Soros è alle corde

soros rebelsAnche se il multi-miliardario magnate degli hedge fund e politico agitatore internazionale George Soros ha perso alla grande con l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti e la vittoria del referendum Brexit nel Regno Unito, rischia di perdere altro terreno politico e finanziario, mentre i venti del cambiamento politico spazzano il mondo. Soros, che s’immagina padrone delle opzioni azionarie a breve scadenza, racimolando miliardi di dollari dal crollo dei titoli azionari, ha subito un paio di colpi finanziari. Recentemente, il regolatore del mercato dei titoli olandese AFM ha “accidentalmente” rivelato le compravendite a breve termine di Soros dal 2012, rivelate sul sito web dall’AFM e rimosse dopo aver compreso l’“errore”. Tuttavia, i dati erano già stati raccolti automaticamente dai software delle agenzie d’intelligence e delle società d’intermediazione che abitualmente perlustrano Internet alla ricerca di questi “errori”. Tra i titoli bancari presi di mira da Soros vi era l’Ing Groep NV, grande istituzione e importante elemento dell’economia olandese. Dopo la campagna contro la Brexit, Soros scommette contro lo stock di Deutsche Bank AG, che credeva avrebbe preso valore dopo che la Gran Bretagna votò l’abbandono dell’UE. I titoli di Deutsche Bank sono scesi del 14 per cento e Soros gli ha ripuliti. Ma la vittoria di Soros era temporanea. Con l’elezione di Trump, Soros ha perso 1 miliardo di stock speculativo. Circondato dai suoi compari d’aggiotaggio, Soros ha spiegato tali perdite mentre frequentava il World Economic Forum di Davos in Svizzera. I compari mega-ricchi di Soros scommisero contro le piccole aziende olandesi, come Ordina, società d’informatica, Advanced Metallurgical Group e il gruppo immobiliare Wereldhave NV.
Attenzione alle idi di marzo
La diffusione dei dati di Soros giunge in un momento particolarmente delicato per la politica olandese. Il governo di centro-destra del primo ministro Mark Rutte è alle corde nel tentativo di respingere, con un’elezione programmata il 15 marzo, la seria sfida del partito nazionalista per la libertà (PVV) della destra anti-migranti del leader anti-Unione europea Geert Wilders. Alleato di Donald Trump, Wilders rischia di fare il pieno grazie a Soros, campione delle frontiere aperte dell’Europa e delle migrazioni di massa, che scommette contro le banche olandesi. Le idi di marzo guardano con favore alla vittoria di Wilders, un evento che batterà un altro chiodo nella bara dell’Unione europea e nel sogno di Soros su migrazioni di massa e frontiere aperte. I Paesi Bassi non sono particolarmente amichevoli verso Soros e i suoi obiettivi. Nel novembre 2016, Open Society Foundations e due gruppi finanziati da Soros, la Rete europea contro il razzismo e Gender Concerns International, pubblicizzavano l’assunzione di giovani “di età compresa tra 17-26” immigrati musulmani o figli e nipoti di immigrati musulmani, per fare campagna contro i partiti di Wilders e Rutte.
Il primo ministro Rutte ha recentemente avvertito i migranti che si rifiutano di assimilarsi nella società olandese. Naturalmente, Rutte non si riferiva alle migliaia di migranti dalle ex-colonie delle Indie orientali e occidentali olandesi, che non avevano alcun problema ad adottare cultura, religione e costumi sociali olandesi. Rutte, che ha affronta un vantaggio di 9 punti del PVV di Wilders, ha avuto parole dure verso i migranti musulmani. In un’intervista ad “Algemeen Dagblad”, Rutte, in quello che avrebbe potuto essere un intervento di Wilders, ha dichiarato: “Dico a tutti. Se non vi piace qui, questo Paese, andatevene! Questa è la scelta che avete. Se si vive in un Paese in cui i modi di trattare il prossimo v’infastidiscono, potete andarvene. Non è necessario rimanere”. Rutte ha espresso in particolare disprezzo per chi “non vuole adattarsi… chi attacca omosessuali, donne in minigonna o definisce i comuni cittadini olandesi razzisti”. Rutte ha lasciato pochi dubbi a chi si riferisse, ai migranti musulmani appena arrivati, “Ci sono sempre state persone propense a un comportamento deviante. Ma qualcosa è accaduto l’ultimo anno, a cui noi, come società, dovremmo rispondere. Con l’arrivo di grandi masse di rifugiati, la domanda sorge spontanea: i Paesi Bassi resteranno Paesi Bassi”? Venendo da un noto euro-atlantista sostenitore di NATO, UE e Banca Mondiale, le parole di Rutte sui migranti avranno scioccato Soros e i suoi servi.
La rivelazione della manipolazione finanziaria di Soros dell’economia olandese sicuramente farà infuriare i cittadini olandesi già stanchi di migranti e diktat dall’Unione Europea. Nell’aprile 2016, i cittadini olandesi respinsero con nettezza il trattato UE-Ucraina che invocava legami più stretti tra UE e il regime di Kiev. Il risultato fece infuriare Soros, uno dei principali burattinai del regime di Kiev.
Il “Babbo Natale” delle ONG troverà molte porte chiuse
L’Europa una volta elogiava Soros come sorta di benevolo “Babbo Natale” che distribuiva milioni per “buone azioni” ai sostenitori del governo mondiale e di altri utopisti dagli occhi sbrilluccicanti. Tuttavia, la patina di Soros va esaurendosi. La Russia fu la prima a cacciare Soros per le interferenze nella politica russa.
Il piano di Soros per destabilizzare la Russia, soprannominato “Progetto Russia” di Open Society Institute e Fondazione di Soros, prevedeva lo scoppio di una “Majdan al quadrato” nelle città della Russia. Nel novembre 2015, l’ufficio del procuratore generale russo annunciò il divieto delle attività di Open Society Institute e Istituto di assistenza della Fondazione Open Society, per minaccia all’ordine costituzionale e alla sicurezza nazionale della Russia. Il Primo Ministro ungherese Viktor Orban guida ora l’ondata anti-Soros in Europa. L’ottica di Orban, divenuto il primo leader dell’Unione europea ad opporsi alle operazioni di destabilizzazione di Soros, di origine ungherese, non è sfuggita ad altri leader europei, come in Polonia e Repubblica Ceca. Orban ha accusato Soros di essere la mente dell’invasione dei migranti dell’Europa. In rappresaglia a queste e altre mosse di Soros, Orban avvertiva che le varie organizzazioni non governative (ONG) sostenute da Soros rischiano l’espulsione dall’Europa. Orban è stato affiancato nello sfogo di rabbia su Soros dall’ex-primo ministro macedone Nikola Gruevskij, dimissionario e costretto alle elezioni anticipate dalle manifestazioni ispirate da Soros nel suo Paese nel pieno del massiccio afflusso di migranti musulmani dalla Grecia. Facendo riferimento alle operazioni politiche globali di Soros, l’ex-primo ministro macedone ha detto in un’intervista, “non lo fa solo in Macedonia, ma nei Balcani, in tutta l’Europa orientale, ed ora, ultimamente, negli Stati Uniti. Inoltre, da ciò che ho letto, in alcuni Paesi lo fa per ragioni materiali e finanziarie, per guadagnare molti soldi, mentre in altri per motivi ideologici”.
In Polonia, dove Soros fu molto influente, una parlamentare del Partito della Giustizia (PiS) di destra al governo, Krystyna Paw?owicz, ha recentemente chiesto che Soros sia privato della massima onorificenza della Polonia per gli stranieri, Comandante dell’ordine della Stella al Merito della Repubblica di Polonia. Paw?owicz considera le operazioni di Soros in Polonia illegali e ritiene inoltre che le organizzazioni di Soros “finanzino elementi antidemocratici e anti-polacchi per combattere la sovranità polacca e la locale cultura cristiana.
Il presidente ceco Milos Zeman ha detto, in un’intervista del 2016, “alcune sue attività (di Soros) sono almeno sospette e sorprendentemente ricordano le interferenze estere negli affari interni del Paese. L’organizzazione di ciò che sono note come rivoluzioni colorate nei singoli Paesi è un hobby interessante, ma crea più danni che benefici ai Paesi interessati”. Zeman sosteneva che Soros progetta una rivoluzione colorata nella Repubblica Ceca.
Aivars Lemberg, sindaco di Ventspils in Lettonia e leader dell’Unione dei verdi e dei contadini, vuole che Soros e le sue ONG siano vietate in Lettonia. Lemberg sostiene che due pubblicazioni di Soros in Lettonia, Delna e Providus, fanno propaganda a favore dell’accoglienza in Lettonia dei migranti musulmani. Lemberg vede i migranti e il loro sostegno di Soros come un pericolo per la sicurezza dello Stato lettone. Il sindaco ritiene che “George Soros va bandito dalla Lettonia. Gli va vietato l’ingresso nel Paese”. Nella vicina Lituania, il partito laburista ha anche messo in dubbio le attività di Soros. Il partito e i suoi alleati parlamentari hanno chiesto ai servizi di sicurezza della Lituania d’indagare su “schemi finanziari e reti” di Soros per via della minaccia che rappresentano per la sicurezza nazionale. I partiti lituani sostengono che i gruppi di Soros sono specializzati “non a consolidare, ma a dividere la società”.
 
