Pamela, sepolta dal cinismo di media e politica

pamela mastropietroC’è qualcuno a cui interessa davvero di Pamela Mastropietro? Della sua vita, del suo destino, del dolore dei suoi genitori? Una ragazza di appena 18 anni, dapprima caduta nel tunnel della droga, ora barbaramente, selvaggiamente uccisa a Macerata, probabilmente dopo essere stata violentata, e il suo corpo smembrato. Per il suo omicidio è stato arrestato un giovane nigeriano, Innocent Osenghale; le prove a suo carico, da quel che si legge, sembrano schiaccianti.
Ma è proprio a questo punto che si cominciano a perdere le tracce di Pamela sui media e anche nella politica. Perché le circostanze e l’autore dell’omicidio danno il via al solito squallido teatrino ideologico. Per i nostri media laicisti sembra proprio che l’omicidio di Pamela (curiosamente in questa circostanza nessuno usa la parola “femminicidio”) sia un po’ meno grave visto che a commetterlo è un immigrato africano.
Certo, c’è anche chi ne approfitta un po’ per alimentare la propria campagna elettorale in chiave anti-immigrazionista; certo, di omicidi efferati ne commettono anche gli italiani, ma accusare di razzismo e xenofobia chiunque fa notare l’anomalia e l’inaccettabilità della presenza di un immigrato senza permesso di soggiorno che vive indisturbato in un piccolo centro e ancora più indisturbato nello stesso piccolo centro spaccia droga, è semplicemente folle. Non è un caso isolato, purtroppo: di casi di cronaca nera provocati da immigrati nelle stesse condizioni ne abbiamo registrati già diversi, ed è solo la punta di un iceberg: chiunque può vedere gruppi più o meno grandi di immigrati irregolari che vagano per città piccole e grandi facendo nulla o anche spacciando droga. E se la gente non si sente sicura, ha paura, non è per xenofobia o per razzismo.
Ma poi, su una situazione già avvelenata e in cui Pamela, il suo corpo smembrato, è già sullo sfondo, ecco arrivare un altro giovane, Luca Traini, decisamente border-line e forse anche oltre, che decide di tentare una strage di immigrati sparando dalla sua auto. Alla fine il bilancio è di sei feriti. Non c’è nulla al momento che faccia pensare all’azione di un qualche gruppo estremista, sembra proprio l’atto di uno psico-labile esaltato dall’omicidio commesso pochi giorni prima. Ma ecco che a questo punto Pamela sparisce completamente dalla vista; dalle più alte cariche dello Stato all’ultimo degli opinionisti diventa tutto un allarme-razzismo, proclami che sfiorano il ridicolo, la chiamata alla mobilitazione anti-fascista. E non parliamo neanche dei deliri dello scrittore Roberto Saviano. Dai media i sei immigrati feriti vengono subito coccolati ed esaltati, della ragazza fatta a pezzi e messa in due valigie non c’è più traccia.
In realtà non interessa a nessuno neanche della storia e della realtà che vivono i sei immigrati feriti, tutto e tutti diventano pretesto per le diverse battaglie politiche e ideologiche. E quindi, esaurita la forza propulsiva della cronaca, si dimenticherà anche questo caso senza che nulla sia stato fatto almeno per minimizzare le condizioni che possono portare a queste tragedie: lo spaccio e il consumo di droga, l’immigrazione senza controllo e le attività illecite degli immigrati. Almeno fino al prossimo caso, quando le reciproche indignazioni si riaffronteranno ancora sopra qualche altro cadavere.
Per quel che ci riguarda, il nostro pensiero torna a Pamela, a una vita di 18 anni stroncata dal vuoto esistenziale riempito con le droghe e dalla violenza di un uomo che non sarebbe neanche dovuto essere lì. Per lei ora possiamo solo pregare per la sua anima – in ogni caso l’aiuto più grande che chiunque può darle -, ma molto altro c’è da fare per evitare che accadano altre tragedie di questo genere.
 
Riccardo Cascioli 05-02-2018

Stavolta che è il peggior femminicidio, non lo dicono

PREMESSA. Ogni comunità, gruppo etnico, nazione, villaggio, ha i suoi criminali. Noi italiani abbiamo dato tanto in molti settori, compreso quello criminale, dalla mafia che scioglie i bambini nell’acido al mostro di Firenze che dilaniava le coppiette in Toscana. Non ci siamo fatti mancare niente anche in questo campo, ma siccome da più parti mi è stato chiesto cosa pensassi dell’omicidio di Macerata e della componente “razziale” sottaciuta oggi dai media per motivi politici, allora dico la mia, con il beneficio d’inventario che ancora non sappiamo tutto dell’omicidio. In particolare mi viene chiesto sui social perchè un omicidio per futili motivi e perchè ad una donna, e perchè così efferato. L’accusato, tale Innocent (ironia…) Oseghale, avrebbe smembrato in pezzi la malcapitata e l’avrebbe riposta in più valige per occultare il cadavere. Ovviamente – che lo preciso a fare?  – il soggetto responsabile, il Signor Innocent, ha una componente di malvagità e di stupidità sua personale che NULLA ha a che fare col fatto di essere nigeriano. Tuttavia, occorre anche essere onesti, e riconoscere che in tutto il mondo vi sono gruppi etnici che riescono a distinguersi per la gratuità e la stupidità dei propri gesti malvagi. Questi gruppi etnici, o comunità, variano il loro atteggiamento nel tempo, cioè a seconda delle condizioni storiche che stanno vivendo hic et nunc.
 
