Palermo, un 17enne gambiano violenta un’operatrice sociale

Boldrini e femministe, donne moralmente superiori, qualcosa da dire? Non si condanna questa violenza? O è parte della kultura che dovremmo fare nostra?

Il 17enne è ospite di un centro per minori stranieri non accompagnati: arrestato dopo l’aggressione sessuale a una operatrice della comunità
L’ha violentata nel seminterrato di una struttura che ospita minori stranieri non accompagnati.
 
Un gambiano di 17 anni ha violentato un’operatrice di comunità in una struttura della periferia di Palermo, che al suo interno ospita diversi ragazzi.
Il minore l’avrebbe trascinata in una vicina stanza con una scusa, dando luogo ad un violento approccio sessuale. La vittima è riuscita a scappare chiamando aiuto. Di turno l’area sera c’erano due operatrici che si occupano della gestione della casa famiglia.
Immediata la segnalazione al 113 da parte della responsabile della comunità alloggio.
 
A distanza di pochi minuti, sono intervenuti i poliziotti della sezione «Reati sessuali ed in danno di minori» della Squadra mobile di Palermo che hanno ascoltato le testimonianze e hanno tratto in arresto il ragazzo.
 
Lo straniero adesso dovrà rispondere del reato di violenza sessuale ai danni dell’operatrice della comunità. L’Autorità Giudiziaria ha convalidato l’arresto del diciassettenne, emettendo la misura cautelare.

Padova, marocchino picchia due anziani e un cane: arrestato, il giudice lo libera

marocchino picchia anzianiIl 65enne, massacrato a pugni in faccia dal clandestino: “Quel violento già libero, una presa in giro. Sapeva che sarebbe uscito subito. Mi blindo in casa”

15 Febbraio 2018

Deluso e amareggiato, da uno Stato che protegge i delinquenti e si fa beffe della gente onesta. Non ci sono altre parole per descrivere lo stato d’animo di Giampiero, il 65enne padovano che, per difendere un’anziana e il suo cagnolino vittime dell’ira di un immigrato marocchino, è stato massacrato di botte e ora si ritrova, con un’occhio bendato e dolorante, a chiedersi come mai quel delinquente sia già stato liberato. A mezzogiorno e quaranta di sabato scorso, in Via Altinate, un fiume di persone stava dirigendosi verso il centro della città del Santo. Una signora settantenne con il suo cane al guinzaglio stava camminando sul marciapiede, quando un ragazzo di colore, in bici, le ha tagliato la strada all’improvviso, rischiando di investirla. Lei ha alzato il braccio, gridando: “Impara l’educazione”.

L’immigrato, invece di tirare dritto torna indietro infuriato e inizia a prendere a calci il cagnolino, che cercando di fuggire trascina a terra l’anziana. Allora il giovanotto prende a calci anche lei, prima di inforcare la bicicletta e tentare di scappare. Sulla sua strada, in mezzo a decine di persone, trova però Giampiero, un uomo di 65 anni che lo afferra per un braccio e prova a fermarlo, mentre altri intorno si attaccano al telefono per chiamare la Polizia. Il nordafricano è incontenibile e prende l’anziano a pugni in faccia, fino a ridurlo a una maschera di sangue. I passanti si fermano a guardare e urlano senza però immischiarsi per paura di essere a loro volta colpiti, finché non arrivano due pattuglie della Polizia, una della Squadra volante e l’altra del Reparto prevenzione crimine.

Gli agenti si gettano addosso al picchiatore, lo bloccano e lo portano in Questura dove scoprono chi è. Si tratta di Essalihi Tarik, marocchino 39enne con permesso di soggiorno scaduto nel 2014 e quindi clandestino, senzatetto e senza un lavoro. La polizia lo arresta con l’accusa di lesioni gravi e maltrattamento di animali. L’anziana proprietaria del cane si rinchiude in casa colpita da crisi di panico. Giampiero, l’uomo che ha provato a difenderla, trascorre una giornata intera in ospedale, con la bocca rotta e gli zigomi gonfi a causa degli ematomi. Il pm chiede la misura di custodia cautelare in carcere per Tarik, che si avvale della facoltà di non rispondere. I reati che gli vengono contestati (lesioni personali aggravate da futili motivi) non superano però i tre anni di pena.