Non è più facile essere un multimiliardario intrigante che rovescia i governi con lo schiocco delle dita. Soros non solo s’è alienato il Presidente della Russia e la Prima Ministra del Regno Unito, ma ora anche il Presidente degli Stati Uniti. Soros è anche il nemico numero uno dei leader della Cina. Con tale varietà di nemici, Soros è dubbio abbia altri successi politici come in Ucraina o Georgia. Con tutti i suoi miliardi, Soros ora comanda solo un’ “esercito di bambole di carta”.
 
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Wayne Madsen Strategic Culture Foundation 29/01/2017

Rivelazioni dell’ex presidente Tunisino: fu la CIA a scatenare la Primavera Araba a Tunisi in coordinamento con gli jihadisti

peccato che da noi il suicidio di Michele, 30 anni, non abbia dato il via ad alcuna ribellione “spontanea” ma sia stato deriso dall’intellighenzia che detesta il popolo.

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Miliziani in Tunisia
Sei anni dopo il suo rovesciamento, l’ex presidente tunisino Ben Alì, ha lanciato un messaggio al suo popolo in cui accusa la CIA di aver scatenato la “Primavera Araba” in coordinamento con gli jihadisti. Il messaggio lo ha pubblicato l’agenzia di stampa Jamahiriya News popchi giorni fa, ignorato dai media occidentali.
Presentato dalla stampa occidentale come “un dittatore”, Ben Alì ha governato la Tunisia dal 1987 fino al Gennaio del 2011, quando, con il pretesto di un piccolo commerciante che si era suicidato in pubblico, i servizi di intelligence di USA e Francia e Regno Unito, approfittarono dell’episodio per innescare una rivolta di piazza che aveva il fine di destabilizzare la Tunisia ed il mondo arabo. Così iniziò la Primavera Araba.
Secondo Ben Alì, i piani  della CIA si iniziarono a tramare nel 2007 perchè il suo governo aveva rifiutato di cedere agli Stati Uniti la base militare di Biserta e perchè la Tunisia non accettò di indurire il blocco economico contro la Libia, come chiedeva Washington.
L’anno successivo, Condolezza Rice, consigliere per la Sicurezza di Obama, si presentò a Tunisi per creare un “centro” che doveva educare la gioventù tunisina a difendere i diritti umani, a cui il governo di Ben Alì gli rispose: “Signora perchè questo centro non lo va a realizzare in Israele”? Alla Rice la domanda non fu per nulla gradita tanto che sospese le interviste che aveva programmato, fece le valige e prese l’aereo di ritorno nello stesso giorno del suo arrivo.
Quando il governo tunisino ebbe la consapevolezza che gli USA stavano preparando il suo rovesciamento, Ben Alì domandò cosa ne sapesse Alì Seriati, il quale gli rispose che si trattava di informazioni false. Tutto si trovava già sotto il controllo della CIA. Mancava una settimana all’episodio del suicidio in piazza del commerciante.
Il 14 Gennaio, Ben Alì accompagnò all’aereoporto sua moglie e suo figlio, perchè abbandonassero il paese per causa dell’incertezza politica e, quando si disponeva a ritornare nel palazzo Presidenziale, incontrò il Seriati in aereoporto il quale lo consigliò di prendere un aereo e partire, con una velata minaccia: la sua vita si trova in pericolo. Avrebbe avuto occasione di tornare quando si fosse ristabilita la calma.
Avvenne come in altre situazioni simili di rivoluzioni di colori, primavere o nella piazza di Maidan, così presto iniziarono le uccisioni, causate da francotiratori nascosti che sparavano in modo indiscriminato per provocare rabbia nelle moltitudini contro il governo e seminare il caos. La CIA aveva formato squadroni della morte, finanziati dal Qatar, con gli jihadisti di “Ennahda” e o con mercenari provenienti da paesi vicini, incluso dalla Bosnia.
Nel suo messaggio Ben Alì segnala direttamente il movimento islámico Ennahda come parte integrante del Golpe, ed incluso avendo armato e addestrato militarmente la propria gioventù. L’ex presidente si mostra meravigliato per la vicinanza che la Ennahda aveva con la CIA e per il fatto che nessuno abbia domandato chi  aveva dato l’ordine di sparare contro la moltitudine, nonostante che alcuni dei  francotiratori furono arrestati nella stessa notte degli avvenimenti.  L’ex presidente deposto aggiunge che gli spari proseguirono fino a che lui se ne andò in esilio in Arabia Sudita. Dopo il Golpe, gli islamisti della Ennahda si presentarono davanti alla popolazione come vittime delle uccisioni.
Bel Alì termina il suo racconto assicurando che oggi Tunisi è un rifugio per i servizi segreti stranieri e per le bande criminali, sotto il patrocinio della CIA.
L’accordo per realizzare una base militare USA in Tunisia, già si è firmato. Questo fu il motivo ultimo dell’inizio della “Primavera Araba” in Tunisia e nel mondo arabo.
Il racconto dell’ex presidente tunisino sarebbe risultato un poco più completo se anche lui avesse ammesso le proprie responsabilità, questo però significava chiedere molto.
Traduzione: L.Lago
Feb 04, 2017

