Il predestinato del Club Bilderberg

Dico la mia (e poi mi taccio) sulle elezioni presidenziali francesi. Apprendo da Internet macron attali2delle trame di Jacques Attali, il banchiere gran suggeritore di strategie mondialiste e stratega impegnato nella distruzione di identità, diritti, garanzie sociali in nome del potere finanziario internazionale senza volto (ma con molto culo), quel progressismo liberal che tanto piace anche ai coglioncelli liberali nostrani.
Apprendo quindi che fu Attali nel 2014 a presentare alla riunio…ne di quelli che tramano nel Club Bilderberg, questa sua giovane creatura di plastica in grado di rimpiazzare la rovinosa caduta del piccione Hollande e dare la mazzata finale allo Stato sociale in versione francese.
 
Da subito il promettente Macron si mise all’opera nel governo del Presidente che i francesi avevano scelto in massa dimostrando già allora la forte propensione ad essere fregati alla grande.
Dalla penna di Macron – divenuto ministro del piccione – infatti è uscita la legge che ha distrutto le garanzie del lavoro, premessa antisociale ad una serie di altri provvedimenti “global” come la svendita dei gioielli di famiglia dell’industria francese.
Non ci resta che stare a vedere cosa combinerà su questa strada la marionetta locale del Bilderberg anche se non ci vuole molta fantasia per indovinarlo.
Certo è che le strategie mediatiche dei vampiri internazionali si vanno sempre più affinando e le tecniche di controllo (del pensiero) di chi ancora cerca di contrastarle stanno sempre più diventando poliziesche.
Un altro piccolo esempio ci viene dalle elezioni tedesche di ieri in un Land, lo Schleswig-Holstein, nel quale come avevo facilmente previsto tempo fa sulla mia bacheca fb, i votanti locali hanno potuto scegliere con cosa suicidarsi, se con il cappio o con una revolverata, ovvero tra la Merdel e quella faccia da Kapò (per dirla una volta tanto con una immagine azzeccata da quell’altro bel tipo del Berlusca) di Schulz.
 
Anche in questo caso, gli “alternativi” locali dell’AfD (Alternative für Deutschland) che volavano nei sondaggi poco tempo fa, hanno visto un travaso di elettori dal loro campo a quello della Merdel, tentativo estremo (montanellianamente turandosi il naso) di bloccare l’avanzata del più spinto globalizzatore locale, probabilmente peggiore della democristiana dell’Est.
 
Il risultato, ai fini delle strategie mondialiste non cambia ma anche qui i cosiddetti “antieuropeisti” (che probabilmente sono veri europeisti a leggere la loro stampa!) sono stati messi nell’angolo dal quale difficilmente – almeno per il momento – riusciranno a muoversi.
Quando verrà il tempo che gli infamati messi nei ghetti di destra e di sinistra dai loro nemici “centristi” la smetteranno di finire nella trappola degli schemi del passato e si uniranno per rovesciare il sistema che tutti vuol rendere schiavi senza volto e identità?
 
[Nella foto, burattinaio e burattino: Attali e Macron]
di Amerino Griffini – 08/05/2017 Fonte: Amerino Griffini

Elezioni Francia, vincono Macron e gli euroinomani

macronC’era da aspettarselo, in fondo. In Francia hanno vinto il signor Macron, i globalisti, gli euroinomani e, in generale, quell’élite finanziaria che è classe dominante nel rapporto di forza oggi egemonico. L’antifascismo in assenza di fascismo s’è ancora una volta rivelato il fondamento ideologico dell’ultracapitalismo
a cui anche le sinistre hanno venduto cuore e cervello. Ha vinto – occorre dirlo – l’ultraliberismo de-eticizzato e sans frontières, il volto più indecoroso della mondializzazione classista capitalistica tutta a detrimento di masse popolari, lavoratrici e disoccupate.
Per opporsi a Marine Le Pen, si è votato direttamente il Capitale. Per lottare contro il manganello fascista ormai inesistente si è votato per mantenere il nuovo manganello – realmente esistente – del mercato assoluto, globalista e desovranizzato. Macron è esponente della classe dominante, di cui è un prodotto in vitro. Gli utili idioti che l’hanno supportato è come se avessero sostenuto un’immane repressione delle classe lavoratrici e delle masse nazionali-popolari odiate dall’aristocrazia finanziaria.
In merito alle elezioni francesi Il Manifesto – avanguardia del mondialismo e della lotta per il capitale – titolava: “Speriamo che non sia femmina”. E si rivelava per quello che è, il giornale di quelli che in nome dell’antifascismo accettano il capitale, ossia il nuovo manganello invisibile dello spread e dell’austerity,
dei tagli alla spesa pubblica e della spending review. Accettano esattamente ciò contro cui Marx e Gramsci lottarono per tutta la vita.
Gli sciocchi che hanno appoggiato Macron contro il cosiddetto nazismo della Le Pen farebbero bene ad aprire gli occhi e prendere coscienza del fatto che il solo nazismo oggi esistente è quello dell’Unione Europea e del fiscal compact, del “ce lo chiede il mercato” e dell’austerità depressiva. Hitler non torna con baffetto e svastica: è tornato parlando inglese e condannando tutti i crimini che non siano quelli del mercato, difendendo l’apertura globalista dei confini e la libera circolazione delle merci e delle persone mercificate.
Benvenuti nel tempo del nazismo economico, il nazismo 2.0.
di Diego Fusaro – 08/05/2017

