Osa filmare migrante con smartphone, ucciso a colpi di mannaia

non è un caso importante, la vittima, connazionale dell’assassino omicida, è una vittima di serie B, non vale. Per i politically correct ed il regime del pensiero unico boldriniano non è strumentabile ai fini di lanciare anatemi sul presunto crescente razzismo. Si taccia.
Osa filmare migrante con smartphone, ucciso a colpi di mannaia
19-07-2017
Aveva ripreso un connazionale con lo smartphone senza il suo consenso. E’ per questo motivo che un nigeriano di 21 anni, morto ieri sera durante il trasporto in ospedale, sarebbe stato accoltellato da un 19enne a Terzigno (Napoli) fermato dai carabinieri con l’accusa di omicidio. Tra il 21enne e il suo aggressore, è scoppiata una violenta lite a seguito delle riprese con uno smartphone, da parte della vittima, del connazionale ospite di una struttura ricettiva per richiedenti asilo politico. Il 19enne, infatti, secondo quanto ricostruito dai carabinieri non avrebbe gradito di essere stato ripreso nel video, e avrebbe aggredito la vittima con un coltello da cucina, colpendolo al torace. Il 21enne è morto poco dopo, durante il trasporto all’ospedale di Boscotrecase. Nel corso dei sopralluoghi effettuati dalla sezione scientifica dei carabinieri di Torre Annunziata, i militari hanno anche trovato e sequestrato il coltello usato per l’aggressione.

Milano, Italiano massacrato a colpi di chiave inglese in testa

risorseviolenza? Macché violenza, era un tentativo di fare amicizia. Perché mai parlarne ai tiggi? La vittima? Quale vittima? SILENZIO mediatico su questa violenza, sia mai che la gente “percepisca” che sta società multi kulti non sia questa felice terra promessa. Questo non è mai successo…un invenzione dei giornali razzisti


Milano, Italiano massacrato a colpi di chiave inglese in testa
 
Corso Como: ragazzo preso a calci in faccia e colpito con una chiave inglese sulla testa
Preso a pugni in faccia, colpito con una bottiglia e una chiave inglese in testa e ‘scalciato’ su capo e torace anche quando era a terra. Serata da incubo per un giovane italiano di 20 anni, accerchiato e aggredito da tre malviventi nel pieno della movida milanese: corso Como.
Il pestaggio in corso Como
 
Ad interrompere il pestaggio, attorno alle 3.15 di martedì, ci hanno pensato i carabinieri della Pattuglia mobile di zona della Compagnia Duomo. I militari – due – si sono lanciati all’inseguimento dei tre aggressori, riuscendo a fermarne due. Si tratta di due cittadini marocchini di 19 e 18 anni, già noti alle forze dell’ordine. Il terzo complice è riuscito a fuggire.
La ricostruzione dei carabinieri
 
Stando alla ricostruzione dei carabinieri, la gang aveva aggredito il malcapitato per rapinarlo di uno smartphone Samsung Galaxy S7, recuperato. L’episodio è avvenuto di fronte ad una delle tante discoteche che animano la stradina della movida, quindi c’erano diversi testimoni.
 
Sul posto sono intervenuti anche i soccorritori del 118. Il personale sanitario ha trasportato il 20enne al Policlinico in codice giallo. Il giovane ha riportato diversi traumi al volto e in testa ma non è in gravi condizioni. Ora si indaga per risalire al terzo ‘picchiatore’.
19-07-2017 fonte

Migranti, no di Liguria, Lombardia e Veneto al piano di integrazione: “Per noi sono clandestini”

Protesta-profughi-620x264ma ci pagano le pensioni e lavorano per noi

«Questo documento vuole rendere ufficiale la resa dell’Italia di fronte all’invasione di clandestini che stiamo subendo. Mentre Renzi e Gentiloni propongono in modo aleatorio di aiutare gli immigrati a casa loro, il governo vuole approvare un documento che sembra più un manifesto di partito. Dovrebbe essere un testo rivolto all’integrazione dei rifugiati politici e invece vuole dare indicazioni agli enti locali anche sull’accoglienza degli aspiranti profughi».
 
Così gli assessori regionali con delega all’Immigrazione di Liguria, Lombardia e Veneto, Sonia Viale, Simona Bordonali e Manuela Lanzarin, in merito al piano nazionale di integrazione per i titolari di protezione internazionale, presentato dal ministero dell’Interno alle Regioni.
«Il ministero con un documento ufficiale vuole catechizzare gli italiani sul linguaggio da utilizzare, bandendo espressioni come «migranti illegali» o «clandestini» – prosegue la nota – Noi non ubbidiremo ad assurde imposizioni linguistiche e continueremo a utilizzare questi termini senza alcun problema, visto che sono contenuti nel dizionario della lingua italiana».
I tre assessori sottolineano come nel piano ci sia l’invito del governo ad «aprire su tutto il territorio nazionale nuovi luoghi di culto, con particolare riferimento alle moschee. Punto che non ci trova d’accordo anche per la poca chiarezza sulla provenienza dei fondi utilizzati per costruire centri islamici».
 
Contrari anche al fatto che «vengono addossati a regioni ed enti locali tutti i costi economici e sociali della presa in carico sanitaria educativa e sociale dei richiedenti asilo. Il governo Gentiloni vorrebbe che fossero gli enti locali a mettere le pezze a un sistema di accoglienza fallimentare e malato, senza nemmeno prevedere risorse da destinare ai progetti.
Di fatto – prosegue la nota – si tratta di un documento di partito, in cui si parla ancora di immigrati che pagano le pensioni agli italiani e si suggerisce di dare priorità agli immigrati nell’assegnazione di lavoro e di case popolari. Siamo alla follia, al razzismo contro gli italiani» attaccano Viale, Bordonali e Lanzarin. Secondo i tre assessori bisogna invece applicare i punti contenuti nella Carta di Genova, siglata da Liguria, Lombardia e Veneto lo scorso anno: dichiarazione stato di emergenza, stop agli sbarchi con presidi in Nordafrica e rimpatrio immediato di tutti i clandestini. «Solo rispettando le regole di base e con un numero contenuto di arrivi sarà possibile attuare reali politiche di integrazione di chi davvero fugge dalla guerra, ossia solo il 5% delle persone che stiamo accogliendo attualmente» concludono.
Pubblicato il 13/07/2017
Ultima modifica il 13/07/2017 alle ore 16:33