Putin avverte di un prossimo colpo di Stato contro Trump

Donald-Trump-3Due polemici giornali dell’establishment USA titolano senza sottefugi l’intenzione di Trump, già istallatosi come 45° prersidente degli USA. Il Washinbgton Post (WP) titola “Il presidente promette di togliere il potere alle elites di Washington e collocare gli USA per primi, oltre a voler mettere fine al massacro sociale statunitense, con riferimento alla disoccupazione della classe media spodestata.
Più angustiato il New York Times (NYT) titola: Trump rinuncia alla classe politica del paese e subtitola “Il Presidente qualifica l’establishment come sporco e corrotto”: e non è forse questa la verità?
Paul Craig Roberts (PCR) –ex assistente e segretario del Tesoro di Reagan, editore associato del Wall Street Journal ( WSJ) e autore di tre importanti libri: “La minaccia dei neocons all’ ordine mondiale”; Come si sono  persi gli  USA e “Il Fallimento   del capitalismo neoliberal”– si scaglia sul  suo portale  contro  i  due  portavoce dell’ establishment, il WP e il  NYT, scettici  sul   discorso di Trump e  sul  “forte attacco al rapace e  inmorael establish-ment governante. Vedi: Paul Craig Roberts
Trump ha promesso di governare con i cittadini abbandonati dall’establishment, con coloro con cui si collegherà mediante i suoi twits: una mescolanza insolita di plutocrazia con la oclocrazia (predominio delle masse) ! Lo stesso Obama, prima di congedarsi, ha consigliato di non sottovalutare (sic) questo tipo, uno che si collega molto bene con i suoi seguaci e che vuole rappresentare il candidato del cambiamento.
Obama ha lasciato in eredità tanto il caos globale come un paese diviso dove si prospetta una impensabile guerra dei sessi tra i suprematisti bianchi  “machos”, WASP (white, anglosaxon, protestant), devoti a Trump, e la marcia impattante di mezzo milione di donne a Washington, sospinti da Hollywood, all’unisono con altre 600 marce  affratellate nel resto degli USA e nel mondo.
Gli Stati Uniti sono un paese diviso, secondo The Hill. Rimane  descritto in sintesi: gli USA sono un paese severamente fratturato a tutti i livelli.
Perfino al livello teologico si manifesta questa frattura tettonica degli USA, in una franca decadenza interna e globale: uno dei predicatori della stessa messa, precedente al giuramento di Trump,  è stato Robert Jeffres, cristiano battista del sud che ha condannatol’Islam ed il mormonismo (i cui seguaci abbondano nella CIA), il quale ha eslcamato che “Dio non è contro l’edificazione dei muri”.
Per P.C. Roberts, l’arrivo di Trump costituisce una dichiarazione di guerra, molto più pericolosa per lui che non se avesse dichiarato guerra contro la Russia o la Cina. Roberts commenta che non esiste dubbio che Trump si è trasformato in un obiettivo di assassinio (sic) fino a quando la CIA non finirà con l’ arrendersi o con l’ allontanarsi (dal potere).
In aggiunta al conosciuto budget ufficiale dei 50 mila milioni di dollari all’anno, P.C.Roberts, che era stato al corrente delle nascoste fonti finanziarie del Minotauro statunitense, rivela che la CIA è una organizzazione globale. I suoi lucrativi affari le fanno derivare entrate indipendenti dal budget degli USA ed è in grado di svolgere operazioni in modo indipendente dal presidente e ancora del suo stesso direttore, quando la CIA aveva una storia di più di 70 anni, sempre trincerata nei suoi segreti senza mai essere scomparsa.
SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-  Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido. FOTO: CUARTOSCURO.COM

SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-
Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido.
FOTO: CUARTOSCURO.COM