Il piano di Macron: 120 mila licenziamenti

macron programmeEmmanuel Macron, l’uomo di Rothschild, delle banche d’investimento, dell’Unione Europea. Il simbolo di un establishment dal volto rassicurante che vuole arginare l’avanzata del Front National di Marine Le Pen e degli euro-scettici.Il voto in Francia potrebbe mutare, infatti, la geografia politica dell’Unione Europea per i prossimi anni. Per questo motivo il ballottaggio del 7 maggio prossimo rappresenta una sfida aperta tra due mondi contrapposti, pronti a fronteggiarsi. I sondaggi, al momento, premiamo l’ex socialista Macron. Ma qual’è davvero la sua ricetta politica? Alcuni osservatori e analisti, come Robert Zaretsky su Foreign Policy, parlano dell’ex ministro di Hollande e del suo movimento En Marche! come «centrismo radicale».
L’estremo centro di Macron, né a destra né a sinistra
«L’ex banchiere 39enne è comunemente definito un centrista – osserva Zaretsky – Tale definizione, tuttavia, ci dice poco. Dovremmo pensare a Macron come l’incarnazione di un centro alla francese, ovvero l’estremo centro». Si tratta di una’espressione che fu coniata dallo storico francese Pierre Serne in relazione alla Rivoluzione Francese: «In particolare – spiega Zaretsky – Serna si riferisce alla restaurazione, il periodo di 15 anni che seguì la caduta di Napoleone e vedeva il ritorno della monarchia borbonica. Serna ha cercato di sottolineare gli sforzi compiuti dalla corte di Luigi XVIII, in pochi anni, per affrontare la sinistra rivoluzionaria e i controrivoluzionari. Chiuso tra queste due visioni del mondo estremamente antitetiche, Luigi e i suoi ministri hanno promosso una posizione dedita al compromesso e alla moderazione, nonché una sorta di proto-tecnocrazia».
Con Macron pronti 120 mila licenziamenti nel settore pubblico
Naturalmente, le differenze tra Macron e Luigi XVIII sono maggiori delle somiglianze. «Da un lato Macron promette di imporre l’austerità al settore pubblico, eliminando 120.000 posti di lavoro in cinque anni; d’altra parte promette importanti investimenti nel settore ambientale, sanitario e agricolo. E’ un amico dei mondi finanziari e industriali, ma si ritrova anche come difensore dei valori rivoluzionari e universali della Francia di libertà e uguaglianza. La grande sfida di Macron non è solo quella di conquistare l’Eliseo, ma di creare un centro estremo funzionale, che non muoia, come ripetutamente è accaduto nel XIX secolo, con brusche battute d’arresto».
Per equilibrare la sua ricetta ultra-liberista, Macron punta sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali; è disponibile a creare un sussidio di disoccupazione universale che coprirebbe tutti, incluso chi è stato licenziato.
Il candidato dell’establishment
Per l’osservatore e analista di Asia Times, Pepe Escobar, esperto di geopolitica e questioni internazionali, tuttavia, «solo un pazzo può credere che Macron incarni il cambiamento quando nei fatti egli è il candidato dell’Unione Europea, della NATO, dei mercati finanziari, della gloriosa macchina Clinton-Obama, dell’establishment francese, degli oligarchi della borsa e dei sei maggiori gruppi mediatici francesi. Sulla stupidità della sinistra che ancora cerca di scimmiottare Tony Blair, c’è ben poco da dire. Il piano di Macron per risparmiare 60 miliardi di Euro di fondi pubblici, che prevede il licenziamento di 120.000 dipendenti pubblici, è il primo ingrediente per un potenziale scoppio di rivolte».
“Sottomissione all’UE”
La probabile vittoria Emmanuel Macron alle elezioni del prossimo 7 maggio sarà nel segno della continuità della politica francese negli ultimi anni, e non del paventato cambiamento. Macron è frutto di un’operazione di marketing ben strutturata, nonostante i proclami dei benpensanti e la retorica dei suoi slogan. Il suo «centrismo radicale» non salverà la Francia dai problemi che la affliggono, dall’immigrazione al terrorismo islamista, fino alla disoccupazione.
Come osserva Diana Johnstone su GlobalResearch, «da presidente, Macron confermerà la sottomissione francese alle norme dell’Unione europea che stanno distruggendo l’economia francese, la politica di guerra della NATO in Medio Oriente e l’ostilità verso la Russia. Marine Le Pen preferisce una politica di pace».
27.04.2017 di R. Vivaldelli

“Eliminare la vita se troppo costosa”: ecco chi è Jacques Attali, maestro di Macron

Macron Attalil’eugenetica politically correct si basa su criteri economici quindi intoccabili, parola di filantropi. Basta dire anti fa ED IL GALOPPINO DELL’ELITE è SERVITO.

Sei povero? EUTANASIA. Magari con fattura inviata ai parenti, ovvio.