Cosa significa?
 
Significa che le condizioni culturali e materiali d’esistenza di un gruppo sociale determinano gran parte dei comportamenti dei suoi componenti, ma anche che, fortunatamente, al modificarsi di queste condizioni culturali e materiali anche questi comportamenti mutano. Insomma, i comportamenti dei gruppi presi in esame non dipendono dal dna, ma da condizioni di base che variano nel tempo. Nel caso di molti nigeriani DI OGGI, alcune cose mi sentirei di dirle come osservatore, cioè come persona che nella sua attività sindacale ed avendo anche vissuto alcune esperienze personali come lavoratore occasionale da ragazzo, ha avuto modo di conoscere diversi africani, e soprattutto nigeriani.
 
La gran maggioranza delle famiglie tradizionali Igbo e Africane è patrilineare e patriarcale e molte famiglie sono poligame. Un fattore più culturale che religioso. La donna sposata prende il cognome del marito e si trasferisce a casa di lui, non avvviene mai l’opposto e deve convertirsi alla religione del marito se è diversa dalla sua.
 
Il compito di educare un bambino vale per la donna, ma anche per l’intera comunità in cui vive, ogni anziano ha il “diritto e dovere” di richiamare l’attenzione ma anche di punire un bambino che sbaglia. La famiglia non è considerata completa senza figli. Una donna che non ha figli è considerata una disgraziata. Una fallita.
 
La famiglia allargata africana porta a considerare ogni anziano “padre” o “zio”, madre o zia, a secondo del rapporto di parentela o amicizia di quella persona con la famiglia. Ci sono interi villaggi e comunità che non si sposano tra di loro perché considerati figli della stessa famiglia, e quindi per evitare di commettere l’incesto.
 
Quale ruolo della donna emerge da questo scenario? Che la donna è nettamente inferiore all’uomo. Non ci sono cazzi. La cosa curiosa è che, di tutte le nigeriane che ho conosciuto, si notava una certa tendenza alla ribellione e i maschi della famiglia, o i fidanzati, si dovevano mostrare particolarmente energici e decisi, per imporsi sulle “loro” donne. In altri termini, ho notato una cosa molto strana e inquietante, una contraddizione – che mi piacerebbe fosse confermata o smentita da qualche lettore. La donna nigeriana per la mia esperienza vuole fare sempre di testa sua. Si dimostra abbastanza legata a stereotipi femminili, soprattutto di tipo estetico. I maschi di riferimento reagiscono però in modo perentorio a certe intemperanze. Le donne alla fine cedono sempre, ma solo di fronte a uomini energici in tal senso e tendono a sottovalutare quei maschi che non lo sono. Insomma, per quel che ho avuto modo di vedere, le donne nigeriane non cambiano facilmente idea a seguito di un ragionamento condiviso o di una scoperta che hanno fatto, ma solo se qualche autorità superiore (spesso il maschio, ma può essere anche un anziano/a) si incazza di brutto. Allora, e solo allora, cambiano comportamento… una cosa che ho sempre trovato incredibile, per come sono abituato io in questo paese e per com’è nella mia cultura. Io, a esempio, posso cambiare idea o comportamento per paura o perchè qualcuno mi ha spiegato meglio la faccenda, oppure per empatia. Nella cultura nigeriana pare che cambino idea e comportamenti solo per paura di una autorità.
 
Nelle zone rurali, soprattutto del nord, le donne lavorano in genere più dell’uomo. Esse costituiscono infatti il 60% della forza lavoro e producono fino all’80% delle derrate alimentari. Quando la donna svolge un lavoro retribuito (sono poche ad avere questa fortuna) riceve una paga notevolmente più bassa di un uomo a parità di mansione.
 
Ma nella maggior parte dei casi il lavoro svolto dalle donne nelle zone rurali non è neppure retribuito. Il 40% delle donne è analfabeta, schiave dei padri prima e dei mariti poi.
 
La scarsa considerazione riservata alla donna è inoltre riscontrabile nella gestione dell’eredità paterna, infatti, questa non viene suddivida tra le figlie ma viene distribuita tra i parenti prossimi (ovviamente maschi) e alla donna verrà assicurato un posto solo nella famiglia del marito.
 
Ancora molto diffusa è la mutilazione degli organi genitali femminili e anche la pratica di concedere in matrimonio una donna indipendentemente dalla sua volontà anche quando è ancora una bambina.
 