Sicari addestrati dalla CIA in Messico
Sembra chiaro che si è scatenata una guerra sotterranea tra il Pentagono e la CIA, mentre Trump ha aperto molti fronti, contemporaneamente, contro gli onnipotenti rivali: contro le due dinastie liquidate, quella dei Bush e quella dei Clinton, oltre ad Obama; contro la CIA; contro Hollywood; contro i multimedia, in particolare la CNN; contro il megaspeculatore fomentatore del caos globale George Soros, ecc..
Io, personalmente  avevo avvisato che è in pericolo la vita di Trump, come ha sostenuto successivamente anche il parlamentare britannico George Gallloway, il quale mette in allerta “che la CIA sta preparando l’assassinio di Trump”.
Prima di partire, l’ex direttore della CIA John Brennan ha lanciato un avvertimento (di stile mafioso) a Trump di “misurare le sue parole”, e lo ha criticato per non comprendere la minaccia della Russia agli USA.
Lo zar Vlady Putin ha messo in guardia da un possibile golpe silenzioso, come accaduto in Ucraina nella piazza Maidan di Kiev, contro Trump che ha coalizzato a “Tiro e Troiani” dell’onnipotente establishment, oggetto di disprezzo e rabbia popolare. Non lo dice uno chiunque , ma lo dice uno zar russo, che dispone di informazioni privilegiate.
A giudizio di Putin, tutta la lasciva campagna russofobica cerca di delegittimare Trump con gli stessi metodi nello stile Maidan, utilizzato nel 2014 in Ucraina, dove fu deposto il presidente legittimamente eletto Yanukovich, in un golpe presumibilmente orchestrato dallo spionaggio statunitense e dal suo Dipartimento di Stato.
Per Putin, le persone  che fabbricano false notizie contro Trump, che le preconfezionano e le utilizzano in una battaglia politica, sono peggiori delle prostitute (sic) perchè non hanno alcun limite morale.
Un altro obiettivo, secondo Putin, della mania russofobica, è quella di bloccare le mani preventivamente allo stesso Trump, per evitare che possa migliorare le relazioni tra gli USA e la Russia, quando il cambiamento di paradigma pregiudicherebbe interessi fossilizzati. Se non accade nulla di eclatante nei giorni prossimi, Putin si prepara a chiamare Trump.
Il nuovo leader della minoranza (Partito Democratico), il polemico Charles Schumer, intimo dei Clinton e dei Soros, ha commentato che “la comunità di spionaggio disponeva di “sei modalità di riscuotere” le sue fatture contro Trump.
Il confronto è molto intenso e profondo, con intonazioni da guerra civile, anche non ci si azzarda a pronunciare questa con il suo vero nome.
Nello scongelato Forum Economico Mondiale di Davos (controllato da Soros), l’uscente segretario di Stato, John Kerry, ha predetto che Trump durerà al massimo “uno o due anni”, o quello che sarà.
Zero Hedge aggiunge che nessun presidente, dai tempi di John F. Kennedy, si era azzardato ad affrontare la CIA, che può scegliere di agire con misure di rappresaglia.
L’establishment cerca di dilegittimare, al prezzo che sia- come il sordido libercolo predisposto dall’M16 e triangolato dai nemici di Trump nel Partito Democratico e nel settore sorosiano del Partito Repubblicano con il super falco senatore John McCain-, si solleverebbe il tentativo di spodestare Trump per ottenere questo attraverso un minaccioso impeachment legislativo o interamente, con la sua liquidazione fisica, come ha reclamato uno “pseudofascista” con maschera da ideologo culturale, della doppia fonte di disinformazione Televisa/Univision.
L’avvenimento dell’inizio dell’era di Trump costituisce un cambiamento tettonico di paradigma con ripercussioni a livello regionale (con il Messico) e globali (con Cina ed Europa).
Il conservatore cattolico Pat Buchanan, un prominente advisor dell’ex presidente Nixon, Ford e Reagan, sentenzia che, con Trump, arriva l’avvenimento di una nuova era, la cui caratteristica è il patriottismo economico e l’etnonazionalismo (sic), che è in ascesa in tutte le parti del mondo.
Per Pat Buchanan, il vero pericolo per gli USA viene dal sud del pianeta, dove abbondano i migranti giovani.
La nuova era è un enigma: inizierà Trump il suo volo domestico e geostrategico o sarà brutalmente trattenuto dall’establishment degli USA ancora oggi onnipotente e impunito per i suoi crimini?
Fonte: La Jornada Gen 23, 2017 di   Alfredo Jalife Rahme
Traduzione: Luciano Lago

Razzisti contro Trump

Già! Razzisti, ipocriti e menzogneri. Stampa fasulla e piazze pagate da chi ha preparato, con molto tempo a disposizione, un qualche migliaio di ridicoli cappellini rosa sciocco come le zucche in essi contenute. Crape vuote come un cesso abbandonato in discarica, che possono contare, però, nei tromboncini di certi giornalucci, cartacei e virtuali, che se la cantano e se la suonano fra di loro. Tutti contro il neoPresidente. Sono curioso di vedere quanti saranno a mantenere fede ai giuramenti di queste ore e a non correre a leccare il culo a Trump nei prossimi mesi.
Bergoglio compreso, ridicolo nelle sue esternazioni politiche delle ultime ore. Menzione d’onore, poi, per la nostra televisione di Stato, che utilizza per il suo tg ufficiale immagini di una manifestazione sportiva di un ventennio fa per “condire” un servizietto sulle donne che manifestano contro il 45° Presidente degli USA. Menzogna su menzogna. A imperitura vergogna del giornalista che l’ha confezionato e del direttore che l’ha autorizzato!!!
(Che mi tocca fare! Io, che non amo l’America, sono costretto a difenderne il Presidente. …  Fortunatamente, una delle cose migliori che le siano capitate negli ultimi mesi!)
E le “contestatrici”, dico loro, chi sono???donne anti trump
Mi rifiuto di credere che rappresentino anche solo lo 0,0000000001% del popolo femminile americano.
Si vede lontano un miglio che si tratti di quattro poveracce, stile punkabbestia, che avrebbero sfilato anche contro l’altezza della Statua della Libertà, contro la dentiera del Papa o la mutanda lenta di madonna… Disadattate prezzolate e galvanizzate, magari, da qualche regalino di polverine magiche.
Trump fa bene a fottersene. Come e quanto ce ne fottiamo noi, che lo aspettavamo!donne anti trump 2
(uno dei tanti post sui social)
L’America e il Mondo avevano bisogno di un controbilanciamento americano alla perfezione politica di Putin. Una sorta di nuovo asse Reagan Gorbaciov (quella bella accoppiata dei tempi d’oro del riavvicinamento e della pace), ma in tempo di guerra vera. Con la massomafia che la fa da grande, dopo la sciagura dell’ottennio del presidente di colore con signora finta ortolana al seguito. Smargiassa e gradassa sui mercati, la massoneria si è ingigantita con la nascita e il battesimo del terrorismo islamico, con le guerre sui territori del medio oriente e del nordafrica, con la destabilizzazione sociomorale dell’europa. Tutte partorite dalle menti malate di un establishment creato ad hoc nelle stanze del potere colorato di nero e biondo.
Però… Però! Obama e Clinton hanno perso. E, con loro, tutti quei potentati che ci hanno portati alla fame, all’umiliazione, alla schiavitù.
Talmente schiavi, che oggi ci impongono di andare a marciare e urlare contro Donald. Fortunatamente, a parte qualche demente e disadattato, qualche starletta invecchiata nel mito del pisello, qualche attore inguaiato con la salute e dedito, ormai, più alla pillola blu che all’amato alcool, qualche giornalista che venderebbe sua madre tumulata pur di apparire, tutti noi siamo lucidi e non ci caschiamo, nella rete delle provocazioni.
Restiamo rispettosi in attesa. Osserviamo. Per giudicare.
Cosa che consigliamo anche al frettoloso papampero, panzer senza pilota e che sta allontanando migliaia di veri Cristiani dalla sua chiesa razzista vera, ma non dalla Chiesa. #nonciriuscirà
Fra me e me.
23  gen 17

Trump: una minaccia alla società civile

Soros demo“i dirigenti delle Ong che, secondo il governo,” secondo il governo, certo, e chi organizza le proteste a 22 dollari l’ora a manifestante? Una lotta “sincera”, senza dubbio…
“Il governo ungherese ha avanzato una proposta per costringere i leader delle organizzazioni non governative a dichiarare i propri beni, così come sono già tenuti a fare i parlamentari e i pubblici ufficiali del Paese.” HANNO QUALCOSA DA NASCONDERE VISTO CHE PROTESTANO?