La Commissione Attali e l’Italia del 2008, nessuna sorpresa sul programma tanto caro alle sinistre europeiste
 
Parigi, 30 apr – Studi in ingegneria all’École polytechnique, dottorato in science economiche e specializzazione all’Ena, l’École nationale d’administration dalla quale escono i più importanti dirigenti della pubblica amministrazione francese. Il curriculum di Jacques Attali, è di tutto rispetto, con un cursus honorum che dopo numerose esperienze anche all’Eliseo l’ha portato, oggi, ad essere professore di economia all’Università Paris IX – Dauphine.
Attali è anche l’uomo che ha ‘scoperto’ Emmanuel Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. E ora che il candidato di En Marche! si appresta ad arrivare al ballottaggio con non poche chance di spuntarla su Marine Le Pen, è fra i papabili per la carica di ministro dell’Economia. Non sarebbe la prima volta che Attali si presta alla politica, avendo già ricoperto delicati incarichi come quello di collaboratore del presidente Francois Mitterand in un sodalizio cominciato nel 1973 e diventato ancora più stretto quando, nel 1981, l’esponente socialista sarà eletto presidente della repubblica.
 
E proprio del 1981 è l’intervista rilasciata per un libro di Michel Salomon, L’Avenir de la Vie (Il Futuro della Vita), edito per i tipi di Seghers, nel quale Attali spiega la sua visione in merito al futuro dello stato sociale: “Si potrà accettare l’idea di allungare la speranza di vita a condizione di rendere gli anziani solvibili e creare in tal modo in mercato“. Come risolvere il problema? “L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali del nostro futuro”, spiega, aggiungendo che “in una società capitalista, delle macchine permetteranno di eliminare la vita quando questa sarà insopportabile o economicamente troppo costosa“.
 
30/04/2017  Nicola Mattei – Il Primato Nazionale

Peter Sutherland, “pontefice” del Nuovo Ordine Mondiale

Petersutherland
gli amati filantropi, rigorosamente, progressisti, illuminati, intelligenti e tanto ricchi che vogliono il bene delle masse….anche se lavorano per banchieri ed altre companies..

L’agognato governo planetario, nonostante alcune resistenze, come quella di Viktor Orban, continua la sua costruzione. Peter Sutherland, rappresentante delle Nazioni Unite per immigrazione, è uno dei suoi principali architetti. Lui stesso ha lanciato un significativo avviso: “bisogna affossare l’omogeneità nazionale degli Stati”.
Peter Sutherland è un multimilionario irlandese consederato uno dei grandi pontefici del mondialismo allo stesso livelli di George Soros, dei Rockefeller o di Kissinger.
Sutherland ha ricoperto una miriade di alti incarichi internazionali della massima importanza. E’ stato direttore Generale dell‘Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). A livello imprenditoriale è stato presidente chef executive di varie grandi società fra cui la British Petroleum -BP- e la Goldman Sachs International.
Assieme ad altri gurù del preteso Nuovo Governo Globale, ha partecipato e partecipa alle riunioni del Club di Bilderberg, è presidente della Trilateral Commission. Circa 10 anni fa fu designato da Kofi Annan quale rappresentante speciale dell‘ONU per le questioni migratorie, da dove sta lavorando per favorire le tesi mondialiste e, secondo molti, la denominata sostituzione demografica. Southerland è un fervente promotore della necessità di favorire le grandi ondate migratorie verso i paesi sviluppati, ed apertamente ostile al mantenimento delle sovranità nazionali, quelle che lui definisce: “il male attuale”.
Sutherland concepisce le frontiere nazionali come l’ultimo freno per la realizzazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Il movimento come già risaputo è una aspirazione di una elite ultra capitalista sul piano economico per quanto si professi “socialista” o “progressista” sul piano morale e politico. Una mescolanza pseudo ideologica che facilita il percorso e vince le resistenze che possano essere della sinistra o della destra.
La sua battaglia contro gli Stati nazione è arrivata in alcuni casi al punto di attrito. Ad esempio quando nel 2012 ha voluto esigere all’Unione Europea di “fare tutto il possibile per affossare l’omogeneità nazionale degli stati europei“. Conoscendo bene la resistenza di alcuni paesi europei alla prospettiva di dover scomparire, ha intrapreso una crociata a favore delle migrazioni di massa che snaturalizza le nazioni rendendole più propense a diluirsi nel magma mondialista e multiculturale.
Così la circolazione senza restrizioni degli esseri umani , delle merci e dei capitali si presuppone come l’obiettivo prioritario di Peter Sutherland. Un “homo economicus” sprovvisto di una propria identità, omologato ed utilizzabile dalle elite imprenditoriali, per i protogovernanti globali e perfino per alcuni settori deviati della Chiesa Cattolica.
Questo piano è esattamente quello denunciato pochi giorni fa dal presidente ungherese Viktor Orban in una interivista rilasciata alla giornalista Éva Kocsis per conto della Gaceta.es: “esiste una campagna internazionale ben avviata che è in fase attuazione da oltre dieci anni. Si può collegare al nome di George Soros ed il suo obiettivo è quello di far credere che le frontiere non abbiano più senso e che le nazioni non debbano avere il diritto di decidere autonomamente con chi vogliano convivere i loro popoli.
Vogliono creare istituzioni internazionali per monitorare le nazioni e decidere per nostro conto chi e dove debba convivere con altri. Ripeto: sono teorie concepite nella “fabbrica” di Soros che si sono anche infiltrate in varie istituzioni internazionali. Dobbiamo combattere questa battaglia per conservare la nostra sovranità, dobbiamo argomentare contro di loro, dobbiamo rendere trasperenti le loro ONG e dobbiamo mettere in chiaro che non si tratta di “diritti umani” ma del business delle migrazioni e dello sfruttamento di questo traffico umano”.
La crisi demografica, “fattore chiave” per il trionfo delle tesi mondialiste
Il magnate irlandese non dubita di collegare la prosperità futura di molti stati della UE alla loro trasformazione in nazioni multiculturali, in definitiva, una “dinamica cruciale per la crescita economica” di alcune nazioni europee, “per quanto difficile sia spiegarlo ai cittadini di questi stati”.
Southerland, si felicita per l’invecchiamento della popolazione occidentale e per il suo declino demografico, fattore chiave per il successo definitivo delle migrazioni. Il magnate cita le isole britanniche come esempio da seguire per il resto de continente: “E’ impossibile considerare che l’omogeneità possa sopravvivere, gli stati devono farsi più aperti, in termini di persone che li abitano, come ha dimostrato il Regno Unito”.
 
