Presentata la variante di progetto per il cantiere di Chiomonte

13 lugflio 17 Radio NOTAV 

Presentata da pochi giorni la variante che farà del cantiere di Chiomonte lo snodo centrale dello scavo del tunnel di base in maniera permanente e definitiva.

60 giorni di tempo per presentare le osservazioni al progetto che prevede: allargamento del cantiere verso Giaglione (sotto al borgo Clarea) e verso via Avanà (Colombera inclusa), la costruzione di due nuovi svincoli autostradali (operazioni che potranno partire in autunno, previste per il 2018 e realizzabili sulla carta in due anni e mezzo), spostamento dell’autoporto di Susa a S.Didero, dopodichè potranno iniziare le opere di scavo dalla Clarea in un secondo tunnel parallelo a quello geognostico, inizialmente con tecniche tradizionali e poi con fresa rotante, e con la fresa definitiva dopo 3 chilometri di scavo all’interno della montagna.

Lo smarino andrà via camion a Salbertrand (ufficialmente via autostrada) dove sarà allestita un’enorme area di smistamento e lavorazione delle terre, preparazione dei conci e caricamento dei treni che trasporteranno le rocce di scavo via ferrovia a Caprie e Torrazza Piemonte.
Tempi previsti: infiniti. :le grandi opere devono durare: più sono diluite nel tempo, più si guadagna.
Al telefono con noi Luca Giunti, commisione tecnica No tav

http://www.radionotav.info/podcast/2017-07-13-giunti-presentazione-variante.mp3

Susa: cantiere Tav, arrivano i primi espropri anche per le case

http://www.lunanuova.it/news/435046/Susa-cantiere-Tav-arrivano-i-primi-espropri-anche-per-le-case.html

Non solo terreni: nelle buche di alcuni residenti di San Giuliano spuntano le lettere per l’abbattimento di tre abitazioni

L’esproprio di un terreno, magari marginale, magari gerbido da anni, è una cosa. Ma ricevere una lettera in cui ti si informa che per pubblica utilità dovrai rinunciare alla tua casa, ai ricordi che in essa custodisci da decenni, che di lì te ne devi andare per far posto…

su Luna Nuova di venerdì 14 luglio 2017

ULTIM’ORA – SCATTA LA DENUNCIA DI LUIGI DI MAIO: CONDIVIDETE IL PRIMA PRIMA POSSIBILE!

http://direttanfo.blogspot.it/2017/07/ultimora-scatta-la-denuncia-di-luigi-di.html?m=1

mercoledì 12 luglio 2017 

Scrive Luigi Di Maisul Blog di Beppe Grillo:
“Oggi abbiamo incontrato a Bruxelles il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. Ci ha confermato, dopo averlo chiarito anche in audizione al Parlamento Ue, che Triton, voluta da Renzi, prevede che tutti i migranti siano portati in Italia. Questa è la verità: Renzi e il Pd ci hanno svenduto per 80 euro trasformandoci nel più grande porto d’Europa, convinti che saremmo rimasti in silenzio. Non solo: ci hanno mentito e pensano di farla franca. In qualsiasi Paese del mondo chi dice bugie ai cittadini si dimette, è tempo che questa pratica venga introdotta anche in Italia. Abbiamo chiesto oggi a Gentiloni, che quando è stato firmato questo accordo era il ministro degli Esteri, di venire a riferire immediatamente in aula.
 