Il governo di estrema destra ungherese ha salutato come un successo l’inizio dell’era Trump che, per il primo ministro Orbán potrebbe rappresentare una solida sponda per smantellare la società civile del Paese
Conseguenze pesanti per le Ong che operano in Ungheria e che sono finanziate dalla filantropia internazionale. La neo-inaugurata era Trump si fa sentire anche in Europa, dove il primo ministro ungherese, Viktor Orbán ha affermato che la nuova amministrazione americana, rappresenta un nuovo inizio anche per l’Ungheria. Viktor Orbán è stato tra i pochi leader politici mondiali a supportare la candidatura del miliardario americano sin da subito.
Se infatti già da anni la società civile del Paese soffriva le conseguenze di una durissima repressione governativa, alcuni commenti del portavoce di Orbán, hanno annunciato ulteriori modifiche alla regolamentazione che disciplina le attività della società civile.
Nel mirino del governo di estrema destra, i dirigenti delle Ong che, secondo il governo, svolgono di fatto un’attività politica.
Il governo ungherese ha avanzato una proposta per costringere i leader delle organizzazioni non governative a dichiarare i propri beni, così come sono già tenuti a fare i parlamentari e i pubblici ufficiali del Paese. Una proposta che sarà presentata al parlamento in aprile e che è stata accolta dal mondo del non-profit come un nuovo tentativo di limitare ulteriormente l’azione della società civile nel Paese.
Diversi gruppi della società civile hanno espresso le proprie preoccupazioni in vista di un annunciato giro di vite per limitare le azioni della società civile. Tra le Ong più a rischio, quelle che si occupano di partecipazione civica e diritti umani e civili, continuano a resistere ad una campagna di diffamazione e repressione avviata dal governo già nel 2013, quando un giornale molto vicino alla maggioranza, aveva accusato il consorzio ungherese AI, responsabile della gestione e dell’erogazione dei fondi esteri per la promozione della partecipazione civica e della democrazia attiva, derivati dal Norway Fund e dalla Open Society Foundations (fondata dal miliardario e sostenitore del partito democratico americano, George Soros), di utilizzare i finanziamenti per fini politici (nello specifico l’accusa era di “sabotaggio” della maggioranza di governo e sostegno dell’opposizione).
“Come una conseguenza dell’elezione di Trump, Orbán pensa che uno dei due players internazionali – gli Stati Uniti e l’Unione Europea – interessati alla situazione delle Ong in Ungheria sia ora dalla sua parte, perché Trump è un oppositore di Soros,” ha dichiarato al Guardian Peter Kreko del Political Capital Institute thinktank, una delle 60 organizzazioni del Paese a ricevere finanziamenti dalla Open Society Foundations. “Orbán si aspetta che se quest’anno attaccherà le Ong finanziate da Soros, il governo americano e l’ambasciata ungherese a Budapest, non lo difenderanno nello stesso modo di prima.”
di Ottavia Spaggiari

Il Presidente egiziano Al Sisi denuncia i patrocinatori del terrorismo ed i loro piani contro l’Egitto

quando in Egitto furono “installati” i Fratelli Musulmani al potere tanto cari all’amministrazione Killlary Obama l’Egitto era un paradiso secondo i media occidentali nonostante i massacri di cristiani e musulmani moderati. Ora che c’è Al Sisi molto vicino alla Russia ovviamente l’Egitto è una dittatura che ovviamente gli Usa sono chiamati a rimuovere. Almeno questo l’intento del Premio Nobel per la pace che ha sganciato più di 26.000 bombe in 7 nazioni. E si fa puzza per Regeni, strano eh?