I fanatici dello Ius Soli

Non esiste soltanto il fanatismo islamico. Esiste anche un fanatismo “liberal”, laicista e politicamente corretto.  E’ il fanatismo del pensiero unico.  Da noi ha contaminato tutti, ma il Partito Democratico (che già nel nome scelto e nel simbolo dell’asinello è emblema dell’americanismo più bovino, anzi asinino)  ne è la massima espressione italica.
 La legge sullo  Ius Soli, come le unioni (in)civili, dimostra che il Pd non è un partito moderato, ma un partito estremista a fortissima componente ideologica. Un partito di fanatici dell’ideologia. E’ il Partito radicale di massa profetizzato da Augusto Del Noce. Il Pd passa per un partito moderato, di centrosinistra,  soltanto perché non è più comunista, e nemmeno socialdemocratico, ma “liberal”. Accetta il capitalismo e addirittura si è legato ai mostri della finanza mondiale. Sostiene l’atlantismo e le “guerre umanitarie” decise da Washington. Fa dell’Unione europea un riferimento irrinunciabile.
E’ quindi parte integrante del Sistema, anzi in Italia  è il Sistema. Ma ciò non toglie che di fanatici stiamo parlando.  I fanatici del pensiero unico politicamente corretto. I “liberal” (di cui sono piene le redazioni giornalistiche, i salotti buoni e i bordelli dello spettacolo) sono degli estremisti di tipo nuovo. Seguendo le linee formulate nelle università americane, vogliono rivoluzionare la società, sovvertirla, ma non in senso socio-economico, visto che le forze della globalizzazione (mercato e tecnica) sono già in sé sovversione permanente.
 
Atei espliciti o mascherati, odiatori del sacro pure quando vanno a Messa (vedi Renzi), vogliono sovvertire la famiglia – di fatto dissolverla – e l’appartenenza etnica, anche qui dissolvendola in un modello globalista di meticciato indistinto.
E’ questo il loro modello di “civiltà: il crogiolo degli uomini senza identità. Sostenitori di fatto del capitalismo culturalmente più truce e materialista, quello delle multinazionali e della finanza, riservano semmai la vessazione fiscale alla piccola e media impresa, che  ha il torto di essere ancora a misura d’uomo.
 
Inoltre, i liberal  ereditano di fatto tutti i temi sovversivi del Sessantotto pensiero,  rielaborato nelle università americane.  Mirano a  distruggere le differenze religiose, etniche, culturali, in nome di un universalismo astratto ed inumano, e al contempo vogliono liberare l’individuo da tutti i legami (religiosi, etnici, familiari, sessuali) e da tutte le identità. Sono postmoderni che vogliono portare all’estremo la logica nichilista della modernità.
Sono paramassoni che trovano  ampia sponda nell’ala più modernista e ideologizzata del clero cattolico.  Lo stesso Renzi viene dalle fila del modernismo cattolico o, come si diceva una volta, del “cattolicesimo democratico”. Fanatici del politicamente corretto, postcomunisti o modernisti cattolici , hanno trovato nell’ideologia dominante,  anticristiana ed antiumana,  la loro nuova bandiera. La stessa bandiera della plutocrazia americana dei Soros, dei Gates, dei Bezos, dei Bloomberg, dei Buffet, degli Zuckerberg  e compagnia. E naturalmente di Barak Obama il guerrafondaio, il santino dei progressisti mondiali, la cui più limpida (si fa per dire) conquista progressista fu la legge sui bagni separati per transessuali.
Tanti voti, ma non solo.
 Lo Ius Soli offrirà al Partito democratico  nei prossimi anni un bacino potenziale di circa ottocentomila voti di “nuovi italiani”. Non sono pochi. Ma l’ostinazione sullo Ius Soli non dipende solo da un calcolo elettoralistico. Dipende anche e soprattutto da questo nuovo e impressionante fanatismo ideologico. Ce li ricordiamo, i nostri liberal,  soltanto cinque anni fa, nel 2011, centocinquantesimo anniversario dell’ unità italiana, quando sventolavano il tricolore in funzione antileghista.
 
A che cosa corrisponda per loro il tricolore è presto detto: nient’altro che l’adesione a un modello astratto di patria per tutti e per nessuno. Per tutti, perché la cittadinanza italiana del modello Ius Soli va  data a chiunque o quasi; per nessuno, perché viene svincolata da qualsiasi appartenenza concreta. Intendiamoci: in fondo tutti i nazionalisti hanno sempre sacrificato le patrie locali, carnali, alla “patria ideologica”, come ha insegnato anche il grande filosofo belga Marcel De Corte. Questo è il peccato originale del nazionalismo. Ma oggi la patria ideologica è diventata nient’altro che una grande stazione di transito di esseri sradicati.  Anche quando i liberal insistono  a parlare  di Europa, di “patria europea”, non temiamo.
Per loro l’Unione Europea è solo un’unione economica senza identità, retta da astratti principi cosmopoliti e che si offre come laboratorio futuro dell’umanità meticcia (hitlerismo rovesciato modello conte di Kalergi) e magari di un futuro Stato mondiale, quello che piaceva tanto agli estensori del Manifesto di Ventotene, Rossi e Spinelli. Lo Ius Soli è “un atto di civiltà” solo per dei fanatici dell’ideologia, traviati dall’ideologia.
Questo immigrazionismo estremo non è nient’altro che un hitlerismo capovolto e che corrisponde alla nota sentenza di Nichi Vendola: “Il progresso passa dalla mescolanza delle razze”. Al posto della follia della supremazia della razza ariana, ci becchiamo oggi la follia mondialista della razza unica. Dietro alla retorica del multiculturalismo ci sta lo spettro dell’azzeramento delle culture, a cominciare naturalmente dalla nostra.
Ingegneria sociale.
La legge sullo Ius Soli, come quella sulle “unioni (in)civili”, il divorzio breve, la “stepchild adoction”, la liberalizzazione della cannabis  e simili, è una legge di ingegneria sociale. Sotto il pretesto di difendere indefiniti “diritti”, modella la società secondo un ben preciso progetto ideologico, che come ho  già scritto  non è più marxista ma “liberal”.
Non è infatti un progetto pensato da teorici marxisti, ma forgiato nelle università americane. Non è diffuso con il terrore, ma con la propaganda e la suggestione mediatica. Rimane però un progetto di ingegneria sociale.
I suoi sostenitori si dicono “multiculturalisti”, ma in quanto fedeli adepti del globalismo in realtà vogliono il pensiero unico, il mondo unico, il popolo unico, la razza unica, la lingua unica, persino il sesso unico (con infiniti “generi”).
L’uomo viene pensato come individuo atomizzato, mobile e sradicato; molti individui come massa o come “moltitudine” (Toni Negri). Mai come popolo. Perché tutti questi individui siano davvero liberi, devono emanciparsi da Dio, dalla Chiesa, dalla tradizione, dalla comunità di appartenenza, dall’etnia, dall’origine, dalla famiglia (libertinismo e femminismo) e persino dal proprio sesso (omosessualismo, transessualismo, genderismo). Tutto nel nome del magnifico mondo “liberal”, capitalista e postsessantottino, che in realtà è un mondo da incubo. Che è poi il mondo della globalizzazione, cioè dell’uniformazione tecnico-mercantile del mondo. Ed è il mondo del pensiero unico politicamente corretto, caratterizzato dal controllo mediatico delle immagini e delle notizie, e dal controllo orwelliano delle parole secondo le regole della “neolingua”.
 