Risultato? Il giudice del tribunale decide che due notti in carcere sono sufficienti, così lunedì libera il marocchino senza nemmeno emettere nei suoi confronti un provvedimento di espulsione. Giampiero, dolorante, decide di chiamare un fabbro per blindare porte e finestre e fa installare sensori d’allarme a casa, nel terrore che Tarik possa tornare da lui a completare l’opera, intanto rilascia alcune dichiarazioni ai quotidiani locali: “Mi hanno dato solo 20 giorni di prognosi, se me ne davano 25 magari restava dentro un po’ di più”. Amarezza che si alterna alla delusione per una giustizia ingiusta: “Una beffa, la solita beffa. Del resto, chi si aspettava qualcosa di diverso?Non certo io. Infatti, vede cosa sto facendo?”. Sta trasformando casa sua in una gabbia, chissà quando ne uscirà più.

Nel mirino anche l’amministrazione comunale a guida Pd: “E chi si sente più sicuro in questa città? Quell’individuo era un fantasma. Clandestino dal 2014. Ora lo mollano e torna libero. Una presa in giro”. La notizia si diffonde in giro, amplificata dai social network. Tarik Essalihi, il marocchino che sabato a mezzogiorno ha massacrato due anziani e picchiato un cane in Via Altinate, è tornato libero. “Non mi vergogno a dirlo, io ho paura” spiega Giampietro. “Era una giornata stupenda e così siamo stati in centro a fare due passi” racconta, con accanto la moglie. “A quell’ora stavamo tornando al silos di Via Gozzi, dove avevamo lasciato l’auto. Quando ho visto quel ragazzo prendere a calci il cane dell’anziana, con la povera donna a terra, non ce l’ho fatta a star fermo” spiega, emozionato.

“Non credo di meritare encomi o riconoscimenti. Chiunque abbia un po’ di senso civico si sarebbe comportato come me”. Giampiero è un ex magazziniere in pensione. Ha un fisico robusto ma si è trovato a fronteggiare una persona con trent’anni in meno di lui, fuori di sé, ed ha avuto la peggio. “Subito mi ha sferrato un pugno in faccia e poi, non contento, una testata. Guarda qua come mi ha ridotto. E quando l’hanno fermato i poliziotti? Un agnellino. Lui sapeva già che sarebbe uscito entro pochi giorni”. Lui e la signora anziana aggredita si sono scambiati il numero di telefono, per potersi parlare, per incoraggiarsi in questo momento difficile: la loro città sembra essere diventata ostilee ormai, da quando governa la sinistra, non passa giorno senza che avvenga un episodio violento.

FONTE

 

Profugo urina e mostra genitali ai passanti: “Cani italiani vi taglio la gola…”-arrestato

Nella foto richiedente asilo armato di buone intenzioniprofugo armato
17 febbraio 2018 FONTE: VICENZA TODAY
Un nigeriano di 28 anni si è messo a orinare di fronte ai passanti, con i genitali bene in vista, a Vicenza. In pieno centro.
 
L’episodio ha fatto intervenire i militari impegnati nel controllo della zona e alla loro vista lo straniero è andato su tutte le furie, iniziando ad insultarli: “Siete dei cani, vi taglio la gola!”. Sul posto è intervenuta una pattuglia delle volanti che hanno identificato l’uomo, conosciuto per essersi fatto spacciare da cittadino liberaiano durante la seduta con la commissione territoriale per il riconoscimento dello status di profugo.
Smascherato e indagato per vari reati relativi allo spaccio di droga, ora è stato denunciato per minacce aggravate e atti contrari alla pubblica decenza
Ma nonostante tutto: non lo espellono.

I medici rivelano l’ultimo orrore sul corpo straziato: “In tutta la loro vita…”. Pamela, lo scempio infinito

L’autopsia 8 Febbraio 2018
 
Sono invisibili, lavorano chiusi nella penombra delle gelide sale settorie illuminate dai neon, immersi in un silenzio mortale, e trascorrono le loro giornate ispezionando, esplorando e sezionando cadaveri, corpi morti, immobili e freddi come il marmo, che gli arrivano distesi su barelle dalle corsie ospedaliere, da luoghi di incidenti o da scene del crimine, nudi e coperti da un telo bianco, con l’etichetta di identificazione appesa ad un alluce.
 
Pamela Mastropietro invece è arrivata al loro cospetto chiusa un due valigie, due comuni trolley a rotelle, e l’ hanno dovuta ricomporre pezzo per pezzo, come un grottesco puzzle al quale mancavano dei tasselli. Gli anatomopatologi non hanno visto il sorriso di Pamela, né ascoltato la sua voce, perché sono medici che non hanno mai visitato un paziente vivo, essendo specializzati nelle autopsie e nella diagnosi delle cause di morte, e sono anche quelli che esaminano al microscopio tutti gli esami istologici per certificare, per esempio, se un tumore è benigno o maligno, e firmare la nostra salvezza o la nostra condanna.
 