di  Rafael Núñez Huesca Fonte: La Gaceta.es Apr 09, 2017 Traduzione: L.Lago

TRUMP TOWER BLUEPRINTS STOLEN FROM SECRET SERVICE

laptop-trump-towerma guarda il caso. Saranno contenti i seguaci di Killary  pro globalizzazione pro finanza antipopulisti doc.

TRUMP TOWER BLUEPRINTS STOLEN FROM SECRET SERVICE

Trump family lives in tower
A laptop containing blueprints for the Trump Tower and other security information was stolen from the Secret Service, multiple outlets reported.
 
The laptop, which also contained tower evacuation procedures as well as data from the Hillary Clinton email investigation, was taken from a Secret Service agent’s vehicle parked at her home in Brooklyn on Thursday morning.
 
Security footage showed an individual being dropped off by a car near the agent’s home, then taking off on foot after stealing the laptop.
 
“The agent also told investigators that while nothing about the White House or foreign leaders is stored on the laptop, the information on there could compromise national security,” reported the New York Daily News. “The thief also took ‘sensitive’ documents and the agent’s access keycard, though the level of the agent’s access wasn’t immediately clear.”
 
A police officer involved said the investigation was a “very big deal” to the Secret Service. “While the president hasn’t been back to Trump Tower since his inauguration, Melania and Barron are still living there until he finishes the school year,” reported TMZ.
 
Earlier in the week, the NYPD admitted it was setting up a new security detail with cherry picked officers after spending months struggling to guard the tower adequately.
 
SUBSCRIBE on YouTube: Resistance News
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Otto miliardari ricchi quanto mezzo pianeta. L’incubo del capitalismo è realtà

Homeless Man on the Street

Homeless Man on the Street

tutto questo è stato possibile grazie anche ai difensori “dell’europa delle banche che basta riformarla”, dei difensori della libera circolazione dei capitali,  merci e uomini contro le minacce “Populiste” come il padrone USA vuole.


Il noto non è conosciuto. Così diceva Hegel. E non è conosciuto perché lo diamo per scontato o rinunciamo a ragionarvi serenamente, complice la distrazione di massa che regna a ogni latitudine. Lo sappiamo da anni. Anche da prima che ce lo ricordasse Thomas Piketty nel suo studio sul capitalismo nel ventunesimo secolo.
Il mondo post-1989 non è il mondo della libertà, come ripetono i suoi ditirambici cantori: a meno che per libertà non si intenda quella del capitale e dei suoi agenti. Per il 99% della popolazione mondiale il post-1989 è e resta un incubo: un incubo di disuguaglianza e miseria.
Ce l’ha ancora recentemente ricordato Forbes, la Bibbia dei sacerdoti del monoteismo del mercato deregolamentato. Otto super-miliardari – meticolosamente censiti da Forbes – detengono la stessa ricchezza che è riuscita ad accumulare la metà della popolazione più povera del pianeta3,6 miliardi di persone.
L’1% ha accumulato nel 2016 l’equivalente di quanto sta nelle tasche del restante 99%.
Insomma, ci sia consentito ricordarlo, a beneficio di quanti non l’avessero notato o, più semplicemente, facessero ostinatamente finta di non notarlo: il mondo è sempre più visibilmente diviso tra un’immensa massa di dannati – gli sconfitti della mondializzazione – e una ristrettissima classe di signori apolidi dell’oligarchia finanziaria transnazionale e postmoderna, post-borghese e post-proletaria.
Non vi è più il tradizionale conflitto tra la borghesia e il proletariato nel quadro dello Stato sovrano nazionale: il conflitto – meglio, il massacro a senso unico – è oggi tra la nuova massa precarizzata globale e la nuova “aristocrazia finanziaria” (Marx) cosmopolita e liberal-libertaria, nemica giurata dei diritti sociali e delle sovranità economiche e politiche.
 