L’idea che gli uomini siano intercambiabili, che basti nascere in Italia per essere italiano, è tipica del pensiero economico che trionfa con la globalizzazione. Esiste solo ciò che è misurabile, quantificabile, esistono solo gli atomi senza appartenenza costitutiva. Per il pensiero economico, Milano resta Milano anche se abitata soltanto da cinesi. E Roma resta Roma anche se abitata soltanto da marocchini. In realtà non sarebbe più Milano e non sarebbe più Roma. Ma il pensiero economico è astratto, strumentale e  calcolante, non può capirlo.  Addio radici, tradizioni, culture radicate, addio legami stabili. Deve esistere solo l’uomo massificato, desacralizzato, desocializzato, senza radici, persino senza una definita identità sessuale. Non è vero che non vi sono più le ideologie. Piuttosto, ne è rimasta soltanto una.  Forse non è la più violenta. Senz’altro per  la nostra civiltà è la più suicida. di Martino Mora – 20/06/2017  Fonte: Martino Mora

Inquisizione Psicanalitica

marcelloPsicologi, psicanalisti e psichiatri sono, ahinoi, tra le categorie professionali che più hanno aiutato le dittature a consolidarsi, basti pensare al loro fondamentale contributo nel regime sovietico a classificare come pazzi o alienati sociali tutti quei dissidenti e avversari del partito e dello Stato, soprattutto intellettuali, riempiendo così i manicomi. E questo anche a ragione della concomitante affermarsi, come hanno riconosciuto filosofi e intellettuali di estrazioni le più diverse, psicanalisi e sociologia entrambe dedite alla misurazione quantitativa dell’uomo: della sua interiorità e del suo contesto sociale. Ma misurare ti induce anche a manipolare: da cui gli “ingegneri sociali” sempre in URSS o i “persuasori occulti” in USA denunciai da Vance Packard.

Le dittature assumono col tempo aspetti diversi, diventano sempre più sofisticate al tempo di Internet, e ormai non sono soltanto quelle che instaurano un esplicito regime di tipo esplicitamente poliziesco. A esempio, anche il “politicamente corretto” nelle sue molteplici e ossessive versioni si presenta come dittatura delle parole e dell’agire quando vuole imporre a suon di pseudo regole calate dall’alto il Pensiero Unico denunciando e condannando coloro i quali non si conformano ad esso. Ne sono responsabili non solo i politici in quanto tali, dunque, ma anche coloro i quali hanno un’influenza sull’opinione pubblica in un società come l’attuale dominata dalla informazione e dalla persuasione: gli intellettuali, dunque, i giornalisti e, ancora una volta, gli… psicologi.

Questa considerazione, che qualcuno considererà esagerata, è legittimamente provocata da due recentissimi episodi che hanno visto protagoniste due associali italiane di psicologi.

Il collegio dell’’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha aperto un provvedimento disciplinare nei confronti del dottor Giancarlo Ricci “per aver posto in essere, peraltro un contesti pubblico in cui rappresentava la professione, un comportamento contrario al decoro, alla dignità e al corretto esercizio della stessa; per aver operato discriminazioni tra soggetti in base al loro orientamento sessuale; per aver utilizzati metodi, comunque, aver collaborato a iniziative lesive della dignità e del rispetto delle persone omosessuali; per non aver mantenuto un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale con riguardo ai settori in cui opera e non aver riconosciuti i limiti della propria competenza”.

L’Ordine lombardo si è mosso su denuncia di una associazione LGBT (lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali & C.) spalleggiata da cinque colleghi del dottor Ricci. Quale la sua intollerabile colpa? Di aver pronunciato durante una trasmissione televisiva del 21 gennaio 2016 dove era stato invitato in qualità appunto di psicologo, alcune opinioni considerate dalle associazione in questione, e quel che è peggio dell’Ordine professionale, come sconvenienti e offensive, diciamo anche “scientificamente” errate, una delle quali è la seguente: “La funzione di padre e di madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita”, e poi: “L’ideologia gender (…) secondo cui l’omosessualità viene equiparata ad una sessualità naturale, all’eterosessualità (…) in termini psichici non è affatto così”.

Chi è dunque questo psicologo sprovveduto, non aggiornato professionalmente, che non conosce le ultime frontiere scientifiche della psicologia, che fa sfigurare una intera categoria? Il dottor Ricci è un lacaniano, un freudiano e un autore che ha al suo attivo numerosissimi libri editi da Mondadori, Jaca Book, San Paolo e Marsilio, non l’ultimo arrivato, eppure deve difendersi da accuse che riguardano la propria opinione di specialista fondata su anni di studi ed esperienze dirette. Il suo Ordine lo accusa proprio di questo: di non adeguarsi supinamente a quelle che dovrebbero essere le teorie “psicologicamente corrette” che si vogliono imporre senza alcuna discussione seria e libera e che tutti dovrebbero supinamente accettare pena il deferimento all’ordine professionale da cui potrebbero essere addirittura radiati… Pensate: radiati perché non si ritiene valida la teoria del gender e si sostiene che per un bambino è meglio avere un padre ed una madre invece che due padri o due madri… Teoria del gender oggi tutt’altro che ben definita e unitaria e che al contrario comprende correnti diverse e in netto contrasto fra loro, moderate e radicali.