Sulle Ong siamo stati molto chiari: la Libia è un tema di sicurezza nazionale, massimo rispetto per i volontari, ma a chi non rispetta le regole dobbiamo chiudere i nostri porti. Bilanci trasparenti e una stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria italiana sono per il MoVimento 5 Stelle due punti imprescindibili. Abbiamo depositato una legge a prima firma Bonafede che prevede la presenza di ufficiali a bordo delle imbarcazioni battenti bandiere straniere che trasportano migranti. Chi non si trova d’accordo, non attracca sulle nostre coste. Chi arriva a entrare in acque libiche per portare i migranti in Italia, non attracca sulle nostre coste.
Non possiamo più aspettare. L’Europa prima si è preso tutto dall’Italia, grazie all’accondiscendenza dei governi degli ultimi anni, e poi ci ha sbattuto la porta in faccia. Noi chiediamo di chiudere la rotta mediterranea così come è stato fatto con quella balcanica, ma se nessuno ci ascolta allora facciamo da noi, sottraendo parte del contributo italiano al budget Ue e re-investendolo nella gestione dei rimpatri. E’ assurdo che l’Ue riesca a stringere accordi per importare l’olio tunisino e poi non sia in grado di stringere accordi per i rimpatri con i Paesi di transito in Africa. Manca, la volontà politica da parte di tutti, ma non da parte nostra. Adesso ci presentano questo pseudo-Codice sulle Ong, solo fumo negli occhi. Noi crediamo nelle leggi dello Stato non nei codici. E se, come ha sottolineato oggi nuovamente Frontex, in Italia la maggior parte degli ingressi riguarda i migranti economici, allora devono essere rimpatriati, in sicurezza, nei Paesi da dove provengono con i soldi dell’UE.
Ci domandavamo come fosse possibile l’arrivo di 12.000 migranti in Italia in sole 48 ore, più di quanti non ne siano arrivati in Spagna in un anno intero. Lo abbiamo capito. Renzi, Gentiloni, Alfano, tutto il Pd ma anche una buona parte del centrodestra hanno siglato accordi indicibili con i burocrati UE mettendo in ginocchio la nazione. Hanno trasformato l’Italia in un grandissimo campo profughi, per far contenti anche i loro amici nel coop, in cambio di qualche spicciolo. Di poche briciole. Che loro chiamano flessibilità. I giochi però sono finiti. E a giudicarli saranno prima di tutto gli italiani.”

Il traffico di rifiuti cambia rotta: da Sud a Nord per seppellirli o bruciarli fuori dalle regole. Coinvolti dirigenti di Hera e A2a

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/13/il-traffico-di-rifiuti-cambia-rotta-da-sud-a-nord-per-seppellirli-o-bruciarli-fuori-dalle-regole-coinvolti-dirigenti-di-hera-e-a2a/3727193/

Il traffico di rifiuti cambia rotta: da Sud a Nord per seppellirli o bruciarli fuori dalle regole. Coinvolti dirigenti di Hera e A2a

Inchiesta del Noe con la Dda di Brescia, che ha indagato 26 persone e arrestato l’imprenditore lombardo Bonacina, fulcro del sistema che secondo gli inquirenti ha fruttato almeno 10 milioni di euro. Per la prima volta emerge che un flusso di immondizia smaltita illegalmente arriva da Campania e Lazio per finire interrata in Piemonte e Lombardia

Un flusso invertito, che dalla Campania e dal Lazio portava in Piemonte e Lombardia i rifiuti da tombare o bruciare illecitamente. Con procedure legali sulla carta, ma in realtà fuori da ogni regola, con il solo obiettivo di ridurre al minimo i costi e moltiplicarei guadagni per tutte le ditte che partecipavano al malaffare. A portare alla luce quella che appare una vera e propria filiera, consolidata da prassi che vanno avanti da tempo, è un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia con i carabinieri del Noe di Milano, che ha portato due persone agli arresti domiciliari con l’accusa di traffico illecito di rifiuti e vede indagate a vario titolo 26 persone, anche per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Nel registro degli indagati ci sono i nomi di dipendenti di colossi come Herambiente (gruppo Hera) e A2A Ambiente e della Aral, di proprietà dei Comuni della provincia di Alessandria. La custodia cautelare è scattata per l’imprenditore lombardo dei rifiuti Paolo Bonacina e per il responsabile tecnico di un impianto di Aral, Giuseppe Esposito. Tra gli indagati anche alcuni amministratori come il sindaco di Vobarno (Brescia), Giuseppe Lancini. Un incendio alla sua Trailer spa a Rezzato nel 2014 fece partire le indagini: dalle prime analisi emerse che in quello stabilimento erano state stoccate illecitamente mille tonnellate di rifiuti solidi urbani provenienti da impianti campani a dispetto delle autorizzazioni. Partendo da quelle fiamme, i carabinieri del Noe che continuano a indagare sui diversi incendi avvenuti di recente in tutto il Nord Italia, hanno scoperto una filiera sporca ma ben oliata, dimostrando per la prima volta con prove di indagine l’inversione di rotta dei rifiuti: da Sud verso Nord.

