON SEMPRE E COMUNQUE AL SISI!

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/07/fottere-egitto-e-libia-lassassino-per.html

MONDOCANE

VENERDÌ 28 LUGLIO 2017

Macron inizia a sistemare le cose per Total e ai danni di ENI riunendo al tè delle cinque,  con intelligenza pari all’ottusità del governo italiano, il farlocco bottegaio Serraj (fantoccio ONU e Usa, ma soprattutto dei tagliagole di Misurata) e il generale Haftar, a capo, non di una milizia di qualche signore della guerra, ma  dell’ Esercito Nazionale Libero, forza armata dell’unico parlamento democraticamente eletto (Tobruk), padrone ormai di tre quarti della Libia e del suo petrolio. Appoggiato dall’Egitto e dalla Russia. Il che ai francesi sta bene. E starebbe bene pure all’ENI, dunque all’Italia. E neanche Trump pare aver niente da ridire. Ma Roma, sotto pressione della criminalità politica organizzata statunitense e dei suoi tentacoli sinistro-imperialisti (tipo il manifesto), Haftar, amico di Al Sisi, di Putin e riabilitatore di Saif Al Islam Gheddafi, non lo toccherebbe neanche con una pertica.

Infatti hanno molto da ridire i neocon, impegnati a rastrellare tutto quello che serve all’espansione dell’Impero e all’attacco finale alla Russia e che vedono rosso appena qualcuno rifiuta il reclutamento. Di conseguenza sta malissimo a “il manifesto”, gazzetta locale dello Stato Profondo Usa (CIA-Wall Street-Pentagono-lobby talmudista) che delle nefandezze, infamie, obbrobri, nequizie, da attribuire al presidente egiziano Al Sisi ha fatto crocevia di tutta la sua informazione internazionale. L’organo che del rapinatore della sovranità, libertà e benessere dei popoli, George Soros, con la direttrice  Rangeri s’è fatto sempre più spudoratamente palo e poi, a esito felice delle sue mosse (vedi trafficanti Ong),  celebratore, sfida per potenza di comicità e culto del nonsense un Plauto, o un Petrolini, quando insiste a mantenere, per quanto ridotto a dimensioni di deiezione di mosca, il titoletto False Flag “quotidiano comunista”.

Ne parlo tanto, del “manifesto”, perché ho sempre pensato e constatato che, mentre il vero nemico ti si squaderna di fronte sputandoti o sparandoti, il finto amico tiene una lametta nella pacca sulla spalla. Ho un ricordo personale. Anni ’90, Norma Rangeri critica televisiva, io inviato di ambiente al TG3. Illustro, con il dovuto raccapriccio e l’indispensabile violenza delle immagini, le malegrazie dei cosmetici che accecano conigli per testare colliri o mascara, o il sadismo dei collaudatori di automobili che schiacciano scimmie tra morsetti d’acciaio per vedere a che punto la pressione ne sbriciola il cranio. La Rangeri censura, deprecando il turbamento che nelle anime sensibili (tipo quelle del “manifesto”) “quella macelleria” del cronista esibizionista potrebbe causare. Le multinazionali farmaceutiche e i vivisezionisti ringraziano. Se ne potevano capire le priorità fin da allora.

Inserendo la sua vocina bianca nel coro tonitruante dei MSM (mainstream media) che vanno a molla, molla caricata dallo Stato Profondo, il “manifesto” non sbaglia una nota quando si tratta di satanizzare i cinesi e santificare i Cia-friendly Uiguri., di comprendere benevolmente la presenza militare Usa quando si oppone al burka dei Taliban, di accreditare come inconfutabile ogni attribuzione di attentati False Flag a Isis, Al Qaida, o “lupi solitari”, di onorare monarchi assoluti come il papa, o il Dalai Lama al soldo della Cia, e di condividere il disgusto per “dittatori” eletti dal popolo in paesi dalla sanità, istruzione, casa, lavoro per tutti e dalle donne più libere delle mercenarie curde degli Usa. Tipi come Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad…

In Egitto, nel 2013, l’insurrezione di decine di milioni di egiziani laici cacciò dal trono Mohamed Morsi,  un ultrà islamista eletto del 17% della popolazione, fiduciario dei britannici padrini dei Fratelli Musulmani, instauratore della sharìa e massacratore di operai e copti. Subita la sconfitta. il braccio armato della Fratellanza ha instaurato un regno del terrore, con la successione di attentati e stragi ai danni di civili comuni, cristiani copti, forze della sicurezza, soldati di leva, finalizzato alla distruzione economica del paese, anche attraverso il sabotaggio del turismo, cruciale voce del  bilancio nazionale. Ma di questa campagna terroristica, che annega il paese in laghi di sangue e rende quelle in Europa, o in altri paesi in cui l’imperialismo agita questa sua arma, modeste turbative del quieto vivere, al “manifesto” poco cale.