Incredibile ma vero: tesi e teorie che restano appunto tali e quindi su cui si può discutere e che invece vengono ritenute “scientifiche” e indiscutibili come se si trattasse di scienze positive esatte, e che invece sono imposte dalle pressioni delle lobby dei LGBT che, grazie anche al conformismo generale, sono diventati da poveri perseguitati ed emarginati, come amano presentarsi, intransigenti persecutori e spietati emarginatori di chi non la pensa obbligatoriamente come loro. E questo solo fatto di avere una idea diversa viene considerata una “colpa”, una “offesa”, una “discriminazione”, una “lesione della dignità” (basti pensare alle scomposte e assurde reazioni al “Family Day” che è stato un prodromo di quanto sta accadendo adesso). La “teoria del gender” diventa dunque una specie di legge dello Stato e il non esserne d’accordo comporta sanzioni.

E’ nelle dittature che una teoria diventa una legge per tutti, come nella Germania di Hitler divennero leggi per tutti le teorie di Rosenberg. Stiamo imboccando una pessima china, e nessuno se ne vuole accorgere.

Non diversa da quella imboccata dal CIPA, il Centro Italiano di Psicologia Analitica, che ha protestato pubblicamente con una “lettera aperta” che ha ricevuto molte adesioni, per un caso diverso, addirittura peggiore del precedente. Essendosi resi conto che al Festival di Taormina dopo una loro conferenza sul mito avrebbe dovuto parlare Marcello Veneziani presentando il suo ultimo libro appunto sul mito oggi, se ne è sentita indignata e offesa affermando che mai e poi mai avrebbe dovuto intervenire un “intellettuale di estrema destra” (sic!) che in passato si è occupato, tra le sue mille cose, anche di… Julius Evola, cioè del diavolo in persona, ormai!

Il caso è peggiore del precedente in quanto ci troviamo di fronte ad una censura preventiva: tu devi tacere soltanto perché sei definito un “intellettuale di estrema destra” (se fossi stato un “intellettuale di estrema sinistra” non avresti avuto problemi, vedi ad esempio Toni Negri) ed hai avuto interessi “politicamente scorretti”, perché non puoi avere curiosità o interessi o compiuto studi su un pensatore che alcuni mettono al bando, così facendo un atto profondamente illiberale e antidemocratico che per fortuna alcuni (come Umberto Galimberti e Renato Cattaneo) hanno stigmatizzato ma che però, il che la dice lunga sula condizione morale della nostra stampa, è stato del tutto ignorato dai “grandi giornali” che viceversa avrebbero fatto fuoco e fiamme se il censurato fosse stato de sinistra…

Ai bei tomi del CIPA si sarebbero dovute ricordare un paio di cose: è proprio Jung, loro nume tutelare, e che anni fa venne definito “il profeta ariano” razzista, pagano, antisemita e anticristiano, che nel suo Psicologia e alchimia del 1944 cita positivamente il libro di Evola La Tradizione ermetica del 1931, unico autore italiano preso in considerazione. Che facciano signori del CIPA, scriviamo una “lettera aperta” prendendo le distanze da Jung per esserci contaminato con Evola? Forse è veramente il caso di essere seri.

Questa Inquisizione Psicanalitica è inquietante e allarmante. Se gli studiosi dell’animo e del profondo si schierano contro la libertà di pensiero e di parola è un gravissimo segno dei tempi in cui viviamo. Se gli psicologi/psichiatri/psicanalisti si presentano come custodi di una pseudo ortodossia e si schierano contro le opinioni che oggi – e solo oggi – vanno controcorrente si dovrebbe aver paura dei successivi sviluppi di cui questi due episodi sono i primi sintomi. Proprio come gli omosessuali che da perseguitati si sono trasformati in inquisitori di chi non la pensa come loro, lo stesso vale per essi: quando la psicanalisi nacque era considerata sovversiva, vista con sospetto, accusata di essere scorretta, criticata per la sua immoralità, ostacolata, mentre ora che impazza ed è onnipresente è lei a mettere al bando chi non si conforma e la pensa diversamente sule nuove frontiere psicologiche, nemmeno fosse una scienza esatta.

Romanzi distopici su un futuro in cui è vietato pensare in modo differente da quanto impone un regime ce ne sono a bizzeffe a cominciare da 1984 di Orwell e ancor prima da Noi di Zamjatin, e la realtà dell’URSS stalinista ricordato inizialmente ne è l’applicazione pratica e storica. Non è molto difficile immaginare altri che, affiancati dal solerti strizzacervelli chiamati come esperti della Corte che giudica, condannino coloro i quali sono trascinati a processo da semplici privati, o dalle lobby LGBT, e condannino il poveraccio caduto in trappola magari su denuncia anonima, come un disgraziato malato di mente, un pericoloso asociale, oltre che non aggiornato sulle nuove dottrine della sessualità o della politica. All’orizzonte pare attenerci la Psicopolizia che mantiene l’ordine pubblico e mentale… E magari anche condanne preventive di chi ha solo la tendenza a questo tipo di delitti, come avviene in certi romanzi e racconti di Philip K. Dick…

Che di tutto questo non si rendano pienamente conto uomini di cultura e importanti giornalisti che dedicano le loro rubriche quotidiane alle più inenarrabili e inutili scempiaggini, tutti sacerdoti della libertà di pensiero, è un evidente sintomo della deriva che sta prendendo la società occidentale in genere e quella italiana in particolare.

Gianfranco de Turris

Ps. Dopo questo articolo aspetto di essere deferito da qualcuno all’Ordine dei Giornalisti.
Pubblicato da Ereticamente il 31 maggio 2017
http://www.ereticamente.net/2017/05/inquisizione-psicanalitica-gianfranco-de-turris.html