Trattamenti solo sulla carta e senza autorizzazioni

A muovere le fila dei diversi flussi da Campania e Lazio era proprio Bonacina. Era lui ad avere rapporti commerciali con HerambienteA2a Ambiente e Linea Ambiente e con Aral. Attraverso Bps e Crystal Ambiente svolgeva il ruolo di intermediazione tra i diversi soggetti, mentre con B&b e New Energy Fva si occupava dei trattamenti dei rifiuti, secondo i pm in realtà solo dichiarati sulla carta ma mai avvenuti. Bonacina non aveva né autorizzazioni necessarie né i macchinari: in realtà si limitava al classico “giro bolla” cambiando solo l’etichetta dei rifiuti. Lo stesso trucco veniva usato, secondo gli inquirenti, nei casi di trattamenti nello stabilimento di proprietà di Aral.

La fase successiva era lo smaltimento: con la complicità anche ditre ditte di trasporto, la monnezza finiva agli inceneritori sparsi in Lombardia, tra cui quello di Brescia gestito da A2a o in discariche in Piemonte. Tra queste, anche un sito ormai esaurito a Castelceriolo (Alessandria) di proprietà di Aral, che non poteva più ricevere rifiuti.

La rete di relazioni
In questa architettura erano fondamentali i rapporti personaliintrattenuti da Bonacina con il personale degli impianti. “Gli illeciti smaltimenti sono stati effettuati grazie a conoscenze dirette dei responsabili tecnici che assicuravano agli indagati il ricevimento di materiale non conforme e tuttavia non contestato”, scrive il gip del tribunale di Brescia Alessandra Sabatucci. E’ lo stesso Bonacina a riconoscerlo: “Il rapporto con Marco per me è un rapporto principale e prioritario eh!”, esclama l’imprenditore al telefono con un consulente ambientale, riferendosi al responsabile commerciale per i grandi impianti di A2a Ambiente, Marco Piglia. Da parte sua, A2A Ambiente si dice “certa di aver sempre agito nel rispetto di tutte le disposizioni di legge e prescrizioni autorizzative”. Rapporti costanti e di “stretta collaborazione” anche con il responsabile dell’impianto Aral di Castelceriolo Giuseppe Esposito, che il gip definisce la longa manus del primo. Così come con lui collaboravano “dando concreta attuazione al progetto delinquenziale” anche Claudio Galli e Claudio Amadori, ad e procuratore speciale di Herambiente.

Money, money, money: inquinamento ambientale ed economico
L’obiettivo era semplicemente fare soldi, soldi e ancora soldi. Secondo gli inquirenti, la filiera sporca dei rifiuti avrebbe fruttato agli indagati un profitto di 10 milioni di euro. Con il risultato che, come spiegano i Noe, all’inquinamento ambientale causato dallo smaltimento illecito di rifiuti si aggiunge quello “dei circuiti economici legali, visto che le economizzazioni derivanti dal mancato trattamento dei rifiuti hanno consentito, in sede di gara d’appalto, di avanzare offerte con ribassi d’asta difficilmente sostenibili per le aziende sane”, messe così fuori mercato. Ma i danni finanziari riguardano anche le casse pubbliche, perché secondo gli inquirenti nelle mani sbagliate è finita anche “parte dei milioni di euro messi a disposizione dalla pubblica amministrazione per far fronte alle storiche emergenze rifiuti nel sud Italia”. I carabinieri anche per questo hanno sequestrato il capitale sociale delle società B&b, Bps e Crystal ambiente e 80 automezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, per un valore stimato che supera i 6 milioni di euro.