Leggi anche: Pamela, parla l’uomo che ha fatto sesso con lei: quel presagio…
 
CONTRIBUTO Il loro contributo professionale è fondamentale per dirimere i dubbi della scienza medica e forense, ed è indispensabile alla clinica per avere conferme della natura di molte malattie e naturalmente di molti decessi, senza di loro la medicina non potrebbe procedere ed evolvere, e grazie a loro e ai loro referti, le terapie vengono continuamente messe a punto per meglio salvaguardare la vita.
 
Sebbene essi siano abituati ad osservare corpi straziati da eventi violenti, da incidenti mortali, deteriorati e bruciati, gonfiati da lunga permanenza in mare, o collassati e arrabattati come marionette nel caso di cadute dall’ alto, uno scempio del genere sicuramente non l’ avevano mai visto.
 
AUTOPSIA Il referto autoptico di Pamela, depositato in Procura dal medico legale Antonio Tombolini, parla di “depezzamento, scarnificazione, sezionamento di parti di derma, muscolatura e seni” e denuncia la irreperibilità di alcuni organi come il cuore e parte del pube, oltre alla scomparsa della porzione di collegamento tra testa e torace, cioè del collo della ragazza. La causa di morte è stata identificata in una «intossicazione acuta da xenobiotici per via endovenosa probabilmente indotta, oltre ad una ferita da punta e taglio alla parte bassa della porzione postero-laterale destra del torace», e non è stato possibile quantificare l’entità dell’ emorragia a causa del depezzamento, ed inoltre «lo smembramento in vari pezzi del corpo è stato eseguito con grossi strumenti da taglio, ed è stato mutilato in più punti, testa, torace, mammelle, bacino, monte di venere, mentre le braccia e le gambe sono state ridotte ciascuna in due parti». I vari pezzi del cadavere poi sono stati dissanguati e lavati uno ad uno con una «sostanza a base di cloro», per poi essere deposti in due valigie, le stesse che sono state recapitate ai medici legali con il loro macabro contenuto.
L’ORRORE Ecco, il mio pensiero oggi è rivolto a quegli specialisti anatomopatologi che si sono visti arrivare l’ orrore, che hanno ricevuto l’ ordine giudiziario di ricomporre il corpo della ragazza macellata come fosse un manichino da montare, e che hanno dovuto esaminarla pezzo per pezzo, ricucirla alla meglio con ago e filo da sutura, e constatare che le parti mancanti avrebbero impedito loro di dare la dignità che meritava a quel corpo martoriato. Il mio pensiero da tre giorni è fisso su quella équipe di medici, di uomini e donne che terminato quel lavoro orrendo sono in serata rientrati nelle loro case, nelle loro famiglie, per cenare insieme allo sgomento che si portavano dietro, che gli chiudeva lo stomaco e che non riuscivano a scrollarsi di dosso. Certo, direte voi, ci sono mestieri peggiori, più faticosi e più pericolosi, ma trovarsi ogni maledetto giorno di fronte ad una vita spezzata, ad una persona che fino a 24 ore prima era viva e vegeta, e che ora è una salma che ti aspetta distesa in silenzio, non può lasciare indifferenti, e non può non suscitare ammirazione per dei professionisti che dedicano la loro vita a studiare, capire e certificare la morte in ogni sua forma crudele, per evitare che si ripeta.
IN SALA Da studente e poi da medico ho frequentato le sale autoptiche, ed ho assistito a moltissime autopsie, l’ unico esame che ti fa realmente vedere la causa di morte di un paziente, ed ogni volta uscivo da quei locali con la nausea, con in bocca il sapore dolciastro del sangue raffermo, e con addosso l’ odore della decomposizione, e non mi capacitavo di come molti colleghi potessero trascorrere i loro giorni negli obitori, su come riuscissero a sostenere psicologicamente quell’ impatto traumatico quotidiano, e rimuoverlo dalla mente finito l’ orario di lavoro, quando tornavano a sorridere ed a vivere la vita. Con gli anni ho compreso che fare l’ anatomopatologo non è mai un lavoro come un altro, perché per quanto si riesca a schermare i sentimenti, a distaccarsi emotivamente, a reprimere le emozioni, e a rimuovere dalla mente le immagini di morte quotidiana, non si riuscirà mai a cancellare ricordi terribili come quelli del corpo di Pamela, nemmeno chiudendo razionalmente il caso, sapendo che l’ autore criminale di tale scempio sia oggi recluso e domani punito come merita.
Nelle 11 pagine dell’ ordinanza del gip si ipotizza che Pamela sia morta di overdose, e che successivamente il suo cadavere sia stato smembrato, umiliato e vilipeso, ma la sua vicenda resterà a lungo impressa nella memoria di molti, soprattutto in quella di quegli anonimi medici che hanno tentato in silenzio di ricomporla, per renderla riconoscibile a sua madre, per darle una parvenza della ragazza che era, e che molto difficilmente riusciranno a dimenticare l’ autopsia più terribile della loro vita.
 