Quando I padroni del “Pensiero Unico” danno ordine di bruciare le librerie

Libreria-data-alle-fiamme-1Libreria data alle fiamme
Ancora una volta un episodio di intolleranza violenta contro la cultura non conforme: il Circolo culturale con Libreria annessa, “La Terra dei Padri” di Modena, è stato dato alle fiamme nella notte di Mercoledì scorso a Modena.
Il Circolo culturale, già dalla sua inaugurazione, nel Gennaio dell’anno in corso, era stato fatto oggetto di intimidazioni, cortei di protesta, invettive e condanne da parte dei partiti e delle associazioni delle sinistra mondialista, con il PDI e l’ANPDI in testa a denunciare il “pericolo fascista”. Questo perchè l’impostazione culturale e politica del Circolo non era allineata a quella del “Pensiero Unico” vigente, in particolare in una zona da sempre gestita dal PD e dai suoi sodali.
Nonostante questa ostilità manifestata, il Circolo, che ospitava una nutrita biblioteca, era andato avanti con le sue iniziative metapolitiche e culturali come conferenze sul conflitto nell’Ucraina e del Donbass, commemorazione della figura del giornalista scomparso Arrigo Grilts, presentazione di libri come l’ultima opera di Sensini sull’ISIS, una piccola fiera dell’Editoria indipendente con esposizione di libri di case editrici non omologate, un convegno sullo Scontro di Civiltà, l’Europa ed il terrorismo, ed altre interessanti iniziative.
Il successo di queste iniziative aveva attirato molte iscrizioni di nuovi soci al circolo e questo aveva sicuramente dato fastidio e di conseguenza, da qualche settore politico, è arrivato l’ordine di far tacere quella fastidiosa voce dissidente.
Puntuale è arrivato l’attacco incendiario alla sede nella notte, attacco che non è difficile supporre che sia stato affidato a qualche gruppo di quelli che agiscono sotto le spoglie di sigle anarchiche o dei centri sociali e che in realtà svolgono la insostituibile funzione di “truppe cammellate” del sistema. Vedi: Modena, incendio doloso alla sede della Terra dei Padri
Non è la prima volta e non sarà l’ultima.
La fase attuale di soppressione del dissenso, a cui si sta rapidamente arrivando, consiste nel silenziare le voci dissidenti sul web, con il pretesto di controllare la rete e” prevenire la diffusione dell’odio” (Boldrini), oppure in altri casi si passa  a bruciare direttamente le librerie ed i circoli culturali dove circolano idee difformi e sono custoditi e venduti al pubblico i libri dissenzienti rispetto al “Pensiero Unico”.
In quel caso il sistema fa ricorso al suo braccio violento, costituito quasi sempre dai “centri sociali” mobilitati per distruggere le librerie o bastonare le persone che siano interessate a divulgare le idee proibite.
Era già accaduto accaduto poco tempo fa anche a Firenze, dove La libreria “Il Bargello” era stata assaltata da un gruppo di venti persone a volto coperto. Gli assaltanti, gridando slogans, avevano distrutto la vetrina ed avevano lanciato all’interno mattoni, bottiglie, petardi. Una ragazza, che lavorava come commessa, era stata aggredita, alcuni scaffali con relativi libri distrutti, e l’azione aveva voluto avere un significato “punitivo” in quanto la libreria era considerata vicina all’area di Casa Pound, in gruppo classificato di estrema destra e che si ispira alle opere del noto poeta e storico del novecento, considerato “eretico” rispetto alla cultura storica corrente. Stesso copione di quando, in precedenza venne devastata la libreria Ritter a Milano o quando in Francia, nel centro di Parigi venne assaltata la libreria “Facta” nel corso di una manifestazione antifascista proclamata “contro l’omofobia e le forze reazionarie”. Tanto meno fu espressa alcuna riprovazione dalle autorità pubbliche, quando un gruppo di assalitori incappucciati distrusse più di un anno prima la libreria Europa a Barcellona.
Libri dati alle fiamme a Modena
Tutti episodi che rendono l’idea del clima di intolleranza e di totalitarismo culturale che si è diffuso in questi anni in Europa.
La sinistra mondialista utilizza questi gruppi quando deve affidare a qualcuno il “lavoro sporco” mentre ufficialmente condanna queste azioni ma in modo subdolo le istiga, lanciando anatemi contro presunti circoli che propagano idee si stampo “fascista”. Il solito vecchio gioco del sistema di potere: la sinistra, oggi palesemente al servizio del grande capitale sovranazionale, maschera la sua subordinazione ai grandi poteri dietro la cortina fumogena dell’antifascismo.
Circolo culturale in fiamme a Modena
Quando poi accade che il fascismo compare davvero in Europa ( e non solo quello finanziario che schiaccia i popoli ed annulla i diritti), come accaduto in Ucraina dove i gruppi neonazisiti di Svoboda e del Battaglione Azov nel 2014, grazie al colpo di Stato della CIA, hanno mandato i loro esponenti al governo di Kiev, allora avviene che la sinistra europea si allea con questi e con il governi filo nazista di Poroshenko con il pretesto di bloccare la minaccia della Russia. Tutti quindi sempre al servizio del dominio imperiale USA, della NATO e della grande finanza di Soros e del Cartello dei  Rothshild/Rockefeller/Morgan/Dupont..
Non è un fatto nuovo e si percepiva già da molto tempo che il sistema in Italia ed in tutta l’Unione Europea si va sempre più avvicinando ad un ordine totalitario strisciante dove i grandi media (giornali e TV) sono controllati dai gruppi finanziari che ne sono proprietari, altrettanto avviene per gli Istituti di cultura, per le Università e le cattedre di docenza, dove il controllo è essenzialmente politico, idem per le fondazioni culturali ed le principali case editrici.
 
Libreria data alle fiamme
Tutti gli attori principali, che siano intellettuali, politici ed operatori dell’informazione, si sono ( da molto tempo) accomodati adeguandosi all’ideologia del “politicamente corretto” e del “Pensiero Unico”, essenzialmente globalista e neo liberista in economia (il primato dei mercati), laico, relativista, progressista  in politica (con le varie sfaccettature post ideologiche ) con al centro di questo sistema l’interpretazione della Storia precisamente conforme alla vulgata di regime e la deformazione cognitiva imposta dagli orientatori e opinionisti a libro paga delle centrali di potere.
Presto anche in Italia (come sta avvenendo adesso in Ucraina o in Turchia)  non ci sarà posto per chi dissente e le misure estreme, che le Autorità prenderanno per il “nostro bene”, saranno applicate a chi dissente o a chi sia accusato di collusione con  il terrorismo , a chi critica l’immigrazione, il multiculturalismo, le guerre della NATO, le coppie gay,il gender nelle scuole, a chi contesta l’unica religione ammessa ed i concetti base del Pensiero Unico.
Prepariamoci per il mondo che verrà, quelli delle librerie che bruciano sono i primi bagliori del prossimo futuro che ci predispone il super potere finanziario.
Mag 26, 2017 di Luciano Lago

Una bugia ormai troppo grossa perfino per Goebbels

ovviamente chi contesta mafia capitale è un razzista xenofobo

Ecco l’ultimo itinerario, documentato dal sito Marine Traffic, e ricavato grazie ad una semplice e gratuita ricerca di pochi minuti e un merge tra immagini, della nave Aquarius, giunta trionfalmente con il suo carico di carne umana nel porto di Catania dopo aver fatto scalo a Malta (!) come dimostra la sottostante tabella dei movimenti. 946 persone da Bangladesh, Nigeria, Costa d’avorio e Guinea Conakry ma anche da altri Paesi dell’Africa Sub-sahariana, quindi senza alcun vero titolo per venire in Europa.
Aquarius è di SOS Mediterranee, ONG tedesca con l’impulso irrefrenabile di aiutare a deportare gente da un continente all’altro.acquarius position
 