Sul fattaccio di cronaca occorrerà ancora attendere, come già detto, ma al momento – per quella che è stata la mia esperienza – non so proprio di cosa dovremo sorprenderci. La poveretta ha detto di no a una qualche richiesta, e lui l’ha uccisa, ma non si tratta, come nei casi che tanto piacciono a “chi l’ha visto” e “quarto grado”, di un diniego legato alla passione, all’amore, o al pagamento degli alimenti. Per i vari Innocent, le donne dicono di no con una certa consuetudine, e cambiano idea solo se bastonate…
Beninteso, anche nella nostra cultura (e per fortuna) esistono dei “ruoli”, dei “punti di riferimento”, delle bussole, ma, in primo luogo, essi sono elastici. In secondo luogo, nel tempo hanno assunto la funzione di connotare di senso la nostra esistenza, e non come strumenti di sopraffazione.
Se davvero qualcuno pensa come ineluttabile la migrazione (e per me non è per niente un fenomeno ineluttabile), è bene che faccia i conti con la disomogenietà tra le culture e che faccia una scelta, chiara e forte.
A mio modo di vedere, alcune culture non sono integrabili nel senso classico del termine. Albanesi e rumeni, ad esempio, sono integrabili e la seconda generazione è già integrata alla grande. Anche i senegalesi. Altri gruppi no, non sono integrabili, ma le loro culture devono essere modificate con l’asprezza delle nostre leggi, che dovrebbero considerare come aggravanti il fatto di non avere cittadiananza italiana, in particolare per i reati contro la persona, ma anche gli illeciti contro la proprietà e il disturbo della quiete pubblica.
A mio modo di vedere per alcune culture deve essere preparato con cura  un percorso, e molto rigido, solo al termine del quale potrà essere considerata la piena integrazione nel paese ospitante. Non so se qualche partito politico dica qualcosa del genere, non è una questione elettorale, anche se a molti piace in questi giorni buttare tutto in vacca parlando di programmi politici.
Se qualcuno però vuole afrettarsi a derubricare quel che dico a razzismo è invitato a curarsi da uno bravo! Qualcosa del genere l’ho visto applicato in Svizzera, ove si parlano 3 lingue ufficiali e dove sono stati ospitati molti migranti con profitto reciproco nel corso dell’ultimo secolo. Se i nigeriani che scelgono di vivere in Italia non abbandoneranno una quota significativa della loro cultura (così come fatto dagli italiani e dai turchi in Svizzera) e non saranno COSTRETTI con la forza ad abbracciare la nostra, aspettatevi negli anni una moltiplicazione di fatti di cronaca come quello di Macerata e una deriva italiana da ghetto americano.01/02/2018 Massimo Bordin

Noemi, Pamela, discriminazione mediatica ed ipocrisia. Generalizzare, quando è politically correct va bene, e quando è da condannare

Pamela assassinoNoemi e Pamela.  Due storie parallele e simili.
 
La prima sfruttata fino all’ultimo da TG e “info intrattenimento” per dimostrare la “violenza maschile” e sulle donne.
Morboso attaccamento ai particolari senza mai evidenziare i suoi problemi famigliari e di droga.  Ma non per rispetto.
Perché non erano utili al feticcio del “femminicidio” da sventolare.
Noemi rimane sugli schermi e apre alcuni TG tutt’ora.
Pamela.
Vittima dei tempi e dell’ingenuità che nei 18 anni ci sta tutta e che oggi qualcuno vorrebbe affibbiare come colpa.  L’eroina è un mostro “gentile ” che ti annulla anche a 50 anni. Figuriamoci a 18.
Pamela non apre i TG né pomeriggi “info intrattenitori” . Nel TG 3 finisce dopo il commissariamento della FIGC.
Le pagine femministe tacciono e nel silenzio urlano tutta l’ipocrisia che non ci sta in un “manifesto firmato da 180 attrici contro gli abusi”. Pamela scompare nel mantra politicamente corretto ,nonostante sia stata smembrata, vilipesa, illusa.
 
La sua colpa sta nel suo aguzzino e nella melanina.  Oggi non esistono carnefici che non siano maschi bianchi.
Il resto va dietro la lavagna del ” razzismo “.
 
E allora via a parlare di ” drogata” “ragazza difficile” “con una famiglia pessima” “era in overdose e lui si è spaventato”.
 
Il razzismo sta in questo..
In due vite parallele.
Una utile al mainstream quotidiano e al politicamente corretto.
L’altra no .
Pamela ci insegna,se ancora ce ne fosse bisogno, che l’informazione ha smesso di essere tale da tempo.
È propaganda.
 
E che il femminismo moderno è un contenitore isterico di ipocrisia.
 
 
Se il 40% degli stupri totali commessi in Italia vengono ascritti a immigrati, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se il 31% degli omicidi commessi in Italia vedono esecutori stranieri, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se oltre il 52 % delle.rapine violente con percosse e torure commesse in Italia vedono autori stranieri,, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva.
 
Se ogni attentato terroristico porta sempre alla stessa matrice, non bisogna generalizzare perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva..
 
Insomma, non esiste evidenza che possiate presentare ai comunisti, senza che loro vi liquidino così.
Non bisogna generalizzare MAI, perchè la responsabilità è sempre individuale e mai collettiva…….
Salvo che uno squilibrato bianco ed italiano non si avvolga in una bandiera tricolore e spari dei colpi a titolo personale verso afrcani, nel qual caso allora la responsabilità diviene all’improvviso collettiva con Salvini che viene indicato quale “mandante morale” generalizzando su ogni elettore di destra ravvendendoci un complice, e con tutto il paese che non vota comunista chiamato dalla sinistra a chiedere scusa e magari ritirare la LEGA dalla scena politica lasciando spazio al.PD.
Dalla bacheca di Fabio Armano.

VORREI MA NON POSSO.