Il ruolo delle aziende
Nelle carte dell’indagine spuntano anche nomi noti come Colari, la società romana legata a Manlio Cerroni, che appaltava il trattamento e smaltimento dei rifiuti e non risulta indagata. La sua posizione, al momento, risulta piuttosto quella di parte lesa nella vicenda. Devono ancora essere vagliate le posizioni di Linea AmbienteHerambiente e A2a Ambiente come persone giuridiche. C’è una responsabilità anche delle aziende, oltre che dei singoli dipendenti già iscritti nel registro degli indagati? Possibile che nessuno ai piani alti sapesse dei trattamenti illeciti effettuati da Bonacina?

TAV, LAVORI FINITI: MA IN ATTESA DEL NUOVO APPALTO IL CANTIERE-FORTINO CONTINUA A ESSERE BLINDATO

http://www.lastampa.it/2017/07/13/cronaca/sciopero-ad-oltranza-per-operai-del-cantiere-tav-rischiamo-il-posto-di-lavoro-9Ftuhy7zEe2XW4lnakXNHN/pagina.html

Chiomonte, i lavoratori in sciopero: cinquanta a rischio. L’apertura di Telt

massimo numa
torino

Cinquanta operai della società Venaus Scart che sta concludendo l’ultima parte dei lavori legati al tunnel geognostico nel cantiere Tav di Chiomonte sono da qualche giorno in sciopero. 

Rischiano di perdere il lavoro. Sarà ad oltranza, perché – denuncia la Cgil – non sono state mantenute le promesse in merito alla continuità tra l’appalto in scadenza, in pratica concluso, e quelli nuovi.  

LO STOP  

In realtà lo scavo s’è fermato a settemila metri di profondità perché gli ultimi 500 non sono più necessari. Per una questione burocratica la fine anticipata dei lavori non consente di indire subito le nuove gare d’appalto, che dipendono dal diritto italiano ma anche francese, e c’è il pericolo di un periodo di vuoto. Con conseguenze relative. 

Il cantiere, a lavori fermi, sarà comunque presidiato dagli attuali 400 agenti, carabinieri e militari in attesa di ripartire. Presumibilmente da fine settembre ai primi di febbraio. 

LO SPIRAGLIO  

Ma forse c’è ancora uno spiraglio, nel senso che Telt sta cercando proprio in questi giorni una strada alternativa. Così la nota di Telt: «Comprendiamo le preoccupazioni degli operai che hanno realizzato con competenza, nei tempi previsti, nel rispetto dei costi e senza incidentalità, pur in condizioni di lavoro difficili, la galleria geognostica della Maddalena a Chiomonte. 

Lo scavo del tunnel è finito a febbraio mentre le opere di finitura, in corso, si completeranno in autunno e al termine dei lavori si avrà la naturale cessazione del contratto con il raggruppamento di imprese. 

In questi cinque anni si è creato un bagaglio di competenze unico che potrà diventare un valore aggiunto anche per le imprese che saranno coinvolte nelle prossime fasi di cantiere». 

E poi l’apertura: «Ci stiamo adoperando, nei limiti previsti dalla legge e dalle normative binazionali, affinché l’esperienza maturata dalle maestranze locali non vada dispersa». 

Tav, sciopero a oltranza al cantiere di Chiomonte: “Rischiamo il posto di lavoro”. 

13 luglio 17 Repubblica 

Respinto il piano di Virano, futuro in bilico per 50 addetti.

Esposito (Pd): “Italia poco attenta”

di Stefano Parola

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/07/13/news/tav_sciopero_a_oltranza_al_cantiere_di_chiomonte_rischiamo_il_posto_di_lavoro_-170671359/

Tav, sciopero a oltranza al cantiere di Chiomonte: “Rischiamo il posto di lavoro”

torino.repubblica.it

Respinto il piano di Virano, futuro in bilico per 50 addetti. Esposito (Pd): “Italia poco attenta”

I lavoratori della Torino-Lione incrociano le braccia.

Sono in sciopero a oltranza da martedì sera perché temono di restare senza lavoro.

Nella programmazione del cantiere si è infatti creato un buco di alcuni mesi.