Non mi interessa la solita prosa lacrimogena che viene dedicata a questa ennesima impresa del combinato ONU-ONG-Innominabili S.p.A. dagli ineffabili giornalacci che eseguono solo gli ordini, ripetendo una bugia (“salvati nel Canale di Sicilia”) che ormai è diventata troppo grossa perfino per Joseph Goebbels. Mi interessano i fatti, e quello che può essere documentato mediante il monitoraggio del traffico marino su siti come Marine Traffic o Vessel Finder è quello di un gigantesco servizio di traghettamento di deportati che rappresenta la versione moderna delle navi negriere e allo stesso tempo un gigantesco Sbarco in Sicilia di truppe dormienti, secondo il principio delle “armi di migrazione di massa”.
Traffico condotto perfettamente alla luce del sole ma ricoperto dalla putrida glassa della menzogna mediatica che spudoratamente insiste con i “salvataggi”, il “golfo di Sicilia” e “le donne e i bambini” quando si tratta al 90% di maschi non accompagnati.
Grazie al monitoraggio di questa flotta di navi negriere si ha la prova inconfutabile di un acquarius position2atto ostile nei confronti della nazione Italiana, utilizzata come porto di sbarco da navi straniere e battenti bandiere di comodo, dalle origini misteriose e dagli altrettanto fantomatici finanziamenti (ma dietro sappiamo che c’è il nostro Judenrat preferito).
Ostilità non solo accettata dalle nostre autorità ma coadiuvata, visto il ruolo delle navi CP (Capitaneria di porto) che si spingono fino ai luoghi di ritrovo per scafisti e che sono anch’esse perfettamente tracciabili, per chi ha voglia di farlo.
Strabene ha fatto nei giorni scorsi il blogger Luca Donadel a realizzare un video sull’argomento da più di 300.000 visualizzazioni sull’argomento, utilizzando quindi un mezzo più masticabile dal grande pubblico rispetto al semplice articolo da leggere. Ricordo però, per amor di cronaca, che il ragazzo è arrivato per ultimo, visto che i primi a scrivere sui viaggi sospetti delle ONG erano stati nel novembre 2016 il sito Gefira, (con gli articoli Caught in the act: NGOs deal in migrant smuggling“, The Americans from MOAS ferry migrants to Europe), Maurizio Blondet che, mannaggia a lui, è sempre sul pezzo, con l’articolo “ONG fanno contrabbando “industriale” di clandestini?”e la vostra umile sottoscritta, sempre in dicembre, con Il famoso “salvati nel Canale di Sicilia”, ovvero un disegnino animato vale più di mille disegnini statici dove traducevo i due articoli di Gefira e ripubblicavo il loro video già postato da Blondet. Questo per coloro che mi segnalano il video di Luca dicendo: “Guarda qui che scoop!”
 
A rega’…
Il grande merito di Luca è stato quello di riuscire, utilizzando il messaggio video e il grande successo di pubblico ottenuto, a far uscire dalle fogne i soliti debunkaroli che però hanno miseramente fallito nel tentativo di, appunto, debunkarlo e hanno dovuto ritirarcisi, nelle fogne, in buon ordine.  E che vuoi debunkare quando c’è il tracking che ti fotte?
seawatch 1Ecco, per esempio, il risultato di una mezz’orata di tracking stamattina su Marine Traffic. Lo vedete il raduno attorno a quel punto vicino al largo della costa libica? La OOC Panther, OOC Tiger, Sea Watch 2 e Siem Pilot sono tutte navi che hanno già traghettato migliaia di clandestini in Italia. Alcune di esse si vantano di “pattugliare” il Mediterraneo in cerca di profughi.
Il video di Luca certifica che le autorità italiane sanno benissimo che arriverà un carico di esseri umani deportati dall’Africa all’Europa, perché addirittura viene loro telefonato la sera prima, ma non fanno nulla per evitarlo, anzi, mandano le motovedette e lo Sbarco in Sicilia 2.0 continua ininterrotto.
 
Verso il raduno degli scafisti stamattina si dirigeva anche la Iuventa (ufficialmente olandese) ovvero “la nave dei ventenni che salverà i migranti”, secondo la propaganda.
iuventa
E Frontex che dovrebbe fronteggiare ed opporsi al traffico di esseri umani? C’è una chicca su Wikileaks che lo riguarda. Questo cablo del 2007 inviato da Dakar, Senegal, alla segreteria di Stato USA, firmato da un certo Smith.
Traduco:
“Il tenente colonnello Alioune Ndiaye è il rappresentante senegalese presso FRONTEX, che è l’autorità UE attraverso la quale Italia, Spagna e Portogallo forniscono assistenza e materiale al Senegal per attuare il pattugliamento delle sue coste. Ndiaye ha detto che nel 2006 vi sono state due o tre partenze al giorno, la maggior parte delle quali da St. Louis. Grazie all’aumento del pattugliamento, le partenze sono diminuite fino ad una ogni quindici giorni e in quel caso dall’estremo sud di Mbour, il che aumenta il tempo di viaggio da 3-4 giorni a 10-12.
A conferma di ciò che ci ha detto Balde, Ndiaye sostiene che le partenze avvengono soprattutto di notte ma che, la mattina successiva, un volo di sorveglianza di FRONTEX può rapidamente identificare il barcone pieno di persone. Una nave di FRONTEX quindi intercetta la piroga e la dirige nuovamente verso il Senegal. Nel 2007, più di 10.000 persone sono state fermate da FRONTEX. Nel mese di settembre è stata intercettata una piroga con 179 persone a bordo, delle quali 125 senegalesi, 32 gambiani, 14 guineani, 6 maliani e i restanti da altri paesi africani.”
cablo partenze
 
Cosa dimostra questo cablo? Che le partenze, VOLENDOLO, posso essere fermate. Che di fatto oggi non vengono fermate ma incoraggiate e che FRONTEX è parte del problema. Trovate voi la morale della storia.
Guest post tratto da Orizzonte degli Eventi by Barbara Tampieri (Lameduck)
Di FunnyKing , il 21 marzo 2017