Pamela assassino
Ovvio che non avrebbe pagato. Nessuno pagherà, sarà archiviata come morte naturale? La vittima è il nigeriano, vittima di un complotto razzista va a finire. Se è stata squartata dopo la morte, a che serviva tutta quella candeggina? Un corpo morto non butta sangue, ma forse anche la scienza forense è razzista.
Vorrei sapere come mai lo spacciatore squartatore assassino di Pamela Mastropietro (definito pervicacemente ‘presunto’ dai media supergarantisti a intermittenza) era libero di delinquere in Italia.
 
Vorrei conoscere i nomi di chi non ha applicato le (blande) leggi esistenti.
 
Vorrei essere informato sui tempi e sulle circostanze dei reati da lui commessi da quando è sul territorio nazionale.
 
Vorrei conoscere il nome del prestanome, intestatario dell’appartamento e delle utenze dove viveva – base operativa dello spaccio – e dove ha macellato una povera ragazza 18enne.
 
Vorrei sapere chi lo ha aiutato sin dall’inizio a radicarsi senza diritto nella nostra Nazione. Chi lo ha trasportato in Italia, chi gli ha dato sostegno e assistenza, dove ha vissuto e persino che quali luoghi frequentava.
Vorrei conoscere il nome dell’avvocato (ovviamente pagato copi soldi degli italiani, grazie al gratuito patrocinio garantito per legge) che lo ha assistito per trovare i cavilli giuridici a eludere ogni controllo.
 
Vorrei anche sapere il contenuto dei fascicoli giudiziari con la sua storia di clandestino.
 
Vorrei leggere le interviste a chi lo ha conosciuto e frequentato. Persino di chi gli ha venduto la candeggina dopo il delitto con la quale ha lavato accuratamente i resti di Pamela per far sparire ogni traccia di DNA come insegnato dai telefilm polizieschi.
 
Vorrei leggere che la polizia si interroga sui nomi dei probabili complici, partecipanti alla bestiale mattanza di Pamela.
 
Vorrei che qualcuno mi dicesse che fine hanno fatto le parti mancanti del corpo della ragazza.
 
Vorrei leggere analisi e commenti sul retroterra culturale che sta dietro a uno squartamento rituale. Essere adeguatamente informato sulle pratiche cannibalistiche dell’Africa nera. Sui riti voodoo, sul satanismo o sul culto di Osiride.
 
Vorrei che la vita di Innocent Oseghale (strano destino che un delinquente assassino abbia come nome proprio ‘innocente’) venga analizzata pubblicamente in ogni dettaglio come quella di un Luca Traini qualsiasi.
 
Vorrei tutto questo proprio perché non sono razzista.
Vorrei davvero, infatti, che lo spacciatore assassino venga trattato come fosse un italiano qualsiasi. E peggio per lui!
Gianluca Castro -FB

Immigrato espulso 3 volte era ancora in Italia: ha ucciso 3 italiani senza pietà

Zakaria IsmainiIndignazione? Solidarietà? Mandandi morali? Come mai non viene usata la parola strage?
 
26 gennaio 2018
“Era un serial killer”, Zakaria Ismaini uccise Luna Stellato e altre due persone
Le motivazioni dei giudici alla condanna a 30 anni per “la ritualità del delitto, quella sorta di celebrazione di una cerimonia orrida ed oscura”
FONTE: RIMINI TODAY
 
SERIAL KILLER DI ITALIANI POTEVA ESSERE ESPULSO NEL 2008: 3 ERGASTOLI
Era un serial killer” di italiani, Zakaria Ismaini
Condannato a 30 anni per la morte di Anna Maria Stellato, la 24enne ligure il cui cadavere fu trovato nelle acque di Torre Pedrera, all’ergastolo per l’omicidio di Cosimo Mastrogiovanni, 63 anni pensionato di Latiano bruciato vivo il 10 novembre 2014, e reo confesso per l’omicidio della 50enne Letizia Consoli, una vedova uccisa a Catania il 7 febbraio 2015 colpita alla testa e gettata in mare, Zakaria Ismaini si è guadagnato l’appellativo di serial killer dai giudici della Corte d’Assise di Rimini. Nel 34enne marocchino, come si legge nelle motivazioni della sentenza dei giudici riminese, “va evidenziata la peculiarità del caso di specie, commesso da un assassinio seriale”. Il nordafricano viene definito, nel suo comportamento, compatibile con la definizione in scienza criminologica dell’assassino seriale per “la ritualità del delitto, quella sorta di celebrazione di una cerimonia orrida ed oscura”.
 
C’è un dato importante, secondo la Corte “la vulnerabilità accomuna poi tutte le vittime di Ismaini – si legge nelle motivazioni – Letizia Consoli era una vedova cinquantenne, che aveva l’abitudine di vagabondare per le strade di Catania. Cosimo Mastrogiovanni viveva solo da tempo e cercava una compagnia, indifferentemente maschile o femminile e Ismaini si era recato a casa della vittima molto verosimilmente per fornirgli prestazioni di tipo sessuale, a seguito di un contatto su di un sito internet dedicato agli incontri. Infine Anna Maria Stellato era una giovane donna dalla corporatura assai esile, con problemi di tossicodipendenza risalenti nel tempo”.
 