di Melania Rizzoli

“Il biglietto pagatelo voi italiani” la violenza assurda di un immigrato sul bus …

biglietto folliama non è follia razzista


9 FEBBRAIO 2018
Scene di “ordinaria” follia a Roma dove un immigrato è praticamente impazzito e ha seminato il panico tra i passeggeri di un autobus capitolino. In base alle testimonianze di chi era presente sembra che questo ragazzo di circa 20 anni di colore volesse a tutti i costi salire sul bus senza biglietto. A quanto pare prima che nessuno gli dicesse nulla né lo rimproverasse il giovane ha perso la testa e ha iniziato a tirare calci e pugni ai passeggeri.

 Poi nel fuggi fuggi generale ha rivolto la sua follia verso il conducente del mezzo, una donna che fortunatamente è riuscita a chiudersi e rifugiarsi nel gabbiotto riservato a chi guida. I testimoni dicono che “sembrava impazzito” e nessuno capisce cosa abbia fatto scattare la sua furia.

Alcuni passanti che hanno assistito alla scena sono riusciti ad immobilizzare lo straniero mentre qualcuno aveva già telefonato alla polizia. Gli agenti lo hanno arrestato con le accuse di violenza e resistenza a pubblico ufficiale.

http://cronaca.studionews24.com

Via Pariati, rapina al Conad: immigrato pesta un dipendente

se un indigente non straniero ruba generi alimentari viene denunciato e passa minimo una notte in galera. Altri sono più eguali

Il dipendente, che aveva visto lo straniero rubare due bottiglie di liquore, ha cercato di fermarlo ma è stato preso a calci e pugni
 
di Redazione – 07 febbraio 2018 – 13:43
REGGIO EMILIA – Un immigrato ha rapinato il Conad di via Pariati, picchiando un dipendente del supermercato e poi allontanandosi con due bottiglie di liquori. E’ successo ieri, verso le 14, quando lo straniero è entrato, ha raggiunto il reparto dei superalcolici e poi ha preso due bottiglie di liquori, del valore complessivo di 30 euro che ha nascosto.  E’ poi uscito senza pagare. Un dipendente del supermercato, accortosi del furto, è uscito e ha inseguito il ladro. La violenta reazione dello straniero, però, non gli ha permesso di fermarlo dato che il malvivente gli ha sferrato una serie di calci e pugni per poi divincolarsi e darsi alla fuga a piedi.
Sul posto sono arrivati i carabinieri che hanno raccolto la descrizione del rapinatore e stanno guardando le immagini di videosorveglianza per meglio risalire al ladro. La vittima è dovuta ricorrere alle cure mediche e ha riportato una prognosi di 5 giorni per le lesioni subite.

Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

stupro3No all’odio, amateli.  Siate loro devoti. Quando la violenza sulle donne è politically correct. Si attendono ancora le scuse per questa brutalità su una donna, ma nessuno le chiede. Si attende indignazione, ma segue solo silenzio e censura. Nessuno chiede chi siano i responsabili morali che debbano vergognarsi.Boldrini qualcosa da dichiarare? Nessuna critica è ammessa, nessuna indignazione ma solo supina accettazione, chiamata solidarietà, per l’aggressore. SIA MAI CHE VENGANO MESSI IN DUBBIO I FIUMI DI DENARO CHE INGRASSANO LE COOP DI MAFIA CAPITALE