Il piano di Macron: 120 mila licenziamenti

macron programmeEmmanuel Macron, l’uomo di Rothschild, delle banche d’investimento, dell’Unione Europea. Il simbolo di un establishment dal volto rassicurante che vuole arginare l’avanzata del Front National di Marine Le Pen e degli euro-scettici.Il voto in Francia potrebbe mutare, infatti, la geografia politica dell’Unione Europea per i prossimi anni. Per questo motivo il ballottaggio del 7 maggio prossimo rappresenta una sfida aperta tra due mondi contrapposti, pronti a fronteggiarsi. I sondaggi, al momento, premiamo l’ex socialista Macron. Ma qual’è davvero la sua ricetta politica? Alcuni osservatori e analisti, come Robert Zaretsky su Foreign Policy, parlano dell’ex ministro di Hollande e del suo movimento En Marche! come «centrismo radicale».
L’estremo centro di Macron, né a destra né a sinistra
«L’ex banchiere 39enne è comunemente definito un centrista – osserva Zaretsky – Tale definizione, tuttavia, ci dice poco. Dovremmo pensare a Macron come l’incarnazione di un centro alla francese, ovvero l’estremo centro». Si tratta di una’espressione che fu coniata dallo storico francese Pierre Serne in relazione alla Rivoluzione Francese: «In particolare – spiega Zaretsky – Serna si riferisce alla restaurazione, il periodo di 15 anni che seguì la caduta di Napoleone e vedeva il ritorno della monarchia borbonica. Serna ha cercato di sottolineare gli sforzi compiuti dalla corte di Luigi XVIII, in pochi anni, per affrontare la sinistra rivoluzionaria e i controrivoluzionari. Chiuso tra queste due visioni del mondo estremamente antitetiche, Luigi e i suoi ministri hanno promosso una posizione dedita al compromesso e alla moderazione, nonché una sorta di proto-tecnocrazia».
Con Macron pronti 120 mila licenziamenti nel settore pubblico
Naturalmente, le differenze tra Macron e Luigi XVIII sono maggiori delle somiglianze. «Da un lato Macron promette di imporre l’austerità al settore pubblico, eliminando 120.000 posti di lavoro in cinque anni; d’altra parte promette importanti investimenti nel settore ambientale, sanitario e agricolo. E’ un amico dei mondi finanziari e industriali, ma si ritrova anche come difensore dei valori rivoluzionari e universali della Francia di libertà e uguaglianza. La grande sfida di Macron non è solo quella di conquistare l’Eliseo, ma di creare un centro estremo funzionale, che non muoia, come ripetutamente è accaduto nel XIX secolo, con brusche battute d’arresto».
Per equilibrare la sua ricetta ultra-liberista, Macron punta sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali; è disponibile a creare un sussidio di disoccupazione universale che coprirebbe tutti, incluso chi è stato licenziato.
Il candidato dell’establishment
Per l’osservatore e analista di Asia Times, Pepe Escobar, esperto di geopolitica e questioni internazionali, tuttavia, «solo un pazzo può credere che Macron incarni il cambiamento quando nei fatti egli è il candidato dell’Unione Europea, della NATO, dei mercati finanziari, della gloriosa macchina Clinton-Obama, dell’establishment francese, degli oligarchi della borsa e dei sei maggiori gruppi mediatici francesi. Sulla stupidità della sinistra che ancora cerca di scimmiottare Tony Blair, c’è ben poco da dire. Il piano di Macron per risparmiare 60 miliardi di Euro di fondi pubblici, che prevede il licenziamento di 120.000 dipendenti pubblici, è il primo ingrediente per un potenziale scoppio di rivolte».
“Sottomissione all’UE”
La probabile vittoria Emmanuel Macron alle elezioni del prossimo 7 maggio sarà nel segno della continuità della politica francese negli ultimi anni, e non del paventato cambiamento. Macron è frutto di un’operazione di marketing ben strutturata, nonostante i proclami dei benpensanti e la retorica dei suoi slogan. Il suo «centrismo radicale» non salverà la Francia dai problemi che la affliggono, dall’immigrazione al terrorismo islamista, fino alla disoccupazione.
Come osserva Diana Johnstone su GlobalResearch, «da presidente, Macron confermerà la sottomissione francese alle norme dell’Unione europea che stanno distruggendo l’economia francese, la politica di guerra della NATO in Medio Oriente e l’ostilità verso la Russia. Marine Le Pen preferisce una politica di pace».
27.04.2017 di R. Vivaldelli

“Eliminare la vita se troppo costosa”: ecco chi è Jacques Attali, maestro di Macron

Macron Attalil’eugenetica politically correct si basa su criteri economici quindi intoccabili, parola di filantropi. Basta dire anti fa ED IL GALOPPINO DELL’ELITE è SERVITO.

Sei povero? EUTANASIA. Magari con fattura inviata ai parenti, ovvio.


La Commissione Attali e l’Italia del 2008, nessuna sorpresa sul programma tanto caro alle sinistre europeiste
 
Parigi, 30 apr – Studi in ingegneria all’École polytechnique, dottorato in science economiche e specializzazione all’Ena, l’École nationale d’administration dalla quale escono i più importanti dirigenti della pubblica amministrazione francese. Il curriculum di Jacques Attali, è di tutto rispetto, con un cursus honorum che dopo numerose esperienze anche all’Eliseo l’ha portato, oggi, ad essere professore di economia all’Università Paris IX – Dauphine.
Attali è anche l’uomo che ha ‘scoperto’ Emmanuel Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. E ora che il candidato di En Marche! si appresta ad arrivare al ballottaggio con non poche chance di spuntarla su Marine Le Pen, è fra i papabili per la carica di ministro dell’Economia. Non sarebbe la prima volta che Attali si presta alla politica, avendo già ricoperto delicati incarichi come quello di collaboratore del presidente Francois Mitterand in un sodalizio cominciato nel 1973 e diventato ancora più stretto quando, nel 1981, l’esponente socialista sarà eletto presidente della repubblica.
 
E proprio del 1981 è l’intervista rilasciata per un libro di Michel Salomon, L’Avenir de la Vie (Il Futuro della Vita), edito per i tipi di Seghers, nel quale Attali spiega la sua visione in merito al futuro dello stato sociale: “Si potrà accettare l’idea di allungare la speranza di vita a condizione di rendere gli anziani solvibili e creare in tal modo in mercato“. Come risolvere il problema? “L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali del nostro futuro”, spiega, aggiungendo che “in una società capitalista, delle macchine permetteranno di eliminare la vita quando questa sarà insopportabile o economicamente troppo costosa“.
 