Chi ha interesse a destabilizzare l’Egitto?
Forse l’opinione pubblica europea potrebbe pensare che quanto avviene in paesi al sisi russiacome l’Egitto non ci riguardi, che sia un paese lontano e molto distante dall’ambiente e dalle questioni dell’Europa. In realtà l’Egitto, il più popoloso paese arabo, si trova nel Mediterraneo proprio di fronte alle coste del sud Europa ed in circa 3 ore di aereo è facilmente raggiungibile da qualsiasi capitale europea.
Risulta che l’attuale presidente egiziano, Abdel Fatah al Sisi, proprio oggi ha denunciato i piani contro il suo paese orditi e finanziati da certi paesi e dai loro servizi di intelligence, quelli che il mandatario egiziano ha chiamato come “discepoli del male”.
In dichiarazioni rilasciate alla BBC, Al Sisi ha detto che l’Egitto si trova in guerra contro il terrorismo e che questo viene finanziato con immenso denaro da alcuni paesi.
Il presidente non ha fatto nomi in concreto ma, secondo alcuni esperti, le sue dichiarazioni fanno riferimento agli stessi stati che hanno finanziato il terrorismo in Siria, in Iraq ed in altri paesi. Uno di questi, secondo i media egiziani è il Qatar.
L’Egitto ed il Qatar mantengono relazioni molto tese per causa dell’ampio appoggio fornito da Doha ai F.lli Mussulmani e per la partecipazione di questi ultimi agli attacchi terroristici contro la sicurezza che hanno afflitto l’Egitto dopo l’arrivo al potere dell’ex generale Al Sisi nel 2013.
Molti di questi attacchi contro la polizia e le forze di sicurezza, così come per quelli avvenuti contro i luoghi di culto cristiani in Egitto (dei cristiani copti) vengono attribuiti dal governo alla setta dei F.lli Mussulmani, dei quali alcuni rami si sono fortemente radicalizzati ed hanno promesso lealtà al Daesh (ISIS) ed a altri gruppi estremisti.
Da rilevare che tutti questi attentati si sono intensificati da quando il Cairo è entrato in guerra contro il terrorismo islamista ed ha partecipato, inviando un suo contingente, al conflitto in Siria sostenendo il Governo di Damasco assieme all’Iran ed alla Russia. Da quel momento si sono deteriorate le relazioni dell’Egitto con l’Arabia Saudita e con il Qatar, guarda caso i paesi, alleati dell’Occidente, che sono considerati patrocinatori ed ispiratori del terrorismo di marca salafita.
Al Sisi, in una recente intervista televisiva, si è riferito alla feroce lotta che i soldati egiziani sostengono nel Sinai contro i terroristi ed ha segnalato che i militari egiziani hanno ritrovato negli ultimi tre mesi una tonnellata di esplosivi e milioni di lire egiziane e dollari nordamericani in nascondigli che appartenevano ai terroristi, i quali, con tutta evidenza, godono di finanziamenti esterni.
Il governo egiziano di Al Sisi ha mostrato una mano dura nei confronti del movimento dei F.lli Mussulmani, in particolare con la repressione e la condanna a morte, fatto senza precedenti, di oltre 500 membri dei fratelli musulmani, in Egitto, per il loro ruolo avuto nell’attacco, tortura e omicidio di un poliziotto egiziano, e questo era avvenuto al culmine di un’illuminante e onnicomprensivo giro di vite della sicurezza nella centrale nazione araba del Nord Africa. Questa mossa ha creato un effetto raggelante che ha ammutolito le masse altrimenti violente dei fratelli musulmani e portato a mettere ordine nelle strade, con il prevenire sommosse e disordini promossi da questa setta.
La mossa dei giudici egiziani aveva attirato la condanna prevedibile del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, oltre all’ostilità manifesta di tutti i principali media occidentali che rimproverano ad Al Sisi il suo pugno di ferro contro l’opposizione radicale islamista nel paese.
Gli ambienti della sinistra europea accusano Al Sisi di violare i diritti umani e reprimere l’opposizione ma si tratta degli stessi ambienti e degli stessi media che non levano una parola nei confronti dei Governi di Arabia Saudita, Qatar e delle altre Monarchie petrolifere che reprimono ferocemente il dissenso ed applicano le pene capitali (con taglio della testa) contro i dissidenti e le persone accusate di reati quali l’apostasia e “crimini” di natura sessuale. Un evidente doppio standard quando si tratta di regimi favorevoli agli interessi occidentali.
Gli Stati Uniti appoggiavano in Egitto il precedente Governo di Mohamed Morsi , ispirato dai F.lli Mussulmani e risulta che il Dipartimento di Stato ha finanziato per anni la setta dei F.lli Mussulmani nell’evidente tentativo di spaccare il mondo islamico esacerbando la rivalità tra le masse sunnite in funzione anti iraniana e favorendo l’influenza dei loro stretti alleati, Arabia Saudita e Qatar, che cercano di prendere la guida dei paesi sunniti contrastando la crescente influenza iraniana e sciita nella regione. Vedi: Egypt, the Muslim Brotherhood and America’s War on Syria
Questo spiega il perchè gli Stati Uniti, attraverso le varie ONG, avevano finanziato le “primavere arabe” che si volevano far passare per un processo spontaneo, quando in realtà erano sobillate da agitatori esterni, dietro il pretesto dei “diritti umani ” e della “democrazia”, in funzione di un cambio di regime che gli USA hanno mirato a realizzare sia in Egitto che in Libia, in Siria ed altrove.
In Libia questo cambio di regime si è verificato grazie all’intervento della NATO, in Siria il cambio di regime, che ha dato luogo ad un sanguinoso conflitto, è fallito grazie alla resistenza di Bashar al-Assad, del popolo e dell’Esercito siriano (con l’aiuto dei russi), in Egitto il tentativo è fallito grazie al colpo di Stato militare del generale Al Sisi.
 
Questo spiega tutta la velenosa propaganda mediatica occidentale scatenatasi contro Assad, accusato di essere un “tiranno sanguinario”, per aver osato opporsi all’imperialismo anglo-USA-saudita.
 
Attualmente gli Stati Uniti continuano a fingere di sostenere il governo del Cairo, ma sono in realtà completamente dalla parte del regime della fratellanza musulmana, che era guidata di Muhammad Morsi, delle sue folle in piazza e delle numerose reti di ONG in Egitto che ne sostengono e difendono le loro attività.
L’ultima di tali ONG ad apparire era stata l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (EIPR) che veniva citata anche dal del New York Times. L’EIPR è finanziata , tra gli altri, dall’ambasciata d’Australia a Cairo, e svolge lo stesso noto ruolo che altre ONG finanziate dagli occidentali hanno avuto durante la “primavera araba” del 2011, coprendo violenze e atrocità dell’opposizione e usando i “diritti umani” per condannare le repressioni della sicurezza effettuati in risposta dallo Stato.
Tanto più è divenuto pressante, per il Dipartimento di Stato USA, l’obiettivo di un “regime change” al Cairo, da quando l’Egitto si è riavvicinato alla Russia di Putin ed ha sottoscritto con questa importanti contratti di cooperazione nel campo civile e militare.
Non si può escludere che le centrali di potere di Washington mirino a destabilizzare l’Egitto, ripetendo lo stesso tentativo fallito in Siria, mediante l’appoggio alle sette più estremiste e la sobillazione di gruppi terroristi come il Daesh che, guarda caso, hanno iniziato ad attivarsi nel paese (in particolrae nel Sinai) da quando il Governo del Cairo ha cambiato la sua politica e la sua rete di alleanze, voltando le spalle all’Arabia Saudita ed al Qatar ed riavvicinandosi alla Siria ed alla Russia.
Le conseguenze di una eventuale destabilizzazione dell’Egitto sarebbero nefaste per tutta le regione ed in particolare per l’Europa che si troverebbe alle prese con un’altra situazione, tipo Libia, moltiplicata X 10, visto che si tratterebbe del più grande paese arabo con 82 milioni di abitanti. Le trame dei circoli di potere di Washington non si fermano davanti a nulla e contano, come sempre, sulla passiva e suicida collaborazione dei governi europei. di Luciano Lago
Gen 12, 2017  Fonti: Al Mayadeen

Varsavia ha un problema ‘italiano’: i ricchi sovversivi di Stato

Manifestazioni violente.  Picchiatori che provano a rovesciare le auto dei deputati del PiS,il partito del governo che ha vinto le elezioni;   la polizia che respinge a manganellate e lacrimogeni  tentativi  dei rivoltosi di irrompere nella Dieta (Parlamento) per bloccare  l’approvazione di una legge; febbrili preparativi per organizzare anche in Polonia una piazza Majdan” all’Ucraina, con fredda pianificazione di “wc, centro-stampa, palco con audio” e “incidenti di sangue dopo due giorni”.  Insomma è la rivolta   democratica contro il governo reazionario di Beate Szilo,  creatura dell’appartato (ma presentissimo) Jarosław  Kaczyński ?

Così l’ha raccontata il Corriere della Sera: «Era dai tempi del primo sindacato libero del blocco comunista, Solidarnosc, che in Polonia non si creava un movimento così compatto e combattivo per la democrazia. In migliaia si sono ritrovati, Costituzione alla mano…”.