Nella sentenza emerge la figura di un uomo conosciuto dalle forze dell’ordine italiane già nel 2008, anno del suo primo arresto a Rimini per resistenza e danneggiamento. Nel 2012 viene interrogato e sospettato dai carabinieri proprio in seguito alla morte della Stellato. Ismaini ricompare a Catania dove nel 2013 si prende una denuncia per aggressione e un anno dopo, nel 2013 uccide Mastrogiovanni a Latiano. In tutti e tre i casi di omicidio, Ismaini fatalmente commette un errore, quello di impossessarsi del telefonino delle vittime e chiamarle nei giorni successivi, quando erano già morte. Chiamate che secondo la sentenza non sono “frutto di un errore bensì di un modus procedendi abituale dell’imputato” che freddamente tenta di crearsi un alibi.
 
Se l’avessero espulso nel 2008, al primo reato conosciuto, tre italiani sarebbero ancora vivi. Se l’avessero espulso nel 2013, dopo il secondo reato conosciuto, due italiani sarebbero ancora vivi. L’immigrazione uccide. E uccide, anche, perché chi commette reati non viene espulso. Magari perché qualche pervertito dell’accoglienza protesta.

Migrante gli sfonda il cranio, condannato a soli 14 anni grazie a sconto pena

omicidio_roccagloriosa_1dicembre 19, 2017
E’ arrivata la condanna, se così possiamo definirla: 14 anni di carcere per avere ammazzato sfracassando la testa ad un italiano con una zappa.
 
Questa la ‘pena’ per Florin Nutu, il rumeno 39enne che il 29 novembre del 2016 ha ucciso Vincenzo Caruso, sessantasettenne, di Roccagloriosa, Caserta.
 
Il delitto si era consumato davanti all’abitazione dell’anziano. La sentenza, emessa dai giudici del Tribunale di Vallo della Lucania, giunge dopo la celebrazione del rito abbreviato. E torniamo a questo problema:
 
Con il rito abbreviato c’è uno sconto di 1/3 della pena. Non che 21 anni sarebbero stati sufficienti, ma 14, che considerata la sicura buona condotta scenderanno alla metà, è osceno. Come questo Stato di merda.
Omicidio Caruso, condannato a 14 anni Florin Nutu
Pubblicato il 18 dicembre 2017
 
Rumeno condannato dopo rito abbreviato
 
Si è svolta stamattina presso il Tribunale di Vallo della Lucania l’udienza che ha definito il processo a carico del rumeno Florin Nutu, imputato per l’omicidio del sessantasette Vincenzo Caruso accaduto a Roccaloriosa il 29 novembre 2016.
Il trentanovenne rumeno che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato alla pena di 14 anni di reclusione, all’interdizione legale per lo stesso periodo e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre al pagamento delle spese giudiziarie.
 
In apertura l’imputato ha reso dichiarazioni spontanee, accettando poi di sottoporsi all’esame delle parti; dopo la requisitoria del Pm Ivana Niglio, hanno discusso i difensori di parte civile Speranza e Paradiso che hanno sostenuto la tesi dell’omicidio volontario; successivamente ha preso la parola il difensore dell’imputato Gaetano Lipiani che ha sostenuto la tesi dell’eccesso colposo in legittima difesa e, in subordine, il carattere preterintenzionale dell’atto omicidiario.
 
Nel dispositivo, letto dopo quasi tre ore di camera di consiglio, il Giudice ha escluso sia l’aggravante dei futili motivi che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche limitandosi ad applicare la diminuzione di un terzo della pena edittale per la scelta del rito abbreviato, ed applicando di fatto la pena massima irrogabile attesa la scelta del rito abbreviato.
Il Giudice Maria Lamberti ha deciso anche sulle statuizioni civili condannando l’imputato al risarcimento dei danni a favore di ciascuna delle quattro parti civili disponendo per ciascuna una provvisionale di 30 mila euro e la refusione delle spese legali quantificate in 4.644 euro oltre accessori per ciascun difensore.
 
L’avv. Vincenzo Speranza, difensore delle sorelle della vittima costituite parti civili Caruso Sofia e Caruso Vittoria e l’avv. Salvatore Paradiso, patrono di parte civile per l’altra sorella Caruso Anna e per il fratello Caruso Antonio hanno espresso piena soddisfazione: “aspettiamo di conoscere le motivazioni della sentenza ma sin d’ora sottoliniamo che è stata pienamente accolta la nostra linea difensiva con il riconoscimento del carattere volontario dell’omicidio e la mancata applicazione delle attenuanti generiche”.
 
Secondo gli avvocati di parte civile restano ancora però dubbi sul reale movente dell’omicidio che non può essere sicuramente quello del mancato pagamento della somma di 500 euro.
La vicenda giudiziaria però non ha ancora trovato la parola fine perchè non è difficile immaginare che la sentenza, di cui si conosceranno le motivazioni entro 90 giorni, sarà appellata dalla difesa del Nutu.
 
Nelle more l’imputato resterà recluso nel carcere di Salerno con sospensione dei termini di custodia cautelare.