30/04/2017  Nicola Mattei – Il Primato Nazionale

Le sfumature del nazionalismo

Macron-Le-PenE’ di moda parlare male del nazionalismo. Emmanuel Macron, candidato di riferimento dei poteri forti per le prossime presidenziali francesi, in un’intervista incensatoria, apparsa su “la Repubblica”, è arrivato a fare  proprio un vecchio slogan di Mitterrand: “il nazionalismo è la guerra”. Quasi che dichiararsi identitari voglia  dire, per forza, ricreare la conflittualità tra i diversi Paesi europei.
La stoccata propagandistica di Macron ripropone peraltro un vecchio adagio, grazie al quale il nazionalismo è costantemente chiamato sul banco degli accusati  per rispondere dei peggiori crimini dell’umanità.  In realtà la questione è un po’ più complessa e va ripresa alle radici, cercando di andare all’assenza dell’idea nazionalista e delle sue possibili variabili.
 
Un utile “bussola” è la recente ristampa, per l’Editrice Oaks,  di un classico di Jacques Ploncard d’Assac, “Le dottrine del nazionalismo”. Il tempo trascorso dalla prima edizione  (1965) non  sminuisce il valore dell’opera, offrendo un panorama composito delle culture del nazionalismo europeo, declinato in molte delle sue variabili: dalle leggi dell’eredità spirituale opposte all’”Io”, all’individualismo,   di Edouard Drumond (per il quale “un essere” è un insieme, in quanto “composto di tradizioni che lo riconnettono a coloro che son vissuti prima di lui, di sentimenti che lo connettono alle persone che sono del suo stesso paese”)  al “determinismo” di Maurice Barrès, che vede nel nazionalismo la difesa dell’organismo nazionale ed il lievito di un nuovo socialismo, impegnato nella difesa materiale e morale della classe più numerosa e più povera;
dallo “spirito scientifico” di Paul Bourget, con la sua teoria dell’evoluzione nazionale (per cui “ogni generazione, come ogni istituzione, è un piano aggiunto” all’edificio nazionale e la costruzione tanto sarà più solida quanto più poggerà “sul piano sottostante”)
 
al “nazionalismo integrale” di Charles Maurras, evocazione non di un mito, ma di una folla umana di visi umani, di paesaggi, di monumenti (“Una patria – scrive Maurras –  sono campi, muri, torri, case; sono altari e tombe; sono uomini viventi, padre, madre e fratelli, e i fanciulli che giocano nei giardini, i contadini che mietono il grano, i giardinieri che colgono le rose, i mercanti, gli artigiani, gli operai, i soldati: non c’è al mondo cosa più concreta”);
da   Möller van den Bruck, che vede nella nazione una comunità di valori in continua evoluzione e nel nazionalismo “la coscienza di questo processo evolutivo”, a  Ernst von Salomon, il quale riconcilia socialismo e nazionalismo, individuando nel primo “quella tenuta interiore, quell’unità spirituale di cui il XIX secolo ci ha privato”, laddove – come nota   Ploncard d’Assac –  il razzismo hitleriano “trasforma la comunità in tribù errante che non ha altri limiti che quelli che la sua potenza le permette di raggiungere e di mantenere,né ha doveri che verso sé stessa”; dall’idea di Nazione di José Antonio Primo de Rivera, per il quale la Patria non è solamente “l’attrazione della terra in cui siamo nati”, né “l’emozione immediata e sentimentale che sentiamo in presenza del nostro suolo”, quanto soprattutto “un’unità di destino nell’universale”, all’integralismo lusitano di Antonio Sardinha, espresso dall’idea tradizionale della “permanenza nella continuità”, proiezione del genio di ciascuna patria nel più alto ideale della civiltà cristiana.
 
Nella  proposta di Ploncard d’Assac il  nazionalismo dottrinario emerge in tutta la sua complessità, invitandoci – come scrive Luca Gallesi,  ad introduzione de “Le dottrine del nazionalismo” – “ … a riprendere il filo di un discorso interrotto, di ricominciare a guardare i fatti per quello che furono e giudicare le idee senza preventive demonizzazioni”. Evitando – aggiungiamo noi – di restare vittime delle  dichiarazioni alla  Macron, sull’uguaglianza tra nazionalismo e guerra.
 
Anche qui può esserci d’aiuto il testo, “Romanticismo fascista”,  di un altro autore francese, Paul Sérant, uscito, nel 1960, per le Editions Fasquelle e poi pubblicato, nel 1961, da Sugar.
Sul tema del nazionalismo e della guerra Sérant offre pagine esemplari: “A partire dal 1936, vale a dire al tempo del Fronte popolare e della guerra di Spagna , si produce in Francia uno strano capovolgimento di posizioni in materia di politica estera. Gli uomini di sinistra, fino a quel momento pacifisti e partigiani d’una politica d’intesa internazionale, anche a prezzo di cospicui sacrifici da parte della Francia, si sentono minacciati dalla sconfitta della loro ideologia nei Paesi confinanti: e il loro pacifismo, che s’accompagnava a una simpatia per gli elementi democratici dei Paesi in questione, cede un po’ alla volta a un bellicismo ‘antifascista’”.
Dall’altra parte gli ambienti nazionalisti francesi auspicavano accordi con i Paesi protagonisti delle “rivoluzioni nazionali”. Sono emblematiche, in questa prospettiva,  le pagine sulla  guerra moderna di Drieu la Rochelle,  il quale parla di abominio del militarismo democratico, presagendo lo spaventoso risultato di un conflitto europeo, con milioni di morti, l’annientamento delle città ed un’Europa ridotta alla disperazione. Ugualmente “profetiche” le immagini de “L’Ecole des Cadavres” di Louis Ferdinad Céline, il quale accusa le democrazie di volere la guerra, con la Francia condannata comunque alla sconfitta, sia per mano degli avversari che degli alleati.
Con buona pace per Macron/Mitterand il nazionalismo non è insomma uguale alla guerra. Lo dice la complessità delle dottrine che concorrono a definirlo. Lo conferma l’esperienza storica.
L’auspicio – a questo punto – è che si metta  fine al facile qualunquismo antinazionale, portato di un europeismo scialbo e senz’anima. L’Europa merita molto di più di qualche facile slogan. Il  nazionalismo, che è parte costitutiva della nostra identità di europei, va capito piuttosto che criminalizzato.
 
di Mario Bozzi Sentieri      – 30/03/2017 Fonte: Mario Bozzi Sentieri