La massa degli sconfitti della globalizzazione è composta dal vecchio proletariato e dalla vecchia borghesia: il vecchio proletariato è divenuto una massa senza coscienza di erogatori di forza lavoro sottopagata, supersfruttata e intermittente. La vecchia borghesia dei piccoli imprenditori è stata essa stessa pauperizzata dall’oligarchia finanziaria, mediante rapine finanziarie, truffe bancarie e competivitismo transnazionale. L’oligarchia sempre più ristretta governa il mondo secondo la logica esclusiva della crescita illimitata del proprio profitto individuale, a detrimento del restante 99% dell’umanità sofferente.
 
di Diego Fusaro | 16 gennaio 2017

Eclisse della Politica o sua trasformazione?

massoneria parlamentoIl politico è finito, nel senso che non c’è classe, né frazione di una classe politica che possa attualmente contare sulla volontà popolare; per cui, non rappresentando di fatto nessuno, costoro si trovano in una situazione completamente falsa.
Jean Baudrillard [Lo showman politico nello spazio pubblicitario]
 
Parto da questa affermazione dello scomparso filosofo e sociologo francese Baudrillard, che risale agli anni ottanta ed è calata in quella realtà sociopolitica, di passaggio dal capitalismo del secondo millennio al neocapitalismo a vocazione finanziaria di oggi. Già allora cominciava a essere evidente la crisi della politica e della rappresentanza, in Europa e in occidente.
Attraversando i “futili”, ma problematici anni ottanta della morte delle ideologie e del riflusso nel privato – in verità trasformativi sopra e, soprattutto, sotto la superficie – ci si imbatteva nella questione della “morte della Politica”, quella con la p maiuscola, o quantomeno quella che aveva caratterizzato l’epoca precedente. In particolare, eravamo già consapevolmente distanti dalla celebre definizione di Politica, che si deve ad Aristotele, intesa come amministrazione della πόλις, non solo perché il sistema e il mondo culturale della polis erano defunti da lunghissima pezza, ma anche perché la crematistica tendeva a prevalere, in modo sempre più deciso, sulla buona amministrazione .
 
Per non dire di quella definizione (meno nota al grande pubblico) offerta dal celebrato politologo italiano Giovanni Sartori, che concepiva la politica come una sfera in cui avvengono le decisioni collettive. Ciò non toglie, però, che negli anni ottanta c’era ancora un contatto (destinato progressivamente a scomparire) fra l’agire politico e l’amministrazione della cosa pubblica, da un lato, e una quantomeno supposta volontà popolare, dall’altro lato, sia pur frammentata e rispondente a specifici interessi di classe.
Inoltre, non si poneva in modo così drammatico, come si pone oggi in un habitat compiutamente neocapitalistico, la questione dirimente, rispetto al problema dell’eclisse o della trasformazione della Politica, che riguarda la ”devoluzione” di sovranità dello stato nazionale, a partire dalla moneta.
Se dovessimo guardare a quello che sta accadendo oggi in Italia, in particolare all’interno dell’entità di governo chiamata Partito democratico, calandoci in una realtà sociopolitica completamente nuova rispetto agli ottanta, non potremmo che stigmatizzare l’errore di fondo di Jean Baudrillard, quando affermava che il politico non rappresenta più nessuno, avendo smarrito persino la sua specificità. Non abbiamo assistito, negli ultimi tre decenni, a un’abdicazione della Politica, con lo spazio pubblicitario che ha semplicemente sostituito quello pubblico, lasciando il campo sgombro al Libero Mercato. La sostanza della trasformazione è nell’appropriazione della decisione politica da parte di una nuova classe dominante globale, sopranazionale, che ha eclissato gli interessi vitali delle classi dominate, espellendoli dalla Politica stessa.
Questa classe, in sostituzione della vecchia borghesia proprietaria, ha costituito una rete di organismi sopranazionali che ha “svuotato” di competenze lo stato nazionale e ha occupato, per conto delle élite, lo spazio politico un tempo conteso, avocando a sé le decisioni strategiche, per evitare il fastidio di dover confrontarsi con la “volontà popolare”.
Nello specifico caso italiano, il Partito democratico – informe e variegata entità collaborazionista delle Aristocrazie del denaro e della finanza – qualcosa di certo rappresenta, anche se non è in relazione con la volontà popolare, come la intendeva, a suo tempo, Baudrillard. Non assistiamo a complessi fenomeni “transpolitici”, all’impossibilità assoluta di governare (sempre Baudrillard negli anni ottanta). Assistiamo impotenti, noi che viviamo questi anni “terminali”, a una completa ridefinizione della “sfera politica” di Sartori, in cui dovrebbero manifestarsi le decisioni collettive. Come ci è ormai evidente, l’unico nesso fra l’agire politico del Pd e la sua amministrazione della cosa pubblica è con gli interessi, imperiosamente imposti ai popoli e al fondo della piramide sociale, della classe dominante globale postborghese, a vocazione finanziaria.
Con il senno di poi, a giochi fatti, comprendiamo che gli interessi di classe elitisti e la sottrazione di sovranità allo stato nazionale sono i due aspetti predominanti della trasformazione della Politica, che diventa, per noi dominati, una politica con l’iniziale minuscola, completamente subordinata (come il Partito democratico) alla decisione strategica elitista – quella sì veramente Politica!
 