Avrebbe dovuto essere tamponato con la lastricatura del tunnel geognostico e con una serie di altri piccoli lavori, invece la commissione appalti di Telt, la società che deve costruire la ferrovia ad alta velocità, ha respinto la richiesta avanzata dagli stessi vertici della società.

La bocciatura ha scatenato le ire dei sindacati, ma rischia pure di avere ripercussioni sulla sicurezza del cantiere di Chiomonte.
Oggi sono circa 50 gli addetti impegnati negli scavi , per conto della Venaus Scarl (un gruppo di aziende con a capo la ravennate Cmc).

Il tunnel avrebbe dovuto arrivare a 7,5 chilometri circa, invece a febbraio ci si è fermati prima, perché il nuovo progetto della Torino-Lione non prevede più di realizzare il pozzetto di ventilazione Clarea.

L’idea era di utilizzare i circa 5 milioni risparmiati per lastricare la galleria, creare alcune nicchie e fare altri piccoli interventi. Questo insieme di attività avrebbe garantito lavoro fino a maggio 2018 e avrebbe dovuto essere affidato direttamente alla Venaus Scarl.

Niente di anomalo per le regole italiane, ma il 6 luglio la commissione appalti si è riunita a Parigi è ha detto “no” chiedendo invece una nuova gara d’appalto.

“Siamo inferociti, perché così i lavoratori rischiano di essere licenziati tra un mese e mezzo o due”, dice Marco Bosio, segretario generale della Fillea- Cgil di Torino. Il sindacato è su tutte le furie perché il personale nei mesi scorsi era già sceso da un centinaio di addetti agli attuali cinquanta circa: “Avevamo siglato un’intesa anche con la Regione in cui tutti si impegnavano a riassorbire i lavoratori lasciati a casa, invece ora rischiano il posto anche tutti gli altri”, sottolinea Bosio. Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea Cgil chiedono garanzie per i lavoratori (in buona parte valsusini). Vogliono che siano sottoscritte le clausole di salvaguardia, che consentirebbero agli operai di essere riassunti nel caso in cui a vincere il prossimo bando fosse un consorzio diverso da quello attuale.
Da lunedì il presidente dell’Osservatorio sulla Torino- Lione Paolo Foietta e il prefetto di Torino Renato Saccone sono in contatto con gli uffici del ministro ai Trasporti Graziano Delrio per risolvere la grana. “Da parte nostra c’è una forte attenzione per fare in modo che si trovi una soluzione”, spiega Foietta.

Che ha già scritto una lettera dura alla Telt, in cui chiede alla società di gestire l’impasse e di dare continuità ai lavori di Chiomonte.

Oggi il cantiere ha lavoro fino a ottobre o novembre, poi rischia di crearsi un vuoto fino a metà 2018, quando gli scavi della Torino-Lione entreranno nel vivo e impiegheranno centinaia di persone.

La questione non è soltanto sindacale, ma anche di ordine pubblico. Se le attività dovessero fermarsi per alcuni mesi, sarebbe ancora giustificabile l’impiego delle forze dell’ordine per proteggere la zona?
Ecco perché la questione dello sciopero di Chiomonte è più delicata di quanto non possa apparire. Stefano Esposito, senatore Pd che da anni lotta per la realizzazione della Torino- Lione, è sconsolato: “Lo dico da tempo che c’è una disattenzione generale sulla Tav. Quando devi allestire un cantiere da 5,5 miliardi con una società binazionale deve esserci una coralità istituzionale che al momento in Italia non si vede”.

A fine mese è in programma un vertice Italia-Francia proprio sul tema delle infrastrutture, al quale parteciperà il ministro Delrio. Potrebbe essere il momento giusto per concordare con i transalpini una soluzione alla grana di Chiomonte.

Nel frattempo, la protesta continua, come promette Bosio della Fillea: “Lo sciopero è a oltranza, andremo avanti fino a quando non otterremo impegni scritti“.

