tranquilli, adesso è colpa del camionista bianco (la precisa il fattoquotidiano la razza, quella che non si deve nominare). Femminicidio qui è abolito come termine. Stasi è stato condannato a 16 anni per ASSENZA di prove.
Pamela smembrata e gli organi rubati. E la stampa buonista difende il nigeriano
Innocent nega e resta in carcere. Ma accenna alla presenza di un secondo uomo, il pusher. Ed emergono contraddizioni nel racconto…
6 Febbraio 2018 alle 12:01
Sarebbero due le persone coinvolte nell’omicidio della giovane Pamela Mastropietro. Per la Procura di Macerata c’è un altro nigeriano che potrebbe avere avuto un ruolo nell’atroce delitto tribale. È stato lo stesso ventinovenne già in carcere a tirare in ballo un complice, durante il suo primo interrogatorio dopo il fermo di mercoledì, quando ha riferito ai carabinieri che la mattina precedente, martedì 30 gennaio, la diciottenne romana lo aveva avvicinato chiedendogli se conoscesse qualcuno che aveva eroina.
Innocent Oseghale racconta di aver chiamato col proprio cellulare un connazionale con il quale la ragazza si sarebbe poi incontrata allo stadio dei Pini per ricevere una dose. Sempre secondo la versione del nigeriano arrestato si sarebbero avviati tutti e tre verso la sua abitazione e durante il tragitto la ragazza avrebbe acquistato una siringa. Da qui in poi i conti non tornano.
“Alle 14 l’ho chiamato ma aveva il cellulare spento”, racconta una prima volta Innocent a proposito del suo complice di “dosi”. “Ho aspettato in giardino fino a quando si è fatto buio. Quando mi ha risposto al telefono mi ha detto che aveva lasciato le chiavi nella cassetta della posta. Ma io sono rimasto in giro fino all’indomani mattina senza rientrare a casa”. Una versione cambiata nel corso degli interrogatori, visto che al secondo confronto col magistrato l’imputato ha invece raccontato di essere salito anche lui a casa insieme al connazionale e a Pamela e di aver visto quest’ultima iniettarsi la droga, sentirsi male, tremare e cadere a terra.
“A quel punto mi sono spaventato e sono fuggito di casa”, ha aggiunto, negando di averla fatta a pezzi e gettato il cadavere. Da quel momento s’è chiuso nel più assoluto silenzio. Ed intanto emergono particolari scioccanti su questo efferato delitto. Gli inquirenti sottolineano che il corpo di Pamela è stato “deturpato completamente, smembrato in vari pezzi con grossi strumenti da taglio, mutilato in più punti: testa, torace, mammelle, bacino, monte di venere, mani, riducendo in due parti braccia e gambe”. Le varie parti del corpo, “dopo essere state completamente dissanguate e lavate con sostanza a base di cloro”, sono state infilate in due valige.
Un’operazione da chirurgo dell’orrore che si è spinta fino al punto di asportare organi e porzioni di tessuti, e che lascia ancora aperti tanti interrogativi. Il collo della vittima non è stato infatti ritrovato nei due trolley, così come pare manchino all’appello anche parte degli organi genitali e gli organi interni. In ciò che sembra connotarsi sempre più come un rito sacrificale pagano.
Ed intanto i buonisti salgono sulle barricate. “Non ci sono prove che abbia ucciso Pamela. Escluso l’omicidio nell’arresto di Oseghale”, scrive Repubblica. “Il gip ha convalidato il fermo del pusher solo per occultamento e vilipendio di cadavere. Non ha ritenuto non ci fossero elementi per l’accusa di omicidio (per cui Oseghale resta indagato). Il nigeriano avrebbe detto ai magistrati: Lei ha avuto una crisi da overdose e io sono scappato”. Per la stampa dem, garantista solo quando fa comodo, tanto basta.