Moltissimo, da apertura in prima e paginoni interni, gliene cale, invece, di Tharwat Samah, diciannovenne egiziano trovato morto e torturato il 24 luglio nella periferia nord del Cairo. Non se ne sa nulla. Non era un dissidente, non sembra facesse politica, insomma per il momento un Carneade. Tuttavia, né al “manifesto”, né ai suoi referenti nelle Ong dei “diritti umani” cari a Soros che, da Amnesty ai fiduciari locali della “società civile,” si avventano sul corpo straziato del ragazzo, sfugge l’occasione per rinnovare l’aassalto ad Abdel Fatah Al Sisi. Colui che protegge Haftar, non partecipa alla crociata contro la Siria, balla il valzer con russi e cinesi, detiene tanto gas assieme all’ENI, da mettere in crisi le Sette Sorelle e, soprattutto, l’emergente potenza gasifera di Israele.

Uno come lui non può ricevere in carico da Amnesty e affini, “manifesto” mosca cocchiera, che migliaia di prigionieri politici, carceri della tortura, sparizioni come fosse il Messico, repressione tra le cui maglie i pur vivi e prosperi giornali e siti d’opposizione, contigui a Soros e al “manifesto”, sudano a farsi strada, poveretti.

E così la deontologia marca “manifesto” permette di urlare, a 24 ore dal ritrovamento e a indagine neppure avviata, TORTURATO A MORTE IN EGITTO, “THARWAT UCCISO COME GIULIO”.

Vi rendete conto? Non ne sanno una cippa, ma ti vogliono far rabbrividire – e convincere – dalle “coincidenze”. Regeni giovane? Tharwat giovane. Regeni trovato in periferia? Tharwat trovato in periferia. Regeni torturato? Tharwat torturato. Prima ipotesi: lesioni da incidente stradale? Uguale.  Poi, stesso distretto e, dunque, stesso procuratore. Ma soprattutto, stesso presidente! E di Al Sisi si sa: non fa colazione se non dopo aver firmato un centinaio di ordini di arresto, tortura, esecuzione.

A queste balle sesquipedali, il giornale, talmente ossessionato da Al Sisi da avergli dedicato più spazio di contumelie e fantasie di quelle dedicate  dagli storiografi dell’establishment cristiano, altrettanto immaginifici, a Caligola, aggiunge poi una scheda di scelleratezze del reprobo golpista tanto agghiaccianti quanto del tutto prive di verifica, di fonti attendibili, di documenti. Se per verifica non s’intendono gli agitporp dei crimini  Usa contro l’umanità, come Amnesty, quando ci raccontano di 13milla anonimi strangolati nelle carceri di Assad. O come Save the children quando giura che Gheddafi forniva viagra ai soldati perché stuprassero bimbetti. O come Medici Senza Frontiere, gli “eroi” dei salvataggi telefonati, quando dicono che Assad si accanisce sugli ospedali di Aleppo, poi risultanti inesistenti o integri.

Il “manifesto” insiste sulle similitudini tra il caso Tharwat Sameh e il caso Regeni. Dato che esso le basa su un costrutto di fuffa  degno di Eta Beta, noi vogliamo suggerirgliene una, di similitudini, con qualche addentellato alla realtà. Voi, “manifesto” e turba sinistro-imperialista, avete voluto fare di Giulio Regeni una vittima della repressione di Al Sisi (nel momento in cui Roma e Il Cairo trattavano grossi affari di mutuo interesse, del tutto invisi a Israele, Usa e relative periferie) e così ne avete dovuto coprire il retroterra oscuro di collaboratore, nell’agenzia di spionaggio “Oxford Analytica”,  di pendagli da forca angloamericani come John Negroponte e Colin McColl. Cosa pubblicata sui maggiori quotidiani italiani e su cui famiglia, “manifesto” e Luigi Manconi hanno sempre steso veli necessariamente complici. Figuriamoci se “il manifesto” gli ha mai chiesto perché.