Marsiglia, invoca Allah e accoltella a morte due ragazze. Ucciso dalla polizia

francia ragazze accoltellatenon è vero. E’ solo una percezione, questo femminicidio non è mai avvenuto, è un racconto distorto dei populisti anti immigrazione

(Reuters) – Un uomo è stato ucciso nella stazione Saint-Charles a Marsiglia dopo aver attaccato alcuni passanti con un coltello. Lo riferisce France Info che cita la procura antiterrorismo. Secondo Le Figaro, due persone sono rimaste ferite gravemente in un primo momento ma subito dopo dichiarate morte. Le due vittime sono due donne: secondo Bfm-Tv, una è stata sgozzata l’altra pugnalata al torace. Le due ragazze avevano 17 e 20 anni.
 
L’assalitore gridava Allah u Akbar. Si tratta di un uomo di circa 30 anni noto alla polizia per precedenti reati di diritto comune come scippi e traffico di stupefacenti. Non risulta che sia stato schedato come potenziale terrorista o radicalizzato, anche se la sua pericolosità è dimostrata dal fatto che fosse stato individuato con 7 identità diverse in vari paesi del Maghreb.
Nelle riprese video della stazione di Marsiglia, si apprende, l’uomo appare seduto, fermo su una panchina. Poi, lo si vede alzarsi all’improvviso e passare all’azione. Secondo alcune testimonianze raccolte, l’uomo ha colpito con un grosso coltello, ma addosso la polizia gliene hatrovato un secondo. La stazione di Saint-Charles è stata evacuata dopo l’attacco. La Sncf, società delle ferrovie francesi, ha annunciato su twitter che il traffico in entrata e uscita dalla stazione «è interrotto». Secondo quanto si apprende, l’antiterrorismo indaga sull’ipotesi di “omicidio a scopo terroristico, tentato omicidio di pubblico ufficiale, associazione per delinquere”.
Dal 2015 è sttao raggiunto un totale di 239 persone uccise in Francia dai jihadisti, secondo il conto tenuto dall’Associated France press.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, si è detto «“profondamente indignato per l’atto barbaro” di oggi alla stazione di Marsiglia, dove due ragazze sono state uccise da un attentatore. In un tweet sul suo account ufficiale, il presidente si dice vicino alle famiglie e rende omaggio “ai militari di Sentinelle
e ai poliziotti che hanno reagito con sangue freddo ed efficacia».
 
«Rabbia e tristezza per le vittime. Sostegno ai militari e ai poliziotti di Sentinelle che ci proteggono. Noi non abbassiamo la guardia”. Questo il tweet postato dal primo ministro, Edouard Philippe, oggi pomeriggio dopo l’attentato di Marsiglia. «Marsiglia: dopo l’attacco compiuto vicino alla stazione Saint-Charles, mi reco immediatamente sul posto», aveva in precedenza annunciato su Twitter il ministro dell’Interno francese, Gérard Collomb.

Torino, violenta lite al mercato: uomo ucciso con una coltellata alla gola

mercato_torino3Niente di che alla fine, un banale incidente sul lavoro alla fine.  Anche la famiglia della vittima sembra più preoccupata di far consenso politico. Peccato che a parti invertite, quando la vittima è uno straniero queste parole non le pronuncia nessuno ma si invoca a leggi speciali.

Omicidio al mercato a Torino, i familiari della vittima: “Non usate il nostro dolore per prediche razziste”


Lite finita in tragedia a Torino, dove un 52enne italiano è morto per una coltellata al collo. È successo alla periferia nord della città, al mercatino del libero scambio “Il Barattolo” in via Carcano. Erano le 7.30 di mattina quando Maurizio Gugliotta, originario di Catanzaro ma residente a Settimo Torinese, è stato aggredito da un 27enne nigeriano, che l’ha colpito alla gola.

Khalid Be Greata, questo il suo nome, è stato arrestato dalla municipale. Aveva aggredito anche un altro uomo, ferito solo lievemente al petto, grazie agli abiti spessi che indossava. I soccorritori hanno cercato inutilmente di rianimare la vittima per quasi 40 minuti, ma non c’è stato niente da fare. Inizialmente era stata recintata solo l’area in cui era avvenuto il delitto. Il mercatino del libero scambio è rimasto aperto per l’intera mattinata, poi sono cominciate le operazioni di chiusura delle attività.

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/torino_mercato_libero_scambio_omicidio-3303367.html

in attesa che l’episodio si ripeta??? Ma facciamo finta di niente, anzi, raccontiamoci che son tutte bufale

Cagliari, allarme furti al mercato di piazza del Carmine. La protesta dei commercianti
Il mercato di piazza del Carmine
I furti e gli scippi sono in continuo aumento a Cagliari e gli operatori del mercato della domenica protestano: “Piazza del Carmine è diventata un luogo pericoloso, siamo preoccupati”, afferma una commerciante.
“I gruppi di ragazzi extracomunitari prendono di mira i nostri banchi, soprattutto quelli in cui lavorano persone da sole, ci rubano le cose, – fa eco un’altra – e ne approfittano quando c’è un momento di distrazione”.
La situazione per chi lavora nella zona è diventata insostenibile.
(Redazione Online/P)
IL SERVIZIO DEL TG DI VIDEOLINA

http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2017/10/08/cagliari_allarme_furti_al_mercato_di_piazza_del_carmine_la_protes-68-653155.html

NUOVO OMICIDIO STATALE: CITTADINO ITALIANO SI TOGLIE LA VITA PER LA DISPERAZIONE DOPO AVER VISTO LA SUA CASA PIGNORATA E VENDUTA ALL’ASTA

suicida Carraraecco quanto ripaga una vita di lavoro in questa specie di nazione tanto tanto civile e progressista. Si ringrazia lo stato assassino. Miss Boldrini Le interessa come vivono ora moglie e figli? Per carità, sono autoctoni, che crepino. W la solidarietà che discrimina.