Tutto vero. Basta non dire che la punta di lancia della opposizione democratica, scesa in piazza a incendiare il paese, è costituita da 32 mila ex agenti dei servizi segreti e alti funzionari del periodo comunista   sovietico-polacco, in lotta contro la  minaccia di taglio delle loro pensioni.

La nuova legge – per votare la quale il Parlamento ha dovuto riunirsi in una sala diversa dall’aula solita, che era minacciata di irruzione “democratica” – pone un tetto alle pensioni di  costoro; un tetto che le parifica alla pensione media in  Polonia, pari a 2 mila zloty  mensili, circa 435  euro.  Un affronto per chi   fino ad oggi gode di una pensione anche di 20 mila zloty, 4.350 euro al mese.

Come mai? Il motivo è che in Polonia la transizione è stata non violenta, civile e umana; il che comporta che  i funzionari del regime comunista passato, anche quelli  addetti alla repressione, non solo non sono stati fucilati; gli  sono state lasciate le pensioni di prima: pensioni d’oro. Adesso il  governo del PiS (Diritto e Giustizia, Prawo i Sprawiedliwość)  , che ha vinto le elezioni nel 2015,  ha osato la parificazione.  Perché tra l’altro, molti dei pensionati da 400 euro mensili lo devono al fatto che hanno perso anni di contributi, o perché erano stati messi in galera come dissidenti da quelli che prendono  pensioni 10 volte superiori, o perché durante il regime  non potevano più trovare un lavoro pagato decentemente essendo segnati  dal carcere come oppositori.

Spero non sfugga l’analogia con la situazione italiana.  Anche se la nostra è molto più grave: non solo i “ricchi di stato”  da noi   sono  milioni, non solo hanno stipendi superiori in media al 17 per cento dei privati con mansioni simili,  con punte di privilegio da 200 mila  euro per diversi dirigenti pubblici, di 74 mila euro annui per il personale non-dirigente  (attenzione: NON dirigente) delle ‘autorità” tipo AGcom; e 48 mila per i NON dirigenti  della Presidenza del Consiglio, senza dire dei docenti universitari da 71 mila euro annui e del personale di regioni e comuni sui 40 mila annui – a fonte di una settore privato che, ormai, offre  salari da 400-600 mensili col voucher.

E’ sia chiaro, il problema che   distingue (nel male) il nostro paese da tutti quelli dell’Occidente capitalista.  In Usa, i veri grandi ricchi  (l’1% per cento che s’è accaparrato tutti i lucri  lasciandone niente al ceto medio) ,  producendo la più odiosa  iniquità sociale, sono comunque dei  privati  che guadagnano nel settore privato.   I nostri ricchi sono ricchi di Stato, che estraggono i loro lucri dal denaro pubblico, ossia dalla torchia fiscale che esercitano sui privati impoveriti;  inoltre, come constatiamo ogni giorno, sono inadempienti (non fanno ciò per cui sono lautamente pagati per fare), spesso parassiti (coprono posti inutili),  assenteisti e  truffatori di denaro pubblico: a Roma si  intascano il denaro per riattare gli  asili per rimodernare il loro appartamento,  dovunque approfittano in modo ladronesco di tutte le occasioni di lucro indebito che la loro posizione permette – senza alcun senso di responsabilità verso la comunità nazionale,  cui dovrebbero essere grati, e  che vedono come bestiame da mungere  e tosare.

Perché proprio gli stipendi scandalosamente alti –  che nella teoria mitica sono dati per togliere loro tentazioni di farsi corrompere  – sono invece la causa della loro corruzione, della loro insaziabile voglia di intascare sottraendo i soldi ai  cittadini poveri. In combutta coi politici che, essendo “Politici di mestiere”, si percepiscono come dirigenti pubblici anziché come rappresentanti del popolo,  e si spartiscono la torta coi funzionari.

So già che qualche statale o regionale o provinciale mi manderà mail furenti.  Ma invece dovrebbe riflettere  – fra gli esempi che emergono ogni giorno –  sull’ultimo: quello del ministro Poletti  ( del lavoro, “de sinistra”) che ha   sputato sui cervelli italiani costretti ad emigrare   con frasi da despota saudita ( “Conosco gente che se ne è andata ed è bene che stia via, non soffriamo a non averli più fra i piedi”) e il cui  figlio, Manuel Poletti, non emigra perché dirige un settimanale della Provincia  di Ravenna (area Lega delle Cooperative)   – finanziato da chi? Dalle casse pubbliche: con 191 mila euro annui  nel 2015, 197mila nel 2014, e 133mila nel 2013. Più di mezzo milione.

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Poletti padre e figlio. Li manteniamo entrambi. Molto bene.

Ecco il Ricco di Stato, con la sua callosa coscienza di privilegiato arrogante,  sfrontato  nell’accaparrare il fondi pubblici per sé e  i suoi cari, senza alcun senso del dovere  sociale verso i cittadini che lo pagano. Come liberarci da questi oppressori?

Torno al  caso polacco perché è  istruttivo. Là,  i privilegiati che  il governo ha  tentato di disciplinare sono, essenzialmente pensionati  del passato socialismo reale, eppure hanno  messo la capitale a ferro e fuoco.  I nostri ricchi parassiti corrotti sono  “in servizio”, ossia hanno in mano  tutte le leve del potere, la macchina amministrativa, la “legalità”.  Non oso pensare  che cosa ci farebbero pur di proteggere i loro stipendi indebiti e i loro privilegi di parassiti.

L’altro fenomeno ricco di insegnamenti è  stato vedere come, a difesa dei  parassiti ex comunisti  polacchi, si sia schierato –  in quadrata legione –  l’intero mondo “liberal” progressista, che ha salutato entusiasticamente i sovversivi  come “opposizione democratica” in lotta per “la Costituzione”: la UE, Bruxelles, le centrali della globalizzazione,  e ovviamente i media mainstream.  Si è visto  benissimo che i media  di tutta Europa  erano pronti a sostenere con menzogne ed esagerazioni una imminente “rivoluzione colorata” polacca auspicata da Bruxelles  contro il regime “autoritario ed anti-immigrati”, xenofobo, reazionario (ha cercato di vietare l’aborto)  eccetera.