Ne consegue che lo psicodramma dell’entità Pd, in corso in questi giorni in Italia, avviene in una “sferetta” secondaria, o meglio terziaria, nella dimensione locale di uno stato nazionale sottomesso, in cui si attuano i programmi decisi da altri. Programmi che corrispondono ai desiderata e ai diktat della Global Class, internazionalizzata quanto i capitali finanziari che gestisce per assicurare la riproduzione sistemica.
Tornando al Sartori studioso di scienza della politica e alla sua “sfera” delle decisioni collettive, oggi le sfere politiche sono tre.
La più alta e importante corrisponderebbe alla Politica con l’iniziale maiuscola e, per la precisione, all’Empireo molto mondano in cui vivono le élite globali che confondono i loro interessi privati, di arricchimento e dominio, con gli interessi collettivi.
La seconda sfera è un riflesso importante del sistema di potere elitista, nello spazio sopranazionale riservato agli organi della mondializzazione neoliberista, in cui si elaborano le linee di politica strategica da applicare, successivamente, negli stati nazionali tributari e svuotati di potere decisionale (come L’Italia governata dall’entità Pd).
 
La terza sfera, la meno importante fra le tre dal punto di vista della Politica, è la dimensione nazionale, in cui collaborazionisti sub-politici delle élite, soggetti all’autorità degli organi della mondializzazione attraverso i vincoli dei trattati, traducono in norme e decreti specifici (legge Fornero, jobs-act, tentata riforma costituzionale, milleproroghe liberalizzanti, eccetera) le predette linee programmatiche, aderenti agli interessi privati elitisti.
La catena di trasmissione delle decisioni di politica strategica è perciò la seguente: Global class strategica che decide in base ai propri interessi, organismi sopranazionali che elaborano i programmi a livello alto, semi-stato neoliberista, retto da collaborazionisti, che applica pedissequo.
 
Oggi non vi è un’eclisse della Politica, quella di più alto livello che decide, ma una sua trasformazione che penalizza i popoli e le classi dominate, con un impianto di potere effettivo che li esclude dalla partecipazione alle decisioni che contano. Anche se sono rimaste in piedi le vecchie istituzioni dello stato liberale, mantenendo gli stessi nomi del passato – governo, parlamento, presidenza della repubblica, eccetera – la loro funzione risulta diminuita e anche la loro “rappresentatività” è cambiata.
La stessa “antipolitica” che si starebbe diffondendo a macchia d’olio nella società, secondo la narrazione mass-mediatica, non è che un riflesso di questo cambiamento, che non va nel senso ipotizzato da Baudrillard negli anni ottanta. Non vi è totale indifferenza politica dei cittadini verso le questioni pubbliche e una sorta di impossibilità dei rappresentanti politici di “veicolare veramente i problemi”, nonché la scomparsa della specificità della Politica. C’è semplicemente la percezione, più o meno vaga, ma sempre fondata, di non essere rappresentati nei propri interessi vitali.
Si hanno di fronte rappresentanti che rappresentano i soli interessi della classe dominante, agendo sempre più scopertamente contro il popolo. In verità, l’”antipolitica” di oggi nasce dall’esclusione completa dei dominati dalla decisione Politica, che neppure l’apparato mass-mediatico, ideologico e accademico asservito alle élite riesce più a nascondere, con le sue menzogne.
 
Non eclisse della Politica, quindi, ma trasformazione della stessa e soprattutto completo spostamento verso il culmine della (nuova) piramide sociale di ogni decisione strategica che ci riguarda. La Politica esisteva ai tempi di Aristotele, in quelli di Machiavelli, di Locke e continua ad esistere ai giorni nostri, perché è improbabile che un “animale sociale” come l’uomo possa farne a meno. Può, al contrario, sentirne la mancanza, come le masse che sarebbero attratte dall’”antipolitica”, proprio perché private di rappresentanza all’interno del sistema.
 
Si dovrebbe comprendere, come avvertiva il filosofo politico “nazista” Carl Schmitt nel definire il concetto e le categorie di ciò che è politico (Der Begriff des Politischen), che la distinzione fra amico e nemico è qui fondamentale. Riappropriarsi la “sfera” Politica, con l’iniziale maiuscola, implica la volontà di combattere il nemico che l’ha espropriata, dopo averlo chiaramente individuato.
di Eugenio Orso – 26/02/2017 Fonte: Pauperclass

Francia: la Massoneria attacca il Front National

grand-orient-franc_interna-nuovala massoneria preferisce candidati fedeli alla linea politica ammazzapopolo. Sono dell’elites, disprezzano il popolo. Fa ridere pensare che la loro cosiddetta filosofia umanistica sia dedita al benessere di tutti gli uomini, ste balle propagandistiche sono ormai lampanti a tutti.Ah quanto amavano Hollande, esempio di “opera” in favore del benessere di tutti i francesi no? Tali valori sono compatibili con il loro arricchimento, il famoso 1% contro il 99%. E’un onore essere nemici di questi oligarchi sanguisughe