CARRARA. La figlia Serena gli aveva passato i mattoni. Mattone dopo mattone quella villetta a due piani il padre l’aveva tirata su dal nulla, trentasei anni fa.

Camminerà a testa alta. Ma non doveva uccidersi, prima doveva farne un cumulo di macerie.. L’amico ha comprato i mattoni, solo quelli doveva trovare. Mattoni è macerie. Un abbraccio alla tua famiglia che viene privata di un uomo importante. Peccato che i tuoi nipoti non siano bastati a cacciare via questi brutti pensieri. A sua moglie un abbraccio più forte, non sentitevi in colpa, lo avrebbe fatto comunque, se era quella la sua idea. Deve essere stato un uomo in gamba. Che peccato che certi amici non se li meritino affatto.
 
Lui non sapeva, ma aveva capito tutto.. a certe tragedie di vita non è facile sopravvivere. No. Questa società non può privare della casa una famiglia solo perché non era una grotta, la casa è fondamentale. Tutto questo ai veri furbetti non accade comunque.. È uno schifo. Condoglianze ai cari, siate forti, siate saldi, vostro padre vi seguirà ovunque sia.
 
Giuseppe si era costruito mattone dopo mattone la villetta a Carrara, gliel’ha comprata un amico. I figli hanno deciso di raccontare la sua storia per denunciare un sistema che ha portato loro padre a un gesto così estremo: “Nostro babbo non ha retto. Ma camminerà sempre a testa alta”. I funerali con la canzone “sua” e di Francesco Gabbani
 
CARRARA. La figlia Serena gli aveva passato i mattoni. Mattone dopo mattone quella villetta a due piani il padre l’aveva tirata su dal nulla, trentasei anni fa. Un pezzo di terreno a Bonascola, popolosa frazione alla periferia di Carrara, era diventata la casa, la casa per la vita. Un traguardo, un punto fermo per Giuseppe Pensierini, imprenditore edile di 61 anni con un grande amore per la musica.
 
I FATTI
 
Lui aveva cominciato a lavorare a dieci anni, a diciannove aveva aperto la partita Iva (un’eccezione alla regola visto che una volta bisognava aspettare di averne ventuno) e si era sposato con la sua Antonella. Erano nati i figli, Serena e Massimiliano e la piccola impresa edile era diventata sempre più fiorente: dieci anni fa, prima della crisi, dava lavoro a cinquanta dipendenti.
Poi tutto è andato storto. Gli affari si sono fermati. Sono arrivati i problemi. Le cartelle di Equitalia, sempre più pesanti. Le banche, il pignoramento e una certezza che ha cominciato a traballare.
Per la casa di Bonascola Giuseppe aveva firmato un fondo fiduciario per la vita: «Era certo che non gliela avrebbero mai toccata», racconta la figlia Serena. Ma non è stato così. Per questa vicenda c’è una causa in corso, da tempo ormai. In tribunale la sentenza è attesa per il prossimo anno, il 2017.
 
Giuseppe Pensierini non ha aspettato. Non ce l’ha fatta, perché nel frattempo la sua villetta a due piani, con una mansarda piena della sua musica, è stata venduta all’asta, venerdì scorso, poco prima dell’una. Lui ci ha provato fino all’ultimo a difendere quei mattoni, messi su con il sudore della fronte. Proprio lunedì scorso aveva presentato la domanda in tribunale per chiedere di poter acquistare lui l’immobile. Ma la quarta asta non è andata deserta. La casa l’ha comprata un amico, uno che Giuseppe conosceva bene. La moglie e i figli non hanno avuto il coraggio di dirglielo: «L’ho detto anche all’avvocato, al babbo non diciamo nulla, solo che è andata male – racconta Serena – Ma lui l’aveva capito. Me lo aveva detto: il mio amico guarda troppo la nostra casa, l’ho visto io».
 
In una mattinata di ottobre due certezze crollate: quelle della casa, per la vita, e dell’amicizia, che dovrebbe durare per sempre. Giuseppe non ha retto. Ma ha fatto finta di nulla. Ha perfino sorriso alla moglie Antonella, con cui era sposato da 42 anni, quando lei gli ha sussurrato: «Dai Giuseppe, ricominceremo piano piano, proprio come tanto tempo fa, quando eravamo giovani».
Lui non le ha risposto. È stato silenzioso. Troppo silenzioso per la figlia Serena che ha cercato di portarlo con lei a prendere i nipotini, proprio quei nipotini che avevano preparato a scuola la lettera per la festa del nonno. Ma lui ha accampato una scusa, ha detto che doveva andare a Sarzana, che doveva vedere una persona per questioni di lavoro, quel lavoro che dopo i rovesci finanziari aveva provato a rimettere in piedi all’estero, in Marocco e in Tunisia. Serena non era tranquilla: «Un anno fa lo aveva scritto all’avvocato, “se mi portano via la casa mi ci impicco dentro”. Da allora avevo paura per lui. Gliel’ho anche detto: babbo non farmi stare in pensiero». Ma quando Giuseppe ha cominciato a non rispondere più al telefono, il genero e la moglie Antonella sono andati di corsa a casa. Hanno visto la botola della soffitta aperta. In un primo momento hanno pensato che stesse cantando. Giuseppe Pensierini a Sarzana non ci era mai andato. La macchina non è uscita dal garage. Lui ha scritto due biglietti, in stampatello: uno indirizzato all’amico che ha comprato la sua casa all’asta e l’altro ai giudici del tribunale di Massa.
 