Ora, in condizioni analoghe a quelle del ricercatore di Cambridge (e su cui l’università di Cambridge, non disposta a imbarazzare i servizi segreti di cui è tradizionale culla, ha mantenuto il riserbo) è stato ritrovato il povero Tharwat. E, a forza di forcipi forniti dall’inventiva dei fabbricatori di fake news imperiali, i soliti cantori ne hanno estratto “coincidenze” e invenzioni per rilanciare il sempre più sbrindellato teorema del Regeni ucciso dal regime perché amico di sindacalisti critici e conseguentemente sparare  l’ennesimo siluro ad Al Sisi, all’Egitto, ai suoi partner e al ruolo che al più grande paese arabo spetta.

Caviamo dalla nostra fantasia qualche mattoncino di Lego e proviamo a costruire anche noi il nostro arzigogolo. Quello secondo cui il caso Regeni è stato costruito dal principio alla fine, cioè alla morte, da coloro che intendevano buttare una chiave inglese tra le gambe di Al Sisi (e Italia ed ENI), prima sobillando chi si prestava a essere sobillato e, poi, a copertura dell’inviato saltata, togliendolo di mezzo, ma scaricando il cadavere sulla soglia del presidente. E Tharwat, fatto ritrovare in condizioni e circostanze che i noti coristi avrebbero gonfiato fino a farne il doppelgaenger di Regeni, pur non disponendo di mandanti come quelli di Oxford Analytica e, dunque, privo di una missione specifica, non potrebbe essere stato una seconda sbarra tra le gambe di Al Sisi e tra le ruote di un Egitto che, anche con il suo uomo vincente in Libia, Haftar, promosso a protagonista da Parigi e Mosca, torna protagonista in Nord Africa e Medioriente, scompigliando certe pianificazioni?

E’ un arzigogolo come un altro. Magari anche migliore.

Cosa non si fa per un pulpito! Anche fatiscente….

Le anime belle, i sedicenti comunisti, ex-comunisti, neocomunisti,  post-comunisti, protocomunisti, paracomunisti,  criptocomunisti, colonialcomunisti (trotzkisti), comunisti da calamaio, comunisti antimperialisti, psicocomunisti, cibercomunisti, comunisti del settimo giorno, comunisti e non- comunisti filorussi (ce ne fosse uno vero!), come si sentono a mettere la propria firma, nel “manifesto”, accanto a quella di chi così bene sostiene la vulgata dell’Impero? Quelli che trascorrono disinvolti sulla condivisione  Quelli che si sono fatti rifilare dal sempre più prospero e meno mendicante giornaletto una turbo- campagna elettorale per il mostro-fine-del-mondo Hillary. Quelli che, sorvolano disinvolti sulla condivisione nel “quotidiano comunista” della russofobia e relativa caccia alle streghe scaturita dall’immane panzana del Russiagate e rilanciata sera dopo sera dall’ineguagliabile Giovanna Botteri. Quelli che non hanno mosso ciglio sul rilancio delle bufale apri-guerra di Amnesty e HRW.

Quelli che stanno zitti, senza una riga di solidarietà alla collega-compagna Geraldina Colotti, censurata dal “manifesto” perchè racconta il pogrom Usa-fascista in Venezuela alla vigilia del voto per la Costituente. Quelli che hanno assistito compunti alla denigrazione di tutti coloro che avanzavano qualche dubbio sulla versione ufficiale dell’11/9 e poi di tutti gli eventi simili. Quelli che restano a bocca spalancate davanti all’esaltazione delle meraviglie truculente dei videogiochi Usa di sterminio e nequizie. Quelli che sono passati leggeri sopra l’inserto a 4 pagine, non pubblicitario, in cui si raccontava della gioia di maestre e bambini all’incontro con l’ENI nella Basilicata della morte che cammina col petrolio. Quelli che si felicitano di un “manifesto” tenuto finalmente in saldi piedi dalla pubblicità di Telecom, Eni, Coop, Enel, Unicredit e da altri benefattori della classe operaia. Quelli che….

Un successo il primo giorno del Festival Alta Felicità!

post 28 luglio 2017 at 03:28

Si è concluso alla grande il primo giorno del Festival Altà Felicità!

Migliaia le persone che, da tutto il Paese, hanno deciso di partecipare alle giornate di musica, dibattito ed iniziative per conoscere la valle. Tantissimi gli artisti che si sono alternati sul palco: Lo Stato Sociale, Brunori Sas, O’Zulù, Dubioza Kolektiv, La rappresentante di lista, Victor Kwality, Berthh Gan, The Uppertones, Gran Bal Dub, Lou Tapage Indianizer, Pan Del Diavolo, Istituto Italiano di Cumbia e molti altri.