Francia: la Massoneria attacca il Front National
 
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Massoneria francese si traformò in un saldo  referente ideologico  dei politici francesi. Gli anni ottanta, con Francois Mitterand come presidente, furono l’epoca dorata di questa associazione “discreta”.
“I valori del Front National sono contrari all’umanesimo che si trova nel cuore della filosfia massonica.  Sono queste la parole di Pierre Mollier, il conservatore del Museo della Massoneria di Parigi e membro di rilievo del Gran Oriente di Francia, la principale loggia massonica del paese. Questa loggia è talmente importante che lo stesso presidente francese Francois Mitterand (noto massone) si è recato lo scorso Lunedì a rendere omaggio ai suoi “fratelli di compasso”  ed ha pronunciato un discorso di quasi una ora in cui ha esaltato la massoneria ed ha detto che “la mia presenza costituisce un riconoscimento di quello che avete sempre fatto per la Repubblica. La Repubblica sa quanto vi deve e come sempre sarete pronti a difenderla”.
Appena dopo aver pronunciato queste parole, quando la candidata del Front National alla Presidenza inizia ad essere la sicura candidata a vincere le elezioni della prossima primavera, i portavoce della massoneria (influentissima in Francia)  hanno attaccato la formazione identitaria francese. Loro, i massoni,  la considerano la principale nemica della filosofia massonica.
Oltre ha questo si è comunicato dalla Loggia massonica che tutti i candidati, meno quelli del Front National, sono invitati a partecipare alle sessioni e conferenze organizzate.  Per quanto la massoneria non voglia identificarsi con alcuno dei candidati,  hanno dichiarato: “Nessuno degli aspiranti a vincere le elezioni del 23 Aprile è un massone attivo”, -ha detto Mollier – ma loro sanno ben chiaro chi è il loro nemico: il Front National ed i gruppi Provida (nazionalisti cattolici).
 
Si sapeva che alla massoneria appartengono una buona parte dei politici della sinistra socialista e mondialista come anche molti degli eminenti banchieri e manager di Stato in Francia e che molti di loro furono inclusi nelle liste elettorali alll’epoca di Mitterandi e dello stesso Jacques Chirac (figlio di un massone). Erano gli anni della legalizzazione ed estensione dell’aborto, degli attacchi alla famiglia, dell’eutanasia, ecc..
Dopo quell’epoca la massoneria si è globalizzata e gli attacchi adesso sono diretti contro i concetti di difesa dell’identità e della sovranità delle Nazioni e di una Europa contraria a consegnare la sovranità alle istituzioni della UE.
Questo è il principale confronto che che impostano nelle loro interviste i principali esponenti massoni francesi come Mollier o lo stesso Chistophe Habas, gran maestro del Grande Oriente di Francia.
Tuttavia gli attacchi della Massoneria non soltanto si concentrano contro il Front National e la sua candidata alla Presidenza, Marine Le Pen. La mobilitazione fatta in Francia in difesa del diritto alla vita, da parte di “Manif Pour Tous”, anche questa è stata oggetto di critiche da parte dei massoni ed ha segnalato che gli attacchi contro il “matrimonio gay” e l’aborto sono contrari al laicismo che è l’essenza del regime e dell’ideologia massonica.
Traduzione: L.Lago
Mar 03, 2017