In una nota, Telt annuncia che le opere di finitura dello scavo “si completeranno in autunno e al termine dei lavori si avrà la naturale cessazione del contratto con il raggruppamento di imprese“. La società dice comunque di volersi adoperare “nei limiti previsti dalla legge e dalle normative binazionali, affinché l’esperienza maturata dalle maestranze locali non vada dispersa”.

Val Susa, passeggiata No Tav da Venaus verso Chiomonte

In corteo alcune centinaia di persone, il tentativo di avvicinarsi al cantiere
08 luglio 2017

Marcia No tav (foto Tanzilli) 

Alcune centinaia di No Tav si sono radunati a Venaus, in Valle Susa, per l’inizio di una “passeggiata” verso la zona del cantiere dell’alta velocità di Chiomonte.

“Vogliamo riaffermare con orgoglio – ha detto una speaker – la nostra libertà di movimento. La polizia ha bloccato i sentieri ma noi sappiamo arrivare dove vogliamo”. Fra i partecipanti all’iniziativa ci sono anche gli attivisti della Fai-Federazione anarchica torinese.

Gruppi di No Tav hanno però attraversato i boschi della Valle di Susa, muovendosi dall’abitato di Giaglione, per avvicinarsi al cantiere di Chiomonte.
I dimostranti, fra cui ci sono gli attivisti del centro sociale Askatasuna, sono oltre 200.
Alcune decine, percorrendo la strada sterrata principale, hanno incontrato uno sbarramento presidiato dalle forze dell’ordine.
Altri, per aggirare il blocco, hanno imboccato i sentieri che serpeggiano sul costone di una montagna. L’intera zona è interdetta al passaggio da un’ordinanza del prefetto. L’obiettivo della manifestazione No Tav, secondo uno dei promotori, è dimostrare che “nonostante i divieti, possiamo andare dove vogliamo”.

La marcia dei No Tav verso il presidio di Venaus

Due gionalisti per scrivere “verso il presidio di Venaus”?
Cori di protesta e insulti rivolti a polizia e carabiniere, disposti dall’altra parte delle barricate poste per vietare l’avvicinamento all’area del cantiere dell’alta velocità
Ultima modifica il 09/07/2017 alle ore 07:59
federico genta
torino
Sono un’ottantina i No Tav che questa mattina, sabato 8 luglio, hanno raggiunto il presidio di Venaus. Ma è soltanto una parte dei partecipanti alla marcia che farà tappa a Giaglione per poi salire, nel primo pomeriggio, verso la Clarea e gli accessi, rigorosamente sbarrati, del cantiere dell’alta velocità. Poco prima di pranzo il corteo comprendeva circa 200 persone. Alle due il gruppo è partito dai campi sportivi di Giaglione e ha iniziato la salita verso la Clarea. 
I CORI CONTRO POLIZIA E CARABINIERI  
I No Tav hanno raggiunto le barriere poste dalla polizia, dopo l’ordinanza del ministero che vieta l’avvicinamento all’area del cantiere dell’alta velocità. Si sono alzati cori di protesta e insulti rivolti a polizia e carabinieri, disposti dall’altra parte delle barricate. Qualcuno sta provando a sganciare le corde d’acciaio che reggono le griglie di ferro. Altri, invece, hanno scelto il sentiero più a monte, nel tentativo di eludere i controlli. 
LA MANIFESTAZIONE  
Questo il senso della manifestazione, tra le righe del comunicato diffuso in questi giorni per richiamare il maggior numero possibile di partecipanti: «Ci mettiamo in marcia verso la Clarea per ribadire ancora una volta, con impegno e partecipazione, il diritto a muoversi liberamente nella nostra terra. Non ci abitueremo mai e nemmeno ci rassegneremo inermi, a lasciare porzioni del nostro territorio a chi vuole devastarlo con il Tav, mettendo guardiani, di non si capisce cosa, sulle strade della nostra Valle. Vogliamo affermare con orgoglio la nostra libertà di movimento, in Valle come ovunque, senza fili spinati o controlli di documenti, e lo vogliamo fare nel miglior modo possibile, quello che conosciamo meglio: mettendoci in cammino, ancora una volta, sempre, ogni volta che ce ne sarà bisogno
I LEADER DEL MOVIMENTO  
A Venaus sono già presenti i leader del Movimento come Alberto Perino, gli attivisti di Askatasuna e gli anarchici della Federazione torinese. Ma soprattutto ci sono tante famiglie della bassa e alta Valle, determinati a contestare un’opera che loro continuano a giudicare inutile e incapace di dare risposte a un territorio che avrebbe bisogno di altri investimenti. 