LA LETTERA ALLA MOGLIE
E una lettera più lunga, e struggente, vergata a mano e firmata, per la moglie Antonella: «Scusami ma non potevo più vivere, sarei morto lentamente e io non volevo che soffrissi tanto. Spero di ritrovarti in un mondo migliore dove posso sposarti di nuovo».
Poi Giuseppe ha preso la corda e si è impiccato. Dentro alla sua casa. Alla scaletta della mansarda che lo aveva visto tante volte felice, dove andava a cantare. Dove aveva composto una canzone, “Il cuore di un bambino” musicata da Francesco Gabbani. Quel brano verrà suonato oggi al suo funerale . Un funerale che sarà celebrato nella chiesa del paese, in una comunità provata dal dolore a cui si rivolgono con una lunga lettera i figli di Giuseppe Pensierini, Serena e Massimiliano, che hanno voluto rendere pubblica la storia.
 
I FIGLI: “CAMMINERAI A TESTA ALTA”
«Diciamolo chiaramente che questo gesto non è stato fatto perché veniva a mancare un tetto e quattro mattoni, ma per la delusione, il rimorso di aver commesso degli errori, l’averci provato in tutte le maniere, aver provato a far capire ai giudici e non essere ascoltato – scrivono i figli – Noi ripetiamo quello che tu ci hai chiesto di far sapere, ma non ti assicuriamo che le persone coinvolte riusciranno a farsi un esame di coscienza». «Ovunque tu sia babbo – si chiude la lettera – camminerai a testa alta. Te lo meriti».
di admin · 19 luglio 2017  – FONTE QUI

Ferrara, uccide moglie e figlio e si toglie vita in strada: aspettava sfratto

ferrara omicidio suicidionon capiscono il disagio. Eh già, gli amministratori ed i cosiddetti uffici per i servizi sociali che fanno, dormono? Non hanno idea chi nel loro comune è sotto sfratto? Tanto che fanno? Case per loro NON CI SONO. Per loro l’italiano è ricco ed evasore. Le vite da salvare? Certo non degli italiani che pagano lo stipendio DEI LORO ASSASSINI


Ferrara, uccide moglie e figlio e si toglie vita in strada: aspettava sfratto
A Ferrara, un 77enne ha sparato e moglie e figlio prima di dare fuoco alla casa e poi, in strada, togliersi la vita

Ha sparato alla moglie 73enne Mariella Mangolini e al figlio Giovanni, 48 anni, uccidendoli. Poi ha dato fuoco all’abitazione, in pieno centro a Ferrara, quindi è sceso in strada e si è tolto la vita con un colpo di pistola. Un dramma familiare che ha come protagonista un antiquario di 77 anni, Galeazzo Bartolucci. Il suo corpo è stato trovato intorno alle 7.30 sotto i portici dell’Oca Giuliva, in via Boccacanale di Santo Stefano, di fronte al civico 32: un commerciante in zona ha sentito l’esplosione dei colpi di pistola e ha avvertito le forze dell’ordine. Per terra, accanto al corpo, c’era una pistola a tamburo calibro 38 con al quale l’uomo si era appena sparato. Trovati anche i corpi senza vita di due gatti.

Lo sfratto
Sono ancora da chiarire le ragioni, ma per gli investigatori si tratterebbe di un omicidio suicidio. Ma l’origine dela tragedia familiare è forse da cercare nelle condizioni economiche dell’ex antiquario, molto noto in città. L’uomo attendeva lo sfratto esecutivo dall’abitazione in piazzetta privata Fratelli Bartolucci: a mezzogiorno, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto dare corso al provvedimento. Un mese fa era avvenuto il primo accesso di sfratto non eseguito perché la casa era piena di mobili e da svuotare.

L’assessore, «amarezza per non aver capito il disagio»
«La famiglia Bartolucci non si è mai rivolta all’ufficio abitazioni» del Comune di Ferrara «per richiedere un’eventuale assistenza dovuta ad emergenza abitativa, come non risultano contatti negli ultimi anni con l’Asp per problematiche sociali». Lo chiarisce l’assessore comunale al Welfare di Ferrara Chiara Sapigni, intervenendo con una nota sulla tragedia avvenuta nel centro storico. «Resta pertanto – prosegue l’assessore – una grande amarezza e il rammarico di non aver potuto capire il grande disagio che la famiglia stava vivendo ma che, forse, per dignità ed orgoglio non si è avvicinata ai servizi comunali preposti».
4 agosto 2017 (modifica il 4 agosto 2017 | 16:39)
http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_04/ferrara-uccide-moglie-figlio-si-toglie-vita-strada-34f1eb3a-78f2-11e7-9267-909ddec0f3dc.shtml