DOPO I SACRIFICI PER ENTRARE NELL’EURO E I SACRIFICI PER RESTARE NELL’EURO, I SACRIFICI PER USCIRE DALL’EURO

k1426303La cronaca “europea” della scorsa settimana è stata segnata dalle dichiarazioni, poi parzialmente rimangiate, del cancelliere tedesco Angela Merkel su una “Europa a due velocità” da formalizzare già al prossimo vertice di Roma. I media hanno sbrigativamente tradotto le posizioni della Merkel con l’ossimoro di una “doppia moneta unica”, una per i Paesi del nord ed un’altra per i Paesi del sud. Non sono mancati i consueti commenti circa l’influenza della campagna elettorale in Germania su questa presa di distanze della Merkel dalla consueta dogmatica dell’Unione Europea.
In realtà i Tedeschi sono scontenti dell’UE perché gli è stato fatto credere che il crollo dei loro redditi sia causato dalla necessità di sacrificarsi per soccorrere i cosiddetti PIIGS. Dato che così non è, alla Merkel basterebbe consentire un aumento dei salari in Germania per fare tutti contenti, all’interno come all’esterno. Un aumento della domanda in Germania stimolerebbe l’economia dei Paesi UE più in difficoltà ed il contestuale aumento del costo del lavoro nella stessa Germania renderebbe le merci tedesche un po’ meno competitive, diminuendo così il destabilizzante surplus commerciale tedesco.
Ma ciò non accadrà, poiché l’UE non era affatto nata per favorire l’integrazione economica dell’Europa. Gli interessi erano soltanto finanziari e militari. La deflazione causata dall’euro rende più forti i creditori nei confronti dei debitori, e quindi va a favore delle multinazionali finanziarie. Gli USA sono stati determinanti nella nascita dell’euro e nella sua conservazione, poiché l’euro consente di compattare in funzione anti-russa Paesi che, come l’Italia, rischiavano di farsi risucchiare economicamente nell’orbita della Russia. Sino a qualche anno fa gli USA erano disposti a pagare il prezzo salato che l’euro comportava in termini di depressione dell’economia mondiale. Pare che non siano più disposti oggi, dato che le merci tedesche hanno invaso il mercato statunitense a causa della sottovalutazione dell’euro rispetto all’effettivo potenziale dell’economia della Germania. D’altro canto il presunto “disimpegno” americano in Europa potrebbe davvero cambiare qualcosa? E’ vero che gli USA non sono riusciti a mettere Putin all’angolo, che i costi dei loro impegni militari sono mostruosi, ma sembra esserci la necessità di una riorganizzazione della gerarchia internazionale senza la quale il “protezionismo coloniale” avrebbe qualche difficoltà. Senza una ostentazione di forza militare da parte degli USA, altri paesi potrebbero rispondere a loro volta col protezionismo. Certo è che l’UE e l’euro sarebbero travolti non tanto dai dazi ma da una svalutazione del dollaro che, per ora, non è arrivata.
Non sarebbe comunque la prima volta che gli USA distruggono ciò che essi stessi hanno creato perché non gli fa più comodo. Nel 1919 il presidente USA, Woodrow Wilson, impose la nascita della Jugoslavia per impedire all’Italia il controllo del Mare Adriatico. Per sostenere la sua posizione Wilson non esitò ad accusare l’Italia di imperialismo (per la serie del bue che dice cornuto all’asino). La stessa Jugoslavia negli anni ‘90 è stata poi distrutta dagli USA in concerto con la Germania e, grazie ad una notevole manipolazione mediatica, anche le “sinistre radicali” furono indotte a plaudire al “risveglio etnico” che dissolveva Stati che erano apparsi prima inamovibili.
Pur collocata dagli USA sul maggiore scranno della UE, la Germania non ha mai mostrato di credere realmente in questa costruzione. Nel 2003 tramontava l’illusione del governo francese di poter usare l’euro per acquistare direttamente materie prime sui mercati internazionali, poiché l’invasione USA dell’Iraq servì appunto a punire Saddam Hussein per il fatto che vendeva petrolio in cambio di euro invece che di dollari. Nello stesso 2003 il governo tedesco lanciò il piano Hartz per ridurre i salari in Germania. Il governo tedesco non si accontentava quindi del vantaggio che l’euro consentiva alle merci tedesche, ma apriva addirittura una corsa a comprimere il costo del lavoro in modo da accumulare il maggior surplus commerciale possibile.
Ciò indica che i governi tedeschi non hanno mai creduto alla sopravvivenza dell’UE e dell’euro; e che l’UE e l’euro, nati come armi da guerra contro la Russia, venivano usati dalla Germania anche per deindustrializzare il suo principale concorrente commerciale, cioè l’Italia, non a caso bersaglio preferito della Commissione Europea. La Germania non deve neanche affannarsi più di tanto per raggiungere il suo scopo, poiché ci pensa la lobby dello spread. La moneta “unica” è infatti un inganno. La moneta è composta di banconote e di debito pubblico, cioè di titoli del Tesoro: nel caso dell’euro le banconote sono controllate dalla Banca Centrale Europea, mentre i titoli del Tesoro sono ancora emessi dagli Stati, che però pagano interessi diversi. In questa tenaglia è stata stritolata la Grecia e si può stritolare l’Italia.
Risulta quindi fuori luogo la sorpresa suscitata dalla minaccia della Commissione Europea di mettere l’Italia in procedura d’infrazione per il famoso “zero virgola due”. La Brexit e CialTrump non hanno per niente indotto Juncker e colleghi a maggiore prudenza e buonsenso poiché la Commissione Europea, e l’apparato che la supporta, non si pongono affatto problemi di sopravvivenza dell’UE, ma ragionano esclusivamente in base agli interessi della lobby dello spread, cioè la lobby di finanzieri internazionali che esige alti interessi sul debito pubblico da Paesi che sono ancora in grado di pagarli, come l’Italia.
L’Unione Europea è un allevamento di lobbisti e costituisce il paradiso delle porte girevoli tra cariche pubbliche e carriere nel privato, ed il tutto è rigorosamente documentato da tempo, con dovizia di dettagli. La porta girevole che ha portato l’ex presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, alla dirigenza di Goldman Sachs dovrebbe costituire una preoccupazione urgente per tutti gli “europeisti”, i quali insistono invece a distrarci con voli pindarici. Ma gli europeisti non esistono, i lobbisti invece esistono, eccome. La delegittimazione delle istituzioni europee è tale che oggi la vera domanda che tutti si pongono è in quali multinazionali finanziarie concluderanno felicemente la loro carriera gli autori della lettera dello “zero virgola due”, Juncker e Moscovici.
 
A proposito di lobbisti mascherati, ci si è chiesti da più parti come si collochi l’ultima sortita del Super-Buffone di Francoforte in questo contesto di sfaldamento dell’UE. Mario Draghi farnetica di trecentoquaranta miliardi di euro di tangente da versare per permettere all’Italia di uscire dall’euro, quando ormai sarebbe evidente che è l’euro che sta uscendo dall’Europa.
 
La farneticazione del presidente della BCE contiene comunque un messaggio recondito, e cioè che la vita dell’euro dovrà perpetuarsi oltre la sua morte, con una scia di ulteriori sacrifici da imporre a lavoratori e risparmiatori.
La risposta immediata a Draghi dovrebbe essere quella di sottrarre il debito pubblico ai cosiddetti “mercati” (cioè la lobby dello spread) per usare i titoli del Tesoro solo all’interno, per effettuare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e per mettere al sicuro il risparmio delle famiglie. Si tratta di una vecchia proposta, ripresa qualche giorno fa – non si sa quanto seriamente – anche dalla Lega. A rendere improbabile una tale misura di autonomia finanziaria non sono soltanto gli enormi rischi personali di chi dovrebbe adottarla, ma anche il fatto che lo spread e l’austerità si avvalgono di una lobby interna, tutta italiana, che lucra sugli alti interessi del debito pubblico, sul credito al consumo (e sul relativo recupero crediti), sul caporalato istituzionalizzato, sulle privatizzazioni e sull’intermediazione per la svendita all’estero dei patrimoni immobiliari. 09/02/2017