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Donald Tusk

Uno dei due partiti che hanno allestito in fretta  il “Comitato di Difesa della Democrazia” (KOD),  che i media cercano di far  passare come la nuova Solidarnosc, è il Platforma Obywatelska, PO,  ossia  il partito di Donald Tusk: presidente del Consiglio Europeo fino a due anni fa, neocon di tipo americano (a Washington è ospite fisso  dell’American Enterprise con Michael Ledeen),  liberista estremista in economia, e nonostante abbia perso le elezioni in Polonia,  eminenza grigia del potere europeista fra Juncker e Schulz. L’altro partito  è nato due anni fa, si è denominato da solo Nuovo (Nowoczesna); il suo fondatore , Ryszard Petru, ha un passato in università dell’URSS prima della caduta del Muro; dopo, prontamente , è passato banchiere d’affari nelle centrali del globalismo: prima alla  Banca Mondiale , poi alla Pricewaterhouse Coopers, ambasciatore informale di Tusk   preso il  Fondo  Monetario… il partito di Petru, alle elezioni,ha preso il 7 per cento.  Ora  è salutato da Bruxelles e da  CNN come il lottatore per la democrazia  contro il regime autoritario che (come sapete) si oppone ad accogliere  “la sua quota di immigrati islamici” dettata  da Berlino.

Segno inequivocabile che le  oligarchie, siano  comuniste siano”liberal”, si riconoscono a fiuto, si abbracciano,si adottano reciprocamente  si proteggono a vicenda. Con tutti  i mezzi.

CNN, Reuters, Washington Post hanno aiutato   la nascita rapidissima di una tv  polacca,  espresoTV ,  a difesa della “democrazia” insieme alla TVN, una tv polacca nata dopo il Muro, notoriamente allestita dai servizi segreti comunisti. La stella ne è stata Michal Broniatovski, figlio di un membro dei servizi,  poi redattore di Forbes (la rivista dei miliardari Usa) edizione polacca (per i miliardari locali).

Broniatovski “ha pubblicato un post su Facebook con il quale dà consigli su come scatenare una Majdan a Varsavia:

  1. Motivare i giovani. […] Ne bastano due-tremila disposti a passare la notte al freddo, ma ce ne vogliono decine di migliaia per sostenerli di giorno.
  2. Una grande piazza in centro alla città ed un grande edificio pubblico che può essere difeso sono essenziali per motivi logistici: WC, centro stampa…
  3. Le tende devono avere un cartello con scritto «Ufficio parlamentare» per garantirsi l’immunità.
  4. Le tende devono essere disposte come un accampamento fortificato; servono gabinetti portatili e mobili di legno.
  5. Dopo un paio di giorni servono incidenti sanguinolenti; un milione di persone accorreranno a manifestare in piazza e nelle zone circostanti.
  6. Bisogna organizzare i fondi per il cibo, la legna da ardere, l’impianto audio, un palco.
  7. Occorre un servizio d’ordine.
  8. È necessaria la presenza costante di artisti e di religiosi sul palco”.

(Roberto Marchesini, “Polonia, il rischio di una rivoluzione pilotata Media ed ex regime uniti contro il governo”, Nuova  Bussola Quotidiana, 19 dicembre)

E’ evidente il proposito di scatenare  una Majdan  polacca.  “Opposizione totale!”, è lo slogan dei “democratici” alla Tusk e Petru che difendono le pensioni dei funzionari sovietici.  Pronti a rovesciare il voto democratico con moti di piazza   “democratici” alla Soros?  Applauditi dal mondo “libero” e  dai suoi media.   E la benedizione di  “Bruxelles”, ben lieto essendo Juncker di veder finire  l’autonomismo del Gruppo di Visegrad.  E come sempre, le elites contro il popolo, denominato “populista”.

E sono, come il ministro Poletti, “liberal”,  progressisto-liberiste,  de’  sinistra diremmo in Italia.  A conferma di quel che si diceva qualche giorno fa: “la sinistra oggi ha tutti i caratteri di cui rimprovera Trump: intolleranza, odio della gente che non è ricca come lei, l’autoritarismo, il settarismo conformista del pensiero, e una gran prontezza alla violenza”.

FONTE

Attenzione: stanno tentando di rovesciare Trump!

i simpatici paladini della democrazia detestano quando il popolo sbaglia a votare e si impegnano a mettere una pezza, certo per il bene di quei popoli che tanto disprezzano

Quella di lunedì, negli Stati Uniti, dovrebbe essere una tranquilla giornata di democrazia. I Grandi elettori si riuniscono nella capitale di ogni Stato per eleggere il presidente, rispecchiando il voto popolare. Di solito è una formalità ma questa volta rischia di non essere tale.

Uno dei migliori commentatori americani, Paul Craig Roberts, denuncia apertamente un tentativo di un colpo di stato (leggi qui), altri giornalisti nei giorni scorsi avevano evidenziato lo stesso pericolo, come Michael Snyder. Ma ieri sera anche la Washington Post ha dato conto di quel che sta avvenendo: i grandi elettori di ogni Stato, che dovrebbero semplicemente ribadire il risultato delle urne, stanno ricevendo incredibili pressioni al fine di indurli a non votare per Trump.

mappa-elettorale-USA-2016Sono letteralmente bombardati di email e di telefonate in cui si evidenzia la pericolosità di Trump e in cui vengono evidenziati i rischi dell’America,mentre la Cia, l’Fbi e ovviamente Obama continuano a denunciare le interferenze russe nell’elezione nel tentativo, vano, di dimostrare che l’elezione non era regolare. Tentativo vano, perché fino ad oggi non è stata presentata alcuna prova. Secondo il Washington Post anche i grandi elettori democratici sono sottoposti a pressioni analoghe da parte di attivisti repubblicani, di cui peraltro, però, non si capisce il senso, considerato che Hillary ha perso. Ci sarà qualche caso ma irrilevante.

Le pressioni sono esercitate sui Grandi Elettori degli Stati che hanno votato per Trump e il significato è fin troppo chiaro: le élite globaliste che hanno governato l’America e indirettamente il mondo occidentale, sta per uscire dalla stanza dei bottoni, visto che il magnate non ha piazzato i loro uomini nei dicasteri chiave. Quell’élite sta tentando di tutto per impedire che Trump entri davvero alla Casa Bianca a ribalti la politica estera e di sicurezza perseguita finora, a cominciare dai rapporti con la Russia e dalla lotta all’Isis e corregga quella sulla globalizzazione incentivando la riscoperta di un “patriottismo imprenditoriale” sugli investimenti e sui posti di lavoro.

Attenzione: quel che sta avvenendo in queste ore è gravissimo ed è assolutamente incompatibile con i principi democratici. Speriamo che i Grandi Elettori non si lascino suggestionare.
Se davvero Trump venisse rovesciato prima ancora di entrare in carica, gli Stati Uniti perderebbero qualunque legittimità di fronte al proprio popolo e al mondo.

Alle élite importa poco. A noi sì, tantissimo.

Link: http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/12/18/attenzione-oggi-potrebbero-rovesciare-trump-e-privarlo-della-vittoria/