Traforo del Frejus: c’è chi fa allarmismo ingiustificato sulla presunta insicurezza.

“Il tunnel del Frejus oggi non può più essere utilizzato per il trasporto concorrente di merci e viaggiatori”, “le altre gallerie superiori al Km sulla tratta Bussoleno – Salbeltrand […] dal punto di vista della sicurezza risultano poco più che semplici fori nella montagna”, “la linea tra Bussoleno, Modane ed in Francia sino a St. Jean de Maurienne, non può più essere utilizzata per il transito internazionale delle merci e dei viaggiatori; la sua capacità è fortemente limitata dalla sicurezza”.

Queste la frasi comparse sul sito veritav.net in un documento firmato da uno sconosciuto Gruppo Esperti Veritav. La stessa redazione del sito (priva di nomi e cognomi in chiaro) afferma nel post con l’evocativo titolo  “L’insostenibile leggerezza sulla sicurezza ferroviaria della tratta di valico della linea storica” che vi sono “gravi problemi di sicurezza presenti nelle gallerie della tratta di valico tra Bussoleno e Saint Jean de Maurienne (ed in primis nel vecchio tunnel del Frejus)”.

Ad apprendere tali parole, tra l’altro già pronunciate in passato da chi vuole procurare allarme presso la popolazione e l’utenza, rimaniamo davvero stupiti. Rete Ferroviaria Italiana, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria stanno forse permettendo il passaggio di treni, passeggeri e merci italiani ma anche francesi (ad esempio il TGV) su di una linea non sicura con delle gallerie pericolose e inadeguate?

Sinceramente pensiamo di no, ma vorremmo una risposta dagli enti responsabili dell’esercizio della linea e della vigilanza, anche perchè se quell’infrastruttura non dovesse essere all’altezza di un livello di sicurezza adeguato significherebbe che la stragrande maggioranza delle infrastrutture stradali e ferroviarie presenti sul territorio nazionale non sarebbero conformi agli standard.

In alternativa riteniamo che gli autori del post debbano essere indagati per “procurato allarme”. Stessa indagine che toccò al Presidente di ProNatura quando ebbe a dire che la mancanza della rete paramassi presso il Cantiere TAV di Chiomonte (tra l’altro prescritta dal CIPE ed in seguito a quell’esposto realizzata, anche se non in conformità con le specifiche progettuali), poteva rappresentare un problema per la sicurezza del cantiere ovvero delle maestranze e delle forze dell’ordine poste a presidio.
Non vogliamo credere che dietro le esternazioni del sito Veritav risieda solo la volontà di instillare qualche dubbio sulla popolazione per riuscire a convincere con la paura ciò che i dati tecnici non riescono a fare ovvero la necessità di realizzare a tutti i costi la Nuova Linea Torino-Lione.

Sicuramente la Magistratura vorrà fare luce sulla vicenda ponendo un’interdittiva al traffico ferroviario (cosa che non crediamo, viste le certificazioni di sicurezza) oppure iscrivere nel registro degli indagati chi procura un allarme ingiustificato minando la serenità dei cittadini e dei pendolari, nonché dei lavoratori che espletano il loro incarico sulla linea predetta.

Infine, richiamiamo quanto già detto nella nostra nota “Ferrovie: la vigilanza e i sistemi di sicurezza sono ancora disomogenei” ovvero che tutte le linee ferroviarie, proprio per garantire la sicurezza standardizzata e all’avanguardia di RFI, siano poste sotto l’autorità dell’ANSF e gestite da Rete Ferroviaria Italiana.

Attendiamo, quanto prima, le risposte dagli organi competenti.