Cesena, ama l’immigrato e lo ospita a casa sua: la pesta, si droga e la stupra

30 Gennaio 2018
Si è innamorata di lui, un richiedente asilo ospite in un centro di Sorrivoli, in provincia di Cesena. Ma ben presto la storia d’amore per lei si è trasformata in un incubo, in un legame malato fatto di botte, continue vessazioni fisiche e psicologiche, furti e stupri. All’inizio lui – secondo il racconto della vittima -, era gentile. La trasformazione è avvenuta nel giro di un paio di mesi. Arrivato nella cittadina romagnola, l’uomo, 25enne e originario di un paese africano, aveva trovato ospitalità nel centro per profughi lo scorso ottobre ed aveva subito avanzato la richiesta dello status di richiedente asilo. Poco dopo ha conosciuto lei, una cesenate di 43 anni. Dall’amicizia alla storia d’amore il passaggio è stato breve. Nel giro di poche settimane è arrivata però la risposta negativa al giovane africano ospite del centro: gli era stato respinto anche l’Appello sullo status di rifugiato. Davanti alle sue lacrime, motivate dalla sua vicina uscita forzata dalla casa per rifugiati, la donna ha deciso di ospitarlo a casa sua. Una scelta d’amore che si è trasformato ben presto in ben altro.
Una volta messo piede nel suo appartamento, l’uomo ha abbandonato i modi gentili ed ha iniziato a padroneggiare. Subito le ha allestito la casa a tempio privato per pregare. In sostanza, si era impadronito della sua abitazione. In quei locali di pochi metri quadrati, le era stato concesso di frequentarne la metà. Una regola da rispettare se non voleva ricevere ogni volta insulti e botte. Il compito di portare a casa i soldi, peraltro, spettava solo alla 43enne che, per mantenere lo straniero, si è vista costretta a trovare anche un secondo lavoro. In poco tempo la donna ha speso circa seimila euro, tra risparmi e stipendi. Soldi che, da quanto è emerso, servivono al 25enne per i suoi vizi, hashish compreso, o per pagare per esempio gli ingressi in palestra. La donna in cambio riceveva solo botte e minacce di morte.
Quando una notte, spinta da un sano colpo di orgoglio, lei ha cercato di scappare di casa (sua), lui se n’è accorto ed è andato a riprendersela e l’ha trascinata a casa. Ed erano volate le solite parole da padre-padrone: «Come ti permetti di lamentarti donna, tu devi solo lavorare. Stai zitta, o ti ammazzo». Sono queste le frasi all’interno del fascicolo d’accusa.
Stanca delle violenze, la cesenate ha ritentato poco dopo la fuga, ma anche in questo caso è andata male: lui le ha tolto il telefono e persino le chiavi della sua auto. Così si è rifugiata dentro alla camera da letto, ma per ribadire la sua supremazia di maschio, la risposta del profugo è stata quella di stuprarla più volte. Solo giorni dopo la donna è riuscita a scappare e a varcare la soglia del Commissariato di Polizia di Cesena. Gli agenti, raccolta la denuncia, l’hanno scortata fino a casa, ma anche davanti alle divise l’uomo ha continuato a inveire e a minacciarla. Così sono scattate le manette per violenza sessuale, minacce, violenza privata, rapina e stalking.
 
«Questa storiaccia evidenzia un doppio problema – commenta Fabrizio Ragni, consigliere provinciale di Forza Italia -: da una parte la questione degli sbarchi incontrollati, dall’altra una cultura che, guarda caso, porta ad aumenti esponenziali di reati anche di questo tipo. Non dico che tutti i profughi sono stupratori e violenti, ma le cronache ogni giorno, da nord a sud, raccontano che i protagonisti spesso sono loro. La cosa assurda, è che una volta entrati in Italia, poi non vengono più controllati. Il nuovo governo di centro destra dovrà fare una profonda azione per limitare gli accessi a questo tipo di persone irregolari e con una indole comunque violenta». E non è un caso che a Carpi abbiano organizzato dei “corsi di seduzione” per profughi per spiegare loro che una donna può anche dire di “no” ma non per questo deve essere stuprata o picchiata.
 
di Simona Pletto

Giornalista di La7 aggredita nel centro di Rosarno: “Migrante mi ha inseguita con un martello”

vittima donna, giornalista. Aggressore: un “migrante”. Silenzio, nessuna solidarietà, nessuna condanna. L’ordine dei giornalisti tace. Non è come la capocciata di Spada al giornalista di Nemo, perché? Cosa ci sarà mai di diverso? Non è violenza questa? Per altro, ai danni di una donna?giornalista La7 aggredita

Violenta aggressione contro una giornalista di La7 nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Dominella Trunfio stava facendo un reportage, insieme al suo operatore quando un migrante le ha fratturato un dito con un martello
 
Violenta aggressione contro una giornalista di La7 nella vecchia tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria.
 