Inaugurata anche la rassegna fotografica del No Tav Tour ed esposte le opere di Piero Gilardi.

Una giornata in cui il piacere di stare insieme ha creato quel senso di comunità che contraddistingue il movimento e la vita di questa valle Resistente. L’amore per la propria terra, slegata da ogni logica di sfruttamento, delinea la possibilità di attuare un altro modello di vita.

Domani venerdì 28 alle ore 11 si svolgerà la conferenza stampa organizzata dal movimento No Tav e a seguire decine di appuntamenti, presentazioni di libri, dibattiti, mostre fotografiche, gite ai sentieri partigiani della valle e visite guidate al cantiere della devastazione.

Vi aspettiamo alla borgata 8 dicembre, l’area di Venaus che avrebbe dovuto essere il cantiere Tav ma che nel 2005 è stata liberata dalle truppe di occupazione!

Avanti No Tav!

 

Cinque Stelle, Di Matteo, Calipari e relativi nemici

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/07/cinque-stelle-di-matteo-calipari-e.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 27 LUGLIO 2017

DA ADRIANO COLAFRANCESCO RICEVO E AGGIUNGO

E in Campidoglio insignito il primo magistrato anti-mafia e anti-Stato mafioso, il più minacciato da Stato e criminalità organizzata, Nino Di Matteo, della cittadinanza onoraria di Roma. Assenti dall’aula tutti i gruppi tranne quello dei 5 Stelle. Vorrà pur dire qualcosa.

Nei giorni in cui la magistratura reggina, uno degli ultimi pezzi di magistratura non collusa con Renzi e le cosche/logge/banche che lo sburattinano, arresta i ‘ndranghetisti che, in unione con Cosa Nostra, volevano ammazzare il poliziotto Nicola Calipari, poi ucciso in Iraq dagli Usa, a conferma di una sinergia Usa-mafie-massoneria-regime che dura dallo sbarco del 1943 e si è esteso a livello europeo a partire da Ventotene e a finire a Bruxelles.

Le armi del carcinoma? Tecnologie cibernetiche, Guerre, terrorismo, austerity, repressione, sorveglianza, migrazioni di massa. Di riserva: “il manifesto” e Boldrini.

Fulvio

From: Adriano Colafrancesco 
Sent: Thursday, July 27, 2017 9:42 AM
To: d – ufficiostampala7 
Subject: Dopo gli anni di Mafia CaPDale
Dopo gli anni di 
MAFIACAPITALE

approvato per la prima volta il bilancio preventivo a gennaio: prima di tutte le altre grandi città italiane e molto prima rispetto alle amministrazioni precedenti, 

allargato il progetto “Fabbrica Roma” a sindacati, imprenditori, mondo della ricerca, università, altre Istituzioni e tutta la società civile, 

ripristinata la legalità: grazie alla programmazione non si danno lavori in affidamento diretto con il pretesto dell’emergenza, 

contenuta la spesa annua per gli incarichi esterni: circa un quarto rispetto ai 12 milioni di euro del 2012 e quasi la metà rispetto ai 5,6 milioni del 2014, 

avviata una seria attività di risanamento delle strade: atteso l’esito delle gare, finalmente i lavori sono realizzati a regola d’arte, perché c’è un contratto da rispettare e c’è un piano pluriennale per la manutenzione (che prima non veniva fatta), 

potenziato di 200 unità il parco mezzi per il trasporto pubblico e dotati 500 autobus di telecamere di sicurezza, 

potenziata la linea ferroviaria Roma-Lido, 

unificata la via del Mare con la via Ostiense fino al Gra, 

completata (in autunno) l’unione delle linee A e C della metropolitana a San Giovanni, 

dotata Ama di mezzi nuovi per la raccolta dei rifiuti, 

attivate nuove isole ecologiche, 

avviato il recupero delle spiagge di Ostia, 

migliorato il progetto dello stadio di Tor di Valle: meno cemento, più verde, 

messo in sicurezza il quartiere di Decima, 

negati lo stupro e la rapina olimpionici.

Non c’è dubbio che si è messa la parola fine ad un sistema corrotto che per anni ha “mangiato” i soldi delle nostre tasse per avvantaggiare pochi e ha fornito servizi sempre più scadenti e non all’altezza di una grande capitale.

Adriano

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