Manifestazione antifascista, picchiato un disabile con la bandiera tricolore sulle spalle

antifa umanimanifestazione “pacifista dei moralmente superiori” a Genova, chissà perché debbano girare armati per manifestare contro un regime cocluso 70 anni fa ed in che modo spaccare vetrine e picchiare un disabile reo di indossare il tricolore (ma non era reato dileggiare la bandiera come scritto nella costituzione antifascista?) possa giovare alla “strana” causa non si comprende.

Al corteo degli antifascisti di Genova sequestrato un arsenale da guerriglia

estratto:

Sequestrati coltelli, bastoni e polvere pirica Tra gli oggetti celati negli zaini e sequestrati si contano 1 mazzetta da muratore in metallo da 1 chilo, due bastoni di legno con bandiere nere attaccate, un fumogeno da segnalazione, 7 fuochi di artificio non di libera vendita, 1 coltello lungo 20 centimetri, una cintura in cordura e poi numerosi capi di abbigliamento neri, guanti in gomma, caschi e felpe nere.

 

Bastoni neri? Magari per fingere fosse qualcuno appartenente ad un altro gruppo da incolpare?

Manifestazione antifascista, picchiato un disabile con la bandiera tricolore sulle spalle
 
Nella giornata di ieri, la città di Genova è stata impegnata in una grossa manifestazione antifascista, annunciata da tempo e che ha coinvolto circa 5mila partecipanti da tutta italia e diverse centinaia di uomini delle Forze dell’Ordine tra Reparti Mobili e Battaglioni dei Carabinieri specializzati in ordine pubblico, squadre digos, scientifiche, polizie locali per la viabilità e via dicendo.
 
Nonostante le pessime notizie da Macerata, però, le Forze dell’Ordine sono riuscite a contenere qualsiasi intento bellicoso degli Antifa.
 
Purtroppo però, un drappello, fortunatamente costituito da poche decine di teste calde (per non dire peggio), secondo quanto riportato dai quotidiani locali, a metà corteo si sarebbe staccato dal fiume di compagni danneggiando vetrine e tentando di provocare le forze dell’ordine.
 
Il servizio d’ordine interno al corteo è intervenuto velocemente.
 
E’ però di queste ore una notizia ancor più sconcertante, riportata da GenovaQuotidiana e che riportiamo di seguito
“Un gruppo di manifestanti a volto coperto, forse gli stessi che hanno sfasciato le vetrine e hanno tirato petardi alle forze di polizia in via Montevideo, ha picchiato un ventenne con problemi psichici in piazza della Vittoria.
Avrebbe scambiato il giovane per un provocatore di estrema destra perché era vestito con abiti mimetici e aveva addosso una bandiera tricolore.
A costoro è sembrata, forse, un’allusione a quanto avvenuto a Macerata, dove un estremista di destra vestito con una giacca mimetica ha sparato e ha ferito 6 africani, quindi si è buttato sulle spalle una bandiera tricolore, è salito si un monumento ai caduti e ha fatto il saluto romano urlando viva l’Italia.
 
Il ragazzo genovese, invece, soffre di disturbi ossessivi e nulla sapeva dell’accaduto. Ha rifiutato di togliere la bandiera dalle spalle ed è stato aggredito.
È stato trasportato al Galliera a causa dei colpi alla testa, al volto e a un ginocchio, forse inferti con un manganello da uno degli aggressori che avrebbe agito a volto coperto.
Medicato con cinque punti alla testa, è stato sottoposto anche a Tac.
Tutti i problemi creati nel corso del corteo sarebbero attribuibili a un ristretto gruppo di una decina di persone che ora la Digos sta cercando di individuare. Il servizio d’ordine del corteo è dovuto intervenire più volte per tentare di contenere i violenti“

Il colonialismo di oggi si chiama globalizzazione

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Forse il primo compito di un pensiero autenticamente critico dovrebbe consistere oggi nel favorire la deglobalizzazione dell’immaginario. Impiego questa formula – “deglobalizzazione dell’immaginario” – richiamandomi a Serge Latouche, che ha parlato a più riprese di “decolonizzazione dell’immaginario”: su questo punto, condivido la sua prospettiva, precisando però che oggi il nuovo colonialismo si chiama globalizzazione.
È, per così dire, il “colonialismo 2.0”: con cui si coartano tutti i popoli del pianeta all’inclusione neutralizzante del modello unico liberal-libertario globalista. Si tratta – come ho detto – di una “inclusione neutralizzante”, giacché la mondializzazione include e insieme neutralizza: include, giacché tutto riassorbe e nulla lascia fuori di sé (ciò che ancora non è incluso è diffamato come antimoderno, reazionario, populista, totalitario, ecc.); e neutralizza, perché, nell’atto stesso con cui annette, disarticola le specificità plurali dei costumi, delle culture, delle lingue. Le sacrifica sull’altare livellante del modello unico classista e reificante del consumatore individuale e senza radici, anglofono e senza identità.
Il mondialismo si caratterizza, in effetti, anche per questo: aspira a vedere ovunque il medesimo, ossia se stesso, il piano liscio del mercato senza barriere e senza frontiere, nei cui spazi stellari tutto scorre senza impedimento nella forma della merce e dei capitali finanziari: è anche e soprattutto per questa ragione che la tarda modernità assume la forma, per citare il compianto Zygmunt Bauman, di una “società liquida” a scorrimento illimitato dei capitali, delle merci e degli esseri umani ridotti a “merci” o a “capitale umano”.
Deglobalizzare l’immaginario – sia chiaro – non significa tornare alla società di “ancien régime”: non significa, cioè, far tornare indietro la ruota della storia. Significa, al contrario, riscontare l’insufficienza e le contraddizioni del mondo globalizzato: e, di lì, articolare un pensiero che si ponga a base di una nuova fondazione del vivere comunitario, andando al di là tanto della cattiva universalità del globalismo, quanto delle forme premoderne nel frattempo tramontate. Ben sapendo, ovviamente, quant’è difficile sistematizzare ciò che ancora non c’è.
di Diego Fusaro – 22/01/2017
Fonte: Fanpage