Dominella Trunfio stava facendo un reportage, insieme al suo operatore, per il programma L’aria che tira di Myrta Merlino quando un migrante le ha fratturato un dito con un martello.
 
“Dopo mezz’ora che siamo entrati nella vecchia tendopoli, un migrante ha cercato di colpire alle spalle l’operatore che mi accompagnava, Franco Cufari e nel tentativo di togliergli il martello, lui ha preso il mio polso e mi ha fatturato un dito”, ha raccontato la Trunfio.“È seguita una breve colluttazione in cui il migrante ha cercato in tutti i modi di prendere e rompere la nostra telecamera. Per fortuna c’è stato uno scambio di telecamere tra me e il mio operatore e io sono riuscita a prendere la telecamera e a scappare”, ha aggiunto la giornalista. Ma non è finita qui.“Mentre scappavo un altro gruppo di migranti ha iniziato a lanciarci dei sassi. Ci siamo salvati – ha concluso la Trunfio – perché abbiamo parcheggiato la macchina abbastanza vicino e ci siamo riusciti a barricarci in auto”. La baraccopoli di San Ferdinando è nota per essere stata interessata da un incendio nel quale ha perso la vita una giovane originaria della Nigeria e altre due persone sono rimaste ferite.
Francesco Curridori Mer, 31/01/2018 – 18:28
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Roma, tenta di violentare una donna: poi fugge e molesta i bambini che giocano al parco

violenzadonne675sicuramente è solo per razzismo che le carceri sono piene di questi poveri profughi


E’ sbucato all’improvviso da un anfratto del Parco degli acquedotti, scagliandosi addosso ad una trentacinquenne italiana che, palpeggiando, ha cercato di trascinare tra le vegetazione.
 
La donna peró non si è persa d’animo e dopo essere riuscita a sottrarsi alla violenza, ha chiamato il proprio marito, un agente di polizia locale in forza al Gssu, che a sua volta ha allertato i colleghi. Immediata è scattata la caccia all’uomo da parte dei caschi bianchi romani, coordinati dal vice Comandante del Corpo Lorenzo Botta.
Il maniaco, risultato poi essere un cittadino bengalese di 30 anni è stato rintracciato e sorpreso ancora all’interno del parco, mentre si stava masturbando davanti ai bambini in prossimità dell’area dedicata ai giochi. Alla vista degli agenti il bengalese ha reagito con calci e pugni, tentando di procurasi con violenza la fuga. Arrestato è stato condotto presso le celle di sicurezza, in attesa dell’udienza che si terrà per direttissima, domani mattina presso il Tribunale di Piazzale Clodio.
 
Martedì 2 Gennaio 2018 – Ultimo aggiornamento: 18:00

Entra in ospedale, si traveste da infermiere e cerca di stuprare una donna incinta: somalo arrestato

stuproi difensori delle donne nessuna fiaccolata contro la violenza?

E’ entrato all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, ha sottratto da un magazzino un abito verde da infermiere, ed ha tentato di stuprare una donna di 43 anni in sala parto. Autore dell’aggressione Alì Abdella un somalo di 38 anni che è stato arrestato, dalla polizia di stato del commissariato Esposizione, il pomeriggio del 31 dicembre scorso con le accuse di violenza sessuale aggravata e furto. Oggi i giudici della quinta sezione penale di Roma hanno convalidato l’arresto e disposto la misura della custodia cautelare in carcere.
L’uomo, in Italia da 5 anni con permesso di soggiorno ma con diversi precedenti di polizia, ha raggiunto la donna che era in sala travaglio pronta per il parto – l’ha palpeggiata sulla coscia sinistra e nelle parti intime, e subito dopo si è masturbato davanti a lei. La donna, molto impaurita, ha iniziato ad urlare e fortunatamente in suo soccorso sono intervenuti due infermieri e un medico che hanno avvertito le forze dell’ordine.
 
Il somalo, difeso dall’avvocato Alessia Giordano, ascoltato oggi in aula dai magistrati, alla domanda sul perché fosse al Sant’Eugenio alle 16 del giorno di capodanno ha risposto: «Solo Dio lo sa». La difesa del somalo chiederà la perizia psichiatrica. Il processo è fissato per il prossimo 10 gennaio davanti alla quinta sezione penale di Roma.